Le innovazioni del cinema: tra passato e futuro - Smart Marketing
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Le innovazioni del cinema: tra passato e futuro Pochi giorni fa, in uno degli articoli precedenti, abbiamo iniziato a trattare quelle innovazioni epocali, che hanno portato il cinema ad evolversi e a sopravvivere allo scorrere impetuoso del tempo. Tra queste, importanza apicale ha certamente l’avvento del colore, destinato, come è ovvio che sia, a fare epoca. L’apporto del colore all’arte cinematografica, ha fin da subito, infatti, attirato a sè numerosi esperimenti, tanti di essi con scarso successo. Nel periodo in cui le ricerche furono più intense, cioè fra il 1928 e il 1948, furono proposti più di mille procedimenti diversi. Fino a quando ebbero inizio le prime esperienze concrete per ottenere immagini colorate per sintesi additiva o sottrattiva a partire da due o tre colori primari, fu tentata con successo la colorazione a mano dei singoli fotogrammi dei film. Tecnica, che per intenderci, venne utilizzata ad esempio per le pellicole di Stan Laurel e Oliver Hardy. Val la pena qui, elencare brevemente, gli esperimenti più significativi, che hanno portato all’avvento del colore nel cinema mondiale. Il colore nasce a braccetto con i primi esperimenti di immagini in movimento. Risalgono già al 1892 questi primissimi tentativi, ad opera di Charles- Émile Reynaud, che fu il primo ad utilizzare il colore per le sue Pantomime luminose, proiettate al Museo Grévin di Parigi. Immagine per immagine, egli dipinse a mano e applicò le sue tinture a pastello direttamente sulla pellicola Eastman di 70 mm di larghezza, che fece di lui il primo realizzatore di disegni animati a colori. L o s t e s s o f otogramma realizzato con due diverse tecnologie cromatiche: eastmancolor e technicolor. Due anni dopo, nel 1894, uno dei film prodotti da Thomas Edison e realizzati da Laurie Dickson venne colorato anch’esso a mano, stavolta con la tintura di anilina, fotogramma per fotogramma, da Antonia Dickson, la sorella del primo realizzatore di films. È la Serpentine Dance (in italiano La Danza della Farfalla) un film molto breve della durata di una ventina di secondi, dove la danzatrice Annabelle Moore compie delle giravolte con effetti deformanti alla maniera di Loïe Fuller. L’effetto è completamente riuscito, e affascina ancora oggi. Questa è la prima apparizione del colore applicato a una ripresa fotografica animata originariamente in bianco e nero. La ricerca del colore è stata dunque, sempre una prerogativa per chi ha lavorato nel cinema, fin dai suoi primi vagiti, considerando che, già nel bianco e nero, il ruolo della luce assume una importanza rilevante. Nell’immagine in b. e n. le variazioni tonali sono provocate dall’azione combinata della
luce con la scenografia e i costumi. La luce, dando per scontato nel nostro discorso che nulla è totalmente scindibile dal tutto, ha le funzioni determinanti di formare la scala dei grigi e di separare gli oggetti fra loro e dal fondo. Sul piano estetico, invece, dà volume e plasticità agli oggetti, divide lo spazio, scandisce il tempo (il giorno e la notte). La mancanza di colore è compensata da chiaroscuri, flou, aloni, silhouette, ombre, raggi obliqui, riflessi, sfondi luminosi. Sullo schermo, figure e oggetti in controluce, tende e persiane che vengono aperte per svelare l’ambiente o le facce, candele e lampade che scavano nel buio, ombre che si avvicinano, diventano presto dei modi di espressione e di visione, e, in altre parole, mezzo di narrazione. La luce, quindi, è portatrice di senso, veicolo privilegiato di emozioni: dunque il suo uso dipende dal tipo di rappresentazione. Il cinema comico sembra richiedere una scala di grigi non troppo contrastata, ossia luci diffuse, adatte ai campi medi e ai totali, in modo che siano sempre visibili i movimenti e la mimica dei personaggi dentro l’ambiente, e sia sempre ‘chiara’ la situazione. I grigi sono dosati anche in funzione psicologica: il chiarore è di per sé tranquillizzante, e l’oscurità, quando c’è, piuttosto che a generare ansia serve a far nascere le gag e gli equivoci. C i n e p r e s a a d a t t a t a alla tecnologia del Technicolor. Addirittura negli anni ’20, nasce negli Stati Uniti d’America, dopo migliaia di tentativi, di perfezionamenti e di messe a punto, il Technicolor, che rimane tra il 1922 e il 1952 il procedimento di cinematografia a colori più utilizzato. Negli anni ’50 poi, verrà affiancato e superato, ma non soppiantato mai completamente, dall’Eastmancolor. Questa tecnica cinematografica resta a tutt’oggi, il procedimento più utilizzato del mondo per conferire colore alle pellicole. In rapporto al Technicolor, il procedimento Eastmancolor rappresentò una valida alternativa economica allo stadio delle riprese. Durante gli anni ’50 i film, che prima venivano girati in Technicolor, vengono ripresi in Eastmancolor. Dopo le riprese, una volta completato il montaggio, si utilizzano i negativi Eastmancolor con ben quattro matrici per stampare le copie dei film sotto il procedimento tricromico del Technicolor, con un vantaggio: col negativo Eastmancolor può essere calibrato più
efficacemente il livello cromatico di ciascuno dei colori primari. L’Eastmancolor è infatti il procedimento che conferisce il colore più reale alla pellicola cinematografica, con colori nè troppo carichi, nè troppo sbiaditi, praticamente corrispondenti alla realtà visiva, già negli anni ’50 e perfezionatosi negli anni successivi. Scopri il nuovo numero: “Marketing in love” La festa degli innamorati è da sempre capace di catalizzare l’attenzione delle persone; attenzione che i brand cavalcano (a volte) sapientemente sfruttando le peculiarità del marketing dell’amore. Attraverso il nostro particolare punto di vista approfondiremo il marketing dei sentimenti e dell’amore. E chissà quanto, in questo particolare momento storico, ne avvertiamo il bisogno! Anche in Italia si iniziò a sperimentare riprese a colori sin dal secondo dopoguerra, con esiti contrastanti. Non venne utilizzato fin da subito il più sicuro Eastmancolor, ma si optò per una tecnologia tutta italiana e per un procedimento più economico, già scoperto nel campo della fotografia negli anni ’20, e adattato al cinema a partire dal 1952: il Ferraniacolor. Questo sistema tutto italiano di conferimento del colore all’immagine in movimento, venne sviluppato dalla Ferrania Technologies che aveva la sua sede a Cairo Montenotte, in provincia di Savona. Il Ferraniacolor, utilizzato solo in Italia, ha l’onore di inaugurare la stagione del colore nel cinema italiano, con la pellicola Totò a colori, del 1952. Siccome il Ferraniacolor conferiva alle pellicole un colore troppo sgargiante e acceso, quasi da risultare irreale, o in alcuni casi assumeva colori instabili, come accaduto per il film Gran varietà, del 1954, con Renato Rascel, Vittorio De Sica e Alberto Sordi; venne presto soppiantata dall’Eastmancolor, che aveva maggiore duttilità, un costo non eccessivo e soprattutto dei colori più corrispondenti alla realtà. Con l’utilizzazione nel film Pane, amore e…, del 1955, con Sophia Loren e Vittorio De Sica, l’Eastmancolor convinse i produttori che quello sarebbe stato il procedimento in grado di affermare il colore nel cinema italiano, con risultati più che eccellenti. A fine anni ’50 il colore arrivò ad affiancare il bianco e nero, senza dubbio, ma quest’ultimo continuava ad affascinare le platee, dal b. e n. seducente de La dolce vita, a quello noir de I soliti ignoti. Dunque gli anni ’60, vivono di una sorta di divisione del campo cinematografico in pellicole in bianco e nero e pellicole a colori, ma sembrava chiaro a tutti, che il futuro, prima o poi, sarebbe stato solo ed esclusivamente a colori, e il bianco e nero sarebbe purtroppo destinato ad estinguersi. Dopo quella del colore, le ultime grandi rivoluzioni tecniche, toccano gli effetti speciali e il passaggio dalla pellicola al digitale. Una di quelle epocali è il Chroma Key, più semplicemente detto Green Screen. E’ una tecnica usata in ambito televisivo e cinematografico per creare effetti speciali, si usa per ambientare soggetti e oggetti su sfondi “virtuali”, aggiunti separatamente e successivamente. Tale tecnica, letteralmente chiave cromatica, permette di miscelare due (o più) sorgenti video, sfruttando un particolare colore di sfondo. Tale colore viene eliminato (in gergo “bucato”) ottenendo un’immagine scontornata, combinabile con altri sfondi o immagini. L’uso classico in televisione è nelle trasmissioni delle previsioni meteo, dove il presentatore agisce davanti ad un fondale verde sostituito al mixer dalle cartine e dalle animazioni (nuvole, frecce…). I colori usati come fondo per tale tecnica sono il blu (blue screen) e molto più spesso il verde Pantone 354 (green screen) particolarmente efficace con le telecamere digitali.
U n e s e m p i o di applicazione del chroma key. I requisiti essenziale sono che: l’illuminazione sia omogenea sui soggetti, ma soprattutto sul fondo; l’illuminazione del fondo e del soggetto siano separate; le ombre del soggetto non finiscano sulla porzione di colore chiave presente nell’inquadratura. Per evitare il fastidioso effetto di “sfilacciatura” del contorno è utile una sorgente di controluce sul soggetto. La tecnica è molto usata al cinema per: ricreare ambientazioni, effetti quale il volo. Per non svelare l’effetto è necessario che la sorgente video principale e quella di sfondo non abbiano movimenti di macchina, o essi siano perfettamente sincronizzati. Per questo oggi il semplice chroma key si è evoluto in effetti più sofisticati come il set virtuale, in cui l’interazione tra elemento ripreso in studio (su green screen) e elemento aggiunto in post produzione (un set virtuale per l’appunto) si fondono in maniera realistica, permettendo anche movimenti di camera perfettamente sincroni. Questa rivoluzione negli effetti speciali, si lega alla definitiva affermazione del digitale, che sovrasta e definitivamente accantona, dal 2014 in poi, la vecchia pellicola cinematografica. Non è altro, che la storia che si ripete: il sonoro che soppianta il muto; il colore che si afferma sul bianco e nero. Il digitale, come ovvia conseguenza del progresso, ha dei vantaggi sostanziali rispetto alla pellicola, tra cui brevemente: la minore o nulla usura dettata dal tempo e dall’utilizzo; una certa facilitazione del lavoro di produzione, permettendo l’inserimento all’interno del set di più telecamere, capaci di restituire nuovi angoli di inquadratura; nonché un minor costo complessivo rispetto alla pellicola e un minor spreco di tempo. In conclusione, la storia del cinema è ricca di rivoluzioni tecniche. Ce ne sono state altre, certamente. Noi qui abbiamo nominato quelle riconosciute universalmente epocali, perché in grado di influenzare i professionisti del settore, cambiando per sempre la storia del cinema. SI badi bene, evoluzioni tecnologiche, che toccano caratteristiche di ambito tecnico e non di linguaggio cinematografico, quest’ultimo dettato da stili e tendenze autoriali, nonché dai mutabili gusti del pubblico. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime
novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter 2 riflessioni sul NON addio di Facebook e Instagram dal mercato europeo. È di pochi giorni fa la fake notizia relativa all’addio al mercato europeo da parte di Meta (cfr. Facebook e Instagram) per motivi legati al trattamento dei dati. In breve, il tema alla base della discussione è la richiesta/volontà, da parte della stessa Meta, di poter trattare i dati europei su server americani; un aspetto di tipo legale insomma. Dalle prime battute e dal primo tam tam sembrava che la compagnia di Mark Zuckerberg fosse pronta ad abbandonare l’Europa nel breve tempo e che, soprattutto, fosse un qualcosa di pressoché già deciso. In poche ore, come ovvio, questa fake news ha fatto il giro del web e gli articoli che ne parlavano si sono moltiplicati. Articoli comparsi tra l’altro non solo su testate o blog minori, ma anche su quelle più blasonate. Ovviamente la notizia era un’altra e nasce in modo diverso (ti consiglio questo articolo chiarificatore apparso su Il Sole 24 Ore: Facebook e Instagram a rischio chiusura in Europa? Meta smentisce ma resta il nodo dati) e, dopo averla approfondita, mi è piaciuto osservare come si è sviluppata. In particolare, mi sono soffermato su due aspetti, uno giornalistico ed uno sociale. L’aspetto giornalistico. Rincorrere ossessivamente i click è un male da cui il giornalismo dovrebbe guarire, e alla svelta. Presi come siamo da notifiche e sovraesposizione informativa, non sempre siamo in grado di soffermarci su ogni singola notizia. Molte volte capita di commentare, condividere e farci un’idea di una data notizia solo dal titolo e dalle poche righe di descrizione nel post (è evidente una prassi errata, ma è quel che accade di sovente). Per cui titolare ad esempio “Meta via dall’Europa” o cose del genere, di certo fa più effetto, coglie l’obiettivo di innescare una facile reazione, ma allo stesso tempo non rende giustizia alla notizia stessa e, soprattutto, non è vero. Per
citare l’articolo chiarificatore di prima, il titolo che hanno scelto di dare è, evidentemente, tutta un’altra cosa (“Facebook e Instagram a rischio chiusura in Europa? Meta smentisce ma resta il nodo dati”). Poi certo anche quelle fonti che hanno titolato in quell’altro modo all’interno dell’articolo riportavano la notizia corretta, ma ormai il danno è stato fatto. A molte persone rimane nella testa l’informazione – non vera – che Facebook e Instagram andranno via dal mercato europeo. O quantomeno ne resta sotto traccia un’idea latente (il classico “ho sentito che…”). Magari quel genere di post/titoli porta click nell’immediato, ma quanto si perde in credibilità? Se la conseguenza nel breve potrebbe essere positiva – il click – quella nel lungo potrebbe non esserla – disaffezione e abbandono -. L’aspetto sociale Se c’è un gioco che mi piace fare è quello di andare a leggere i commenti sotto certi post, quelli dove si intuisce che ci potrebbe essere un clima divisivo o che quantomeno toccano argomenti caldi, prima ancora di aprire il link dell’articolo. Ci trovi di tutto: ironia, discussioni e spesso (purtroppo) insulti e futili liti. In questo caso specifico ho trovato ricorrente un tipo di commento che faceva più o meno così “speriamo che Facebook e Instagram vadano via…era ora, così staremo meglio”. Mi ha fatto molto riflettere questa cosa. Senza entrare nel merito del tema introdotto, sul quale ci sarebbe tanto di cui parlare, pensavo al fatto che spesso (molto spesso) deleghiamo la nostra responsabilità a qualcun altro. Cioè per non usare Facebook o Instagram dobbiamo attendere che questi social chiudano? O possiamo decidere in completa autonomia di farne un uso limitato, più sano e consapevole, o addirittura di non entrarci affatto e disinstallare l’applicazione? È incredibile vedere quante volte abdichiamo alla nostra capacità di prendere decisioni e demandiamo la nostra vita agli altri e alle loro scelte. Ti è piaciuto? Hai qualche riflessione da condividere? Fammelo sapere nei commenti. Rispondo sempre. Rimaniamo in contatto: www.linkedin.com/in/ivanzorico Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
Facebook: sei pronto a entrare nel metaverso? Forse non lo sai, ma con metaverso si intende un network di ambienti virtuali in cui le persone interagiscono con oggetti virtuali e tra loro attraverso avatar. Possiamo paragonare questo mondo a una realtà virtuale immersiva combinata con giochi di ruolo multigiocatore online e per molti il metaverso è il futuro di Internet. Tante sono le aziende del mondo della tecnologia che guardano al metaverso per molte attività da svolgere online, dallo studio al lavoro, e anche Facebook – cambiando recentemente il nome in Meta – mostra di essere interessato a questo nuovo mondo. (ne ho parlato anche qui). Quando è nato il termine metaverso? Il metaverso è un neologismo che deriva dalla fusione di meta – trascendente – e verso, da universo. La prima volta ad essere usato è nel 1992 da Neal Stephenson nel romanzo Snow Crash per descrivere la dimensione virtuale il cui il protagonista vive con il suo avatar. Tuttavia, la vera origine del termine è ancora precedente e si fa risalire al 1984 con il romanzo Neuromancer di William Gibson, che rese popolare anche il termine cyberspazio. Scopri il nuovo numero: “Simply the best” Possiamo decidere che il 2021, al pari del 2020, sia completamente da buttar via, oppure possiamo scegliere di focalizzarci su altro… sulle nuove consapevolezze raggiunte, sul nuovo valore che diamo al tempo ed allo stare insieme. Ossia, su quanto di buono è comunque accaduto o su cosa abbiamo imparato. Gli aspetti chiave del metaverso Tre sono gli aspetti chiave del metaverso. 1. Presenza: la persona ha la sensazione di trovarsi in uno spazio virtuale e al cospetto di altre presenze virtuali grazie all’uso di caschi con visori incorporati. Questo sense of embodiment migliora la qualità delle interazioni online. 2. Interoperatività: le persone possono muoversi con il loro avatar tra ambienti diversi e sono già tante le app per creare avatar da usare nei mondi virtuali come Animaze. Non mancano le tecnologie come le criptovalute e il nonfungible tokey per trasferire beni digitali tra i confini virtuali. 3. Standardizzazione: avere comuni standard tecnologici permette il diffondersi del metaverso e l’adesione delle persone proprio come era avvenuto con la stampa e con Internet. A stabilire quali sono gli standard del metaverso sono organizzazioni internazionali come Open Metaverse
Interoperability Group. L’importanza del metaverso Nel metaverso si realizza il futuro dell’economia e della società e in questo nuovo mondo Facebook vuole avere un ruolo da protagonista con importanti investimenti nella realtà virtuale. Accanto ai tradizionali social media, il metaverso di Facebook prevede tecnologie 3D immersive come la realtà virtuale, che sarà sempre più impiegata a scopo lavorativo e di intrattenimento. Siamo sicuri che il Simply The Best di questo 2022 che sta per cominciare sarà proprio il metaverso e che tutti, con il nuovo anno, impareremo a fare pratica e prendere dimestichezza con Avatar e realtà virtuale. Qual è la tua opinione al riguardo? Pensi che il metaverso cambierà le relazioni tra le persone e in che modo? Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Street marketing - L'editoriale di Ivan Zorico
Se c’è un campo nel quale le aziende e i professionisti combattano tutti insieme appassionatamente, questo è certamente quello dell’attenzione. Tra e-mail, notifiche, impegni, stimoli, e quant’altro, la porzione d’attenzione che riusciamo ad impiegare su qualsiasi cosa è davvero molto bassa, per non dire quasi nulla. Se fino a quindici fa, a competere per la nostra attenzione, c’erano solo i media tradizionali (che per certi versi erano già molto invasivi; penso ad esempio all’ampia letteratura sugli effetti causati dalla comunicazione di massa), oggi, con lo smartphone, i social network e l’esplosione del digitale, tutto è stato stravolto. Siamo sempre chiamati all’azione, interagiamo costantemente, assumiamo passivamente immagini, testo e video, e siamo continuamente raggiungibili. È talmente difficile catturare l’attenzione che infatti, da qualche tempo, si è cercato di cambiare paradigma. L’attenzione non è vista più come una preda da catture, bensì come qualcosa da far crescere, coltivare e nutrire. E questo ovviamente impone di cambiare le modalità di comunicazione con le quali entrare in contatto con le persone. Passaggio, questo, non semplicissimo da mettere in pratica perché prevede un cambio di strategia e, quindi, di mentalità. Scopri il nuovo numero: “Street marketing” In un mondo sempre più connesso e dove le persone sono sempre più assuefatte ai messaggi pubblicitari, lo street marketing può esprimere tutto il suo valore e dare ai brand una visibilità inaspettata, anche per mezzo delle piattaforme social. Se quindi è estremamente difficile riuscire ad interessare, una delle strade da percorrere potrebbe essere quella di incuriosire, sorprendere. Trovare il modo di creare una fessura di imprevedibilità capace di destarci dal quotidiano e risvegliare la nostra attenzione. Lo street marketing, in questo senso, può diventare davvero una risorsa per incuriosire e comunicare con le persone in una maniera inaspettata, nuova. La persona non riceve passivamente un messaggio pubblicitario, ma diventa parte della storia. Non interagisce con un like ad un contenuto, ma entra all’interno del palcoscenico e diventa attore. E questo fa un enorme differenza. Se pensiamo poi che lo street marketing spesso va a braccetto con la street art, allora il risultato è addirittura amplificato. I ritorni in termini di visibilità per un brand, sia esso corporate o territoriale, sono enormi. Saranno le persone stesse a veicolare il messaggio del brand attraverso i propri canali social e a
generare quel circolo di condivisioni capaci di accrescere la conoscenza del brand stesso. E sappiamo che se qualcosa ci viene consigliata o condivisa da un amico, assume tutto un altro valore e significato. Non parliamo più di messaggio pubblicitario, ma di consiglio. Una gran bella differenza. Buona lettura, Ivan Zorico Ti è piaciuto? Hai qualche considerazione in merito? Fammelo sapere nei commenti. Rispondo sempre. Se vuoi rimanere in contatto con me, questo è il link giusto: www.linkedin.com/in/ivanzorico Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Tutto pronto per l’edizione 2021 del Reinventing Non Profit. Intervista a Francesco Quistelli. Parte oggi l’edizione 2021 del Reinventing Non Profit, due giorni di confronto e alta formazione dedicati ai professionisti del mondo Non Profit. L’iniziativa, promossa dall’agenzia di consulenza e comunicazione specializzata nel Terzo Settore Atlantis Company, è in programma, appunto, il 7 e 8 ottobre al Palazzo delle Stelline di Milano (Corso Magenta 61). L’obiettivo dell’evento è quello di raccogliere le idee e mettere a sistema le migliori competenze per restituire al mondo la speranza di un futuro migliore dopo un anno profondamente segnato da
crisi ambientali, umanitarie, sociali e sanitarie. Il Reinventing Non Profit offre ai partecipanti ampia scelta per formarsi e aggiornarsi sui temi più pressanti e le ultime tendenze di settore. Previsti più di 25 momenti di approfondimento e oltre 60 relatori d’eccezione, tra accademici, esperti del mondo profit e non profit e ospiti speciali. Tra i relatori anche il creativo Paolo Iabichino, firma di numerose campagne di comunicazione di successo; Fausto Colombo, docente dell’università Cattolica del Sacro Cuore; Massimo Ciampa, segretario generale di Mediafriends Onlus; Claudia Fiaschi, portavoce del Forum Nazionale Terzo Settore e Roberto Natale, Responsabilità Sociale RAI. In programma anche momenti di intrattenimento, come una speciale performance della scrittrice, attrice e ambasciatrice AISM Antonella Ferrari, che a Sanremo 2021 ha emozionato tutti con un monologo sulla sclerosi multipla, con cui convive da anni. F r a n c e s c o Quistelli, Ceo della società di consulenza e comunicazione Atlantis Company e fondatore del grande evento dedicato all’innovazione nel Terzo Settore “Reinventing” Proprio per avere qualche anticipazione sui temi trattati nell’evento, ed avere un punto di vista privilegiato sull’odierno settore del non profit, abbiamo intervistato Francesco Quistelli, fondatore Reinventing non profit e CEO di Atlantis Company. Come ha reagito, o sta ancora reagendo, il settore del no profit al lungo periodo pandemico che stiamo vivendo? Il settore del non profit ha reagito, come tutte le aziende e le organizzazioni che hanno subito questa pandemia, mantenendo le proprie caratteristiche: quelle di un settore che da sempre fa della scarsità delle risorse un tratto distintivo. Quindi, forse, meglio di altri è riuscito ad affrontare la pandemia e a trovare nuove dinamiche di collaborazione interna e di relazione con i propri donatori. Ad esempio, attraverso il potenziamento di tutte le attività digitali e di tutto lo smart working e lavoro agile. Quanto le tecnologie digitali hanno aiutato (se lo hanno fatto) questo settore durante la pandemia? E come? Le tecnologie digitali hanno aiutato tantissimo, soprattutto le organizzazioni che erano già proiettate verso il digitale, che già utilizzavano strumenti digitali per interagire con i propri donatori e
sostenitori. Queste organizzazioni hanno avuto la possibilità, e la necessità, di potenziare ulteriormente tali strumenti dalle piattaforme digitali, alle DEM, ai contatti telefonici. Si è rivelata una grande opportunità per attivare nuovi punti di contatto e migliorare, se vogliamo, le relazioni con i propri donatori. Non dimentichiamo però che il contatto personale rimane fondamentale. Speriamo che l’unione di questi due fattori, il poter ritornare a vedersi in presenza insieme al potenziamento di tutti i touch point digitali attivati durante la pandemia, creino un meccanismo virtuoso che consenta alle organizzazioni di comunicare meglio verso i propri donatori e stakeholder e di creare relazioni ancora più stabili e di fiducia. Qual è la sua percezione per il prossimo futuro? Di cosa avrebbe bisogno il no profit: nuove professionalità, maggiore attenzione dalle istituzioni, altro? Sicuramente il non profit in futuro, ma anche nel presente, ha bisogno della fiducia delle persone e della loro sensibilità rispetto alle cause sociali delle quali si occupa. E per fare questo c’è bisogno di creare una relazione sempre più forte e convinta con tutti gli stakeholder. Per questo le risorse umane all’interno delle organizzazioni non profit e le competenze sono il vero centro pulsante dell’innovazione e possono essere quel motore che crea un meccanismo virtuoso capace di mettere in moto tutti i processi d’innovazione indispensabili e necessari per rispondere alle sfide del futuro. Guardando al futuro, potenziare sempre di più il digitale e tutte le attività ad esso connesse è un fattore chiave. Ma è fondamentale anche avere competenze interne sempre più preparate e sempre più capaci di rispondere alle esigenze del periodo che stiamo vivendo. Qual è l’obiettivo dell’edizione 2021 del Reinventing? Il principale obiettivo dell’edizione 2021 di Reinventing è quello di mettere in moto nuove idee, di consentire alle organizzazioni non profit di trovare nuovi stimoli e di accendere quelle scintille di innovazione che permettono alle organizzazioni di essere sempre più capaci, efficaci ed efficienti rispetto le cause sociali delle quali si occupano. Con Reinventing vogliamo coinvolgere il maggior numero di persone, offrire nuovi strumenti, nuove idee, nuove opportunità di crescita a tutte le organizzazioni non profit e a tutto il Terzo Settore. Per consultare il programma e iscriversi: https://www.reinventingnonprofit.it/ Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati
Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Riduzione del Digital Divide: una sfida per creare un nuovo concetto di qualità della vita L’impennata di digitalizzazione che la pandemia da Covid-19 ha portato con sé, ha riacceso le riflessioni sul Digital Divide, una problematica presente già da tempo, ma che in questo difficile periodo si è evidenziato come un divario sociale importante e decisivo nel determinare la qualità di vita dei cittadini. Con il termine di divario digitale si indica le disuguaglianze nell’accesso e nell’uso delle ICT (information e communication technologies), distinguendo coloro che hanno la possibilità di utilizzare facilmente le tecnologie e di avere accesso ad Internet, e coloro che, per motivi economici, sociali e tecnici, incontrano delle difficoltà. Già nel 1996, il tema fu trattato dall’allora ex vice-presidente degli USA, Al Gore, che utilizzò il termine proprio per indicare il gap esistente tra gli “information have” e “havenots”, nell’ambito del programma K-12 Education. La Rete diventa elemento fondamentale, come sottolineato dall’art.19 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo e del cittadino, che la definisce come “una forza nell’accelerazione del progresso verso lo sviluppo nelle sue varie forme” e chiede agli Stati di “promuovere e facilitare l’accesso a Internet”, come sottolineato anche dal Rapporto ONU 2012 sulla Promozione e protezione del diritto di opinione ed espressione, La difficoltà, o addirittura, l’impossibilità di accesso e utilizzo della Rete diventa quindi un gap che influisce sulle condizioni di vita dei popoli e che crea differenze evidenti. Il gap digitale può infatti essere “globale” se si riferisce alla differenza fra i Paesi più e meno sviluppati; “sociale” per quanto concerne le diseguaglianze all’interno di un Paese, e “democratico” se riguarda la potenzialità di partecipazione alla vita politica e sociale sulla base di un uso consapevole delle tecnologie digitali. Scopri il nuovo numero: “#ripartItalia” La ripartenza è un tema quanto mai attuale. Dopo due anni di pandemia sentiamo il bisogno di lasciarci alle spalle questo lungo periodo complesso (tenendo quello che di buono c’è stato) e di affacciarci con ottimismo al tempo che verrà. Secondo la Commissione Europea si può parlare di un Digital Divide di primo livello, nel caso di mancata copertura della banda larga fissa ad almeno 2 Megabit, mentre si definisce di secondo
livello se vi è mancata copertura della banda ultralarga. Ma per il prossimo futuro si ipotizza la possibilità di un gap di terzo livello relativamente alle zone non coperte dalla fibra ottica. Il fatto di vivere in quella che viene chiamata “società dell’informazione” ci porta ad evidenziare l’importanza, ma potremmo addirittura dire, la necessità, di accedere all’uso delle tecnologie digitali, e, seppure questo concetto potrebbe sembrare banale, così non è. Il lavoro si svolge sempre più online, così come la formazione, e la necessità di un livellamento digitale si avverte forte e prepotente. Cosa stiamo facendo per colmare il gap? Da tempo i capi di Stato si interrogano sulla soluzione al divario perché questo comporterebbe una vita migliore per i cittadini a livello mondiale. L’ambizione della riduzione del gap si è resa ancora più necessaria dopo la diffusione del virus Covid, che ha mostrato, prepotentemente, anche a Paesi più arretrati dal punto di vista tecnologico, l’importanza imprescindibile che le tecnologie hanno nella vita contemporanea. Riflettendo sulla situazione italiana, notiamo che il nostro Paese, fino a pochi mesi fa, risultava poco incline al lavoro in remoto, ma un’emergenza di tale portata ci ha imposto di aprire gli occhi e non voltare la testa. Secondo i dati del Rapporto Bes Istat del 2021, nel Mezzogiorno il 63,4% di individui ha accesso alle tecnologie, rispetto al 72,3% del Nord e del Centro. Con l’intento di colmare questa differenza italiana è stato istituito il Ministero per l’innovazione e la digitalizzazione, la cui strategia trae ispirazione dagli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, per promuovere l’innovazione e la digitalizzazione dei servizi pubblici, l’adozione di nuove tecnologie, mettendo al centro dell’attenzione la comunità e i territori, per creare un rapporto trasparente tra cittadini e Pubblica Amministrazione. Nell’ultimo rapporto 2020 della Commissione Europea, che ha elaborato l’indice DESI (digital economy and society index), per valutare il livello di digitalizzazione dei paesi comunitari attraverso quattro ambiti (connettività, capitale umano, uso dei servizi Internet e integrazione delle tecnologie digitali e servizi pubblici), si evince che l’Italia si posiziona al venticinquesimo posto su ventotto paesi membri in termini di Digital Economy, dando evidenzia proprio dell’ampia disparità tra Nord e Sud. Le recenti riflessioni circa la situazione poco rosea del Belpaese, hanno spinto verso la ricerca di soluzioni utili, una su tutte la Repubblica Digitale, iniziativa del Ministero per l’innovazione e la transizione economica, sorta con l’obiettivo di combattere il divario e favorire l’educazione sulle tecnologie. Il progetto si avvale della Coalizione Nazionale per le Competenze Digitali, composta da soggetti pubblici e privati per realizzare una cittadinanza attiva, inclusiva, democratica, e contribuire alla formazione scolastica e per i lavoratori. L’Agenda 2025 prevede di operare al fine di potenziare i diritti di cittadinanza, partecipazione consapevole e riallineamento delle competenze digitali richieste nel mondo del lavoro contemporaneo, e investimenti sulla formazione di cittadini, imprese e amministrazioni locali. L’iniziativa prevede che, attraverso il Servizio Civile Digitale, mille volontari, definiti “facilitatori digitali”, abbiano il compito di agevolare la collaborazione tra cittadini e Pubblica Amministrazione, integrandosi con l’obiettivo di investire sui giovani e la formazione. La riduzione del gap digitale rappresenta, oltre che un modo per migliorare i servizi pubblici, una
possibilità per incrementare la partecipazione dei cittadini, relativamente all’ambito lavorativo e privato, rendendo la società democratica, partecipativa e inclusiva. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Strepitoso successo del TAWAVE a Taranto: una perfetta metafora della “ripartenza”, dove il coraggio, la visione e la perseveranza di 5 donne hanno tinto di rosa il mondo digitale Quello andato in scena sabato 25 settembre, nella meeting room del Salina Hotel, è stato un evento dal quale ancora dobbiamo riprenderci. Il TAWAVE più che un’onda è stato uno tsunami che ci ha travolto, ed infatti noi di Smart Marketing – media partner del progetto, ci siamo presi qualche giorno per riemergere alla superficie, nuotare contro corrente e guadagnare la costa, prima di scrivere questo diario di bordo con le nostre impressioni e le interviste, anche video, che abbiamo raccolto. Cominciamo con un po’ di numeri, che sono sempre chiari oltre che indicativi del successo per qualsiasi tipo di evento. La sala conferenze dello splendido Salina Hotel era gremita all’inverosimile, 150 le presenze accreditate per il convegno e 20 quelle per il workshop “Lightning Decision Jam: il meglio dei processi di problem-solving del mondo”, condotto,
nella prima ora e mezza, da Andrea Romoli, esperto di innovazione, digital connector ed autore per StartUpItalia, al quale anche noi di Smart Marketing abbiamo partecipato con entusiasmo. Ma per quanto la matematica sia bella, indicativa e inappellabile quando bisogna definire il “risultato” di un evento, sono anche altri i fattori che bisognerebbe tener presente. Quello che ha reso davvero “significativo” il TAWAVE, infatti, sono stati proprio questi altri fattori, primo fra tutti, a detta di chi scrive, il “contenuto”, che ha proposto nella città dei due mari, certo non nota per i processi sostenibilità digitale e società data driven, un gruppo di ospiti tutti esperti del digitale, per lo più pugliesi (altra cosa lodevole), che, affermatisi nel nord Italia, se non proprio all’estero, hanno portato il know-how e la loro esperienza di vita negli speech di 15 minuti circa che si sono alternati sul palco dalle 16:30 alle 20:30. Poi dobbiamo parlare dell’associazione di promozione sociale surfHers, che ha ideato e promosso questo evento, il vero “valore aggiunto” del TAWAVE, un gruppo di 5 donne tutte esperte, a vario titolo, del digitale, che hanno mostrato e sdoganato il lato rosa di un mondo, quello delle professioni e maestranze legate alle nuove tecnologie digitali, ahimè ancora troppo maschile. Cinque spumeggianti e motivate ragazze: Alessia Demarco, Mariagrazia Efato, Valeria Merlo, Stefania Ressa e Carlotta Spalluto, che rappresentano un modello di lavoro in team che riesce, anche agli esordi, a confezionare un grande evento come il TAWAVE, e che diventano esempio positivo e motivante per tutte quelle persone che spesso e volentieri si trincerano dietro scuse, paure o le presunte o reali mancanze di possibilità di sviluppo in città come Taranto. Le 5 surfHers ci dimostrano con esemplare chiarezza che, anche nel digitale come nelle altre cose della vita, volere è potere.
N e l l a f o t o l e 5 f o n d a t r i c i dell’Associazione surfHers che ha ideato e promosso il TAWAVE, (Foto di Giuseppe De Lorenzo). Altra cosa che ha contribuito al successo di quest’evento credo sia stata la “location” del Salina Hotel, una splendida struttura ricettiva a due passi da Taranto, inaugurata da pochi mesi, che, anche grazie al TAWAVE, ha potuto mostrare il suo potenziale come struttura “ideale” per intercettare quel ricco turismo congressuale che altre città molto simili a Taranto per geografia e storia recente (penso a Bilbao) hanno saputo sfruttare al meglio per il loro rilancio in chiave culturale ed economica. Scopri il nuovo numero: “#ripartItalia” La ripartenza è un tema quanto mai attuale. Dopo due anni di pandemia sentiamo il bisogno di lasciarci alle spalle questo lungo periodo complesso (tenendo quello che di buono c’è stato) e di affacciarci con ottimismo al tempo che verrà. Un altro fattore che ha contribuito significativamente al successo di questa iniziativa è stata l’azienda “Sabanet”, software house tarantina con sedi in tutta Italia, che non solo è main sponsor del TAWAVE, ma è anche la fucina in cui le 5 ragazze della surfHers hanno forgiato il loro entusiasmo, si sono conosciute, hanno lavorato e sono cresciute professionalmente ed umanamente. La Sabanet è un esempio di imprenditorialità e visione lungimirante che spesso mancano a gran parte del management delle nostre aziende dalla visione miope, troppo orientate ai profitti
immediati e poco avvezze ad investire su progetti di ampio respiro che però portano risultati significativi, anche economici, a chi ha la pazienza di aspettare. In ultimo, un’altra cosa che ha contribuito al successo del TAWAVE è stata “la rete di collaborazione e partnership”, che è stata avviata in primis con il patrocinio del Comune di Taranto e dell’Università degli Studi “Aldo Moro”di Bari e poi con i sostegni di tutti gli altri sponsor, fra i quali ricordiamo lo studio Pirola Pennuto Zei & Associati (main sponsor), Rino Petino srl (main sponsor) – Progetto Automatico srl – Abintrax srl – Medical Center Taranto srl – Fondazione Taranto25, Lavanderia Fanelli srl, Tinazzi srl. E, in questa rete, ci siamo anche noi di Smart Marketing in qualità di media partner. Cos’altro dire di questo TAWAVE? Poco o nulla, noi, gli ospiti, i relatori, i partecipanti aspettiamo già il prossimo evento delle surfHers, che non riusciamo ad immaginare cosa sarà, vista la qualità e il successo davvero altissimi raggiunti da questo TAWAVE, che, ricordiamolo affinché sia di stimolo e sprone sia per le 5 surfiste che per tutti noi, resta un esordio. Intanto, siccome la prassi giornalistica ce lo chiede, noi vi invitiamo a vedere le video interviste (con qualche inevitabile rumore di fondo) che abbiamo realizzato durante l’evento, senza le quali questo racconto fatto fin qui rischia di essere troppo emozionale e poco esaustivo. Visto il gran numero di partecipanti abbiamo dovuto fare delle scelte, vi proponiamo le 4 video interviste realizzate a Mariagrazia Efato, presidente dell’associazione surfhers, Armando Reale, Direttore commerciale di Sabanet, Lara D’Argento, Growth Mentor, Esperta di innovazione culturale con esperienza in progetti sia ROI-oriented, sia SROI-oriented, e Cosimo Palmisano, Ingegnere delle Telecomunicazioni, Esperto di Intelligenza Artificiale e TEDx Speaker. Infine fatemi fare una chiusa delle mie: abbiamo posticipato di qualche giorno la pubblicazione di questo articolo sul TAWAVE per farlo coincidere con l’uscita del nostro numero di settembre, che, come sapete fin dalla fondazione del giornale 8 anni fa, si intitola “#ripartItalia”. Ci è sembrato che questo evento, le 5 ragazze dell’associazione surfHers, la rete di collaborazioni avviate e l’inevitabile successo che ha coronato il tutto fossero un bellissimo esempio di quello che significa ripartire, comunque si voglia intendere e applicare questo termine: nella vita privata, sul lavoro, negli affari, che riguardi i singoli, una comunità o il Paese intero. Come ebbe a dire il grande e visionario imprenditore Henry Ford: Mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme è un progresso, lavorare insieme è un successo. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre.
Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Taranto punta sul futuro del digitale con la prima edizione del TAWAVE Tutto pronto per la 1° edizione dell’evento “TAWAVE: Sostenibilità digitale e società data driven”, che si terrà, sabato 25 settembre, presso il suggestivo Salina Hotel, sito in Viale Unità d’Italia, 648-650 a Taranto. L’evento, organizzato dall’associazione di promozione sociale surfHers in collaborazione con Sabanet – Main Partner – e lo studio Pirola Pennuto Zei & Associati, gode del patrocinio del Comune di Taranto e dell’Università degli Studi “Aldo Moro”di Bari.
L a s p l e n d i d a p i s c i n a d ell’Salina Hotel a Taranto. L’iniziativa, che mira a diventare un appuntamento con cadenza annuale, nasce per incentivare il dibattito tra imprenditori, professionisti e istituzioni del Meridione sul tema dell’innovazione. Gli organizzatori per questa edizione inaugurale hanno ritenuto di affrontare uno dei temi di maggiore attualità a livello nazionale e internazionale: la digitalizzazione delle imprese e le politiche di responsabilità sociale. L’evento si pone, infatti, l’ambizioso obiettivo di approfondire il complesso rapporto tra innovazione tecnologica e sostenibilità e di fornire una panoramica sulle principali soluzioni che le imprese sono chiamate ad implementare al fine, da una parte, di digitalizzare la propria attività e, dall’altra, di includere tra i propri obiettivi di business l’attenzione all’ambiente e al sociale. “L’obiettivo che vogliamo raggiungere attraverso questo evento – ha dichiarato a tal proposito Fabrizio Manzulli, assessore allo Sviluppo Economico al Comune di Taranto – è quello di creare sul territorio una sinergia di interessi comuni tra aziende, professionisti, imprenditori e studenti interessati al mondo digital. L’enfasi sull’innovazione e sull’imprenditorialità costituisce un punto fondamentale nella nostra analisi economica”. Il programma, che si svolgerà in una mezza giornata full-immersion dalle ore 15:00 in poi, prenderà avvio con il Workshop gratuito “Lightning Decision Jam: il meglio dei processi di problem- solving del mondo”, tenuto da Andrea Romoli, autore presso StartupItalia, Event and Workshop Organizer, Digital Connector.
I l d o c e n t e d e l w o r k s h o p “ L i g h t n i ng Decision Jam: il meglio dei processi di problem-solving del mondo”, Andrea Romoli, autore presso StartupItalia, Event and Workshop Organizer, Digital Connector. A partire dalle 16.30 e fino alle 20.30 si alterneranno una serie di interventi, strutturati in maniera tale da coinvolgere attivamente i partecipanti presenti in sala, a cui prenderà parte un ricco parterre di ospiti: ■ Gianfranco Zizzo, CEO di Sabanet. ■ Armando Reale, Direttore commerciale Sabanet. ■ Marco Belardi, Consulente Direzione delle Politiche Industriali presso il Ministero dello Sviluppo Economico e presidente della commissione tecnica UNI CT 519 “Tecnologie Abilitanti per Industry 4.0”. ■ Antonio Poggi, COO di Visokio (azienda inglese che si occupa di Business Intelligence e Data Analytics). ■ Cosimo Palmisano, Imprenditore Digitale, TEDx Speaker, Esperto di Intelligenza Artificiale. ■ Mattia Salerno, IT e Data Protection Lawyer e Senior Associate di Pirola Pennuto Zei. ■ Giovanni Liotta, Senior Associate Pirola Pennuto Zei – Dottore Commercialista e Revisore
Contabile con expertise in materia di Sostenibilità e Terzo Settore. ■ Giuseppe Desolda, docente di Programmazione per il Web presso il CdS Informatica e Comunicazione Digitale dell’Università degli studi di Bari “Aldo Moro”. ■ Vittoria Cinzia Cardone, Innovation Manager. ■ Lara D’Argento, Growth Mentor, si occupa di innovazione culturale con esperienza in progetti sia ROI-oriented, sia SROI-oriented. ■ Giuseppe Sanseverino, professore di Diritto Amministrativo presso l’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”. ■ Lino Fornaro, Senior Security Consultant. L’evento si rivolge ad imprese, professionisti, lavoratori free-lance e studenti ed a tutti quei curiosi che vogliono comprendere meglio il mondo digitale che noi tutti abitiamo. La partecipazione è gratuita, l’iscrizione è tuttavia obbligatoria, trattandosi di posti limitati. Il Workshop d’apertura è riservato a n° 20 persone. Per iscriversi è necessario compilare il Form disponibile al seguente link https://www.tawave.it/evento/ o, in alternativa, inviando una e-mail all’indirizzo: eventotawave@gmail.com L’iniziativa segna il debutto dell’associazione, tutta al femminile, surfHers, fondata da Alessia Demarco, Mariagrazia Efato, Valeria Merlo, Stefania Ressa e Carlotta Spalluto – professioniste tarantine nel settore digitale – che ha l’obbiettivo di promuovere campagne di sensibilizzazione volte a diffondere maggiore consapevolezza e conoscenza delle tematiche legate all’innovazione digitale. L e f o n d atrici dell’Associazione surfHers: Alessia Demarco, Mariagrazia Efato, Valeria Merlo, Stefania Ressa e Carlotta Spalluto. Proprio a Mariagrazia Efato, presidente associazione surfHers, abbiamo chiesto quanto è importante per una città come Taranto che venga organizzato un evento “innovativo” come questo: “Era un venerdì d’estate quando ci siamo ritrovate a scambiarci idee, pensieri e riflessioni. Lavoravamo già da diversi mesi nella stessa azienda, Sabanet, e non era la prima volta che ci capitava. Ma quel giorno aveva un sapore diverso, nuovo. Eravamo stanche di condividere solo tra noi le nostre esperienze ed aspirazioni. Così, con 4 visionarie, colleghe ed amiche, Alessia Demarco, Valeria Merlo, Stefania Ressa e Carlotta Spalluto, abbiamo fondato l’Associazione surfHers. SurfHers nasce da una forte comunanza di intenti, dall’esigenza di dar voce a tutto quello che quotidianamente facciamo e dal desiderio impellente di avere un impatto sulle persone e sul territorio in cui viviamo. Abbiamo deciso di presentarci, così, attraverso l’evento TAWAVE – l’onda
del cambiamento. Quello che ci auguriamo, con questa prima edizione, è di poter essere un punto di riferimento nel settore dell’innovazione e di creare sinergie tra imprenditori, studenti e appassionati di digital, per crescere, migliorare insieme e dare vita ad una Community vera e propria.” Hanno contribuito all’ideazione dell’iniziativa Sabanet, software house tarantina con sedi in tutta Italia, e Pirola Pennuto Zei & Associati, primario studio di consulenza tributaria e legale in Italia, che da tempo promuove iniziative congiunte per diffondere consapevolezza sui temi della tecnologia e dell’innovazione digitale all’interno delle aziende. Importanti sostegni alla manifestazione sono arrivati dalle aziende del territorio, fra cui: Rino Petino srl (MAIN SPONSOR) – Progetto Automatico srl – Abintrax srl – Medical Center Taranto srl – Fondazione Taranto25, Lavanderia Fanelli srl, Tinazzi srl. Ribadiamo che l’evento “TAWAVE: Sostenibilità digitale e società data driven” si terrà a Taranto sabato 25 settembre, dalle ore 15:00 alle 20:30 e che la partecipazione è gratuita, trattandosi però di posti limitati l’iscrizione è obbligatoria. Il Workshop d’apertura è riservato a n° 20 persone. Per iscriversi è necessario compilare il Form disponibile al seguente link https://www.tawave.it/evento/ o, in alternativa, inviando una e-mail all’indirizzo: eventotawave@gmail.com Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
Wellness economy - L'editoriale di Ivan Zorico In questi mesi, alla classica domanda “Come va?” mi capita spesso di rispondere non con il classico “Bene, grazie”, ma con un più sentito “Mi difendo”. Questo anno e mezzo di pandemia ci ha profondamente segnato su più livelli, e questo è indubbio. In questo senso riflettevo (e probabilmente non sono l’unico) sul fatto di quanto la percezione del tempo passato vada ben oltre i 18 mesi trascorsi sin qui: non so voi, ma sento “il peso” di aver vissuto qualcosa come almeno 3 o 5 anni. Si diceva qualche tempo fa (ed ero tra questi) che i riflessi della pandemia si sarebbero visti nei mesi a venire e, probabilmente, ora stiamo vedendo più chiaramente i primi effetti. Siamo tutti un po’ più stanchi, stressati, acciaccati, magari abbiamo preso qualche chilo e trascurato un po’ la nostra salute, dormiamo male; abbiamo voglia di cose belle, di stare all’aria aperta, di riprendere contatto con noi stessi, di prenderci cura del nostro corpo, di vivere pienamente il tempo a disposizione, e via così. Insomma abbiamo voglia e bisogno di buona vita, di stare bene. Se leggete tra le righe, ognuno dei bisogni elencati ha una sua risposta merceologica. E sappiamo che dove c’è un bisogno, ossia una domanda, c’è un’offerta che si propone di soddisfarla. Scopri il nuovo numero: “Wellness economy” Il settore legato al benessere della persona è esploso negli ultimi anni abbracciando ben più di un mercato: alimentazione, dispositivi tecnologici, editoria, medicina, stili di vita, abbigliamento e molti altri. Il wellness, insomma, è un settore da tenere in estrema considerazione. È la wellness economy: integratori alimentari, alimentazione, viaggi, corsi, palestre, piscine, cure, massaggi, intrattenimento, tecnologia al servizio del benessere della persona, cosmetica, editoria,
sono solo alcuni dei settori potenzialmente impattati nei prossimi tempi. Si tratta di un mercato enorme. Nell’ultima rilevazione del Global Wellness Institute, relativa al valore dell’economia del benessere, è stato stimato che la wellness economy vale 4,5 trilioni di dollari. Un mercato che, come detto, va ben oltre al vecchio immaginario che lo voleva relegato al solo mondo dell’attività sportiva. C’è infatti molto di più: il turismo, la cosmesi, la cura della persona e dell’alimentazione, la salute fisica e mentale. Se leggete tra le righe, sono tutti aspetti che ci sono mancati in questo lungo periodo. Sarà probabilmente anche per questo motivo che la wellness economy diventerà sempre più interessante da seguire e sarà in grado di generare anche importanti ricadute occupazionali. Intanto, se dovessi guardare all’esperienza personale (che ovviamente non fa statistica), solo nell’ultima settimana ho acquistato un paio di scarpe da running, un pantaloncino, due canotte e sto valutando l’acquisto di uno smart watch per monitorare la qualità del mio esercizio fisico e non solo. Insomma sono completamente immerso nella wellness economy. D’altronde mi piace considerarmi una persona di parola; per cui se alla domanda “Come stai?” rispondo “Mi difendo”, devo fare pur qualcosa per avvalorarlo. Buona lettura, Ivan Zorico Ti è piaciuto? Hai qualche considerazione in merito? Fammelo sapere nei commenti. Rispondo sempre. Se vuoi rimanere in contatto con me, questo è il link giusto: www.linkedin.com/in/ivanzorico Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
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