IMMACOLATA "QUE SOY ERA IMMACULADA COUNCEPCIOU" - Schede per l'approfondimento del "Tema Pastorale 2020" - Parrocchia di Bovolone
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IMMACOLATA “QUE SOY ERA IMMACULADA COUNCEPCIOU” Schede per l’approfondimento del “Tema Pastorale 2020”
IMMACOLATA “QUE SOY ERA IMMACULADA COUNCEPCIOU” Schede per l’approfondimento del “Tema Pastorale 2020”
QUE SOY ERA IMMACULADA COUNCEPCIOU Tema Pastorale di Lourdes 2019-2020 “Tutta bella sei tu, amata mia, e in te non c’è difetto” proclama l’amato del Cantico dei Cantici (Ct 4,7) e il Sal- mista esclama: “La figlia del Re è tutta splendore, gemme e tessuto d’oro è il suo vestito” (Sal 45,14). Questo si applica certamente a Maria sia perché Dio ha fatto cose grandi per lei (cfr. Lc 1,49), sia perché ella ha risposto con profonda costante generosità alla sua missione, senza alcuna ombra di male, tanto da essere proclamata madre nostra a mo- tivo del suo amore a Cristo e verso di noi (cfr. Gv 19,26). Maria contribuì fedelmente alla salvezza del popolo e di lei ben si può dire quanto la Bibbia attribuisce origina- riamente a Giuditta: “Tu sei la gloria di Gerusalemme, tu magnifico vanto d’Israele, tu splendido onore della nostra gente” (Gdt 15,9). Già 12 secoli fa il patriarca di Costantinopoli Germano estasiato davanti alla santità di Maria esclamava: “Salve, trono santo di Dio, tempio divino, casa di gloria, orna- mento di incomparabile bellezza, gioiello scelto, propizia- torio del mondo intero, cielo che canta la gloria di Dio. 3
Salve, vaso d’oro puro contenente il Cristo… O Ver- gine purissima, degna di ogni lode e di ogni omaggio…”. Una tale fede si basava e si basa sulle parole dell’arcan- gelo Gabriele: “Ave piena di grazia. Il Signore è con te” e su quelle di Elisabetta ispirata di Dio: “Benedetta tu fra le donne… Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto” (cfr. Lc 1,28; 42.45). Siamo lieti che il Santuario di Lourdes abbia scelto come tema dell’anno pastorale 2019-2020 quello de “L’Im- macolata”, così come Maria stessa si presentò alla giovane Bernadette nel marzo 1858, quattro anni dopo che il papa beato Pio IX aveva proclamato tale verità come dogma di fede. Sono state preparate quindi sei schede destinate ad aiutare tutti gli unitalsiani, e quanti altri vorranno utiliz- zarle, per meditare sul privilegio di Dio verso Maria e sul- la sua totale attiva adesione alla volontà di Dio. Le prime due tracciano i fondamenti teologici e le testimonianze li- turgiche. Nelle tre seguenti si guarda a Maria anche come modello da imitare nella chiamata universale alla santità e quindi al servizio e alla solidarietà, con una riflessione sulla possibilità di accogliere la sofferenza come mezzo di salvezza. Ognuno infatti può contribuire al regno di Dio, anche se malato o limitato da disabilità; il Signore vuole che tutti portiamo frutto ed egli valorizza anche un bicchiere d’acqua dato nel suo nome; in tutto ciò santa Bernadette ci è di esempio. Quindi con slancio giovanile segue una proposta per essere costantemente innovativi 4
nella nostra vita e nella stessa associazione, guardando al recente Sinodo per i giovani. Sono grato a tutti i collaboratori per aver elaborato queste schede. Esse sono frutto di intenso lavoro e sono poste nelle mani delle sezioni e sottosezioni, ma anche dei gruppi e delle singole persone, in sede, in casa e in pellegri- naggio. Offrono un arricchimento dottrinale e ispiratore nel cammino di vita cui siamo fortunatamente chiamati. Sosteniamoci a vicenda pregando la Vergine Immacolata.. Assistente nazionale UNITALSI 5
“Io sono”… l’Immacolata 1 concezione Don Pierangelo Muroni 1. La liturgia rivela la fede Contrariamente a quanto si possa pensare, non è il mese di Maggio il tempo mariano per eccellenza, ma l’Avvento, quando ogni sezione dell’Unitalsi celebra la sua giornata dell’adesione e l’inizio di un nuovo anno di fedeltà al servizio dei malati. Le “collette” dei giorni 17, 19, 20 e 23 dicembre, tutte di carattere mariano, ma so- prattutto l’inserimento della Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria l’8 dicembre, nel mezzo di questo Tempo liturgico, richiamano l’impor- tanza di Maria nell’economia salvifica di Dio, il quale ha «preservato la Vergine Maria da ogni macchia di peccato originale, perché, piena di grazia, diventasse degna Madre del tuo Figlio» (Prefazio della Solennità dell’Immacolata). L’orazione “colletta” della messa di quella festa ci aiuta a svelare il ruolo di Maria nel mistero di Dio-Trinità e il nostro essere Chiesa a immagine sua. Essa, inoltre, ci in- vita ad approfondire il tema di quest’anno pastorale che il santuario di Lourdes ci chiede di meditare. Lo fa attra- verso uno dei titoli e dogmi mariani più cari alla pietà po- 7
polare che, a quattro anni dal suo riconoscimento con la Bolla Ineffabilis Deus di Pio IX (8 dicembre 1854), ed esat- tamente nella sedicesima apparizione (25 marzo 1858, Fe- sta dell’Annunciazione), viene richiamato dalla Madonna stessa a Lourdes nella sua presentazione alla piccola Ber- nadette: «Io sono l’Immacolata Concezione». La colletta, che potrebbe essere anche l’orazione di ini- zio del nostro incontro di catechesi, ci fa pregare così: «O Padre, che nell’Immacolata Concezione della Vergine hai preparato una degna dimora per il tuo Figlio, e in previ- sione della morte di lui l’hai preservata da ogni macchia di peccato, concedi anche a noi, per sua intercessione, di venire incontro a te in santità e purezza di spirito». Come si può notare, l’orazione utilizza due termini (precisamente un sostantivo e un verbo) che ci svelano il mistero celebrato dalla Chiesa in questo giorno e che fanno riferimento a qualcosa che è “accaduto prima…”. Ma prima di che cosa? Prima che Cristo portasse a com- pimento la sua redenzione offrendo la sua vita sulla croce. Tali termini sono “pre-visione” e “pre-servata”. In “pre-visione” della morte redentiva del suo Figlio, infatti, Maria è stata concepita “immacolata”, ossia «nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, è stata preservata im- mune da ogni macchia di peccato originale» (Pio IX, Bol- la Ineffabilis Deus). 8
Proprio in virtù della sua particolare missione, ossia quella di divenire madre del Verbo purissimo, Dio scelse una dimora purissima che neanche il peccato originale potesse abitare, ma solo il Tre volte Santo. Per cui, non che Maria non avesse bisogno o non abbia goduto della redenzione operata dal suo Figlio, «Salvatore del genere umano» ma, proprio in virtù della sua eccezionale chia- mata, ne ha goduto “in anticipo”: è stata, in una parola, “pre-servata”, cioè “salvata per prima” tra i redenti, a preferenza di ogni altra creatura, e già in vista dei meriti del Figlio, unico Salvatore. Maria è anche immagine e prototipo dei salvati e modello della Chiesa vergine, san- ta, immacolata (la colletta sembra proporre, appunto, un parallelo, in quell’“anche”: «concedi anche a noi»). Cia- scuno di noi, perciò, è chiamato a diventare dimora pura e santa di Cristo, per accogliere la sua Parola e nutrirsi del suo corpo e del suo sangue perché, come ricorda San Paolo: «In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità, predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo» (Ef 1,4-5). Cerchiamo di declinare tutto questo in un aspetto par- ticolare della tematica di quest’anno, tratto dalle parole di Maria a Bernadette. Come in altre esperienze di appa- rizioni Mariane, infatti, anche quelle di Lourdes sono ca- ratterizzate da una “autopresentazione” di Maria: “Io sono l’Immacolata concezione”. 9
2. “Io sono colui che sono” Nella teofania di Dio sull’Oreb, Mosè rivolgendosi al Signore gli chiede di presentarsi: «Mosè disse a Dio: “Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: ‘Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi’. Mi diranno: ‘Qual è il suo nome?’. E io che cosa risponderò loro?”. Dio disse a Mosè: “Io sono colui che sono!”» (Es 3,13-14). Qui, piuttosto che dinanzi ad un nome di Dio, siamo dinanzi ad una affermazione di presenza e di eternità; Dio è colui che è, che è sempre stato sin dall’eternità e che sarà! Alfa e omega, principio e fine di ogni cosa, regna in eterno nell’unità della Trinità e nella rivelazione del Figlio nello Spirito. Ma alla rivelazione di Dio, chiamata “teo- fania”, segue una missione: Dio si rivela non come gesto di cortesia o come presentazione prevista da un “galateo” tutto divino, ma per creare una relazione con la sua crea- tura, l’uomo, per fargli conoscere il suo amore e perché a sua volta l’uomo stesso lo faccia conoscere e se ne renda testimone. Ecco, infatti, che dalla teofania di Dio nasce una missione: «Aggiunse: “Così dirai agli Israeliti: ‘Io-Sono mi ha mandato a voi’”. Dio disse ancora a Mosè: “Dirai agli Israeliti: ‘Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abra- mo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, mi ha mandato a voi’. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione”» (Es 3,14- 15). Mosè è prefigurazione di Cristo ma anche di ciascuno 10
di noi, chiamato a rivelare il Padre, facendo conoscere il suo nome nel mondo intero. L’obiettivo fondamentale del nostro stesso servizio, all’interno dell’Unitalsi, non è quel- lo di offrire un’assistenza infermieristica ai nostri fratelli ammalati, ma far conoscere il nome di Dio; quel nome che è sempre e che non passa e che resiste anche alle no- stre fragilità, stanchezze, insofferenze, incostanze, infer- mità di ogni tipo e che si declina con il termine “amore”; esso mostra apprezzamento e dignità anche per chi è più fragile fisicamente. 3. Cristo è l’“Io sono” del Padre Ricordiamo quanto scrive san Paolo: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna» (Gal 4,4). San Giovanni, nel Prologo del Vangelo, afferma che «il Verbo si fece carne e ha posto la sua tenda in mezzo a noi» (cfr. Gv 1,4). Ma sarà Gesù stesso che, rivolgendosi a Filippo dirà: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? » (Gv 14,9- 10). Gesù è, dunque, presenza, premura, passione, solle- citudine tutta paterna e materna, direbbe Giovanni Paolo I, di Dio nei nostri confronti. Gesù è l’“Io sono” del Padre in mezzo ai suoi, venuto «ad annunziare la buona novella ai poveri, a risanare i cuori affranti “medico di carne e di spirito”, mediatore tra Dio e gli uomini» Ma «come il 11
Cristo fu inviato dal Padre, così anch’egli ha inviato gli apostoli, ripieni di Spirito Santo» (Conc. Vaticano II, Sa- crosanctum concilium 5-6), cioè la sua Chiesa, ossia noi! Verità sublime! 4. L’“Io sono” di Maria a immagine dell’“Io sono” del Figlio Il santo papa Paolo VI, nel discorso al Santuario della Madonna di Bonaria, darà rilievo al rapporto tra Maria e il suo Figlio con queste parole: «Vogliamo essere cristiani, cioè imitatori di Cristo? Guardiamo a Maria; ella è la figu- ra più perfetta della somiglianza a Cristo. Ella è il “tipo”. Ella è l’immagine che meglio d’ogni altra rispecchia il Si- gnore; è, come dice il Concilio, “l’eccellentissimo modello nella fede e nella carità”». Maria, nella sua autopresentazione a Lourdes, rivela non tanto la sua identità, quanto la sua missione ricevuta dal Padre: essere grembo puro, libero, sgombro da qual- siasi traccia di peccato, ricco della presenza di Dio. Maria distende sulla terra l’“Io sono” di Dio, ossia la presenza attuale, continua, mai latitante di Dio in mezzo al suo po- polo. Questo lo vediamo proprio nella visita alla cugina Elisabetta dove, scrive san Luca: «Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grem- bo» (Lc 1,41). Il saluto di Maria diventa il saluto di Dio. Giovanni Battista, infatti, sussulta esultante nel grembo di Elisabetta non per l’arrivo o la presenza di Maria, ma per la 12
presenza e la visita del Verbo di Dio nella sua casa. Cristo non è un Dio immobile, ma raggiunge l’uomo ovunque egli si trovi per essere l’Emmanuele, il “Dio con noi”. L’“Io sono” di Dio che si fa presenza lì dove l’uomo si trova e at- traverso l’uomo, soprattutto nelle periferie esistenziali più periferiche per portare un sussulto alla vita di ciascuno, per muoverci dall’apatia e dall’immobilismo anche spiri- tuali e ridarci vitalità con la consapevolezza che Dio è con noi. Anche i nostri soci ammalati o portatori di qualche disabilità sono investiti da tale grazia. Maria è chiamata, dunque, non solo a prestare la sua esistenza al Padre per l’incarnazione del Figlio; la richiesta di Dio è totalizzante: essere grembo per essere presenza costante e fedele del Figlio dal momento in cui lo Spirito Santo scende su di lei. 5. La Chiesa immagine dell’“Io sono” di Maria Alcuni Padri o autori cristiani, come Agostino, Am- brogio o Isacco della Stella, ci dicono che chi vede Maria vede la Chiesa e chi vede la Chiesa scorge in essa l’immagi- ne di Maria, in un rapporto tipologico. Paolo VI, il 21 no- vembre 1964, lo stesso giorno della promulgazione della Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, du- rante il discorso di chiusura del terzo periodo conciliare, assegnerà solennemente e ufficialmente a Maria il titolo di Mater Ecclesiae. Alla Chiesa, infatti, sono riconosciuti gli stessi attributi di Maria. Maria, dunque, è “tipo”, cioè 13
“figura” della Chiesa, mutuando il termine da Sant’Am- brogio, il quale si esprime così nel commento all’Annun- ciazione: «Sì, ella (Maria) è fidanzata, ma vergine, perché è tipo della Chiesa, che è immacolata, ma è sposa: vergine ci concepì dallo Spirito, vergine ci partorì senza dolore». Ma- ria è, dunque, figura della Chiesa e viceversa, per la santità immacolata, la verginità, la sponsalità e la maternità. Nei testi paolini e giovannei vediamo come la vita nuo- va scaturita dal battesimo non tollera il peccato. La Chiesa, dunque, per rimanere nel nostro tema, viene vista come l’“immacolata”, senza macchia e senza rughe. Tuttavia sia san Paolo che san Giovanni dichiarano, con senso di reali- smo, la concreta possibilità del peccato anche nella comu- nità dei battezzati. L’eventualità del peccato e l’opportunità del perdono sono calate dentro un percorso di conversione che nasce dalla consapevolezza di essere in una dimensione storico-escatologica caratterizzata dal “già ma non ancora”, ovvero dall’attesa della pienezza, nella consapevolezza che fino a quando lo Spirito non porterà a compimento la sua opera, la Chiesa sarà in cammino. Se Maria, perciò, è l’immagine dell’“Io sono” di Dio, anche la Chiesa è chiamata ad esserlo, diventando il pro- lungamento, l’immagine dell’“Io sono” di Maria purifi- cando tutto ciò che rende sporca e sbiadita l’immagine di Dio impressa nei suoi battezzati, giovani o anziani che siano. È la chiamata universale alla santità (cfr. Lumen gentium, cap. V). 14
L’Unitalsi stessa è chiamata ad essere presenza di Dio nella Chiesa, nella società, nel mondo intero. Presenza non chiassosa o autoreferenziale, ma eloquente e “cristia- na”, ossia appartenente al Cristo e perciò “cristofora”, os- sia che lo contiene e ne offre la presenza ai fratelli e sorelle che le sono affidati. Una presenza pura, “immacolata” da qualsiasi personalismo o da qualsiasi comportamento o stile che non abbia sapore evangelico e nasconda il ranci- do del peccato dell’uomo e del suo perseverare nel male. È una vocazione, quella dell’Unitalsi, che assorbe l’in- tera esistenza, lo stile di vivere il vangelo e la sua incar- nazione nel quotidiano soprattutto nei confronti di quelli che, a loro volta, sono presenza di Dio nella nostra vita, ossia gli ammalati, e non un passatempo che chiama in causa solo qualche ora o giorno dell’anno. La maggioranza di noi non ricorderà il giorno del pro- prio battesimo, perché battezzati da neonati, ma uno dei gesti esplicativi del rito è proprio la consegna della veste bianca, accompagnata da queste parole: «Sei diventa- to nuova creatura, e ti sei rivestito di Cristo. Questa ve- ste bianca sia segno della tua nuova dignità: aiutato dalle parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza macchia per la vita eterna». Così come Maria è stata pensata da Dio sin dall’eternità per essere la Madre del Verbo e come Dio stesso l’ha preparata ad essere sua dimora immacolata adombrandola con il suo Spirito, così il cristiano è stato adombrato dallo Spirito di Dio nel battesimo per divenir- 15
ne sua stabile dimora, suo tempio vivente. Un tempio che, in virtù dell’ospite che lo abita e della nuova dignità di figlio di Dio, è chiamato a tenere sempre pulito e lontano da qualsiasi attacco del male che possa in qualche modo sporcare quella dimora nel suo corpo e nel suo spirito, sino all’incontro definitivo con Colui che tutto monda, purifica e tutto ricapitola in sé. È interessante notare come Maria, in tutte le sue appa- rizioni a Lourdes, si rivolga a Bernadette con l’unico idio- ma a lei noto, ossia il dialetto guascone. Anche in occa- sione della sua “autopresentazione”, “la signora” le rivelò testualmente: “Que soy era Immaculada Councepciou”. In tutte le apparizioni mariane, la Vergine si rivolge ai veg- genti da Lei prescelti nella loro lingua, all’interno della loro storia, cultura e tradizione. Questo diventa non solo un modo per farsi capire da parte degli interlocutori, che non parlano in latino, greco o aramaico, ma diventa un mandato: “Così come ho fatto io, fate anche voi! Seguite il Signore, siategli fedeli, testimoniatelo con la purezza del cuore nella vostra vita, fatelo conoscere agli altri innanzi- tutto con la vostra testimonianza perché questo è possibile anche a voi ed è richiesto anche a voi, in quanto battezza- ti”. Accogliere e vivere la propria fede nella stessa purez- za e cristallinità con le quali il Vangelo ce la consegna, la Tradizione della Chiesa ce la tramanda e il sensus fidelium la accoglie e traduce nel quotidiano. 16
DOMANDE PER LA RIFLESSIONE 1. Sperimento la presenza di Dio nella mia vita? 2. Quali sono le vie che percorro per ricercare Dio nella mia esistenza? 3. Sono consapevole che la fede deve diventare non un tesoro geloso, ma una testimonianza da donare agli altri nella maniera più pulita, bella e immacolata posssibile? Una missione per portare a tutti la verità e la bellezza della fede che esaudisce le nostre attese in ciò che queste hanno di più puro? 4. Mi rendo conto che quella dell’Unitalsi è una vocazio- ne, ossia l’essere l’“Io sono” di Dio in mezzo ai malati e ai poveri, e non un hobby o passatempo? 5. Cosa vuol dire per me imitare Maria in uno dei suoi titoli più sublimi, ossia l’“Immacolata concezione”? 17
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L’Immacolata e la nostra 2 purificazione Mons. Felice di Molfetta, vescovo 1. L’Immacolata concezione, mistero di grazia, di luce, di santità Quel giovedì del 25 marzo 1858 l’oscura grotta di Mas- sabielle, simbolo di questo mondo immerso nelle tene- bre del male, si rischiara di luce divina nello splendore di Colei che a Bernadette si presenta nel dialetto pirenaico in questo modo: Que soy era immaculada councepciou, espressione questa che racchiude in sé un abisso inaudito di mistero cantato dalla liturgia con lirici accenti di lode e di stupita benedizione al Padre, eterno e sommo Dio: “Tu hai preservata la beata vergine Maria da ogni macchia di peccato originale, per fare di lei, colmata di grazia la degna Madre del tuo Figlio e segnare l’inizio della Chiesa sposa di Cristo senza macchia e senza ruga, splendente di bellezza. Da lei vergine purissima doveva nascere il tuo Figlio agnello innocente che toglie i nostri peccati 19
e sopra ogni altra creatura la predestinavi per il tuo popolo sublime modello di santità e avvocata di grazia”. In questa orante narrazione teologica, Maria viene cantata come l’unica creatura concepita senza la macchia del peccato originale ma anche l’unica irripetibile del suo essere incontaminata in un mondo in cui tutti gli esseri umani portano il segno umiliante del male. Il peccato ori- ginale infatti è la contraddizione che mina il profondo del nostro essere; pur chiamati al dialogo d’amore con Dio, c’è in noi qualcosa di oscuro e di ribelle che ci spinge a rifiutarlo, facendo di noi stessi il termine di ogni amore. Maria invece, creatura eletta, ebbe il privilegio unico di essere esente da questa perversione del desiderio, per- ché Ella è sola grazia, luce e santità. Nondimeno a tutti noi Bernadette è da Lourdes luminosa eco e trasparenza dell’Immacolata, nella quale risplende quell’innocenza battesimale che andò sempre più intensificandosi nel cor- so della sua vita. 2. Penitenza! Penitenza! Penitenza!: biblico appello alla conversione La rivelazione a Bernadette da parte di Maria del suo immacolato concepimento è preceduta il 24 febbraio 1858 giorno dell’ottava apparizione dall’impellente invito evan- gelico Penitenza! Penitenza! Penitenza! È il biblico appello 20
alla conversione (cfr. Mt 3,2). Si tratta cioè dell’invito a lasciare una vita di peccato, rivolto a tutti, e decidersi per una vita nuova sulla via del ritorno a Dio. La Vergine san- ta, mentre ci ripropone il pressante invito del Figlio suo alla metanoia, indica a Bernadette alcuni gesti concreti, pieni di significato biblico: “andate a baciare la terra in se- gno di penitenza per la conversione dei peccatori”; “andate a bere alla fontana e a lavarvi”; “mangerete di quell’erba che c’è là” cui si aggiunge: “pregherete Dio per i peccatori”. Per chi conosce l’antica prassi penitenziale in vista del- la riconciliazione con Dio e con la Chiesa, essa è model- lata su preghiera e penitenza attraverso le loro specifiche modalità rituali e gestuali; il tutto, sempre nel pieno coin- volgimento orante della comunità credente. Se vivida era la coscienza del peccato nell’animo dei fedeli e del ricorso al sacramento della penitenza in vista della riconciliazio- ne,si deve però notare che negli ultimi decenni, una serie di inchieste hanno rilevato la diffusa disaffezione verso la confessione e verso la concezione stessa del peccato. È in crisi proprio il concetto di peccato! In verità det- ta crisi è riscontrabile sin dall’epoca apostolica, quando la chiesa nascente dovette aprire gli occhi sul fatto che dopo il battesimo restava in coloro che venivano chiamati “santi” la possibilità di peccare, e di peccati che conduco- no alla morte (cfr.1Gv 5,14). L’Immacolata ci offre in tal senso la giusta coscienza del peccato come autosufficienza autarchica dell’uomo, autonomia dalla volontà di Dio, ri- 21
fiuto della verità e chiusura egocentrica. Nella profondità della notte del peccato il Risorto però offre alla Chiesa, nel vespro della sua Pasqua, il dono della remissione dei peccati mediante l’azione dello Spirito. Se non siamo per- fetti, possiamo però trovare misericordia, e Lourdes è un forte appello alla conversione e a riconoscere la bontà del Signore. 3. Il sacramento della riconciliazione: alito del Risorto L’innegabile calo della frequenza al sacramento della penitenza esige pertanto la sua riscoperta per avvertire la gioia del perdono di Dio che precede e suscita la coscienza del peccato. E se il peccato è sempre allontanamento da Dio, fonte della vita e della pace, il perdono da lui con- cesso attraverso la mediazione del ministro, è palingenesi ossia nuova creazione, metamorfosi, dono di una nuova identità che solo lo Spirito può restituire all’uomo sfigu- rato dal peccato. Lasciamoci allora riconciliare, per essere guariti, ben consapevoli che il peccato è una vera malattia che ci rende incapaci di metterci in relazione con noi stes- si, con le cose, con gli altri e con Dio. È del sacramento, in- vece, secondo il disegno del Risorto, riaccendere nel pec- catore l’amore di Dio e riannodare la piena comunione con Lui; sì, perché il Signore non abbandona il peccatore alle sue ferite mortali; in quanto pastore e medico egli si prende cura delle pecore inferme. Ricordiamo altresì che se la Chiesa guarisce dai peccati, è lo Spirito che guari- 22
sce; e se la Chiesa santifica è ancora lo Spirito creatore che santifica e risana, detergendo ogni bruttura presente nel corpo, tempio vivo della gloria di Dio. Propongo infine, a mo’ di sintesi, una bella orazione di assoluzione data dal vescovo nel rito di riconciliazione dei penitenti, presente in un’antica fonte liturgica, il Sacra- mentario Gelasiano: “La tua mano guarisca le loro ferite, perché il corpo della Chiesa non resti privo di nessuno dei suoi membri; il tuo gregge Signore, non sia disperso, il nemico non goda della rovina della tua famiglia, e la morte eterna non abbia mai il sopravvento sui nati a vita nuova nel battesimo. A te salga, Signore, la nostra supplica, a te il pianto del no- stro cuore; perdona i peccatori pentiti, perché dai sentieri dell’errore ritornino alle vie della giustizia e guariti dalle ferite del peccato, custodiscano integra e perfetta la grazia della nuova nascita nel battesimo e della riconciliazione nella penitenza” (GeV n. 358 – 359). È la gioiosa esperien- za di quella mano del sacerdote innalzata sul nostro capo quale effusione dello Spirito, alito del Risorto su di noi. 4. Dalla “bolla” del beato papa Pio IX “Ineffabilis Deus” È bene rileggere alcuni tratti del documento pontifi- cio che il giorno 8 dicembre 1854 dichiarò dogma di fede l’immacolata concezione di Maria: “Dio ineffabile… fin da principio e prima dei secoli scelse e preordinò al suo Figlio una madre, nella quale si sarebbe incarnato e dalla 23
quale poi, nella felice pienezza dei tempi, sarebbe nato; e, a preferenza di ogni altra creatura, la fece segno a tanto amore da compiacersi in lei sola con una singolarissima benevolenza… Così ella, sempre assolutamente libera da ogni macchia di peccato, tutta bella e perfetta, possiede una tale pienezza di innocenza e di santità… A onore del- la santa e indivisibile Trinità, a decoro e ornamento della vergine Madre di Dio, a esaltazione della fede cattolica, e a incremento della religione cristiana, con l’autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei beati apostoli Pietro e Pa- olo e Nostra, dichiariamo, pronunziamo e definiamo: la dottrina che sostiene che la beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, è stata preservata im- mune da ogni macchia di peccato originale, è stata rivelata da Dio e perciò si deve credere fermamente e inviolabil- mente da tutti i fedeli…”. 5. Dal Concilio Vaticano II Il Concilio Vaticano II afferma: “Nessuna meraviglia se tra i Padri della Chiesa era invalso l’uso di chiamare la Madre di Dio la tutta santa e immune da ogni mac- chia di peccato, quasi plasmata e resa nuova creatura dal- lo Spirito Santo. Arricchita fin dal primo istante del suo concepimento dagli splendori di una santità particolare… a consentendo alla parola divina divenne Madre di Gesù 24
e aderendo con tutto l’animo e senza nessun ostacolo di peccato alla volontà salvifica di Dio votò totalmente se stessa… non fu strumento meramente passivo di Dio, ma cooperò alla salvezza dell’uomo con la libera fede e obbe- dienza…” (Lumen Gentium 56). In un altro testo prose- gue: “L’Immacolata Vergine, preservata immune da ogni macchia di colpa originale, compiuto il corso della vita terrena fu assunta alla gloria celeste in corpo e anima…” (ivi, 59). 25
DOMANDE PER LA RIFLESSIONE 1. Consideriamo Maria isolata o modello della Reden- zione? 2. Quale senso diamo al peccato originale, al battesimo, al peccato personale e sociale? 3. Colleghiamo pellegrinaggio e penitenza anche sacra- mentale? 4. Preghiamo per la nostra conversione e per i “peccatori”? 5. Consideriamo il valore redentivo dato da Cristo anche alla sofferenza e/o alla nostra fatica? 6. Lodiamo Dio per la bellezza donata a Maria Santis- sima? 26
Maria immacolata: 3 realizzazione del cristiano perfetto Don Giovanni Frigerio 1. Dinamismo cristocentrico San Giovanni Paolo II, nell’introdurre la Chiesa nel terzo millennio, ha lanciato un programma energico di grande respiro, che scaturisce dal cuore stesso del Vange- lo: “Duc in altum” (Prendi il largo: Lc 5,4). È un invito alla fede nella presenza di Dio e nella forza sul suo Amore che agisce nella storia. È un programma raccolto dal Vangelo e dalla viva Tradizione. Esso si incentra, in ultima analisi, in Cristo stesso. È Lui che ci invita a conoscere, amare, imitare, per vivere tramite Lui la vita trinitaria e trasfor- mare con Lui la storia fino al suo compimento nella Geru- salemme celeste (cfr. Novo Millennio Ineunte 29). Perciò il cammino del cristiano non è quello di apprendere da Gesù le cose che ha insegnato, quanto di imparare Lui. Papa Francesco nella Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium afferma: “Il grande rischio del mondo attuale, con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo, è una tristezza individualista che scaturisce da cuore co- modo e avaro, dalla ricerca malata dei piaceri superficiali, dalla coscienza isolata. Quando la vita interiore si chiude 27
nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita l’entusiasmo di fare il bene. Anche i credenti corrono que- sto rischio, certo e permanente. Molti vi cadono e si tra- sformano in persone risentite, scontente, senza vita. … Questo non è il desiderio di Dio per noi, questa non è la vita nello Spirito che sgorga dal cuore di Cristo ri- sorto. Invito ogni cristiano a rinnovare oggi stesso il suo incontro personale con Gesù Cristo o, almeno a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni giorno senza sosta, … perché nessuno è escluso dalla gioia portata dal Signore (così scriveva san Paolo VI in Gaudete in Domino 22). Chi rischia, il Signore non lo de- lude, e quando qualcuno fa un piccolo passo verso Gesù, scopre che Lui già aspettava il suo arrivo a braccia aperte” (EG 2-3). 2. Maria scuola di Dio: da Cana al Cenacolo Qual è la scuola che ci aiuta ad aprirci efficacemente a una conoscenza profonda e coinvolgente di Gesù? È Ma- ria! Il primo dei segni compiuti da Gesù – la trasformazio- ne dell’acqua in vino alle nozze di Cana – ci mostra Ma- ria appunto nella veste di Maestra, mentre esorta i servi a eseguire le disposizioni di Gesù (cfr. Gv 2,5). Possiamo immaginare con ragionevolezza che tale funzione Maria l’abbia svolta poi più ampiamente per i discepoli nel Ce- 28
nacolo dopo l’ascensione di Gesù; era con loro in un’at- tesa attiva della Pentecoste e della missione “al mondo intero”. Quanto avranno conversato insieme quei giorni nel Cenacolo su Gesù! Ora inviati anche noi a camminare sulle strade del Vangelo, facciamolo con Maria, mettendoci alla sua scuo- la! Una scuola che ci insegna a pronunciare ogni giorno il nostro “sì” alla volontà di Dio e ad aprire il nostro cuore al progetto d’amore del Padre. Solo allora potremo pene- trare le parole di Gesù, per comprenderne il messaggio e lasciarci trasformare in Lui. A tale proposito illuminanti sono le parole di san Paolo VI: “Se vogliamo essere cristia- ni, dobbiamo essere mariani, cioè dobbiamo riconoscere il rapporto essenziale, vitale, provvidenziale che unisce la Madonna a Gesù, e che apre a noi la via che a Lui condu- ce. Una duplice via: quella dell’esempio e quella dell’in- tercessione. Vogliamo essere cristiani, cioè imitatori di Cristo? Guardiamo a Maria; ella è la figura più perfetta della somiglianza a Cristo. Ella è il tipo. Ella è l’immagine che meglio di ogni altra rispecchia il Signore; è, come dice il Concilio, ‘l’eccellentissimo modello nella fede e nella ca- rità’ (LG 58)”. Ora nella vita di Maria noi scopriamo alcune attitudi- ni peculiari: la purezza di anima e di corpo per ricevere Dio; la vita intera spesa per magnificare, rendere grande il Signore; amore vissuto concretamente nella quotidianità fino al culmine di dare Gesù al mondo; lo stare in piedi di 29
fronte a ogni dolore trasformandolo in amore; la materni- tà che non ha confine, né di tempo né di spazio. A Lourdes santa Bernadette non solo ascoltò Maria ma cercò di seguirne l’esempio e qui possiamo imparare ancora. Bernadette coltivava nel suo cuore il desiderio di una relazione profonda con Cristo, espresso anzitutto dal- la aspirazione viva di essere ammessa alla Prima Comu- nione. Poi mostra la sua docilità: nella terza apparizione all’invito della bella Signora di Massabielle: “Volete farmi la grazia di venire qui per quindici giorni?”, Bernadette rispose con un assenso deciso: con tutta la sua libertà dice il suo “sì”, perché riconosce il dono di Dio ed entra in questo cammino e così apre il suo cuore all’Amore. In un tempo come il nostro, in cui si diffonde a macchia d’olio la scristianizzazione, è fondamentale che la fede nasca e si sviluppi per attrazione, per la testimonianza della no- stra vita. Pensiamo ai discepoli di Giovanni Battista. Alla domanda di Gesù: “Chi cercate?”, rispondono “Maestro, dove abiti?”. Gesù di rincalzo: “Venite e vedrete” (cfr. Gv 1,38-39). Bernadette tradusse tutto questo in una preghiera mol- to significativa: “Gesù, cresci, cresci in me, nel mio cuore, nella mia anima, la mia fantasia, i miei sensi, con la tua mo- destia, la tua purezza, la tua umiltà, il tuo zelo, il tuo amo- re. Cresci con la tua grazia, la tua luce, la tua pace; cresci malgrado la mia resistenza, il mio orgoglio; cresci fino alla pienezza dell’uomo perfetto, cresci come a Nazareth, da- 30
vanti a Dio e agli uomini, per la gloria di tuo Padre”. Infatti questa piccola donna aveva messo Maria nel suo cuore e ne aveva fatto la sua dimora sulla terra. “O Madre mia, è nel tuo cuore che depongo le angosce del mio cuore e attingo forza e coraggio” (Dal Ritiro del 1873). 3. Annunciazione Maria è coinvolta in prima persona nell’evento più straordinario e decisivo della storia dell’umanità – che così è trasformata in storia di salvezza –: l’incarnazione del divin Verbo. Con il suo “Eccomi” incondizionato alla volontà di Dio, Maria divenne quel tabernacolo vivente, che ha accolto il Figlio di Dio facendo così sorgere sulle tenebre dell’umanità il Sole di giustizia. Il Vangelo ce la presenta come una giovinetta che vive di Dio, in Dio, anzi vive Dio. Ella appartiene al Signore; a Lui ha consacrato la verginità; in Lui ha trovato la libertà. Il mistero della Incarnazione è divenuto in Maria un mistero di amore e di bellezza della purezza. Bernadette ha fatto propria questa chiamata quando “la bella Signora” le promise di renderla felice ma non della gioia di questo mondo di peccatori e di male – per questo dovrà seguire la strada comune ad ogni cristiano, i piccoli sentieri della fede – ma della felicità dell’altro, che è quello dei discepoli del Signore che lo seguono sul- la strada dell’amore. Dirà Bernadette: “Io sono più felice (beata) sul mio letto di malattia con stretto nelle mani il 31
mio Crocifisso, che una regina seduta sul suo trono”. Per- ché “basta amare”: l’amore è tutto. Maria ci insegna che anche noi dobbiamo corrispon- dere all’amore di Dio con il nostro amore. Ogni persona, dopo essere stata chiamata e illuminata da Dio, si deve impegnare con tutto il suo essere a fare la sua volontà, di- chiarandosi come Maria, la “serva del Signore”. Il “sì” di Maria richiama il “sì” di tutti i suoi figli. Per imitare Ma- ria, modello del cristiano perfetto, ci è chiesto perciò, di ripercorrere il tragitto dall’egoismo all’altruismo, dall’io a Dio. 4. Magnificat L’Immacolata fece proprio il messaggio del libro del Siracide: “Quanto più sei grande, tanto più fatti umile e troverai grazia davanti al Signore. Perché grande è la po- tenza del Signore, e dagli umili è glorificato” (Sir 3,18.20). Su questa umiltà germogliò la santità di Maria e l’ Amore si tradusse in servizio. Nell’incontro con Elisabetta fu pro- clamata la prima beatitudine del Vangelo, che riguardava Maria, ma anche tutti noi che la vogliamo seguire e imi- tare: “Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore” 1,45). Allora Maria, mossa dallo Spirito Santo, comunicò il segreto che custodiva nel suo cuore, cantando il Magni- ficat (Lc 1,46-55), che racchiude un triplice programma di trasformazione: uno morale, cioè Gesù compirà una 32
trasformazione radicale nei cuori; uno politico, per cui impianterà le strutture della società nuova fondata sui va- lori dello Spirito; uno sociale che riguarda gli sfruttati, gli affamati, gli schiavi ecc. che riceveranno la parte debita dei beni. È la rivoluzione della Croce. Infatti Maria è modello concreto per questo nuovo cammino: l’amore non è completo se non è concreto. Ella ci ricorda i nostri prossimi verso i quali abbiamo il debito dell’amore: sono tutti coloro con cui viviamo, coloro che incontriamo ogni giorno, i malati che accompagniamo … andiamo in fretta ad amarli! Non si tratta di dare qualcosa agli altri: dobbiamo dare la nostra persona, il nostro cuo- re. Noi proponiamo la civiltà dell’amore, tanto sognata da san Paolo VI e ognuno, anche il più ferito nel corpo, ha una sua dignità, poiché Dio ha fatto cose grandi per tutti i redenti da Cristo. 5. Amore – Croce L’amore di Maria che maternamente intercetta i biso- gni degli uomini si manifesta a Cana, dove Gesù diede ini- zio ai miracoli. Qui Maria ci dona il suo testamento mora- le: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela!” (Gv 2,5). L’ Immacolata si mostra a noi nelle vesti di Maestra e ci aiuta ad imparare suo Figlio. Si rivela la via più sicura ed efficace per arrivare a Gesù e per conformarci a Lui. A Lourdes incontriamo oltre Maria anche santa Bernadette, catechizzata da Ma- ria: accetta la sua missione, senza conoscere bene ciò cui è 33
chiamata e, come Abramo, si lasciò condurre nel mistero di salvezza degli uomini. “Io non sono nulla – diceva – e di questo nulla Gesù ha fatto una grande cosa. Sì, poiché in un certo senso io sono Dio, per la Santa Comunione: Gesù mi dona il suo cuore, io perciò sono cuore a cuore con Gesù, sposa di Gesù, amata da Gesù, sono un altro Gesù. Perciò amo sempre ciò che Gesù vuole, come Lui lo vuole … Non la mia volontà, mia cara Madre, ma la vostra, che è sempre quella di Gesù”. Uno sguardo dobbiamo darlo però all’apice della missione d’amore di Maria e ciò avvenne ai piedi della Croce: “Stavano presso la Croce di Gesù, sua Madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala” (Gv 19,25). Maria “stava”, stava ritta, stava in piedi. Ci suggerisce la dignità e la fortezza di Ma- ria nell’affrontare il dolore. È commovente pensare che Gesù ci ha regalato la Madre proprio nel momento supre- mo della manifestazione dell’amore. Alla luce di questa bellezza materna di Maria, il dolore diventa partecipazio- ne indispensabile alla redenzione, cioè quello che costitu- isce la dimensione più alta dell’amore. In questa prospet- tiva del dolore risolto in amore, è racchiuso il programma di vita per ogni persona che si fa figlio di questa Madre. Conclusione Maria, nei vari momenti della sua vita menzionati dal Vangelo, ci mostra la via per portare a maturazione la gra- zia battesimale: il suo modo di essere “santa e immacolata” 34
deve costituire il nostro modo di essere, non “immacolati” (poiché soltanto Maria lo è) ma “santificati” grazie al bat- tesimo che ci ha fatti santi in Cristo Gesù (cfr. 1Cor 1,2). Come la missione fondamentale di Maria è stata quella di dare Gesù al mondo, così a tutti noi cristiani è chiesto di ripetere tale missione vivendo ogni giorno il Vangelo. Come Bernadette, lasciamoci attirare da Maria, con- templiamo e ammiriamo in lei Immacolata il capolavo- ro di Dio. Sotto lo sguardo di Maria lasciamoci invadere dal profondo desiderio di crescere in santità. Ella ci guida alla conversione della vita. Lasciamoci dunque “volgere a ciò che è umile” (cfr. Rm 12,16) e allora lo Spirito Santo ci darà la grazia di essere persone semplici, vere, cristia- namente mature, dedite quindi a edificare la Chiesa con Maria, modello perfetto di ogni cristiano. 35
DOMANDE PER LA RIFLESSIONE 1. Come esprimo il mio amore verso la Madre di Dio? 2. L’esperienza di crescita nella fede di Maria, interroga la mia esperienza di fede a livello di vita personale, familiare, comunitaria, associativa? 3. Come Maria, l’incontro con Cristo e i fratelli, mi spro- na al servizio? 4. Come valorizzo la devozione mariana per un autenti- co cammino di santità? 5. In che mi ispira l’esempio di Bernadette Soubirous nel contesto di Lourdes e della chiamata universale alla santità? 36
Maria Immacolata, 4 la serva del Signore, ci chiama ad essere servi Don Gianni Toni 1. Maria e Lourdes Parlare di Maria è sempre un’avventura affascinante ed unica! Un dono che abbiamo per poterci arricchire ogni giorno nella nostra vita, riflettendo su come Lei è sta- ta privilegiata dal Signore e come, grazie a Lei, possiamo con la nostra vita tentare di avvicinarci a Cristo Salvatore. Attraverso la sua intercessione e guardando al suo esem- pio, potremmo anche noi avere ed essere riflesso di quella grazia di salvezza! Ogni credente che si mette in atteggia- mento di contemplazione di Maria non può non arrivare a comprendere quale grande dono ha voluto farci Gesù in persona, nell’ultima azione sul Calvario, affidando ognu- no di noi a Lei come figlio! Sì, perché ogni credente la trova “sua” in maniera stu- penda e nello stesso tempo si sente parte di un amore che milioni di credenti nel corso dei secoli hanno espresso, raccontato, cantato e pregato, pensando a questa Madre celeste, unica ed originale. Ogni racconto o descrizione di Lei è sempre un romanzo stupendo della Sua azione nei confronti dei figli! 37
È in questa luce che vogliamo dire qualche parola su ciò che ha colpito e colpisce quante e quanti si portano ogni anno in pellegrinaggio a Lourdes, posto unico al mondo. Là Lei è venuta per dare speranza e confortare, ma anche per ricordare ad ogni singolo credente, la gioia della promessa di una felicità che non avrà mai fine. Alla piccola veggente Bernardette Soubirous disse: “Non vi prometto che sarete felice in questo mondo ma nell’altro!” (o secondo altra versione: non la felicità di questo mondo ma quella dell’altro). Al riguardo mi piace riportare alcune frasi che ha scrit- to una innamorata della Vergine Maria; era inferma, ma non è mai mancata una volta al pellegrinaggio naziona- le: “Quando tornerò a casa i miei figli mi domanderanno che cos’è Lourdes, risponderò che Lourdes è un luogo che canta un commovente inno d’amore per Dio. È un luogo dove l’anima è sentita vivere nel corpo della nostra uma- nità. Con questo spirito e con questa premessa cercherò di parlare o meglio di aprire il mio cuore a lei, Immacolata, che ha risposto al piano di Dio con autentico spirito di servizio! Lourdes è un’alta cima da dove gli occhi della nostra fede possono ammirare l’infinito orizzonte dell’eternità… Dirò a tutti che è sognare ad occhi aperti di essere vicini all’uscio del paradiso, è toccare, con le mani stupite della ragione, dove il possibile nasce dalle viscere dell’impossi- bile…”. 38
2. Maria Immacolata modello di servizio Lourdes è un dono per ogni credente, perché è l’unico posto al mondo dove Lei, presentandosi il 25 marzo 1858, confermò al mondo la sua Immacolata Concezione. È su tale qualità di Maria che ci concentra quest’anno (2019-2020) il tema pastorale. La sua però non fu soltanto esenzione da opera di male ed anzi dalla stessa eredità del peccato originale, ma costan- te generosità d’amore, come ci testimoniano i Vangeli. Mi soffermerei un po’ anche sui testi detti “apocrifi”; non sono sempre esposti storici, ma con parafrasi espri- mono la fede e la visione dei fedeli, e in particolare poi il cosiddetto Protovangelo di Giacomo, il più antico, risa- lendo a verso il 150 d.C. Secondo tale testo, poi ripreso da vari altri, Maria si sarebbe recata al pozzo per attingere ac- qua, e innanzitutto lì sarebbe apparso l’Angelo. Sappiamo che a Nazareth i fratelli ortodossi animano la chiesa di San Gabriele, dove appunto si ritiene sia avvenuto tale prima apparizione. Per la Sacra Scrittura l’acqua è una benedi- zione (cfr. Gen 1,1-2; Is 44,3) ed essa sa generare la vita an- che in terra deserta, e si potrebbe intravvedere l’annuncio di una maternità da una vergine. Il pozzo è anche il luo- go dell’incontro, del dialogo. Gli ortodossi preferiscono sottolineare nell’acqua la trasparenza, la purezza, segno appunto di Maria “la tutta bella, la tutta pura” e infatti l’acqua è mezzo per il battesimo. 39
Dopo quel primo incontro, l’arcangelo apparve a Ma- ria nella sua abitazione, accostata a una grotta e proclamò: “Ave piena di grazia” facendosi portatore del messaggio divino di essere lei la donna prescelta per divenire Madre del Salvatore. Dopo il dialogo, che conosciamo dal Van- gelo secondo Luca, Maria si mise a totale disposizione del Signore: “Ecco la serva del Signore” (anzi il testo greco parlerebbe di “schiava” (doulé), termine che non aveva nulla di dispregiativo, ma asseriva la totale disponibilità). E Maria non si trattenne nella casa o a Nazareth, ma “si alzò e si mise in cammino verso la regione montuosa e raggiunse in fretta una città…”. La sua non era una spi- ritualità intimista, ma si pose subito a servizio di altri, di- venendo segno di fiducia e di speranza, compiendo quel “Primo viaggio apostolico” in una Chiesa che con lei stava nascendo. Questa immagine di Maria che cammina speditamen- te per le vie e i sentieri delle montagne d’Israele non è solo affascinante, ma esprime consapevolezza, decisione, co- raggio, solidarietà, gioia di un annuncio! Come non sof- fermarsi allora nel riflettere di quanta ricchezza teologica è piena quella frase che ha segnato e segna l’azione concre- ta del popolo di Dio nel suo agire (cfr. At 20,35): “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”?! Certamente ognuno che abbia esperienze di volontariato alle spalle apporrebbe la propria firma su quella frase. Infatti colui che accoglie un fratello o sorella è visitato da Dio e il rapporto di genero- 40
sità si rovescia. Vi sono tanti testi del Nuovo Testamento che ci invitano alla solidarietà attiva e la tradizione viva della Chiesa la testimonia e vivifica. L’Unitalsi trova qui la radice e la linfa che la sostengono e producono frutti nuovi. Tutti i volontari e le volontarie guardano a Maria come modello d’amore e a Lourdes come luogo privilegia- to della carità fraterna e rispettosa di tutti; altri Santuari integrano questo grande movimento di progresso per un mondo migliore. Anche gli ammalati, i disabili, gli anziani possono contribuire a questa dinamica di amore recipro- co, poiché pure l’offerta del giornata e la preghiera sono rese un valore dal Redentore, egli che sa premiare anche un semplice bicchier d’acqua dato nel suo nome. Verità che possono e devono diventare per ogni uni- talsiano/a un programma di vita da portare avanti non solo nei giorni di un pellegrinaggio – che ci riporta a vive- re quel tratto di stratta che va da Nazareth ad Ein Karim – ma tutte le strade che percorriamo ogni giorno per la vita in famiglia,per il lavoro, lo svago, la sofferenza, per incontri con i più feriti della società e nelle comunità ec- clesiali come nelle associazioni anche laiche. Guardiamo a Maria, perché ha portato agli uomini il calore di una presenza, la serenità di un sorriso, la luce e la bellezza della Grazia. Nelle crepe di questo mondo, dove il Male è ancora potente, riporterà la Speranza e ridonerà Fiducia! Il suo Magnificat è pieno di speranza per il mon- do intero, di generazione in generazione. 41
3. Formazione, preghiera Non possiamo vivere il nostro impegno di servizio se non sostenuti da un cammino educativo che deve “termi- nare” nel farci divenire uomini e donne che dopo esser di- venuti consapevoli di quello che intendono fare, operano con autentica decisione! La costanza è indispensabile, ma essa si sostiene se ci sono le motivazioni. Non possiamo essere persone che rin- viano l’impegno al “domani, dopo, si vedrà… si vedrà…”. Per fare il bene e farlo bene, ossia essere incisivi per i destinatari, occorre avere un cuore sensibile all’azione, una formazione e molta preghiera. La santa madre Tere- sa di Calcutta era una donna di prolungata preghiera e dalle sue Suore esigeva prima una preparazione spirituale e quindi una vita di preghiera per poi dedicarsi all’altro attraverso l’azione! Si tratta di agire con consapevolezza cristiana e non solo per pura filantropia! Le esigenze complesse di chi è malato, la varietà di cul- ture nelle famiglie, la situazioni diverse, la normativa esi- stente, ecc non permettono di limitarsi alla “buona volon- tà”; il servizio domanda appunto preparazione spirituale, culturale, tecnica.Per tale obiettivo molto possono fare le sezioni e sotto-sezioni, ma anche la ricerca personale e la collaborazione con esperti di altri ambiti, con parrocchie e diocesi. La tradizione cristiana è che Maria si sia formata nel tempio o almeno faceva parte di quelle “consacrate” che 42
pure l’ebraismo riconosceva; i Vangeli testimoniano che aveva larga conoscenza della Scrittura e contribuì alla for- mazione di Gesù. Maria racchiude in sé, con il suo agire, il modello di vita per ciascun credente e anticipa l’esempio del buon Samaritano. Lei che ha risposto alle attese di Dio è pronta a rispondere alle attese di tutti; così si preoccu- perà di salvare la vita di Gesù fuggendo verso l’Egitto; di ritrovarlo quando a dodici anni si fermò nel tempio; di salvare la gioia degli sposi a Cana, di verificare se il suo Gesù almeno mangiava… e di essere presso di lui sul Cal- vario e quindi con i discepoli nel Cenacolo. Un modello di fedeltà alla missione! Così dovrebbe essere l’agire di ogni sorella, barelliere, sacerdote nei giorni peculiari del pellegrinaggio! Cammi- no che va non solo vissuto ma preparato nella vita quo- tidiana di casa, nella professione, nella scuola per poter avere poi la “decisione” vera che darà frutti e farà com- prendere il servizio così come fece Bernadette: “La santa Vergine si è servita di me come fa una donna con la scopa per pulire la casa al mattino e poi la ripone al suo posto… ed io ne sono contenta e vi rimango”! Sono concetti difficili che ci portano a riflettere e me- ditare in profondità, per non cadere poi alla minima diffi- coltà e gettare, come si suol dire, “la spugna!”. Nota il Vangelo che Maria si mise in viaggio in fretta! Ecco il dinamismo della vita cristiana: un mistero in cam- mino sulle strade degli uomini, con fretta per comunicare 43
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