CORTE COSTITUZIONALE SEGNALAZIONI SULL'ATTUALITÀ COSTITUZIONALE STRANIERA - SERVIZIO STUDI

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CORTE COSTITUZIONALE
        SERVIZIO STUDI

     Area di diritto comparato

SEGNALAZIONI SULL’ATTUALITÀ
 COSTITUZIONALE STRANIERA

                           a cura di
                     Carmen Guerrero Picó
                     Sarah Pasetto
                     Maria Theresia Rörig
                     Céline Torrisi
                           con il coordinamento di
                     Paolo Passaglia

       n. 30 (novembre 2019)
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SOMMARIO

Stati Uniti
  PRE-EMBRIONI – DIVORZIO
  Corte suprema del Connecticut, sentenza Jessica Bilbao v. Timothy R. Goodwin
  (SC 20078), sulla conservazione di pre-embrioni in caso di divorzio dei
  committenti ....................................................................................................... 5

Stati Uniti
  PRESIDENTE – DIVULGAZIONE DATI FINANZIARI
  Corte di appello del Second Circuit, sentenza Donald J. Trump v. Cyrus R.
  Vance, Jr., No. 19-3204 (2d Circ. 2019), del 4 novembre 2019, sulla
  divulgazione di informazioni economiche relative al Presidente Trump .......... 9

Spagna
  EGUAGLIANZA – ACCESSO AL LAVORO
  Tribunale costituzionale, sentenza n. 108/2019, del 30 settembre, su un caso di
  discriminazione in ragione della maternità nella pubblica amministrazione .. 13

Spagna
  PARLAMENTO – ELEZIONI
  Le elezioni politiche del 10 novembre 2019 ................................................... 17

Nuova Zelanda
  EUTANASIA – LEGGE
  Il Parlamento approva disegno di legge sull’eutanasia, da sottoporre a
  referendum confermativo ................................................................................ 21

Francia
  ENERGIA – CONCORRENZA
  Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-791 DC del 7 novembre 2019,
  Legge sull’energia e sul clima ........................................................................ 23
Germania
  STATO SOCIALE – SUSSIDIO HARTZ IV
  Tribunale costituzionale federale, sentenza del 5 novembre 2019 (1 BvL 7/16),
  in merito alle sanzioni per beneficiari del sussidio sociale “Hartz IV” ........... 27

Germania
  UNIONE EUROPEA – ACCORDO DI LIBERO SCAMBIO CON SINGAPORE
  Tribunale costituzionale federale, ordinanza del 28 ottobre 2019 (2 BvR
  966/19), sull’accordo di libero scambio tra Unione europea e Singapore ...... 31

Germania
  UNIONE EUROPEA – ACCORDO DI LIBERO SCAMBIO CON SINGAPORE
  Tribunale costituzionale federale, ordinanza del 7 novembre 2019 (2 BvR
  882/19), sull’accordo di libero scambio tra Unione europea e Singapore ...... 33

Regno Unito
  FINE VITA – SUICIDIO ASSISTITO
  High Court of Justice, Newby, R (on the application of) v The Secretary
  of State for Justice, [2019] EWHC 3118 (Admin), del 19 novembre 2019,
  in tema di fine vita ........................................................................................... 35

Spagna
  RAPPORTI TRA STATO E CATALOGNA – COMPETENZE LINGUISTICHE
  Tribunale costituzionale, sentenze n. 109/2019, del 1º ottobre, e 114/2019,
  del 16 ottobre, sulle competenze linguistiche della Catalogna in materia
  di istruzione ..................................................................................................... 37

Spagna
  PARLAMENTO CATALANO – COMMISSIONE D’INCHIESTA SULLA MONARCHIA
  Tribunale costituzionale, sentenza n. 111/2019, del 2 ottobre, sull’istituzione
  da parte del Parlamento catalano di una commissione di inchiesta sulla
  monarchia ........................................................................................................ 39
STATI UNITI
                           PRE-EMBRIONI – DIVORZIO

Corte suprema del Connecticut, sentenza Jessica Bilbao v. Timothy
  R. Goodwin (SC 20078), sulla conservazione di pre-embrioni
              in caso di divorzio dei committenti

                                                                          04/10/2019

   Una coppia di coniugi si era sottoposta a pratiche di fecondazione in vitro,
creando così diversi “pre-embrioni”. Al momento della creazione, la clinica cui si
erano rivolti aveva chiesto loro di firmare un accordo relativo alla conservazione
degli stessi, che prevedeva la possibilità per loro di scegliere come disporre dei
pre-embrioni in caso di divorzio. La coppia aveva optato per la distruzione degli
embrioni, riempendo la relativa casella, apponendovi le iniziali di entrambi e
firmando l’intero accordo.
   Qualche anno dopo, la coppia aveva chiesto il divorzio. Ai fini della presente
disputa, l’unica questione per la quale avevano agito in giudizio era quella della
disposizione dei pre-embrioni. La donna, ricorrente, chiedeva la distruzione dei
pre-embrioni, in conformità al suddetto accordo per la conservazione. L’uomo
voleva invece proseguire con la crioconservazione nel caso in cui la coppia,
qualora si fosse riappacificata, avesse voluto avere altri figli; in alternativa, egli
chiedeva di dare i pre-embrioni in adozione.
   La corte di primo grado aveva stabilito che l’accordo era nullo perché privo di
corrispettivo tra le parti e perché la decisione circa l’eventualità del divorzio era
affidata ad una “semplice” casella da barrare. Pertanto, essa aveva trattato i pre-
embrioni alla stregua di “beni”, da distribuire secondo l’esito di un’operazione di
bilanciamento dell’interesse dei rispettivi componenti della coppia. Aveva di
conseguenza concluso nel senso che la ricorrente aveva l’interesse prevalente al
possesso dei pre-embrioni, i quali erano stati allora assegnati alla donna.
   In appello, l’uomo aveva avanzato principalmente due tesi, entrambe fondate,
come ha rilevato la Corte suprema del Connecticut, sull’argomentazione che il
pre-embrione è da ritenersi un essere umano. In primo luogo, l’uomo asseriva che
un pre-embrione non può essere classificato alla stregua di un “bene”; piuttosto, si
tratta di una vita umana e deve pertanto essere assegnato alla parte che desidera
mantenerlo in vita. In secondo luogo, egli argomentava che la corte di primo
grado aveva omesso di applicare una presunzione giuridica a favore della parte
che desiderava mantenere in vita i pre-embrioni proprio in quanto esseri umani.
Se era stato d’accordo con la distruzione dei pre-embrioni in caso di divorzio, nel
frattempo aveva cambiato idea, e pertanto riteneva di non essere più vincolato
dalla relativa previsione.
    Tuttavia, ha sottolineato la massima corte statale, le argomentazioni dell’uomo
presupponevano anche la correttezza della conclusione, raggiunta dalla corte di
primo grado, circa la nullità dell’accordo di conservazione. Si trattava di una
conclusione che la Corte suprema statale riteneva errata. Pertanto, essa ha
rovesciato la decisione di primo grado e disposto l’esecuzione dell’accordo per la
conservazione 1.
    La Corte suprema del Connecticut ha dapprima ricordato che, dall’analisi di
altri ordinamenti statali degli Usa, potevano rilevarsi tre orientamenti relativi alla
disposizione dei pre-embrioni nel caso di divorzio della coppia committente: (1)
quello contrattualistico; (2) il bilanciamento e (3) l’accertamento del consenso
reciproco contemporaneo (contemporaneous mutual consent approach). Ai sensi
del primo, l’accordo tra i progenitori relativi alla disposizione dei pre-embrioni è
ritenuto legalmente valido e vincolante; se, da una parte, si tratta di una soluzione
che valorizza al massimo l’autonomia dei progenitori e permette una certa misura
di certezza, dall’altra, vi è il semplice fatto che i pre-embrioni possono essere
crioconservati a tempo indeterminato, con la possibilità che i committenti
cambino idea nel corso del rapporto. Nel bilanciamento, le corti soppesano
l’interesse di ciascun progenitore relativamente ai pre-embrioni, tenendo conto di
fattori quali l’uso a cui verranno destinati, la capacità dei progenitori di riprodursi
in altri modi, i motivi per cui è stata tentata la fecondazione in vitro, le possibili
conseguenze a livello psicologico e la presenza di cattiva fede. Nel terzo
approccio, invece, i progenitori possono cambiare idea in qualunque momento. La
Corte suprema del Connecticut ha sottolineato che la maggior parte delle corti
statali adite in merito a simili questioni ha applicato un approccio a due fasi:
prima l’orientamento contrattualistico, e solamente se questo non dà alcun esito, il
bilanciamento. L’accertamento del consenso reciproco contemporaneo è applicato
solo in uno stato, quello dell’Iowa.
    La massima giurisdizione statale ha stabilito che, essendo assente una
disciplina legislativa in materia, anch’essa avrebbe seguito l’orientamento sinora
adottato dalla maggior parte degli stati. Infatti, essa riteneva giusto che fossero i
progenitori a decidere sulla disposizione dei pre-embrioni. Vi erano notevoli
vantaggi pratici nella decisione anticipata della questione, come ad esempio

    1
         Il    testo    della     decisione   è    reperibile on     line   alla   pagina
https://www.jud.ct.gov/external/supapp/Cases/AROcr/CR333/333CR82.pdf.
6
l’attenta valutazione dell’opportunità di intraprendere il percorso della
fecondazione in vitro. Inoltre, gli accordi potevano prevedere un certo margine di
flessibilità, ad esempio tramite la possibilità di apportare modifiche congiunte in
forma scritta. L’orientamento contrattualistico era conforme alla policy pubblica
del Connecticut in tema di fecondazione in vitro e degli accordi riguardanti la
sfera intima in senso lato (ad esempio, gli accordi prematrimoniali). Come
accennato, questo approccio si accordava alle prassi adottate dalla maggior parte
delle corti statali adite della questione. Infine, deponevano in tal senso anche le
linee guida stilate dalle associazioni professionali competenti.
    Nella specie, la Corte suprema del Connecticut ha deciso che la corte di primo
grado aveva errato nel ritenere che l’accordo per la conservazione dei pre-
embrioni non potesse essere fatto valere. Il corrispettivo necessario esisteva,
consistendo nel fatto che i componenti della coppia si erano promessi,
reciprocamente, di contribuire al materiale genetico necessario; inoltre, in cambio
della certezza costituita dalla scelta, dei committenti, di distruggere i pre-embrioni
in caso di divorzio, la clinica aveva accettato di fornire il servizio di
crioconservazione (se ad oggi nessuna corte ha espressamente affrontato la
questione, in dottrina si è ritenuto che tali forme di corrispettivo siano sufficienti).
Inoltre, la modalità di scelta tramite caselle di spunta è utilizzata in diversi
documenti aventi valore giuridico, anche importante.
    La Corte ha stabilito che, poiché aveva deciso nel senso della validità del
contratto, le tesi dell’uomo non potevano essere accolte. Infatti, egli presupponeva
che non vi fosse un accordo valido, e non aveva mai argomentato che, qualora vi
fosse un accordo valido, dovesse anche esservi una presunzione a favore della
continuata conservazione dei pre-embrioni. Inoltre, dato che egli non aveva
asserito davanti alla corte inferiore che l’accordo di conservazione non poteva
essere fatto valere perché riguardava una vita umana, nemmeno la Corte suprema
poteva trattare la tesi. Infine, determinare se un pre-embrione potesse essere
ritenuto un essere umano era una questione di fatto, almeno in parte;
ciononostante, l’uomo non aveva addotto alcune prove a sostegno della sua tesi.
    La Corte suprema del Connecticut ha sottolineato che la decisione della specie
si applicava nel caso di contratti che, se eseguiti, non avrebbero dato luogo alla
procreazione; inoltre, ha precisato di non pronunciarsi su come avrebbero dovuto
decidere i giudici nel caso in cui mancasse un accordo valido.

                                                                        Sarah Pasetto

                                                                                      7
STATI UNITI
                    PRESIDENTE – DIVULGAZIONE DATI FINANZIARI

        Corte di appello del Second Circuit, sentenza Donald J.
       Trump v. Cyrus R. Vance, Jr., No. 19-3204 (2d Circ. 2019),
       del 4 novembre 2019, sulla divulgazione di informazioni
               economiche relative al Presidente Trump

                                                                                     05/11/2019

   Nell’agosto 2019, nel quadro dell’indagine del grand jury avviata per stabilire
se diverse persone, fisiche e giuridiche, collegate al Presidente Trump, avessero
commesso reati ai sensi dell’ordinamento dello Stato di New York, il District
Attorney della Contea di New York aveva notificato ingiunzioni probatorie alla
Trump Organization ed alla Mazars USA LLP, uno studio contabile, per ottenere
la documentazione relativa agli affari personali e commerciali del Presidente
Donald Trump, ed in particolare le dichiarazioni dei redditi del Presidente. Il 19
settembre, il Presidente aveva agito in giudizio davanti ad una corte distrettuale di
New York, argomentando di poter invocare una ampia immunità presidenziale
dalla giurisdizione penale statale e chiedendo diverse dichiarazioni ed obblighi di
astensione volti fondamentalmente ad impedire l’esecuzione delle ingiunzioni
durante il mandato del Presidente. La corte di primo grado aveva dichiarato di
essere obbligata ad astenersi dall’esercizio della giurisdizione, dato il precedente
giurisprudenziale costituito dalla sentenza Younger v. Harris 1, della Corte
suprema federale, ed aveva respinto la richiesta del Presidente. La corte
distrettuale aveva reso anche una decisione alternativa, nel caso in cui in appello
l’astensione fosse stata ritenuta errata: anche secondo questa decisione, le richieste
del Presidente andavano respinte.
   In appello, la corte di appello del Second Circuit ha rovesciato la decisione
della corte inferiore riguardo all’astensione ai sensi della sentenza Younger, ma ha
confermato quella relativa al rigetto delle richieste del Presidente 2.

   1
       401 U.S. 37, del 1971. La sentenza prevede un’eccezione alla regola generale
dell’imprescindibilità, per le corti federali, di trattare i casi, nelle seguenti circostanze:
procedimenti penali statali, determinate tipologie di tutela civile e casi civili in corso che
riguardino disposizioni volte unicamente a sostenere la competenza, delle corti statali, a svolgere
le loro funzioni giudiziali.
   2
          Il     testo   della     decisione     è     reperibile   on    line   alla    pagina
https://law.justia.com/cases/federal/appellate-courts/ca2/19-3204/19-3204-2019-11-04.html.
In particolare, i giudici della corte di appello hanno dichiarato che dovevano
stabilire soltanto se un procuratore statale potesse chiedere dati economici
personali relativi al Presidente Trump ad un soggetto terzo durante il mandato del
Presidente. Essi hanno precisato che non avrebbero valutato l’immunità del
Presidente dal processo penale nel corso del suo mandato, né si sarebbero
pronunciati sulla questione se al Presidente stesso potesse essere imposto di
divulgare documentazione nel contesto di un procedimento penale statale.
    Nella specie, l’eventuale immunità non impediva l’esecuzione
dell’ingiunzione; si trattava di una ingiunzione volta ad ottenere le dichiarazioni
fiscali del Presidente ed altri dati economici relativi ad imprese di sua proprietà in
qualità di privato cittadino, e ciò non influiva affatto sullo svolgimento dei suoi
compiti istituzionali.
    Inoltre, non si trattava dell’arresto o della detenzione del Presidente, né di
un’ordinanza che lo obbligasse a presentarsi in tribunale in un determinato
momento. Anzi, il Presidente stesso non era tenuto a fare alcunché, dato che
l’ingiunzione era indirizzata ai suoi contabili; l’eventuale invocabilità
dell’immunità presidenziale, pertanto, non si applicava al caso di specie.
    La corte di appello del Second Circuit ha ricordato che gli avvocati del
Presidente avevano riconosciuto che egli avrebbe potuto essere assoggettato alla
giurisdizione penale al termine del suo mandato. Pertanto, secondo i giudici, non
vi era alcun motivo evidente per cui uno Stato non potesse iniziare le indagini
contro il Presidente nel corso del suo mandato e, con le informazioni così
ottenute, sottoporlo a giudizio dopo la fine del suo mandato.
    Il Presidente non avrebbe dato motivazioni adeguate a sostegno della sua
argomentazione secondo cui il privilegio esecutivo dovrebbe applicarsi nel caso di
specie. A differenza, ad esempio, del caso relativo all’ex-Presidente Robert Nixon,
i documenti richiesti non riguardavano dati soggetti al segreto di Stato e non
mostravano alcun collegamento con lo svolgimento delle funzioni presidenziali
ufficiali. La corte di appello ha inoltre osservato che gli ultimi sei presidenti, a
partire dal Presidente Jimmy Carter, avevano tutti reso pubbliche le loro
dichiarazioni dei redditi – un dato di fatto che avvalorava la conclusione secondo
cui, con ogni probabilità, la divulgazione di dati economici personali non avrebbe
influito sullo svolgimento delle funzioni ufficiali del Presidente.
    Il difensore del Presidente Trump, Jay Sekulow, ha già dichiarato che farà
ricorso alla Corte suprema federale, dato che il caso solleva questioni
costituzionali fondamentali; la decisione dovrebbe essere resa entro la fine
dell’attuale sessione della massima corte federale, prevista per il giugno 2020.
Sarebbe, dunque, la prima occasione per la Corte di pronunciarsi su una delle

10
numerose cause intentate riguardo agli affari personali e commerciali del
Presidente Trump, e che sollevano questioni circa i limiti dei poteri presidenziali 3.
La forte limitazione del thema decidendum ad opera della corte di appello
potrebbe portare la Corte suprema a confermare la decisione, senza dover
emettere una pronuncia di portata assai più ampia contro Trump.

                                                                       Sarah Pasetto

   3
      B. WEISER – A. LIPTAK, Trump Taxes: Appeals Court Rules President Must Turn Over
8 Years of Tax Returns, in The New York Times, 5 novembre 2019,
https://www.nytimes.com/2019/11/04/nyregion/trump-taxes-vance-
appeal.html?searchResultPosition=1.
                                                                                   11
SPAGNA
                          EGUAGLIANZA – ACCESSO AL LAVORO

 Tribunale costituzionale, sentenza n. 108/2019, del 30 settembre,
     su un caso di discriminazione in ragione della maternità
                 nella pubblica amministrazione

                                                                                      06/11/2019

    Con la STC 108/2019 1, del 30 settembre, la sala seconda del Tribunale
costituzionale ha accolto il ricorso di amparo presentato da una lavoratrice che
riteneva di essere stata discriminata dall’amministrazione in ragione della sua
recente maternità.
    L’Instituto Nacional de Estadística (d’ora in avanti, INE) aveva indetto un
concorso per l’assegnazione di un posto di impiegato a contratto volto a colmare
l’assenza di un lavoratore in congedo. La ricorrente aveva ottenuto il punteggio
più alto e, il giorno dopo la pubblicazione dei risultati della selezione, aveva
comunicato all’INE che non poteva prendere servizio perché aveva partorito pochi
giorni prima. Aveva inoltre dichiarato di non rinunciare al posto di lavoro ed
aveva chiesto che le fosse riservato fino al momento in cui avrebbe potuto
insediarsi. L’INE aveva proceduto, allora, all’assunzione del candidato con il
secondo miglior punteggio 2.
    L’INE escludeva di aver infranto il divieto di discriminazione del sesso di cui
all’art. 14 Cost. L’assunzione dell’altra persona derivava dall’inadempimento del
dovere di prendere servizio immediatamente, esigenza che si ricollegava alle
urgenti necessità organizzative alla base del concorso stesso. Inoltre, il bando del
concorso non prevedeva né la sostituzione né la riserva del posto di lavoro e anche
l’applicazione del cosiddetto “but for test” avrebbe avvalorato l’assenza di
discriminazione. L’amministrazione sosteneva che semmai la ricorrente avrebbe
potuto prendere servizio e poi richiedere il congedo di maternità. Difatti, la

   1
         Il    testo    della     decisione  è     reperibile    on     line    alla    pagina
https://www.boe.es/diario_boe/txt.php?id=BOE-A-2019-15675. Per un primo commento, v. E.
ROJO TORDECILLA, El Tribunal Constitucional refuerza y amplía la protección contra la
discriminación por maternidad. Notas a propósito de la sentencia de 30 de septiembre de 2019,
del 12 ottobre 2019, in http://www.eduardorojotorrecilla.es/2019/10/el-tribunal-constitucional-
refuerza-y.html.
   2
     Il bando prevedeva l’assunzione del candidato con il secondo miglior punteggio, tra l’altro, in
caso di rinuncia del primo candidato.
persona che era stata assunta era una donna a cui poco tempo dopo era stata
riconosciuta la riduzione della giornata di lavoro per esigenze familiari.
    La motivazione della pronuncia contiene alcuni excursus sulla giurisprudenza
costituzionale e della Corte di giustizia dell’UE, nonché sulla normativa interna ed
eurounitaria, in tema di diritto a non subire discriminazioni in ragione del sesso in
occasione della maternità 3.
    La sala seconda ha tenuto in particolar modo a ribadire che la giurisprudenza
costituzionale sul divieto di discriminazione ha una valenza pedagogica ed
evolutiva. Infatti, l’art. 14 Cost., oltre a offrire tutela a particolari situazioni
soggettive, è volto a modificare lo stato delle cose, favorendo la uguaglianza
sostanziale tra esseri umani e agendo contro il mantenimento di alcune forme di
discriminazione storicamente radicate, sia per l’azione dei pubblici poteri, sia per
la prassi sociale, che hanno collocato alcuni settori della popolazione in situazioni
non solo svantaggiose, ma apertamente contrarie alla dignità della persona di cui
all’art. 10 Cost.
    L’art. 14 Cost. risponde ad una richiesta storica a favore della parificazione
sociale e giuridica della popolazione femminile, anche in ambito lavorativo. La
disposizione costituzionale è espressione della volontà di porre fine alla situazione
storica di inferiorità nella vita sociale e giuridica in cui è stata collocata la
popolazione femminile, che ha sofferto e subisce ancora una retrocessione sociale
o giuridica strutturale che si manifesta, tra l’altro, nelle difficoltà specifiche delle
donne nell’accesso al lavoro e nello svolgimento del lavoro, con la necessità di
conciliare la vita familiare, nonché nelle promozioni. L’uguaglianza sostanziale è
un elemento definitorio della nozione di cittadinanza nell’ordinamento
costituzionale.
    Per quanto riguardava il caso di specie, il Tribunale costituzionale ha dichiarato
che il divieto di discriminazione in ragione del sesso proteggeva la ricorrente
nonostante non fosse stato formalizzato il contratto di lavoro. In particolare,
l’organo amministrativo era tenuto ad adottare misure o formule flessibili che
impedissero che la maternità fosse di ostacolo all’accesso al pubblico impiego da
parte della ricorrente, offrendo misure alternative ragionevoli alla sua situazione.
    L’art. 51 della legge organica n. 3/2007, del 22 marzo, para la igualdad
efectiva de mujeres y hombres, impone alle pubbliche amministrazioni di
rimuovere gli ostacoli che rappresentino forme di discriminazione, per offrire

     3
      Sulla giurisprudenza costituzionale v., per tutti, A. SELMA PENALVA, Discriminación por
maternidad, in C. SÁNCHEZ TRIGUEROS (dir.), Un decenio de jurisprudencia laboral sobre la Ley
de     Igualdad     entre   mujeres     y     hombres,     BOE,    Madrid,  2018,    271-304,
https://www.boe.es/biblioteca_juridica/abrir_pdf.php?id=PUB-DT-2018-104.
14
condizioni di effettiva parità tra donne e uomini nell’accesso al pubblico impiego
e nello sviluppo della carriera professionale, agevolando la conciliazione della vita
personale, familiare e lavorativa.
   L’INE aveva fatto credere alla ricorrente di non avere diritto ad accedere al
lavoro poiché la sua recente maternità impediva l’immediata presa del servizio,
anziché favorire alternative praticabili compatibile con il divieto di
discriminazione.
   La sala seconda ha inoltre rilevato che la mancanza di intenzionalità lesiva da
parte dell’amministrazione non è rilevante per escludere la violazione dei diritti
fondamentali, poiché è sufficiente provare che il fattore protetto dal divieto è stato
alla base del pregiudizio o dello svantaggio lavorativo subito dalla ricorrente.
   Infine, si è ritenuto privo di rilevanza anche il termine di raffronto (tertium
comparationis) con l’altra donna assunta; il divieto di discriminazione non esige
la comparazione con un terzo, ma solo il concorso del fattore protetto e del
pregiudizio ad esso associato.

                                                             Carmen Guerrero Picó

                                                                                   15
SPAGNA
                             PARLAMENTO – ELEZIONI

               Le elezioni politiche del 10 novembre 2019

                                                                        11/11/2019

   I risultati delle elezioni politiche celebrate ieri in Spagna, con una
partecipazione pari al 69,87% dell’elettorato, non hanno semplificato l’uscita della
situazione di blocco politico che si è creata dopo le elezioni del mese di aprile.
   I seggi ottenuti dai partiti sono così ripartiti:

                            CAMERA DEI DEPUTATI

                        Partito                                      Seggi
PSOE                                                                 120
PP                                                                   88
Vox                                                                  52
Podemos-IU                                                           26
Esquerra Republicana-Sobiranistes                                    13
Ciudadanos                                                           10
Juntos por Cataluña                                                  8
ECP-Guanyem el canvi                                                 7
PNV                                                                  7
EH Bildu                                                             5
MÁS PAÍS-EQUO                                                        2
CUP                                                                  2
Podemos-EU                                                           2
CCA-PNC-NC                                                           2
Navarra Suma                                                         2
Més Compromís                                                        1
BNG                                                                  1
PRC                                                                  1
Teruel existe                                                        1

                                       SENATO

                             Partito                                 Seggi
PSOE                                                                 92
PP                                                                   84
Esquerra Republicana-Sobiranistes                                    11
PNV                                                                  9
Navarra Suma                                                         3
Partito                                      Seggi
Juntos por Cataluña                                                           3
Teruel existe                                                                 2
Vox                                                                           2
ASG                                                                           1
EH Bildu                                                                      1

                                             Fonte: https://resultados.10noviembre2019.es/

   Il partito socialista, pur essendo stato di nuovo il più votato, ha perso tre seggi
alla Camera e la maggioranza assoluta al Senato. Pedro Sánchez non ha, quindi,
ottenuto il preteso voto utile dell’elettorato di sinistra e non è da escludere che la
mancata consolidazione della sua candidatura lo possa portare a patti con alleati
non “naturali”.
   I dissensi interni ed il rifiuto ad accordarsi con i socialisti dopo le precedenti
elezioni hanno fortemente penalizzato Podemos, senza che questo portasse ad una
ascesa di Más País, dell’ex “dissidente” Errejón.
   Al centro-destra Ciudadanos, anziché – come auspicato – superare i popolari,
ha subito la più eclatante sconfitta nella contesa elettorale. Il suo leader Albert
Rivera ha presentato le dimissioni in data odierna 1.
   Il partito popolare è riuscito a incanalare il c.d. voto moderato del centro-
destra, mentre il resto di votanti si è diretto verso il partito di destra, Vox 2, la cui
campagna elettorale si è incentrata su proposte alquanto estreme, come la proposta
di scioglimento dei partiti indipendentisti 3. L’ascesa del partito di Abascal è stata
favorita anche dal riemergere di un certo discorso sulla “españolidad” come
reazione alla riesumazione della salma di Francisco Franco.
   La condanna dei leaders separatisti catalani non ha avuto una incidenza
notevole sui risultati elettorali: Esquerra repubblicana si è confermata come la
forza catalana più votata e gli antisistema della CUP sono riusciti ad accedere alla

     1
        V. Albert Rivera dimite como presidente de Ciudadanos tras la debacle
electoral,                in              El              Mundo,           dell’11/11/2019,
https://www.elmundo.es/espana/2019/11/11/5dc9309afc6c835f238b4600.html, e Ciudadanos, un
rosario                         de                      errores                  históricos,
https://elpais.com/politica/2019/11/10/actualidad/1573410399_648868.html, in    El     País,
dell’11/11/2019.
     2
        V. Santiago Abascal aprovecha el regalo de la izquierda para ser
tercera          fuerza,         in          El           Mundo,        dell’11/11/2019,
https://www.elmundo.es/espana/2019/11/11/5dc86b28fdddff474e8b45b6.html.
     3
     V. ¿Por qué no se pueden ilegalizar los partidos independentistas como quiere Vox?, in El
País, dell’8/11/2019, https://elpais.com/politica/2019/11/08/actualidad/1573220884_447261.html.
18
Camera 4. Il rovescio elettorale di Ciudadanos, che ha più volte insistito in
campagna sulla necessità di applicare nuovamente l’art. 155 Cost., è stato
particolarmente celebrato tra le forze indipendentiste.
   Vi è anche un’inedita frammentazione della rappresentanza della c.d. Spagna
periferica, ed entra a sorpresa in Parlamento Teruel existe, partito aragonese che
non si definisce per la sua vicinanza ai tradizionali blocchi ideologici, ma per il
tentativo di rappresentare le richieste delle zone del territorio caratterizzate dalla
mancanza di infrastrutture e dal progressivo spopolamento.
   Gli scenari che si stanno valutando in queste ore sono molti. In prima battura si
ipotizza che l’ascesa di Vox potrebbe agevolare un governo di sinistra 5.
Considerati i risultati ottenuti da Podemos, gli eventuali patti di governo o
coalizioni comporterebbero la ricerca di altri necessari appoggi, che sembra
improbabile cercare negli stessi partiti che portarono Sánchez al governo dopo la
sfiducia a Rajoy.
   I patti dei socialisti con gli indipendentisti galiziani (BNG), baschi (EH-Bildu)
e catalani (ER, JxC, CUP) sembrano alquanto improbabili, mentre i negoziati con
forze più moderate del nazionalismo come PNV o Compromís si prefigurano più
realizzabili.
   Non sono nemmeno da escludere eventuali sostegni da Ciudadanos 6 o perfino
dai popolari 7.

                                                                       Carmen Guerrero Picó

   4
      V. ERC vuelve a ganar en Catalunya aunque pierde fuerza y la CUP entra en el
Congreso,              in             La           Vanguardia,             dell’11/11/2019,
https://www.lavanguardia.com/politica/20191110/471501702324/elecciones-generales-2019-10n-
resultados-catalunya.html.
   5
      Cfr. J. RODRÍGUEZ TERUEL, Vox facilita el pacto de las izquierdas, in Agenda Pública,
dell’11/11/2019, http://agendapublica.elpais.com/vox-facilita-el-pacto-de-las-izquierdas/; Iglesias:
“Es una necesidad histórica un Gobierno progresista que pare a la extrema derecha”, in El País,
dell’11/11/2019, https://elpais.com/politica/2019/11/10/actualidad/1573407864_789868.html.
   6
     V. ¿Y ahora qué? ¿Le salen las cuentas al PSOE para formar Gobierno?, in El País,
del 10/11/2019, https://elpais.com/politica/2019/11/10/actualidad/1573404945_054101.html.
   7
      V. El PP gana 22 escaños y Casado no cierra ninguna puerta: “A ver qué hace
Sánchez”,                  in              El              País,          dell’11/11/2019,
https://elpais.com/politica/2019/11/10/actualidad/1573407061_569279.html.
                                                                                                 19
NUOVA ZELANDA
                                  EUTANASIA – LEGGE

        Il Parlamento approva disegno di legge sull’eutanasia,
               da sottoporre a referendum confermativo

                                                                               13/11/2019

   Il 13 novembre 2019, il Parlamento della Nuova Zelanda ha approvato un
disegno di legge che introduce l’eutanasia volontaria 1. Perché possa entrare in
vigore, dovrà prima essere approvato in sede di referendum popolare
confermativo.
   L’End of Life Choice Bill era stato introdotto nel 2017 dal deputato David
Seymour, del Partito libertario ACT. La proposta ha ricevuto il voto favorevole di
69 parlamentari contro 51, ponendo fine ad un dibattito durato due anni. Si tratta
di una tappa evidentemente di non poco momento, in un ordinamento in cui da
decenni ci si interroga sull’opportunità di introdurre forme di morte medicalmente
assistita.
    Qualora approvate in sede referendaria, le previsioni si applicheranno alle
persone maggiorenni affette da malattia terminale e la cui aspettativa di vita non
superi i 6 mesi. In particolare, il paziente si dovrà versare in condizioni di declino
fisico irreversibile ed essere colpiti da “sofferenze intollerabili” che non possano
essere alleviate in alcun altro modo ritenuto accettabile. Per poter accedere al
trattamento, si dovrà essere in grado di comprendere la natura della morte assistita
richiesta e le sue conseguenze. Il testo di legge non permetterà solo il suicidio
medicalmente assistito (in cui il paziente stesso assume il farmaco letale), ma
anche l’eutanasia, nel senso che il farmaco potrà essere somministrato anche da
medici o infermieri.
    La richiesta di morte assistita dovrà essere effettuata al medico curante, il quale
dovrà compilare un modulo apposito dopo aver spiegato al paziente la natura della
sua malattia, la procedura per la morte assistita e possibilità alternative, tra le tante
questioni. Il modulo dovrà essere firmato e datato dal paziente alla presenza del
medico curante. In seguito, quest’ultimo dovrà valutare l’idoneità del paziente a
ricevere il trattamento, valutazione che dovrà essere confermata da un altro
medico indipendente. Nel caso di divergenza, o su raccomandazione di almeno

   1
        Il testo del disegno di legge è reperibile on line                     alla   pagina
http://www.legislation.govt.nz/bill/member/2017/0269/latest/DLM7285905.html.
uno dei due medici, si cercherà una terza opinione indipendente, da parte di uno
specialista nominato dallo SCENZ Group, il gruppo istituito dalla normativa allo
scopo di raccogliere i nominativi dei professionisti della sanità che saranno
disposti ad eseguire le pratiche di morte assistita. Una volta approvata la richiesta,
il paziente sceglierà la modalità del decesso. A seguito della procedura, il medico
curante dovrà compilare un apposito formulario e notificare il decesso al
Ministero della salute, il quale inoltrerà i documenti relativi al caso ad una
commissione di revisione. Questa commissione dovrà includere un professionista
esperto in etica della medicina e due professionisti della sanità, uno dei quali
dovrà esercitare nel settore delle cure di fine vita. Nel caso in cui si riscontrino
irregolarità nella procedura di morte assistita, la commissione potrà fare una
comunicazione ai funzionari indicati presso il Ministero della salute, i quali
potranno a loro volta rinviare il caso alle autorità incaricate di assicurare la buona
condotta della professione medica o, se del caso, alla polizia.
    La legge prevede la possibilità dell’obiezione di coscienza.
    Il referendum dovrebbe svolgersi entro il novembre 2020, in concomitanza con
le elezioni legislative ed un altro referendum sulla legalizzazione della marijuana.
È stato voluto dal partito nazional-populista New Zealand First, che aveva
minacciato di votare contro la proposta di legge (probabilmente impedendone
l’approvazione) qualora il testo adottato non fosse stato sottoposto a conferma
popolare.
    Il progetto ha suscitato forti polemiche: la grande maggioranza delle oltre
39.000 risposte richieste dalla commissione speciale del Parlamento che aveva
avviato una consultazione popolare si è espressa contro varie previsioni della
legge. In ogni caso, secondo dati storici, anche alla luce di una osservazione di
tipo comparatistico, è assai probabile che il referendum popolare vedrà una
conferma della legge 2.

                                                                                 Sarah Pasetto

     2
     Si v. B. JANCIC, Euthanasia bill passes final vote, goes to referendum, in nzherald.co.nz, 13
novembre 2019, https://www.nzherald.co.nz/nz/news/article.cfm?c_id=1&objectid=12284896; e
N. PERRY, New Zealand lawmakers pass euthanasia bill, referendum next, in The Washington
Post, 13 novembre 2019, https://www.washingtonpost.com/world/new-zealand-lawmakers-pass-
euthanasia-bill-referendum-next/2019/11/13/ceafdc1e-05ef-11ea-9118-25d6bd37dfb1_story.html.
22
FRANCIA
                                ENERGIA – CONCORRENZA

            Conseil constitutionnel, decisione n. 2019-791 DC
           del 7 novembre 2019, Legge sull’energia e sul clima

                                                                                      13/11/2019

   Il Conseil constitutionnel è stato adito da oltre sessanta senatori in riferimento
alla legge sull’energia e sul clima 1. Tale legge attualizza gli obiettivi della politica
energetica 2 al fine di tenere conto di quanto stabilito nel c.d. Plan climat, nella
c.d. Stratégie nationale bas carbone e nella programmazione pluriannuale
dell’energia.
   I ricorrenti contestavano l’art. 62 della medesima legge nella parte in cui
consente di aumentare fino a centocinquanta terawattore (invece di cento) il
volume globale di elettricità nucleare che la società Électricité de France (d’ora in
avanti, EDF) è tenuta a vendere, annualmente, agli altri fornitori di elettricità, e
nella parte in cui prevede che la revisione delle tariffe dell’elettricità venduta
possa prendere in considerazione sia l’inflazione che l’evoluzione della quantità
massima di elettricità da vendere.
   I senatori ricorrenti sostenevano che tali disposizioni violassero il principio di
uguaglianza davanti alla legge nella misura in cui la differenza di trattamento
creata tra EDF e gli altri fornitori di elettricità non sarebbe stata giustificata, in
quanto l’obiettivo di apertura alla concorrenza del mercato dell’energia elettrica
poteva ormai dirsi raggiunto. Affermavano, inoltre, che, costringendo EDF a
cedere agli altri fornitori di elettricità fino a centocinquanta terawattore annui di
elettricità nucleare ad un prezzo determinato mediante arrêté, tali disposizioni
violassero la libertà di impresa.
   Il Conseil constitutionnel ha ricordato la facoltà cui dispone il legislatore di
limitare la libertà di impresa, alla condizione che tale limitazione sia fondata su

   1
      La legge è entrata in vigore il 9 novembre 2019 e il testo è reperibile on line alla pagina
https://www.legifrance.gouv.fr/eli/loi/2019/11/8/TREX1911204L/jo/texte.
   2
      Tali obiettivi prevedono: il raggiungimento della c.d. neutralità carbone entro il 2050;
l’abbassamento, entro il 2030, del 40% del consumo di energie fossili rispetto al 2012; la riduzione
del 50% della quota di energia nucleare nella produzione elettrica mediante la chiusura di
quattordici reattori entro il 2035 (invece che entro il 2025).
esigenze costituzionali o giustificata dall’interesse generale e che non crei
violazioni sproporzionate rispetto all’obiettivo perseguito 3.
    Posto tale principio, il Conseil constitutionnel ha considerato che, pur violando
la libertà di impresa della società EDF, le disposizioni contestate sono giustificate
da un motivo di interesse generale, giacché, adottando tali disposizioni, il
legislatore ha inteso garantire un funzionamento concorrenziale del mercato
dell’elettricità nonché una stabilità dei prezzi. In effetti, imponendo a tale società,
che dispone del monopolio della produzione dell’elettricità nucleare in Francia, di
offrire alla vendita, per gli altri fornitori di elettricità, un determinato volume di
elettricità nucleare ad un prezzo stabilito mediante arrêté, le disposizioni
contestate hanno come obiettivo, in un contesto di apertura del mercato della
fornitura di elettricità alla concorrenza, di consentire a tutti i fornitori ed ai loro
clienti di beneficiare della competitività della produzione nucleare francese.
Inoltre, fissando a centocinquanta terawattore il volume massimo di elettricità, il
legislatore ha inteso evitare la situazione in cui i fornitori, non potendo accedere al
volume di energia nucleare necessaria per fornire i loro clienti, sarebbero costretti
ad acquistare sul mercato elettricità più cara, circostanza che comporterebbe un
aumento dei prezzi per il consumatore finale.
    Il Conseil constitutionnel ha poi sottolineato che diverse garanzie sono state
previste dal legislatore al fine di limitare la violazione alla libertà di impresa di
EDF. Nello specifico, il volume di elettricità nucleare che la società è tenuta a
mettere in vendita è stato determinato in maniera rigorosamente proporzionata sia
all’obiettivo di sviluppo della concorrenza nel mercato della produzione di
elettricità e della fornitura della stessa ai consumatori, sia all’obiettivo di
stabilizzazione dei prezzi.
    Per quanto riguarda, infine, le regole di determinazione del prezzo
dell’elettricità nucleare, il Conseil constitutionnel ha rilevato che, nell’attesa
dell’adozione del decreto relativo a tali regole, il meccanismo transitorio definito
dalla legge impugnata prevede che, per revisionare tale prezzo, i Ministri
dell’energia e dell’economia possano prendere in considerazione l’evoluzione
dell’indice dei prezzi al consumo e quella del volume globale massimo di
elettricità cedibile. Al riguardo, il Conseil ha specificato che, qualora tali
disposizioni, non prevedendo alcun’altra modalità di determinazione del prezzo,

     3
         La    decisione      è     reperibile    on  line    alla   pagina   https://www.conseil-
constitutionnel.fr/sites/default/files/as/root/bank_mm/decisions/2019791dc/2019791dc.pdf ed il
relativo         comunicato            stampa        alla        pagina       https://www.conseil-
constitutionnel.fr/actualites/communique/decision-n-2019-791-dc-du-7-novembre-2019-
communique-de-presse.
24
venissero interpretate nel senso di consentire, invece, ai ministri di determinare il
prezzo senza tenere sufficientemente conto delle condizioni economiche di
produzione di elettricità nucleare, violerebbero la libertà di impresa in maniera
sproporzionata.
   Con questa riserva, il Conseil constitutionnel ha dichiarato le disposizioni
contestate conformi alla Costituzione.

                                                                      Céline Torrisi

                                                                                  25
GERMANIA
                           STATO SOCIALE – SUSSIDIO HARTZ IV

  Tribunale costituzionale federale, sentenza del 5 novembre 2019
        (1 BvL 7/16), in merito alle sanzioni per beneficiari
                   del sussidio sociale “Hartz IV”

                                                                                           17/11/2019

   Il Tribunale costituzionale federale ha ritenuto 1, nell’ambito di un giudizio in
via incidentale, che alcune sanzioni, previste dalla normativa Hartz IV in merito ai
sussidi sociali 2, comminate per il mancato rispetto, da parte dei beneficiari, di
obblighi imposti dalla normativa (tra cui quello di cooperare per la ricerca di posti
di lavoro finalizzata al reinserimento nel mondo del lavoro), siano parzialmente
incostituzionali.
   In particolare, sono state ritenute incompatibili con la Legge fondamentale le
sanzioni che, applicando tagli superiori al 30%, prevedono la riduzione del
sussidio mensile ossia l’indennità di base (pari a 424 euro al mese) per coloro che,
senza una valida giustificazione, non accettano le offerte di lavoro che vengano
loro proposte dall’ufficio per l’impiego in base alla normativa Hartz IV e che
siano ritenute “ragionevoli”.

   1
      Un comunicato stampa della decisione è disponibile in lingua inglese alla pagina web:
https://www.bundesverfassungsgericht.de/SharedDocs/Pressemitteilungen/EN/2019/bvg19-
074.html.
   2
      L’Hartz IV – ufficialmente “Arbeitslosengeld II” – è stato introdotto nel 2005, nell’ambito di
un più ampio pacchetto di riforme finalizzate a tagliare i costi dello stato sociale, a rilanciare
l’economia e ad abbattere la disoccupazione (riforme note come “Agenda 2010”). Non si tratta di
una classica indennità di disoccupazione, che in Germania è rappresentata dal c.d.
“Arbeitslosengeld I” (destinato a chi ha perso il lavoro e negli ultimi anni ha regolarmente versato
contributi; in tal caso viene versato un sussidio per un periodo massimo di 24 mesi calcolato
partendo dagli stipendi lordi degli ultimi 12 mesi). L’Hartz IV è, invece, un sussidio sociale che
può essere richiesto da chiunque risieda stabilmente in Germania, di età compresa tra 15 e 65/67
anni, che possa lavorare per almeno tre ore al giorno, non abbia un patrimonio sufficiente per
mantenersi in modo autonomo, e non disponga di un lavoro oppure guadagni meno del minimo
vitale. Di norma ammonta a 424 euro al mese per un maggiorenne, anche se varia molto a seconda
della composizione del nucleo familiare. L’assegno è finalizzato a coprire le spese per gli alimenti,
il vestiario e la corrente elettrica, ma anche per l’istruzione e le attività ricreative. All’assegno base
si aggiungono poi le spese per l’affitto e il riscaldamento, le quali vengono coperte a parte
dallo Stato, che si fa anche carico, insieme con gli altri assicurati, dei costi dell’assicurazione
sanitaria. Per ulteriori dettagli, v. https://www.beratung-kann-helfen.de/images/medien/pdf-
Dateien/arbeitslosengeldii-in-berlin_italienisch.pdf.
In base alla sentenza, a seconda del tipo di infrazione, il sussidio potrà essere
ridotto fino ad un massimo del 30%, ma non oltre, quindi non più fino al 60% o al
100%, come era stato previsto dalla normativa Hartz IV. Chi rifiutava un lavoro
offerto dal Jobcenter (ufficio per l’impiego) rischiava infatti di non ricevere il
sussidio Hartz IV per tre mesi. In casi estremi, quali ad esempio casi di recidiva, il
sussidio poteva essere cancellato del tutto.
    La sentenza del Tribunale costituzionale ha riguardato il caso di un giovane
disoccupato di Erfurt che, nel 2014, aveva rifiutato un lavoro come magazziniere
offertogli dal Jobcenter perché preferiva lavorare come venditore. Il beneficiario
del sussidio non aveva accettato nemmeno una ulteriore offerta di lavoro, sebbene
avesse ad oggetto una mansione da esplicarsi nell’ambito del settore-vendite. Il
Jobcenter, per questa ragione, gli aveva ridotto il sussidio base nella misura del
60%. Il tribunale sociale di Gotha (Turingia), adito dal beneficiario del sussidio,
ritenendo che la riduzione applicata dal Jobcenter potesse non essere compatibile
con la Legge fondamentale, si era rivolto al Tribunale di Karlsruhe.
    Il Tribunale costituzionale ha sottolineato come i requisiti centrali per
l’implementazione delle prestazioni assistenziali derivino dalla garanzia del c.d.
minimo esistenziale o vitale ai sensi dell’art. 1, comma 1, della Legge
fondamentale (LF), che sancisce la dignità umana, in combinato disposto con
l'articolo 20, comma 1, LF (sullo stato sociale).
    Il legislatore dispone tuttavia di un certo margine di manovra nell’assicurare la
tutela di tale minimo esistenziale. Ed in tal senso si sottolinea come non sia il
sostentamento autonomo dell’uomo una condizione per tutelare la dignità umana;
piuttosto, la creazione dei presupposti per una vita auto-responsabile e
indipendente è posto alla base del sistema di protezione dello Stato ai sensi
dell’art. 1, comma 1, per. 2, LF. Tuttavia, la Legge fondamentale non impedisce al
legislatore di collegare il beneficio delle prestazioni sociali al fine di garantire
un’esistenza dignitosa al c.d. principio di subordinazione, con il che il legislatore
può decidere di concedere le prestazioni assistenziali solo alle persone che non
possono autonomamente provvedere alla propria esistenza. In tale senso il
legislatore dà attuazione al principio dello stato sociale di cui all’art. 20, comma 1,
LF.
    Il legislatore può inoltre imporre obblighi di cooperazione ragionevoli ai
beneficiari del sussidio, se sono in grado di lavorare, al fine di superare il proprio
stato di bisogno e può sanzionare la violazione di relativi obblighi revocando
temporaneamente le prestazioni assistenziali. Tuttavia, a causa degli oneri
straordinari che derivano dalla limitazione delle prestazioni, si devono applicare
rigorosi requisiti di proporzionalità; in questo caso, il margine di valutazione del

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legislatore, altrimenti ampio, è limitato. Quanto più lungo è il tempo trascorso
dall’entrata in vigore della normativa tanto maggiore e approfondita deve essere la
valutazione sugli effetti pratici derivanti dall’applicazione della normativa, non
potendosi basare la valutazione su mere ipotesi. Inoltre, devono prevedersi
condizioni e modalità sulla cui base i beneficiari del sussidio che abbiano subito
una riduzione dell’importo inizialmente erogato possano riottenerlo nella misura
originariamente stabilita.
   Con questa motivazione, il Tribunale costituzionale federale, pur non
censurando una riduzione delle prestazioni pari al 30% del sussidio base in caso di
prima violazione di determinati obblighi di collaborazione, ha dichiarato
incostituzionale la normativa laddove prevedeva l’applicazione di sanzioni che,
nei casi di ripetute violazioni nell’arco di un anno, consistessero in riduzioni
superiori al 30% del sussidio base o addirittura portassero alla completa
sospensione delle prestazioni. Inoltre, i giudici costituzionali hanno ritenuto che la
normativa scrutinata fosse incostituzionale nella parte in cui le sanzioni
comportavano una riduzione anche in caso di difficoltà estrema o in casi
eccezionali e laddove si prevedeva un rigido termine di tre mesi per tutte le
riduzioni delle prestazioni (anziché stabilire termini diversi a seconda dei singoli
casi).

   Il Tribunale ha dichiarato che le disposizioni incostituzionali potranno ancora
trovare applicazione, con alcuni correttivi, fino all’adozione di una nuova
normativa.

                                                              Maria Theresia Roerig

                                                                                   29
GERMANIA
    UNIONE EUROPEA – ACCORDO DI LIBERO SCAMBIO CON SINGAPORE

 Tribunale costituzionale federale, ordinanza del 28 ottobre 2019
       (2 BvR 966/19), sull’accordo di libero scambio tra
                   Unione europea e Singapore

                                                                    18/11/2019

   Il Tribunale costituzionale federale ha dichiarato irricevibile, in quanto
palesemente inammissibile, uno di due ricorsi costituzionali diretti aventi ad
oggetto il consenso espresso dal rappresentante tedesco nel Consiglio europeo in
favore della stipulazione dell’accordo di libero scambio tra Unione europea e
Singapore (EUSFTA). Pertanto, la relativa istanza cautelare, mirando
all’ottenimento di un provvedimento provvisorio circa il consenso da esprimersi
in senso al Consiglio da parte del rappresentante tedesco, non deve essere più
decisa.
    Secondo il Tribunale costituzionale, i ricorrenti hanno sollevato numerose
censure contro l’EUSFTA ma essenzialmente senza far alcun riferimento concreto
a parametri costituzionali.

                                                         Maria Theresia Roerig
GERMANIA
       UNIONE EUROPEA – ACCORDO DI LIBERO SCAMBIO CON SINGAPORE

Tribunale costituzionale federale, ordinanza del 7 novembre 2019
         (2 BvR 882/19), sull’accordo di libero scambio
                 tra Unione europea e Singapore

                                                                              18/11/2019

   Il Tribunale costituzionale federale ha respinto 1 un ricorso cautelare avente ad
oggetto il consenso espresso dal rappresentante tedesco nel Consiglio europeo in
favore della stipulazione dell’accordo di libero scambio tra Unione europea e
Singapore (EUSFTA).
   Tuttavia, il Tribunale costituzionale ha anche osservato che il ricorso diretto
pendente, nel merito, non appare né palesemente inammissibile né palesemente
infondato, poiché allo stato risulta quantomeno possibile che l’obiezione
riguardante l’“ultra-vires” possa aver successo. In altri termini, non è escluso
prima facie che la delibera del Consiglio dell’Ue sulla stipulazione dell’accordo di
libero scambio venga considerata, nel giudizio di merito, come un atto ultra vires
che incide sull’identità costituzionale della Legge fondamentale tutelata ai sensi
dell’art. 79, comma 3, LF.
   I diritti di cui agli artt. 38, comma 1, per. 1, e 20, commi 1 e 2, LF, in
combinazione con l’art. 79, comma 3, LF, possono essere garantiti e tutelati in via
di principio anche nell’ambito di un giudizio cautelare all’esito del quale possa
ordinarsi al Governo federale di non esprimere il proprio consenso in seno al
Consiglio europeo sino alla decisione di merito da adottarsi da parte del Tribunale
costituzionale.
   Tuttavia, i ricorrenti, nella specie, non hanno avanzato una domanda in tal
senso, ma hanno anzi sottolineato come non fosse loro intenzione ottenere una
sospensione della deliberazione del Consiglio europeo e che non volessero
impedire l’entrata in vigore dell’accordo EUSFTA di per sé. Essi si sono piuttosto
limitati a chiedere l’adozione di misure che, a loro avviso, possano garantire che
la Repubblica federale di Germania, in caso di successo del loro ricorso
costituzionale nel giudizio di merito, possa disimpegnarsi dall’accordo.

   1
      Un comunicato stampa della decisione è disponibile in lingua inglese alla pagina web:
https://www.bundesverfassungsgericht.de/SharedDocs/Pressemitteilungen/EN/2019/bvg19-
076.html.
Ad avviso dei giudici di Karlsruhe, le misure richieste dai ricorrenti non sono
idonee a garantire il loro diritto al rispetto della c.d. ‘responsabilità di
integrazione’ da parte del Governo federale e del Bundestag. Poiché l’Accordo di
libero scambio EUSFTA – a differenza dell’Accordo di libero scambio CETA – è
un trattato concepito come un accordo unicamente dell’Unione europea, che non
richiede la ratifica da parte degli Stati membri e nel quale la Repubblica federale
di Germania non è neanche parte contraente, quest’ultima non sarebbe nemmeno
in grado di assicurare unilateralmente, a seguito di un eventuale successo del
ricorso costituzionale nel merito, le misure eventualmente necessarie per garantire
il rispetto della responsabilità di integrazione del Governo federale e del
Bundestag.
    Nella misura in cui si voglia obbligare il Governo federale a formulare riserve
al consenso in merito alla ripartizione delle competenze tra gli Stati membri e
l’Unione europea nei settori della navigazione, della sostenibilità e della modifica
dei poteri degli organi competenti, si tratta di una misura inadeguata, perché ciò
non è previsto dai trattati e qualsiasi dichiarazione unilaterale non può modificare
la validità e l’effetto vincolante della delibera.
    Nella misura in cui i ricorrenti intendono obbligare il Governo federale ad
ottenere dal Consiglio dell’Unione europea un impegno affinché, per la durata del
procedimento principale dinanzi al Tribunale costituzionale federale, non venga
adottata alcuna decisione ai sensi dell’art. 218, n. 9, TFUE su progetti di
deliberazione da parte di organi competenti con effetti vincolanti, la misura non è
adeguata, tra l’altro, in quanto il Governo federale non può imporre
unilateralmente un tale obbligo da parte del Consiglio europeo ai sensi dell’art.
218, n. 8, TFUE.
    Infine, nella misura in cui si voglia obbligare il Governo federale ad ottenere
una dichiarazione vincolante del Consiglio dell’Unione europea e della
Commissione europea secondo cui la Repubblica federale di Germania possa
disimpegnarsi dall’EUSFTA e che l’Unione europea possa recedere
dall’EUSFTA, tale obbligo non sarebbe neppure idoneo in sé a garantire in capo
alle ricorrenti il diritto alla democrazia. Il Governo federale potrebbe anche qui
eventualmente impedire l’adozione di una delibera in seno al Consiglio, ma non
può obbligare il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione europea a
rilasciare dichiarazioni vincolanti. Ciò vale anche per un eventuale futuro recesso
dall’accordo.

                                                            Maria Theresia Roerig

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