Mentre il mondo si ferma, la rete corre veloce!
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Mentre il mondo si ferma, la rete corre veloce! Sospesi… “si sta come d’autunno sugli alberi le foglie” e nulla è più indicato per descrivere un periodo di grande e forte incertezza. Prendo in prestito Ungaretti che parlava di soldati in un momento buio dove anche se al fronte non si sentono spari, le grida di aiuto sono continue e laceranti. E’ la richiesta di supplica di camici in corsia, di pazienti in terapia intensiva, di famiglie che non si possono abbracciare… Sospesi… tra il volere fare di più e il non potere. Sospesi tra la solitudine e lo sconcerto di una quarantena che aliena e rende soli e la strana sensazione di avere tanto tempo da non poter condividere. “. E’ questa una citazione anonima che sta diventando virale, pubblicata e condivisa sui social e fa pensare…come fanno pensare i flash mob ai balconi per un abbraccio simbolico collettivo. Abbiamo sete, sete di riprenderci le nostre vite, di stringere di nuovo mani, di dare ancora baci. F o t o d i m o h a m e d H a s s a n d a Pixabay Fortuna che c’è il digitale. Ecco che ovunque riecheggia questa frase: al governo, nelle aziende, nelle famiglie. Il digitale che ieri divideva, oggi unisce! Il digitale che ieri era demonizzato perché a causa di uno schermo sempre connesso, allargava le
distanze tra le persone, oggi è un angelo di speranza per chi vuole dare un abbraccio virtuale prima di essere intubato, un saluto di addio o una preghiera di vicinanza. Il digitale prima strumento è oggi necessità e ci si attrezza, come meglio si può. L’Italia si ferma, il mondo si ferma mentre la rete corre veloce perché è l’unico mezzo che tiene accesa la macchina. Le aziende provano a non chiudere attivando il lavoro agile, lo smart worker è la nuova professione per tutti, le scuole cercano di non far perdere l’anno attivando lezioni in remoto, le vendite diventano on-line, la spesa è a domicilio, i piccoli imprenditori trasformano il loro business fino a ieri fatto di contatti umani in piattaforme per fornire servizi. Scopri il nuovo numero > Tutto andrà bene (?) Questo particolare momento necessita di una azione collettiva che vada oltre il semplice ottimismo che da solo non basta, anche se comunque aiuta. Solo insieme si può uscire da questa situazione. Chi riesce in tempo record si appresta ad utilizzare l’e-commerce dichiarando sul proprio sito: #TURESTAaCASA veniamo noi, abbiamo attivato le consegne a domicilio anche nel week end. Non preoccuparti avverranno al piano stradale evitando quanto più i contatti ravvicinati. I nostri operatori saranno muniti di mascherine e guanti. Ci si organizza, ci si attrezza, si cerca di far muovere il Business, di continuare a lavorare, di dare un servizio ma soprattutto di non restare a guardare. F o t o d i M e d A h a b c h a n e d a Pixabay
Certo che, se si fosse un po’ di più apprezzato il digitale prima senza denigrarlo bruscamente ma ponendosi con l’atteggiamento di volerne capire le potenzialità e sfruttarne al massimo le opportunità oggi avremmo una macchina più spedita, meno difficoltà, meno intoppi e meno ansie nel chiederci sarò adesso in grado di fare quanto facevo ieri in modo diverso con lo stesso valore e risultato? Quando non ci sono i mezzi, non si è preparati tutto va creato in velocità ed è facile attivare piattaforme e tools che da “domani” offrono il servizio. Il vero problema è riuscire a superare i limiti della cultura e questo non può essere fatto in uno scoccare di dita. Cambiare l’approccio, la mentalità è un percorso che va prima compreso e fatto proprio per scongiurare che invece di essere un’opportunità diventi una sconfitta! L’Italia sta cambiando, il nostro modo di lavorare e vivere da domani non sarà più lo stesso, ci si sta accorgendo di come si necessita dell’alternativa. E’ l’Italia che non si ferma, è l’Italia che lavora da remoto, è l’Italia che canta sul web è l’Italia che disegna arcobaleni sui social e che risponde alle campagna virali #iorestoacasa #adratuttobene Andrà tutto bene, bisogna ripeterselo mille volte al giorno per portare positività nella propria vita e in quella di chi anche se in videochiamata è lontano, ma vicino. Andrà tutto bene, ce lo ripetono i medici e le forze dell’ordine che si affidano ai social per chiederci di aiutarli ad aiutarci, con messaggi ed appelli accorati mentre si svuotano le piazze e si riempiono le case. E’ un’epidemia questa che per la prima volta nella storia dell’umanità è stata raccontata grazie all’ausilio della tecnologia, dei media, dei potenti mezzi dell’informazione digitale, un’epidemia fatta di immagini toccanti: dal volto solcato dal troppo utilizzo delle mascherine ad un Papa solo in una piazza deserta sotto la pioggia battente, un abbraccio simbolico ad un umanità che si sta guardando più dentro. “Nessuno si salva da solo […] su questa barca ci siamo tutti e ci siamo accorti che non possiamo andare avanti ciascuno per conto suo ma solo insieme […] Siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa” Papa Francesco – Jorge Mario Bergoglio Da un momento all’altro mentre il giorno prima eravamo tutti insieme, la mattina dopo ci siamo trovati con la vita capovolta, uno schermo la nostra unica finestra sul mondo che ci fa riscoprire il desiderio dello stare insieme, dell’accorciare le distanze, dell’apprezzare la passeggiata, il raggio di sole che filtra tra le tende. Abbiamo il tempo! Il tempo di ascoltarci di più, di ascoltare il nostro cuore, di cogliere ciò che di positivo c’è nell’essere sospesi. Non può piovere per sempre (cit), la primavera è arrivata i germogli crescono sui rami, la natura sta rinascendo, non sarà più l’autunno a preoccuparci ma la sera si guarda il cielo aspettando che arrivi l’estate.
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Ai tempi del #digital anche l’epidemie sono più “virali”. Corrono più veloci della luce perché le informazioni viaggiano velocemente e i social si stanno rivelando un mezzo per fare emergere verità e racconti in rete soprattutto nelle zone dove la comunicazione si cerca di contenerla. Purtroppo crescono allo stesso tempo la disinformazione e le fake news, e la necessità dei click e degli share consapevoli per evitare ondate di panico e isterismo di massa. La stessa Oms sta collaborando con tutte le Big Digital Google, Facebook, Tencent, etc. con l’obiettivo di ridurre le notizie incontrollate garantendo che le informazioni corrette e ufficiali siano facilmente individuabili e soprattutto ai primi posti delle ricerche in rete rispetto alle successive. Una verifica è subito fatta. Ricercando su Google i risultati del WHO (World Health Organization) come informazioni di SOS e poi quelli sui siti ufficiali italiani del Ministero della Salute. In tempo record i risultati di ricerca si sono moltiplicati a dimostrazione di come la rete è stata presa d’assalto. I m a g e b y G e r d A l t mann from Pixabay Anche l’intelligenza artificiale viene in soccorso per anticipare o comunque supportare la ricerca, le parole chiave ricercate nel web diventano una fonte strategica di informazioni, dando una mano a distinguere se l’utente stia semplicemente citando una fonte o se invece stia parlando di sé o comunque di persone che conosce direttamente. Una grande utilità anche per apprendere di più riguardo al comportamento del Coronavirus, dando spunti utili per tracciare ipotetici profili epidemiologici basati su età, genere e posizione geografica delle persone più a rischio. Ovviamente è da considerarsi un ulteriore supporto che però può dare valide informazioni allo scopo di individuare velocemente l’eventuale insorgere di sintomi riconducibili all’infezione. E’ la prima epidemia all’epoca dei #social ma anche la prima grande infezione che si è venuta a creare in piena era digitale ed è proprio la tecnologia che prova a dare una mano in tutte le circostanze provando ad arginare le difficoltà. Il coronavirus fa svegliare alcune menti assopite e fa parlare di smart working, skype call, webinar, livestreaming e pensare a come sostituire quanto fino a ieri era un must: il solo ed unico F2F.
I m a g e b y G e r d A l t m a nn from Pixabay Il digitale è un’opportunità, non un semplice strumento di sostituzione ma un valore che necessita di una cultura evoluta. Per molti sarà l’occasione per esplorare e fare i primi passi, sperando che possa diventare poi una best practice ad emergenza finita. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
Anche il made in Italy ha la sua “Silicon Valley” soprattutto se parliamo di Food Tech: le start up innovative nell’agroalimentare. E’ già da qualche anno che si sente parlare di start up, a voler identificare nella new economy una azienda, di solito di piccole dimensioni, che si lancia sul mercato sull’onda di un’idea innovativa, soprattutto nel campo delle nuove tecnologie. Ma ancor di più è una nuova azienda con un business model e un potenziale tale da poter espandersi velocemente dove la sperimentazione è un must. Tutto nasce nella lontana Silicon Valley, in California, culla dell’innovazione e dell’I-value company, un luogo di scambio continuo di conoscenze e risorse, un flusso costante di nuovi imprenditori, ingegneri, programmatori, economisti, marketers dove vi è l’incontro continuo di aziende e università. E’ tutta un’altra aria, e la si respira a pieno, tanto da arrivare anche un po’ oltreoceano e scatenando un viralismo che ha portato diverse città europee a muovere i primi passi nell’aspirazione di diventare “incubatori” di progettualità innovative. F o t o d i S t o c k S n a p d a P i xabay Anche l’Italia ci prova e i primi risultati sembra diano ottimi frutti. Le start up made in Italy sono infatti diverse e seguono delle logiche ben precise in diversi campi. Spaziano dall’automotive alla domotica, dall’health food alla comunicazione, fino
all’innovazione spinta del digital tech che utilizza IOT (internet delle cose) e AI (intelligenza artificiale). Qui la lista delle start up made in Italy più cool presentate all’evento CES, una delle più importanti fiere al mondo per quanto riguarda la tecnologia e l’innovazione. Scopri il nuovo numero > Il futuro è aperto Un settore che certamente ne sta subendo il fascino e l’influsso è quello dell’agroalimentare, dove si sta creando un nuovo settore, il “food tech”, che fa leva su tecnologie digitali innovative per la produzione, conservazione, lavorazione, confezionamento, controllo, distribuzione del cibo, soddisfacendo nuovi modelli di consumo, l’ideazione di nuovi prodotti alimentari, il packaging innovativo. Ne abbiamo ben 17 di realtà che stanno prendendo piede velocemente, creando un vero e proprio Business perché capaci di far incontrare la tradizione con l’innovazione, soddisfacendo un bisogno esistente e trasformandolo in una necessità nuova. F o t o d i A r e k S o c h a d a Pixabay Basta pensare a Feat food, l’operatore integrato multichannel che produce, vende e distribuisce cibi salutari e bilanciati soprattutto per una dieta a sostegno di una vita sportiva. O a Fruitapps, un canale digitale dedicato alla compravendita di frutta e verdura, e perché non farsi incuriosire da Mashscreen che ha ideato un innovativo processo di produzione che permette anche una nuova esperienza per il consumatore? In questa start up il gelato è preparato in maniera espressa direttamente di fronte agli occhi del cliente, che sceglie gli ingredienti, personalizzando un gelato del tutto esclusivo. E se poi si resta senza idee per una cena speciale My cooking Box mette a disposizione in una scatola tutti gli ingredienti per fare un piatto replicando una ricetta gourmet.
Sono diverse e davvero tante le idee che puntano a diventare aziende e molte di loro troveranno spazio di realizzazione nel primo Food Tech Accelerator di Deloitte a Milano, pronte a consolidare il proprio modello di business e ad affrontare ipotetici investitori. Non sarà solo il food ad essere inondato di novità, ma diversi i mercati e settori che si apprestano a vivere questa grande ondata di cambiamento, sempre più saranno gli incubator e accelerator che nasceranno per scovare l’idea più brillante e farla diventare Business. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter E se fosse un Natale, questo, all’insegna delle emozioni? E anche quest’anno volge al termine e mentre luci sfavillanti e addobbi di ogni genere compaiono ad ogni angolo della città e la gente comincia la corsa ai regali partendo da un black friday alla ricerca dello sconto, mi guardo intorno. Una donna esce dal negozio con l’ultimo acquisto tra le mani, di corsa verso la macchina dopo una intensa giornata di lavoro, un uomo corre indaffarato nel suo abito scuro con la sua 24 ore per sparire all’angolo della strada, un bambino attende sull’uscio della scuola una mamma imbottigliata nel traffico, da una finestra del centro storico una nonna è al tavolo da pranzo da sola con un piatto fumante. Sono qui alla fermata del tram con il mio smartphone a farmi compagnia e mi fermo un istante a
pensare: è il tempo il regalo più bello che ci possiamo fare! F o t o d i J i l l W e l l i n g t o n da Pixabay Nel tram-tram quotidiano dell’era del digitale dove tutto è di corsa, all’epoca delle chat e delle intelligenze artificiali dove si cerca con le macchine di rispondere ad ogni necessità, mi chiedo se non sia necessario riscoprire i due valori più importanti che rischiamo di perdere: il tempo e le emozioni. Scopri il nuovo numero > Il Natale che verrà Una massima sul tempo mi ricorda che è la cosa più preziosa che l’uomo può spendere alla quale, forse, non diamo la giusta importanza. Pensiamo di averne in quantità infinita e solo quando ne abbiamo gli ultimi istanti a disposizione vorremmo, invece, che fosse per sempre. E prendo in prestito pensieri profondi da FOTORICORDO (brano dei Gemelli Diversi) “… Cerco su ogni volto, un ricordo, E sembra che il tempo non sia mai trascorso E un brivido chiude lo stomaco rimango incredulo e so Che le emozioni non muoiono mai…” E mi ritrovo qui, nella solitudine di una affollata città metropolitana, ad immaginare le storie di ciascuno di noi; se invece delle consuete priorità giornaliere, che ci lasciano sempre un po’ più soli, il tempo e le emozioni avessero il primo posto nella scala delle priorità?
Quella donna abbraccia il suo bambino all’uscita della scuola felice di ricevere un dono per il suo compleanno, quella nonna divide la sua minestra con il nipote nel suo abito scuro che ha preso un’ora di permesso per godere entrambi della reciproca compagnia. Ed io sono ancora qui nella solitudine di una affollata città metropolitana addobbata a festa ma, questa volta mi sono fermata, respirando le sue emozioni tutto intorno… ed è il momento di ascoltarle tutte vivendo appieno il mio tempo! Poso lo smartphone e cammino… in compagnia soltanto di me! Ti è piaciuto? Hai qualche considerazione in merito? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Stai tranquillo, anche noi odiamo lo spam! Da noi riceverai SOLO UNA EMAIL AL MESE, in concomitanza con l’uscita del nuovo numero del mensile. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Nativi digitali, iperconnessi e shopper omnichannel: è la Generazione Z tra le più consapevoli delle opportunità che offre la Digital Transformation Gli anni passano velocemente e le generazioni si alternano. E’ il ciclo della vita e ci siamo abituati. Forse, però, non ci siamo resi conto di come il tempo
trascorso tra la generazione tanto “chiacchierata” dei Millennials (nati ‘81-‘96) e la generazione Z, che stiamo imparando a conoscere, sia stato così breve. Sono loro i consumatori del futuro, nati tra la seconda metà degli anni Novanta e il primo decennio del secondo millennio che entro il 2020 saranno il più vasto gruppo di consumatori in tutto il mondo. Nativi digitali per definizione, sono cresciuti con accesso alla rete e alle nuove tecnologie, multitasking e multi-channel, utilizzano una media di 5 dispositivi. Sono ottimisti e spinti dalle proprie ambizioni personali. Hanno un arco di attenzione molto breve non più di 8 secondi, in quanto cresciuti in un continuo bombardamento di informazioni imparando a valutarne velocemente qualità, utilità e scelta. Comunicano attraverso immagini e video. F o t o d i J e s s F o a m i d a P i xabay Sono una generazione on-demand, e preferiscono i servizi in streaming come Netflix. Possono fare a meno di TV e PC, ma non di smartphone e laptop. Nati o cresciuti in piena crisi economica sono attenti a come spendono il proprio denaro, ricercano prodotti dalle caratteristiche uniche che valorizzino il loro stile personale. Sono esperti nell’effettuare ricerche online e sono shopper omnichannel. Non considerano la visita al negozio inutile, non prediligono l’acquisto esclusivo sul web ma necessitano dell’esperienza d’acquisto all’interno dello store. Scopri il nuovo numero > Generazione Z Sono altruisti, ambientalisti, attivisti vogliono occuparsi del mondo, del loro futuro, cercando di essere protagonisti del cambiamento e del rinnovamento. Sono molto consapevoli e preoccupati per l’impatto dell’uomo sul pianeta. Sono imprenditori, o almeno hanno il sogno nel cassetto di avviare una proprio attività. Ogni nuova opportunità deve essere considerata purché sia flessibile,
stimolante, interessante, emozionante. E’ una generazione nata con la tecnologia a disposizione, connessa in ogni come e dove, vivendo contesti sociali diversi tra le unioni civili, i flussi migratori, la crescita delle minoranze. F o t o d i D e a n M o r i a r t y d a Pixabay Si tratta di giovanissimi che hanno mosso i primi passi nel mondo in una società che ha vissuto eventi disastrosi ed impattanti. Hanno vissuto l’11 Settembre, la crisi finanziaria del 2008 è entrata nelle loro case, l’elezione di Trump e la Brexit stanno ponendo le basi per un cambiamento globale. L’incertezza economica, il risentimento degli adulti, la sfiducia nei confronti delle istituzioni e la possibilità di avere informazioni continue a portata di click, hanno influito nel creare in loro fascino e curiosità non è più tanto la distanza anagrafica, ma la profonda differenza di comportamento, di scelte e modalità di consumo, di priorità nella vita e sul posto di lavoro. Con caratteristiche così spiccate non si può certo essere indifferenti se si pensa che sono i nuovi consumatori e saranno quelli del domani. Le aziende devono essere consapevoli di entrare in contatto con consumatori che prestano meno attenzione, ma sono in grado di filtrare le informazioni più velocemente e sono super-informati. Vanno generate strategie di engagement e conversioni, per far crescere la fiducia nel proprio brand, si dovranno studiare strategie ad hoc personalizzate e con forti leve del marketing emozionale. Potrebbe essere una strategia vincente coinvolgere la Generazione Z nella co-creazione delle campagne, in quanto si tratta di giovani che sognano una propria attività e vogliono metterci del loro. Vivono l’esperienza come una parte necessaria nel processo di acquisto, vanno trovati modi
innovativi per attirare la Generazione Z nei negozi e creare relazioni durature. F o t o d i S t a r t u p S t o c k P hotos da Pixabay Potrebbe essere utile coinvolgerli mostrando il lato umano dell’azienda, raccontando attraverso immagini e video il dietro le quinte e la quotidianità, non dimentichiamoci che sono attratti dalle story su instagram. Per approfondire: ■ Cosa rende Instagram così irresistibile? L’evoluzione di una piattaforma dal visual storytelling all’e-commerce. ■ Instagram e la promozione dei brand di lusso ■ Instagram: la piattaforma ideale per la Fashion Industry. I social sono l’habitat naturale, è quindi necessario essere presenti sui social media con contenuti brevi ed accattivanti, Facebook non è più il social di riferimento per questa generazione, tenere presente dove trascorrono il tempo, dove condividono le loro esperienze e dove esprimono le loro opinioni. Amano agire per una causa, si pensi al Friday for future “Dear adults, use your power”, la giornata di sciopero globale degli studenti per chiedere ai propri governi di intervenire con politiche ambientali mirate a contrastare i cambiamenti climatici, un po’ tutti seguaci del fenomeno Greta Thunberg e fanno della green economy un valore. Per questo dalle aziende esigono trasparenza in merito ai processi di fabbricazione di un prodotto e sono interessati alla responsabilità sociale e al rispetto dell’ambiente. Parole come ‘naturale’, ‘sostenibile’ e ‘organico’ hanno un forte impatto su di loro.
Non da ultimo, siamo di fronte ad una generazione consapevole delle proprie responsabilità e delle opportunità che offre la Digital Transformation sia per gli strumenti di cui sono in possesso sia per la conoscenza alla quale hanno accesso e fortemente consapevoli della loro influenza. Ingaggiarli nel processo di acquisto sarà una grande sfida… vedremo chi meglio ci riuscirà! Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Stai tranquillo, anche noi odiamo lo spam! Da noi riceverai SOLO UNA EMAIL AL MESE, in concomitanza con l’uscita del nuovo numero del mensile. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Professione YouTuber, quando il gioco diventa un lavoro di popolarità Visualizzazioni e click, la moneta del web Si parte per gioco, pubblicando dei video con continuità, facendo networking con altri YouTuber, costruendo un seguito di pubblico e di visualizzazioni. Non appena le views diventano diecimila, la cosa diventa interessante ed è allora che network ed aziende importanti intercettano le potenzialità e cominciano a lavorare sui contenuti migliorandoli ed ottimizzandoli per aspirare ad ottimi guadagni, trattando direttamente con YOUTUBE. Tra i pionieri del genere, Guglielmo Scilla in arte Willwoosh che ha fatto cinema e radio, Frank
Matano che ha collaborato con «Le Iene» e Cliomakeup che è sbarcata su Real Time con i suoi tutorial di trucco. Nell’epoca dei video maker dove contenuti interessanti girati e montati diventano virali, c’è chi ha fatto di Youtube un vero lavoro a tempo pieno guadagnando grazie alle visualizzazione dei propri contenuti: più vengono visti, più sono redditizi. La maggior parte degli YouTuber ha cominciato a caricare i propri video per gioco e passatempo per poi divenire un lavoro vero e proprio. Il meccanismo di ricavi del web è così alto che permette di raggiungere un potenziale stipendio, una volta che il successo in rete è ben consolidato, ed è in quel momento che gli YouTuber si trasformano in manager di loro stessi e cominciano a trarre profitti dal loro seguito. Per uno YouTuber l’unico valore di riferimento sono le Views, le Visualizzazioni: più sono, più si guadagna! Avere contenuti con tante Views non solo incrementa la quota elargita da YouTube, ma attira anche l’attenzione delle grandi aziende, le quali, volendo associare i loro prodotti ai contenuti con maggior pubblico, pagano per mandare i loro spot prima del video. Ecco che le visualizzazioni e la pubblicità sono strettamente correlate tra di loro! Fare lo YouTuber diventa, perciò, una vera e propria professione dove si possono guadagnare fino a 1000/1200 euro al mese attraverso pubblicità e partnership utilizzando il web ed acquistando in poco tempo la giusta visibilità. Le cifre possono, poi, salire se i video prendono piede e popolarità sempre maggiore. La vera difficoltà sta nel mantenere alta l’attenzione, nel continuare a lavorare sulla popolarità per mantenere costante il numero di visualizzazioni e rimanere sulla “cresta dell’onda” essendo interessanti ed innovativi. Cresce anche in Italia la schiera degli appassionati che aprono canali di astrofisica, matematica, chimica facendo decine di migliaia di contatti, ma sempre di più sono i giovani che esprimono attraverso il web, con un canale dedicato la loro passione e le loro conoscenze. Di seguito alcuni nomi che ai più sono da considerarsi sconosciuti ma che, sono divenuti personaggi super cliccati. La maggior parte sono appassionati di videogame alla conquista di un pubblico impazzito per le nuove tendenze che realizzano video su canali dedicati aperti per discuterne.
Ne sono un esempio: J0k3rR dove le iscrizioni aumentano a vista d’occhio, CiccioGamer89, IlvostrocaroDexter, Anima, St3pNy il videogiocatore che si cimenta in strane sfide gastronomiche e non solo…la sua “Ceretta Challenge” è stato un successone! Ma anche comicità e parodie come Matt & Bise, due amici che si divertono a registrare in chiave ironica sketch, parodie o sfide assurde tra ignari passanti raccogliendo consensi dalla rete; The show dove il duo Alessio e Alessandro conquistano la rete grazie ai loro Esperimenti Sociali con telecamera nascosta in grado di divertire e al tempo stesso far riflettere lo spettatore; iPantellas re della comicità, ma anche tanti tutorial come Marzia che utilizzando lo stratagemma di postare video in inglese fa sì che i suoi video siano virali oltreoceano parlando di moda, bellezza, ricette, tempo libero Per i curiosi che vogliono essere sempre aggiornati sulle novità l’invito è di seguire il sito socialblade.com e perdersi tra i tanti nuovi canali che ogni giorno nascono e che accumulano visualizzazioni e fans. Dalla top ten, si vede come YouTuber ormai famosi sono equiparati ai grandi e famosi canali quali Rai e Disney Channel,s a conferma del fatto che la popolarità è così grande da raggiungere audience diverse ed interessate. Cosa occorre? Un account YouTube, capacità di ingaggio e tanta creatività e caparbietà per rimanere al top della classifica.
Personal Branding: come promuovere il proprio Business ma anche e soprattutto se stessi Perché dovrebbero scegliere me? Sono diverse le volte che ci siamo posti questa domanda dopo un colloquio di lavoro oppure dopo un concorso. La risposta solitamente sta nell’elenco dei punti di forza che abbiamo in quel particolare ruolo o attività. Senza volerlo, in realtà, abbiamo fatto un’azione ben precisa: abbiamo preso consapevolezza di noi stessi, del nostro valore, delle nostre abilità, conoscenze etc… Abbiamo fatto il primo passo nel creare il nostro Personal Branding, creando la nostra “marca” personale, considerando cosa ci differenzia da un qualcuno diverso da noi rispetto a: come siamo, ai servizi che offriamo, alla nostra diversità. Un processo che ci porta a contraddistinguerci in modo univoco e comunicandolo in maniera efficace. Passaggio obbligato, infatti, è comunicare nel modo giusto e con i contenuti giusti creando una vera e propria strategia di marketing intorno al Brand, utilizzando le medesime tecniche utilizzate dal marketing per promuovere i prodotti commerciali adattandoli alla promozione dell’identità personale, allo scopo comune di posizionare nella mente dell’utente il brand o il nome del professionista o il servizio associato ad una peculiarità che ne contraddistingue l’essenza. Con i Social, il concetto del Personal Branding & Personal Reputation si sta rafforzando sempre di più in quanto le potenzialità degli strumenti digitali permettono di “influenzare” una comunità virtuale fatta di follower che si aspira a far diventare sempre più numerosi. Con il mercato del lavoro chiuso e sempre più difficile da affrontare il Personal Branding è una valida carta da giocare se fatta con competenza e conoscendo le regole del gioco.
P e r s o n a l B r a n d i n g Bisogna saperlo fare, sapersi destreggiare tra i social media, blog personali, eventi digitali per aumentare la propria “digital reputation” facendo emergere anche l’aspetto più emozionale, quello fatto di valori e di aspettative, che devono poi essere effettivamente riscontrate. Vi sono delle regole per la creazione di un ottimale “personal branding” che vanno seguite con attenzione per poter fare la differenza, sia se si tratta della promozione della propria persona ed immagine, che di una propria attività. L’idea innovativa funziona ma è importante cercare qualcosa che contraddistingue o contrassegna la propria attività o il proprio essere. Il primo passo è conoscere se stesso al meglio. Come farlo? Analizzare cosa si fa o cosa si è, pensare alle proprie competenze e alle proprie passioni per riconoscere il proprio valore e l’esperienza che verrà messa sul mercato. Valorizzare i propri punti di forza, anticipando possibili domande di un Cliente e fornendo in anticipo tutte le risposte. Chiedersi cosa si può offrire che altri non danno. Per rispondere a questa domanda basterà pensare ai propri obiettivi, ai propri valori e alle proprie competenze cercando di comunicare al meglio ogni aspetto che possa fare la differenza. Il proprio brand è fatto di un nome, di una immagine, di una identità e quello che molti non sanno, o non si sono mai chiesti è che anche noi stessi siamo a nostra volta un Brand. Siamo l’immagine di noi stessi, ciò che proponiamo agli altri dovrebbe essere il meglio di noi che andrebbe venduto nel migliore dei modi. La propria immagine in rete è fondamentale per “farsi notare” sia che si parli di un professionista
che di un’azienda o di un servizio. Partire da un sito, una pagina Social o un blog curato e aggiornato è senza dubbio il primo passo, pensare alla tipologia di pubblico che si vuole raggiungere è la soluzione per intercettare il proprio mercato di interesse ed identificare la giusta nicchia da “catturare”. P e r s o n a l B r a n d i n g . F o nte: gwsmedia.com Crearsi il proprio Network è importante, creare una community o partecipare a gruppi di discussione esistenti legate al proprio settore di interesse, essere attivi, coinvolgenti e farsi riconoscere come esperto in materia, è un valido approccio. Il Personal Branding soprattutto oggi che la prima ricerca si svolge in rete è opportuno e necessario per farsi conoscere, per ampliare la propria rete professionale e soprattutto per allargare il proprio mercato! Social Food: quando condividere il cibo diventa uno stile di vita, un mestiere, un’opportunità. Un’istantanea per stimolare i sensi
Cucinare, preparare il cibo, assaporarlo è da sempre un’esperienza innata che fa parte di noi, consumare del cibo insieme è uno dei momenti del vivere comune, la convivialità e l’ospitalità diventano un simbolo ma ancor di più un gesto espresso con naturalezza da ciascuno di noi che spontaneamente, intorno ad una tavola condivide con l’altro il pasto disponibile. Da sempre banchetti e feste sono stati momenti di incontro accomunati dal bere e dal mangiare, raccontati nella storia quali intramontabili attimi che ancora oggi, anche se modificati ed evoluti, restano fondamentali. Una volta la tavola era considerata sacra, la famiglia vi si riuniva per consumare il pasto caldo e discorrere della giornata, si preparavano grande cene per festeggiare avvenimenti importanti, si condividevano momenti ed esperienze assaporando del buon cibo. F a m i g l i a a t a v o l a Oggi è il cibo a diventare esperienza di convivialità, è il cibo a diventare protagonista della tavola non solo nei discorsi per l’occhio critico di chi assapora pietanze stellate, ma anche per chi ne fotografa l’impiattamento o ne immortala la bellezza. Con la complicità dei social, quali Instagram, Flickr, Pinterest e dei numerosi programmi di cucina, i food blogger impazzano sul web, ma chiunque condivide pietanze altrui che stimolano vista e gusto. Fotografare il cibo al ristorante è ormai una prassi, uno scatto di “un’opera d’arte” che
chiunque può condividere. Ma è un po’ come rubare un quadro famoso solo che lo scatto rubato diventa virale e spesso non ha la firma del vero autore. Un tempo erano le ricette a farla da padrone sulle riviste oggi, invece, quello che conta è l’immagine, che sia un piatto cucinato con maestria, una semplice insalata, o un abbinamento strano, l’importante è immortalarne i sensi e condividerlo per collezionare like e piacevoli commenti. S o c i a l f o o d Se da un lato il Social Food sta contribuendo a rendere tutti più “conoscitori di specialità” indottrinando le masse, anche con il supporto dei diversi format di cucina disponibili, dall’altro si crea il paradosso della condivisione. Condividere sui Social porta, spesso, a non condividere nella vita reale. Si è pronti a scattare un’istantanea da pubblicare ma viene sempre meno il concetto di tavola e cibo nel significato che fino ad oggi gli abbiamo sempre attribuito. Spesso, infatti, manca la vera condivisione quella di chi è davvero a tavola con noi, e non nella vita virtuale sul web. Basta guardarsi intorno al ristorante per vedere come di un’intera famiglia, capita spesso, che gli sguardi siano focalizzati sullo smartphone dopo un’istantanea del proprio piatto.
S o c i a l f o o d , i l p a r a d o sso della condivisione Condividere attraverso il web, però, offre anche grandi opportunità come permettere azioni benefiche. Ne e’ un esempio I Food Share, “una piattaforma on line di condivisione del cibo che permette di coniugare la richiesta di prodotti agroalimentari per scopi umanitari con il recupero e la messa a disposizione del cibo a partire dal comune cittadino fino alla grande e piccola distribuzione e alle aziende agricole che vorranno offrire il loro surplus a scopi solidali.” Il Social Food è a tutti gli effetti “cibo sociale” sia che l’uso ne venga fatto per condividere cibo con chi non ne ha, sia per condividere del cibo in maniera virtuale, oppure intorno ad una tavola imbandita, nella maniera più tradizionale quale intramontabile convivialità. Net Art: L’arte di fare network - un’anima immortale Quando arte e comunicazione si incontrano in un nuovo paradigma, in continuo movimento. Nuovi modelli di comunicazione sono all’ordine del giorno, diverse sono le opportunità di interagire e di vivere un’esperienza di una comunicazione innovativa, fatta di linguaggi e contenuti nuovi con un’unica parola d’ordine: condivisione e libero accesso ai contenuti. Contenuti freschi,
diversi, linguaggi di programmazione, contenuti multimediali, interattività spinta, sempre in connessione. E’ questa la Net Art. Questo bisogno incontrollabile di una forma d’arte che sposi il cambiamento e sia al passo con i tempi, in continua trasformazione e velocità che cambia volto e cambia essenza dove i contenuti, i messaggi e significato si mescolano all’esperienza della fruizione sul web. Un’associazione di “rete” ed estetica che aggira la tradizionale modalità di fruizione in Gallerie e Musei, demandando il ruolo principale ad internet o ad altre reti telematiche. Un’arte di carattere con principi ben definiti che ne identificano la tipologia in un genere artistico che si differenzia attraverso la sua capacità di fare network ed attraverso il suo “essere connesso”, una forma d’arte digitale, capace di evolvere e adattarsi. Quando si parla di net art, bisogna immaginare caratteri alfanumerici e caratteri speciali (punteggiatura, accenti etc…) che vanno a “disegnare” soggetti reali e riconoscibili, spesso utilizzata per realizzare ritratti, panorami e nature morte, ma anche pubblicità e volti “viventi” seppur innaturali. Sfruttando proiettori sempre più avanzati e precisi, si riescono a realizzare espressioni facciali simili a “statue viventi”, un fenomeno che sta prendendo sempre più piede, comunemente identificato in Face Hacking che potrebbe essere associato ad un personaggio virtuale sempre più
personalizzato al tempo dei social. D’altronde l’arte di fare network è una pratica da sempre stimata e riconosciuta anche se oggi è per lo più telematica e demandata alle community e ai social. E se “l’arte è immortale”, nell’immaginario comune lo è ancor di più quella in rete dove, ciascun contenuto diventa “ripescabile” ed ancor più naturale viene l’associazione della net art con i social network avendo in comune la creazione di contenuti innovativi, con comunicazione interattiva che ne stimolano la condivisione e che non potranno essere “cancellati” dalla rete che intrappola e porta all’immortalità. Keats, nella sua ode su un’urna greca, affermava che l’arte è perfetta, poiché immortale, ma statica e immobile un paradigma che a distanza di tempo è cambiato proprio per la sua dinamicità ed opportunità di essere viva e in continuo movimento.
Da Reporter a Digital Writer fino a diventare Blogger e Producer: la nuova frontiera del “documentare” Documentare qualsiasi cosa, ovunque ci si trova al limite del possibile per poi pubblicarla, condividerla, renderla immortale – Professione Reporter – armato di macchina fotografica e taccuino prima, di videocamera e microfono, poi, ed oggi esclusivamente di smartphone, nel nuovo modo di considerare la professione. Quello che prima era un mestiere ricercato e di nicchia, oggi è divenuto uno stile di vita comune ai più che, con capacità narrative e produttive oltre che conoscenze tecniche nell’utilizzo di nuove tecnologie, riescono a “confezionare” storie in grado di documentare e fare informazione. Ripercorrendo all’indietro le tappe del “documentare” è facilmente riconoscibile l’evoluzione e la trasformazione che la scrittura ha visto nella sua tradizione. Prima Reporter, poi Digital writer, fino a diventare produttori di informazioni, professionisti del settore che si sono reinventati, messi in discussione o che hanno iniziato la loro professione direttamente dal 2.0 dell’informazione, approcciando ad un mondo seppur conosciuto ma di gran lunga differente con regole nuove e
metodologie diverse. Lettori di lunghi reportage, hanno lasciato il posto a fruitori di documentari, fino a doversi improvvisamente confrontare con una RETE dove essenzialmente vi erano lettori che cominciavano ad assaporare nuovi modi di lettura, preferire l’eBook al tradizionale libro, il magazine on line al tradizionale giornale e così via…Lettori nell’essenza del termine che si limitavano a leggere contenuti sviluppati da altri. Poi un cambio di rotta verso un desiderio sempre più forte di contribuire, partecipare attivamente, commentare, rispondere, condividere e produrre a propria volta contributi… Ecco che chiunque diventa autore: autore di informazioni, autore di storie, autore di contenuti che cominciano a popolare la rete, non più per essere letti ma per essere CONDIVISI. Ecco che nascono i Produttori di informazioni, coloro che identificano in qualsiasi momento un’opportunità per raccontare e condividere un’esperienza: qualche riga di didascalia, una foto, un video o un’immagine e via sul web, in un post o in un tweet. Un passaggio evolutivo così repentino da non rendersene conto se non fermandosi a pensare a come
il cambiamento si è velocemente impossessato di una modalità, ormai diventata abitudine. D’altronde il blogger è una professione che sta affiancando il giornalista in termini di autorevolezza, è colui che scrive liberamente di ciò che lo appassiona senza obbligo di scadenze fisse e senza essere legato a rapporti lavorativi con una testata o un’azienda. Un free lance, insomma, che produce contenuti innovativi con continuità e che è sempre più un Influencer della Rete, capace di far parlare di sé e dei suoi “contenuti”. Una professionalità riconosciuta da poco e che sta sempre più spopolando soprattutto nel mondo del Retail. Reporter, Digital writer, Producer sono facce della stessa medaglia con il comun denominatore di raccontare e documentare ma a ciascuno il suo … canale, approccio e metodologia per professionalità e stili del tutto differenti. Information o Transformation? Il nuovo valore della COMUNICAZIONE L’arte oratoria di una volta oggi è nello storytelling, l’opportunità di “raccontare” stimolando i sensi e l’immaginazione. Pensate che informazione e comunicazione siano la stessa cosa? Posso confermarmi che vi sbagliate…e vi spiego perché. Informare nella sua etimologia del termine significa portare qualcuno a conoscenza di qualcosa mentre comunicare esattamente significa rendere noto, far sapere. La differenza c’è ed è sottile e va letta tra le righe dell’intenzione perché è lì che tutto si svela e diventa chiaro. Sono due volti della stessa medaglia che mostrano due diverse realtà e sollecitano diverse attenzioni.
L’i nf or m azi on e pu ra e ve riti er aè l’arte dell’ “informare” per il solo scopo di farlo e con la sola necessità di esercitare un diritto di cronaca o di condividere un’informazione che mette al centro il potere della veridicità di quello che si sta raccontando, senza fronzoli o mezze verità. La comunicazione è l’informazione rivisitata per attrarre e coinvolgere, è la pillolina magica che indolora le notizie più negative o che mette del pathos solleticando le curiosità e invogliando sempre più a leggere, approfondire, ricercare e perché no, se lo scopo ultimo è fare business, portare ad acquistare un prodotto/servizio. La comunicazione è un abbellimento destinato a convincere il consumatore che un prodotto è superiore o più innovativo ad altri sul mercato, l’elettore che il candidato scelto risponde ai requisiti espressi dal cittadino, il lettore che quella testata è più vicina alla propria ideologia e così via per qualsiasi forma di messaggio che diventa evocativo, accattivante nascondendo un retro-pensiero: stuzzicare l’interesse del destinatario al fine di raggiungere l’obiettivo di chi lo mette in pratica. Ecco che se pensiamo alle nuove modalità di fare informazione, ci rendiamo conto che si avvicinano sempre più allo stile “comunicazionale” che a quello puramente informativo. Dai telegiornali ai programmi di approfondimento, dall’utilizzo di tutti i media di massa ai social e con l’avvento del digitale la sinergia tra rapidità tecnologica e l’uso di massa degli strumenti di comunicazione, ne ha accentuato le differenze.
Co sì l’a rt e de l co m un ic ar e diventa una strategia, una “marketing solution” dove scende in campo la trasformazione dell’informazione in nuovi modelli di comunicazione, nuove soluzioni, nuove possibilità, nuovi canali che partendo dalla realtà dei fatti o dalla verità di una informazione diventa Storytelling, un marketing narrativo innovativo dove l’informazione è potere ma il modo in cui lo si fa è innovazione: traducendo e promuovendo le “cose” in parole, immagini, suoni, percezioni rendendole vere ed entusiasmanti Fare storytelling significa: ■ Creare emozioni legate ad un prodotto/un brand/un fatto/un’iniziativa; ■ Accendere i “sensi” per comunicarne il valore; ■ Raccontarne la storia; ■ Creare una nuova concezione, posizionare nella mente dell’ascoltare un significato percepito; ■ Coinvolgere e non convincere, perché in realtà questo succede naturalmente; Siamo immersi in un universo narrativo dove l’informazione è un continuo evolversi attraverso canali sempre più nuovi e di impatto stimolando i sensi e raccontando STORIE che possono più o meno interessarci. Citando H. Lasswell, “la comunicazione è chi dice, che cosa, a chi, per mezzo di quali canali, con quali effetti”; un circolo seduttivo che apporta valore nella persuasione e che solo utilizzandolo nel modo corretto e con i canali e mezzi giusti, porta al risultato. I te m pi d el “ te l e f o
no senza filo” dove il messaggio iniziale non corrispondeva mai con quello che in realtà si voleva trasmettere sono finiti, oggi vi sono tutte le possibilità e gli strumenti per Comunicare efficacemente, basta saperlo fare! Editoriale Gennaio 2017 – Ivan Zorico In un mondo in costante trasformazione tutto è messo in discussione. Tutto assume nuove forme e nuovi significati. Stili di vita, mestieri, modi di comunicare e di relazionarci. Dal lancio di questo giornale – maggio 2014 – abbiamo parlato di molteplici argomenti e settori economici. E, come avrete avuto modo di constatare, tutti questi temi sono stati trattati attraverso la lente della comunicazione e dei nuovi scenari determinati dall’avvento delle nuove tecnologie. Per questo mese, abbiamo deciso di affrontare un tema abbastanza delicato. Un tema che, soprattutto qui in Italia, forse non si affronta ancora con la giusta serenità, che magari è per certi versi considerato ancora un tabù e del quale, certamente, non si parla abbastanza: la sessualità e la pornografia al tempo di internet e dei social media. In particolare abbiamo voluto affrontare questo tema in chiave socio-psicologica, cercando di capire come internet e le nuove tecnologie stanno cambiando, o hanno già cambiato, le abitudini ed anche l’approccio al sesso dei più giovani, così come quelle di altre generazioni. Ci siamo quindi affidati alle parole di uno dei massimi esperti in materia in Italia, lo psichiatra e sessuologo Marco Rossi: Presidente della Società Italiana di Sessuologia ed Educazione Sessuale, Responsabile della Sezione di Sessuologia della Società Italiana di Medicina Psicosomatica, nonché volto noto della TV italiana (“Loveline” di MTV, “Buona Domenica”, “Maurizio Costanzo Show”, “Pomeriggio 5″, “Italia
sul Due”). Ma non solo. Vi proponiamo una sorta di reportage, dal passato sino ad oggi, sul modo di vivere la sessualità, ed un intervento sul sesso virtuale al tempo dei social network. Ed altro ancora. Sappiamo che l’argomento è molto vasto e delicato. Noi lo abbiamo affrontato alla nostra maniera: senza reticenze, morbosità o cadendo nel banale. Ma con la sola voglia di indagare e mettere in risalto un fenomeno diffuso, di cui forse non si conoscono (e riconoscono) tutti gli impatti e conseguenze. E come sempre, se avremo centrato il bersaglio, sarete solo voi lettori a dircelo. Buona lettura. Second Life – un avatar per tutto anche per amare, quando basta un click per vivere una vita parallela! Insieme in una stanza si…ma virtuale, la nuova frontiera del sesso interattivo: avatar, chat, oculus, robot quando la realtà raggiunge le fantasie più recondite.
A quanti di voi non piacerebbe essere in casa propria per poi improvvisamente catapultarsi in un mondo parallelo, vivendo una vita parallela con un semplice click?E’ l’ultima frontiera del navigare su internet: vivere un vita virtuale in un mondo virtuale a tre dimensioni, una vera e propria Second Lifetra luoghi in 3D da costruire, in cui chattare, dove giocare.Il mondo virtualediventa sempre più simile alla realtà, dove i personaggi sono quasi reali, i vestiti alla moda, le donne sono bellissime gli uomini sembrano attori del cinema e vi sono animazioni divertenti e fantasiose, da guardare e con le quali interagire. Se una volta si era abituati ad assistere passivamente a quello che succedeva nello schermo, oggi quest’ultimo non esiste più, non vi è alcuna barriera con la virtualità, basta indossare degli occhiali speciali per catapultarsi direttamente all’interno e farne parte o crearsi un avatar: la trasposizione dell’individuo reale nel mondo virtuale.Se questa nuova moda si sta espandendo per i giochi, per i film, per i documentari, non esclude nessuna delle modalità di interazione e comunicazione solite della vita reale. Quella che prima era una conoscenza in un bar, in un locale, in una discoteca; oggi è l’incontro in chat, in unsito di incontri, in uno dei tanti canali web disponibili. Sempre meno “chiacchiere” guardandosi negli occhi, sempre meno effusioni ed emozioni tangibili… Si è nella stessa stanza si… ma in una stanza virtuale con un interlocutore spesso sconosciuto, con l’interesse dell’ignoto e senza nessuna opportunità di tatto. Uno schermo distanzia e rende più “liberi” di esprimersi a parole, con gesti, video ed immagini, muovendo i fili di una relazione fatta di intrigo e di mistero che nella maggior parte delle volte si consumerà in quegli attimi, per svanire subito dopo. E’ questa la nuova frontiera della comunicazione soprattutto dei giovanissimi, ma non solo, che si affacciano alla sessualità virtualmente, mandando avanti un avatar che possa rompere il ghiaccio, uscire dagli schemi per poi chiudere il pc pensando di aver vissuto un’emozione che di reale ha solo il tempo, che intanto è trascorso veloce. Basterà, poi, indossare i magici oculus (occhiali della realtà virtuale) per assaporare l’emozione di un’ora di sesso virtuale (che non coincide con il sesso davanti ad una webcam) nell’illusione di viverlo realmente quando, invece, si sta prendendo parte ad un gioco interattivo. Allora se la fantasia diventa realtà, non è lontano il tempo in cui i compagni di esperienza sessuale potrebbero essere robot e dispositivi virtuali e ci si chiederà: e se il sesso virtuale diventasse
migliore di quello reale? Il Sesso ai tempi di internet: parla il sessuologo Marco Rossi L o p s i c h i a t r a e sessuologo Marco Rossi: Presidente della Società Italiana di Sessuologia ed Educazione Sessuale e Responsabile della Sezione di Sessuologia della Società Italiana di Medicina Psicosomatica. Da tempo si sente parlare di rivoluzione digitale. Da tempo si sente parlare di cambio di paradigma. Da tempo si sente parlare di nuove frontiere. E tutto questo parlare, da tempo, gira inesorabilmente intorno ad una sola parola: Internet. Internet, se ci pensate, ha toccato prima, e mutato poi, ogni aspetto della nostra vita. Qualsiasi aspetto, nessuno escluso. Non possiamo assolutamente immaginare, infatti, un luogo di lavoro senza un pc collegato ad una rete internet; addirittura, oggi, la stessa idea di luogo di lavoro fisico è cambiata. Basta un qualsiasi device collegato ad una rete internet per essere operativi e connessi in qualunque luogo ci troviamo (aeroporto, treno, bar, o altro ancora), proprio come lo saremmo se fossimo seduti nella nostra abituale postazione di lavoro. Ma pensiamo anche a come prenotiamo le nostre vacanze, a come eseguiamo le operazioni bancarie, a come guardiamo i film e le serie tv, a come ascoltiamo la
musica, eccetera eccetera. L’elenco, capite bene, è praticamente infinito. Internet, poi, ha cambiato l’uso del nostro linguaggio: email, chat, social network. Cambiando il nostro linguaggio e le modalità di comunicazione, evidentemente, è cambiato il modo in cui comunichiamo e relazioniamo. Così diceva a riguardo il sociologo e filosofo Marshall McLuhan: “Le società sono sempre state modellate più dal tipo dei media con cui gli uomini comunicano che dal contenuto della comunicazione”. E questo affermava il chimico e filosofo Joseph Priestley: “Più elaborati sono i nostri mezzi di comunicazione, meno comunichiamo”. Quindi, a questo punto vi chiedo: cosa accade se due persone smettono di parlare “faccia a faccia” e le loro comunicazioni vengono mediate da uno strumento? E conseguentemente: come internet ha inciso e cambiato il modo di comunicare tra persone ed influenzato il loro rapporto con la sessualità? Certo, ognuno di noi ha la propria idea a riguardo ma, certamente, sarebbe meglio affidarsi ad uno esperto. E questo è quello che abbiamo fatto. Abbiamo posto questa e altre domande allo psichiatra e sessuologo Marco Rossi: Presidente della Società Italiana di Sessuologia ed Educazione Sessuale, Responsabile della Sezione di Sessuologia della Società Italiana di Medicina Psicosomatica, nonché volto noto della TV italiana (“Loveline” di MTV, “Buona Domenica”, “Maurizio Costanzo Show”, “Pomeriggio 5″, “Italia sul Due”). Dott. Rossi, come internet ed i social network hanno modificato la sessualità delle giovani generazioni? Queste nuove modalità di comunicazione – app, chat e social network più in generale – hanno sviluppato una estrema velocità di contatto tra persone. Tale velocità e modalità di scambio comunicativo ha generato una ed una . La velocità nei rapporti fa fare subito un salto alle fantasie sessuali, così che – provocatoriamente – può capitare che due persone arrivino a compiere atti sessuali prima ancora di baciarsi; dove appunto il bacio è qualcosa di più . Oggi si arriva al seguente paradosso: uso eccessivo del corpo ed incorporeità delle relazioni. Attraverso le app di incontri – Tinder su tutte, ma potrei citarne tante altre – arriviamo a lambire un vecchio spauracchio della fine del secolo scorso: potremo mai essere comandati dalle macchine? Anche qui sarò provocatorio, ma sino ad un certo punto. Se ci pensa, oggi 2 persone si incontrano per mezzo di una app che li seleziona per mezzo di un algoritmo che intreccia interessi, passioni e altro. Queste due persone magari si piaceranno e da questa relazione, forse, nasceranno anche dei figli. Ma ora mi domando: queste relazione e questi figli sono il frutto di una libera e casuale scelta o
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