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Il decalogo della comunicazione ambientale Buone pratiche e consigli di sopravvivenza in un mondo in cui la sostenibilità è diventata “il nostro pane quotidiano” A cura di Sergio Vazzoler con la collaborazione di Micol Burighel
Il decalogo della comunicazione ambientale Buone pratiche e consigli di sopravvivenza in un mondo in cui la sostenibilità è diventata “il nostro pane quotidiano” 2
Il comunicatore ambientale in azienda non bile non conoscere. A questo aggiungiamo il esiste oggi e forse mai esisterà: è un po’ una fatto che il comunicatore deve essere un po’ figura mitologica. Al contrario, la comunica- sociologo, un po’ antropologo, un po’ esper- zione ambientale diventa centrale per qual- to di marketing, senza tralasciare un minimo siasi organizzazione e necessita di specifici di conoscenza dell’arte e della cultura tout “attrezzi del mestiere”. Ci affacciamo, infatti, court. Ed è qui che entra prepotente il discor- su un mondo in cui tutti, ma proprio tutti i so ambientale. La crisi climatica, la sostenibi- comunicatori dovranno avere competenze lità ambientale, le conseguenze dell’inquina- ambientali, conoscere in profondità e inter- mento e dell’economia “lineare” non sono più pretare la crisi climatica e l’abc dell’economia temi in secondo – se non in terzo – piano ma circolare, oltre a essere in grado di scrivere fanno parte della cultura mainstream! Par- progetti che corrispondano a finanziamen- tendo dal fondo, il tema ambiente è arrivato ti, opportunità, bandi, già oggi sempre più in cima alla scala della notiziabilità: non c’è orientati alla green economy. un Tg o un giornale in cui non si legga della politica ambientale di Tizio e Caio, delle pro- Questa ibridazione delle competenze rientra teste delle giovani e dei giovani di Fridays for in un processo di metamorfosi della figura Future e dell’impegno dei governi di tutto il del comunicatore in atto da anni, la “sindro- mondo per salvaguardare il Pianeta (e chi ci me del Barbiere di Siviglia”. Nel contesto vive sopra). E, al di là della distanza tra nar- comunicativo odierno, tipicamente post-mo- razione e realtà e delle tante contraddizioni derno – sovraffollato, pervasivo e dai confini che oggi affollano il panorama “green”, chi co- “liquidi” – il comunicatore è diventato ormai munica non può ignorare questa inarrestabi- il factotum della città: deve sapere di tutto un le evoluzione. po’ (“Qua la parrucca, presto la barba, presto il biglietto”). Se nel primo decennio degli anni Insomma, uno, nessuno e centomila: è que- Duemila la transmedialità era solo una sfi- sto il comunicatore ambientale. E a questa da da cogliere, oggi è una realtà con la quale figura un po’ ubiqua ma in rapida diffusione facciamo i conti tutti i giorni. Tra piattaforme è dedicato il decalogo che segue: una sorta di social, podcast, grafiche interattive, video, cassetta degli attrezzi utili a destreggiarsi tra eventi, blog, influencer marketing, meme e domande crescenti e, soprattutto, a evitare gif, l’esperienza delle persone passa da un co- risposte troppo generiche e potenzialmente acervo di linguaggi e registri che non è possi- pericolose.
La sostenibilità è il nuovo ombelico del mondo Qualunque sia il settore in cui operano, i co- un ripensamento radicale del nostro sistema municatori dovranno raggiungere un livello economico, produttivo e sociale e che, al con- di competenza per lo meno adeguato e pos- tempo, comporterà dei costi, tanto economi- sibilmente avanzato rispetto alle tematiche ci quanto sociali. Quello che stiamo vivendo ambientali. Perché tutto sta convergendo lì: è un autentico momento di crisi. E quando la sostenibilità sta diventando l’ombelico del dico crisi, mi riferisco all’accezione originaria mondo. Lo rivendicano a gran voce le nuove del termine, ben più profonda e multidimen- generazioni, ce lo indicano le abitudini di con- sionale dell’interpretazione negativa che con sumo delle persone, lo pretende il mondo del- il tempo ha preso piede. Il greco krisis non la finanza, lo impongono le regole di compe- indica solo una condizione avversa, ma si- titività dei mercati, ce lo chiede l’Europa ma, gnifica scelta, soluzione, interpretazione. Un soprattutto, ce lo reclama il pianeta. Che sia momento in cui si è chiamati a prendere una l’impellenza del cambiamento, ora o mai più, decisione, che oscilla fra i due poli di negativo ad averci portato a questo punto di svolta? È e positivo, prima e dopo. È qui che ci troviamo molto probabile. oggi, nello spazio vuoto e nel silenzio in cui prende forma l’azione, nell’istante che prece- Le molteplici spinte per la ricostruzione e la de il tuffo dell’atleta alle Olimpiadi. resilienza portano qui, a questa grande e im- ponente transizione verso la sostenibilità. Sapremo comunicare e raccontare questo Dal PNRR a NextGenerationEU, dal Green profondo cambiamento? Saremo in grado New Deal al pacchetto di proposte climati- di spiegare e motivare avvenimenti (e scon- che Fit for 55, passando per l’Agenda 2030 volgimenti) della transizione ecologica all’o- per lo Sviluppo Sostenibile, stella polare a cui pinione pubblica? Riusciremo a trovare una si torna sempre, per poi arrivare, last but not narrazione convincente, che faccia presa least, all’obiettivo di Carbon Neutrality fissa- sull’immaginario comune? to per il 2050. Non si può pensare di rimanere ai margini di questo cambiamento, una vera Perché la risposta a queste domande sia metamorfosi che cambierà il nostro modo di positiva, sarà necessario 1) conoscere le vivere, pensare, comportarci, fare business. E tematiche ambientali e 2) sapere come co- questo ultimo punto vale per tutte le imprese: municarle (aspetto per nulla scontato). Il grandi, piccole e medie. decalogo della comunicazione ambientale riunisce dieci buone pratiche e “consigli di Siamo di fronte a una trasformazione che non sopravvivenza” per la comunicazione del possiamo 4 più rimandare ma che porta con sé mondo che verrà.
#1 Se non parli ti cancello pag 6 #2 Le tre C sul comò:complessità, contraddizioni, conflitto pag 8 #3 A buon comunicatore molte domande pag 10 #4 Trasparenza is the new black pag 12 #5 Il difficile è farla semplice pag 14 #6 Lavami ma senza bagnarmi pag 16 #7 Ricordati che NON devi morire pag 18 #8 Insieme a te non ci sto più pag 20 #9 Un hashtag non fa primavera pag 22 #10 Oltre alla testa c’è di più pag 24
#1 Se non parli ti cancello 6
Stiamo assistendo a una vera e propria esplo- tutto sulla propria politica ambientale. Per- sione di interesse sui temi ambientali. La cur- ché il mutismo su questi temi desta sospetti, va dell’attenzione ha iniziato a crescere nel alimenta dubbi, mette la pulce nell’orecchio. periodo pre-pandemico, trascinata dall’effet- Certo, non si può nemmeno comunicare quel- to-Greta e oggi è trainata dalle sfide (e dalle lo che non si fa e quello che non si è, perché risorse) della transizione ecologica. Quindi il si finirebbe dritti nel calderone di chi fa gre- primo monito è: non si può non comunicare enwashing. In ogni caso, non comunicare sui su questi temi. Da una parte perché se non si temi ambientali è addirittura peggio che co- comunica non si esiste. D’altro canto, come ci municare in modo ingannevole: la mancanza dice bene anche il primo degli assiomi della di comunicazione ambientale è oggi associa- comunicazione di Watzlawick, è impossibile ta a un valore di mercato inferiore1. Questo non comunicare. Tacere è comunicare. Guar- assioma, non è possibile non comunicare, vero dare altrove è comunicare. Quando parliamo per tutta la comunicazione e soprattutto per di comunicazione, il silenzio ha lo stesso valo- quella ambientale, rivela tutta la sua potenza re di messaggio che hanno le parole. Anzi, farei soprattutto nelle situazioni di crisi: quando un passo in più e mi spingerei oltre. Quando in si è coinvolti in un incidente ambientale, an- ballo ci sono le tematiche ambientali, il silen- nunciato o meno, e si tace o si preferisce glis- zio è ben più rumoroso delle parole. Se si pen- sare, si peggiora senza alcun dubbio l’impatto sa di poter mantenere un profilo basso e non sull’opinione pubblica. Soprattutto, si abdica esporsi semplicemente non comunicando le a qualsiasi possibilità di governare la narra- tematiche ambientali, si rischia di commette- zione che di quel disastro si farà. Noi potremo re un grave errore. Perché, quando si parla di anche stare in silenzio, ma intorno a noi le per- ambiente, non si può non prendere una posi- sone parleranno, cogiteranno, ipotizzeranno. zione: non schierarsi significa disinteressarsi Di fronte a un’opinione pubblica che è sempre a questa battaglia, finendo automaticamente più concitata, rumorosa e incontrollabile, non nel fronte dei “cattivi”, di chi non ha a cuore governare la propria comunicazione equivale l’ambiente e non è sostenibile. Anche comuni- a un suicidio simbolico. Quindi comunicate, care un primo impegno embrionale – imper- comunicate bene, comunicate sempre, anche fetto e parziale – è meglio che sorvolare del solo per motivare una scelta o una difficoltà. 1 Come rilevato dalla ricerca Does it pay to be a greenwasher or a brownwasher? (Testa, F, Miroshnychenko, I, Barontini, R, Frey, M. Does it pay to be a greenwasher or a brownwasher? Bus Strat Env. 2018; 27: 1104– 1116. https://doi.org/10.1002/bse.2058)
#2 Le tre C sul comò: complessità, contraddizioni, conflitto 8
I temi ambientali continuano a essere carat- co ma che alla sostanza dei fatti rimangono terizzati da una forte complessità, da pro- minoranza. Invece si presta pochissima at- fonde contraddizioni e da una elevata con- tenzione alla maggioranza silenziosa, il folto flittualità. Occorre saperlo e tenerlo sempre gruppo dei cittadini che nei confronti di que- ben presente prima di intraprendere qual- sti temi sono semplicemente neutri o inde- siasi attività di comunicazione ambientale, cisi, che non conoscono e non si interessano prevenendo frequenti quanto altamente alla materia e che quindi avrebbero bisogno probabili scivolate sul pavimento incerato. di più informazioni, risposte e stimoli. In que- Ultimo e più attuale tra una sfilza di eventi è sta massa discreta si cela un enorme poten- il dibattito intorno agli investimenti destinati ziale che, però, rischia di andar perso, come il alle energie rinnovabili del PNRR. Le rinno- grano quando viene lasciato nei campi o rac- vabili, viste un po’ come la panacea di tutti colto troppo tardi. Gran parte dei nostri sfor- i mali dell’epoca fossile, dovrebbero avere zi comunicativi dovrebbe avere come target – almeno in teoria – la strada spianata. E in- primario questa maggioranza silente, che vece esistono già importanti frizioni con ter- poco o nulla sa delle tematiche ambientali e ritori e comunità2: chi protesta per l’impatto che pensa – per ingenuità, mancanza di infor- ambientale delle centrali a biometano, chi si mazioni, sovrastruttura ideologica – che i di- oppone al “pugno in un occhio” dato al turi- scorsi, le politiche, le decisioni sull’ambiente smo nazionale dalle pale eoliche sulle colline non la tocchino. Allora, una delle molteplici o davanti alle coste, chi vuole tutelare le ter- sfumature di complessità della comunicazio- re coltivabili dalle distese di pannelli fotovol- ne ambientale è proprio riuscire a intercet- taici. E così le opere restano al palo insieme tare i cittadini e le cittadine che fanno parte alle loro contraddizioni. I temi ambientali di questa fiumana che, parafrasando Verga, non sono semplici, lineari e aggreganti, ma potremmo chiamare fiumana del silenzio e sono complessi, contradditori, divisivi. Per che rischia di rivelarsi una forza inaspettata- comunicare bene, occorre essere consape- mente travolgente. E se questa forza (come voli di queste caratteristiche. Qualsiasi tipo spesso accade) dovesse incanalarsi nella di comunicazione che non ne tenga conto è direzione dei contro? Rischieremmo di ri- inefficace. E in particolare è ancora sempre manere vittime di un ostinato immobilismo. troppo sbilanciata l’attenzione che si dedica È importante iniziare a lavorare d’anticipo, ai pro, che sostengono strenuamente le ra- sollecitando gli animi degli indecisi e delle gioni della crescita sostenibile, e ai contro, indecise attraverso una comunicazione chia- che del “no” hanno fatto la loro bandiera. ra, trasparente ed esaustiva. Rispondere alle Minoranze rumorose, certo, che riescono a domande, ça va sans dire, è una buona pratica catalizzare l’attenzione del dibattitto pubbli- imprescindibile (vedi il punto 3). 2 Vedi l’articolo Non si vive di sole norme: per la transizione ecologica occorre scaldare i muscoli del dibattito pubblico, Sergio Vazzoler, Talking Sustainability: https://www.talkingsustainability. amapola.it/transizione-ecologica-dibattito-pubblico/
#3 A buon comunicatore molte domande 10
La sostenibilità ambientale è legata a valori punto 2), è necessario rispondere sempre in quali l’etica, la sicurezza, la salute. Da questi maniera onesta, completa e pertinente, ar- valori derivano dubbi, domande, richieste di rivando diretti al punto e dando un riscontro approfondimento e rassicurazione, persino su tutte le tematiche su cui si è chiamati ad paure e ansie. Motivate o meno, pregiudiziali argomentare. Per ritornare all’esempio già o in buona fede, tutte queste istanze vanno citato delle fonti rinnovabili, non ci basterà prese in carico per mantenere aperta e ali- sostenere che queste rappresentano la via mentare la relazione con i propri interlocu- maestra per la transizione ecologica ma, caso tori, evitando che si interrompa. Rispondere per caso, dovremo evidenziare e confrontare alle domande significa anche saper ascolta- le alternative in campo, dimostrando come re e mettersi in discussione: quando in uno si crea valore condiviso per il territorio. Così scambio tra più soggetti viene a mancare come, per passare alle scelte di consumo questo elemento è la comunicazione stessa quotidiane, non basta strombazzare quanto che viene meno. Per dare vita a un autenti- siamo virtuosi perché, ad esempio, abbiamo co scambio comunicativo, il punto di vista sostituito le confezioni in platica con quelle dell’altro va preso in carico, riconosciuto, le- in bioplastica: qualcuno ci chiederà senz’al- gittimato e analizzato come una valida alter- tro conto del perché abbiamo preferito la nativa, assumendosi anche il rischio di poter semplice sostituzione al ripensamento del cambiare opinione. Le domande non devono processo produttivo e distributivo in grado fare paura: sono una possibilità di connessio- di ridurre drasticamente gli imballi. A que- ne, ci permettono di entrare in sintonia con sto proposito torna utile “ripescare” la teoria l’altra persona, e di guadagnarci la sua fiducia Exit, Voice e Loyalty di Albert Hirschman. Le (ovviamente dovremmo anche meritarce- persone che fanno panno parte di un grup- la…). Quando ci si trova di fronte a un quesito, po e ne vengono deluse, hanno di fronte a sé i consigli sono due: non evitarlo e non scivo- due strade: ritirarsi dalla relazione, uscendo lare nella tentazione di usare delle scorciato- dall’organizzazione (Exit) oppure incanala- ie. Dare delle risposte a “pappagallo”, pronte, re la propria insoddisfazione nella protesta veloci ma ahimè vuote e insignificanti, è una (Voice). Ecco perché se riceviamo domande tattica fallace che, benché inizialmente pos- o critiche dovremmo essere felici: rispon- sa sembrare vincente, si ritorcerà contro di dendo nel merito saremo ancora in tempo noi prima di quanto possiamo immaginare. A di evitare l’interruzione della relazione e si maggior ragione su temi complessi, contrad- potrà testare la lealtà dei nostri interlocutori ditori e divisivi come quelli ambientali (vedi (Loyalty).
#4 Trasparenza is the new black 12
La trasparenza paga sempre, è un impera- Consapevolezza e strumenti che, però, sono tivo. Le scorciatoie su questi temi possono sempre più diffusi nel grande pubblico. Lo di- portare benefici nel breve termine, ma ri- mostrano le ricerche: secondo il Future Con- sulteranno inefficaci e controproducenti sul sumer Index di EY3, la sostenibilità è sempre medio-lungo termine. Per questo è fonda- più una priorità per italiani e italiane. L’ele- mentale trasmettere messaggi brevi, com- mento più interessante e parlante che emer- prensibili ed esaustivi per raggiungere gli ge da questo studio, però, riguarda i fattori obiettivi. Quando si parla di tematiche com- che disincentivano i consumatori ad acqui- plesse e articolate come quelle ambientali, stare beni sostenibili. Ben prima del prezzo spesso condite ai contorni da nozioni scien- più alto, compaiono il marketing ingannevole tifiche, la sindrome del docente universita- e le informazioni fuorvianti. Cosa significa rio e dell’ingegnere (con tutto l’affetto per questo? Che le persone cercano e voglio- queste categorie) è sempre dietro l’angolo, no più informazioni e chiedono a gran voce ed è pericolosissima. Al contrario, una buo- che siano chiare, dettagliate e oneste. Que- na pratica è comunicare in modo semplice e ste istanze non vanno prese sottogamba: gli accessibile, usando un linguaggio divulgativo utenti, il pubblico, i consumatori, i cittadini e inclusivo, che non tagli fuori nessuno e che oggi hanno molti più strumenti per fare sen- soprattutto non ometta nulla. E qui torniamo tire la loro voce (e qui ritorniamo al punto 3). sulla sacrosanta trasparenza. Le persone, i Quello che una volta si teneva per sé oggi si cittadini, i consumatori ormai sono in buo- twitta, diventa una story sui social oppure un na parte cintura nera in riconoscimento del nuovo hashtag. Le persone sono sempre più greenwashing. Che si tratti di un tentativo sensibili e connesse, si sentono anche più in di insabbiamento bello e buono, che sia una diritto (e dovere) di dire la loro su operazioni manovra per sviare l’attenzione da temi caldi “finto-verdi”. Insomma, si può anche prova- e poco sostenibili, che riguardi l’esagerazio- re a fare greenwashing ma presto o tardi la ne di pratiche green che in realtà impattano prova del nove arriva: il confronto con i citta- ben poco, il greenwashing è sempre meno dini/consumatori. Allora, prima di andare in- un’astuzia e sempre più un boomerang che contro a quello che sui social si chiamerebbe colpisce chi lo pratica. Con un distinguo im- epic fail, con tutte le conseguenze a livello di portante che i comunicatori ambientali de- immagine, reputazione e competitività, forse vono tenere ben presente: in molti casi chi è meglio fare i conti fin da subito con i propri cade in questa pratica lo fa non tanto per limiti e i propri punti deboli, decidere di non una cosciente volontà di ingannare, quanto nasconderli e scegliere la strada – coraggiosa per la mancanza di consapevolezza e stru- senza dubbio – della trasparenza. È faticoso? menti culturali nel campo della sostenibilità. Sì, parecchio. Ma le alternative non esistono. 3 https://www.ey.com/it_it/news/2021-press-releases/08/ey-future-consumer-index
#5 Il difficile è farla semplice 14
Liberare il linguaggio da tecnicismi, acronimi nologia è inefficace per due motivi: da una e codici per addetti ai lavori: solo così sarà parte, ostacola la comprensione di chi non possibile far crescere empatia, vicinanza è un addetto ai lavori4 (cioè la maggior par- e motivazione. Sono queste le condizioni te delle persone), dall’altra non coinvolge le che possono indurre dei cambiamenti nei persone e le allontana sempre di più, susci- comportamenti dei singoli e di conseguenza tando un misto di fastidio, insoddisfazione, della collettività. Il campo della sostenibili- noia. Per quanto riguarda il vocabolario che tà e quello della comunicazione ambienta- si sceglie, quindi, il consiglio è quello di usa- le sono particolarmente zeppi di acronimi: re solo i tecnicismi specifici, sciogliendoli e dagli ESG (i fattori ambientali, sociali e di spiegandoli, rinunciando invece a quelli che governance) agli SDGs (gli obiettivi di Svi- il linguista Luca Serianni chiama tecnicismi luppo Sostenibile dell’Agenda 2030), dagli collaterali, ossia quelle espressioni tipiche standard GRI (la Global Reporting Initiati- di un ambito settoriale che non sono legate ve che sta alla base della rendicontazione a necessità comunicative bensì all’occasione sostenibile) agli RSU (i rifiuti solidi urbani), di usare un registro più elevato. Insomma, passando per il Nimby (la sindrome “Non nel perché dire SDG se si può dire obiettivo so- mio giardino” che blocca qualsiasi progetto stenibile? Questa tentazione, il fascino pe- di sviluppo sul territorio) e planando sulla ricoloso del radical chic, va combattuta con VIA (la Valutazione d’Impatto Ambientale). convinzione. Attenzione, però: semplificare Se non si ha dimestichezza con questo vo- non significa banalizzare. Come trovare l’e- cabolario, si rischia di sentirsi come degli quilibrio? Rendendo più accessibili i conte- alieni appena atterrati sulla Terra. Questo nuti scientificamente fondati, riconducendo solo per quanto riguarda le sigle. Ad accom- questi temi, che sembrano distanti e difficili, pagnare il tutto ci sono termini ed espressio- a una dimensione più vicina al nostro inter- ni scientifiche e settoriali: gas climalteranti, locutore. Quindi, invece di dire quanti metri matrice di materialità, impronta carbonica, cubi di acqua si risparmiano con un prodotto mitigazione e così via. L’effetto, per chi non o una pratica sostenibile, proviamo a spiega- conosce la materia, è straniante, quando non re quante piscine olimpioniche si potrebbe- frustrante e respingente. Comunicare i temi ro riempire con la stessa quantità di liquido. ambientali abusando di questo tipo di termi- Dall’astratto al concreto in un attimo. 4 Per capire quanto incide la terminologia sulla comprensione delle tematiche climatiche: Bruine de Bruin, W., Rabinovich, L., Weber, K. et al. Public understanding of climate change terminology. Climatic Change 167, 37 (2021). https://doi.org/10.1007/s10584-021-03183-0
#6 Lavami ma senza bagnarmi 16
Dialogare, confrontarsi, ascoltare è impre- senza nulla di concreto oppure mettono in scindibile per capire, soddisfare e coinvolge- campo azioni poco incisive, comode, fiacche, re i nostri interlocutori. Responsabilizzarli e che non comportano un particolare sforzo. chiedere il loro aiuto è essenziale perché gli Questo atteggiamento può essere sintetiz- obiettivi sono così sfidanti che solo insieme zato in un detto tedesco: lavami ma senza si può pensare di raggiungerli. Insomma, do- bagnarmi. Se vogliamo davvero comunicare vremmo sentirci un po’ come membri di un la portata della sfida ambientale e climati- team di canottaggio oppure come giocatori di ca, dovremo convincere i nostri interlocuto- una squadra di tiro alla fune, indirizzati verso ri a adottare comportamenti ben più faticosi una meta comune. Per questo è necessario dell’ormai consolidata raccolta differenziata. stringere un patto e rinnovarlo costantemen- E una comunicazione ambientale efficace può te. La comunicazione ambientale non può e deve dare un importante contributo nel de- esaurirsi nel veicolare messaggi e contenuti: terminare i cambiamenti auspicati in termine impone, al contrario, di richiedere ai nostri di mobilità intelligente, riduzione degli spre- interlocutori azioni e comportamenti faticosi, chi e scelte di consumo consapevoli. Cosa si- destabilizzanti, che spesso comportano un si- gnifica questo dal punto di vista pratico? A) gnificativo costo economico e sociale. Finché Spocchia e stizza sono le tue nemiche. Alcuni si rimane nella sfera dei valori e degli ideali- professionisti e specialisti inciampano a volte smi, è semplice sposare una causa. Nessuno nella sindrome dell’esperto, che si manifesta – o quasi – oserebbe mai dirsi a favore dello nella forma di risposte secche e infastidite, sfruttamento delle persone, della distruzio- mortificazioni gratuite e sarcasmo corrosivo ne degli ecosistemi e dell’impoverimento si- di fronte alle (legittime) domande (vedi punto stematico delle risorse della Terra: sarebbe 3) di persone inesperte, poco virtuose o sem- come dire che non si amano i cuccioli, un tabù plicemente contradditorie. Questo natural- che nemmeno i più coraggiosi infrangono. Ma mente non fa che allontanarle ulteriormente. cosa succede quando alle parole devono fare B) I processi di facilitazione e ingaggio non seguito le azioni? In buona percentuale nul- sono sacrificabili: solo a persone coinvolte at- la, perché spesso c’è una crepa profonda tra tivamente e prese sul serio puoi chiedere un ciò che è socialmente auspicabile (un mon- cambiamento di comportamento, abitudini, do e uno stile di vita più giusto, pulito, sano) prospettive. Andare al di fuori della propria e ciò che è personalmente accettabile (non comfort zone è difficile. Si è disposti ad ac- dover rinunciare alle proprie comodità). Se cettare una richiesta di cambiamento solo se ci mettiamo a spulciare un po’ di ricerche5, coincide con i nostri valori e proviene da qual- ci rendiamo conto che l’adesione ai principi cuno che conosciamo, di cui ci fidiamo, con cui della sostenibilità, sempre più esponenziale abbiamo una relazione o che consideriamo ed esplosiva sulla carta, nella realtà rimane “vicino”. E un percorso di comunicazione fon- superficiale ed epidermica. Le persone si di- dato sull’ascolto, la facilitazione e l’ingaggio cono sì favorevoli al cambiamento, ma il loro fa proprio questo, pone le basi di una relazio- impegno spesso si esaurisce in dichiarazioni ne dialogica, aperta e trasparente. 5 Oltre al già citato Future Consumer Index, un recente Eurobarometro sul cambiamento climatico rivela una tendenza di comportamento simile: https://europa.eu/eurobarometer/ surveys/detail/2273
#7 Ricordati che NON devi morire 18
La comunicazione ambientale deve esse- critico, ma in grado di spostare il registro dal re una comunicazione positiva. Attenzio- tecnico all’evocativo, introducendo nella di- ne, nessuna ambiguità o fraintendimento su scussione sull’ambiente le categorie dei ge- questo punto: è essenziale assicurare un’in- nitori, dei figli e del futuro. E imperniato su formazione completa ed esaustiva ma per una call to action, una richiesta di azione che rendere efficace la nostra comunicazione su non è un semplice giudizio su ciò che è stato questi temi è altrettanto decisivo fare ap- fatto in passato, ma un ponte verso il futuro. prezzare il vantaggio nell’adottare compor- Far accettare questo invito all’azione è più tamenti più sostenibili, rispettosi e attenti semplice se al nostro interlocutore si pro- alla salute dell’ambiente. La nostra realtà è spettano i benefici di questa scelta. Lo diceva plasmata (anche) dalle narrazioni e dai rac- già Lucrezio e lo ripeteva Mary Poppins: con conti e, purtroppo, quelli sulla crisi ambienta- un po’ di zucchero la pillola va giù. Nel caso le e climatica si sono rivelati finora ben poco delle imprese far leva sulla competitività è coinvolgenti e appassionanti6. La salute del una strategia efficace che sicuramente può Pianeta è un tema noioso e deprimente per i far la differenza. A maggior ragione in questo più, troppo tecnico per essere “sentito”, non preciso momento, in cui, di fronte all’urgenza proprio materiale con il quale costruire un’e- di mettere a terra comportamenti e azioni di pica condivisa in grado di scuotere gli animi. protezione e tutela ambientale, la presenza E la dimostrazione di questo percepito è che di ingenti risorse per la transizione ecologica spesso il cambiamento climatico è ancora può diventare un utile stimolo per comuni- vissuto come un problema distante, nel tem- care al meglio quello sforzo. Naturalmente, po e nello spazio, anche se poi distante non una comunicazione ambientale positiva che lo è per nulla. In parte, ci troviamo di fronte sia davvero efficace non può prescindere da all’esito di anni di comunicazione ambientale una approfondita conoscenza dei desidera- fatta di racconti che hanno creato solo rifiuto ta di chi abbiamo di fronte, delle sue paure e distanza: uno storytelling tutto al negativo, e preoccupazioni (vedi punto 2), dei proget- severo e giudicante, propenso a sottolineare ti e obiettivi. Torniamo quindi alla centralità solo quello che non si deve fare e quello che dell’ascolto e alla importanza di saper impo- non si deve essere. Non è un caso se, dopo stare un dialogo aperto e trasparente con chi tanto tempo, a mobilitare le masse è stato il abbiamo di fronte (vedi punto 3 e 4): come messaggio di un’adolescente come Greta dice Marianella Sclavi7, “un buon ascoltatore Thunberg: forse non positivo, sicuramente è un esploratore di mondi possibili”. 6 Ne parla Jonathan Safran Foer nel suo libro Possiamo salvare il mondo, prima di cena. 7 Marianella Sclavi, Le sette regole dell’ascolto attivo: https://www.ascoltoattivo.net/le-7-regole/
#8 Insieme a te non ci sto più 20
Per comunicare bene sui temi ambientali, è che parlano più alla loro pancia che al loro necessario tenere insieme comportamenti intelletto. Per questo il tema della fiducia individuali e collettivi, facendo sì che l’ado- quando si parla di comunicazione ambien- zione di buone pratiche a livello personale tale non può essere preso sottogamba. Alle possa rispecchiarsi in una cornice politica e parole devono far seguito azioni concre- sociale adeguata. Un esempio molto pratico. te: ci deve essere coerenza tra comporta- Nel momento in cui si deve supportare la nuo- menti e messaggi veicolati. Una campagna va mobilità green e si chiede alla cittadinanza di sensibilizzazione che invita ad assumere di usare di più i mezzi pubblici rispetto a quel- comportamenti più sostenibili deve trovare li privati, il cittadino deve trovare trasporti corrispondenza nella dimensione collettiva, adeguati e che rispondano alle sue esigenze nel vedere tutti gli attori remare nella stessa (e ai suoi desideri). Se questo non succede, il direzione. E questo vale sia per le realtà pub- patto tra cittadini, imprese e istituzioni viene bliche che per le aziende private. Oggi esiste incrinato. E una volta che quel rapporto di fi- un livello di attenzione e sensibilità espo- ducia inizia a creparsi, è difficilissimo tornare nenziale a tutta una serie di fattori che fino indietro e recuperare. La crisi della fiducia – a poco tempo fa non venivano presi in con- nelle istituzioni, nei media, nel giornalismo, siderazione. Benché tutte le organizzazioni nelle figure politiche e governative, nella cul- si facciano promotrici di valori positivi come tura scientifica – è ormai una delle cifre della quelli legati alla sostenibilità, all’ambiente, al nostra epoca: per accorgersene è sufficiente benessere, alla salute, i comportamenti e gli dare un’occhiata ai dati dell’Edelman Trust atteggiamenti sono ancora una dimensione Barometer, importante termometro della si- poco presidiata: ma l’opinione pubblica or- tuazione8 che da anni fotografa una dramma- mai è in costante movimento e sempre più tica caduta dei livelli di fiducia nella popola- imprevedibile. Così, per ritornare all’esem- zione (il fondo ancora non si vede). Alla base pio precedente, se si chiede di lasciare a casa della proliferazione delle fake news, molte l’auto nelle giornate di polveri sottili alle delle quali toccano le tematiche ambientali, stelle e poi ci si mette a polemizzare tra Sin- c’è proprio una crisi di fiducia nel giornalismo, daco e Presidente della Regione sulle scelte che ha dato vita a un autentico paradosso. Le da compiere anziché collaborare allo stesso persone non sanno più di chi fidarsi e, lascia- tavolo, beh, il castello di fiducia crollerà e il te senza alcuna bussola, si affidano a chi dif- pastorello che grida al lupo resterà ben pre- fonde disinformazione, credendo alle storie sto solo mentre il gregge verrà sbranato… 8 Qui il link all’edizione 2021: https://www.edelman.com/sites/g/files/aatuss191/ files/2021-03/2021%20Edelman%20Trust%20Barometer.pdf
#9 Un hashtag non fa primavera 22
La comunicazione digital e sui social media terlocutore, non significa rinunciare a soste- è una grande opportunità per accorciare le nere il proprio punto di vista: significa farlo distanze e dare vita a un canale di ascolto e con rispetto, misura, ascoltando in maniera scambio costantemente presidiato. Anche autentica le obiezioni altrui per poi replica- se quelli ambientali sono temi complessi, re nel merito. L’arroganza della ragione non non si può pensare di non utilizzare questi porta a nulla, anzi, porta a divisioni, incom- canali, ormai sfruttati da tutti per tutto. Ma prensioni e insanabili divergenze. B) Non per farlo bene è importante trovare il giusto sparire. Costruire un ecosistema social sano tone of voice, motivare ogni scelta e non sot- e senza polarizzazioni non significa ritirarsi trarsi alla discussione. Non basta un hashtag di fronte a uno scontro, ma semplicemente “sostenibilità” per parlare di questi temi, saperlo gestire e trasformare in un incontro. ma si deve entrare nel merito e sostenere I processi di disintermediazione mettono alla il confronto. Il grande rischio è appiattire la prova la diffusione del sapere e delle cono- propria comunicazione e banalizzare una scenze. Questa, però, è una sfida che va ac- materia complessa come quella ambientale: cettata, altrimenti vinceranno sempre e solo anche qui è necessario trovare un punto di quelli che giocano sulla pancia (vedi punto 8). incontro tra linguaggio divulgativo, attenta Bisogna mettersi il cuore in pace, prepararsi presentazione dei dati e narrazione accatti- a qualche mal di stomaco e “sporcarsi un po’ vante, cercando un compromesso tra il de- le mani”, interagendo anche con chi, in real- siderio di raggiungere una platea più ampia tà, non ha alcun interesse a confrontarsi ma e l’esigenza di farsi comprendere. Inoltre, intende solo aizzare gli animi. Ebbene sì, oc- quando si è sui social, per antonomasia un corre prendere in carico e dare spazio anche ambiente in continua evoluzione e metamor- alle provocazioni. In chiusura, chi decide di fosi, occorre fare attenzione ad alcuni mec- attivare questi canali deve sapere che ci vo- canismi di interazione. A) Come dicono Vera gliono risorse, tempi e formazione dedicata: Gheno e Bruno Mastroianni9, quando si non ci si può improvvisare. Solo persone che blasta si crea polarizzazione. E la polarizza- sanno entrare nel merito sanno sostenere un zione è una bestia difficile da governare, una dialogo di buona qualità. E torniamo su uno volta che è uscita dalla gabbia. Cercare di dei punti fermi della comunicazione ambien- disinnescare le discussioni, tra noi e i nostri tale: la formazione, soprattutto per le PMI, interlocutori, oppure tra interlocutore e in- diventerà sempre più importante. 9 Nel libro Tienilo acceso. Posta, commenta, condividi senza spegnere il cervello
#10 Oltre alla testa c’è di più 24
La consapevolezza non basta. Tutto quel- miare energie. Spesso funzionano bene; in lo che abbiamo detto finora è necessario alcune situazioni invece portano alla nascita ma non sufficiente: manca ancora un pezzo, di pregiudizi e stereotipi che con il tempo si che spesso è sottovalutato. Per utilizzare incancreniscono e diventano sempre più dif- al meglio i nostri strumenti comunicativi, ficili da combattere. Questi percorsi menta- dobbiamo essere consapevoli che le nostre li esistono da sempre: l’essere umano non è azioni non dipendono solo dalla razionalità. mai stato interamente razionale, la scoperta Nella nostra scelta di aderire o meno a una della sua emotività non è una breaking news richiesta di cambiamento, di identificarci del ventunesimo secolo. E le tematiche am- con determinati valori o di accogliere una bientali, essendo legate ad argomenti come narrazione rispetto un’altra, contano contin- salute e sicurezza (rivedi punto 3), sono spes- genze, emozioni, fattori ansiogeni. Questi so questioni sensibili da maneggiare con at- elementi rivestono un ruolo decisivo. Nell’e- tenzione. Come inserire la comunicazione di sperienza della realtà il dato scientifico, la questi temi in un contesto stravolto dal do- dimostrazione empirica, le evidenze e i fatti minio dell’emotività? Una strategia vincente passano spesso in secondo piano, schiaccia- potrebbe essere allargare il campo della co- ti dalle inclinazioni personali e soprattutto municazione ambientale a competenze di- dalle distorsioni cognitive ed emotive. Oltre verse e trasversali che lavorano su queste di- al sentire individuale, anche le tensioni e le mensioni, coinvolgendo aree come le scienze aspettative della società rivestono un ruolo sociali e cognitive, i linguaggi artistici, altri primario nel decidere in cosa credere. Entra- tipi di comunicazione e comunicatori (penso no nell’equazione temi come l’appartenenza alle nuove generazioni, ai graffitari, ai social a un gruppo, la conservazione della propria designer, a chi progetta infografiche, al ga- reputazione, la difesa di quella costruzione ming, al mondo delle app). Questa alleanza personale e sociale che è la propria identità. I aiuterebbe a intercettare la parte empatica, famosi bias e le meno conosciute euristiche10 emozionale, psicologica del comportamento sono meccanismi cognitivi automatici che il rivolto all’azione. E sappiamo quanto ce n’è nostro cervello mette in campo per rispar- bisogno! 10 Scorciatoie mentali che determinano la valutazione di un fenomeno basandosi su metodi empirici e non di calcolo
L’undicesimo capitolo scriviamolo insieme. Dieci punti, dieci proposte, dieci strumenti che, come ogni ferro del mestiere che si rispet- ti, vanno mantenuti affilati. Questo testo non ha nessuna pretesa di verità o di dottrina (se avete letto con attenzione, una comunicazio- ne ambientale efficace non è rigida e dogma- tica, ma elastica e includente). Nasce dall’esi- genza di condividere una serie di indicazioni e stimoli che provengono dall’esperienza, dalle conferme e dalle smentite vissute sul campo in oltre vent’anni di attività e dalla passione per una materia che finalmente riceve dopo tanti anni la giusta attenzione. Nonostante l’interesse sulle tematiche ambientali sia in crescita da qualche anno, c’è ancora molto da dire, indagare, sondare, sviscerare. Questo decalogo è un primo passo che vuole e deve essere arricchito, completato, definito, reso sempre più strumento di lavoro. E ogni con- tributo è fondamentale! Insomma, citando Helen Keller, da soli possia- mo fare così poco; insieme possiamo fare così tanto. Per domande, commenti, spunti e critiche, contattateci qui: sergio.vazzoler@amapola.it 26 micol.burighel@amapola.it
Coordinamento editoriale 28
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