Sconcerto di Assiterminal per sentenza Cassazione sull'Ici - Messaggero Marittimo

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Sconcerto di Assiterminal per sentenza Cassazione sull'Ici - Messaggero Marittimo
4 Luglio 2019 -

Sconcerto di Assiterminal per sentenza
Cassazione sull’Ici

GENOVA – Secondo Assiterminal, l’associazione nazionale dei terminalisti
portuali, la ”sentenza della Cassazione relativa all’applicazione dell’Ici su
aree scoperte in concessione al terminal PSA di Voltri, ha un valore e una
gravità che vanno ben oltre il caso specifico, pure rilevante per la sua
consistenza economica. In quella sentenza viene plasticamente rappresentata
l’assenza di una politica per la portualità in grado di dare regole certe,
omogenee su tutto il territorio nazionale, a chi decide di investire in quel

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settore, i terminalisti portuali in primis”.

”E’ una regola fondamentale dell’economia in tutto il mondo quella che vuole
che la competizione economica, la concorrenza tra imprese, sia giocata con
parità di condizioni tra i concorrenti. Ma è una regola che non vale per i
porti di questo paese, perché molti Governi passati e presenti non hanno
saputo, prima ancora che voluto, sconfiggere i localismi che hanno fatto si
che ciascun porto facesse repubblica a se, applicando le stesse norme
interpretandole sino a farle diventare del tutto diverse, addirittura
contrastanti, da realtà a realtà. E non stiamo a parlare di disposizioni
secondarie, ma, solo per citare due casi, di norme che regolano i regimi
concessori e i criteri per la definizione dei canoni, o che influenzano
l’organizzazione del lavoro; insomma regole fondamentali per disciplinare la
corretta competizione”, prosegue la nota dell’Associazione diretta da Luigi
Robba.

”Si fa un gran parlare di semplificazione legislativa e di certezza delle
norme e non si riesce ad operare per definire un perimetro certo alla
iniziativa della Art, rischiando di generare un ulteriore fattore di
competenza e di complicazione sulle responsabilità delle istituzioni cui è
preposta la titolarità sull’utilizzo del demanio e sulle concessioni. Due
anni fa è stata varata una riforma della governance della portualità che
avrebbe dovuto dare un approccio omogeneo alle politiche per lo sviluppo
infrastrutturale e portuale. Quella riforma è inattuata nei suoi obiettivi e
strumenti. La riduzione delle Ap con la creazione delle AdSp non ha avuto
alcun effetto sulla armonizzazione delle norme di cui sopra. Anzi, siamo al
paradosso che in molti casi nella stessa AdSp convivono regole
contraddittorie nei due ambiti portuali aggregati.
Il tavolo nazionale di coordinamento dei presidenti di Adsp – conclude
Assiterminal -, che avrebbe dovuto avere una funzione fondamentale
nell’indirizzo degli investimenti infrastrutturali, non risulta stia
operando. Quello che non ci siamo mai fatti mancare sono convegni, annunci,
propaganda, discussioni teoriche ed esercitazioni giuridiche.
Con questo patrimonio e armamentario si pensa che la portualità italiana sia
in grado di affrontare il futuro?”.

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Il futuro dei sedimenti della Darsena
Europa

LIVORNO – Davide Pellegrini, responsabile Ispra di Livorno, a margine del
workshop che si è tenuto in città sulla “Valutazione degli effetti fisici
dovuti alla movimentazione dei sedimenti in aree marino-costiere: strumenti e
metodologie di approccio”, spiega gli impatti legati alla movimentazione,

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dragaggi compresi e quali saranno le metodologie da adottare per la
salvaguardia ambientale nella futura opera della Darsena Europa.

Fedepiloti: segnali per valorizzare la
professione

ROMA – L’Assemblea aazionale della Federazione Italiana Piloti dei Porti,
svoltasi ieri, martedì 9 Aprile nei saloni del Grand Hotel Plaza a Roma, ha

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offerto spunti di riflessione ma soprattutto di punti di “ri”partenza per una
professione del mare che fonda le proprie radici nei valori di un ruolo a
garanzia dell’interesse generale scevro da coinvolgimenti del mercato.

E’ bastato l’incipit del presidente della Federazione, comandante Francesco
Bandiera, ad aprire un confronto che ha coinvolto in un dialogo schietto e
senza giri di parole tutti gli stakeholders del cluster marittimo. In platea
ad ascoltare e annuire i rappresentanti del Governo, il ministro Danilo
Toninelli, il suo vice, con delega ai porti, Edoardo Rixi, il capogruppo del
Pd della IX Commissione della Camera, Raffaella Paita, il Comandante generale
delle Capitanerie, ammiraglio Giovanni Pettorino, il vice presidente di
Confcommercio Paolo Uggè, i massimi rappresentanti di varie associazioni.

“Il pilotaggio portuale Italiano è in seria, profonda difficoltà!”: parole,
queste, del presidente Bandiera che hanno aperto una voragine sulle
problematiche inerenti il pilotaggio, “un servizio a disposizione
dell’Autorità marittima 24h su 24 per interventi in emergenza” e che in
Italia “ha garantito per decenni economicità con alto livello di operatività
e sicurezza”. Già, la sicurezza: il nodo sul quale si è dibattuto
sottolineando un dato di appena due anni fa, relativo ad un’analisi delle
assicurazioni di settore che assegna ai piloti italiani “il primo posto al
mondo per minore incidentalità nei porti a dispetto degli spazi sempre più
stretti e degli escavi sempre più necessari”. A quale prezzo? “Il costo del
pilotaggio in Italia, in uno studio europeo del 2012, risulta essere di molto
inferiore alla media continentale. Giusta e sacrosanta l’attenzione al
profitto – ha precisato Bandiera -. L’armatore investe ingenti somme
prendendo grandi rischi imprenditoriali. Di questo la gente di mare ne è
consapevole e noi Piloti abbiamo molto chiara questa verità”. Senza perdere
di vista “il vero core business del pilotaggio: tutela degli interessi più
che legittimi dell’armatore, quello ancora più importante dell’interesse
generale dello Stato attraverso la salvaguardia della vita umana in mare e
dei beni materiali ed ambientali. E’ la composizione di questi due interessi
che deve essere realizzata garantendo la sicurezza dei porti e delle acque
portuali”.

Il tutto messo in discussione dall’idea dell’autoproduzione: “Il prossimo 8
Maggio saremo a Palermo a difendere l’impianto del pilotaggio Italiano presso
il Consiglio di Giustizia Amministrativa proprio in una causa

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sull’autoproduzione – appellata da un operatore privato che ha rilevato un
trasporto marittimo pubblico regionale in regime di monopolio – finanziato
con fondi pubblici destinati anche a garantire la sicurezza nei porti
attraverso il corretto utilizzo dei servizi tecnico-nautici. Noi siamo
professionisti del mare, prestati all’Amministrazione per la tutela dei porti
Italiani, normati dal Codice della Navigazione e dalle leggi sui porti che
sono progressivamente intervenute. A tutela di tutti i soggetti, pubblici e
privati, i servizi tecnico-nautici devono mantenere un’autonomia di esercizio
scevra da qualsiasi influenza diretta del mercato”.

”All’Amministrazione marittima nelle sue componenti centrali e periferiche
diciamo che noi Piloti ci sentiamo assolutamente parte attiva della voglia di
ripresa di questo Paese, perchè crediamo nel servizio reso: nella tutela
pubblica dell’interesse generale dei porti, delle strutture, dell’ambiente
marino”. Ma non è l’unico punto scottante: “Entrando in tema tariffario,
doveva essere l’anno del rinnovo delle tariffe per il riequilibrio
finanziario nazionale anelato da sei-lunghi-anni con l’unanime condivisione
di tutto il cluster marittimo e con il patrocinio del Mit. Avrebbero dovuto
applicarsi i criteri e meccanismi così come espressamente indicato dallo
stesso Ministero nel 2012, ed avrebbe dovuto anche essere l’anno in cui
sarebbe stato sancito che esistono navi sempre più grandi che entrano nei
nostri porti non tutti adeguati strutturalmente. Intendimenti tutti
disattesi. Eppure siamo in assoluto i più operativi in Europa e forse anche
nel mondo, con oltre mille prestazioni per pilota contro una media per Paese
di circa 500, mentre il pilotaggio in assistenza via radio oggi è aumentato
al 48 per cento degli interventi”.

Ma i piloti non mollano: “Continueremo a difendere il nostro impianto
regolatore in tutte le sedi ed in ogni modo perchè certi della bontà dello
stesso, ma soprattutto perchè questa è la cornice fissata dalla nostra
disciplina che per altro non è assolutamente contraddetta dal regolamento
Europeo nr. 352/2017, che potrá portare solamente eventuali ben accette
integrazioni”.

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Assoporti presenta scali e territori
al Seatrade

MIAMI – In Italia il traffico crociere cresce con un incremento del 7% nel
2018 e una previsione per il 2019 che sarà da record. Le stime, infatti, sono
di 11,89 milioni di passeggeri con variazioni in aumento quasi ovunque. Con
queste premesse, i porti italiani si sono presentati al Seatrade Cruise
Global 2019 con presenza istituzionale dell’Enit e del Consolato Italiano a

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Miami.
Un segmento, quello delle crociere, che cresce grazie ai servizi efficienti
dei nostri porti ma, naturalmente, per il forte richiamo turistico del nostro
Paese che detiene beni culturali e paesaggi unici al mondo.

Ad aprire le giornate nel padiglione tricolore, il taglio del nastro con il
Console generale di Miami, il presidente di Assoporti e il direttore
marketing Enit. Successivamente, un programma ricco di incontri istituzionali
ed eventi dei singoli porti per presentare il sistema italiano alle migliaia
di visitatori.

A margine del taglio del nastro, il Console generale Cristiano Musillo ha
ricordato come “L’Italia rappresenta cultura, storia, innovazione, logistica
e tante eccellenze nel settore design, moda, cucina e molto altro. I porti
raccolgono tutto e per tale motivo sono molto lieto di aver avviato questa
collaborazione con Assoporti.”

Per il presidente di Assoporti, Daniele Rossi, “L’aver creato sinergia tra le
istituzioni dà forza alle eccellenze del nostro Paese e sono molto contento
del risultato. In questi giorni presentiamo al mondo un Paese ricco di
risorse con una portualità attiva ed efficiente.”

Dal canto suo, la direttrice marketing di Enit, Maria Elena Rossi, nel
rilevare la forte crescita dei traffici crociere, ha ricordato, “Assoporti e
Enit hanno avviato un accordo qualche mese fa e già ora si stanno vedendo i
risultati, con una presentazione del sistema Paese coordinato e che possa
dare risposte sia in termini operativi portuali che di offerta turistica sul
territorio.”

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Emilia Romagna, guarda alla Germania

BOLOGNA – Il cluster intermodale ER.I.C. (Emilia Romagna intermodal cluster)
è al centro della missione, guidata per la Regione Emilia Romagna dal
direttore generale Territorio e Ambiente, Paolo Ferrecchi, e organizzata
dall’Istituto sui trasporti e la logistica (Itl), in collaborazione con
Aster, l’azienda regionale per lo sviluppo del territorio, nell’ambito del
network EEN, la più grande rete europea a supporto del piccole e medie
imprese sui mercati esteri.

Obiettivo della missione è promuovere l’attrattività del sistema delle
piattaforme regionali come destinazione finale per i traffici ferroviari
europei. Con questo obiettivo, la missione da lunedi, è impegnate in incontri
businnes to businnes imprese emiliano-romagnole e tedesche nel land tedesco
dell’Assia, tra Francoforte e Wiesbaden.

Attualmente il cluster movimenta il 90% dei traffici ferroviari regionali per
un totale di circa 18 milioni di tonnellate all’anno. L’obiettivo è di
incrementare ulteriormente la quota modale ferroviaria, riducendo il
trasporto su gomma, altamente impattante in termini di inquinamento e

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congestione del traffico sul territorio regionale. Il sistema regionale
dotato di efficienti infrastrutture per il trasporto intermodale delle merci
è già nelle condizioni di ricevere ulteriori importanti quantitativi di merci
rafforzando il suo ruolo sul mercato intermodale del nord Italia, anche come
risposta alla prossima saturazione di importanti nodi.

Il cluster intermodale regionale è stato presentato a importanti imprese dei
trasporti e della promozione territoriale del Land tedesco, tra cui
Kombiverkeher, Holm- House of logistic and Mobility ed Hessen Trade & Invest
GmbH.

Inoltre, cinque imprese del cluster intermodale regionale – Cepim Spa,
Interporto di Bologna Spa, Terminal contenitori Ravenna, Dinazzano Po Spa,
Terminal Italia Gruppo FS – hanno partecipato nel pomeriggio del 8-04 ad una
sessione di brokeraggio dove hanno incontrato potenziali partner tedeschi in
incontri b2b dedicati ad approfondire potenziali partnership commerciali.

Nell’ambito del ventennale protocollo d’intesa tra la Regione Emilia Romagna
e il Land Assia, ieri la delegazione è stata ricevuta da Mark Weinmeister,
sottosegretario di Stato per gli affari europei e da Mr. Schuster
rappresentante del Ministero dell’economia, energia e trasporti per esplorare
future aree di collaborazione nell’ambito delle mobilità sostenibile delle
merci tra le due regioni.

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Deal or not deal? Questo è il dilemma…

Ogni giorno mangiamo Brexit in tutte le salse e, ci piaccia o no, è una
pietanza che troveremo in tavola ancora per un bel pezzo, dunque tanto vale
conoscerla nei suoi ingredienti meno superficiali, ma non per questo meno
indigesti. Un aiuto ci viene, ancora una volta, dal professor Mauro Giusti,
docente universitario carico di titoli e delle esperienze più diverse in
materia economico finanziaria a livello non solo nazionale.
“Deal or not deal?” È la questione del momento a cui il professor Giusti
prova, da par suo, a dare risposta analizzando i pro e i contro di quello che
si sta rivelando un problema più difficile del previsto.

Ormai in dirittura di arrivo, il nodo della uscita del Regno Unito dalla Ue
senza accordi (no deal) mostra il vero nocciolo del dilemma.

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Il vessato ingresso della Gran Bretagna nell’allora CEE, dopo 12 anni di
attesa e ben due veti di De Gaulle, risale al 1973, fu ratificato nel 1975 da
un referendum con quasi il 70% dei voti. L’UK ebbe parte attiva sia nel
completamento del mercato interno (Milano, 1985) che nella creazione
dell’Unione Doganale (Atto unico del 1986), con provvedimenti attuativi fino
al 1992 e l’integrazione nell’Unione doganale anticipò la firma del trattato
di Maastricht, che segnò la nascita della Ue. Tralasciando il susseguirsi
delle leggi, va precisato che la rinuncia al Trattato Ue può lasciare in vita
normative antecedenti che investono trattati multilaterali, dei quali le
parti in causa dovranno concordare la sopravvivenza.

L’uscita da Maastricht non comporta per i Britannici l’uscita dall’Unione
Doganale di cui fanno parte, uscita che dovrà, dunque, essere oggetto di uno
specifico accordo con la Ue.
Chiarito questo punto dirimente, non sottolineato fin’ora dai media più
catastrofisti, va rammentato che i problemi della Brexit vanno ben oltre
quelli doganali. L’abbandono pone, infatti, un complesso di questioni, non
solo economiche alle quali, fra l’altro si accompagnano moltissime altre
norme da disapplicare collegate alla problematica tariffaria. Pensiamo
all’uscita dall’articolato sistema di tutela pubblica della concorrenza o
alla costruenda unione bancaria, destinati a moltiplicare le occasioni di
attrito tra i due sistemi e gli intralci che ostacoleranno la superstite
circolazione delle merci.

Fra i diversi, inevitabili contraccolpi, l’uscita dall’esenzione doganale
sarà senz’altro il più evidente e rilevabile da ambo le parti.
L’applicabilità della tariffa extracomunitaria alle importazioni dalla Gran
Bretagna che, dal canto proprio, potrà applicare dazi ad libitum (anche del
3,5%) sulle nostre esportazioni, colpirà con effetti immediati e diretti i
rapporti commerciali fra l’UK e i restanti Stati dell’Unione. I saldi delle
rispettive bilance commerciali subiranno modificazioni quantitative
difficilmente apprezzabili nell’assoluto, tanto più cospicue quanto più alto
era il valore dell’interscambio.

Perciò a risentirne saranno anzitutto la Germania e la Francia, più ancora
dell’Italia, ma il segno sarà negativo per tutte le parti coinvolte perché
l’imposta di confine traslata sui prezzi colpirà la domanda e gli scambi
tenderanno a decrescere, anche se non in misura marcata e simmetrica. Per

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l’Italia alcune fonti ravvisano un danno di 4 miliardi; più che di calcoli si
tratta di profezie, dato che il rango medio/alto dei consumi interessati
risulta meno sensibile agli aggiustamenti. Il consumatore italiano di whisky
o di salmone scozzese non si ritrarrà in toto dall’acquisto per l’aumento
unitario di 3 o 4 Euro così come, per lo stesso motivo, l’upper class
albionica non rinuncerà del tutto al Prosecco Doc né al Parmigiano reggiano
autentico.

L’uscita dall’ Unione Doganale, da sempre contrastata dai laburisti e
approvata dai Comuni con soli otto voti di maggioranza, dopo un lungo braccio
di ferro, è stata timidamente ritirata dal governo May solo successivamente,
per la speciosa posizione dell’ala oltranzista volta a riappropriarsi del
potere incondizionato di contrattazione su tutti gli scambi commerciali. Tale
scelta, altrettanto fallace, viene oppugnata dalla Ue come conseguenza
inevitabile, inscindibile e non discutibile del primo abbandono.

La May, magari facendo sistema con l’opposizione Labour, deve riflettere
ancora sull’ alto volume dell’interscambio con i 27 Paesi restanti, che le
consiglierebbe di conservare un’area di libero scambio customs free; ciò
eviterebbe sobbalzi nell’andamento di commerci di tale portata, almeno fino
ad una sostituzione delle regole comuni con quelle di molteplici
rinegoziazioni unilaterali e, in quanto tali, non armonizzate da regole
puntuali di reciprocità, che richiedono anni di trattative. L’Ue dovrebbe
riesumare lo scenario polemicamente ventilato e definito irreale e fiabesco
dall’allora premier Major, di un Regno Unito pronto a diventare “un porto
franco ai margini dell’Europa continentale”, libero da vincoli comuni e
rapido nel cogliere ogni congiuntura favorevole ai propri interessi
nazionali.

L’ipotesi, oggi più attuale che nel 1996, godrebbe probabilmente dell’avallo
della Cina e della Russia, entrambe interessate all’indebolimento della Ue,
e, per lo stesso motivo, della neutralità degli USA che, con il Canada,
potrebbero propugnare un United Kingdom testa di ponte in Europa di un asse
commerciale nordatlantico nell’ambito di un quadro geopolitico radicalmente
mutato.

Poco senso, inoltre, può avere la rigida osservanza dei trattati degli
attuali responsabili Ue, Juncker, Moscovici e Tusk, di cui una necessitata
proroga della Brexit non lascerà neppure il ricordo. In realtà per Bruxelles

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è una questione di sopravvivenza: la Commissione, ormai prossima a scadere, è
più che mai espressione pedissequa della struttura burocratica dell’Ue,
scioccamente attaccata alla reductio ad unum delle regole e refrattaria a
comprendere esigenze peculiari e a riconoscere errori di prospettiva. Essa
non sarà mai disposta a concedere alla Gran Bretagna di arretrare sulla linea
della sola Unione Doganale o sulla soluzione intermedia adottata per la
Norvegia con l’assimilazione nello Spazio economico europeo (See), poiché
altri Paesi membri, come quelli di Visegràd che, pur essendo i maggiori
“percettori netti” delle risorse Ue, mostrano inquietudine.

Fra i primi di essi troviamo anche l’Italia (cui converrebbe il risparmio
annuo di 5 miliardi), entrata nella cerchia dei “contribuenti netti”, cioè di
quelli che versano più di quanto ricevono e che potrebbero essere essi stessi
allettati da un ripiegamento verso i soli scambi tax free, attualmente unico
vantaggio tangibile del permanere nell’Unione. Così si innesca un processo di
possibile dissoluzione dell’Ue sulla direttrice segnata dal patto franco-
tedesco, con l’ostinata miopia dei soci dell’asse Parigi-Berlino che, alla
fine, potrebbero trovarsi da soli a sfidarsi a Monòpoli sulla linea Maginot.
Eppure, a ben guardare, quella della superstite Unione Doganale resta una
delle poche vie possibili, sia per l’UK che per la Ue.

Non rallentare, anche solo per un tempo limitato, il commercio con l’Ue,
darebbe agli Inglesi il tempo per impostare nuove e diverse politiche
commerciali, in primis proprio verso la Cina, già interlocutore privilegiato
extra Ue. Con la semplice offerta di un taglio dei dazi aggiuntivi
antidumping, l’UK potrebbe ampiamente suscitare un correlativo impegno dei
capitali cinesi.

Dalla parte dell’Ue, scongiurando di subire dazi e difficoltà contingenti,
non si avrebbero contrazioni immediate delle rilevanti esportazioni verso il
Regno che, dal canto proprio, non potrà rinegoziare accordi bilaterali con i
27 Paesi che Maastricht, vincola ad agire univocamente. Il remain nella sola
Unione Doganale eviterebbe, appunto, ogni prevedibile scossa nelle affannate
economie dei membri dell’Unione. Resta il mancato introito di 10 miliardi del
contributo inglese, che ha spinto la Commissione ad esigere subito entrate
aggiuntive, non considerando che il versamento perduto si lega all’uscita di
65 milioni di Britannici fruitori, se pure in modesta misura.

In caso di insuccesso, infatti, l’unica aspettativa sicura è proprio quella

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di un formidabile scossone (o, magari, di una serie di sussulti) nell’import-
export reciproco. Al di là di previsioni apocalittiche (che fanno sempre
notizia), la Brexit no deal provocherebbe inevitabili danni se valutata entro
i primi mesi o trimestri, assai meno se considerata nell’arco di almeno un
triennio, durante il quale sarebbero trovate riallocazioni produttive,
spostamenti sostitutivi della domanda, riequilibrio della forza lavoro e
anche una forzata ricontrattazione commerciale fra le parti europee.

Nell’opinione pubblica informata dell’ Isola (stampa specializzata e lobbies)
è ben chiaro che la perdita quasi immediata, per un’autolesionistica
impuntatura, delle esportazioni verso i 27 dell’Ue, è assai più consistente
(32 miliardi annui) di un ipotetico aumento dei traffici finalmente liberi
verso tutto il resto del Mondo e, in ogni caso, perché rinunciare a priori ai
propri partners al presente più importanti, a parte la Cina?

I pro e i contro del fallibile Deal mostrano la maggior esposizione del Regno
Unito agli effetti perniciosi delle conseguenze economiche dell’uscita.
Nel breve periodo c’è da attendersi un calo nel cambio della divisa inglese;
l’abbandono dell’Isola da parte di alcune imprese, talvolta anche con gli
opifici (BMW, Honda); un correlato aumento della disoccupazione ad ogni
livello; una rilevante flessione del PIL combinata con un rialzo dell’
inflazione; un deprezzamento degli immobili non abitativi; una contrazione
della clientela della Borsa di Londra, dove precipiterebbero le lucrose
commissioni della London Clearing House, forse la prima Camera di
Compensazione del mondo; un declassamento del rating sovrano, outlooks
compresi; un debito con l’Ue di 44 miliardi per gli impegni già assunti e non
ancora onorati; nessun regime transitorio; la perdita della possibilità di
adire la Corte di Giustizia Europea; i tempi e i costi degli adempimenti
doganali moltiplicati nel numero.

Di contro, il risparmio di 10 milioni; la riscossione di dazi, Iva ed accise
sulle importazioni prima esenti; i vantaggi del libero commercio concordato
(con, però, anche nuove barriere negli scambi); l’opportunità di ridefinire
autonomamente i valori in dogana nonché le preferenzialità di origine o
provenienza delle merci.
Gli svantaggi per l’Ue variano molto da Paese a Paese. Riguardo all’Italia,
nell’immediato sono prevedibili cali di esportazione e, conseguentemente, di
produzione e di occupazione; difficoltà di allocazione del prodotto per le

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4 Luglio 2019 -

PMI, non use agli adempimenti di frontiera; diminuzione del turismo inglese;
limitati esodi imprenditoriali, visti gli esigui capitali britannici
impegnati nell’azionariato in Italia; cali più sensibili nel capitale
finanziario disponibile nella penisola. Un reale problema verrà dal possesso,
da parte di London Exchange Group, del 100% delle azioni di Borsa Italiana
SpA, concentratasi con London Stock Exchange – Public Limited Company
(manovra fallita invece su Deutsche Boerse nel 2016). Sarà possibile uno
scorporo?

Di converso, quasi impercettibili i vantaggi. Il No Deal è negativo per
tutti: e allora perché non scongiurarlo ad ogni costo negoziando
costruttivamente una sintesi tra le altezzose pretese degli Inglesi e la
rigida supponenza degli amministratori europei ormai sullo scivolo? L’Unione
Doganale sembra proprio il giusto strumento pret à porter, già predisposta e
già sperimentata, per l’uscita del Regno Unito dall’Ue, una garanzia
impagabile di job-first e di soluzione pragmatica della questione del confine
con l’Irlanda.

Ciò richiede che le parti rinuncino ad atteggiamenti viscerali e a
risentimenti stizzosi per comportamenti responsabilmente diversi dai niet di
Bruxelles e dalle raffiche squinternate e indecenti di voti negativi di
Westminster da cui è scaturito l’unilaterale protrarsi della trattativa,
approvato con un solo voto di maggioranza. In questi tempi di crisi delle
democrazie rappresentative, sarebbe sconveniente e balzano pretendere dai
candidati ai Parlamenti un patentino di idoneità alle cariche pubbliche e
l’attestazione del possesso di un certo Q.I (quoziente di intelligenza)?

Mauro Giusti

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Se.D.Ri.Port.: workshop a Livorno

LIVORNO – Se.D.Ri.Port: si terrà domani, 10 Aprile a Livorno il workshop
sulla “Valutazione degli effetti fisici dovuti alla movimentazione dei
sedimenti in aree marino-costiere: strumenti e metodologie di approccio”,
organizzato da Ispra in collaborazione con la Provincia di Livorno e la
partecipazione del Ceda (Central dredging association).

L’evento si inserisce all’interno del progetto del programma Interreg Italia-
Francia Marittimo 2014-2020 Se.D.Ri.Port. che cerca di condividere procedure
e strategie in ambito transfrontaliero allo scopo di realizzare strumenti
operativi per affrontare la tematica dei dragaggi e la gestione dei sedimenti
attraverso studi e ricerche specifiche.
Le operazioni di movimentazione di sedimenti in aree marino-costiere possono
infatti alterare il naturale equilibrio chimico, fisico e biologico
dell’ecosistema.

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4 Luglio 2019 -

Al centro del workshop sarà principalmente l’utilizzo della modellistica a
supporto della progettazione e gestione degli interventi di movimentazione di
sedimenti (dragaggio e sversamento) in diversi contesti ambientali, come
ausilio ai processi autorizzativi e di controllo degli interventi. Si
affronteranno anche le tematiche legate al monitoraggio, legislazione e
definizione di valori di riferimento di torbidità e saranno illustrati anche
i criteri metodologici di supporto all’ottimizzazione degli studi
modellistici e delle interazioni con le attività di monitoraggio contenute
nel manuale Ispra “La modellistica matematica nella valutazione degli aspetti
fisici legati alla movimentazione dei sedimenti in aree marino-costiere”.

L’evento, la cui partecipazione è gratuita, previa registrazione, si svolgerà
a partire dalle ore 9.30 alla Fortezza Vecchia di Livorno con interventi
prevalentemente in lingua italiana e traduzione simultanea sia in lingua
francese che inglese.

Programma:

09:30-10:00 Saluti Istituzionali (ISPRA, Provincia di Livorno, AdSP di
Livorno, Autorità di gestione, CEDA)

PARTENDO DAI CASI STUDIO, SI INVESTIGA IL PROBLEMA Moderatore: Ferla M. –
ISPRA

10:00-10:10 Presentazione del progetto SE.D.RI.PORT (Provincia di Livorno –
Nicotra I.)

10:10-10:30 L’esperienza di ISPRA nella progettazione e attuazione dei
monitoraggi delle attività di dragaggio portuale
(ISPRA – Piccione M.E.)

10:30-10:50 La modellistica nell’ambito del Progetto Se.D.Ri.Port per la
valutazione ambientale della movimentazione
dei sedimenti in aree portuali (ARPAL – Bertolotto R./Magrì S.)

10:50-11:10 Monitoraggio dei fondali e programmazione sostenibile dei
dragaggi: gli strumenti innovativi di rilevazione
delle batimetrie dei porti (AdSP – MTS, Porto di Livorno – Pagano P.)

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4 Luglio 2019 -

11:10-11:30 Monitoraggio di dati meteomarini, idrodinamici e di qualità
dell’acqua in aree costiere (Politecnico di Bari – De Serio F.)

11:30-11:50 Pausa caffè

11:50-12:10 Metodi di stima della sedimentazione nei canali di accesso ai
porti (Università dell’Aquila – Di Risio M.)

12:10-12:30 Risospensione di sedimenti indotta dal traffico navale – casi
studio italiani (DHI Italia – Pedroncini A.; AdSP Mar Ligure Occidentale –
Vaccari M.)

12:30-12:50 Non demonizziamo la torbidità!! (Università di Genova, DISTAV –
Capello M.)

12:50-13:00 Ecoplume – strumento operativo per la gestione proattiva ed
integrata della torbidità in attività di movimentazione di sedimenti
(CEDA/DEME – Huygens M.)

13:00-14:00 PRANZO

DAL PROBLEMA ALLA SOLUZIONE: METODI STANDARDIZZATI CONDIVISI Moderatrice:
Bertolotto R. – ARPAL

14:00-14:25 La normativa italiana in vigore sulla movimentazione dei
sedimenti marini (ISPRA – Pellegrini D./Mugnai C.)
e link applicativi (ISPRA – Feola A.)

14:25-14:45 Movimentazione di sedimenti, inerti e manufatti in ambito marino-
costiero:
la gestione delle autorizzazioni in Regione Toscana (Regione Toscana – Bini
A., Boninsegni G., Rubegni F.)

14:45-15:05 Il sistema delle ARPA per i controlli e i monitoraggi delle
attività di movimentazione dei sedimenti:
dall’espressione dei pareri alle esperienze dirette (ARPA Puglia – Ungaro N.)

15:05-15:30 Linee guida sulla modellistica matematica a supporto della
movimentazione dei sedimenti
in aree marino-costiere: modellazione ed interazioni con il monitoraggio

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(ISPRA – Lisi I./Bruschi A.)

15:30-16:00 Dragaggio per strutture sostenibili: dove la modellazione
multidisciplinare incontra soluzioni robuste e operative (CEDA/HR
Wallingford, UK – Baugh J.)

16:00-16:20 Limiti di Torbidità: mancanza di soglie significative e
generalizzabili: quali parametri dovrebbero essere inclusi nella valutazione
a scala locale (CEDA/CEC/NIRAS, Danimarca – Bundgaard K.)

16:20-16:40 Pausa caffè

TAVOLA ROTONDA: COSA PUÒ ESSERE MIGLIORATO? VERSO UN METODO GENERALE PER
TROVARE SOLUZIONI SPECIFICHE Moderatori: Ferla M. – ISPRA, Bertolotto R. –
ARPAL

16:40-18:00 Interverranno rappresentanti di:
ISPRA
Autorità di Sistema Portuali
Agenzie Regionali per la Protezione dell’Ambiente
Commissione Ambiente della Central Dredging Association
Comunità scientifica
Capitanerie di porto
Regioni
Autori delle Linee Guida ISPRA “La modellistica matematica nella valutazione
degli aspetti fisici
legati alla movimentazione dei sedimenti in aree marino-costiere”

18:00 Ringraziamenti e aperitivo di chiusura

Per il programma completo:
http://www.isprambiente.gov.it/files2019/eventi/interreg-workshop/Programma.p
df.

SE.D.RI.PORT – SEdimenti, Dragaggi e RIschi

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PORTuali

Se.D.Ri.Port (SEdimenti, Dragaggi e RIschi PORTuali) è un progetto con
capofila la Regione Sardegna in partenariato con il dipartimento del VAR, le
Università di Cagliari e di Tolone, la Provincia di Livorno, L’ARPAL Liguria,
L’ISPRA, L’Office des Transports della Corsica.
Il progetto nasce per identificare una soluzione congiunta del problema
dell’insabbiamento dei porti dell’area transfrontaliera e le soluzioni
operative per il ripristino dei fondali.

Se.D.Ri.Port è stato finanziato per un importo complessivo di euro
1.854.602,16 di cui 1.576.411,83 euro finanziati dal FESR.

Se.D.Ri.Port capitalizza il contributo di precedenti progetti che hanno
fornito importanti informazioni sullo stato dei porti sperimentando sistemi
di monitoraggio dell’ambiente marino; introduce un sistema comune per il
costante monitoraggio dell’insabbiamento, dell’inquinamento delle acque e dei
sedimenti, delle condizioni meteo-marine e dei principali parametri chimici e
fisici delle acque dei porti, delle zone costiere limitrofe e degli acquiferi
costieri; partendo dalle normative vigenti e dagli attuali compendi di buone
pratiche si propone di realizzare le Linee Guida da adottare congiuntamente
nello spazio transfrontaliero per affrontare la tematica dei dragaggi
(ripristino dei fondali) e la gestione dei sedimenti.
I cambiamenti climatici hanno un ruolo determinante nel favorire gli
insabbiamenti strutturali dei porti e velocizzare le dinamiche di
insabbiamento, aumentando sia i rischi per l’ambiente sia il rischio per le
attività economiche legate al trasporto marittimo. È di tutta evidenza che
un’azione, non rapida, di ripristino dei fondali di un porto, mette in crisi
il tessuto economico e sociale di intere comunità, specialmente nelle isole.
Pertanto l’individuazione congiunta di procedure operative e strategie comuni
di intervento, tendono a minimizzare gli effetti negativi dell’insabbiamento
ottenendo una migliore affidabilità delle risorse portuali a disposizione per
l’economia locale con tutto quello che ne consegue in termini di garanzia di
efficienza dell’intera area transfrontaliera.

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Vinitaly 2019: la Sicilia, regione più
vitata d’Italia

VERONA – Al Vinitaly 2019 la qualità premia la Sicilia. Cresce del 173 per
cento il numero di bottiglie di vino della “Doc Sicilia” prodotte nel 2018:
oltre ottanta milioni di “pezzi”, con una previsione per quest’anno di
superare i cento milioni. In crescita anche la “Doc Etna” e le certificazioni
per i vini di qualità aumentate di quattro volte. Nel contempo, l’Isola si
conferma il territorio più vitato del Paese e la Regione italiana alla quale
l’Ue assegna le maggiori risorse comunitarie per il comparto: oltre 55
milioni di euro, a testimonianza della capacità di spesa e di piena
attuazione degli obiettivi prefissati dal Programma europeo.
E’ con questi numeri che la Sicilia si presenta al Vinitaly 2019, che ha
aperto i battenti domenica a Verona.

L’Isola è presente, alla 53ma edizione del Salone internazionale del vino e
dei distillati, con 147 aziende provenienti da tutti i più importanti
territori vocati alle produzioni di qualità. All’interno dell’ormai classico
padiglione 2 – inaugurato dal presidente della Regione Nello Musumeci – gli
stand affollatissimi di esperti e curiosi, occupano una superficie di tremila

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metri quadrati. Prevista anche quest’anno un’area istituzionale che ospita
incontri con buyer internazionali, masterclass dedicate ai territori più
rappresentativi della Sicilia e degustazioni di vini sperimentali.
L’inaugurazione è stata anche l’occasione, da parte del governatore, per
illustrare alla stampa specializzata le strategie messe in campo dalla
Regione in un comparto che, anno dopo anno, cresce sempre di più.
«La Sicilia – ha sottolineato con soddisfazione Musumeci – da decenni è
protagonista a Verona. I vini rappresentano una delle eccellenze
enogastronomiche dell’Isola, che servono anche da promozione per il
territorio. Il “brand Sicilia” è sempre più capace di conquistare nuovi
mercati senza temere concorrenti. I risultati ottenuti nell’ultimo anno sono
straordinari e premiano quegli imprenditori che hanno saputo investire in
qualità. La Regione è pronta a sostenere i loro sforzi e ad affiancarli nella
conquista di nuove fette di mercato, ancora di più di quanto fatto in
passato».
All’affollato incontro con la stampa, moderato dal giornalista Fabrizio
Carrera, insieme agli assessori all’Agricoltura Edy Bandiera e al Turismo
Sandro Pappalardo, erano presenti anche: Andrea Farinetti, patron insieme al
padre Oscar della catena di grande distribuzione Eataly e ultimo imprenditore
non siciliano, in ordine di tempo, ad avere scommesso sulla Sicilia del vino;
e Stevie Kim, brand manager di Vinitaly International, fondatrice della
Vinitaly Accademy, colei sta divulgando, attraverso i suoi oltre duecento
“ambasciatori”, le produzioni vinicole di qualità dell’Isola nel mondo.
«In Sicilia – afferma l’assessore Bandiera – non si è mai bevuto bene come
oggi grazie ai vini siciliani. Il made in Sicily conferma il suo trend di
crescita in termini qualitativi e quantitativi. Basti pensare alla
certificazione dei vini targati Doc, che in cinque anni è cresciuta in modo
esponenziale passando, per avere un’idea, dagli 832 certificati emessi nel
2013 per 287 mila ettolitri, ai 2.371 certificati rilasciati nel 2018 per 933
mila ettolitri. La certificazione dei vini di qualità si è quadruplicata. Ciò
è stato possibile grazie al miglioramento della capacità produttiva, delle
conoscenze tecnologiche e della comunicazione».
Alla conferenza stampa, al Vinitaly 2019, hanno partecipato anche i
presidenti delle Associazioni di produttori, rappresentative delle imprese
partecipanti: Leonardo Agueci (Providi e Vitesi, con 62 aziende), Alessio
Planeta (Assovini, 44 aziende) e Antonio Benanti (Consorzio Etna Doc, 41
aziende).
«La Sicilia – ha aggiunto con orgoglio l’assessore Pappalardo – è una meta

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sempre più ambita e più desiderata dal punto di vista turistico. E il merito
di questo nuovo trend va ricercato oltre che nelle eccellenze del territorio
anche nell’enogastronomia siciliana che non ha concorrenti».

Al Vinitaly 2019 il primato degli ettari.

La partecipazione alla 53 esima edizione del Vinitaly 2019conferma un
primato: la Sicilia è la regione più vitata d’Italia con 97.063 ettari,
seguita dal Veneto con 94.291 ettari e dalla Puglia con 88.417 ettari. Le
cifre sono aggiornate al luglio scorso.
Dei 97.063 ettari che compongono il Vigneto Sicilia, 73.601 sono
rivendicabili come vigneti a “Denominazione d’origine” (Do) o a “Indicazione
geografica” (Ig), ovvero con produzioni che seguono specifici disciplinari
orientati verso la qualità, mentre i rimanenti 23.462 ettari sono
classificati come produzione di vino varietale e generico (vino da tavola).
L’orientamento del Governo Musumeci è di ridurre al minimo la superficie a
“vino da tavola” migliorando pertanto la qualità per incrementare la
competitività sui mercati dei prodotti siciliani.

La crescita delle DOC.

Il territorio regionale consta di ben 24 denominazioni d’origine controllate
(Doc regionali) e una sola denominazione d’origine controllata e garantita
(Docg, Cerasuolo di Vittoria).
Tra le performance del vino siciliano in questo 2019 non possono sfuggire i
dati relativi all’imbottigliato di alcune Denominazioni. In particolare la
Doc Sicilia, presieduta da Antonio Rallo, che oggi conta 388 aziende e più di
7mila viticoltori, che nel 2018 ha registrato una crescita del 173 per cento
rispetto all’anno precedente, con 80,5 milioni di bottiglie contro i 29
milioni del 2017 e un trend dei primi mesi del 2019 che si proietta verso i
100 milioni entro la fine dell’anno.
Trend di crescita del 5,4 per cento pure per la Doc Etna con 3,6 milioni di
bottiglie nel 2018 contro i 3,4 dell’anno precedente.
Si registra altresì una flessione per l’Igt “Terre Siciliane” che nel 2018
registra circa 127 milioni di pezzi confezionati (bottiglie e confezioni

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alternative) contro i circa 172 milioni del 2017; tale dato induce a ritenere
che il vino siciliano si sta spostando verso la denominazione d’origine (Do).
I dati citati in questo comunicato sono stati forniti dall’Istituto regionale
vino e olio (Irvo), dal dipartimento Agricoltura della Regione Siciliana e
dal Consorzio Doc Sicilia.

Alla Sicilia 55,5 milioni dell’UE per il vino.

La Sicilia è prima regione in Italia per risorse comunitarie assegnate alla
vitivinicoltura. Per la campagna 2019-2020, a testimonianza della capacità di
spesa e di piena attuazione degli obiettivi prefissati dal Programma
comunitario, sono 55,5 i milioni di euro assegnati per le diverse misure
dell’Ocm vino, di cui circa 34,5 per la ristrutturazione e riconversione dei
vigneti, 8,8 per la promozione presso i Paesi terzi, 11 per gli investimenti
e 700 mila euro per la vendemmia verde. Vale la pena ricordare che, a partire
dall’avvio delle misure “Ristrutturazione e Riconversione Vigneti” (anno
2001) e “Investimenti” (anno 2012) e sino al 2018, sono stati
ristrutturati/riconvertiti, a livello regionale, 60.291 ettari di vigneti per
una spesa complessiva di 501,7 milioni di euro suddivisi su 21.239
beneficiari; per quanto invece concerne la misura “Investimenti”, e sempre
sino al 2018, sono stati finanziati 232 progetti per una spesa complessiva di
99,8 milioni di euro.

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Expo 2020 Dubai: a Roma, presentazione
della Request for Proposal nazionale

ROMA – Confindustria, in collaborazione con il Commissariato Italiano per
EXPO 2020 Dubai, organizza il seminario di presentazione della Request for
Proposal nazionale dedicata a tutti gli operatori chiamati a fornire le
migliori componenti costruttive, impiantistiche, tecnologiche e diventare
Partner Tecnici del Padiglione Italia a Expo 2020 Dubai.

L’appuntamento è per il 9 aprile 2019, ore 10.30 in Confindustria, sala
Pininfarina, sul viale dell’Astronomia 30, a Roma

In allegato il programma del seminario che è la prima iniziativa del
Commissariato Italiano dedicata alla presentazione della Request for Proposal
(RFP) pubblicata in data 1 Aprile.
La RFP è rivolta a selezionare Partner Tecnici tra realtà imprenditoriali,
enti pubblici ed enti di ricerca, anche consorziati con imprese, che
rappresentano la competenza italiana e l’innovazione tecnologica più avanzata
e sostenibile e che potranno partecipare direttamente alla realizzazione del
Padiglione Italia mediante le diverse forme di contribuzione previste dalla
normativa vigente e descritte nella documentazione di gara.

Si evidenzia come la RFP sia aperta a tutti gli operatori interessati a
partecipare per diventare Partner Tecnici, anche a coloro che non hanno
risposto alla precedente manifestazione di interesse, del 9 novembre 2018,

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che aveva la finalità di indagare l’interesse degli operatori e gli ambiti
merceologici di riferimento.

Il termine ultimo per presentare le offerte, vincolanti per gli operatori
partecipanti alla RFP, è fissato alle ore 18.00 del 6 maggio 2019.

Si informa che sarà possibile seguire i lavori dell’evento in Streaming.

Regione Sicilia: polemica con il Mit

PALERMO – Si accende la polemica tra la Regione sicilia e il Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti, l’assessore regionale alle Infrastrutture
Marco Falcone replica alla nota del Mit riguardo il commissario straordinario
per la viabilità in Sicilia.
«Purtroppo, ci dispiace dover manifestare ancora una volta una posizione
diversa rispetto a quella espressa dal ministero delle Infrastrutture circa
la mancata collaborazione della Regione Siciliana sul Piano per i lavori

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sulle strade provinciali».
«Il ministero – ricorda Falcone – si spinge fino a sostenere che la Regione
questuerebbe soldi pur avendo risorse in cassa. Ma andiamo per ordine: Roma
aveva chiesto un Piano e il Governo Musumeci ha subito provveduto a redigerne
uno da 125 interventi su strade siciliane per un valore di 304 milioni di
euro. Le infrastrutture da realizzare che abbiamo individuato sono
integrative rispetto al Piano straordinario messo a punto, in parallelo,
dalla Regione dal valore di 102 milioni di euro per 70 interventi. A questo,
inoltre, si aggiungono i due piani ordinari del Patto per il Sud e
dell’Accordo di programma quadro che valgono, rispettivamente, 140 e 90
milioni di euro».
Prosegue Falcone enumerando le ingenti risorse a disposizione dei cantieri:
«Per quanto riguarda i tre piani regionali, il Governo Musumeci ha già
impegnato oltre 120 milioni di euro. Proprio oggi abbiamo emesso tre decreti
dal valore di 12 milioni di euro. Per la prossima settimana ne sono previsti
altri cinque dal valore complessivo di 10 milioni. Va inoltre precisato che i
fondi Fsc del Mit hanno un crono-programma che, tra numerose sollecitazioni e
a seguito di un serrato confronto fra il Governo regionale e i nuovi vertici
dell’Anas, abbiamo calendarizzato secondo una spesa che vedrà nel 2019 gare
per 310 milioni, nel 2020 per 330 milioni, nel 2021 per 710 milioni e,
infine, nel 2022 per 420 milioni di euro. Tutto ciò dimostra quanto Roma
sappia bene come la Sicilia si presenti con un Piano dettagliato, puntuale,
frutto dello sforzo del Governo».
«Lascia perplessi, inoltre – conclude l’assessore – il silenzio del ministero
sui poteri speciali che saranno dati al commissario per affrontare, in tempi
straordinariamente brevi, la drammatica condizione della viabilità siciliana.
Anche questa era una promessa del ministro Toninelli, che dovrà mantenere se
veramente – e non ne dubitiamo – Roma vuole essere di aiuto alla Sicilia.
Dispiace, dunque, trovarsi su posizioni differenti sebbene la Regione
Siciliana non sia schierata contro qualcuno o qualcosa. Il nostro Governo
vuole solamente che l’Isola, dopo tanti anni di trascuratezza di vario colore
politico, possa avere la concreta ambizione di voltare pagina».

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