RAPPORTO DI RICERCA SULLA DISPERSIONE SCOLASTICA WP3

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RAPPORTO DI RICERCA SULLA
 DISPERSIONE SCOLASTICA
                        WP3
       Deliverable n. 3.1
              Paese: Italia

     With the support of the Lifelong Learning Programme of the European Union.
     The project has been funded with the support of the European Commission.
     This publication reflects the views only of the author and the Commission cannot be held
     responsible for any use which may be made of the information contained therein.
Sommario
CAPITOLO 1 – COME VIENE DEFINITA E MISURATA LA DISPERSIONE SCOLASTICA ..................................................... 3
   1.1. Definizione di Dispersione Scolastica ........................................................................................... 3
   1.2 Le fonti sulla Dispersione Scolastica.............................................................................................. 5
   1.3. I dati nazionali sulla Dispersione Scolastica ................................................................................. 7
   1.4 I principali fattori che contribuiscono alla Dispersione Scolastica .............................................. 14
CAPITOLO 2. LE STRATEGIE ADOTTATE PER CONTRASTARE LA DISPERSIONE SCOLASTICA CON DIRETTO RIFERIMENTO ALLE
SPECIFICHE CAUSE CHE NE SONO ALLA BASE .................................................................................................... 17

   Introduzione ...................................................................................................................................... 17
   2.1 Strategie che contrastano i fattori “individuali” ......................................................................... 21
   2.2 Strategie che contrastano i fattori “familiari” ............................................................................. 24
   2.3 Strategie che contrastano i fattori “sociali” ................................................................................ 25
   2.4 Strategie che contrastano i fattori “scolastici” ........................................................................... 28
   2.5. Forze e debolezze delle iniziative analizzate .............................................................................. 34
CAPITOLO 3 – METODI PEDAGOGICI UTILIZZATI PER INSEGNARE LE LIFE SKILLS ...................................................... 39
   Premessa ........................................................................................................................................... 39
   3.1. Metodi pedagogici utilizzati per insegnare le life skills con riguardo alle diverse tipologie di life
   skills ................................................................................................................................................... 41
   3.2 Metodi pedagogici utilizzati per insegnare le life skills con riguardo all’obiettivo di prevenire
   l’abuso di sostanze e altri problemi giovanili .................................................................................... 47
   3.3. Metodi pedagogici utilizzati per insegnare le life skills per ridurre la dispersione scolastica ... 59
   Bibliografia ........................................................................................................................................ 64

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                                                 EC Project Grant 550482-LLP-1-2013-1-IT-KA1ECETB
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CAPITOLO 1 – COME VIENE DEFINITA E MISURATA LA DISPERSIONE SCOLASTICA

1.1. Definizione di Dispersione Scolastica

     Come noto, gli obiettivi di Lisbona hanno introdotto, in tema di dispersione scolastica, un
     obiettivo identico per tutti i Paesi europei: ridurre sotto il 10% il tasso del mancato
     completamento della scuola secondaria. Il mancato raggiungimento dei traguardi individuati
     per il 2010, ha indotto la Commissione Europea a rivedere gli obiettivi nella strategia di
     Lisbona 2020, che sono stati tradotti in traguardi nazionali, così da permettere a ciascuno
     Stato membro di calibrare gli interventi rispetto alle proprie specificità e per venire incontro a
     quei Paesi ben lontani da quanto indicato dall’UE, si è deciso di programmare delle mete
     intermedie. Nel caso dell’Italia, il quarto obiettivo generale (Ridurre l’abbandono scolastico al
     di sotto del 10% e aumentare a almeno il 40% la quota della popolazione di età compresa tra
     30 e 34 anni che ha completato gli studi superiori) è stato declinato in termini di 15-16%, cui
     dovrebbe corrispondere un tasso di laureati pari al 26-27%.

     Il fenomeno della dispersione scolastica, tuttavia, appare di difficile definizione in quanto
     “estremamente complesso e ricco di sfaccettature”1.
     In Italia2, sia l’ESL sia il dropout sono frequentemente indicati con il termine “abbandono” (o
     “abbandono precoce”), non agevolando una precisa definizione del fenomeno. Una
     recentissima indagine conoscitiva realizzata nel nostro Paese3 evidenzia come critica proprio la
     situazione relativa alla definizione e per conseguenza alla misurazione del fenomeno della
     dispersione scolastica. I diversi percorsi definitori portano come effetto l’adozione di diverse
     metodologie nella fase di rilevazione e misurazione della consistenza del fenomeno stesso (vd.
     par. 1.2).
     A partire dal 2000, Il Ministero dell’Istruzione definisce la dispersione come “un insieme di
     fenomeni che comportano un rallentamento del percorso formale di studio; inadempienze
     dell’obbligo scolastico; uscite in corso o a fine anno nei diversi gradi di scolarità obbligatoria o
     post-obbligatoria prima del raggiungimento del titolo di studio”4. Tale definizione viene
     successivamente articolata in cinque misure fornite dal Sistema Statistico Nazionale (SISTAN):

               1
                  Le azioni del PON “COMPETENZE PER LO SVILUPPO” di contrasto alla dispersione scolastica –
               Un’indagine valutativa
               2
                 Lost - DISPERSIONE SCOLASTICA: il costo per la collettività e il ruolo di scuole e Terzo settore, A cura di
               Daniele Checchi (Università degli Studi di Milano), Con la collaborazione di: Gianfranco De Simone, Katia
               Scannavini, Stefano Piziali, Anna Teselli, Giuliano Ferrucci, Alessandro Volpi, Realizzata da
               WeWorldOnlus, via Serio 6 – 20139 Milano Italia; Associazione Bruno Trentin, via Santa Teresa 23 -
               00193 Roma; Fondazione Giovanni Agnelli, via Nizza 250 – 10126 Torino in collaborazione con CSVnet,
               Ottobre 2014
               3
                 Indagine conoscitiva XVII LEGISLATURA — VII COMMISSIONE — SEDUTA DEL 21 OTTOBRE 2014
               4
                  MPI, La dispersione scolastica. Una lente sulla scuola, Roma, 2000. Il Miur ha realizzato indagini
               nazionali sulla dispersione scolastica a partire dal 2000 (l’ultima rilevazione è del 2012), utilizzando gli
               stessi indicatori: numero di alunni ripetenti e alunni non promossi; numero di promossi con debito;
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                                        EC Project Grant 550482-LLP-1-2013-1-IT-KA1ECETB
                                                                                                                          3
1. gli alunni ripetenti;
    2. gli alunni in ritardo rispetto all’età anagrafica;
    3. gli abbandoni, cioè le interruzioni di frequenza;
    4. le frequenze irregolari, ovvero gli alunni non valutati alla fine dell’anno per eccessivo
    numero di assenze;
    5. gli alunni promossi con debito formativo (solo per gli alunni della scuola secondaria di
    secondo grado) 5.
    Per questo motivo, le pubblicazioni periodiche del MIUR sulla dispersione evidenziano un dato
    che valorizza il fenomeno della dispersione scolastica con il numero di drop-outs rilevati nel
    corso di un anno scolastico. Questo dato viene integrato con ulteriori indicatori di possibile
    causalità del fenomeno quali:
-   numero di ripetenti;
-   promossi con debito;
-   ritardi accumulati nei vari anni di corso;
-   passaggi ad altro indirizzo.

    È questa una definizione del concetto di dispersione che comprende dunque anche i fenomeni
    di irregolarità e di insuccesso scolastico: gli indicatori che delineano l’area di esposizione al
    fenomeno sono il tasso di ripetenza e ritardo, i tassi di non ammissione e di ammissione con
    debito formativo.

    Nel giugno 20136, tuttavia, il Miur si concentra esclusivamente sulla rilevazione del fenomeno
    dell’“abbandono” che viene inteso e misurato come “lo scarto tra il dato iniziale degli alunni
    iscritti e quello relativo agli alunni che risultano scrutinati alla fine di ogni anno scolastico”.
    Questa chiave di lettura è frutto dell’impostazione dell’Anagrafe Nazionale degli Studenti
    (ANS) del Ministero dell’Istruzione che si propone, tendenzialmente, di contrastare gli
    abbandoni precoci, e ribattezza il concetto di dispersione in una logica “preventiva” del
    fenomeno stesso. Ciascuna istituzione scolastica, infatti, accedendo al sistema informativo del
    MIUR (SIDI), aggiorna e modifica in qualsiasi momento lo status dell’alunno. La scuola
    evidenzia la motivazione (trasferimento all’estero, trasferimento ad altra scuola, passaggio al
    sistema dell’istruzione e formazione professionale, istruzione parentale) con riferimento alla
    comunicazione dell’interruzione di frequenza. Il Sistema evidenzia quello che viene definito
    “rischio di abbandono scolastico” quando l’interruzione non è oggetto di una formale
    comunicazione da parte dell’alunno o della famiglia.
    Si tratta pertanto di un fenomeno che registra solo parzialmente il concetto di ESL, come
    definito a livello comunitario, in quanto si focalizza su un target diverso (alunni iscritti a scuola)
    che, ad un certo punto della loro carriera scolastica, interrompono effettivamente gli studi ma

              alunni con ritardi accumulati nei vari anni di corso; passaggi ad altro indirizzo; interruzioni/abbandoni
              (alunni ritirati)
              5
                  LE AZIONI DEL PON, ibidem
              6
                  Focus “La dispersione scolastica”, MIUR - Ufficio di Statistica, giugno 2013

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non ne danno formale comunicazione. Questa definizione, al momento, in assenza
     d’integrazione con le anagrafi regionali degli studenti esclude la possibilità di mappare se il
     ragazzo sia completamente fuori dal sistema d’istruzione e formazione, oppure se sia fuori dal
     primo, ma sia comunque inserito nella formazione professionale regionale.
     Questa modalità di rilevazione, che formalizza di fatto una definizione di dispersione
     coincidente col fenomeno dell’abbandono, conduce a risultati statistici fortemente differenti
     da quelli che derivano dall’adozione della definizione internazionale di ESL e fortemente
     inferiori da quanto risultante proprio dall’adozione della definizione internazionale.

1.2 Le fonti sulla Dispersione Scolastica

     Come evidenziato, le difficoltà di conoscenza statistica sulla dispersione “sono connesse col
     suo essere all’intersezione di più mondi formativi: quello della scuola, della formazione
     professionale e quello del lavoro”7.
     Il fenomeno “dispersione”, nel contemplare una molteplicità di categorie necessarie per la
     completezza della rilevazione, presenta dunque “un numero significativo di variabili che
     rendono piuttosto complessa la lettura dei dati, a partire dalla disomogeneità dei contesti e
     delle realtà scolastiche”8.
     La messa a punto di un quadro informativo sulla dispersione passa necessariamente per
     un’integrazione delle varie fonti amministrative e una loro utilizzazione sistematica ed
     integrata che, allo stato attuale, risulta ancora non completamente attuata.
     Richiamando le definizioni già viste nel paragrafo precedente, si può affermare che esistono
     due dimensioni di analisi del fenomeno della dispersione scolastica, l’una che fa coincidere il
     fenomeno della dispersione scolastica con il concetto di “abbandono scolastico” e che viene
     rilevata periodicamente dal MIUR; la seconda, invece, è ancorata alla definizione europea
     dell’ESL e viene “misurata” dall’Istat utilizzando l’Indagine “Forze di Lavoro”.

     Se ci fermiamo all’ambito prettamente scolastico, per anni tale misurazione è avvenuta
     sottraendo al totale della popolazione in età dai 14 ai 17 anni, gli iscritti a scuola, gli assunti in
     apprendistato, gli iscritti alla Istruzione e Formazione Professionale (IeFP); quello che residuava
     da questa sottrazione era probabilmente da attribuire alla quota dei “dispersi” (vd. oltre
     Rilevazioni Integrative sulle Scuole).

               7
                 Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Studi e Programmazione, Ufficio di statistica,
               La dispersione scolastica, Indicatori di base per l’analisi del fenomeno, Anno Scolastico 2004/05,
               Dicembre 2006.
               8
                 Consorzio Scholè, Fondazione Alma Mater – IRRE Lombardia, LA DISPERSIONE SCOLASTICA IN
               LOMBARDIA. ELEMENTI DI ANALISI E MISURA DEL FENOMENO, a cura di Pierangelo Barone

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Più recentemente, è stato elaborato un ulteriore indicatore dato dalla differenza tra il numero
    di iscritti al I anno di scuola superiore e i diplomati al V anno.
    In seguito all’accordo di Lisbona del 2000, l’Italia ha adottato una serie di interventi legislativi
    per rispondere al dettato europeo. In particolare la legge di delega n. 53/2003, che ha inteso
    creare un sistema in grado di contrastare il fenomeno della dispersione scolastica attraverso il
    monitoraggio della frequenza degli alunni, sia in ambito nazionale che regionale. A seguire, il
    decreto legislativo n. 76 del 2005, in attuazione della citata legge delega, ha disciplinato il
    diritto-dovere all’istruzione e alla formazione e ha istituito il Sistema Nazionale delle Anagrafi
    degli Studenti. Con tale decreto si è dato avvio ad una fase di sistemazione unitaria delle varie
    rilevazioni esistenti ai diversi livelli. Attualmente, dunque, dopo una fase di stasi, si ravvedono
    due diversi sistemi di rilevazione:
-   un sistema nazionale istituito presso il Ministero dell’Istruzione con il trattamento dei dati sui
    percorsi scolastici, formativi e in apprendistato dei singoli studenti, a partire dal primo anno
    della scuola primaria
-   i sistemi anagrafici regionali destinati ad accompagnare gli alunni lungo il loro percorso, sia
    scolastico che formativo.

    Infine, la legge n. 221/2012 (“recante misure urgenti per la crescita del Paese”) ha imposto
    un’accelerazione al processo di integrazione delle anagrafi, aprendo l’Anagrafe Nazionale degli
    Studenti presso il MIUR all’accesso da parte delle Regioni e degli Enti locali. Tuttavia, non
    risulta ancora completata l’integrazione dell’Anagrafe MIUR con le anagrafi regionali e
    comunali, contenenti i percorsi di istruzione e formazione professionale e di apprendistato.

    Prima della citata n. 221, la rilevazione della consistenza del fenomeno della dispersione
    scolastica avveniva con l’ausilio delle Rilevazioni Integrative sulle scuole, cioè rilevazioni
    statistiche incentrate, in particolare, sugli esiti finali degli scrutini. Successivamente, dall’anno
    scolastico 2011/2012, questa rilevazione “sintetica” è stata sostituita dal dato sul “rischio di
    abbandono scolastico” censito attraverso l’ANS, il che ha permesso di evidenziare, tra l’altro,
    una sottostima del dato fino ad allora ottenuto dalle Rilevazioni Integrative.
    Al momento, l’Anagrafe Nazionale degli Studenti rappresenta l’unico sistema nazionale di
    anagrafe esistente, utilizzabile dai vari soggetti descritti nel decreto n. 76/2005 (Comune, ove
    hanno la residenza i giovani, soggetti all’obbligo scolastico; dirigenti dell’istituzione scolastica o
    il responsabile dell’istituzione formativa presso la quale sono iscritti ovvero abbiano fatto
    richiesta di iscrizione gli studenti tenuti ad assolvere il diritto-dovere; Provincia, attraverso i
    Servizi per l’Impiego) ma non ancora integrato con le anagrafi regionali. Al momento, ad
    esempio, non sono ancora inclusi in tale rilevazione i soggetti che assumono con il contratto di
    apprendistato. In sintesi, questo sistema di rilevazione non risulta pienamente affidabile
    perché la mancata integrazione coi sistemi regionali non consente, ad esempio, di rilevare gli
    esiti della formazione professionale.

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La misurazione del fenomeno della dispersione avviene, a livello nazionale, anche utilizzando la
      Rilevazione sulle Forze di Lavoro dell’ISTAT. Questa Rilevazione riveste un ruolo di primo piano
      nella stima dei principali aggregati dell’offerta di lavoro. Oltre alle informazioni sugli aspetti
      legati al mercato del lavoro, l’indagine consente di descrivere anche le caratteristiche socio-
      culturali della popolazione ed è la fonte più completa per l’elaborazione degli indicatori
      formativi da cui si ricavano le stime ufficiali comunicate a Eurostat per monitorare lo stato di
      ogni Paese nel raggiungimento degli obiettivi specifici relativi all’istruzione. In linea con le
      nuove disposizioni di Eurostat, l’indagine è stata innovata nel 2004, quando la Rilevazione
      Trimestrale sulle Forze di Lavoro (RTFL) è stata sostituita dalla nuova Rilevazione Continua sulle
      Forze di Lavoro (RCFL), denominata continua in quanto le informazioni sono raccolte in tutte le
      settimane dell’anno e non più in una singola settimana per trimestre (come accadeva con la
      Rilevazione Trimestrale sulla Forze di Lavoro).
      Nel confronto europeo, l’indicatore elaborato dall’ISTAT individua la quota di popolazione in
      età 18-24 anni che ha abbandonato gli studi senza aver conseguito un titolo superiore al
      livello 3C short della classificazione internazionale sui livelli di istruzione (Isced97). Tale
      indicatore, nel sistema di istruzione italiano, equivale alla percentuale della popolazione in età
      18-24 anni che non ha titoli scolastici superiori alla licenza media (il titolo di scuola secondaria
      di primo grado), non è in possesso di qualifiche professionali ottenute in corsi di durata di
      almeno 2 anni e non frequenta né corsi scolastici né attività formative. Nel 2011, la serie
      storica è stata rivista per tener conto della modifica che Eurostat ha recentemente apportato
      alla metodologia di calcolo nel trattamento delle mancate risposte. In alcuni casi i dati possono
      dunque differire lievemente da quanto pubblicato gli anni precedenti a quella data9.

      Oltre alle due principali dimensioni appena viste basate sul conseguimento o meno di un certo
      titolo di studio, ce n’è una ulteriore che viene rilevata attraverso l’indagine OCSE-Pisa, la quale
      è incentrata sulla valutazione dell’adeguatezza delle competenze acquisite attraverso i
      percorsi di istruzione. Tale indagine viene condotta a livello internazionale dal 2000 e ha
      coinvolto 65 Paesi nell’ultima rilevazione del 2012, compresa l’Italia. È l’unica indagine
      internazionale che misura le conoscenze e le competenze dei giovani di età pari a 15 anni,
      un’età che, in molti Paesi, corrisponde o è prossima a quella in cui termina l’obbligo
      scolastico10. La rilevazione si focalizza sulla comprensione della Lettura, nella Matematica e
      nelle Scienze.

1.3. I dati nazionali sulla Dispersione Scolastica

                9
                    http://noi-italia.istat.it/
                10
                     http://www.oecd.org/pisa/aboutpisa/pisafaq.htm

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                                                                                                        7
I diversi sistemi e metodi di rilevazione del fenomeno hanno per conseguenza una diversa
quantificazione del fenomeno stesso. Di seguito si presentano le rappresentazioni quantitative
che emergono utilizzando i diversi metodi di rilevazione di cui al paragrafo precedente.

Secondo le ultime rilevazioni di cui all’indagine MIUR11, nell’a.s. 2011/2012, il numero di alunni
“a rischio di abbandono” risulta pari a 3.409 unità per la Scuola Secondaria di I grado (0,2%
degli alunni iscritti a settembre) e a 31.397 unità per la Scuola Secondaria di II grado (1,2%
degli alunni iscritti). Nella Secondaria di I grado, gli alunni “a rischio di abbandono” sono
prevalentemente iscritti al secondo e al terzo anno; il fenomeno è più evidente nella scuola
secondaria di secondo grado, in cui l’abbandono interessa prevalentemente il terzo e quarto
anno di corso.

          Alunni a rischio di abbandono per ordine scuole e anno di corso (% degli iscritti) –
          A.S. 2011/2012

La maggiore concentrazione di alunni che si disperdono durante il percorso della scuola
secondaria si registra negli Istituti Professionali, negli Istituti Tecnici e nell’area dell’Istruzione
Artistica12.

          11
              Focus “La dispersione scolastica”, MIUR - Ufficio di Statistica, giugno 2013
          12
              Il Miur rileva che, per il rischio abbandono registrato negli Istituti professionali, la mancata
          integrazione del sistema di rilevazione nazionale con quelli regionali, può condurre ad una sovrastima
          del fenomeno: alcuni dei fuoriusciti potrebbero essere infatti transitati nel sistema regionale di
          istruzione e formazione professionale senza averne dato comunicazione alla scuola.

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                                                                SCHOOL STILL PLAYS
                                   EC Project Grant 550482-LLP-1-2013-1-IT-KA1ECETB
                                                                                                              8
Alunni a rischio di abbandono (% degli iscritti) per tipo di scuola della secondaria di II grado - A.S.
2011/12

      Dal punto di vista geografico, il “rischio di abbandono” si localizza maggiormente nelle aree del
      Mezzogiorno. Per la scuola secondaria di I grado, le concentrazioni più elevate di abbandono
      scolastico si registrano in Sicilia (con lo 0,47% degli iscritti), Sardegna (con lo 0,41%) e
      Campania (con lo 0,36%), seguite dalla Puglia (0,29%) e dalla Calabria (0,19%). Anche nella
      scuola secondaria di II grado elevate percentuali di alunni “a rischio di abbandono” sono
      presenti nelle regioni meridionali, prime fra tutte la Sardegna (il 2,64% degli iscritti a inizio
      anno), cui seguono Sicilia (1,6%) e Campania (1,36%).
      Sempre nel Mezzogiorno, si evidenzia una maggiore propensione all’abbandono scolastico da
      parte degli alunni di sesso maschile.

                Alunni a rischio di abbandono (% degli iscritti) per regione e genere - A.S. 2011/12

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                                         EC Project Grant 550482-LLP-1-2013-1-IT-KA1ECETB
                                                                                                       9
Quanto al rischio di abbandono scolastico per età, per la scuola secondaria di I grado, il 17,6%
degli alunni a rischio di abbandono ha un’età inferiore ai 14 anni, il 43,7% un’età compresa tra i
14 e i 16 anni, il 34,3% è tra i 16 e i 18 anni e il 4,4% è sopra i 18 anni.
Quanto alla scuola secondaria di II grado, la composizione percentuale per età mostra che
appena lo 0,1% degli alunni “a rischio di abbandono” ha meno di 14 anni, il 6,1% ha un età
compresa tra 14 e 16 anni, il 28,8% è tra i 16 e i 18 anni e ben il 65% ha raggiunto la maggiore
età.
Infine, il dato del rischio d’abbandono è stato valutato con riguardo agli alunni con cittadinanza
non italiana che attualmente sono il 9,5% nella scuola secondaria di I grado e il 6,6% nella
scuola secondaria di II grado. Il fenomeno della dispersione scolastica colpisce maggiormente i
cittadini stranieri rispetto a quelli italiani ma colpisce in particolare gli stranieri nati all’estero
rispetto agli stranieri di seconda generazione, ossia quelli nati in Italia.

Il sistema di misurazione messo a punto dall’ISTAT, mette in evidenza come in Italia,
nonostante il fenomeno sia in progressivo calo, si sia ancora lontani dagli obiettivi europei. Nel
2013, la quota di giovani che ha interrotto precocemente gli studi è pari al 17%, il 20,2 tra gli
uomini e il 13,7 tra le donne. Il valore medio italiano è dunque superiore al valore medio
dell’indicatore nell’Ue-27 che si attesta al 12%. Il divario dell'Italia con il dato medio europeo è
più accentuato per la componente maschile (20,2 contro 13,6 per cento), in confronto a quella
femminile (13,7 e 10,2 per cento, rispettivamente).
Nonostante i progressi registrati negli ultimi anni nella maggior parte delle regioni, soprattutto
in quelle meridionali, il traguardo del contenimento degli abbandoni al di sotto del 10 per
cento appare lontano. Nel 2013 il fenomeno degli early leavers interessa ancora il 21,4 per
cento dei giovani meridionali e il 14,1 per cento dei coetanei del Centro-Nord. L'incidenza
maggiore si segnala in Sicilia e in Sardegna, dove circa un giovane su quattro non porta a
termine un percorso scolastico/formativo dopo la licenza media. Valori decisamente elevati si
osservano anche in Campania (22,2 per cento) e Puglia (19,9 per cento). Quote elevate di
abbandoni si riscontrano anche in alcune aree del Centro-Nord (principalmente in Valle
d'Aosta e nella provincia autonoma di Bolzano). Peraltro, nel periodo 2004-2013, la
contrazione del fenomeno appare più sostenuta nelle regioni meridionali, nelle quali
l'incidenza dei giovani che lasciano prematuramente gli studi è diminuita di 6,3 punti, a fronte
di un decremento di 5,2 punti nelle regioni del Centro-Nord. I progressi maggiori in termini di
riduzione degli abbandoni scolastici prematuri sono stati quelli della provincia autonoma di
Bolzano, della Puglia e del Veneto (quest'ultima regione ha raggiunto la soglia del 10 per
cento).

Giovani che abbandonano prematuramente gli studi per regione - Anno 2013 (valori
percentuali)

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                                   EC Project Grant 550482-LLP-1-2013-1-IT-KA1ECETB
                                                                                                    10
Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro
(a) Gli estremi superiori delle prime tre classi sono dati rispettivamente dai valori medi di Centro-Nord,
Italia e Mezzogiorno.

Quota di giovani che abbandonano prematuramente gli studi per sesso e regione -
Anni 2004-2013
     REGIONI
                              2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012                             2013
     RIPARTIZIONI GEOGRAFICHE
     Piemonte                         22,2   20,6    20,0   17,3   18,4   19,8   17,6   16,0   16,3     15,8
     Valle d'Aosta                    22,3   22,1    21,9   24,2   25,9   21,4   21,2   22,4   21,5     19,8
     Liguria                          16,3   17,0    16,1   16,5   12,6   12,4   16,2   15,0   17,2     15,1
     Lombardia                        21,7   21,5    18,5   18,3   19,8   19,9   18,4   17,3   15,3     15,4
     Trentino-Alto Adige/Südtirol     21,6   19,5    17,3   17,2   17,0   16,7   17,3   14,0   15,9     13,9
     Bolzano/Bozen                    30,6   26,4    23,5   23,3   21,5   21,0   22,5   18,2   19,5     16,7
     Trento                           11,9   12,2    10,5   10,6   12,3   12,2   11,8    9,6   12,0     11,0
     Veneto                           18,1   18,4    15,0   13,1   15,6   16,9   16,0   16,8   14,2     10,3
     Friuli-Venezia Giulia            13,6   15,8    19,7   12,6   15,2   14,5   12,1   13,9   13,3     11,4
     Emilia-Romagna                   20,0   19,3    17,7   17,4   16,6   15,0   15,0   13,9   15,4     15,3
     Toscana                          20,9   17,2    16,3   17,9   16,5   16,9   17,6   18,6   17,6     16,3
     Umbria                           13,2   15,4    14,8   12,7   14,8   12,3   13,4   11,6   13,7     11,9
     Marche                           16,7   19,1    18,0   16,3   14,7   15,6   14,8   12,8   15,7     13,9
     Lazio                            15,6   14,8    12,3   10,9   13,2   11,2   13,4   15,7   13,0     12,3
     Abruzzo                          16,6   16,1    14,7   15,0   15,6   14,8   13,5   12,8   12,4     11,4
     Molise                           15,2   15,5    16,2   16,4   16,5   16,6   13,5   13,1   10,0     15,4
     Campania                         28,6   27,8    27,1   29,0   26,3   23,5   23,0   22,0   21,8     22,2
     Puglia                           30,2   29,2    27,0   25,1   24,3   24,7   23,5   19,4   19,7     19,9
     Basilicata                       16,8   18,1    15,2   14,1   13,9   12,0   15,1   14,5   13,8     15,4
     Calabria                         21,8   18,2    19,6   21,2   18,7   17,4   16,1   18,2   17,3     16,4
     Sicilia                          30,6   30,0    28,1   26,1   26,2   26,5   26,0   25,0   24,8     25,8
     Sardegna                         30,1   33,1    28,3   21,8   22,9   22,9   23,9   25,1   25,5     24,7

     Nord-ovest                       21,4   20,9    18,7   17,9   18,8   19,3   18,0   16,8   15,8     15,5
     Nord-est                         18,7   18,5    16,6   15,0   16,1   16,0   15,4   15,2   14,7     12,6
     Centro                           17,1   16,1    14,4   13,8   14,5   13,5   14,8   15,8   14,7     13,7

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                          EC Project Grant 550482-LLP-1-2013-1-IT-KA1ECETB
                                                                                                             11
REGIONI
                                           2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012                                       2013
                  RIPARTIZIONI GEOGRAFICHE
                 Centro-Nord                        19,3 18,7     16,8     15,7     16,7     16,5    16,2    16,0    15,1      14,1
                 Mezzogiorno                        27,6 26,9     25,5     24,9     23,8     22,9    22,3    21,2    21,1      21,4
                 Italia                             22,9 22,3     20,6     19,7     19,7     19,2    18,8    18,2    17,6      17,0
              Fonte: Istat, Rilevazione sulle forze di lavoro

La quantificazione ufficiale offerta da Eurostat, sulla base dei dati tratti dalla European Labour
Force survey evidenzia un tasso di abbandono scolastico che in Italia si attesta al 17% (2013),
con un trend decisamente positivo di miglioramento (6 punti percentuali di riduzione in 10
anni, che lascerebbe presagire il raggiungimento dell’obiettivo auto-assegnato del 15-16%). La
disaggregazione del dato per generi segnalerebbe come il problema riguardi esclusivamente la
componente maschile della popolazione, avendo quella femminile raggiunto l’obiettivo già da
cinque anni.

  GEO/TIME                                   2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
  European Union (28 countries)               16,0   15,7   15,3      14,9     14,7     14,2 13,9      13,4    12,7    12,0
  European Union (27 countries)               16,1   15,8   15,4      15,0     14,8     14,3 14,0      13,5    12,8    12,0
  European Union (15 countries)               17,7   17,5   17,2      16,8     16,5     15,8 15,3      14,7    13,7    12,8
  Euro area (18 countries)                    17,9   17,6   17,3      16,8     16,4     15,8 15,4      14,7    13,8    12,9
  Euro area (17 countries)                    17,9   17,7   17,3      16,8     16,4     15,8 15,5      14,7    13,8    12,9
  Euro area (13 countries)                    18,2   17,9   17,6      17,0     16,6     16,1 15,7      14,9    14,0    13,1
  Belgium                                     13,1   12,9   12,6      12,1     12,0     11,1 11,9      12,3    12,0    11,0
  Bulgaria                                    21,4   20,4   17,3      14,9     14,8     14,7 13,9      11,8    12,5    12,5
  Czech Republic                               6,3    6,2       5,1      5,2      5,6      5,4 4,9     4,9     5,5     5,4
  Denmark                                      8,8    8,7       9,1   12,9     12,5     11,3 11,0      9,6     9,1     8,0
  Germany (until 1990 former territory
  of the FRG)                                 12,1   13,5   13,7      12,5     11,8     11,1 11,9      11,7    10,6    9,9
  Estonia                                     13,9   14,0   13,4      14,4     14,0     13,5 11,0      10,6    10,3    9,7
  Ireland                                     13,1   12,5   12,1      11,6     11,3     11,7 11,5      10,8    9,7     8,4
  Greece                                      14,7   13,6   15,1      14,3     14,4     14,2 13,5      12,9    11,3    10,1
  Spain                                       32,2   31,0   30,3      30,8     31,7     30,9 28,2      26,3    24,7    23,6
  France                                      12,1   12,2   12,4      12,6     11,5     12,2 12,5      11,9    11,5    9,7
  Croatia                                      5,4    5,1       4,7      3,9      3,7      3,9 3,7     4,1     4,2     4,5
  Italy                                       22,9   22,3   20,6      19,7     19,7     19,2 18,8      18,2    17,6    17,0
  Cyprus                                      20,6   18,2   14,9      12,5     13,7     11,7 12,7      11,3    11,4    9,1
  Latvia                                      14,7   14,4   14,8      15,6     15,5     14,3 12,9      11,6    10,6    9,8
  Lithuania                                   10,3    8,4       8,8      7,8      7,5      8,7 7,9     7,4     6,5     6,3
  Luxembourg                                  12,7   13,3   14,0      12,5     13,4        7,7 7,1     6,2     8,1     6,1
  Hungary                                     12,6   12,5   12,6      11,4     11,7     11,2 10,5      11,2    11,5    11,8
  Malta                                       42,1   33,0   32,2      30,2     27,2     27,1 23,8      22,7    21,1    20,8
  Netherlands                                 14,1   13,5   12,6      11,7     11,4     10,9 10,0      9,1     8,8     9,2
  Austria                                      9,5    9,1       9,8   10,7     10,1        8,7 8,3     8,3     7,6     7,3
  Poland                                       5,6    5,3       5,4      5,0      5,0      5,3 5,4     5,6     5,7     5,6
  Portugal                                    39,3   38,3   38,5      36,5     34,9     30,9 28,3      23,0    20,5    18,9

              ____________________________________________________________________
                                                                   SCHOOL STILL PLAYS
                                      EC Project Grant 550482-LLP-1-2013-1-IT-KA1ECETB
                                                                                                                                12
GEO/TIME                                   2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013
  Romania                                     22,4     19,6      17,9   17,3   15,9   16,6 18,4   17,5   17,4   17,3
  Slovenia                                       4,3       4,9    5,6    4,1    5,1    5,3 5,0    4,2    4,4    3,9
  Slovakia                                       6,8       6,3    6,6    6,5    6,0    4,9 4,7    5,1    5,3    6,4
  Finland                                     10,0     10,3       9,7    9,1    9,8    9,9 10,3   9,8    8,9    9,3
  Sweden                                         9,2   10,8       8,6    8,0    7,9    7,0 6,5    6,6    7,5    7,1
  United Kingdom                              12,1     11,6      11,3   16,6   17,0   15,7 14,9   15,0   13,6   12,4
  Iceland                                     24,9     24,9      25,6   23,2   24,4   21,3 22,6   19,7   20,1   20,5
  Norway                                         4,7       4,6   17,8   18,4   17,0   17,6 17,4   16,6   14,8   13,7
  Switzerland                                    9,5       9,7    9,6    7,6    7,7    9,1 6,6    6,3    5,5    5,4
  Former Yugoslav Republic of
  Macedonia, the                             :         :         22,8   19,9   19,6   16,2 15,5   13,5   11,7   11,4
  Turkey                                  :    :      48,8 46,9 45,5 44,3 43,1                    41,9   39,6   37,5
 Fonte: Eurostat – Labour Force surveys -
 http://appsso.eurostat.ec.europa.eu/nui/show.do?dataset=edat_lfse_14&lang=en

Come rilevato nel paragrafo precedente, è attiva a livello internazionale l’indagine OCSE-PISA.
Secondo tale indagine13, l’Italia consegue una performance peggiore della media OCSE.
Ciononostante sono presenti segnali di miglioramento: tra 2006 e 2009 i risultati si innalzano e
il 2012 conferma tale inversione di tendenza. Ampi sono i divari territoriali, con le Regioni del
Nord avanti, mentre il Mezzogiorno, pur con segnali di miglioramento dal 2006 in poi, specie in
alcune regioni, è sotto la media nazionale, sui cui valori si situa il Centro. Le competenze dei
15-enni italiani in Matematica si situano leggermente al di sotto della media OCSE (circa il 2%,
485 punti a fronte dei 494 della media OCSE). Leggermente migliori sono i risultati in Lettura e
Scienze, con valori dell’Italia rispettivamente di 490 e 494 (a fronte di valori medi OCSE
rispettivamente pari a 496 e 499). Gli studenti “poveri di conoscenze”, cioè quelli che non
superano il primo livello di competenze (in una scala a 6 livelli) si concentrano nel
Mezzogiorno.
Le differenze di competenze evidenziate sulla base dei test di apprendimento, conducono alla
considerazione che “si dovrebbe mirare a una definizione basata non tanto sul conseguimento,
o meno, della qualifica o del diploma, bensì sul grado di competenze raggiunte a una
determinata età”14.

Infine, uno studio di recente pubblicazione15 ha cercato di quantificare con precisione il
fenomeno degli abbandoni precoci dalla scuola in Italia al fine di stimare i mancati guadagni
attribuibili alla dispersione scolastica.

             13
                OCSE PISA 2012, SINTESI DEI RISULTATI PER L’ITALIA, A cura di INVALSI. Si ricorda che tale rilevazione
             testa le competenze degli studenti 15-enni nella comprensione della Lettura, nella Matematica e nelle
             Scienze
             14
                 Doc. XVII, n.6, DOCUMENTO APPROVATO DALLA VII COMMISSIONE PERMANENTE (CULTURA,
             SCIENZA E ISTRUZIONE), nella seduta del 21 ottobre 2014, A CONCLUSIONE DELL'INDAGINE
             CONOSCITIVA, deliberata nella seduta del 16 aprile 2014 - SULLE STRATEGIE PER CONTRASTARE LA
             DISPERSIONE SCOLASTICA
             15
                Lost - DISPERSIONE SCOLASTICA: il costo per la collettività e il ruolo di scuole e Terzo settore, ibidem

             ____________________________________________________________________
                                                                  SCHOOL STILL PLAYS
                                     EC Project Grant 550482-LLP-1-2013-1-IT-KA1ECETB
                                                                                                                       13
La quantificazione è stata effettuata mettendo a confronto dati di diverse tipologie e fonti:

  -   da Istat, incrociando dati anagrafici (popolazione residente) e dati amministrativi (iscritti e
      diplomati) provenienti dalle scuole
  -   dati di provenienza MIUR, relativi a due anni scolastici (2010-11 e 2011-12) per la scuola
      secondaria di I e II grado
  -   Rilevazione Continua delle Forze di Lavoro, condotta trimestralmente da Istat
  -   la rilevazione dell’Indagine sui Bilanci delle Famiglie Italiane, condotta da Banca d’Italia
  -   Istat Censimento Popolazione.

      La stima della dispersione così calcolata porterebbe ad un tasso superiore di almeno 10 punti
      percentuali rispetto a quello misurato da Eurostat.

1.4 I principali fattori che contribuiscono alla Dispersione Scolastica

      Nel 1990, il CENSIS16 pubblica una ricerca che pone in rapporto la dispersione con:
  -   la condizione socio-culturale della famiglia
  -   l’attività di insegnamento e le strutture scolastiche
  -   le dinamiche psicologiche degli studenti
  -   l’estraneità del mondo della scuola rispetto alla realtà extrascolastica.

      Nel 1998, la VII Commissione della Camera dei Deputati costituisce un comitato d’indagine e
      approva il documento “Indagine conoscitiva sul problema della dispersione scolastica (2000)”
      che presenta alcune cause alla base di tale fenomeno, distinguendole in esogene ed endogene:
  -   la combinazione sottosviluppo (povertà) e degrado ambientale urbano (metropolitano), che
      produce la maggiore spinta ad uscire dal sistema formativo. Il Meridione rappresenta, coi suoi
      quartieri poveri ed emarginati delle sue città, l’area più debole del sistema Paese;
  -   il grado di sviluppo socio-economico delle aree interessate (la possibilità di reddito, la
      disponibilità di infrastrutture, l’assenza di impellenze o bisogni economici);
  -   la cultura familiare, in particolare, ai fini della dispersione, viene sottolineata l’“importanza del
      titolo di studio dei genitori maggiore del reddito familiare”;
  -   gli orientamenti culturali dominanti, che attribuiscono valore al danaro piuttosto che
      all’istruzione (“povertà immateriale”);
  -   il rapporto scuola-famiglia, diventate sempre più lontane ed estranee;
  -   percorsi didattici troppo rigidi rispetto agli interessi e agli stimoli dei ragazzi;
  -   discontinuità tra scuola elementare e media, instabilità degli insegnanti;
  -   maggiore debolezza dei ragazzi rispetto alle logiche dei gruppi, interni o esterni alla scuola, che
      inculcano “valori di banda” estranei alle motivazioni scolastiche.

                16
                     Analisi della dispersione scolastica in Italia in aree di rischio e disagio educativo, CENSIS, 1990

                 ____________________________________________________________________
                                                                      SCHOOL STILL PLAYS
                                         EC Project Grant 550482-LLP-1-2013-1-IT-KA1ECETB
                                                                                                                           14
Appare inoltre evidente che nel corso del tempo si siano manifestate “forme qualitativamente
    nuove di abbandono, come quelle sperimentate in alcune zone più ricche del Paese (il Nord-Est
    soprattutto)”17, il che ha evidentemente smentito la teoria secondo cui la dispersione fosse
    direttamente dipendente da povertà e sotto-sviluppo. Questo fenomeno tuttavia non si è
    caratterizzato come evasione dall’obbligo, quasi inesistente, ma è stato frutto di una “cultura
    del lavoro che non di rado respinge l’idea dell’utilità del titolo di studio superiore per
    affermarsi nella vita lavorativa” 18.

    Altri studi e ricerche condotti in Italia19, classificano le cause alla base della dispersione in tre
    categorie:
-   esogene: vi rientrano (come già visto) il diverso livello di sviluppo economico, dove il basso
    tenore di vita solitamente si accompagna (soprattutto al Sud e nelle Isole) ai tassi di
    abbandono più elevati; l’ambiente familiare, soprattutto le famiglie povere, dove il valore della
    formazione è fortemente sottovalutato; la percezione della crisi del sistema scolastico,
    amplificata dai media e dal comportamento dei politici che lo hanno rappresentato come un
    servizio run-down
-   endogene: i malfunzionamenti operanti all’interno del sistema scolastico. La carenza
    strutturale, i problemi di natura organizzativa e finanziaria, curricula scolastici “inflessibili”. Ma
    vi rientrano anche gli approcci didattici del corpo docente, che adotta metodologie omogenee
    a prescindere dalle specifiche esigenze degli studenti, metodi di insegnamento tradizionali,
    accademici, troppo incentrati sulle scienze umane a danno di scienza e tecnologia, su una
    conoscenza che ignora il “problem solving”, ecc.
-   personali: uno studente esposto al rischio abbandono scolastico proviene con buona
    probabilità da ambienti culturali e/o sociali deboli. Questo aspetto si combina con ulteriori
    aspetti di ordine caratteriale, quali mancanza di motivazione, bassa autostima, difficoltà
    relazionali, ecc. Un sistema scolastico come quello italiano che seleziona i docenti in base alle
    loro conoscenze tecnico-professionali appare inadeguato ad affrontare queste situazioni.

   La recentissima “Indagine conoscitiva sulle strategie per contrastare la dispersione
   scolastica”20 conferma quanto risultante dalle diverse indagini condotte negli ultimi 15 anni.
   Anche qui sono individuabili alcuni cluster di cause:
1. Lo zoccolo duro della dispersione, quello dovuto ad abbandoni ed evasioni, è di tipo socio-
   economico ma, dai valori Eurostat o Istat, si scopre “che tra dispersione e grado di povertà c’è
   una correlazione moderata: la povertà influisce sulla dispersione scolastica, ma non è il fattore
   determinante”.

              17
                  VII COMMISSIONE CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE (Seduta di mercoledì 19 gennaio 2000),
              INDAGINE CONOSCITIVA sul problema della dispersione scolastica, 2000
              18
                 VII COMMISSIONE CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE (Seduta di mercoledì 19 gennaio 2000), ibidem
              19
                 Prevention of Early School Living, Italian Report, Cipat, Firenze
              20
                 Indagine conoscitiva XVII LEGISLATURA — VII COMMISSIONE — SEDUTA DEL 21 OTTOBRE 2014.

               ____________________________________________________________________
                                                                    SCHOOL STILL PLAYS
                                       EC Project Grant 550482-LLP-1-2013-1-IT-KA1ECETB
                                                                                                         15
Altro tema fondamentale è quello degli studenti di cittadinanza non italiana21, “un tema che
   funziona come cartina di tornasole per tutte le situazioni di svantaggio sociale”. Infatti, i
   soggetti “più a rischio di abbandono scolastico sono, tipicamente, soggetti maschi, spesso di
   origine straniera, con un background familiare fragile e, soprattutto, con una storia e un
   percorso educativo molto frastagliato, che parte dalle scuole medie”.
2. Oltre ai fattori socio-economici facilitanti la dispersione, esistono quelli prodotti dal sistema
   d’istruzione stesso. Un importante fattore di rischio è rappresentato dalla tipologia di scuola.
   “La dispersione è maggiore negli istituti tecnici e negli istituti professionali”. Lo sviluppo del
   sistema di istruzione e formazione è fortemente intrecciato con il tema della dispersione. “Nel
   momento in cui l’offerta formativa non incontra i bisogni di formazione o diverge rispetto ad
   essi, si crea tale fenomeno (…). Nella realtà italiana, soprattutto nel settore dell’istruzione
   tecnica e professionale, vi è una strutturazione dell’offerta formativa che continua a non
   incrociare i bisogni e, al contrario, la divergenza aumenta.” Inoltre, “gli abbandoni della scuola
   avvengono prevalentemente nel primo biennio della superiore in genere a seguito di una
   bocciatura. Questo dato è omogeneo su tutto il territorio nazionale; ciò porta a concentrare
   l’attenzione sull’orientamento degli studenti che, se mal gestito, porta a scelte a volte
   irreversibili.” Altrettanto importante è il fenomeno delle assenze saltuarie frequenti, elemento
   predittivo dell’insuccesso seguente, soprattutto nelle zone ad alto rischio di esclusione sociale.
   “Il mancato potenziamento delle misure sul diritto allo studio ha un effetto diretto e indiretto
   sull’abbandono scolastico, specie nelle aree più deprivate.”
3. Accanto a questi fattori di ordine generale, ve ne sono poi alcuni che riguardano alcune
   specifiche categorie di ragazzi. Si tratta in particolare di “alunni e studenti indicati nella terza
   fattispecie dei BES (Bisogni educativi speciali), che non presentano una certificazione di
   disturbo di apprendimento o una patologia, ma evidenziano comunque difficoltà di
   apprendimento o inserimento.”

              21
                   Nella scuola secondaria superiore sono circa il 7 per cento, ossia circa 175.000 studenti.

               ____________________________________________________________________
                                                                    SCHOOL STILL PLAYS
                                       EC Project Grant 550482-LLP-1-2013-1-IT-KA1ECETB
                                                                                                                16
CAPITOLO 2. LE STRATEGIE ADOTTATE PER CONTRASTARE LA DISPERSIONE SCOLASTICA CON
DIRETTO RIFERIMENTO ALLE SPECIFICHE CAUSE CHE NE SONO ALLA BASE

Introduzione

          I fattori che determinano il prodursi del fenomeno della dispersione scolastica sono, come
          visto, di natura ed origine differente e possono determinarsi nel contesto di vita personale del
          ragazzo, in quanto dipendenti e dalle sue caratteristiche individuali e dalla famiglia di
          appartenenza, ma anche dal riferimento sociale di appartenenza. Alcuni fattori che
          contribuiscono al fenomeno della dispersione, infine, possono originare direttamente in
          ambito educativo, riguardando o la scuola di appartenenza (complessivamente intesa, dalla
          struttura al corpo docente ecc.) o l’intero sistema scolastico.
          In Italia, gli interventi per combattere la dispersione sono passati per due fasi:
         Anni ‘60/’70 – Approccio sociale. La causa era attribuita alla dimensione sociale,
          indipendentemente da quello che poteva fare la scuola o da quello che percepivano i soggetti
          a rischio di dispersione. Si pensava che l’intervento efficace dovesse essere politico o
          legislativo che, lasciando inalterate le relazioni e i significati che le persone si davano, dovesse
          intervenire a livello strutturale.
         Anni ‘80 – Approccio individuale. Il problema diventava l’individuo e la sua struttura cognitiva o
          emotiva22.

          Nel corso degli ultimi vent’anni, dunque, le “ricette” italiane per rispondere concretamente
          alla sfida lanciata dall’Europa sono state diverse. Le politiche nazionali al contrasto e alla
          prevenzione della dispersione scolastica sono state nel tempo, e sono, molteplici e vengono
          condotte a vario livello, attraverso l’implementazione di azioni sistemiche, di misure
          generalizzate e mirate o di interventi specifici, integrati o meno integrati.
          Questi interventi originano, di sovente, in ambito normativo per legittimare l’adozione di
          strumenti che vengano estesi all’intero sistema scolastico nazionale. Tra questi, che vedremo a
          seguire, si segnalano anche gli interventi attuati dal MIUR attivati attraverso le misure di
          sostegno previste nei PON. Quanto a queste misure, possiamo dire che, dopo un trentennio di
          esperienze pilota condotte nelle aree a rischio (dagli anni ‘80 al 2000), senza esiti risolutivi, il
          MIUR ha attualmente ripensato la sua politica in fatto di dispersione scolastica, riconoscendo il
          valore del successo formativo collegandolo al valore della persona nella sua unicità e la
          necessità di intervenire nell’ordinarietà dell’azione didattica, superando la logica della

22
     “La Scuola che vorrei”, Atti del Convegno, Trieste, 19-20 settembre 2007.
                       ____________________________________________________________________
                                                                            SCHOOL STILL PLAYS
                                               EC Project Grant 550482-LLP-1-2013-1-IT-KA1ECETB
                                                                                                           17
straordinarietà e delle azioni riparatrici. “È stato valorizzato e assunto il valore della
        prevenzione nell’azione formativa quotidiana.”23
        Nello specifico, i principali interventi di carattere generale, svolti contro l’abbandono scolastico
        negli ultimi anni, sono stati realizzati con i Piani Operativi Nazionali (PON). Dal 2002 al 2006 il
        PON “La scuola per lo sviluppo” ha svolto diverse azioni contro la dispersione. Nel periodo
        2007-2013, nell’ambito dei PON – Obiettivo specifico F – Promuovere il successo scolastico, le
        pari opportunità e l’inclusione sociale – sono stati investiti 270 milioni di euro (5700 progetti,
        450.000 partecipazioni) per le 4 Regioni dell’Area Convergenza (Calabria, Campania, Puglia,
        Sicilia). Nell’ambito del PAC – Piano di Azione Coesione – Priorità Istruzione, dal 2012 è in
        svolgimento l’AZIONE 324, recante “Realizzazione di prototipi di azione educativa in aree di
        grave esclusione sociale e culturale”, dedicata al recupero dei soggetti in difficoltà (42,9
        MEuro). La prima tranche del programma ha interessato 30 province e quasi 400 istituti di
        scuola secondaria di primo e secondo grado. Gli interventi sono finalizzati alla promozione di
        “esperienze positive di prevenzione e contrasto della dispersione scolastica e formativa, che
        potranno essere diffusi come modello di intervento, prototipi, per tutte le istituzioni
        scolastiche.”25 Tali interventi sono gestiti dal MIUR. Oltre al metodo per prototipi, la misura si
        caratterizza per l’approccio “multi-attore”, cioè reti di scuole e privato sociale. Infatti,
        l’elemento distintivo dell’azione dei PON è la costituzione di reti, nelle quali operano, in una
        logica sinergica e di integrazione, “i diversi attori presenti nei singoli territori, rappresentati
        non solo dalle scuole, ma anche da altre agenzie educative e sociali che partecipano
        attivamente alla realizzazione del progetto come “comunità educante”26.

        Negli ultimi anni, si è andata inoltre confermando la consapevolezza che un’azione efficace
        contro tale fenomeno dovrebbe sempre essere programmata a livello locale al fine di operare
        contemporaneamente su molti fronti: scuola, famiglia, società, istituzioni pubbliche e private
        del territorio. È per questo che le realtà territoriali si sono dedicate alla sperimentazione di

23 LINEE GUIDA ALLA PROGETTAZIONE ESECUTIVA, Obiettivo F “Promuovere il successo scolastico, le pari opportunità e
l’inclusione sociale” Azione 3 “Sviluppo di reti contro la dispersione scolastica e la creazione di prototipi innovativi”, Parte I
Indirizzi attuativi Avviso per la presentazione dei progetti esecutivi dei progetti F3 promossi dal Piano di Azione e Coesione
Azione 3 “Realizzazione di prototipi di azioni educative in aree di grave esclusione sociale e culturale, anche attraverso la
valorizzazione delle reti esistenti” AOODGAI
24
    Circolare MIUR 11666 del 31.7.2012. Avviso per la presentazione dei progetti esecutivi dei progetti F3 promossi dal Piano
di Azione e Coesione Azione 3 “Realizzazione di prototipi di azioni educative in aree di grave esclusione sociale e culturale,
anche attraverso la valorizzazione delle reti esistenti” AOODGAI, LINEE GUIDA ALLA PROGETTAZIONE ESECUTIVA. Obiettivo
F “Promuovere il successo scolastico, le pari opportunità e l’inclusione sociale” Azione 3 “Sviluppo di reti contro la
dispersione scolastica e la creazione di prototipi innovativi
25
    Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Dipartimento per la Programmazione e la gestione delle risorse
umane, finanziarie e strumentali Direzione Generale per gli Affari Internazionali Ufficio IV - Programmazione e gestione dei
fondi strutturali europei e nazionali per lo sviluppo e la coesione sociale Prot.n. AOODGAI/ 199 Roma, 8 Gennaio 2013 -
Programmazione dei Fondi Strutturali 2007/2013 – Avviso per la “Realizzazione di prototipi di azioni educative in aree di
grave esclusione sociale e culturale, anche attraverso la valorizzazione delle reti esistenti” - finanziato con il FSE. Anni
scolastici 2012/2013 e 2013/2014 – Attuazione dei Programmi Operativi FSE Regioni Ob. Convergenza – Piano Azione
Coesione. II fase della procedura avviata con nota AOODGAI/11666 del 31.07.2012
26
    Dispersione scolastica. VII Commissione: “Italia investe poco”, estendere misure ai BES e potenziare “anagrafe studenti”,
http://www.orizzontescuola.it/
                     ____________________________________________________________________
                                                                          SCHOOL STILL PLAYS
                                             EC Project Grant 550482-LLP-1-2013-1-IT-KA1ECETB
                                                                                                                              18
approcci al problema basati sulla logica del sistema formativo integrato, che richiede la
         costruzione di interventi in rete, nella consapevolezza che la scuola da sola non basta ad
         affrontare la dispersione. Per fronteggiare la molteplicità delle cause si orientano gli interventi
         in più direzioni. Ciò richiede una presa in carico collegiale da parte di più enti preposti in modo
         strutturato e coordinato. A ciascun ente è richiesto di convergere sull’obiettivo funzionale
         comune mettendo in campo le proprie specifiche attribuzioni e risorse. È necessaria una
         stesura congiunta di corresponsabilità tra: scuola, agenzia formativa, famiglia, allievo, servizi
         sociali27. Alcuni di questi interventi scaturiscono da una programmazione di legge rivolta alla
         prevenzione ed al contrasto di fenomeni di disagio sociale, di cui la dispersione scolastica
         rappresenta uno specifico aspetto.

        Così, vi sono state e sono in essere strategie e azioni diverse a livelli diversi28:
     A. Azioni di sistema a livello nazionale:
     - la graduale implementazione dell’anagrafe nazionale degli allievi,
     - l’innovazione del quadro normativo entro le Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola di
        base (3-14 anni) che definisce con chiarezza traguardi, obiettivi e metodologie atte a prevenire
        e contrastare la dispersione,
     - l’aumento della durata dell’obbligo scolastico e formativo a 10 anni totali rispetto al minimo di
        8 anni definiti dalla Costituzione e la connessa possibilità di assolvere l’obbligo in tre canali:
        sistema di istruzione, sistema della formazione professionale e apprendistato,
     - la riforma dell’istruzione secondaria con il rafforzamento dell’istruzione tecnica e professionale
        e l’implementazione dei percorsi di Istruzione tecnica Superiore,
     - la possibilità di passare da un tipo di scuola ad un altro (o da un percorso di formazione
        professionale verso una scuola), mediante iniziative didattiche, denominate “passerelle”,
     - il riconoscimento della frequenza anche in un solo segmento del sistema di istruzione e
        formazione, in termini di crediti formativi certificati, da far valere sia nei trasferimenti da un
        corso ad un altro, sia per la ripresa degli studi interrotti,
     - il riconoscimento nel bagaglio culturale dello studente di crediti formativi, derivanti da
        esercitazioni, stage o attività lavorative,
     - le molteplici azioni mirate al contrasto e alla prevenzione della dispersione messe in essere,
        con accordi tra enti locali, scuole e privato sociale in applicazione della legge n. 285/97 e della
        successiva legge n. 328/200029,

27
   Ad esempio, nel 2009 la Provincia di Bologna ha promosso e coordinato il Gruppo Provinciale Interistituzionale costituito
da Servizio Scuola e Formazione e Servizio Politiche Sociali e per la Salute. Il Gruppo ha attivato una sinergia strategica e
operativa con l’intento di avvicinare sul tema della dispersione scolastica la programmazione sociale/sanitaria con quella
educativa. Un primo risultato del lavoro del Gruppo è stata l’elaborazione delle Linee di indirizzo provinciali per il contrasto
alla dispersione scolastica e formativa: esse rappresentano una sintesi condivisa, assunta dagli organismi istituzionali di
programmazione, a partire dalla quale si sono definiti, nel corso del 2010, Accordi territoriali tra istituti scolastici ed enti di
formazione, istituzioni locali, servizi sociali e sanitari territoriali e Centri per l’impiego nell’ambito della programmazione
sociale territoriale (vd. di seguito i Piani di Zona).
28
    Fonti: LE AZIONI DEL PON “COMPETENZE PER LO SVILUPPO” DI CONTRASTO ALLA DISPERSIONE SCOLASTICA
UN’INDAGINE VALUTATIVA, Isfol 2012.
                     ____________________________________________________________________
                                                                          SCHOOL STILL PLAYS
                                             EC Project Grant 550482-LLP-1-2013-1-IT-KA1ECETB
                                                                                                                               19
-    interventi dei PON (Sicurezza, Competenze per lo Sviluppo), in accordo con enti locali e scuole.
        Il PON “Competenze per lo Sviluppo”, in particolare, ha messo in campo una serie coordinata
        di interventi, che hanno investito la dimensione strutturale (fornitura di attrezzature,
        tecnologie e laboratori; istituzione di nuovi centri risorse e centri di servizio) e quella
        riguardante le risorse umane e professionali (formazione dei docenti, specificamente
        finalizzata ad affrontare il problema della dispersione; informazione e formazione dei genitori;
        progetti mirati di prevenzione dell’abbandono). È stato posto l’accento anche su una terza
        dimensione, quella dei rapporti interistituzionali e con le Parti sociali, considerata decisiva ai
        fini del successo del PON nel suo insieme, ma con particolare riferimento al tema della
        dispersione, considerato prioritario30. Sono stati promossi appositi gruppi di lavoro e
        programmati incontri e iniziative congiunte, anche per meglio coordinare il PON con i POR
        apprestati dalle Regioni.

   B. Interventi a livello territoriale o a livello di singola scuola o di reti di scuole e/o di privato
      sociale:
   - l’utilizzo delle opportunità dell’autonomia scolastica per l’ampliamento dell’offerta formativa,
      la flessibilità e la sperimentazione, a diversi gradi di complessità e ricerca-azione svolti sia in
      modo autonomo sia prioritariamente promossi dal MIUR31,
   - gli interventi sistemici di orientamento destinati alle scuole di ogni ordine e grado, di cui al
      Piano Nazionale Orientamento,
   - gli interventi di orientamento svolti singolarmente o di concerto tra EDA-Centri Territoriali
      Permanenti, centri per l’impiego delle province, scuole autonome, ecc.,
   - le azioni promosse da organizzazioni del privato sociale destinate a gruppi di ragazzi o a singoli
      giovani a cui sono state offerte “scuole di seconda opportunità”.

        Per quanto riguarda gli interventi rivolti ai figli degli immigrati, si sono messi in atto, in questi
        anni, numerosi interventi e soluzioni adottati principalmente per ridurre il gap linguistico e
        culturale: utilizzo di personale specializzato nell’insegnamento della cosiddetta L2 (italiano
        Lingua 2), uso di mediatori, didattiche integrative, progetti interculturali e laboratori linguistici
        di transizione. Occorre, però, distinguere tra interventi volti a prevenire lo svantaggio tra i
        minori arrivati dall’estero e quelli di seconda generazione, che non sono interamente
        sovrapponibili.

29
   La legge n 328 del 2000 –”Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” ha
ridefinito il profilo delle politiche sociali. Sulla base di tale legge sono stati realizzati molti interventi a tutela del benessere
sociale, dei giovani, ecc. Tale legge ha istituito anche lo strumento del Piano di zona (vd. a seguire).
30
   PROGRAMMA EDUCATION FGA WORKING PAPER N. 27 (3/2010) Obbligo scolastico o di istruzione: alla ricerca dell’equità
Luciano Benadusi (Università di Roma La Sapienza) Orazio Niceforo (Tuttoscuola), Fondazione Giovanni Agnelli
31
   Soprattutto attraverso i finanziamenti ex articolo 9 del CCNL 2006/2009 destinati alle aree a rischio e, per il Meridione,
grazie al finanziamento dei Fondi Strutturali limitatamente alle aree dell’Obiettivo 1 nella programmazione 2000-2006 e
dell’Obiettivo Convergenza nel 2007/2013
                      ____________________________________________________________________
                                                                           SCHOOL STILL PLAYS
                                              EC Project Grant 550482-LLP-1-2013-1-IT-KA1ECETB
                                                                                                                                 20
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