Archeologia dell'acqua nel territorio dell'ATI 3 - Fontane, pozzi, cisterne, acquedotti, terme, bonifiche, ponti, mulini dall'antichità al XIX secolo
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Archeologia dell’acqua nel territorio dell’ATI 3 Fontane, pozzi, cisterne, acquedotti, terme, bonifiche, ponti, mulini dall’antichità al XIX secolo
Ambito Territoriale Integrato n. 3 dell’Umbria Ideazione , progettazione e cura redazionale Fausto Galilei, Luana Petrini Ricerche per la redazione delle schede Glenda Giampaoli, Claudia Grisanti, Maria Angela Turchetti Testi Maria Angela Turchetti Documentazione fotografica Paolo Alvioli, Maria Angela Turchetti Alcune immagini sono tratte da Melelli A., Le acque nella vita e nell’economia dell’Umbria sud orientale, in La Valnerina, a cura di B. Toscano, Venezia, 1987, pp. 20-59. Progetto grafico e impaginazione Studio Kromosoma Stampa Tipolitografia Sergio Recchioni, Foligno Stampato nel Dicembre 2011
Archeologia dell’acqua nel territorio dell’ATI 3 Fontane, pozzi, cisterne, acquedotti, terme, bonifiche, ponti, mulini dall’antichità al XIX secolo
INDICE Presentazione 3 Bevagna 4 Campello sul Clitunno 6 Cascia 8 Castel Ritaldi 10 Cerreto di Spoleto 12 Foligno 14 Giano dell’Umbria 18 Gualdo Cattaneo 20 Montefalco 22 Monteleone di Spoleto 24 Nocera Umbra 26 Norcia 28 Poggiodomo 30 Preci 32 S. Anatolia di Narco 34 Scheggino 36 Sellano 38 Spello 40 Spoleto 42 Trevi 46 Vallo di Nera 48 Valtopina 50 Bibliografia 52
PRESENTAZIONE “La cosa migliore è l’acqua” “La “La cosa migliore è l’acqua” Pindaro, Olymp. I,1 L’ATI 3, costituitosi il 16 aprile 2009, è una forma di collaborazione tra i Comuni del folignate, dello spoletino e della Valnerina che ha, tra i suoi più importanti compiti istituzionali, l’organizzazione del servizio idrico integrato, dei rifiuti e la valorizzazione turistica del territorio. Uno degli obiettivi connessi alle competenze legislative assegnate all’ATI 3 è quindi quello della tutela, valorizzazione e conoscenza della risorsa idrica oggi gestita secondo criteri di solidarietà, sostenibilità, efficienza ed economicità. Questo breve opuscolo vuole contribuire allo scopo ripercorrendo la storia dell’uomo nel suo rapporto plurisecolare con l’acqua, dall’antichità al XIX secolo, attraverso le testimonianze presenti nel territorio dell’ATI 3, nella convin- zione che la conoscenza del passato possa essere strumento per orientare le scelte del presente nell’ottica di conoscere la risorsa “acqua” attraverso le tecniche con cui l’uomo ne ha potuto usufruire nel corso dei secoli. L'ATI 3 opera in un territorio molto vasto della porzione sud orientale dell’Umbria, comprendente 22 Comuni: Bevagna, Campello sul Clitunno, Cascia, Castel Ritaldi, Cerreto di Spoleto, Foligno, Giano dell'Umbria, Gualdo Cattaneo, Montefalco, Monteleone di Spoleto, Nocera Umbra, Norcia, Poggiodomo, Preci, S. Anatolia di Narco, Scheggino, Sellano, Spello, Spoleto, Trevi, Vallo di Nera, Valtopina. È un territorio morfologicamente caratterizzato dal bacino Spoleto-Foligno, di natura tettonica e antico invaso lacustre che, ancora in epoca storica, nei due laghi noti a sud di Assisi e di Foligno conservava traccia delle sue remote origini. La cosiddetta Valle Umbra è bordata dalle dorsali parallele dell’Appennino Umbro-Marchigiano: ad ovest delimitata dai rilievi arrotondati dei Monti Martani, ad est e nord-est dal Monte Serano e dal Subasio con le cime più alte corrispondenti ai monti Sibillini e all’alta Valnerina i cui Comuni hanno quasi il 90 % del ter- ritorio in ambito montano. Idrograficamente la rete del Topino e dei suoi affluenti e il sistema Marroggia-Teverone-Timia, affluenti del Tevere, caratterizzano la pianura; il Nera scorre invece nelle gole della valle cui ha dato il nome. Come in ogni luogo le acque del territorio, sorgive, correnti o stagnanti, hanno condi- zionato la presenza e lo sviluppo degli aggregati umani, degli insediamenti, della viabilità in termini di vita economica, civile, culturale e le problematiche connesse al reperimento, controllo e salvaguardia dell’acqua stessa attraverso acquedotti, pozzi, cisterne e fontane, sono sempre state alla base della storia umana ed oggetto di at- tenzione da parte dei poteri pubblici, privati, laici e religiosi. Il breve testo che si propone raggruppa le principali testimonianze legate all’acqua per uso potabile sotto i singoli Comuni dell’ATI 3, alla cui storia si accenna sinteticamente, divisi tra il bacino Spoleto-Foligno e la Valnerina, per facilitare al lettore la visita in loco ed integrare utilmente l’apporto di guide più generali del territorio o tematiche di altra natura. Sono state prese in considerazione le fontane, legate alle sorgenti o al più articolato sistema degli acquedotti, che sostituiscono, nelle comunità più numerose e organizzate, il sistema di approvvigionamento idrico mediante pozzi e cisterne; gli usi sacri e termali delle acque, in genere e almeno in origine, strettamente connessi e le opere di bonifica legate alla lotta dell’uomo per regimentare i corsi d’acqua per lo più a carattere torrentizio e prosciu- gare le paludi allo scopo di conquistare all’uso la pianura. In margine un accenno a ponti e mulini ad acqua, i primi parte di un articolato sistema di vie d’acqua e di terra, mutevole e funzionale, i secondi, conosciuti già ai romani ma oggi raramente ancora funzionanti, caratterizzati dalla ruota idraulica orizzontale, più adatta della verticale a corsi d’acqua di portata variabile, che azionava direttamente le macine ed era connotata da basso costo di impianto e di manutenzione. Dott. Daniele Benedetti Avv. Fausto Galilei Presidente ATI 3 Umbria Direttore ATI 3 Umbria
BEVAGNA Centro umbro conquistato dai romani e legato alla vicinanza della via Flaminia (220 a.C.), fu gastaldato longobardo e dono, da parte di Carlo Magno, al Papa Adriano nel 774. Dopo il mille si costituì libero co- mune, passando più volte dal dominio imperiale a quello pontificio (sotto cui rimase fino all’Unità d’Italia), sostanzialmente fedele al papato che nel 1360 (Innocenzo VI) concesse il nuovo stemma con Terme Romane, pavimento musivo del II sec. d.C. la croce, le chiavi della Chiesa e la sigla OSF (ob ser- con tessere bianche e nere vatam fidem). TERME ROMANE in via di Porta Guelfa Le terme della romana Mevania, ubicate in prossimità del cardo massimo (oggi ricalcato da Piazza Garibaldi, via Crescimbeni, via Santa Margherita, Porta Cannara o Perugia) che collegava la città a Spoleto e a Perugia, sono inglobate all’interno degli edifici medievali e moderni di Bevagna, nella parte alta della città, dove sorgevano anche teatro (abitazioni private ricalcano la planimetria curvilinea) e tempio (trasformato nella chiesa della Madonna della Neve). Dell’imponente edificio termale, databile probabilmente al II sec. d.C. (età adrianea, 117- 138 d.C.) è visitabile un grande ambiente rettangolare con i lati lunghi movimentati da nicchie e pavimento musivo con tessere bianche e nere. La decorazione, inquadrata da una doppia fascia nera, annovera tritoni e ip- pocampi disposti simmetricamente nei lati corti mentre al centro sono polpi, delfini e aragoste; nelle nicchie sono invece motivi floreali. ACQUEDOTTO UMBRO-ROMANO Un’iscrizione in caratteri latini ma in lingua umbra “PLENO TOCTO”, che dovrebbe riferirsi alla proprietà pubblica di terreno, acque e condotto, autorizza l’ipotesi che l’acquedotto sia stato realizzato tra II e I sec. a.C., e la definizione “umbro-romano” così da considerarlo il più antico esempio del suo genere nella regione. Pur in assenza di emergenze archeologiche evidenti, il tracciato, dalle pendici di Torre del Colle alla città, è ricostruibile anche grazie a numerosi cippi iscritti che marcavano in origine la fascia di rispetto del condotto sotterraneo e segnalavano i pozzi per il pubblico attingimento: TP ad esempio “Terminus Publicus” (limite pubblico). POZZO all’interno del chiostro del convento dei Santi Domenico e Giacomo Al margine della splendida piazza medievale Filippo Silvestri sorgono la chiesa e il convento di S. Domenico, su di un oratorio che il Comune nel 1291 cedette al Beato Acquedotto, Cippo Marcatore Giacomo Bianconi per costruirvi un edificio di culto do- menicano. Il pozzo si trova all’interno del chiostro del convento, affrescato con scene della vita del Beato dipinte da Giovan Battista Pacetti (1640-41) e ristrutturato nel 1629-30, quando Giacomo Bianconi fu beatificato. L’iscrizione che lo sovrasta ricorda che il Beato Giacomo attinse per tre volte l’acqua e, benedicendola, la trasformò in vino. Il miracolo del domenicano bevanate è rappresen- tato in una delle lunette affrescate del chiostro stesso ed anche nella cassa lignea, opera di Ascensidonio Sacca, detto il Fantino (1589) che avrebbe ospitato il corpo del Beato Giacomo, conservata presso il locale museo. Pozzi e cisterne, alcune di notevoli dimensioni e risalenti ad età romana, sono noti nel- l’area del teatro romano e in via S. Francesco, che ricalca il perimetro del teatro stesso: tra queste la cisterna del chiostro dell’attuale scuola elementare o quelle ubicate al- Convento di S. Giacomo, l’interno di stabili privati (Orto degli Angeli, Casa Meneghini). pozzo all'interno del chiostro con scene di vita del Beato 4
FONTANA in Piazza Filippo Silvestri Nonostante le fogge medievali si tratta di un rifacimento in stile ottocentesco ispirato ad esempi duecenteschi quali la Fontana Maggiore di Perugia. Sul finire dell’Ottocento il Comune di Bevagna decise infatti di completare l’antica ci- sterna medievale a pianta ottagonale della principale piazza cittadina (su cui prospettano le chiese di S. Michele e S. Silvestro e il Palazzo dei Consoli, risalenti al XII-XIII sec.) costruendole intorno un basamento a gradini, la vasca poligonale e la tazza di foggia medievale così da abbellire “per fede di Popolo e per virtù di Civica Magistratura” una delle più suggestive piazza dell’Umbria. La fontana, con il nuovo acquedotto per la fornitura di acqua potabile alla città, venne inaugurata il 23 Agosto 1896. PORTA MOLINI e lavatoi pubblici lungo le mura urbiche Lungo il suggestivo percorso intorno alle mura medievali, che in diversi punti ricalcano il tracciato romano con tratti di muratura a blocchetti (opus vittatum) ancora visibili, passata porta S. Agostino e due torrioni poligonali nei pressi dei Piazza Filippo Silvestri, fontana quali il Clitunno si getta nel Timia, si incontra Porta Molini, così detta dal molino a grano che ve- niva azionato dalle acque del fiume. La porta, di modeste dimensioni difesa da un ballatoio merlato con caditoie, è affiancata da un torrione semicilin- drico merlato con stemma di Innocenzo VIII che fece restaurare le mura intorno al 1484. Presso la porta il fiume forma un invaso “Accolta” mediante uno sbarramento così da ottenere una caduta d’acqua per azionare il mulino: qui è anche il lavatoio pub- blico, rinnovato, che sfrutta la corrente del fiume, così come il ponte in mattoni dell’Accolta costruito intorno al 1880 contemporaneamente alla nuova strada Bevagna-Todi, fiancheggiato da due casette per il dazio. OPERE DI BONIFICA Fiume Clitunno, lavatoi pubblici Tra XV e XVII secolo Bevagna partecipò alla bonifica della piana tra Foligno e Spoleto, anche con episodi di conflitti armati ed arbitrati per la regimentazione delle acque del Topino, che oggi scorre al confine con Spello, ma che, prima del 1580, lambiva le mura della città e ne alimentava i mulini. Al suo posto fu fatto scorrere il Clitunno, pure in territorio bevanate soggetto ad opere di regolazione idrica con il cosidetto Sportone Maderno, che prende il nome dall’architetto che ne autorizzò la realizzazione nel 1600 e che regimenta il deflusso del Clitunno nel Teverone-Timia così da portare regolarmente acqua ai mulini evitando però alluvionamenti della città o impa- ludamenti della piana. RIFERIMENTI UTILI Museo Comunale, Palazzo Lepri, Corso Matteotti 70, tel. 0742 360031; biglietto cumulativo per la visita al teatro F. Torti (realizzato nel 1886 all’interno del medievale palazzo dei Consoli) e alle terme romane. Dal museo è possibile anche la visita al Circuito Culturale dei Mestieri Medievali con Cartiera, Cereria, Dipintore e Setificio. 5
CAMPELLO SUL CLITUNNO Oggi comune autonomo, ma in origine castello del territorio spoletino legato alla signoria dei Campello attestati almeno nel 1226: ai tempi di Federico II i Campello furono attivi sostenitori dell'Impero contro la Chiesa, tanto da essere duramente condannati da Papa Onorio III, che li definì “figli del diavolo”. Nel 1569 la comunità, che fino ad allora era stata regolata da usi e tradizioni sommarie e mutevoli, si dette gli Statuti Comunali. Al Comune appartiene oggi la frazione di Pissignano in origine altro antico castello di pendio tra Campello e Trevi nei pressi del quale erano ubicate le Fonti del Clitunno. FONTI del Clitunno “Hai mai visto le fonti del Clitunno? Se non ancora - e credo di no, al- Tempietto del Clitunno trimenti me ne avresti parlato - valle a vedere. Io l’ho viste da poco e mi rammarico d’averlo fatto troppo tardi. V’è una piccola collina tutta co- perta da antichi e ombrosi cipressi: ai suoi piedi scaturisce una fonte da molte e ineguali vene, e prorompendo forma un laghetto che si spande così puro e cristallino che potresti contare le monete che vi si gettano e le pie- truzze rilucenti… Sorge là presso un tempio antico e venerato. V’è dentro lo stesso dio Clitunno, avvolto nella pretesta che l’adorna.” (C. Plinius Cecilius Secundus, Epistulae VIII, 8). Le fonti, originate da polle sorgive da cui trae origine lo stesso fiume Clitunno, rese celebri dai versi pliniani, e immortalate da pittori, poeti e scrit- tori quali Jean-Baptiste Camille Corot, George Byron o Giosuè Carducci risal- gono, nell’assetto attuale all’opera del Conte Paolo Campello della Spina che tra il 1860 ed il 1865 creò lo spazio per il laghetto e provvide al ripopola- mento faunistico e a far crescere la vegetazione che caratterizza il luogo. In questa zona, in età romana, oltre a numerose ville e sacelli di culto, sor- geva un importante santuario dedicato a Giove-Clitunno, probabil- mente derivato da un antichissimo culto delle acque sorgive. Dalle fonti latine apprendiamo anche che l’area, in età repubblicana dipendeva da Trevi e che fu assegnata da Augusto a Tempietto sul Clitunno, veduta dall'alto Spello probabilmente in relazione ad un progetto di controllo capillare delle principali vie d’acqua e di terra della pianura non disgiunto da programmi di bonifica e regimentazione di tutto il bacino idrografico, finalizzato anche all’acquisto di nuovi terreni agricoli. Le acque delle fonti erano ritenute in grado di rendere candido il vello degli animali, in particolare dei tori, scelti per far parte della pompa trionfale e condotti al sacrificio a Roma. Il dio Clitunno, venerato come divinità fluviale e oracolare, festeggiato il 1 Maggio nelle feste Clitunnali, che prevedevano forse anche gare di navigazione contro corrente, era frequentato per pra- tiche divinatorie e responsi tanto da essere definito “nume profetico” ed essere visitato allo scopo dagli imperatori Caligola ed Onorio. Testimonianza di edifici di culto è oggi la piccola chiesa dedicata al Salvatore nota come 6
“Tempietto del Clitunno”, di discussa datazione ma probabilmente risalente non anteriormente ad epoca tardo- antica (riutilizzo di strutture romane o reimpiego di materiali romani per una costruzione di IV-V-VI o VIII secolo d.C.). La chiesa, disegnata da Francesco di Giorgio Martini, Andrea Palladio, Antonio da Sangallo il Giovane, ospita al suo interno affreschi risalenti probabilmente al VII-VIII secolo (il Salvatore tra i santi Pietro e Paolo, Angeli). L’edificio si compone di una parte superiore con quattro colonne corinzie tra pilastri, cui si accede da scalinate laterali, posta su alto podio con all’interno un ambiente con pianta a T, accessibile dalla fronte. Plinio il Giovane ricorda che i sacelli clitunnali sorgevano per lo più in corrispondenza di una vena d’acqua ed un ponte divideva la zona sacra, percorribile solo in barca, dalla zona profana dove si poteva nuotare. In effetti almeno fino al set- tecento doveva essere visibile presso la chiesa una fonte descritta da Ridolfino Venuti sopra ai mulini di Pissignano e ritratta ai piedi del tempietto da Antoine-Jean Gros, tanto da far supporre ad alcuni studiosi che la sorgente dovesse alimentare una piscina ubicata nell’area antistante l’edificio, ora occupato da uno spiazzo erboso. Di queste fonti la comunità di Pissignano (il toponimo Piscinianum dovrebbe significare Piscine di Giano) aveva grande cura, tanto da prevedere nei propri statuti il divieto di lavare i panni e di sporcare le limpide acque. MULINO a grano e olio presso le fonti Le stesse acque dovevano alimentare un mulino costruito nel territorio del castello di Pissignano dal Comune di Spoleto nel 1441, rimasto in uso almeno fino all’ottocento, ubicato sotto il tempietto e con le macine azionate dalla vasca di accumulo ottenuta dallo sbarramento parziale del fiume Clitunno. In questa occasione il fiume, che scorreva più discosto dal monte, sarebbe stato deviato, scavando il canale attuale al posto della strada che passava di fronte al tempietto. Attualmente la strada passa dietro il tempietto e il mulino è adibito a residenza d’epoca, pur conservando in gran parte l’aspetto originario e gli stemmi in pietra del Comune di Spoleto. RIFERIMENTI UTILI Civico Museo della Civiltà Contadina: “I cassetti della memoria”, Palazzo Casagrande, via Nicolò Landi 4, tel. 0743 521030. Fonti del Clitunno 7
CASCIA Reperti archeologici e il santuario di Villa S. Silvestro indiziano l’abitazione del territorio in età preromana e romana. La prima menzione della città è in occa- sione della guerra tra Bizantini e Goti, quando nel 553 il generale Narsete invia truppe a Cascia per contra- stare il passaggio dei Goti diretti in Campania. Passata quindi sotto il dominio di Longobardi e Franchi fu, nel 962, donata al Papato dall'imperatore Ottone I. Dopo il Mille sorge il Castrum Cassiae sul colle detto di S. Agostino per la presenza dell'omonima chiesa, e dopo la dominazione dei Trinci di Foligno e di Federico II di Svevia, nel 1280, con la conquista del feudo da parte dei Conti di Chiavano, Cascia raggiunge l'auto- nomia comunale. La collocazione di Cascia ai confini con il Regno di Napoli ne ha fatto, con alterne vi- cende, un caposaldo dello Stato Pontificio, di cui Cascia è stato irrequieto presidio fino al 1860. Cascia è la patria di S. Rita (1380-1447), oggetto di una straordinaria devozione popolare e amata dal popolo per la stupefacente "normalità" dell'esistenza quoti- diana da lei vissuta, come sposa e madre, vedova e monaca agostiniana. La basilica di S. Rita, sorta nel 1947 sul luogo di una piccola chiesa cinquecentesca già dedicata alla santa, per dare accoglienza alle folle in pellegrinaggio, è sede delle solenni celebrazioni ri- Fontana presso la Chiesa di S. Maria, statua di leone tiane del 22 Maggio. FONTANA presso la chiesa di S. Maria Collocata presso la porta Leonina o di S. Maria, la fontana riutilizza una statua di leone originariamente appar- tenente al protiro romanico della pieve di S. Maria. Documentata già nel IX secolo, la pieve ebbe strutture romaniche nel XII secolo e rifacimenti e ampliamenti nel Quattro-Cinquecento. Dopo il 1621, in seguito ad ulteriori lavori di ristrutturazione della chiesa e all’apertura di un secondo portale in facciata, uno dei due leoni ai lati della porta di ingresso fu collocato sopra un muricciolo davanti alla chiesa stessa. E’ solo alla metà del Novecento che la scultura venne collocata nella fontana dove tuttora è visibile. ACQUEDOTTO e cisterne dalla Rocca a Piazza Aldo Moro Disposizioni degli antichi Statuti cittadini che vietavano il pascolo presso il “conducto de lacqua” che da Ocosce (frazione di Cascia) “viene drento in Cascia”, documenti notarili cinquecenteschi e lavori di scavo condotti lungo il sentiero che da S. Agostino porta ad Ocosce e in piazza Aldo Moro, consentono di ricostruire il tracciato del- l’acquedotto che, raccogliendo soprattutto acque piovane (mancano in zona abbondanti risorse sorgive tanto che C. Piccolpasso, architetto storico e umanista rinascimentale nel 1579 scriveva come la città “patisse” anche d’acqua), consentiva di riempire le cisterne che si trovavano una nel piazzale della Rocca e l’altra in Piazza S. Pancrazio. Quest’ultima corrisponde all’attuale piazza Aldo Moro, piazza dove sorgeva la chiesa di S. Pancrazio demolita nel 1546, per ampliare la piazza esistente e forse per la realizzazione di Palazzo Frenfanelli (oggi sede del palazzo comunale) terminato nel 1568 (la data è incisa su uno dei portoni del palazzo e può indicare la fine dei lavori di costruzione). A margine di piazza Aldo Moro (via Gaetano Palombi) è ubicato Palazzo Santi, sede del Museo Civico. 8
POZZO-CISTERNA del Convento dei Cappuccini in vocabolo La Bastia Un documento dell’archivio notarile, datato 1557, conserva il contratto per la realizzazione di una cisterna cor- rispondente a quella che si trova nel luogo tuttora chiamato “Li Cappuccini” o “La Bastia” dove fu eretto un convento di francescani nella seconda metà del 1500, da più di un secolo destinato a cimitero di Cascia e di alcune frazioni (ne rimane la chiesa e parte del chiostro). Orazio Graziani, responsabile della fabbrica dei Cappuccini da incarico ad Antonio soprannominato Saccoccia di mastro Biagio e a Giacomo di Vitale di Nocera per lo scavo e la costruzione della cisterna nel chiostro del convento che si sta edificando. FONTANILE DI CHIAVANO Area di confine tra Umbria e Lazio è l’altopiano di Chiavano, posto lungo la strada che da Cascia porta a Leonessa, origina- rio bacino lacustre a 1000 metri di altezza s.l.m., ammirabile, in tutta la sua suggestione dalla frazione leonessana di Pianezza. La fontana della frazione di Chiavano, a tre fornici, è datata 1550. MULINI nel casciano Di 18 mulini si ha notizia negli Statuti di Cascia del 1545 (oggi nessuno funzionante ma 8 an- cora in uso nel secondo dopoguerra): “…ad ogni persona Fontanile di Chiavano sia lecito de adaquare et irrigare le sue prata…quando in nel fiume di Corno è abundantia de acqua et quando li molinari no esporranno querela alli officiali…che la detta irrigatione et acquatione…impedi- sca li loro molini”. RIFERIMENTI UTILI IAT Cascia, Piazza Garibaldi 1, tel. 0743 71401, fax 0743/76630. Museo Civico di Palazzo Santi, via G. Palombi, tel. 0743 751010: un biglietto cumulativo consente anche la visita alla Chiesa di S. Antonio in via porta Leonina, che custodisce nel presbiterio e nel coro due importanti cicli di affre- schi con gli episodi della vita di Rudere dell'antico mulino di Roccaporena, S. Antonio (fine XIV-inizi XV sec.) oggetto di prossimo restauro e della Passione di Cristo (XV sec.). 9
CASTEL RITALDI Collocato lungo la strada che da Spoleto conduce a Montefalco, sulla cima della collina di Scigliano, ai piedi dei Monti Martani, nasce forse come inse- diamento romano (indiziato da reperti rinvenuti in zona) o, più probabilmente come castello del ter- ritorio spoletino, coinvolto nelle vicende che videro contrapporsi il potere imperiale a quello ecclesia- stico, fino al definitivo assoggettamento a quest’ultimo, cessato solo con la creazione del Regno d’Italia. POZZO antistante la chiesa di S. Marina Nel centro storico è la parrocchiale di S. Marina, santa patrona del borgo, festeggiata il 16 Luglio, la cui chiesa fu edificata probabilmente tra XIV e XV se- colo. Nello slargo adiacente alla fiancata della chiesa, che conserva al suo interno affreschi di Tiberio di Assisi e Lattanzio di Niccolò (fine XV-inizi XVI sec.), è il pozzo modernamente restaurato e col- locato all’interno delle mura del castello così da assolvere alle quotidiane necessità dei suoi abitanti. Pozzo all’interno delle mura del castello FOSSATI, PONTE LEVATOIO, POZZI-CISTERNE E FONTANE di Castel San Giovanni Il paese antico è tutto dentro le mura quadrate. Le robuste torri angolari cilindriche sono quasi intatte ed il castello, di origine trecentesca, è il miglior esempio, in quanto a stato di conservazione, della piana spoletina. Sulla grande porta ad arco uno stemma cinquecentesco papale e la scritta: "DOM SPOL" (dominio spoletino). Fino alla seconda guerra mondiale il castello era circondato da un fossato e sulla porta d’accesso sono ancora evidenti tracce dell’an- tico ponte levatoio. Conteso a lungo da Trevi e Spoleto fu aggregato a Castel Ritardi nel 1875. Nell'interno, in posi- zione rialzata, la chiesa dedicata al Santo, del secolo XIII, più volte rimaneggiata, con portale cinquecentesco e af- freschi di scuola umbra e abitazioni private addossate oggi alle mura tra vie anguste con antichi pozzi-cisterna e fon- tane in ghisa ottocentesche, ricordo di più antichi sistemi di approvvigionamento idrico. Fontana in ghisa ottocentesca a Castel San Giovanni 10
MULINI Il territorio del comune è al margine sud-occi- dentale della Valle Umbra, sulle pendici settentrionali dei Monti Martani. I suoi corsi d'ac- qua idrograficamente sono tributari del fiume Topino: tra questi il Ruicciano, lungo il quale ri- mane traccia degli antichi molini, non più funzionanti, che sfruttavano il corso d'acqua. RIFERIMENTI UTILI Comune di Castel Ritaldi, via Martiri della Resistenza 1, tel. 0743 252811; Pro Loco, via F. Turati, La Bruna, tel. 0743 51714, fax 0743 252032. Pozzo cisterna a Castel San Giovanni Ponte levatoio a Castel San Giovanni 11
CERRETO DI SPOLETO Castello medievale sorto sul colle di S. Sebastiano a domi- nio della confluenza delle strette valli del Nera e del Vigi, che lo circondano su due lati. Il suo nome deriva dalla ab- bondanza di piante di cerro, presente anche nello stemma comunale e, fino al secolo scorso, con una quercia cente- naria nella piazza principale. Nel XII secolo si sottrasse al Gastaldato longobardo di Ponte per ergersi a libero comune sotto la protezione della Chiesa, sfruttando la posizione Ex Convento francescano strategica di confine tra Spoleto, Norcia e Camerino. Il della Madonna di Constantinopoli, paese conobbe epoche fiorenti come testimoniano i palaz- architrave del pozzo, particolare zetti gentilizi presenti nel tessuto urbano e soprattutto sulla piazza principale dedicata a Giovanni Gioviano Pontano (1429-1503), poeta, umanista e politico nato a Cerreto, ma vissuto per lo più a Napoli presso la corte degli Aragonesi, di cui fu potente funzionario. In senso dispregiativo il termine cerretano fu per secoli sinonimo di questuante, ciarlatano, imbroglione: il quattrocentesco Speculum Cerretanorum di Teso Pini, fa- cendo riferimento ai “lotores” (a lotione vel lavando), autorizza a pensare alle tante “boccette di secreti”, riempite d’acqua ma spacciate per prodigioso rimedio contro ogni sorta di iattura a danno di ingenui e cre- duloni e ad accrescere le imposture e i truffaldini propositi degli impenitenti cerretani. SORGENTI TERMO-MINERALI DI TRIPONZO In direzione di Visso a meno di un chilometro da Triponzo, castello del comune di Cerreto, a sinistra della strada, è uno stabilimento termale con porticato e vasche, costruito nel 1887 ai piedi del monte Fregino, alla destra del Nera. In questo luogo sgorgano acque termominerali solforose (temperatura di circa 24°) che fuoriescono da grotte rive- stite di stalattiti e concrezioni di solfato e carbonato di calcio con forte condensa di acido solforico, dal caratteristico colore biancastro, probabilmente noto a Virgilio che nell’Eneide definisce il fiume Nera “bianco di acqua solforosa” (amnis sulfurea Nar albus acqua). Le terme che nel 1488 passarono al municipio di Norcia per 151 Triponzo, stabilimento termale con porticato e vasche fiorini d’oro, e quindi a P. Forti e al vescovo di Norcia Bucchi-Accica che le donò al Comune di Cerreto, le cui acque erano considerate “eroico rimedio” per affezioni intestinali, concrezioni urinarie, artriti e “per tutte le sordide malattie della pelle” (S. Purgotti, 1862), oggi sono in via di ristrutturazione per un loro utilizzo, esteso all’area circostante, come parco del benessere. TERME DI BORGO CERRETO, loc. Camporo Accenni a queste acque termali si trovano nelle sedute consiliari del Comune di Cerreto dal 1600 al 1769, a pro- posito di un Bagno in località Camporo presso la chiesetta di S. Angelo, alle falde del colle di Borgo, per sfruttare l’acqua sulfurea e leggermente alcalina adatta alla cura di varie malattie. Un’epigrafe conservata nella chiesa di S. Lorenzo a Borgo Cerreto, tradotta, recita: “Bagni di Cerreto. Questa acqua salutare cura reni, stomaco, bile e fegato e allontana ogni morbo. 1653”. 12
ACQUEDOTTO Dagli statuti (trascrizione, agli inizi del cinquecento di testi del 1380) e dagli atti consiliari si evince l’im- portanza di acquedotti, pozzi e cisterne e la preoccupazione per la salubrità degli approvvigionamenti idrici: in particolare si commina- vano pene a chi teneva maiali dentro il castello o lavava i panni “a meno di due canne” dalle fonti. In occasione di lavori di restauro del sistema murario del castello sono venute alla luce tracce del condotto idrico probabilmente medievale, costituito da fistole in terracotta, inglobato all’interno delle mura stesse. La stessa strada Triponzo, sorgenti termo-minerali di circonvallazione, detta Arco dei Canali, conserva nel nome traccia del passaggio dei condotti addut- tori dell’acqua dentro il paese. FONTANA, piazza Pontano La fontana di forma ottagonale, con annesse cisterne dove conflui- vano le acque dell’acquedotto, provenienti dalle sorgenti del monte Fregino, venne eretta nel 1869 per abbellire piazza Pontano (già Piazza Grande o del Mercato), comportando, secondo notizie d’archivio riferite dallo storico lo- cale A. Fabbi, la demolizione di una cappella del Corpus Domini. Sulla piazza prospettavano vari palazzi nobiliari e gli edifici pubblici dei Duchi, dei Priori e del Governatore: oggi è ancora il palazzo comunale mentre defilata è la chiesa dell’Annunziata con fonte batte- simale in pietra cinquecentesco e organo del Seicento. Da Borgo Cerreto, in direzione di Sellano si Ex Convento francescano della Madonna di Costantinopoli, incontrano la chiesa e il convento pozzo rettangolare all’interno del chiostro francescano della Madonna di Costantinopoli, dal 1880 di pro- prietà privata ed oggi sede di residenza d’epoca. La fabbrica realizzata nel corso del seicento forse su un preesistente luogo di culto, ospita all’interno del chiostro, il pozzo rettangolare che reca, sull’architrave a sostegno della copertura, la data 1721. RIFERIMENTI UTILI Comune di Cerreto di Spoleto, p.za Pontano, tel. 0743 91231-91307, fax. 0743 91412. 13
FOLIGNO Di origini umbre e conquistata dai romani dopo la battaglia del Sentino (295 a. C.), invasa a più riprese da Goti, Visigoti e Longobardi, fu sottomessa al Ducato di Spoleto fino al 1198 anno in cui fu annessa, da Papa Innocenzo III, allo Stato Pontificio, divenendo poi importante comune ghibellino tanto da scontrarsi in modo cruento con la vicina e guelfa Perugia. Nel 1305 salì al potere la famiglia guelfa dei Trinci che governò la città per 134 anni fino al 1439, quando papa Eugenio IV ordinò l'occupazione della città, in seguito ad un grave fatto di sangue per mano di Corrado Trinci. Il dominio dello Stato Pontificio si protrasse fino al 1860 quando Foligno entrò a far parte, con tutta l'Umbria, del Regno d'Italia. POZZO all’interno di Palazzo Trinci, piazza della Repubblica Il palazzo, realizzato tra XIV e XV secolo accorpando diversi stabili divenuti pro- prietà della famiglia Trinci, è stato più volete danneggiato nel corso dei secoli, restaurato tra il 1920 e il 1936 e negli anni successivi all’ultimo conflitto mon- diale. Ospita oggi al suo interno la Pinacoteca civica, il Museo Archeologico, il Museo Multimediale dei tornei, delle giostre e dei giochi, il Museo dell’Istituzione Comunale e pregevoli cicli di affreschi dei tempi di Ugolino Trinci, a cui lavorarono insigni pittori dell’epoca, quali Gentile da Fabriano e Palazzo Trinci, pozzo interno profondo 18 metri Pisanello. Il pozzo, profondo circa di- ciotto metri, ritrovato sotto un chiusino della fine del XVIII sec. inserito nella pavimentazione del cortile, subisce, verosimilmente all’epoca di UgolinoTrinci (1386-1415), il rifacimento della vera e dell’imboccatura, che ha forma dodecagona lobata ed è tutta in cotto, mentre la struttura profonda del pozzo è in pietra. La vera, che riproduce la stessa forma dell’imboccatura, era for- mata da colonnine semiottagonali in laterizio rosso alternate a specchiature in laterizio giallo, alcuni frammenti dei quali sono stati ritrovati all’interno del pozzo e riutilizzati per il restauro ricostruttivo. Su un frammento di specchio era modellata una croce patriarcale, simbolo, nel XV secolo, di chi esercitava l’arte della mercatura ed era iscritto all’arte degli speziali: tale croce voleva forse alludere ai proprietari del palazzo, i Ciccarelli prima o i Trinci poi, i quali esercitarono entrambi, con ottimi profitti, la mercatura. POZZO-CISTERNA all’interno del chiostro di Palazzo Gentili Spinola, via Mazzini. Appartenuto alla famiglia de’ Conti, passò agli Spinola nella seconda metà del Cinquecento: nella corte è il pozzo di forma ottagonale con lo stemma della fami- glia De’ Conti. Palazzo Gentili Spinola, pozzo con lo stemma della famiglia De' Conti 14
POZZO-CISTERNA all’interno del trecentesco chiostro dell’Abbazia di S. Croce L’Abbazia, documentata dall’XI secolo e fondata dai benedet- tini a controllo di un vasto territorio che nel tempo si estese da Roma a Perugia e Camerino, a partire dal 1979 è sede dei "Piccoli Fratelli" della Comunità Jesus Caritas del beato Charles de Foucauld. Il vasto complesso che appare come un edificio fortificato, su cui svetta l’ottocentesco campanile della chiesa ricostruita completamente dopo i terremoti del 1832, ha su- bito, nel corso dei secoli, diverse modifiche e rifacimenti: sotanzialmente intatto il chiostro, definito “opus egregium” nell’iscrizione duecentesca che ne ricorda l’edificazione ad opera di maestranze romane. La cisterna all’interno del chio- Abbazia di Sassovivo, stro, fu fatta eseguire nel 1340 dall’Abate Iacopo pozzo-cisterna all’interno del chiostro Montemelini, mentre l’attuale pozzo è del 1623, con struttura ottagona in travertino, su due gradini ed elegante decorazione in ferro battuto. E’ parte integrante dello stupendo chiostro, realizzato tra 1229 e 1233, costituito da un doppio ordine di centoventotto colonnine che sostengono cinquantotto archi a tutto sesto. A qualche centinaio di metri dal complesso è la cosiddetta cripta del Beato Alano, quanto resta della primitiva chiesa fondata intorno al 1000, presso cui sgorga una sorgente d’acqua, incanalata fino all’Abbazia nel 1238 ad opera dell’idraulico francescano fra Giovanni da Penna e con il benestare di papa Gregorio IX: la fonte monumentale, in stato di abbandono, reca lo stemma dei benedettini olivetani. FONTANA DEI CANAPÈ La fontana da Piazza della Repubblica venne qui trasferita nel 1938 a completamento dei lavori di trasformazione di quest’area in parco. Al progetto del 1931 si deve infatti la messa a dimora di oltre 300 pini, il disegno delle aiuole e dei vialetti, l’istallazione dei sedili in pietra lungo i viali e la costruzione della scala d’accesso in via Nazario Sauro. Questi cospicui interventi disegnarono la definitiva fisionomia di un’area che già nel Settecento era stata bonificata e adibita al passeggio e alle corse dei cavalli. A quest’uso si deve la denominazione di Parco dei Canapè, derivato dai caratteristici sedili in laterizio utilizzati per assistere comodamente alle competizioni. La fontana, costituita da un bacino ellittico decorato da festoni sormontati da teste leonine e valve di conchiglia, scanditi da elementi verticali a mo’ di colonnine, è opera del 1933 dello scultore folignate Nicola Brunelli. Fontana nel parco dei Canapè, qui trasferita nel 1938 da Piazza della Repubblica 15
NINFEO DI PALAZZO BRUNETTI-CANDIOTTI La struttura, oggi in stato fatiscente, ap- partiene al palazzo Brunetti-Candiotti, uno dei più imponenti complessi architet- tonici privati della Foligno del Settecento. Una pianta del 1819 colloca nel giardino del palazzo anche due pozzi e una fon- tana, documentati anche in una foto di Rinaldo Laurentini degli inizi del Novecento. Palazzo Brunetti-Candiotti, ninfeo nel chiostro FONTE DI S. MARCO o FONTE LUNGA a S. Eraclio, frazione di Foligno Deve il suo nome alla attigua chiesa e alla funzione di abbeveratotio che rivestì a partire dall’Ottocento, quando alla strut- tura venne addossata la lunga vasca di sinistra. Documentata già nei cinquecen- teschi disegni di Cipriano Piccolpasso, la fontana prospettava un edificio ai tempi adibito a stazione di posta sulla strada per Roma. I suoi caratteri stilistici e gli stemmi che la decorano rimandano ad Alessandro Farnese, già cardinale protet- tore di Foligno e poi Papa Paolo III (1534-1549). Fu lo stesso pontefice a or- dinare la realizzazione della fonte “per comodità dei passeggeri et ornamento della città”. S. Eraclio di Foligno, fonte di San Marco 16
CANALE DEI MOLINI L’abbondanza di acque è una delle cause della fioritura delle manifatture folignati (non solo mulini, ma anche cartiere, concerie di pellami, la- nifici e tintorie, piccole manifatture di cera, confetti e cioccolata, saponerie). Il fiume Topino, che attraversava originariamente Foligno, venne deviato verso la metà del XIII secolo dai perugini, per accelerare la resa della città. Foligno era stata attaccata da Perugia e dai Confederati della Lega Guelfa, in quanto aveva contravvenuto ai patti stabiliti nel 1237. Il Topinello o Canale dei Molini che scorre ancora per tutta la sua lunghezza den- tro la città, attraversandola da est a ovest, è dunque l’antico tragitto che il Topino percorreva, da Porta Ancona a Porta Todi. L’alveo su cui venne dirottato il fiume era invece il precedente fossato che circondava esternamente la cinta muraria, Topinello o Canale dei Molini, le Conce detto carbonara, di cui rimane traccia nel canale tra via IV Novembre e via Bolletta che si ricongiunge oggi al Topino. Lungo il Canale dei Molini erano dislocate fin dal medioevo - e il toponimo ne da chiaramente conferma - mole da olio e da grano, tutte comunitative fino ai primi anni dell’Ottocento, quando i provvedimenti di papa Pio VII per la dimissione dei debiti delle Comunità ne consentiranno l’acquisto da parte dei privati. Presso via S. Giovanni dell’acqua è ancora visibile un antico mulino (Molino di Sotto), danneggiato dal terremoto del 1997 e di recente restaurato (presso via Isolabella - da un isola sul fiume - ponte duecentesco sul Topino). Presso via Gentile da Foligno è invece via dei Molini, che prende nome dal vicino è ancora parzialmente conservato mulino (Molino di Sopra, XVI sec.). PONTE DI CESARE, via Feliciano Scarpellini Attraversava il Topino prima della sua duecentesca deviazione, fondato forse su preesistenze romane. Altro ponte duecentesco seminterrato presso un diverticolo di via Gentile da Foligno. PONTI e viadotti sulla via Flaminia. Foligno presenta ancora oggi importanti resti del tracciato dell’antica Via Flaminia, nel tratto tra Forum Flamini (attuale S. Giovanni Profiamma) e Nocera Umbra. Dell’epoca romana rimangono i resti del ponte sul fiume Topino a Pontecentesimo (che prende il nome dalla sua distanza di cento miglia da Roma) e il viadotto di Pieve Fanonica (su cui si veda Valtopina), dal quale si dipartivano un itinerario alternativo alla Flaminia ed uno alternativo alla via Plestina. MULINI, GUALCHIERE e CARTIERE nella Valle del Menotre Affluente del Topino, in cui si getta nei pressi di Scansano, il Menotre nasce non lontano dal castello di Orsano, nel sellanese, da una piccola sorgente nel fosso della Fauvella, a quota m 800 s.l.m: le sue acque, costeggiando i nuclei abitati di Rasiglia, Serrone, Casenove, Ponte S. Lucia, Pale, scorrono incanalate e regimentate, determinando un fitto intreccio di fossi, d’invasi e cascatelle, la cui forza idraulica fu sfruttata fin dal medioevo per alimentare mulini ad olio, a grano e gualchiere per la lavorazione di panni e carta. Tra i primi ad utilizzare la potenza delle acque sono i monaci benedettini di Sassovivo che avevano avuto in donazione dai signori di Uppello alcuni terreni lungo il corso del fiume, che assicurarono ai religiosi i diritti delle acque. La vendita da parte dei monaci di parte consistente delle loro proprietà portò allo sfruttamento delle risorse idriche da parte delle comunità locali o dei grandi casati dell’epoca, dai Trinci agli Accorimboni, agli Elisei, Silvestri, Tonti ed Unti, che talvolta, accanto alle fabbriche costruirono sontuose ville. Gli opifici, per lo più rimasti attivi fino agli inizi del Novecento non hanno retto alla concorrenza delle produzioni industriali, talvolta riconvertendo la loro attività, come nel caso di Serrone il cui mulino fu trasformato nel novecento in Centrale idroelettrica. RIFERIMENTI UTILI Ufficio Musei, Palazzo Trinci, p.za della Repubblica, tel. 0742 330584/580/600-357989; Palazzo Trinci, 0742 357989/330584-580; fax 340496; Museo Capitolare e Diocesano, Palazzo delle Canoniche, l.go G. Carducci, tel. 0742 350473. 17
GIANO DELL’UMBRIA Sorto forse come “vicus” lungo la via Flaminia, distrutto dai Longobardi, si sviluppò nel Medioevo intorno al castello edificato nel X-XI secolo. Dalla metà del XIII sec., seppure con alterne vicende, entrò a far parte dei possedimenti di Spoleto, condividendone le vicende storiche. Mantenne comunque una sua indipendenza amministrando un territorio proprio che comprendeva i castelli di Montecchio e Castagnola (oggi sue frazioni) entrando, infine, a far parte dei possedimenti della Chiesa. Dal 1927 al 1930 fu frazione di Spoleto e suc- cessivamente Comune autonomo. FONTE-ABBEVERATOIO lungo la strada di accesso al castello Accanto ad un’edicola affrescata con datazione al 1756 è una fonte-abbeveratoio a due fornici ubicata lungo le vie di accesso al castello e forse coeva alla cappella votiva. Fonte - abbeveratoio a due fornici, posto lungo la strada 18
FONTANA E CISTERNA presso la Chiesa di S. Michele Arcangelo Del pozzo-cisterna ubicato nella parte più elevata del borgo presso la trecentesca chiesa di S. Michele Arcangelo non rimane traccia esteriore se non nella fontana a fianco della chiesa, le- gata al moderno rifacimento della lastricatura della piazza. POZZO nel chiostro dell’Abbazia di S. Felice A pochi chilometri da Giano si trova, in una stupenda posizione paesaggistica, l’Abbazia di San Felice, tipico esempio di archi- tettura romanica umbra con Fontana adiacente alla chiesa di San Michele Arcangelo influssi lombardi, e, nei secoli, residenza di Benedettini, Agostiniani, Passionisti ed oggi della Congregazione del Preziosissimo Sangue, fondata da S. Gaspare del Bufalo. La strut- tura originaria risale al X-XII secolo, mentre il chiostro e gli edifici conventuali vennero edificati e completati a più riprese tra la se- conda metà del XIV secolo ed il XVIII secolo. La cripta conserva l'arca che custodisce le reliquie del vescovo martire San Felice. Il Pozzo, forse coevo alla costruzione del chiostro e del primo log- giato superiore (XVI secolo), molto profondo e decentrato rispetto al piano di calpestio suddiviso in quattro settori, è munito di un puteale esagonale in arenaria in parte di restauro, la cui bocca è protetta da una copertura a cupola di foggia orientale in ferro. TERME ROMANE della villa cosidetta di Rufione in loc. Toccioli A circa 1 km a sud di Bastardo, in loc. Toccioli, scavi tuttora in corso stanno portando in luce il settore residenziale di una lus- suosa villa romana collocata, su più terrazze, lungo il ramo occidentale della via Flaminia. Gli ambienti finora identificati, ca- ratterizzati da pavimenti musivi e ricca decorazione parietale, sono soprattutto relativi ad un impianto termale con i consueti ambienti per bagni freddi e caldi. La costruzione della villa, abi- tata almeno fino al II sec. d.C., sembra risalire ad epoca tardo-repubblicana: il rinvenimento di un’iscrizione frammentaria ha consentito di ipotizzare l’attribuzione della proprietà origina- ria a Gaio Giulio Rufione, personaggio di elevato livello sociale e figlio del liberto favorito di Giulio Cesare, stando al racconto dello storico latino Svetonio (I sec. d.C.). Chiostro dell'Abbazia di S. Felice, pozzo con puteale esagonale in arenaria RIFERIMENTI UTILI Comune di Giano, p.za Municipio, tel. 0743 930019; IAT Spoleto, p.za della Libertà, 7, Spoleto, tel. 0743 220311; Pro Loco, tel. 0743 90438. 19
GUALDO CATTANEO Centro di origine medievale, costruito forse su un precedente insediamento romano è ubicato sulle propaggini dei Monti Martani, tra i torrenti Puglia e Atteone. L’aspetto attuale è quello di un castello tre-quattrocentesco con tracce cospicue delle mura munite di torri. Nel 1493 Papa Alessandro VI Borgia lo cedette in amministra- zione a Foligno, che nello stesso anno, volendo fortificarlo, decise di costruirvi una possente Rocca a pianta triangolare, un torrione della quale, ben conservato, fa mostra di sè nelle adia- cenze dell’attuale piazza Umberto I. Nel 1816, dopo la Restaurazione, Gualdo tornò allo Stato Pontificio e dopo l'Unità d'Italia, nel 1860, entrò a far parte del Regno d'Italia. Una delle moderne fontane in ghisa presenti nel centro storico FONTI Nel quarto Libro degli Statuti cittadini, del 1483, si sta- biliva che il Fons Castellaris e il Fons Novus, entrambi di proprietà del Comune, fossero sottoposti a lavori di ma- nutenzione e rimessa in ordine a spese dell’ente proprietario su segnalazione dei domini defensores. Il Podestà doveva garantire che le disposizioni di questi uf- ficiali fossero opportunamente eseguite, pena una multa di 10 lire da sottrarre al suo stesso compenso. A tutte le altre fonti comunali dovevano provvedere gli abitanti più vicini, secondo quanto stabilito da appositi “guardiani lo- cali” a loro volta nominati dal Podestà e dai defensores. La memoria delle antiche fonti del castello è conservata nelle moderne fontane in ghisa della Fonderia di Terni ubi- cate in punti suggestivi del centro storico o presso la rocca a rispondere, oggi come in passato, alle esigenze della vita quotidiana del borgo. Fontana in ghisa della Fonderia di Terni, particolare 20
Ponte del Diavolo ampi quasi 15 m, presso la frazione di Cavallara PONTE DEL DIAVOLO in località Cavallara, frazione di Gualdo Presso la frazione di Cavallara, poco distante da Bastardo, la via Flaminia attraversava un affluente del torrente Puglia sul cosidetto Ponte del Diavolo. La struttura, caratterizzata dalla notevole ampiezza di quasi 15 m, è realizzata in opera quadrata a grossi blocchi di calcare lavorati a bugnato. La costruzione del ponte fu forse coeva alla rea- lizzazione della via Flaminia (220 a.C.), ma si tende a datare l’assetto murario conservato ad età augustea. RIFERIMENTI UTILI Rocca dei Borgia o Sonora, piazzale della Rocca, per informazioni e prenotazioni 0742 379598. 21
MONTEFALCO L’abitato medievale di Coccorone deve il suo nome, se- condo la tradizione, alla passione per i falchi dell’imperatore Federico II che vi soggiornò nel febbraio del 1240. Libero comune (dotato già nel 1282 di Statuti), sede dei rettori del ducato di Spoleto (1320-1355), fu sottoposto ai Trinci di Foligno (1383-1439) tornando quindi definitivamente allo Stato Pontificio sotto cui go- dette di relativa autonomia e prosperità. Nel 1848, a seguito dell’aggregazione dei castelli di Fabbri, Fratta e San Luca, tolti a Trevi, Montefalco ottenne da Pio IX, (già arcivescovo di Spoleto) l'ambitissimo titolo di città. Città natale della santa agostiniana Chiara (1268-1308), Montefalco è definito la “ringhiera dell’Umbria” per la sua posizione privilegiata, dominante le valli del Clitunno e del Topino, con vasto panorama su Perugia, Spoleto, Bevagna Trevi, Gualdo Cattaneo, Giano dell’Umbria, sui monti Martani, il Subasio, il Vettore e gli Appennini. FONTE DEL POGGIOLO o di CAMIANO La fonte, forse databile al tardo XIV secolo, è caratterizzata da un piccolo vano coperto da una volta a sesto legger- mente acuto e si apre sulla pubblica via con un ampio e massiccio arcone ogivale. Fonte del Poggiolo, icona del falco passione dell’Imperatore Federico II Posta in prossimità delle mura urbiche, appena fuori dalla medievale Porta del Camiano, prende il nome dal Poggiolo del Camiano, un luogo sacro legato alle più antiche testimonianze locali. Secondo una tradizione agiografica di epoca longobarda qui si sarebbe trovato infatti l’appezzamento di terra che il santo presbitero Fortunato (ca. 390 d.C.), principale patrono della città, lavorava per procurare cibo a sé e ai poveri. Ancora qui, secoli più tardi, S. Francesco avrebbe fondato il convento di S. Maria della Selvetta, sede dei Francescani dal 1240 al 1275, oggi S. Rocco per una tavola del santo dipinta nel 1516 dal Melanzio (di Montefalco, 1465-1519 ca.). Lo statuto del Comune di Montefalco del 1425 ricorda in più punti la tutela di questa fonte pubblica, l’obbligo di una sua regolare manutenzione e il rispetto di alcune essenziali norme igienico-sanitarie, come il divieto di conciarvi le pelli, di la- varvi le verdure e di tenervi a bagno i barili: testimonia ancor oggi questa cura la lapide in cotto, collocata sulla parete di fondo, con l’iscrizione “Pena uno scudo chi lava qui”. Fonte del Poggiolo del tardo XIV sec. in prossimità delle mura urbiche 22
FONTE DI S. FRANCESCO, località Vecciano Da S. Rocco, in direzione Vecciano, si rag- giunge la fonte di S. Francesco che, secondo la tradizione, il santo fece sgor- gare nel 1215 quando fondò il convento presso S. Maria della Selvetta. POZZO presso la Chiesa di S. Lucia Da Porta Federico II (1244), in origine Porta di S. Bartolomeo dall’omonima chiesa, percorrendo via dei Vasari (da un’antica attività artigianale) e raggiun- gendo la romanica chiesetta di S. Lucia, di origine benedettina, con facciata a ca- panna in pietra rosa, ci si inoltra per le strette viuzze medievali del quartiere di Camiano, dal nome della porta duecen- Fonte del Poggiolo, iscrizione 'Pena uno scudo chi lava qui’, particolare tesca da cui si gode una bellissima vista panoramica sulla valle spoletina. Nei pressi il Foro Boario, adibito per secoli a mercato del bestiame e un vetusto pozzo, là dove secolari vitigni abbar- bicati alle case testimoniano la vocazione vinicola di questa terra. CANALE DEI MOLINI Casco dell’Acqua, località nel Comune di Trevi, deve il suo nome a uno sbarramento artificiale del Clitunno nel punto ove il suo corso si biforca ed ha origine il "Canale dei Molini di Montefalco " che andava ad alimentare l'opificio posto in località Torre di Montefalco lungo un percorso antico che congiungeva la città con Foligno. RIFERIMENTI UTILI Complesso Museale di S. Francesco: nella ex chiesa di S. Francesco è ospitato il Museo Civico (0742 379598), che si estende anche agli ambienti adia- centi e sottostanti l’edificio religioso, affre- scato con importanti cicli pittorici quali le storie della vita di S. Francesco del fiorentino Benozzo Gozzoli (1421-1497) o la Natività e l’Annunciazione di Pietro Vannucci detto il Perugino (documentato dal 1440 al 1474). Fonte di S. Francesco, in direzione Vecciano 23
MONTELEONE DI SPOLETO Il territorio, abitato fin dalla protostoria, fu sede di gastaldato in età longobarda e feudo dei Tiberti nel me- dioevo che fecero erigere nell’880 il castello di Brufa, oggi Monteleone. Il castello, assoggettato a Spoleto in età comunale, passò alla metà del Cinquecento sotto la Legazione di Perugia, godendo di relativa autonomia e prosperità come attestano anche i palazzi gentilizi dell’ampliamento rinascimentale del borgo a valle del primitivo nucleo abitativo. Monteleone, legato all’agricoltura (celebre il farro) e alla pastorizia, vanta impor- tanti reperti archeologici, quali il carro da parata etrusco rinvenuto nel 1902 a Colle del Capitano che il Comune rivendica al Metropolitan Museum di New York dove attualmente si conserva (una copia è visibile a Monteleone nei locali al di sotto della chiesa di S. Francesco). Piazza del Mercato, fontana in ghisa POZZI E CISTERNE in piazza del Mercato e nel Chiostro di S. Francesco Gli Statuti, della seconda metà del XVI secolo, si lamentano che “in terra di Monteleone molto si patè d’acqua bona da bere”. Fu perciò premura della comunità la cura di pozzi e cisterne e che le fonti e le condutture fossero sempre ben pulite e funzionanti, comminando pene severe a chi vi lavasse i panni o gettasse sporcizia. Intorno alle piazze del Mercato, S. Francesco e del Plebiscito si articola il principale nucleo medievale (ma il nucleo più antico è probabilmente alla sommità del poggio intorno alla chiesa di S. Niccolò), cui si accede dalla Porta dell’Orologio, cinto originariamente da una cortina muraria di cui la chiesa di S. Francesco ricalca in parte il pe- rimetro. La chiesa, la costruzione più monumentale del castello, edificata alla fine del Duecento su un preesistente oratorio benedettino, fu ampliata alla fine del trecento, quando venne costruita la facciata con il bel portale go- tico, una seconda navata ed innalzato il pavimento, così da creare una chiesa superiore ed una inferiore. Ad est si affianca alla chiesa il convento francescano, con il chiostro a due ordini (dal chiostro si accede anche alla piccola chiesa di S. Antonio) all’interno del quale era una cisterna, intorno cui, nel 1579, fu eseguita la selciatura del cortile. Una fontana in ghisa e alcune vasche in pietra conservate sotto i portici del palazzetto dei Priori nella medievale Piazza del Mercato testimoniano la presenza di un sistema di adduzione e conservazione dell’acqua fin nel cuore del castello. 24
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