IMMACOLATA "QUE SOY ERA IMMACULADA COUNCEPCIOU" - Schede per l'approfondimento del "Tema Pastorale 2020" - Parrocchia di Bovolone

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IMMACOLATA "QUE SOY ERA IMMACULADA COUNCEPCIOU" - Schede per l'approfondimento del "Tema Pastorale 2020" - Parrocchia di Bovolone
IMMACOLATA
    “QUE SOY ERA
     IMMACULADA
   COUNCEPCIOU”

   Schede per l’approfondimento
      del “Tema Pastorale 2020”
IMMACOLATA "QUE SOY ERA IMMACULADA COUNCEPCIOU" - Schede per l'approfondimento del "Tema Pastorale 2020" - Parrocchia di Bovolone
IMMACOLATA
  “QUE SOY ERA
  IMMACULADA
 COUNCEPCIOU”

 Schede per l’approfondimento
   del “Tema Pastorale 2020”
QUE SOY ERA IMMACULADA
                        COUNCEPCIOU

              Tema Pastorale di Lourdes
                      2019-2020

    “Tutta bella sei tu, amata mia, e in te non c’è difetto”
proclama l’amato del Cantico dei Cantici (Ct 4,7) e il Sal-
mista esclama: “La figlia del Re è tutta splendore, gemme e
tessuto d’oro è il suo vestito” (Sal 45,14). Questo si applica
certamente a Maria sia perché Dio ha fatto cose grandi per
lei (cfr. Lc 1,49), sia perché ella ha risposto con profonda
costante generosità alla sua missione, senza alcuna ombra
di male, tanto da essere proclamata madre nostra a mo-
tivo del suo amore a Cristo e verso di noi (cfr. Gv 19,26).
Maria contribuì fedelmente alla salvezza del popolo e di
lei ben si può dire quanto la Bibbia attribuisce origina-
riamente a Giuditta: “Tu sei la gloria di Gerusalemme, tu
magnifico vanto d’Israele, tu splendido onore della nostra
gente” (Gdt 15,9).
    Già 12 secoli fa il patriarca di Costantinopoli Germano
estasiato davanti alla santità di Maria esclamava: “Salve,
trono santo di Dio, tempio divino, casa di gloria, orna-
mento di incomparabile bellezza, gioiello scelto, propizia-
torio del mondo intero, cielo che canta la gloria di Dio.

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Salve, vaso d’oro puro contenente il Cristo… O Ver-
gine purissima, degna di ogni lode e di ogni omaggio…”.
Una tale fede si basava e si basa sulle parole dell’arcan-
gelo Gabriele: “Ave piena di grazia. Il Signore è con te” e
su quelle di Elisabetta ispirata di Dio: “Benedetta tu fra le
donne… Beata colei che ha creduto nell’adempimento di
ciò che il Signore le ha detto” (cfr. Lc 1,28; 42.45).
    Siamo lieti che il Santuario di Lourdes abbia scelto
come tema dell’anno pastorale 2019-2020 quello de “L’Im-
macolata”, così come Maria stessa si presentò alla giovane
Bernadette nel marzo 1858, quattro anni dopo che il papa
beato Pio IX aveva proclamato tale verità come dogma di
fede. Sono state preparate quindi sei schede destinate ad
aiutare tutti gli unitalsiani, e quanti altri vorranno utiliz-
zarle, per meditare sul privilegio di Dio verso Maria e sul-
la sua totale attiva adesione alla volontà di Dio. Le prime
due tracciano i fondamenti teologici e le testimonianze li-
turgiche. Nelle tre seguenti si guarda a Maria anche come
modello da imitare nella chiamata universale alla santità
e quindi al servizio e alla solidarietà, con una riflessione
sulla possibilità di accogliere la sofferenza come mezzo
di salvezza. Ognuno infatti può contribuire al regno di
Dio, anche se malato o limitato da disabilità; il Signore
vuole che tutti portiamo frutto ed egli valorizza anche un
bicchiere d’acqua dato nel suo nome; in tutto ciò santa
Bernadette ci è di esempio. Quindi con slancio giovanile
segue una proposta per essere costantemente innovativi

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nella nostra vita e nella stessa associazione, guardando al
recente Sinodo per i giovani.
   Sono grato a tutti i collaboratori per aver elaborato
queste schede. Esse sono frutto di intenso lavoro e sono
poste nelle mani delle sezioni e sottosezioni, ma anche dei
gruppi e delle singole persone, in sede, in casa e in pellegri-
naggio. Offrono un arricchimento dottrinale e ispiratore
nel cammino di vita cui siamo fortunatamente chiamati.
Sosteniamoci a vicenda pregando la Vergine Immacolata..

                           Assistente nazionale UNITALSI

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“Io sono”… l’Immacolata                                          1
concezione
                                       Don Pierangelo Muroni

1. La liturgia rivela la fede
    Contrariamente a quanto si possa pensare, non è
il mese di Maggio il tempo mariano per eccellenza, ma
l’Avvento, quando ogni sezione dell’Unitalsi celebra la
sua giornata dell’adesione e l’inizio di un nuovo anno di
fedeltà al servizio dei malati. Le “collette” dei giorni 17,
19, 20 e 23 dicembre, tutte di carattere mariano, ma so-
prattutto l’inserimento della Solennità dell’Immacolata
Concezione della Beata Vergine Maria l’8 dicembre, nel
mezzo di questo Tempo liturgico, richiamano l’impor-
tanza di Maria nell’economia salvifica di Dio, il quale ha
«preservato la Vergine Maria da ogni macchia di peccato
originale, perché, piena di grazia, diventasse degna Madre
del tuo Figlio» (Prefazio della Solennità dell’Immacolata).
    L’orazione “colletta” della messa di quella festa ci aiuta
a svelare il ruolo di Maria nel mistero di Dio-Trinità e il
nostro essere Chiesa a immagine sua. Essa, inoltre, ci in-
vita ad approfondire il tema di quest’anno pastorale che
il santuario di Lourdes ci chiede di meditare. Lo fa attra-
verso uno dei titoli e dogmi mariani più cari alla pietà po-

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polare che, a quattro anni dal suo riconoscimento con la
Bolla Ineffabilis Deus di Pio IX (8 dicembre 1854), ed esat-
tamente nella sedicesima apparizione (25 marzo 1858, Fe-
sta dell’Annunciazione), viene richiamato dalla Madonna
stessa a Lourdes nella sua presentazione alla piccola Ber-
nadette: «Io sono l’Immacolata Concezione».
    La colletta, che potrebbe essere anche l’orazione di ini-
zio del nostro incontro di catechesi, ci fa pregare così: «O
Padre, che nell’Immacolata Concezione della Vergine hai
preparato una degna dimora per il tuo Figlio, e in previ-
sione della morte di lui l’hai preservata da ogni macchia
di peccato, concedi anche a noi, per sua intercessione, di
venire incontro a te in santità e purezza di spirito».
    Come si può notare, l’orazione utilizza due termini
(precisamente un sostantivo e un verbo) che ci svelano
il mistero celebrato dalla Chiesa in questo giorno e che
fanno riferimento a qualcosa che è “accaduto prima…”.
Ma prima di che cosa? Prima che Cristo portasse a com-
pimento la sua redenzione offrendo la sua vita sulla
croce. Tali termini sono “pre-visione” e “pre-servata”.
In “pre-visione” della morte redentiva del suo Figlio,
infatti, Maria è stata concepita “immacolata”, ossia «nel
primo istante della sua concezione, per singolare grazia e
privilegio di Dio onnipotente, in vista dei meriti di Gesù
Cristo, salvatore del genere umano, è stata preservata im-
mune da ogni macchia di peccato originale» (Pio IX, Bol-
la Ineffabilis Deus).

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Proprio in virtù della sua particolare missione, ossia
quella di divenire madre del Verbo purissimo, Dio scelse
una dimora purissima che neanche il peccato originale
potesse abitare, ma solo il Tre volte Santo. Per cui, non
che Maria non avesse bisogno o non abbia goduto della
redenzione operata dal suo Figlio, «Salvatore del genere
umano» ma, proprio in virtù della sua eccezionale chia-
mata, ne ha goduto “in anticipo”: è stata, in una parola,
“pre-servata”, cioè “salvata per prima” tra i redenti, a
preferenza di ogni altra creatura, e già in vista dei meriti
del Figlio, unico Salvatore. Maria è anche immagine e
prototipo dei salvati e modello della Chiesa vergine, san-
ta, immacolata (la colletta sembra proporre, appunto, un
parallelo, in quell’“anche”: «concedi anche a noi»). Cia-
scuno di noi, perciò, è chiamato a diventare dimora pura
e santa di Cristo, per accogliere la sua Parola e nutrirsi
del suo corpo e del suo sangue perché, come ricorda San
Paolo: «In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo
per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità,
predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante
Gesù Cristo» (Ef 1,4-5).
    Cerchiamo di declinare tutto questo in un aspetto par-
ticolare della tematica di quest’anno, tratto dalle parole
di Maria a Bernadette. Come in altre esperienze di appa-
rizioni Mariane, infatti, anche quelle di Lourdes sono ca-
ratterizzate da una “autopresentazione” di Maria: “Io sono
l’Immacolata concezione”.

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2. “Io sono colui che sono”
    Nella teofania di Dio sull’Oreb, Mosè rivolgendosi al
Signore gli chiede di presentarsi: «Mosè disse a Dio: “Ecco,
io vado dagli Israeliti e dico loro: ‘Il Dio dei vostri padri mi
ha mandato a voi’. Mi diranno: ‘Qual è il suo nome?’. E io
che cosa risponderò loro?”. Dio disse a Mosè: “Io sono colui
che sono!”» (Es 3,13-14).
    Qui, piuttosto che dinanzi ad un nome di Dio, siamo
dinanzi ad una affermazione di presenza e di eternità; Dio
è colui che è, che è sempre stato sin dall’eternità e che
sarà! Alfa e omega, principio e fine di ogni cosa, regna in
eterno nell’unità della Trinità e nella rivelazione del Figlio
nello Spirito. Ma alla rivelazione di Dio, chiamata “teo-
fania”, segue una missione: Dio si rivela non come gesto
di cortesia o come presentazione prevista da un “galateo”
tutto divino, ma per creare una relazione con la sua crea-
tura, l’uomo, per fargli conoscere il suo amore e perché a
sua volta l’uomo stesso lo faccia conoscere e se ne renda
testimone. Ecco, infatti, che dalla teofania di Dio nasce
una missione: «Aggiunse: “Così dirai agli Israeliti: ‘Io-Sono
mi ha mandato a voi’”. Dio disse ancora a Mosè: “Dirai
agli Israeliti: ‘Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abra-
mo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, mi ha mandato a voi’.
Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui
sarò ricordato di generazione in generazione”» (Es 3,14-
15). Mosè è prefigurazione di Cristo ma anche di ciascuno

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di noi, chiamato a rivelare il Padre, facendo conoscere il
suo nome nel mondo intero. L’obiettivo fondamentale del
nostro stesso servizio, all’interno dell’Unitalsi, non è quel-
lo di offrire un’assistenza infermieristica ai nostri fratelli
ammalati, ma far conoscere il nome di Dio; quel nome
che è sempre e che non passa e che resiste anche alle no-
stre fragilità, stanchezze, insofferenze, incostanze, infer-
mità di ogni tipo e che si declina con il termine “amore”;
esso mostra apprezzamento e dignità anche per chi è più
fragile fisicamente.

3. Cristo è l’“Io sono” del Padre
    Ricordiamo quanto scrive san Paolo: “Quando venne
la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da
donna» (Gal 4,4). San Giovanni, nel Prologo del Vangelo,
afferma che «il Verbo si fece carne e ha posto la sua tenda
in mezzo a noi» (cfr. Gv 1,4). Ma sarà Gesù stesso che,
rivolgendosi a Filippo dirà: «Da tanto tempo sono con voi
e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha
visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non
credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? » (Gv 14,9-
10). Gesù è, dunque, presenza, premura, passione, solle-
citudine tutta paterna e materna, direbbe Giovanni Paolo
I, di Dio nei nostri confronti. Gesù è l’“Io sono” del Padre
in mezzo ai suoi, venuto «ad annunziare la buona novella
ai poveri, a risanare i cuori affranti “medico di carne e
di spirito”, mediatore tra Dio e gli uomini» Ma «come il

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Cristo fu inviato dal Padre, così anch’egli ha inviato gli
apostoli, ripieni di Spirito Santo» (Conc. Vaticano II, Sa-
crosanctum concilium 5-6), cioè la sua Chiesa, ossia noi!
Verità sublime!

4. L’“Io sono” di Maria a immagine dell’“Io sono” del
   Figlio
    Il santo papa Paolo VI, nel discorso al Santuario della
Madonna di Bonaria, darà rilievo al rapporto tra Maria e
il suo Figlio con queste parole: «Vogliamo essere cristiani,
cioè imitatori di Cristo? Guardiamo a Maria; ella è la figu-
ra più perfetta della somiglianza a Cristo. Ella è il “tipo”.
Ella è l’immagine che meglio d’ogni altra rispecchia il Si-
gnore; è, come dice il Concilio, “l’eccellentissimo modello
nella fede e nella carità”».
    Maria, nella sua autopresentazione a Lourdes, rivela
non tanto la sua identità, quanto la sua missione ricevuta
dal Padre: essere grembo puro, libero, sgombro da qual-
siasi traccia di peccato, ricco della presenza di Dio. Maria
distende sulla terra l’“Io sono” di Dio, ossia la presenza
attuale, continua, mai latitante di Dio in mezzo al suo po-
polo. Questo lo vediamo proprio nella visita alla cugina
Elisabetta dove, scrive san Luca: «Appena Elisabetta ebbe
udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grem-
bo» (Lc 1,41). Il saluto di Maria diventa il saluto di Dio.
Giovanni Battista, infatti, sussulta esultante nel grembo di
Elisabetta non per l’arrivo o la presenza di Maria, ma per la

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presenza e la visita del Verbo di Dio nella sua casa. Cristo
non è un Dio immobile, ma raggiunge l’uomo ovunque
egli si trovi per essere l’Emmanuele, il “Dio con noi”. L’“Io
sono” di Dio che si fa presenza lì dove l’uomo si trova e at-
traverso l’uomo, soprattutto nelle periferie esistenziali più
periferiche per portare un sussulto alla vita di ciascuno,
per muoverci dall’apatia e dall’immobilismo anche spiri-
tuali e ridarci vitalità con la consapevolezza che Dio è con
noi. Anche i nostri soci ammalati o portatori di qualche
disabilità sono investiti da tale grazia.
    Maria è chiamata, dunque, non solo a prestare la sua
esistenza al Padre per l’incarnazione del Figlio; la richiesta
di Dio è totalizzante: essere grembo per essere presenza
costante e fedele del Figlio dal momento in cui lo Spirito
Santo scende su di lei.

5. La Chiesa immagine dell’“Io sono” di Maria
    Alcuni Padri o autori cristiani, come Agostino, Am-
brogio o Isacco della Stella, ci dicono che chi vede Maria
vede la Chiesa e chi vede la Chiesa scorge in essa l’immagi-
ne di Maria, in un rapporto tipologico. Paolo VI, il 21 no-
vembre 1964, lo stesso giorno della promulgazione della
Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium, du-
rante il discorso di chiusura del terzo periodo conciliare,
assegnerà solennemente e ufficialmente a Maria il titolo
di Mater Ecclesiae. Alla Chiesa, infatti, sono riconosciuti
gli stessi attributi di Maria. Maria, dunque, è “tipo”, cioè

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“figura” della Chiesa, mutuando il termine da Sant’Am-
brogio, il quale si esprime così nel commento all’Annun-
ciazione: «Sì, ella (Maria) è fidanzata, ma vergine, perché è
tipo della Chiesa, che è immacolata, ma è sposa: vergine ci
concepì dallo Spirito, vergine ci partorì senza dolore». Ma-
ria è, dunque, figura della Chiesa e viceversa, per la santità
immacolata, la verginità, la sponsalità e la maternità.
    Nei testi paolini e giovannei vediamo come la vita nuo-
va scaturita dal battesimo non tollera il peccato. La Chiesa,
dunque, per rimanere nel nostro tema, viene vista come
l’“immacolata”, senza macchia e senza rughe. Tuttavia sia
san Paolo che san Giovanni dichiarano, con senso di reali-
smo, la concreta possibilità del peccato anche nella comu-
nità dei battezzati. L’eventualità del peccato e l’opportunità
del perdono sono calate dentro un percorso di conversione
che nasce dalla consapevolezza di essere in una dimensione
storico-escatologica caratterizzata dal “già ma non ancora”,
ovvero dall’attesa della pienezza, nella consapevolezza che
fino a quando lo Spirito non porterà a compimento la sua
opera, la Chiesa sarà in cammino.
    Se Maria, perciò, è l’immagine dell’“Io sono” di Dio,
anche la Chiesa è chiamata ad esserlo, diventando il pro-
lungamento, l’immagine dell’“Io sono” di Maria purifi-
cando tutto ciò che rende sporca e sbiadita l’immagine
di Dio impressa nei suoi battezzati, giovani o anziani che
siano. È la chiamata universale alla santità (cfr. Lumen
gentium, cap. V).

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L’Unitalsi stessa è chiamata ad essere presenza di Dio
nella Chiesa, nella società, nel mondo intero. Presenza
non chiassosa o autoreferenziale, ma eloquente e “cristia-
na”, ossia appartenente al Cristo e perciò “cristofora”, os-
sia che lo contiene e ne offre la presenza ai fratelli e sorelle
che le sono affidati. Una presenza pura, “immacolata” da
qualsiasi personalismo o da qualsiasi comportamento o
stile che non abbia sapore evangelico e nasconda il ranci-
do del peccato dell’uomo e del suo perseverare nel male.
    È una vocazione, quella dell’Unitalsi, che assorbe l’in-
tera esistenza, lo stile di vivere il vangelo e la sua incar-
nazione nel quotidiano soprattutto nei confronti di quelli
che, a loro volta, sono presenza di Dio nella nostra vita,
ossia gli ammalati, e non un passatempo che chiama in
causa solo qualche ora o giorno dell’anno.
    La maggioranza di noi non ricorderà il giorno del pro-
prio battesimo, perché battezzati da neonati, ma uno dei
gesti esplicativi del rito è proprio la consegna della veste
bianca, accompagnata da queste parole: «Sei diventa-
to nuova creatura, e ti sei rivestito di Cristo. Questa ve-
ste bianca sia segno della tua nuova dignità: aiutato dalle
parole e dall’esempio dei tuoi cari, portala senza macchia
per la vita eterna». Così come Maria è stata pensata da
Dio sin dall’eternità per essere la Madre del Verbo e come
Dio stesso l’ha preparata ad essere sua dimora immacolata
adombrandola con il suo Spirito, così il cristiano è stato
adombrato dallo Spirito di Dio nel battesimo per divenir-

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ne sua stabile dimora, suo tempio vivente. Un tempio che,
in virtù dell’ospite che lo abita e della nuova dignità di
figlio di Dio, è chiamato a tenere sempre pulito e lontano
da qualsiasi attacco del male che possa in qualche modo
sporcare quella dimora nel suo corpo e nel suo spirito,
sino all’incontro definitivo con Colui che tutto monda,
purifica e tutto ricapitola in sé.

    È interessante notare come Maria, in tutte le sue appa-
rizioni a Lourdes, si rivolga a Bernadette con l’unico idio-
ma a lei noto, ossia il dialetto guascone. Anche in occa-
sione della sua “autopresentazione”, “la signora” le rivelò
testualmente: “Que soy era Immaculada Councepciou”. In
tutte le apparizioni mariane, la Vergine si rivolge ai veg-
genti da Lei prescelti nella loro lingua, all’interno della
loro storia, cultura e tradizione. Questo diventa non solo
un modo per farsi capire da parte degli interlocutori, che
non parlano in latino, greco o aramaico, ma diventa un
mandato: “Così come ho fatto io, fate anche voi! Seguite
il Signore, siategli fedeli, testimoniatelo con la purezza del
cuore nella vostra vita, fatelo conoscere agli altri innanzi-
tutto con la vostra testimonianza perché questo è possibile
anche a voi ed è richiesto anche a voi, in quanto battezza-
ti”. Accogliere e vivere la propria fede nella stessa purez-
za e cristallinità con le quali il Vangelo ce la consegna, la
Tradizione della Chiesa ce la tramanda e il sensus fidelium
la accoglie e traduce nel quotidiano.

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DOMANDE PER LA RIFLESSIONE

1. Sperimento la presenza di Dio nella mia vita?

2. Quali sono le vie che percorro per ricercare Dio nella
   mia esistenza?

3. Sono consapevole che la fede deve diventare non un
   tesoro geloso, ma una testimonianza da donare agli
   altri nella maniera più pulita, bella e immacolata
   posssibile? Una missione per portare a tutti la verità
   e la bellezza della fede che esaudisce le nostre attese in
   ciò che queste hanno di più puro?

4. Mi rendo conto che quella dell’Unitalsi è una vocazio-
   ne, ossia l’essere l’“Io sono” di Dio in mezzo ai malati
   e ai poveri, e non un hobby o passatempo?

5. Cosa vuol dire per me imitare Maria in uno dei suoi
   titoli più sublimi, ossia l’“Immacolata concezione”?

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L’Immacolata e la nostra                                          2
purificazione
                              Mons. Felice di Molfetta, vescovo

1. L’Immacolata concezione, mistero di grazia, di luce,
   di santità
    Quel giovedì del 25 marzo 1858 l’oscura grotta di Mas-
sabielle, simbolo di questo mondo immerso nelle tene-
bre del male, si rischiara di luce divina nello splendore di
Colei che a Bernadette si presenta nel dialetto pirenaico
in questo modo: Que soy era immaculada councepciou,
espressione questa che racchiude in sé un abisso inaudito
di mistero cantato dalla liturgia con lirici accenti di lode e
di stupita benedizione al Padre, eterno e sommo Dio:

   “Tu hai preservata la beata vergine Maria
   da ogni macchia di peccato originale,
   per fare di lei, colmata di grazia la degna
   Madre del tuo Figlio
   e segnare l’inizio della Chiesa
   sposa di Cristo senza macchia e senza ruga,
   splendente di bellezza.
   Da lei vergine purissima doveva nascere il tuo Figlio
   agnello innocente che toglie i nostri peccati

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e sopra ogni altra creatura
     la predestinavi per il tuo popolo
     sublime modello di santità e avvocata di grazia”.

    In questa orante narrazione teologica, Maria viene
cantata come l’unica creatura concepita senza la macchia
del peccato originale ma anche l’unica irripetibile del suo
essere incontaminata in un mondo in cui tutti gli esseri
umani portano il segno umiliante del male. Il peccato ori-
ginale infatti è la contraddizione che mina il profondo del
nostro essere; pur chiamati al dialogo d’amore con Dio,
c’è in noi qualcosa di oscuro e di ribelle che ci spinge a
rifiutarlo, facendo di noi stessi il termine di ogni amore.
Maria invece, creatura eletta, ebbe il privilegio unico di
essere esente da questa perversione del desiderio, per-
ché Ella è sola grazia, luce e santità. Nondimeno a tutti
noi Bernadette è da Lourdes luminosa eco e trasparenza
dell’Immacolata, nella quale risplende quell’innocenza
battesimale che andò sempre più intensificandosi nel cor-
so della sua vita.

2. Penitenza! Penitenza! Penitenza!: biblico appello
   alla conversione
    La rivelazione a Bernadette da parte di Maria del suo
immacolato concepimento è preceduta il 24 febbraio 1858
giorno dell’ottava apparizione dall’impellente invito evan-
gelico Penitenza! Penitenza! Penitenza! È il biblico appello

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alla conversione (cfr. Mt 3,2). Si tratta cioè dell’invito a
lasciare una vita di peccato, rivolto a tutti, e decidersi per
una vita nuova sulla via del ritorno a Dio. La Vergine san-
ta, mentre ci ripropone il pressante invito del Figlio suo
alla metanoia, indica a Bernadette alcuni gesti concreti,
pieni di significato biblico: “andate a baciare la terra in se-
gno di penitenza per la conversione dei peccatori”; “andate
a bere alla fontana e a lavarvi”; “mangerete di quell’erba
che c’è là” cui si aggiunge: “pregherete Dio per i peccatori”.
    Per chi conosce l’antica prassi penitenziale in vista del-
la riconciliazione con Dio e con la Chiesa, essa è model-
lata su preghiera e penitenza attraverso le loro specifiche
modalità rituali e gestuali; il tutto, sempre nel pieno coin-
volgimento orante della comunità credente. Se vivida era
la coscienza del peccato nell’animo dei fedeli e del ricorso
al sacramento della penitenza in vista della riconciliazio-
ne,si deve però notare che negli ultimi decenni, una serie
di inchieste hanno rilevato la diffusa disaffezione verso la
confessione e verso la concezione stessa del peccato.
    È in crisi proprio il concetto di peccato! In verità det-
ta crisi è riscontrabile sin dall’epoca apostolica, quando
la chiesa nascente dovette aprire gli occhi sul fatto che
dopo il battesimo restava in coloro che venivano chiamati
“santi” la possibilità di peccare, e di peccati che conduco-
no alla morte (cfr.1Gv 5,14). L’Immacolata ci offre in tal
senso la giusta coscienza del peccato come autosufficienza
autarchica dell’uomo, autonomia dalla volontà di Dio, ri-

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fiuto della verità e chiusura egocentrica. Nella profondità
della notte del peccato il Risorto però offre alla Chiesa,
nel vespro della sua Pasqua, il dono della remissione dei
peccati mediante l’azione dello Spirito. Se non siamo per-
fetti, possiamo però trovare misericordia, e Lourdes è un
forte appello alla conversione e a riconoscere la bontà del
Signore.

3. Il sacramento della riconciliazione: alito del Risorto
     L’innegabile calo della frequenza al sacramento della
penitenza esige pertanto la sua riscoperta per avvertire la
gioia del perdono di Dio che precede e suscita la coscienza
del peccato. E se il peccato è sempre allontanamento da
Dio, fonte della vita e della pace, il perdono da lui con-
cesso attraverso la mediazione del ministro, è palingenesi
ossia nuova creazione, metamorfosi, dono di una nuova
identità che solo lo Spirito può restituire all’uomo sfigu-
rato dal peccato. Lasciamoci allora riconciliare, per essere
guariti, ben consapevoli che il peccato è una vera malattia
che ci rende incapaci di metterci in relazione con noi stes-
si, con le cose, con gli altri e con Dio. È del sacramento, in-
vece, secondo il disegno del Risorto, riaccendere nel pec-
catore l’amore di Dio e riannodare la piena comunione
con Lui; sì, perché il Signore non abbandona il peccatore
alle sue ferite mortali; in quanto pastore e medico egli si
prende cura delle pecore inferme. Ricordiamo altresì che
se la Chiesa guarisce dai peccati, è lo Spirito che guari-

22
sce; e se la Chiesa santifica è ancora lo Spirito creatore che
santifica e risana, detergendo ogni bruttura presente nel
corpo, tempio vivo della gloria di Dio.
    Propongo infine, a mo’ di sintesi, una bella orazione di
assoluzione data dal vescovo nel rito di riconciliazione dei
penitenti, presente in un’antica fonte liturgica, il Sacra-
mentario Gelasiano:
    “La tua mano guarisca le loro ferite, perché il corpo
della Chiesa non resti privo di nessuno dei suoi membri;
il tuo gregge Signore, non sia disperso, il nemico non goda
della rovina della tua famiglia, e la morte eterna non abbia
mai il sopravvento sui nati a vita nuova nel battesimo. A
te salga, Signore, la nostra supplica, a te il pianto del no-
stro cuore; perdona i peccatori pentiti, perché dai sentieri
dell’errore ritornino alle vie della giustizia e guariti dalle
ferite del peccato, custodiscano integra e perfetta la grazia
della nuova nascita nel battesimo e della riconciliazione
nella penitenza” (GeV n. 358 – 359). È la gioiosa esperien-
za di quella mano del sacerdote innalzata sul nostro capo
quale effusione dello Spirito, alito del Risorto su di noi.

4. Dalla “bolla” del beato papa Pio IX “Ineffabilis Deus”
    È bene rileggere alcuni tratti del documento pontifi-
cio che il giorno 8 dicembre 1854 dichiarò dogma di fede
l’immacolata concezione di Maria: “Dio ineffabile… fin
da principio e prima dei secoli scelse e preordinò al suo
Figlio una madre, nella quale si sarebbe incarnato e dalla

                                                           23
quale poi, nella felice pienezza dei tempi, sarebbe nato; e,
a preferenza di ogni altra creatura, la fece segno a tanto
amore da compiacersi in lei sola con una singolarissima
benevolenza… Così ella, sempre assolutamente libera da
ogni macchia di peccato, tutta bella e perfetta, possiede
una tale pienezza di innocenza e di santità… A onore del-
la santa e indivisibile Trinità, a decoro e ornamento della
vergine Madre di Dio, a esaltazione della fede cattolica,
e a incremento della religione cristiana, con l’autorità di
nostro Signore Gesù Cristo, dei beati apostoli Pietro e Pa-
olo e Nostra, dichiariamo, pronunziamo e definiamo: la
dottrina che sostiene che la beatissima Vergine Maria nel
primo istante della sua concezione, per singolare grazia e
privilegio di Dio onnipotente, in vista dei meriti di Gesù
Cristo, salvatore del genere umano, è stata preservata im-
mune da ogni macchia di peccato originale, è stata rivelata
da Dio e perciò si deve credere fermamente e inviolabil-
mente da tutti i fedeli…”.

5. Dal Concilio Vaticano II
   Il Concilio Vaticano II afferma: “Nessuna meraviglia
se tra i Padri della Chiesa era invalso l’uso di chiamare
la Madre di Dio la tutta santa e immune da ogni mac-
chia di peccato, quasi plasmata e resa nuova creatura dal-
lo Spirito Santo. Arricchita fin dal primo istante del suo
concepimento dagli splendori di una santità particolare…
a consentendo alla parola divina divenne Madre di Gesù

24
e aderendo con tutto l’animo e senza nessun ostacolo di
peccato alla volontà salvifica di Dio votò totalmente se
stessa… non fu strumento meramente passivo di Dio, ma
cooperò alla salvezza dell’uomo con la libera fede e obbe-
dienza…” (Lumen Gentium 56). In un altro testo prose-
gue: “L’Immacolata Vergine, preservata immune da ogni
macchia di colpa originale, compiuto il corso della vita
terrena fu assunta alla gloria celeste in corpo e anima…”
(ivi, 59).

                                                       25
DOMANDE PER LA RIFLESSIONE

1. Consideriamo Maria isolata o modello della Reden-
   zione?

2. Quale senso diamo al peccato originale, al battesimo,
   al peccato personale e sociale?

3. Colleghiamo pellegrinaggio e penitenza anche sacra-
   mentale?

4. Preghiamo per la nostra conversione e per i “peccatori”?

5. Consideriamo il valore redentivo dato da Cristo anche
   alla sofferenza e/o alla nostra fatica?

6. Lodiamo Dio per la bellezza donata a Maria Santis-
   sima?

26
Maria immacolata:                                                3
realizzazione del cristiano
perfetto
                                        Don Giovanni Frigerio

1. Dinamismo cristocentrico
    San Giovanni Paolo II, nell’introdurre la Chiesa nel
terzo millennio, ha lanciato un programma energico di
grande respiro, che scaturisce dal cuore stesso del Vange-
lo: “Duc in altum” (Prendi il largo: Lc 5,4). È un invito alla
fede nella presenza di Dio e nella forza sul suo Amore che
agisce nella storia. È un programma raccolto dal Vangelo
e dalla viva Tradizione. Esso si incentra, in ultima analisi,
in Cristo stesso. È Lui che ci invita a conoscere, amare,
imitare, per vivere tramite Lui la vita trinitaria e trasfor-
mare con Lui la storia fino al suo compimento nella Geru-
salemme celeste (cfr. Novo Millennio Ineunte 29). Perciò
il cammino del cristiano non è quello di apprendere da
Gesù le cose che ha insegnato, quanto di imparare Lui.
    Papa Francesco nella Esortazione Apostolica Evangelii
Gaudium afferma: “Il grande rischio del mondo attuale,
con la sua molteplice ed opprimente offerta di consumo,
è una tristezza individualista che scaturisce da cuore co-
modo e avaro, dalla ricerca malata dei piaceri superficiali,
dalla coscienza isolata. Quando la vita interiore si chiude

                                                           27
nei propri interessi non vi è più spazio per gli altri, non
entrano più i poveri, non si ascolta più la voce di Dio, non
si gode più della dolce gioia del suo amore, non palpita
l’entusiasmo di fare il bene. Anche i credenti corrono que-
sto rischio, certo e permanente. Molti vi cadono e si tra-
sformano in persone risentite, scontente, senza vita.
    … Questo non è il desiderio di Dio per noi, questa non
è la vita nello Spirito che sgorga dal cuore di Cristo ri-
sorto. Invito ogni cristiano a rinnovare oggi stesso il suo
incontro personale con Gesù Cristo o, almeno a prendere
la decisione di lasciarsi incontrare da Lui, di cercarlo ogni
giorno senza sosta, … perché nessuno è escluso dalla
gioia portata dal Signore (così scriveva san Paolo VI in
Gaudete in Domino 22). Chi rischia, il Signore non lo de-
lude, e quando qualcuno fa un piccolo passo verso Gesù,
scopre che Lui già aspettava il suo arrivo a braccia aperte”
(EG 2-3).

2. Maria scuola di Dio: da Cana al Cenacolo
    Qual è la scuola che ci aiuta ad aprirci efficacemente a
una conoscenza profonda e coinvolgente di Gesù? È Ma-
ria! Il primo dei segni compiuti da Gesù – la trasformazio-
ne dell’acqua in vino alle nozze di Cana – ci mostra Ma-
ria appunto nella veste di Maestra, mentre esorta i servi
a eseguire le disposizioni di Gesù (cfr. Gv 2,5). Possiamo
immaginare con ragionevolezza che tale funzione Maria
l’abbia svolta poi più ampiamente per i discepoli nel Ce-

28
nacolo dopo l’ascensione di Gesù; era con loro in un’at-
tesa attiva della Pentecoste e della missione “al mondo
intero”. Quanto avranno conversato insieme quei giorni
nel Cenacolo su Gesù!
    Ora inviati anche noi a camminare sulle strade del
Vangelo, facciamolo con Maria, mettendoci alla sua scuo-
la! Una scuola che ci insegna a pronunciare ogni giorno il
nostro “sì” alla volontà di Dio e ad aprire il nostro cuore
al progetto d’amore del Padre. Solo allora potremo pene-
trare le parole di Gesù, per comprenderne il messaggio e
lasciarci trasformare in Lui. A tale proposito illuminanti
sono le parole di san Paolo VI: “Se vogliamo essere cristia-
ni, dobbiamo essere mariani, cioè dobbiamo riconoscere
il rapporto essenziale, vitale, provvidenziale che unisce la
Madonna a Gesù, e che apre a noi la via che a Lui condu-
ce. Una duplice via: quella dell’esempio e quella dell’in-
tercessione. Vogliamo essere cristiani, cioè imitatori di
Cristo? Guardiamo a Maria; ella è la figura più perfetta
della somiglianza a Cristo. Ella è il tipo. Ella è l’immagine
che meglio di ogni altra rispecchia il Signore; è, come dice
il Concilio, ‘l’eccellentissimo modello nella fede e nella ca-
rità’ (LG 58)”.
    Ora nella vita di Maria noi scopriamo alcune attitudi-
ni peculiari: la purezza di anima e di corpo per ricevere
Dio; la vita intera spesa per magnificare, rendere grande il
Signore; amore vissuto concretamente nella quotidianità
fino al culmine di dare Gesù al mondo; lo stare in piedi di

                                                           29
fronte a ogni dolore trasformandolo in amore; la materni-
tà che non ha confine, né di tempo né di spazio.
    A Lourdes santa Bernadette non solo ascoltò Maria
ma cercò di seguirne l’esempio e qui possiamo imparare
ancora. Bernadette coltivava nel suo cuore il desiderio di
una relazione profonda con Cristo, espresso anzitutto dal-
la aspirazione viva di essere ammessa alla Prima Comu-
nione. Poi mostra la sua docilità: nella terza apparizione
all’invito della bella Signora di Massabielle: “Volete farmi
la grazia di venire qui per quindici giorni?”, Bernadette
rispose con un assenso deciso: con tutta la sua libertà dice
il suo “sì”, perché riconosce il dono di Dio ed entra in
questo cammino e così apre il suo cuore all’Amore. In un
tempo come il nostro, in cui si diffonde a macchia d’olio
la scristianizzazione, è fondamentale che la fede nasca e
si sviluppi per attrazione, per la testimonianza della no-
stra vita. Pensiamo ai discepoli di Giovanni Battista. Alla
domanda di Gesù: “Chi cercate?”, rispondono “Maestro,
dove abiti?”. Gesù di rincalzo: “Venite e vedrete” (cfr. Gv
1,38-39).
    Bernadette tradusse tutto questo in una preghiera mol-
to significativa: “Gesù, cresci, cresci in me, nel mio cuore,
nella mia anima, la mia fantasia, i miei sensi, con la tua mo-
destia, la tua purezza, la tua umiltà, il tuo zelo, il tuo amo-
re. Cresci con la tua grazia, la tua luce, la tua pace; cresci
malgrado la mia resistenza, il mio orgoglio; cresci fino alla
pienezza dell’uomo perfetto, cresci come a Nazareth, da-

30
vanti a Dio e agli uomini, per la gloria di tuo Padre”. Infatti
questa piccola donna aveva messo Maria nel suo cuore e ne
aveva fatto la sua dimora sulla terra. “O Madre mia, è nel
tuo cuore che depongo le angosce del mio cuore e attingo
forza e coraggio” (Dal Ritiro del 1873).

3. Annunciazione
    Maria è coinvolta in prima persona nell’evento più
straordinario e decisivo della storia dell’umanità – che
così è trasformata in storia di salvezza –: l’incarnazione
del divin Verbo. Con il suo “Eccomi” incondizionato alla
volontà di Dio, Maria divenne quel tabernacolo vivente,
che ha accolto il Figlio di Dio facendo così sorgere sulle
tenebre dell’umanità il Sole di giustizia. Il Vangelo ce la
presenta come una giovinetta che vive di Dio, in Dio, anzi
vive Dio. Ella appartiene al Signore; a Lui ha consacrato
la verginità; in Lui ha trovato la libertà. Il mistero della
Incarnazione è divenuto in Maria un mistero di amore e
di bellezza della purezza.
    Bernadette ha fatto propria questa chiamata quando
“la bella Signora” le promise di renderla felice ma non
della gioia di questo mondo di peccatori e di male – per
questo dovrà seguire la strada comune ad ogni cristiano,
i piccoli sentieri della fede – ma della felicità dell’altro,
che è quello dei discepoli del Signore che lo seguono sul-
la strada dell’amore. Dirà Bernadette: “Io sono più felice
(beata) sul mio letto di malattia con stretto nelle mani il

                                                            31
mio Crocifisso, che una regina seduta sul suo trono”. Per-
ché “basta amare”: l’amore è tutto.
    Maria ci insegna che anche noi dobbiamo corrispon-
dere all’amore di Dio con il nostro amore. Ogni persona,
dopo essere stata chiamata e illuminata da Dio, si deve
impegnare con tutto il suo essere a fare la sua volontà, di-
chiarandosi come Maria, la “serva del Signore”. Il “sì” di
Maria richiama il “sì” di tutti i suoi figli. Per imitare Ma-
ria, modello del cristiano perfetto, ci è chiesto perciò, di
ripercorrere il tragitto dall’egoismo all’altruismo, dall’io
a Dio.

4. Magnificat
    L’Immacolata fece proprio il messaggio del libro del
Siracide: “Quanto più sei grande, tanto più fatti umile e
troverai grazia davanti al Signore. Perché grande è la po-
tenza del Signore, e dagli umili è glorificato” (Sir 3,18.20).
Su questa umiltà germogliò la santità di Maria e l’ Amore
si tradusse in servizio. Nell’incontro con Elisabetta fu pro-
clamata la prima beatitudine del Vangelo, che riguardava
Maria, ma anche tutti noi che la vogliamo seguire e imi-
tare: “Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle
parole del Signore” 1,45).
    Allora Maria, mossa dallo Spirito Santo, comunicò il
segreto che custodiva nel suo cuore, cantando il Magni-
ficat (Lc 1,46-55), che racchiude un triplice programma
di trasformazione: uno morale, cioè Gesù compirà una

32
trasformazione radicale nei cuori; uno politico, per cui
impianterà le strutture della società nuova fondata sui va-
lori dello Spirito; uno sociale che riguarda gli sfruttati, gli
affamati, gli schiavi ecc. che riceveranno la parte debita
dei beni. È la rivoluzione della Croce.
    Infatti Maria è modello concreto per questo nuovo
cammino: l’amore non è completo se non è concreto. Ella
ci ricorda i nostri prossimi verso i quali abbiamo il debito
dell’amore: sono tutti coloro con cui viviamo, coloro che
incontriamo ogni giorno, i malati che accompagniamo …
andiamo in fretta ad amarli! Non si tratta di dare qualcosa
agli altri: dobbiamo dare la nostra persona, il nostro cuo-
re. Noi proponiamo la civiltà dell’amore, tanto sognata da
san Paolo VI e ognuno, anche il più ferito nel corpo, ha
una sua dignità, poiché Dio ha fatto cose grandi per tutti
i redenti da Cristo.

5. Amore – Croce
    L’amore di Maria che maternamente intercetta i biso-
gni degli uomini si manifesta a Cana, dove Gesù diede ini-
zio ai miracoli. Qui Maria ci dona il suo testamento mora-
le: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela!” (Gv 2,5). L’ Immacolata
si mostra a noi nelle vesti di Maestra e ci aiuta ad imparare
suo Figlio. Si rivela la via più sicura ed efficace per arrivare
a Gesù e per conformarci a Lui. A Lourdes incontriamo
oltre Maria anche santa Bernadette, catechizzata da Ma-
ria: accetta la sua missione, senza conoscere bene ciò cui è

                                                             33
chiamata e, come Abramo, si lasciò condurre nel mistero
di salvezza degli uomini. “Io non sono nulla – diceva – e di
questo nulla Gesù ha fatto una grande cosa. Sì, poiché in
un certo senso io sono Dio, per la Santa Comunione: Gesù
mi dona il suo cuore, io perciò sono cuore a cuore con
Gesù, sposa di Gesù, amata da Gesù, sono un altro Gesù.
Perciò amo sempre ciò che Gesù vuole, come Lui lo vuole
    … Non la mia volontà, mia cara Madre, ma la vostra,
che è sempre quella di Gesù”. Uno sguardo dobbiamo
darlo però all’apice della missione d’amore di Maria e ciò
avvenne ai piedi della Croce: “Stavano presso la Croce di
Gesù, sua Madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa
e Maria di Magdala” (Gv 19,25). Maria “stava”, stava ritta,
stava in piedi. Ci suggerisce la dignità e la fortezza di Ma-
ria nell’affrontare il dolore. È commovente pensare che
Gesù ci ha regalato la Madre proprio nel momento supre-
mo della manifestazione dell’amore. Alla luce di questa
bellezza materna di Maria, il dolore diventa partecipazio-
ne indispensabile alla redenzione, cioè quello che costitu-
isce la dimensione più alta dell’amore. In questa prospet-
tiva del dolore risolto in amore, è racchiuso il programma
di vita per ogni persona che si fa figlio di questa Madre.

Conclusione
    Maria, nei vari momenti della sua vita menzionati dal
Vangelo, ci mostra la via per portare a maturazione la gra-
zia battesimale: il suo modo di essere “santa e immacolata”

34
deve costituire il nostro modo di essere, non “immacolati”
(poiché soltanto Maria lo è) ma “santificati” grazie al bat-
tesimo che ci ha fatti santi in Cristo Gesù (cfr. 1Cor 1,2).
Come la missione fondamentale di Maria è stata quella di
dare Gesù al mondo, così a tutti noi cristiani è chiesto di
ripetere tale missione vivendo ogni giorno il Vangelo.
    Come Bernadette, lasciamoci attirare da Maria, con-
templiamo e ammiriamo in lei Immacolata il capolavo-
ro di Dio. Sotto lo sguardo di Maria lasciamoci invadere
dal profondo desiderio di crescere in santità. Ella ci guida
alla conversione della vita. Lasciamoci dunque “volgere a
ciò che è umile” (cfr. Rm 12,16) e allora lo Spirito Santo
ci darà la grazia di essere persone semplici, vere, cristia-
namente mature, dedite quindi a edificare la Chiesa con
Maria, modello perfetto di ogni cristiano.

                                                         35
DOMANDE PER LA RIFLESSIONE

1. Come esprimo il mio amore verso la Madre di Dio?

2. L’esperienza di crescita nella fede di Maria, interroga
   la mia esperienza di fede a livello di vita personale,
   familiare, comunitaria, associativa?

3. Come Maria, l’incontro con Cristo e i fratelli, mi spro-
   na al servizio?

4. Come valorizzo la devozione mariana per un autenti-
   co cammino di santità?

5. In che mi ispira l’esempio di Bernadette Soubirous nel
   contesto di Lourdes e della chiamata universale alla
   santità?

36
Maria Immacolata,                                               4
la serva del Signore,
ci chiama ad essere servi
                                            Don Gianni Toni

1. Maria e Lourdes
    Parlare di Maria è sempre un’avventura affascinante
ed unica! Un dono che abbiamo per poterci arricchire
ogni giorno nella nostra vita, riflettendo su come Lei è sta-
ta privilegiata dal Signore e come, grazie a Lei, possiamo
con la nostra vita tentare di avvicinarci a Cristo Salvatore.
Attraverso la sua intercessione e guardando al suo esem-
pio, potremmo anche noi avere ed essere riflesso di quella
grazia di salvezza! Ogni credente che si mette in atteggia-
mento di contemplazione di Maria non può non arrivare
a comprendere quale grande dono ha voluto farci Gesù in
persona, nell’ultima azione sul Calvario, affidando ognu-
no di noi a Lei come figlio!
    Sì, perché ogni credente la trova “sua” in maniera stu-
penda e nello stesso tempo si sente parte di un amore che
milioni di credenti nel corso dei secoli hanno espresso,
raccontato, cantato e pregato, pensando a questa Madre
celeste, unica ed originale. Ogni racconto o descrizione di
Lei è sempre un romanzo stupendo della Sua azione nei
confronti dei figli!

                                                          37
È in questa luce che vogliamo dire qualche parola su
ciò che ha colpito e colpisce quante e quanti si portano
ogni anno in pellegrinaggio a Lourdes, posto unico al
mondo. Là Lei è venuta per dare speranza e confortare,
ma anche per ricordare ad ogni singolo credente, la gioia
della promessa di una felicità che non avrà mai fine. Alla
piccola veggente Bernardette Soubirous disse: “Non vi
prometto che sarete felice in questo mondo ma nell’altro!”
(o secondo altra versione: non la felicità di questo mondo
ma quella dell’altro).
    Al riguardo mi piace riportare alcune frasi che ha scrit-
to una innamorata della Vergine Maria; era inferma, ma
non è mai mancata una volta al pellegrinaggio naziona-
le: “Quando tornerò a casa i miei figli mi domanderanno
che cos’è Lourdes, risponderò che Lourdes è un luogo che
canta un commovente inno d’amore per Dio. È un luogo
dove l’anima è sentita vivere nel corpo della nostra uma-
nità. Con questo spirito e con questa premessa cercherò di
parlare o meglio di aprire il mio cuore a lei, Immacolata,
che ha risposto al piano di Dio con autentico spirito di
servizio!
    Lourdes è un’alta cima da dove gli occhi della nostra
fede possono ammirare l’infinito orizzonte dell’eternità…
Dirò a tutti che è sognare ad occhi aperti di essere vicini
all’uscio del paradiso, è toccare, con le mani stupite della
ragione, dove il possibile nasce dalle viscere dell’impossi-
bile…”.

38
2. Maria Immacolata modello di servizio
    Lourdes è un dono per ogni credente, perché è l’unico
posto al mondo dove Lei, presentandosi il 25 marzo 1858,
confermò al mondo la sua Immacolata Concezione.
    È su tale qualità di Maria che ci concentra quest’anno
(2019-2020) il tema pastorale.
    La sua però non fu soltanto esenzione da opera di male
ed anzi dalla stessa eredità del peccato originale, ma costan-
te generosità d’amore, come ci testimoniano i Vangeli.
    Mi soffermerei un po’ anche sui testi detti “apocrifi”;
non sono sempre esposti storici, ma con parafrasi espri-
mono la fede e la visione dei fedeli, e in particolare poi il
cosiddetto Protovangelo di Giacomo, il più antico, risa-
lendo a verso il 150 d.C. Secondo tale testo, poi ripreso da
vari altri, Maria si sarebbe recata al pozzo per attingere ac-
qua, e innanzitutto lì sarebbe apparso l’Angelo. Sappiamo
che a Nazareth i fratelli ortodossi animano la chiesa di San
Gabriele, dove appunto si ritiene sia avvenuto tale prima
apparizione. Per la Sacra Scrittura l’acqua è una benedi-
zione (cfr. Gen 1,1-2; Is 44,3) ed essa sa generare la vita an-
che in terra deserta, e si potrebbe intravvedere l’annuncio
di una maternità da una vergine. Il pozzo è anche il luo-
go dell’incontro, del dialogo. Gli ortodossi preferiscono
sottolineare nell’acqua la trasparenza, la purezza, segno
appunto di Maria “la tutta bella, la tutta pura” e infatti
l’acqua è mezzo per il battesimo.

                                                            39
Dopo quel primo incontro, l’arcangelo apparve a Ma-
ria nella sua abitazione, accostata a una grotta e proclamò:
“Ave piena di grazia” facendosi portatore del messaggio
divino di essere lei la donna prescelta per divenire Madre
del Salvatore. Dopo il dialogo, che conosciamo dal Van-
gelo secondo Luca, Maria si mise a totale disposizione del
Signore: “Ecco la serva del Signore” (anzi il testo greco
parlerebbe di “schiava” (doulé), termine che non aveva
nulla di dispregiativo, ma asseriva la totale disponibilità).
E Maria non si trattenne nella casa o a Nazareth, ma “si
alzò e si mise in cammino verso la regione montuosa e
raggiunse in fretta una città…”. La sua non era una spi-
ritualità intimista, ma si pose subito a servizio di altri, di-
venendo segno di fiducia e di speranza, compiendo quel
“Primo viaggio apostolico” in una Chiesa che con lei stava
nascendo.
    Questa immagine di Maria che cammina speditamen-
te per le vie e i sentieri delle montagne d’Israele non è solo
affascinante, ma esprime consapevolezza, decisione, co-
raggio, solidarietà, gioia di un annuncio! Come non sof-
fermarsi allora nel riflettere di quanta ricchezza teologica
è piena quella frase che ha segnato e segna l’azione concre-
ta del popolo di Dio nel suo agire (cfr. At 20,35): “C’è più
gioia nel dare che nel ricevere”?! Certamente ognuno che
abbia esperienze di volontariato alle spalle apporrebbe la
propria firma su quella frase. Infatti colui che accoglie un
fratello o sorella è visitato da Dio e il rapporto di genero-

40
sità si rovescia. Vi sono tanti testi del Nuovo Testamento
che ci invitano alla solidarietà attiva e la tradizione viva
della Chiesa la testimonia e vivifica. L’Unitalsi trova qui
la radice e la linfa che la sostengono e producono frutti
nuovi. Tutti i volontari e le volontarie guardano a Maria
come modello d’amore e a Lourdes come luogo privilegia-
to della carità fraterna e rispettosa di tutti; altri Santuari
integrano questo grande movimento di progresso per un
mondo migliore. Anche gli ammalati, i disabili, gli anziani
possono contribuire a questa dinamica di amore recipro-
co, poiché pure l’offerta del giornata e la preghiera sono
rese un valore dal Redentore, egli che sa premiare anche
un semplice bicchier d’acqua dato nel suo nome.
    Verità che possono e devono diventare per ogni uni-
talsiano/a un programma di vita da portare avanti non
solo nei giorni di un pellegrinaggio – che ci riporta a vive-
re quel tratto di stratta che va da Nazareth ad Ein Karim
– ma tutte le strade che percorriamo ogni giorno per la
vita in famiglia,per il lavoro, lo svago, la sofferenza, per
incontri con i più feriti della società e nelle comunità ec-
clesiali come nelle associazioni anche laiche.
    Guardiamo a Maria, perché ha portato agli uomini il
calore di una presenza, la serenità di un sorriso, la luce e la
bellezza della Grazia. Nelle crepe di questo mondo, dove
il Male è ancora potente, riporterà la Speranza e ridonerà
Fiducia! Il suo Magnificat è pieno di speranza per il mon-
do intero, di generazione in generazione.

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3. Formazione, preghiera
    Non possiamo vivere il nostro impegno di servizio se
non sostenuti da un cammino educativo che deve “termi-
nare” nel farci divenire uomini e donne che dopo esser di-
venuti consapevoli di quello che intendono fare, operano
con autentica decisione!
    La costanza è indispensabile, ma essa si sostiene se ci
sono le motivazioni. Non possiamo essere persone che rin-
viano l’impegno al “domani, dopo, si vedrà… si vedrà…”.
    Per fare il bene e farlo bene, ossia essere incisivi per
i destinatari, occorre avere un cuore sensibile all’azione,
una formazione e molta preghiera. La santa madre Tere-
sa di Calcutta era una donna di prolungata preghiera e
dalle sue Suore esigeva prima una preparazione spirituale
e quindi una vita di preghiera per poi dedicarsi all’altro
attraverso l’azione! Si tratta di agire con consapevolezza
cristiana e non solo per pura filantropia!
    Le esigenze complesse di chi è malato, la varietà di cul-
ture nelle famiglie, la situazioni diverse, la normativa esi-
stente, ecc non permettono di limitarsi alla “buona volon-
tà”; il servizio domanda appunto preparazione spirituale,
culturale, tecnica.Per tale obiettivo molto possono fare le
sezioni e sotto-sezioni, ma anche la ricerca personale e la
collaborazione con esperti di altri ambiti, con parrocchie
e diocesi.
    La tradizione cristiana è che Maria si sia formata nel
tempio o almeno faceva parte di quelle “consacrate” che

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pure l’ebraismo riconosceva; i Vangeli testimoniano che
aveva larga conoscenza della Scrittura e contribuì alla for-
mazione di Gesù. Maria racchiude in sé, con il suo agire, il
modello di vita per ciascun credente e anticipa l’esempio
del buon Samaritano. Lei che ha risposto alle attese di Dio
è pronta a rispondere alle attese di tutti; così si preoccu-
perà di salvare la vita di Gesù fuggendo verso l’Egitto; di
ritrovarlo quando a dodici anni si fermò nel tempio; di
salvare la gioia degli sposi a Cana, di verificare se il suo
Gesù almeno mangiava… e di essere presso di lui sul Cal-
vario e quindi con i discepoli nel Cenacolo. Un modello di
fedeltà alla missione!
    Così dovrebbe essere l’agire di ogni sorella, barelliere,
sacerdote nei giorni peculiari del pellegrinaggio! Cammi-
no che va non solo vissuto ma preparato nella vita quo-
tidiana di casa, nella professione, nella scuola per poter
avere poi la “decisione” vera che darà frutti e farà com-
prendere il servizio così come fece Bernadette: “La santa
Vergine si è servita di me come fa una donna con la scopa
per pulire la casa al mattino e poi la ripone al suo posto…
ed io ne sono contenta e vi rimango”!
    Sono concetti difficili che ci portano a riflettere e me-
ditare in profondità, per non cadere poi alla minima diffi-
coltà e gettare, come si suol dire, “la spugna!”.
    Nota il Vangelo che Maria si mise in viaggio in fretta!
Ecco il dinamismo della vita cristiana: un mistero in cam-
mino sulle strade degli uomini, con fretta per comunicare

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