IL GIOCHINO DELL'UOMO DI ANTICO REGIME - archeologia filosofica
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IL GIOCHINO DELL’UOMO DI ANTICO REGIME CON IL SUO KIT DI COSTRUZIONE traduzione di Guido Battisti Nel tempo in cui la postura “ancien régime” sembra rivivere una seconda nefasta giovinezza è sorprendente rilevare l’accresciuta attualità di questo articolo. Rispetto a quando esso fu pubblicato (nel 2001 sulla rivista francese “Tiqqun“, numero 2), sembra infatti che certe dinamiche abbiano conosciuto una progressiva accelerazione facendo emergere, in concitata successione, figure di leader carismatici prima esaltati come salvatori e poi rapidamente gettati nel fango della denigrazione generale. Ciò che li accomuna, nonostante le tante sfumature differenti che possono mostrare, è la promessa di poter tornare a vivere nel mito della ricchezza, del consumo, del successo, capitalizzando un risentimento generalizzato e artatamente dirottato contro presunti disonesti, corpi estranei che avrebbero corrotto e distrutto un mondo altrimenti sano. In questo mefitico stagno, soddisfacendo la richiesta di un vasto pubblico di masochisti boccaloni, proliferano grottesche figurine di “intellettuali” che promuovono il ritorno statolatrico ai sacri valori e ai tempi in cui Berta filava. L’uomo di antico regime è un dispositivo antropologico, psicologico, sociale che opera secondo una concezione/percezione di se stessi e del mondo da cui ci si crede distaccati. Questa postura va individuata ancor prima che decostruita e, finalmente, destituita. Saperla riconoscere nella sua operatività è un esercizio spirituale sommamente utile, benefico per la propria e altrui salute.
"In primo luogo ciò che noi aborriamo nel pieno non è solo l'immagine di una qualche sostanza ultima, di una densità indivisibile; è anche e soprattutto (almeno per me) una cattiva forma." Roland Barthes, Digressions 1. AVVIO Le piccole sovversioni fanno i grandi conformismi. 2. DEFINIZIONE PROVVISORIA L'uomo di Antico Regime è la figura della soggettività borghese nel momento della sua liquidazione e svuotamento da parte della dominazione cibernetica, storicamente prodotta da quella stessa borghesia. Defunta, la soggettività borghese sopravvive indefinitamente a sé nel mito dell’individuo libero, autonomo, forte, sicuro di sé e sicuro del suo mondo, un mondo recintato da un insieme di valori e di esperienze stabilite che il nostro individuo abiterebbe pienamente, così come il consumo di un certo numero di merci culturali che gli servono come sistema di riferimento. Da oggetto di critica sociale durante tutto il 19 ° secolo e buona parte del 20 °, l'uomo di Antico Regime è passato allo statuto di soggetto di tale critica, a favore di processi di ricomposizione interni al dominio delle merci, dominio che al presente esige il mantenimento dell’uomo di Antico Regime in quanto falsa alternativa all’american way of life. Precisiamo che qui si tratta di una forma-di-vita, e niente affatto di una classe assegnabile di individui: la dedurremo dunque dalle nostre inclinazioni singolari, non meno che a partire dal riscontro empirico di tratti caratteriali, di
pratiche culturali, di sedimenti di abitudini e scheletri istituzionali che lo giustifichino. L'uomo di Antico Regime funziona come una matrice di habitus possibili e socialmente prodotti; non si tratta per noi di criticare un "modo di vita", ma di porci su un piano di consistenza che permetta di leggere la realtà in termini di uno scontro etico e politico tra forme-di-vita. Non si tratta né di analizzarle a fondo né di giudicarle, ma semplicemente prendere la misura, materiale, delle loro linee di fuga e dello spazio di gioco che esse offrono. In quanto all'uomo di Antico Regime, egli sarà quel Bloom speciale che coltiva l’uscita dal mondo come sola e unica linea di fuga. 3. METODO La rappresentazione, vale a dire il rapporto che il Bloom intrattiene con sé stesso, non ha una causa particolare; il che significa che non è possibile dipanare la matassa delle forze"psicologiche" e sociali che costituiscono l'essenza stessa di un'umanità di Antico Regime. Ne consegue che altrettanto illusorio quanto inutile sarebbe pretendere di dire ciò che “è” l’uomo di Antico regime: qui ci accontenteremo di descrivere ciò che gli accade quotidianamente. L’analisi sociologica e la critica dell'ideologia, basate su una comprensione degli interessi e delle strategie reali perseguite dagli individui così come sulla volontà di dissipare gli effetti sociali di interferenza con il travestimento di questi stessi interessi, malgrado i puntuali chiarimenti che offrono, stentano precisamente a delineare i contorni di questo dominio dell’incorporazione dell’habitus, che non sembra poter costituire l’oggetto di un calcolo, per quanto sottile, dell’interesse sociale. L'uomo di Antico Regime non può che essere l’oggetto di una descrizione formale che illumini tanto i meccanismi di difesa della sua arte di vivere individuale, quanto le istituzioni politiche che egli presuppone per la sua persistenza, in particolare il monopolio della violenza pubblica da parte delle autorità dette di stato, e il suo corollario, la pubblicità borghese, che interrompe ogni reale conseguenza del pensiero. La postura Antico Regime non può esistere che come modalità interna al Nuovo Regime Cibernetico, come una liberalità concessa da quest'ultimo e deve essere intesa, nei termini della sociologia burocratica, come una strategia di distinzione e di affermazione di un habitus non-bloomesco nell’epoca in cui il Bloom è il trascendentale di ogni teoria critica dell’essere sociale. Prima ancora di essere una visione del mondo o una teoria particolari, il "discorso" dell'Antico Regime è un dispositivo epistemologico che decripta la realtà per mezzo di un sistema di categorie classiche e generali (l’uomo, le passioni, l’interesse, la storia, l’azione, la negatività, la differenza, lo Spettacolo, ecc), che permette sempre di scongiurare e neutralizzare l’evento per ricondurlo al già-conosciuto. Inoltre, esso permette al Bloom che recita con minore o maggiore maestria la parte dell’uomo di Antico Regime, di mettere a tacere la sua stessa specifica implicazione in ciò che gli succede. Trovando così da ridire su tutto ciò che accade, l'uomo di Antico Regime si guarda bene dal considerare la sua stessa situazione. La passione per la critica che lo anima così si traduce spesso in un semplice riflesso di messa a distanza: la costruzione di nuovi concetti non è da lui richiesta dall’evento che si tratterebbe di
pensare ma dall’attivo disconoscimento di esso, riconducendolo a qualche essenza conosciuta. 4. UN DISPOSITIVO INCARNATO L'uomo di Antico Regime è un tipo reattivo, forse il primo nella storia a essere in uno stato di risentimento integrale datosi che non può rassegnarsi a completare l’inevitabile percorso che lo porterebbe a seppellire definitivamente gli habitus culturalmente associati all’etica borghese, così correndo il rischio di condannare sé stesso. La reale esperienza della situazione contemporanea gli è interdetta, poiché – in ciò profondamente autistico – parla o, piuttosto, discorre sugli attuali avanzamenti del processo involutivo della sussunzione capitalistica e sui costumi che vi si disegnano, a partire da una posizione a strapiombo accuratamente resa sicura da cordoni sanitari sia polizieschi che linguistici. In nessuna circostanza egli si lascia andare all’esperienza della contaminazione da parte di questa realtà spregevole, ma piuttosto respinge in blocco ogni sorgere dell’inedito, di ciò che non è convalidato dalle forme classiche di esistenza. Ne va della sua sopravvivenza pura e semplice. In effetti, a più o meno lungo termine, questa forma-di-vita attenuata è destinata a scomparire, minata dall’evaporazione delle sue stesse condizioni d'esistenza e dall'ineluttabile restringimento del suo spazio pacificato d’espressione. Questo declino si manifesta politicamente nel terrore in cui vive questo strano cittadino impaurito che rimpiange il tempo della sua sottomissione alla sovranità limitata dello Stato-Nazione, sottomissione che poteva abbracciare con uno colpo d’occhio, e da cui poteva sempre fuggire rifugiandosi nel suo foro interiore, zona liberata, patria dell’Io in cui l’ignoranza di sé poteva a buon conto presentarsi come coscienza morale. Spossessato del suo piccolo stock di aneddoti e violentemente estratto dal suo ambiente naturale dall’emergenza della sovranità acefala, non contrattuale e irragionevole dell’Impero, l'uomo di Antico Regime è stato truffato dalla Storia e, indispettito, presenta il conto. Da alcuni anni in Francia è possibile così constatare la costituzione di un partito e di un movimento politico-intellettuali d’Antico Regime che tentano di ricuperare alcuni buoni vecchi miti come la Repubblica, la Scuola o l’Autorità, alla cui ombra sperano di poter continuare a vivere. Ma la loro moneta è ormai fuori corso e la prospettiva da una siderale distanza non riscuote più successo. L'uomo di Antico Regime si è dunque ridotto a fare esistere biograficamente il proprio dispositivo retorico di neutralizzazione e di disturbo, in cui astrattamente si oppongono il muoversi compulsivamente, la modernità, l’ideologia dominante del giovanilismo festaiolo, del progresso, della mobilità, della flessibilità e della tabula rasa, in breve della globalizzazione felice, tanto cara ai "liberal-libertari," e un certo numero di atteggiamenti e concetti valorizzati come la critica, la riflessione, l'autorità, la lentezza, il conservatorismo, "anarchismo tory," la Repubblica tanto cara ai "bolscevico-bonapartisti”, il rispetto per il passato, il tradizionalismo, la letteratura, la padronanza discorsiva, ecc. Ma la parte in cui fa finta di impegnarsi così appassionatamente è in realtà giocata d’anticipo. Affermazioni, posizioni, tesi e analisi che fingono di affrontarsi sono sempre già note a tutti, e in nessun modo
servono a chiarire la realtà ma agiscono come segni di riconoscimento, di testimonianza di appartenenza e di retoriche prevedibili. Si tratta di messinscena, di trucchi da prestigiatore da fiera. La confusione consiste qui nell’eterna messa in scena dell’opposizione conservatorismo/ progressismo, i cui termini non sono altro che due varianti di una stessa tesi antropologica, quella della pacificazione che postula l'uomo come essere-sociale-vivente-in-società. E il fine di tutto ciò è naturalizzare un dispositivo che rappresenta uno dei migliori sistemi anti-incendio per occultare la realtà umana come guerra civile. 5. GIMMICK Una delle trovate preferite dell’uomo di Antico Regime è l’affermazione declamatoria della sua esteriorità militante a “questo” mondo, del suo essere irriducibile in rapporto alla cultura detta “di massa”, al blocco d’alienazione dominante percepita come orizzonte invalicabile di ogni posizionamento umano; in fondo questo riflesso esprime solo il feticismo di una chimerica estraneità al mondo ricercata, per esempio, nella pratica di perpetue e patetiche misure d’igiene misantropica ovvero “scissionista”. A causa della pesante tendenza storica alla pacificazione centralista che ha segnato da lunga data lo Stato francese e che ha prodotto la psicologia cittadina che conosciamo – quella del soggetto che crede di trovare la propria libertà nel buon funzionamento di uno Stato che si fa carico di tutti gli aspetti “politici” della sua vita -, la postura di Antico Regime rileva in maniera privilegiata da una certa tradizione nostrana che è possibile fare risalire ai libertini “antimonarchici” e che prosegue fino all’odierno situazionismo maurrasiano e alimentare, passando per i cattolici reazionari, gli heideggeriani di ogni obbedienza,
l’anarchismo di destra, gli “ussari” e altri sollerso-céliniani. In ultima analisi si tratterà sempre di far valere un diritto di riserva, un diritto all’emigrazione interiore. Tutte queste frazioni sono oggi prese in un vasto movimento di ricomposizione dei fronti e cercano di allearsi con il movimento liberal-umanista per sottrarsi all’alternativa storica tra l’Impero e ciò che gli sfugge. 6. UNA PERSONALITA’ AUREA Qualunque cosa se ne possa pensare, l’uomo di Antico Regime è sempre un puritano liberale, per quanto egli possa mettersi nei panni delle passate figure del libertino, del viveur, dell’eroe, del bandito, del ribelle, dello stratega, del romanziere, o ancora del saggio adepto dell’atarassia. Si tratta solo di ruoli differenti che egli padroneggia quel tanto che basta per illudere. L’impuro, la violenza, la sovversione, il negativo, il sacro che egli si compiace talvolta di invocare, non costituiscono per lui l’oggetto d’una esperienza o di una pratica reali ma sono solamente tanti pretesti per infinite ruminazioni letterarie. In generale, tutta l’esperienza dell’uomo di Antico Regime è fortemente strutturata intorno alla referenzialità, non a quella, volgare ai suoi occhi, della merce, ma a quella, a priori più neutrale, della cultura. S’è comprato, come i suoi poco amati fratelli-Bloom, un’intera panoplia; si dà il caso che questa panoplia sia in rialzo sul mercato culturale della profilatura di soggettività. Il lusso, nonostante tutto, rimane un prodotto tipico francese in seno alla produzione mondiale di soggettività. 7. PICCOLA LITANIA (ESEMPIO DI PANOPLIA) Modo di produzione festaiolo modellare nuova umanità / polizia sanitaria di Bruxelles refrigerare vita quotidiana / “principio di precauzione” = teologia morbosa / sparizione del Male, dunque del Bene, del Peccato Originale, dunque del godimento di peccare / fine del Sacro / festivismo giovanile = continuatore del fascismo / mutazione antropologica aver già avuto luogo / decadenza irreversibile dello spirito critico / scivolamento delle popolazioni verso l’onirico / presa di potere del principio di piacere / annullamento di tutte le separazioni strutturanti che aprivano al mondo adulto / volontà diffusa di ritrovare lo stato d’innocenza prima della Caduta / abolizione del Conflitto / creazione = sovversione d’economia mista / ritorno del genere umano alla vita animale / desiderio : puramente utilitario, meccanico oramai / ritorno della Cultura all’ovile della Natura / messa in esame del Vecchio Mondo, della Storia / “Perché la vita è questo. E’ qualcosa che continua, con il suo miscuglio di buoni e di cattivi, che è oggi fermo.” / cambio di funzione della letteratura : non più riflettere le contraddizioni dell’essere umano, ma celebrare un neo-umano liberato dalla contraddizione (valori di cittadinanza, di convivialità, di parità, di fraternità) / nuovo imperativo del Bene cittadino / sostituzione del negativo con l’autonegatività intersoggettiva / non c’è più realtà / sparizione del concreto sotto gli urti violenti dell’Universale / tirannia dei buoni sentimenti, della trasparenza, dei malinconici / salvezza attraverso la letteratura / “vomitare sarà pensare” / viva l’aristocrazia del
pensiero critico! / cancellazione ludica delle differenze / oppressione dell’informazione / reincantamento poetico-morboso dello spazio pubblico / romanticismo fusionale della comunità / vittimocrazia / l’io come blocco d’autenticità, come prova, come opera / sopravvivenza trionfante della vita / processo d’allineamento delle province / il riemergere della menzogna romantica / museificazione delle città / cambio di natura del concetto d’evento (inversione del senso) / fine parodistica della divisione del lavoro (che ciascuno resti al suo posto!), del denaro, delle classi e di tante altre cose ancora / crolli di ogni genere / lettura = accesso alla vasta esperienza prespettacolare, alla vera conversazione / lettura = finita / rimpianto dell’autentica pubblicità borghese e della sua competenza (salotti) / “ gli uomini rassomigliano più al loro tempo che ai loro padri” / cancellazione della personalità / falso senza replica / perpetuo presente / miserabili contemporanei sempre più separati dalle possibilità di conoscere esperienze autentiche / divenire- pseudo del mondo e delle cose / necessità di scoprire le proprie preferenze individuali / criticare soprattutto il rinnegamento compiuto dell’uomo. 8. POLITEZZA Una tale “sensibilità” d’Antico Regime, che si rifà a forme-di-vita del passato già collaudate, può sorgere teoricamente, perfino letteralmente, solo quando l’antico conosce sé stesso come antico e s’è distaccato dal processo storico: le forme viventi non si conoscono come tali, esse si lasciano solamente evocare nel ricordo una volta esaurite. E’ in questo che la posa d’Antico Regime si svela come integralmente liberale: essa procede da una scelta fondamentale a favore d’una securizzazione “museale” del pensiero, sicuramente inconfessata ma sempre di nuovo culturalmente giustificata, e si svolge dunque intrinsecamente nella sfera della rappresentazione benché nessuno invochi più insistentemente dell’uomo d’Antico Regime il suo attaccamento al “reale”, al “concreto”. Infatti si tratta di una di quelle piccole mitologie contemporanee che, come le altre, tenta d’acquisire il suo brevetto antropologico. Nulla più d’un giochino linguistico in cui il nostro prestidigitatore abbatte valorosamente alcune tigri di carta uscite dal suo cappello e, “essendo finita la Storia” come tutti sanno e il rischio nullo, si rivela essere un rospo post-moderno come gli altri, tuttavia immerso nella sufficienza della sua dignità “critica”. E’ un Bloom civilizzato, che SI ha civilizzato. 9. UN’EREDITA’ DA FAR FRUTTARE L’uomo di Antico Regime passa la maggior parte del suo tempo a recitare la parte dell’eroe stanco dei Tempi Moderni che, non avendo più la forza di voler essere sé stesso, si contempla indefinitamente in una postura ereditata. Questo retaggio è la vacillante assunzione di tutte le fittizie vecchie linee di divisione producenti quell’essere confortevole che è il cittadino moderno che abita nel bene e nel male la propria inesperienza del mondo. Persistente – e obbligato in questo dalla cattiva fede cattolica – in un obsoleto paradigma psicologistico (Balzac prima di tutto!), l’uomo di
Antico Regime ricerca dappertutto le prove della Commedia Umana a cui s’era affezionato, trovandosi tuttavia immerso nella Farsa bloomesca, perduto e senza punti di riferimento. Vorrebbe essere Descartes o Casanova mentre è solo il pedante dispregiatore del divertimento sociale, il cartografo delle sue stesse rinunce, l’araldo del negativo incantatorio, che lavora a fare della propria passività un bel libricino di lucidità critica, perfetto per le feste di fine anno (vostro figlio più grande, quel piccolo intellettuale, lo adorerà, vedrete!). In ogni caso, egli non è all’altezza dell’abito che indossa. Quando l’umanità ha raggiunto un tale stadio in cui ormai ogni progresso, ogni nuova invenzione, abbassa inesorabilmente gli uomini in una inumanità più profonda, anche il linguaggio degenera rapidamente, e ogni intesa diventa impossibile. J. Semprun 10. UN’AUTORITA’ OSTENTATA L’innegabile fascino che si può gustare nel gioco della nostalgia tragica, a fare della sensazione malinconica del flusso e dell’irreversibilità del tempo l’alfa e l’omega di ogni riflessione critica sull’esistenza e sul corso del mondo, porta in sé il rischio del vaneggiamento autistico, il rischio d’inchiodarsi in una postura che finisce per volgere all’odio di ciò che è qui di ciò che sta per giocarsi. Quando la realtà non si svela più che come decadenza di una passata grandezza, si ha un bel gioco ad assumere la posa del resistente: si gioca sul velluto. Ciò che noi rimproveriamo nell’uomo di Antico Regime, non è dunque che egli in fondo abbia così poca esperienza, essendo questa una condizione ormai comune a tutti noi, ma piuttosto la sua puerile mania di arrestare il gioco attraverso il funzionamento repressivo dell’esperienza manifesta, di cui fa uso come di un perpetuo argomento d’autorità. In definitiva il suo estremo infantilismo è forse motivato solo dal suo angosciarsi, dal suo rifiuto di accedere all’esperienza della presente conflittualità al di fuori del quadro civilizzato proprio alla sua classe. 11. UN PO’ DI PSICOLOGIA La posizione dell’uomo di Antico Regime è insostenibile poiché la sua critica, fondata sull’odio così come sulla volontà di disconoscimento della conflittualità e delle sperimentazioni in corso, non possiede infine che un fondamento reattivo: l’incapacità viscerale a vivere in questo mondo e la pura volontà di differenziazione che ne deriva. Descartes o Casanova furono i figli grandiosi della propria epoca, mentre il nostro uomo non ha che un solo auspicio: non essere più di questo mondo e trovare alcune cattive ragioni per questa fuga. E’ per questo che le descrizioni critiche fatte da questo o quell’uomo di Antico Regime restano sempre letterarie, come firmate dall’oltretomba, tramutando il materiale dell’abiezione che continuamente nomina, in pamphlet satirico, in vanità barocca sulla vacuità della vita quaggiù, in
piccola enciclopedia dei suoi dispiaceri alimentari o ancora nella sublime tomba di un’epoca che da sola salverebbe una meritoria biografia. Il gesto dell’uomo di Antico Regime riproduce così il gesto classico delle religioni: la creazione d’un retro-mondo. 12. DOVE SI TROVA IL CORPO? Per questo la sensibilità dell’uomo di Antico Regime sembra essere solo l’altro termine d’una opposizione fittizia, quella che la rende così profondamente solidale con la falsa coscienza illuminata dell’ambiente dei super-aggiornati alla moda: sotto la vana agitazione sovrareferenziale dell’irrequieto post-moderno e sotto la boria disillusa dell’autoproclamato tradizionalista c’è la medesima incapacità – idealista – a partire da sé, dalla propria forma-di-vita, dai propri desideri e mezzi attuali (e non ipotetici o incantatori), a darsi lo spazio per comprendere ciò che è in gioco, di che cosa si tratta in tutta questa faccenda, a sapere come uscire dalla paralisi. Se è ridicola l’agitazione beata a favore del “terzo millennio”, l’accanimento terapeutico a favore dello spirito critico lo è molto di più. Nel seno d’una società capitalista che non integra solamente la critica, ma la fa funzionare a suo profitto, si tratta più di nutrire lo spessore d’una corporeità critica avente una presa effettiva sul reale che di discorrere sulle ragioni della propria impotenza. Ora, a questi due fratelli-nemici così tragicamente bisognosi l’uno dell’altro per esistere ciascuno in quanto contrario dell’altro, che rispettivamente ipostatizzano un principio di piacere e un principio di realtà del tutto astratti, che vivono in un impero di segni in cui si accaniscono l’uno a surfare e l’altro a decostruire, manca una reale presenza al mondo. 13. MAINCOURANTE ∗ Condannato a ritrovarsi perennemente al rimorchio di ciò che può soltanto denunciare, mosso da un inesauribile risentimento davanti la presunta perdita di ciò che un tempo ha creduto di possedere, l’uomo di Antico Regime si massacra nella fatica di Sisifo di sputare a vista, di far passare la propria impotenza reale per una coscienza superiore e inattaccabile. Questa maniera di tentare sempre la trasformazione del piombo in oro, questa critica autorizzata dello spettacolo, questa vita di seconda mano, è in procinto di diventare la più corrente delle merci culturali e fa dell’uomo di Antico Regime uno di quei consumatori avvertiti, esigenti e puntigliosi che non si fanno mettere i piedi in testa. Egli ha pagato il suo posto a sedere sulla nave della modernità; non dovrebbe essere necessario restarsene a guardare in disparte, ed è dunque nel suo pieno diritto a lamentarsi quando l’imbarcazione affonda. La soggettivazione, attraverso il lamento tipico del credente, si è in lui secolarizzata in consumismo critico. ∗ Ndt: questo termine può significare sia il corrimano, sia il registro che riporta tutti gli eventi della vita di una struttura (es. un'associazione, una stazione di polizia ecc.)
14. L’INGENUO BRONTOLONE Il capitalismo cibernetico si presenta come un processo sempre più idealista di riformattazione del mondo il cui scopo è estrarne “valore informazionale”. Tra le altre cose, esso mette a lavoro la coscienza di non essere un ingenuo, quella vanitosa volontà di non essere un credulone che l’uomo di Antico Regime condivide. Ogni contestazione discorsiva o parziale rientra così in quella Integrale e contribuisce a rinforzare il sistema rendendolo più impermeabile alla critica in atto del processo. Quest’ultimo tende così a generalizzare la falsa coscienza illuminata rendendo i suoi amministrati complici del processo di normalizzazione cibernetica in corso, al fine d’immunizzarli contro ogni possibilità d’uscita reale dal Programma. Si ha un bel strizzare l’occhiolino o alzare le braccia al cielo, si rimane soltanto una piccola meravigliosa garanzia di umanismo brontolone. Mentre tutto diviene enunciabile e criticabile, niente più può succedere. Così vagano nella notte i non-ingenui. E sono sinistri. La postura di Antico Regime è un dispositivo di neutralizzazione dell’esperienza passata tramite coagulazione di questa in valore referenziale. Così il nostro uomo (oltre al suo giardino, ai suoi studi umanistici e alla sua identità) coltiva con cura la pratica della piccola differenza, del leggero scarto, della minuscola maldicenza, cercando sempre di ergersi contro lo Spettacolare integrato, il Grande Qualsiasi Cosa, la società ultra-festaiola, l’abiezione presente o, peggio, contro ciò che egli vede come orde di fanatici dell’alienazione che ondeggiano negli abissi più oscuri (ai segnali “telefono cellulare” e “rollerblades” digrignare ostentatamente i denti), sempre a camuffare il proprio irriducibile attaccamento a ciò stesso che egli vomita in superficie, a quel potere disprezzato ma segretamente desiderato, poiché lo fa vivere in totale spensieratezza. Se l’uomo di Antico Regime è malato a morte è perché egli rivolge contro di sé tutta l’energia mobilitata per produrre “della coscienza” in un processo autotomico di paralisi progressiva di sé stesso. Disastrosa fuga in avanti quella dell’autofago che si vieta qualsiasi azione poiché sarebbe a priori “inquinata” dall’influenza del potere. Ovunque circolerà del potere, ovunque
rapporti umani saranno sperimentati nell’anonimato e nell’opacità, per esempio tra questi cretini tecno-entusiasti di cui non smette di farsi beffe, egli non potrà né comprendere né afferrare alcunché riducendo il tutto al potere rimbecillente o alienante dell’“epoca”, della moda o dei mass-media. Sebbene egli abbia chiaro che una delle presenti modalità del dominio è il divertimento sociale autoritario, l’uomo di Antico Regime rimane attaccato all’ipotesi repressiva (pur dileggiando facilmente, ma per cattive ragioni, i tentativi di “liberazione” dei seguaci della sinistra), il che gli permette di assumere la posa, attraverso una semplice messa a distanza, da resistente al processo di “disumanizzazione” indotto dalla “mutazione antropologica in corso”, da individuo irriducibile alla confusione generale, da refrattario a un allucinante e totale potere sociale. Un facile trucco. Un semplice gioco di parole. Solidarietà tra il potere e la sua critica, attraverso la denegazione frenetica di ogni linea di fuga che non sia una politica del retro-mondo. Ciò che lui stesso d’altronde ammette: egli è solo lo spettatore d’alta qualità del crollo, il cronista distaccato del corso del disastro, il brillante reporter dal ciglio dell’abisso. 15. SULL’IMPORTANZA D’ESSERE CONSAPEVOLE Spettatore idealista che schematizza di primo acchitto ogni dato empirico mediante il rachitico trascendentale della sedimentazione dell’esperienza passata, che tra l’altro ha a mala pena conosciuto, il nostro orfano d’un senso della Storia, che si riferisce ininterrottamente alla funzione paterna, all’ordine simbolico, al principio di realtà, a un’ipotetica storia che avrebbe avuto luogo ma che sarebbe ormai compiuta, s’affatica a denunciare astrattamente (attenzione!: kit di costruzione!) la confusione semiotica, l’indifferenziazione sessuale, la riformattazione numerica dell’esperienza, la mercificazione globale del mondo, il controllo panottico-festivo, la generalizzazione della moneta vivente nei rapporti sociali standard, la polizia sanitaria che regola la vita quotidiana, insistendo nel dichiarare che qui si tratta d’una critica dell’irrazionalità dei nostri tempi, e che sarebbe sufficiente agli uomini prendere coscienza delle disfunzioni strutturali in opera, di dar prova di buon senso perché tutto vada meglio nella migliore possibile delle common decency. L’estetica del disastro, della catastrofe e del crollo (che sempre-già hanno avuto luogo), quasi automaticamente si tramuta in rinforzo della buona volontà critica, contribuendo così al trionfo dell’ideologia cittadinista delle forme-di-vita assistite, ma consapevoli. Ma questi giovani, mi direte, sono veramente consapevoli? I figli che ci circondano, specialmente i più giovani, gli adolescenti, sono quasi tutti dei mostri. Il loro aspetto fisico è quasi terrorizzante, e quando non terrorizzante, è fastidiosamente infelice. Orribili pelami, capigliature caricaturali, carnagioni pallide, occhi spenti. Sono maschere di qualche iniziazione barbarica, squallidamente barbarica. Oppure, sono maschere di una integrazione diligente e incosciente, che non fa pietà. Pasolini
16. GALLERIA DI RITRATTI Tutte le forme tradizionali dell’autorità e della maestria hanno visibilmente perso la loro aura e sono state degradate nelle posture dell’esperto, del tecnico, del politico, del consulente in vittimologia; in quanto all’uomo di Antico Regime, questo dottore in nulla, questo stratega sempre vinto, questo professionista della lingua, egli è ridotto a scimmiottare il disinvolto possidente, l’anarco-poujadista, il benevolente e burbero patriarca, il cinico ragionevole, l’uomo dal giudizio infallibile, l’angioletto che scruta l’abisso, l’umanista dall’aspetto solido ma inquieto, il buon uomo incanaglito, il commerciante buontempone ma che non perde la bussola, l’anarchico di destra o, più comunemente, il realista politico delle emozioni. Come gli altri recita un ruolo, un ruolo di compostezza, che il decoro dello spirito francese esige. Ma egli se ne distingue con la sua strategia che consiste nel contrastare l’abiezione d’oggi con quella d’ieri, senza nemmeno tentare di approfondire questa abiezione nella sua concretezza ma esorcizzandola, rifiutando di afferrarla. Invariabilmente tutta la sua saggezza si riassumerà in quella miserabile dialettica della falsa evidenza e della messa a distanza: certamente (che Dio e l’uomo sono morti, che la donna non esiste, che regna la trasparenza, che il mondo è marcio, che i bambini e gli esseri ibridi hanno preso il potere, che il controllo è operativo, che il dispositivo governa, che il mondo gira), ma che volete farci (cara signora), è così, e voi lo sapete, è stato sempre così e così sarà sempre; tutto va di male in peggio ma per noialtri, quelli d’una volta, essere coscienti di questo, e non essere come quegli zombi urbani che ci capita d’incrociare, è essenziale, non costa nulla, vero? Ed ecco perché, resti tra noi, suo figlio non ha le palle.
Ho sempre avuto il gusto per gli interni […]per le abitudini intime, per le convenzioni private, per il dettaglio delle case: una nuova casa da penetrare è sempre stata un’intima e piacevole scoperta. Sainte-Beuve 17. UN UOMO DOMESTICO L’uomo di Antico Regime è qualcuno che non esplode veramente, qualcuno che, con il sorriso all’angolo della bocca, ha scelto la piccola falsa coscienza di colui che crede di saperla più lunga adattandosi a essa. Egli respinge tutto ciò che non arriva a comprendere nelle due pattumiere concettuali di cui fa un uso estensivo e manifestamente difensivo: idiozia e barbarie. Egli crede che l’urbanità, il tatto, la gentilezza, la cortesia soprattutto e le buone maniere costituiscano un lascito a noi trasmesso e che ci sarebbe sufficiente conservare per preservarci dalla barbarie mercantile. Egli pratica un falso pathos della distanza che rinvia ciascuno alla propria sofferenza, pathos che non accresce la sua potenza ma che fa di lui un intoccabile in senso proprio. Incessantemente si aspetta il peggio, che non ha più neanche il bisogno di realizzarsi; infatti, egli desidera il peggio, non per sé stesso ma perché tutto sommato solo il peggio gli permette di sopravvivere nella sua posizione da semi- pensionato disilluso, minacciato com’è da quel possibile che cambia radicalmente la situazione e risiede sempre già lì, in sospensione, tra i corpi. Ma per liberare questo possibile egli dovrebbe scendere dal suo piedistallo, abbandonare un rapporto al mondo fatto di sospensione, interruzione e interiorizzazione, lasciare l’altare della razionalità sostanziale davanti la quale egli salmodia a più non posso, così come quei piccoli raffinati piaceri di cui si fa l’avvocato e che non sono altro che quelli della sottomissione vendicativa. 18. UN UOMO DI GUARDIA L’uomo di Antico Regime è la coscienza infelice del nostro tempo, che ha finito per amare la propria infelicità, che persino se ne compiace e se ne nutre. Se è così pronto a brandire la clava “alienazione” per squalificare ogni gesto minimamente estatico, è proprio perché è mortalmente stizzito da quando l’evento sorge; perché quest’ultimo lo rinvia alla propria solitudine solipsista, al suo modo di vivere d’anticamera, contemplativo e arcigno. E’ interessante notare che l’uomo di Antico Regime riprende la maggior parte dei concetti della vecchia teoria critica nel preciso momento in cui questi cessano di essere operativi, ma prova sempre una certa vergogna per quello della separazione. In effetti, egli non arriva ad afferrare la concomitanza dell’estrema separazione e dell’estremo scioglimento fusionale dei Bloom nello spettacolo del divertimento sociale, poiché la separazione è precisamente la cifra della sua inconfessabile solidarietà con il Bloom, l’angolo morto della sua coscienza di sé tuttavia così ricercata. Nello stesso modo la sua opposizione alla mobilitazione pro-trasparenza da parte del Capitale informatico o
all’infame elogio della confessione come valore in sé, viene fatta per motivi reattivi: l’uomo di Antico Regime invoca il segreto unicamente come feticcio e non lo pratica in un’opacità veramente antisociale, poiché egli è incapace di arrivare alla minima condivisione e d’interrompere la sua sospensione culturalmente acquisita. Uomo della moderazione esistenziale, egli mette al lavoro la propria isteria da ritenzione. E’ l’immagine perfetta del vittoriano di tipo anale; si mantiene lucido, lui. Ma a che pro? 19. L’USO ATTESTATO L’uomo di Antico Regime agisce e si vive nell’ottica fantasmatica della posterità, in ciò conforme alla figura d’una sovranità semplicemente letteraria. Se egli ha sempre- già compreso tutto e previsto tutto, sembrandogli tutto già stato fatto o tentato, è solo perché lui è sempre-già compreso nel piccolo cerchio della ragione delle sue rinunce: da ciò la sua attività è principalmente d’ordine linguistico; la teoria critica diviene in lui analisi del linguaggio d’una società prontamente qualificata come totalitaria, trincerandosi del tutto in un atteggiamento brontolone di altezzosa non- partecipazione. Gli basta mettere a distanza il mondo dichiarandolo nullo e non avvenuto per eccesso di volgarità. L’imperativo inconfessato resta qui il puritanesimo del buon uso (della lingua, degli affetti, degli oggetti, degli alimenti, dello spirito critico, in breve del suo “mestiere di uomo” in generale), dappertutto e in ogni occasione. In definitiva, ciò che l’uomo di Antico Regime compone non è che la teoria radicale del cittadino, alimentata artificialmente con enciclopedismo da XVIII secolo e con correzione ortografica. Ogni insorgenza d’una pratica offensiva si vedrà dunque accusare di deviazione d’uso, versione civilizzata della nozione poliziesca d’arma impropria. Al nostro “si può fare”, opporrà sempre il suo patetico “ma questo non si può fare!!??”. 20. STAI AL TUO POSTO, AMICO Nell’uomo di Antico Regime troviamo un rigetto assoluto della “mostruosità”, una denegazione feroce dell’improprietà in quanto tale, in breve: una motivazione di tutte le forme sottili di politica identitaria tautologica e infantile all’opera nella sua psicologia da salotto, e che Barthes a suo tempo aveva magistralmente stabilito a proposito della sola filosofia del buon senso poujadista: l’uomo di Antico Regime è anche, ma non in primo luogo, il piccolo-borghese bianco, maschio e acculturato, che ha paura di tutto poiché non è niente e non sa fare niente. Ciò che egli oppone al Biopotere è semplicemente una versione meno up-to-date della normalità, l’oblio dei corpi più della loro neutralizzazione. La menzogna dell’affermazione d’un sentimento non vacillante della realtà e della sua permanenza riposa su una fatale confusione tra il sentimento del decente affermato a casaccio (unicamente per reazione contro la massa fantasticata dell’indecente per eccellenza, la merce e il suo corollario culturale, il meticciato) e quello della vera sostanzialità come sedimentazione di possessioni successive, nel senso in cui gesti, atti, conflitti prendono possesso di noi rendendoci più densi (la qual cosa è tutto l’opposto della
pesantezza). La bella compiutezza che egli porta davanti a sé come uno stendardo proibisce ogni comunicazione con l’uomo di Antico Regime: vi ritroveremo il suo ideale della separazione compiuta che permette rapporti prevedibili e sicuri: tra persone di buona compagnia, non ci si tocca, vero!? Egli vive così con la paura paranoica che arrivi a esplodere la menzogna costitutiva d’una costruzione “stabile” del sé proiettata verso l’esterno in una pesantezza che impedisce ogni vera trasmissione d’esperienza. Come i suoi altri fantasmi, il suo manifesto paternalismo è assolutamente vuoto poiché non ha nulla da trasmettere, non possedendo alcuna vera competenza, alcun sapere-potere al di fuori della sua postura e delle sue referenze che gli permettono, ancora per qualche tempo, di potersi astenere dal mondo. Come conseguenza di ciò, l’uomo di Antico Regime vive in un universo chiuso dove non incontra mai altri che sé stesso e i suoi simili, dei sistemi di riferimento infelici e ambulanti il cui spazio di libertà si limita sempre più ad alcuni salotti, librerie e bancomat. E quando ha qualcosa di cui lamentarsi oltre al corso del mondo, egli ricorre alle autorità. E’ tutto un mondo compassato che trasuda dalla sua persona, quello che sta dietro le contraddizioni psicologiche che minavano il borghese classico del XIX secolo (ipocrisia, frustrazione, inesperienza, nevrosi, commedia sociale, odio dell’altro, avarizia, misoginia, narcisismo, fissazione anale, mediocrità, razzismo, pettegolezzo, terrore costante del ridicolo, dell’effusione oscena, autoritarismo sufficiente, culto dello “stile”; attenzione: lista non esaustiva!). 21. PESANTE, MA NON DENSO Tutta un’economia della nostalgia delle origini è all’opera nel suo discorso: l’originario fantasticato, perfino storicamente situato, avrebbe più valore dell’impuro, il tardivo, il composto, il finito, l’elemento intrinsecamente alienato nel quale evolviamo. L’uomo di Antico Regime vuole (o dichiara di volere, la qual cosa per lui è identica) una restaurazione (della presenza, del senso, del reale, del Padre, di Dio, del Re, della Repubblica, dell’uomo, dell’ordine, della separazione), in breve una restaurazione precisamente di quelle grandi narrazioni idealiste che a lungo hanno permesso di impedire massicciamente ogni atto di sovranità singolare o collettiva. Di conseguenza egli è quell’uomo pesante, gollista, paralitico, universalista per difetto e regionalista in virtù della guida Michelin, incapace di uscire dai meandri d’una politica del pieno, da una prassi indicizzata su pesanti macchine teleologiche (sicuramente, non costa nulla). Citazione: “Da bisbigliare nell’orecchio dei conservatori: il tempo scorre.”
22. POLITICA DELLE VIRGOLETTE Come tutti gli eredi, l’uomo di antico Regime fa un cattivo uso della nozione di maggioranza, poiché è questa che egli mobilita permanentemente contro la minima minaccia di eccesso o di straripamento, salvo alcune forme culturalmente ammesse (ebbrezza, sessualità, scissione e così via). La difesa dell’eredità (“Più nulla o quasi può essere giudicato, ormai, con il vocabolario e le parole d’un tempo. Andrebbero messe le virgolette a ogni parola, come se si usassero delle pinzette”) non è in sé una cattiva cosa, non più del senso storico di cui egli si vanta di essere l’ultimo proprietario. Se come tutti noi, egli arriva tardi, quando il mondo è vecchio e pesante di tutto il possibile non realizzato della storia, questa tardiva nascita acquista in lui un accento moralizzatore, una sfumatura stilizzata, un’estetica del sorriso all’angolo della bocca, un’etica della sottomissione velleitaria. Autorità e disciplina non si manifestano mai in lui che come repressione e non come vera padronanza di sé che implica l’abbandono. Certo, niente di più giusto della sua critica dello stato di minorità isterica nella quale si compiacciono coloro che sono stati socializzati dal capitalismo normalizzatore, ma tale critica non è nulla se non è praticata per così dire di continuo come accrescimento reale, quotidiano di potenza. Come mezzo di differenziazione e come alibi essa è non solo patetica ma autenticamente infantile. 23. CRITICA ED ESPRESSIONE
La postura di Antico Regime rileva da un pathos alleato a priori, non fosse altro che oggettivamente, del processo di normalizzazione che essa rifiuta, poiché non distingue mai il vero nemico, questa mostruosa coalescenza di dispositivi locali che regolano e restringono sempre più ciò che è materialmente possibile fare, e non se la prende che con alcune illusioni graziosamente messe a sua disposizione (la modernità, l’alienazione, il Capitale, la globalizzazione, lo Spettacolo ecc.). In verità risulta che la gratificazione sociale è tanto più elevata per ciò che si può dichiarare d’essere, fare o pensare, quanto più questa si concatena facilmente nei meccanismi mitici dell’individualità (sempre libera!) che reggono la pubblicità borghese, senza mai portare a qualche conseguenza. L’uomo di Antico Regime, che si richiama alla negatività, alla lotta per il riconoscimento, al desiderio, al male (in letteratura o altrove), alla colpevolezza o ancora al segreto, resta così di fatto il solo erede della pratica avanguardista, tuttavia da lui rifiutata, delle parole d’ordine. Egli predilige la sua confortevole “libertà d’espressione”, gustandone ampiamente le delizie dell’atteggiamento da “malpensante”, nel momento in cui, , tanto per ridere, si può incitare all’omicidio sui giornali mentre non è permesso fare neanche un passo di traverso nella metropolitana. La critica senza efficacia, vale a dire la capitalizzazione della coscienza, ha la sua origine nella libertà d’opinione, quel lusso che la borghesia s’è offerto, per arredare la noia delle sue domeniche pomeriggio e che, da occupazione per i più “svegli” dei suoi figli, in origine, è in procinto di diventare il fiore all’occhiello della nostra industria semiotica. Certo questa critica può essere utile localmente poiché in alcuni casi ben precisi la posizione dall’alto propria all’uomo di Antico Regime gli permette d’illuminare e di nominare i fenomeni di superficie che reggono l’attualità: tra cui, il perpetuo ricatto sentimentale, la festa come ideologia, la beneficenza come modo di controllo, il regno sinistro dei buoni sentimenti, la logica della apertura, la passione del riconoscimento indifferenziato come gestione delle folle, il moralismo puerile che mette in esame la totalità della Storia, per ri-naturalizzare, ri-animalizzare e poi giudiziarizzare l’esistenza umana. Ma cosa abbiamo a fronte di ciò? Nel nostro avveduto esperto dei fenomeni detti “di società” abbiamo il rimpianto della cara piccola irriducibile pepita dell’individualità e della sua cerimoniosa arte di vivere, così come la prospettiva d’una vita passata a farneticare, a cantare la stessa solfa del risentimento e della sostanzialità fasulla. 24. PRODUZIONE DI SOGGETTIVITA’ Difesa incondizionata, dunque, dell’individuo borghese contro l’indifferenziazione del Bloom, unilateralmente percepito come produzione sociale d’abbrutimento e di oscena de soggettivazione. Su questo punto capitale, l’uomo di Antico Regime tuttavia prende un abbaglio, poiché prende la propaganda spettacolare per oro colato proprio lì dove converrebbe non seguirla: in effetti è falso dire che il Bloom è una semplice produzione dello Spettacolo; ciò che effettivamente produce quest’ultimo è solo la maggior parte dei modi d’essere attuali del Bloom. E’ un grave errore strategico vedere il Bloom solo come produzione di nulla, non percepire che ciò che egli ha perduto, in effetti tanto, in maestria, in libertà, in spirito, in cultura, in
godimento “raffinato”, in stile, in esistenza classica per dire tutto. Perché egli ha anche guadagnato qualcosa: il campo di battaglia devastato dell’individualità, terreno di sperimentazione per tutti i tentativi d’assunzione del Bloom, dove tutti i frammenti d’esperienza passata, tutte le figure passate, potranno essere riprese e nuovamente recitate senza interpretare il ruolo d’imperativo morale inibitore. Si tratta dei processi di (de)soggettivazione felice, mentre quanto alla soggettivazione, essa irrancidisce ed è sempre infelice. 25. LA GUERRA DEL GUSTO Con l’uomo d’Antico Regime abbiamo a che fare innanzi tutto con una figura della sovranità ridotta: (ritornello) padronanza, buon gusto, giudizio critico, forsennata coscienza di sé, decenza, cortesia. L’uomo d’Antico Regime arriva ancora a godere di quella gioia dell’identità, dell’esaltazione del simile, della sua universalità, della sua natura umana, della sua raffinatezza. Infatti, è l’uomo del calcolo che parla, quello delle piccole strategie di differenziazione, di diffamazione, di conquista dell’opinione, strategie nulle poiché prendono posto nel seno dell’unico spazio di pubblicità appropriato alla sua forma-di-vita. La scelta fondamentale è penetrare (o no) in questo campo, e non ciò che vi si può dire (non vi si può fare nulla, in ogni caso). Conseguenza: variazioni all’infinito nella letteratura contemporanea del tema tocquevilliano dell’uomo liberale minato dalla nostalgia della grandezza d’un tempo, dal sentimento della perdita inesorabile dei benefici del passato. L’uomo di Antico Regime è così il soggetto economico perfetto: quello che, come per tutto, paga la propria esperienza, sia essa in denaro o attraverso la propria sottomissione effettiva all’ordine sociale. Una volta derubato da un marchettaro, da un “giovane”, o pestato per errore da un poliziotto, potrà scrivere tremolando nel suo Giornale dell’anno fino a che punto egli conduca una vita avventurosa, non conformista, e fino a che punto disprezzi il gregge social-democratico degli uomini in bermuda che si accontentano di consumare esperienze d’infimo valore, lamentandosi evidentemente che il corso sociale della civiltà sia caduto così in basso. 26. UN UOMO MATURO Affezionato alla pubblicità decente dell’era borghese, ostile a ogni momento di verità il cui durevole principio sarebbe la guerra civile, tutto il suo essere tende a naturalizzare la sua debolezza e la sua neutralità offensiva come modello indiscusso degli usi e delle relazioni intersoggettive: tutto ciò che è irriducibile all’umanismo borghese più abusato (momento di sovranità, sofferenza, vertigine, furto, violenza, tracimazione, rissa, rivolta, anonimato, isteria) verrà sottilmente censurato e reso insignificante al vaglio d’una decente attitudine di lucidità passiva. L’uomo di Antico Regime crede ai discorsi di verità inoffensivi, non ai dispositivi di verità territorializzati o alla criminalità muta, senza argomenti. Ritroviamo qui la nostra vecchia nemica, l’antica paura liberale della moltitudine, dell’informe, del margine, della dissoluzione, dell’estasi anonima.
27. BIG BROTHER Uno degli oggetti che restano all’uomo di Antico Regime per credere a una qualunque incidenza della sua pratica sul mondo è la retrologia, in particolare la speculazione paranoica del saltimbanco sugli arcani del potere; egli pensa di essere introdotto nel gioco (uno dei principali godimenti di quelli che non hanno nulla da temere è sapere di essere a conoscenza del segreto, di rabbrividire riguardo ai mezzi smisurati di cui dispone il dominio). Segno della sua infantile ammirazione per gli ingranaggi fantasticati d’un potere che si presume raccolto in qualche luogo segreto, in qualche ministero dell’Amore, degli Interni, della Pace o della Verità, ammirazione che si accompagna a un’eroica retorica dei grandi confronti strategici. Per esempio, nel caso specifico dell’analisi della repressione giudiziaria del movimento insurrezionale nell’Italia degli anni 70 e inizi 80, ciò ha dato vita al famoso teorema Calogero, dal nome del magistrato “antiterrorista”, il quale prendeva come “ipotesi di lavoro” che vi sarebbe stata una direzione unica non solo dei differenti gruppi armati, ma anche una manipolazione del Movimento o dell’ambiente autonomo da parte d’una testa pensante unica della sovversione, la famosa “O” o il mitico “Grande Vecchio”; la quale ipotesi servì a giustificare l’invenzione d’un nuovo delitto, quello della “responsabilità morale”. Possiamo soltanto stupirci nel vedere che questa passione triste dell’assegnazione e questa volontà di svelare delle responsabilità individuali, proprie a ogni concezione poliziesca della Storia, siano messe in opera in alcune analisi cosiddette “critiche”. Il punto di vista retrologico è ancora quello, idealista, della totalizzazione e della soggettività: esso esige lo strapiombo, lo sguardo penetrante dell’aquila al disopra del campo di battaglia. Allora non vi sono più fatti ma solamente intenzioni, manovre, illusioni, disinformazione; è ancora un modo di far sparire per incanto ciò che è realmente successo, poiché ciò che succede non sarebbe reale ma rileverebbe da una realtà superiore, da un retro-mondo che fonda il nostro come illusione e manipolazione. E, di passaggio, ci si potrà immaginare proficuamente nei panni del piccolo generale che manovra le sue truppe con la sola forza del pensiero.
28. IL PACCHETTO-VITA DEI DECLASSATI Non è la stabilità dichiarata d’una forma-di-vita ad essere qui in causa, è piuttosto la sua sterilità. L’uomo di Antico Regime è povero di mondo, per il fatto che la cattiva pienezza ch’egli s’è dato non autorizza concretamente alcuna esperienza storica che non sia lontana ed estremamente mediatizzata. La qual cosa non gli impedisce di capitalizzare il piccolo tessuto di aneddoti che forma la sua esistenza sotto il pomposo termine di esperienza di vita. Ciò che resta ai borghesi quando la borghesia è sparita, è l’ipocrisia come arte di vivere, come compensazione fantasmatica alla loro impotenza davanti le forze impersonali che reggono la loro vita. In fondo, sotto il pretesto d’una antropologia pessimista dagli accenti hobbesiani e della “lucidità” che vi si collega, questi Bloom che dispongono del pacchetto-vita dei ricchi sono muti per la paura, per questo terrore della violenza fisica, che è il vero motivo della loro critica. Sociologicamente, ritroveremo il piccolo proprietario senza denaro e l’intellettuale declassato che sognano di un tempo in cui la dominazione era così antiquata come loro stessi e che tremano davanti l’inafferrabile moltitudine, la quale finirà per avere la loro pelle. Come non intendere la materialità del senso fiduciario dietro le loro perorazioni sulla perdita dei valori? Temono per il loro tramonto? Hanno ragione. Tra l’intimo riconoscimento della guerra civile come totale fatto sociale, l’obbligo di vivere all’altezza di questa e l’odio che vi si porta, non v’è nulla fuorché tutte le operazioni di cattiva fede miranti a trasfigurare il terrore della violenza fisica in favoletta metafisica del tipo angoscia-senza-oggetto, a assolutizzare la critica eunuca degli eccessi procedurali di regolazione e di normalizzazione della violenza. In breve, tra etica della guerra civile e apologia dello Stato e del controllo, non c’è più nulla se non la solita palude di vane pretese, di spettacolo dell’estremismo e di cattiva fede viscerale, tipiche del nostro bel paese.
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