Puglisi e le donne che fanno impresa - Cronache Salerno
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Puglisi e le donne che fanno impresa Le donne che fanno impresa perseguono primo, tra tutti i valori, il miglioramento continuo, ma hanno a cuore anche il mantenimento dello spirito di squadra, la professionalità e la ricerca di nuove soluzioni. Il fattore principale che guida le scelte delle imprenditrici durante i cambiamenti (leggi periodo post covid) sono il miglioramento del benessere aziendale e delle proprie performance. Ma si cambia anche per mettersi in gioco. E’ uno spaccato molto significativo quello emerso dall’indagine svolta nell’ambito del Progetto «Donna modello di impresa. Esperienze di business a confronto» promosso da Confindustria Salerno, in collaborazione con Confindustria Catania. Alessandra Puglisi è la Presidente del Comitato femminile plurale di Confindustria Salerno. Presidente Puglisi, a Salerno le aziende guidate da donne sono forti e godono di ottima salute? In epoca pandemica le nostre aziende non sono esenti dagli stessi meccanismi che hanno colpito tutte le imprese del mondo: ci sono settori in crisi e settori che registrano performance positive come l’agroalimentare, con tutta la catena ad esso connesso, e il farmaceutico, solo per fare qualche esempio. Piuttosto direi che l’impresa femminile è ottimista per natura e, anche in epoca pandemica, si interroga su come migliorarsi.
Dall’indagine svolta emergono una serie di valori e di principi alle quali si ispirano le donne che fanno impresa. Sì. Ci è sembrato opportuno, in un momento storico così particolare, fermarci a riflettere sui nostri valori guida per ripartire da lì e trovare le energie per dare risposte concrete. Per rendere il percorso ancora più fecondo, abbiamo ritenuto di confrontarci con le colleghe degli altri territori, nella convinzione che la condivisione e le sinergie siano alla base della crescita professionale e aziendale. Da tempo promuoviamo percorsi di formazione e confronto perché riteniamo che le best practices vadano condivise. Fare impresa vuol dire – a Salerno come ovunque – intraprendere una sfida quotidiana fatta di visione, di progresso, di superamento delle difficoltà e di innovazione. Salerno è terreno fertile per le donne che fanno impresa? Il Comitato femminile plurale di Confindustria Salerno annovera 85 iscritte tra titolari d’azienda, dirigenti e manager. E’ un numero significativo se si considera che parliamo di aziende manifatturiere o dei servizi di medie e grandi dimensioni che generano occupazione. Questo dato trasmette la presenza di un tessuto produttivo attento al cambiamento, al confronto con altri territori e altri Paesi, soprattutto per quanto riguarda le nuove opportunità da cogliere. Si parla molto di gender gap e di diversity e inclusion. Tutto ciò come si traduce a livello aziendale?
E’ innanzitutto importante riconoscere che nel Piano Nazionale di ripresa e resilienza, che detta le linee guida per la gestione dei fondi del Recovery, sono previste risorse per favorire le assunzioni delle donne o le imprese guidate da donne. E, più in generale, l’obiettivo del gender equality e del gender opportunity rientra in maniera trasversale in tutte le misure. Non solo, dunque, assunzioni per le donne senza lavoro, ma anche precise misure che riguardano il percorso formativo. E’ fondamentale l’aspetto di coesione sociale, incluso il discorso della gestione del “tempo famiglia”. Ciò detto, l’impresa privata ha come suo elemento fondante la meritocrazia, è l’unico parametro che dovrebbe ispirare le scelte aziendali. Emanuele Rizzo: “Sono stanco di andare dietro ai colori, io apro anche all’interno” di Monica De Santis “Sono stanco di andare dietro a colori, meteo e idiozie di ogni tipo… buone solo per far fallire le attività e portare all’esaurimento nervoso. È più di un anno. Basta mo’. Se la legge dice di buttarmi nel precipizio non la seguo solo perché è la legge. La Cantina è aperta anche all’interno. Da ora. P.s.: per chi volesse venire a fare il brillante….lassat sta…ca c fa mal a cap” E’ questo il messaggio che il titolare di Cantina Rebelde, Emanuele Rizzo, ha postato ieri su Facebook, avvisando i suoi clienti che potranno accomodarsi all’interno del suo locale e soprattutto nel messaggio avvisa
anche le forze dell’ordine della sua decisione. Decisione che purtroppo il titolare di Cantina Rebelde non sarà il solo a prendere. I ristoratori infatti, lamentano che la decisione assunta dal governo non tiene conto che di questi tempi è facile incappare, come ieri, in una giornata di cattivo tempo, di conseguenza se non si possono far sedere i clienti all’interno la merce acquistata si rischia di doverla buttare. E di questi tempi, dopo mesi di chiusure e restrizioni i ristoratori non hanno di certo disponibilità economica tale da consentirsi di buttare del cibo. Baristi contro il divieto di servire il cafè al banco di Monica De Santis Il consumo di un caffè al banco di un bar è pratico e veloce eppure il governo lo vieta. Questo è quello che appare su un manifesto promosso dalla Fipe Confcommercio, che scende in campo per chiedere al governo di rivedere le proprie regole in materia di riapertura. Infatti la circolare del 24 aprile con cui il Ministero dell’Interno ritiene che il DL “Riaperture” vieta ai bar la possibilità di effettuare la somministrazione al banco. Ebbene questa decisione, dicono dalla Confcommercio è giuridicamente incomprensibile e non ha alcun fondamento di sicurezza sanitaria. Una decisione che da più viene contestata. Soprattutto dai bar che lamentano che questo provvedimento li penalizzi ulteriormente. Si tratta di un’interpretazione che nessuno si aspettava considerando che il decreto non esclude espressamente il consumo al banco ma, al contrario, ha voluto specificare con quali modalità può avvenire il consumo al tavolo (esclusivamente all’esterno fino
al 31 maggio), spiegano da Confcommercio. D’altra parte, dopo 14 mesi di blocco delle attività di ristorazione, – fanno sapere da Confcommercio – almeno l’aspettattiva di una regolamentazione puntuale non dovrebbe essere tradita: in zona gialla i bar hanno sempre avuto la possibilità di effettuare la somministrazione al banco anche in virtù del fatto che si tratta di un consumo veloce, che non implica una lunga permanenza all’interno degli esercizi. In sostanza, stando alla circolare del Ministero dell’Interno, la somministrazione al bancone non si potrà fare prima del 1° luglio mentre a partire dal 1° giugno saràpossibile consumare al chiuso ma al tavolo. Un paradosso giuridico e sanitario.“E’ un a’acco al modello di offerta del bar italiano” – dichiara Massimo Di Porzio, presidente di Fipe-Confcommercio Campania “che si differenzia da quelli degli altri Paesi proprio perché basato sul consumo al banco. Un provvedimento punitivo ingiustificato anche so’o il profilo scientifico sui rischi sanitari che si corrono. Anzi la scienza continua a sostenere che il rischio di contagio cresce con l’aumento del tempo di contatto.” Per dare voce ai 15.000 bar attivi in Campania, Fipe – Confcommercio Campania si associa alla richiesta del Presidente Stoppani di un intervento urgente da parte del MISE, perché ormai il tema della salute pubblica non può essere separato da quello della tenuta di un intero settore produttivo. L’inno dei lavoratori il riscatto del lavoro sulla
libera bandiera di Olga Chieffi “Su fratelli, su compagne, su, venite in fitta schiera: sulla libera bandiera splende il sol dell’avvenir. Nelle pene e nell’insulto ci stringemmo in mutuo patto, la gran causa del riscatto niun di noi vorrà tradir. Il riscatto del lavoro dei suoi figli opra sarà: o vivremo del lavoro o pugnando si morrà….” Il 28 marzo 1886 a Milano, nel corso della nella festa proletaria del Partito Operaio Italiano viene eseguito per la prima volta un brano intitolato Inno dei Lavoratori, composto da Amintore Galli su un testo di un giovane ancora poco conosciuto che risponde al nome di Filippo Turati, il futuro apostolo di quella corrente che verrà chiamata “umanesimo socialista”. Gli esponenti del primo socialismo italiano, tra i quali in particolare figurava Costantino Lazzari, il futuro segretario del Partito Socialista, dopo aver notato che non c’era un canto italiano che ispirasse il proletariato, nel 1886 incaricarono il giovane Filippo Turati, avvocato ma con velleità letterarie, di elaborare un testo da musicare. Tuttavia il risultato fu considerato dallo stesso autore «volgare, sciatto, pedestre» ma Lazzari ne utilizzò ugualmente le parole: in fondo, esse prendevano spunto da altri canti o da noti motti e richiamavano tanti temi che agitavano le coscienze dell’epoca. Perché l’inno avesse fortuna, occorreva una musica orecchiabile, semplice, gradevole e facilmente memorizzabile: i canti facevano infatti parte sempre più di un rituale ben preciso in campo politico, insieme all’uso di bandiere simboli; nei cortei essi rappresentavano una forma di aggregazione e di appartenenza molto più solida dei discorsi. I fatti che portarono l’inno ad essere musicato da Galli non sono ben chiare: le ricostruzioni sono diverse, complice anche una versione non del tutto attendibile di Luigi Pasquini che probabilmente riferiva parole dell’amico Augusto Massari, allievo del musicista.
Galli, in gioventù garibaldino e combattente a Bezzecca, era il critico musicale de Il Secolo, quotidiano milanese di tendenze radicali, democratiche e repubblicane, all’epoca il più diffuso in Italia: infatti, vi scriveva normalmente anche Felice Cavallotti. Lazzari chiese una musica per l’inno allo stesso Galli il quale consegnò una composizione già predisposta per un circolo sportivo che però, dopo poco tempo si sciolse; le note derivavano probabilmente dalla sua precedente esperienza di direttore della Scuola di Musica e della “banda” di Finale Emilia negli anni 1871-1873. È stato detto che l’inno «è una marcia trascinante destinata a sopravvivere ai suoi stessi autori e a diventare, insieme a Bandiera Rossa e a L’internazionale, uno dei tre più significativi inni del movimento operaio italiano […] Il testo possiede uno straordinario impatto evocativo. Guarda al nuovo secolo che si affaccia all’orizzonte come a quello del riscatto: non si tratta di un auspicio ma di una incrollabile certezza […] All’orecchiabilità del brano contribuisce anche la parte musicale di Amintore Galli, la cui passione per le atmosfere bandistiche traspare fin dalla prima nota». Nel 1886, in occasione delle elezioni, c’era, tra il Partito Operaio (antesignano di quello socialista, in cui militavano Turati e Lazzari) e il partito Radicale, una grande rivalità sobillata peraltro da Depretis per ridimensionare quella che veniva chiamata “l’Estrema Sinistra”. Di conseguenza Galli, probabilmente per evitare ripercussioni all’interno del giornale, non volle che fosse nota la paternità della sua musica e ricorse dapprima a uno pseudonimo e successivamente ad un prestanome. Per qualche anno il canto fu suonato abbastanza liberamente: proibito in circostanze pubbliche, veniva tollerato in sedi private. Ciò provocò la sua sempre maggiore diffusione che cominciò a destare preoccupazione negli ambienti delle classi dominanti. Nel 1892 improvvisamente il clima politico cambiò e si inventò l’applicazione del reato di eccitamento all’odio fra le classi sociali contro chi cantava l’inno; lo stesso Turati, dopo aver accennato che la musica era di autore ignoto appartenente a Il
Secolo, scrisse «Mezzo milione di reati ad istigazione di un uomo solo – Lettera aperta all’Eccellenza del Procuratore generale della Maestà del re – Milano» nella quale, in qualità di «Autore dell’inno incriminato», denunciava «che i dipendenti Vostri ottennero dal nostro Tribunale […] condanna a quattro mesi di carcere, senza contare la multa, contro un tapino, imputato di averne solfeggiata la sola prima strofa; che a Reggio Emilia, per lo stesso fatto, si ministrano i trimestri di detenzione come biscottini». La persecuzione giudiziaria iniziò implacabile e chiunque cantasse l’inno doveva ricevere una pena di almeno 75 giorni di reclusione oltre ad una multa, non certo leggera per gli operai, di 100 lire. Nel 1894 nel corso di uno dei sequestri degli stampati dell’inno, la polizia verbalizzò che era «dell’avv. Filippo Turati e musicato dal prof. Amintore Galli»: era la prima volta che il nome del musicista appariva ufficialmente. Nel 1898 fu processato anche lo stesso Turati il quale poi disse: «Mi han fatto tanti processi per quei versi come eccitanti all’odio di classe. Dovevano invece condannarmi a morte per incitamento al delitto contro la Poesia». Il clima pesantemente repressivo (Galli fu addirittura costretto dalle autorità a riacquistare alcuni stampati in circolazione) non solo non bloccò la circolazione del canto ma ne favorì il successo e una sua imprevista diffusione a livello nazionale; le cronache di quegli anni contengono numerosi resoconti di processi, a volte con sfumature anche comiche: nelle aule dei tribunali, accusa e difesa a volte battagliavano a gorgheggi per riconoscere se il brano cantato dagli imputati era l’inno dei lavoratori o una canzone più innocente. L’inno divenne esso stesso una bandiera e veniva suonato, oltre che alla fine di ogni congresso socialista, in opposizione alla marcia reale come segno di ribellione. Dopo circa dieci anni si ebbe un nuovo cambiamento nell’atteggiamento dell’autorità giudiziaria e il canto fu perciò tollerato; tuttavia durante la prima guerra mondiale esso fu nuovamente proibito e con il fascismo, i canti socialisti vennero ancora banditi (celebre l’episodio del grammofono che suona l’Internazionale in Amarcord) e
Starace ammise solo componimenti che celebravano Mussolini e il regime: per poter intonare il brano si dovette aspettare la liberazione. La maestra della gentilezza regala una torta di 5 chili agli ospiti di una Rsa di Monica De Santis Vincenza De Donato, la maestra della scuola primaria Eleonora Pimentel Fonseca di Pontecagnano Faiano, che insegna a i suoi piccoli alunni la “gentilezza”, nella giornata di ieri è stata protagonista di un altro gesto di grande gentilezza e bellezza. Infatti, la maestra, si è recata presso la più antica pasticceria di Pontecagnano Faiano “Carmen” ed ha ordinato al maestro pasticciere Gennaro Vecchione una torta di ben 5 chili da donare questa mattina agli ospiti della Valle d’Argento, la casa di riposo situata a Giffoni Valle Piana, nata dall’iniziativa e dallo spirito imprenditoriale dei fratelli Pantalena che nel 2003 si assumono l’impegno di trasformare la struttura dell’hotel San Katrin, in una struttura dedicata all’assistenza e cura di persone anziane provenienti dal territorio. L’obiettivo primario della R.S.A. Valle D’Argento è fornire un servizio in grado di soddisfare le esigenze esplicite ed implicite degli ospiti dando risposte alle loro necessità, misurandosi continuamente con i loro reali bisogni, in modo da offrire un notevole sollievo anche ai familiari, conferendo loro la certezza che i propri cari sono costantemente seguiti nella struttura. La R.s.a. è orientata ad attivare sinergie per garantire una modalità di
lavoro partecipato coinvolgendo il territorio, per operare con maggiore efficacia ed aumentare il senso di comunità (all’insegna del lavoro di rete). Attualmente la struttura è autorizzata all’esercizio per un totale di n°42 posti letto per l’erogazione di servizi socio-sanitari in regime residenziale. E proprio agli ospiti di questa bella struttura che la maestra che insegna la gentilezza ha deciso di donare un dolce. “La Gentilezza non deve essere un valore aggiunto ma un’abitudine di vita, un comportamento che gestisce la routine quotidiana …” ha scritto Vincenza De Donato nella sua lettera che oggi invierà agli anziani ospiti insieme con la torta. “Sono la maestra della 4^C del plesso D.Alighieri, Vincenza De Donato dell’IC. Eleonora Pimentel Fonseca di Pontecagnano –Salerno. Sono Insegnante ed Ambasciatrice Cor et Amor, per la Gentilezza già da un po’ di anni e questo è quello che rappresenta per me “Costruire Gentilezza”. Ho sempre pensato che gli anziani debbano comunicare la saggezza ai giovani; i giovani dovrebbero raccogliere questo patrimonio di esperienza e di saggezza e portarlo avanti. Oggi mi ritrovo a inviare a Voi tutti, un mio Grazie per quello che ci avete trasmesso. Spero tanto che la vita vi riservi sempre l’amore e il rispetto che meritate. Buona vita a voi tutti!” La maestra della gentilezza Vincenza De Donato, poi prosegue la sua lettera, ringraziando il direttore “ della Valle d’Argento, che mi ha permesso di farvi avere un dolce per festeggiare il nostro incontro, per ora epistolare e spero al più presto di persona. Ringrazio la Pasticceria Carmen, nelle persone di Gennaro e Marco Vecchione, di Pontecagnano, per aver realizzato il mio desiderio. Vi invio un grande abbraccio ed un arrivederci a presto. Con affetto la vostra maestra Enza, come mi chiamano i bambini in classe!”
Gigino Esposito, lo “spacciatore” di teatro di Olga Chieffi All for Gigino, ieri sera, sul palcoscenico virtuale de’ Le Cronache, con quanti hanno lavorato con Gigino Esposito e hanno inteso ricordarlo ad un anno dalla sua scomparsa. L’uomo, l’amico, il regista, l’uomo di teatro, il sorriso, la parola, che aveva il potere di assolvere e di fermare il tempo, quando si era in quel luogo-non luogo che è il teatro. Non bisogna esser schiavi delle proprie tradizioni, della passione dei propri remoti sentieri, dei propri amati spazi, suole ripetere il principe di Serramezzana, Ruggero Cappuccio, è necessario aprire i cassetti, lasciar andare i ricordi le emozioni, in modo che possano vivere per sempre. Ieri sera i cassetti di Gigino Esposito li abbiamo aperti noi, insieme al figlio Arturo, alla nuora Imma Caracciuolo, Claudio Tortora, Antonio La Monica, Claudio Lardo, Ugo Piastrella, Enzo Tota, Ciro Girardi e Gaetano Troiano, che ha preso in mano le redini del teatro Arbostella e i suoi laboratori, e non possiamo non ritrovarci nella riflessione di quanti tra attori e pubblico abbiano frequentato i “suoi” spazi teatrali di aver scoperto dentro di noi una nuova, particolare qualità d’animo, un patrimonio di sentimenti e valori ricchissimo, quell’educazione all’amore per l’arte che Gigino, col suo esempio, nel suo passaggio terreno è riuscito a trasmetterci. Gigino “spacciatore” di teatro, la simpatica definizione di Ciro Girardi, poiché tutti potevano e dovevano essere catapultati in palcoscenico, per provare le sue stesse ineffabili emozioni. E di “iniziati” Gigino ne ha avuti tanti, coi suoi laboratori, le sue collaborazioni, i famosi post- spettacoli e post-prove, che sono i momenti più belli e intensi dopo la performance, poiché l’adrenalina continua a circolare, pensando al giudizio del pubblico e a quelle
piccole limature che nelle repliche porteranno a migliorare la recitazione. La scomparsa fisica, materiale, di Gigino, è avvenuta in pandemia, e la ripresa, ha sottolineato il figlio Arturo ed è stata più difficile da sostenere, unitamente alla responsabilità di mantenere sempre vivo il ricordo del fondatore del teatro Arbostella, uno spazio che era diventata la sua prima casa. Il seme Gigino Esposito lo ha gettato e tante sinergie nell’ ambiente teatrale salernitano sono state create anche dalla sua opera, dal suo “fare”, che sta per poieo e, quindi, per poesia e toccherà a tutti coloro che abbiamo incontrato ieri sera, mantenerle vive e forti, ad iniziare da questa stagione estiva, per la quale si immagina già uno spettacolo con tutte le cosiddette “vecchie glorie” che, oggi, hanno una propria compagnia. Tre gli aforismi con cui Enzo Tota ha schizzato indelebilmente Gigino Esposito “Quante più doti interiori ha l’uomo, tanto più vale la sua persona”, “Non amo gli arroganti e i convinti che fanno mostra di sé. Preferisco l’umiltà degli invisibili. Quelli che sono qui non per spaccare il mondo ma per riattaccarne i pezzi”, “Una parola delicata, uno sguardo gentile, un sorriso bonario possono plasmare meraviglie e compiere miracoli”, perfettamente calzanti con l’estetica di vita dell’amico. A sigillo della serata il dono della visione della messa in scena del 2014, firmata da Gigino Esposito de’ “L’ultimo scugnizzo” di Raffaele Viviani, datato 1932. Giovanni Bonelli veste perfettamente i panni di ‘Ntonio Esposito, lo scugnizzo, «cresciuto alla scuola della strada, dove si passa senza esami», che, nell’imminenza di diventare padre, sente la responsabilità di trovare un’occupazione qualsiasi per sposare la ragazza incinta e dare uno stato civile al bambino atteso. Palcoscenico aperto, semplici elementi scenografici, le scelte di Gigino Esposito, nel suo asciutto rigore, poiché Viviani ha conosciuto per propria esperienza, in Napoli poverissima, la condizione del più povero; e gli basta, talvolta, una battuta, un distico, per descriverla e vendicare il suo popolo dalle umiliazioni, dalle offese, dalla secolare ingiustizia. La sua, però, non è mai una parola ribelle, ma è sempre una parola
amara, tagliente, dolorosa, è quella dell’uomo del popolo che sta dalla parte del popolo, e del poeta che sa dirne il dolore. Un mondo che ha come centro la strada, perché la strada è il cuore di Napoli, la strada dai mille vicoli che sono le arterie da cui fluisce ed in cui rifluisce la vita, la strada con i suoi “palazzi” e “palazzielli”, con i suoi bassi e le sue botteghe: di giorno fra i mille frastuoni, con le sue friggitorie, le sue pizzerie, i suoi “posti” di verdura e di frutta, i venditori ambulanti e la folla che pullula e vocia; e di notte è legata al mito della serenata e dei guappi. Anche se l’azione, per caso, si svolge in ambienti chiusi, la strada è sempre il presupposto e lo sfondo dell’azione; maestra di vita, origine e spirito animatore di un’arte inconfondibilmente popolare, che nasce dall’osservazione poetica di una realtà che interessa al di là dei confini cittadini; ed è, perciò arte nazionale. Autentici, carnali, sarcastici, a tratti dolenti, e in questa loro assoluta autenticità, assai moderni, tutti gli attori della compagnia da Rita Cariello, che interpreta Maria, un eccezionale Vincenzo Galdo che dà voce all’Avvocato Razzulli, Titty Mangrella il ruolo di Donna Rosa, moglie del Razzulli, Nicoletta Romano, nei panni di ‘Nnarella, madre di Maria e prossima suocera di ‘Ntonio, Mariarosaria Milito, interpetre di Donna Palmira, amante dell’avvocato e moglie di “Peppe ‘o navigante”, un convincente Franco Montinaro. A completare il cast, Annamaria Milito, Freddy Trevisone, Nando ed Enrico Cerenza, Sara Bisogno, Rosanna De Bonis, Massimo Santoro, Susi Pavolillo, Emilio Melfi, Cristiano Candurro, Michele Rega, Lina De Santis, Laura Garzione e il piccolo Luca Santise, interpreti di una promessa d’arte fa a se stessi e a Gigino Esposito.
Al Delle Arti “La magica storia della pizza” E il sogno realtà diverrà…Non poteva che ispirarsi alla canzone delle favole per antonomasia la ripartenza della Compagnia dell’Arte, pronta a riaprire il sipario alla famiglia. La zona gialla splende come il sole anche sulla città di Salerno e il team è pronto a tornare in scena per cantare, recitare e ballare al cospetto di piccoli e grandi. Si ricomincia domenica 2 maggio alle 11, 17 e 19.15: al Teatro delle Arti tre repliche per “La magica storia della pizza”. «Siamo tra i primi a spalancare le porte del teatro, in sicurezza ovviamente – dice il regista Antonello Ronga – non vediamo l’ora. Lo faremo con una leggenda. Chi ha inventato la pizza? Tra mille versioni, noi ne proponiamo una personalissima» La Storia. Napoli, in un fantasioso periodo storico che si aggira intorno al 700, secolo più secolo meno, un simpatico cuoco squattrinato si troverà a vivere un’avventura straordinaria con il suo fidato amico Pulcinella. Insieme come don Chisciotte e Sancio Panza si muoveranno per la città cercando di salvare la popolazione dalla fame. Incontreranno re e regine, personaggi della tradizione e soprattutto il popolo, che soffre la fame ma che si rallegra per una bella canzone. Acqua, farina, pomodoro, mozzarella e tanta magia, saranno i veri protagonisti di questo spettacolo da vivere con tutta la famiglia. Sul palco la compagnia diretta dal regista Antonello Ronga, pronta a rialzarsi dopo questo terribile momento di incertezza e di dolore che ha colpito il mondo della cultura e del teatro. Gli attori, Francesco Sommaripa (autore anche delle sorprendenti scenografie), Francesca Canale, Rossella Cuccia, Mauto Collina, Marco De Simone, Teresa Di Florio, Alessandro Musto, il Professional Ballet coreografato da Fortuna Capasso (anche nel cast degli attori), non vedono l’ora di condividere con il pubblico aria di normalità. I costumi sono di Paolo Vitale,
service di Gfm. Già pronti gli altri titoli: Jesper il postino di Santa Klaus (il 9), Anastasia tra storia e leggenda (il 23), Aurora: Bella Addormentata (il 30), Il Principe d’Egitto (il 6 giugno). Il costo del biglietto 10 euro per il bambino, 12 per l’adulto. Per informazioni e prenotazioni: 388 3589548. De Cristofaro e “Sei personaggi in cerca d’autore” di Monica De Santis Il 9 maggio 1921 al teatro Valle di Roma, va in scena per la prima volta in assoluto il dramma più famoso di Luigi Pirandello: “Sei personaggi in cerca d’autore”. L’esito che si ottenne non fu di certo quello previsto. Fu infatti tempestoso, gli spettatori contestarono la rappresentazione al grido di “Manicomio! Manicomio!”. Per far si che quest’opera, considerata la prima della trilogia del teatro nel teatro di Pirandello, della quale fanno parte anche “Questa sera si recita” a soggetto e “Ciascuno a suo modo”, potesse ottenere il successo desiderato, nella sua terza edizione, quella del 1925 Pirandello, aggiunse una prefazione nella quale chiariva la genesi, gli intenti e le tematiche fondamentali del dramma. Il 9 maggio 2021 a 100 anni di distanza da quella prima, poco felice, rappresentazione al Teatro Nuovo di Salerno, vi sarà un evento corale a cura di “corpo novecento”. Un evento molto articolato e diretto dall’attore e regista Pasquale De Cristofaro. Un programma quello al quale il pubblico del Teatro Nuovo potrà assistere, gratuitamente e previa prenotazione, che prevede frammenti video di alcune scene dei Sei personaggi in cerca d’autore (nella versione di De Lullo- Valli, 1964). A seguire, coordinati Alfonso Amendola, le
relazioni di Francesco G. Forte e Rino Mele che riflettono sulla centralità dell’opera di Pirandello e in particolare dei suoi Sei personaggi (che assieme a “Ciascuno a suo modo” e “Questa sera si recita a soggetto” completano la “trilogia del teatro nel teatro”). La serata si conclude con due reading: Monologo del Figlio di Paolo Puppa e Monologo della Figliastra con Rosanna Di Palma per la regia di Pasquale De Cristofaro. Un evento che ha lo scopodi far ritrovare la potenza espressiva dei “Sei personaggi in cerca d’autore”, lavoro cardine per tutta l’Avanguardia europea e statunitense, spazio d’innovazione tra invenzione metateatrale, riflessione sulla scrittura, innovazione tra intreccio e narrazione. Ma soprattutto ingresso della vita che esplode in scena. Quel desiderio di vita, oggi più che mai necessario, che ci auguriamo possa nuovamente irrompere in tutti i teatri a partire da questa domenica 9 maggio al Teatro Nuovo di Salerno. L’ingresso è gratuito, ma è necessaria la prenotazione telefonica ai numeri 089 220886/3396510974. Saranno rispettati tutti i protocolli di distanziamento e prevenzione previsti dalla vigente normativa anti-covid. La capienza della sala sarà notevolmente ridotta. Questa la scaletta della serata: Teatro Nuovo Salerno 9 maggio 2021 (ore 17.30) “corponovecento” in collaborazione con Teatro Nuovo Salerno presentano 9 maggio 1921 – 9 maggio 2021 Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello (a cento anni dalla prima rappresentazione) Programma di sala: ore 17,30 Introduzione di Pasquale De Cristofaro video proiezione di alcune scene dei Sei personaggi in cerca d’autore (nella versione di De Lullo-Valli, 1964) ore 18,30 (pausa) ore 18,45 Interventi di Francesco G. Forte (Editore, Oèdipus Ed) e Rino Mele (Presidente di “Ex Machina”, Fondazione di poesia e storia). Coordina Alfonso Amendola (Università di Salerno) ore 19,30 (pausa) ore 19,45 Monologo del Figlio di Paolo Puppa e Monologo della Figliastra con Rosanna Di Palma, di Pasquale De Cristofaro.
Successo per “Il Buono del Tuo Territorio” Grande successo per la rubrica “Il Buono del Tuo Territorio” promossa da Flower Fruit in collaborazione con RCS75 e condotta da Francesca Miano di Gruppo Stratego. Un format web- radiofonico, voluto da Giuseppe Sica Direttore commerciale di Flower Fruit, per raccontare i prodotti di eccellenza del territorio e sensibilizzare gli utenti sull’importanza di una corretta alimentazione. Ospite fisso della rubrica il dott. Antonio Cretella, nutrizionista e specialista di riferimento dei Centri Verrengia di Salerno, che in ogni puntata offre utili consigli per una sana ed equilibrata alimentazione soffermandosi sulle proprietà nutritive di frutta, verdura e ortaggi di stagione. Ogni appuntamento, seguito – solo sui social – da centinaia utenti, ripercorre in 15/20 minuti la storia e le caratteristiche organolettiche e nutrizionali delle eccellenze ortofrutticole del nostro territorio, conosciute ed apprezzate in tutto il mondo. L’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di prodotti agroalimentari a denominazione di origine protetta (DOP) e a indicazione geografica protetta (IGP) riconosciuti dall’Unione europea. Molti dei quali di origine campana, ad esempio la Melannurca Campana, il Carciofo di Paestum, il Marrone di Roccadaspide, il Fico Bianco del Cilento, la Nocciola di Giffoni, il Limone della Costa d’Amalfi e di Sorrento, la Rucola della Piana del Sele, il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio ed il Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino. “Il nostro è un territorio ricco di eccellenze agroalimentari e in un periodo storico così delicato dal punto di vista socio-economico è fondamentale raccontare le nostre eccellenze e valorizzare il lavoro di migliaia di uomini e donne che ogni giorno ci
consentono di godere dei frutti della terra. Il nostro territorio è ricco di potenzialità che vanno scoperte e raccontate perché da questo possiamo trarre la motivazione per ripartire più forti di prima” – spiega Giuseppe Sica. Tra gli obiettivi della rubrica “Il Buono del Tuo Territorio” anche l’educazione alimentare, grazie alla presenza del biologo- nutrizionista Antonio Cretella, specialista di riferimento dei Centri Verrengia Salerno. La prevenzione, infatti, inizia a tavola per questo è importante scegliere con cura gli alimenti da consumare. In questo periodo, ad esempio, in cui fondamentale è l’assunzione di vitamine per rafforzare il sistema immunitario e rendere attive le difese contro il coronavirus tra i frutti più indicati troviamo le arance, i kiwi, le fragole ma anche verdure quali cavolfiore, broccoli, spinaci o i legumi. Il kiwi ad esempio, spesso sottovalutato, grazie alle sue proprietà nutritive si presta a trattare diverse patologie in quanto ricco di vitamina C, con una quantità addirittura superiore alle arance; la fragola, composta per il 90% da acqua ha pochissime calorie, per questo al pari delle ciliegie, è un frutto che può essere mangiato anche da chi ha problemi di iperglicemia. Inoltre, l’elevata presenza di vitamine A, B, C e soprattutto K rendono le fragole ideali per accrescere il grado di assimilazione di calcio e ferro. Anche le verdure sono fondamentali per il corretto funzionamento del nostro organismo, tra questi citiamo i broccoli, indicati per tenere sotto controllo il livello di colesterolo e diabete perché ricchi di fibre ed acqua, il cavolfiore che, essendo ricco di vitamine A, B, C e K e ferro, attiva il metabolismo e ancora il carciofo, privo di grassi e calorie è caratterizzato da un’elevata quantità di proteine, carboidrati, minerali (magnesio e zinco) e vitamine di tipo B e C. Per avere un maggior beneficio e non sprecare i principi nutrizionali è preferibile, spiega il dottor Cretella, consumare la frutta con la buccia, quando è possibile e dopo averla lavata per bene, e le verdure crude o non eccessivamente cotte, in quanto una cottura prolungata potrebbe annullare gran parte delle proprietà nutritive. “Una
corretta alimentazione, associata ad uno stile di vita sano e attivo, costituisce la base della prevenzione di moltissime patologie. Una dieta ricca di frutta e verdura non basta – sottolinea il dottor Antonio Cretella – fondamentale è la scelta dei prodotti da consumare. Infatti, è preferibile scegliere prodotti locali o a Km0, in quanto non sottoposti alla catena del freddo. Un processo che ha un impatto significativo sul valore organolettico e nutrizionale dei prodotti”. Per scoprire tutte le curiosità sulle eccellenze ortofrutticole del nostro territorio segui la rubrica “Il Buono del Tuo Territorio” sulla pagina Facebook di Flower Fruit o dei Centri Verrengia Salerno. I Maggio di Federico Sanguineti In un mondo selvaggio evviva il primo maggio nell’aria è primavera che è tempo degli amori e festeggiando a schiera contro borghesi orrori bandiere rosse e fiori son questo primo maggio
Federico Sanguineti
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