I dispiaceri della Carne - Luciano Pignataro

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I dispiaceri della Carne - Luciano Pignataro
I dispiaceri della Carne

di Fabrizio Scarpato

E' scattata l'ora legale, o solare. Non si sa mai esattamente se quella che
perentoriamente scatta, sia l'ora legale o l'ora solare. O forse non ce ne importa nulla.
Nemmeno se dormirò un'ora in più o in meno, mi importa: dormirò quanto mi verrà di
dormire, è domenica. Anche se mi assale il dubbio che l'eventuale beneficio
guadagnato si disperda, si consumi, nel disperato tentativo di quantificarlo
definitivamente. Fino a contare le ore, senza dormire. Come quel Gaber, mai sicuro di
aver chiuso il rubinetto del gas: allora lo apre e lo chiude, lo riapre e lo richiude. Per
sicurezza, nell'insicurezza. E si addormentava sui fornelli. Col gas aperto.

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Quando scatta l'ora legale, o solare, o tutt'e due, è bene non mostrare segni di
debolezza, chessò sbadigliare, aver fame o sonno: c'è sempre qualcuno che ti ricorda
che è logico, che l'organismo deve adattarsi al nuovo orario, specie al lunedì,
soprattutto al mattino, meglio se in ufficio o in ascensore: ora più, ora meno, sempre
disagio comporta. Quasi che il disagio dipendesse dall'orologio o dal calendario. Allo
stesso modo, per quanto cerchi di evitarlo, c'è sempre un altro qualcuno che scopre,
fatalmente, poeticamente, ineluttabilmente che s'è fatto buio presto: dio come si sono
accorciate le giornate, o allungate le giornate: guarda è ancora giorno.
Voci, nient'altro che voci, moti d'affetto, forse non ne potresti fare a meno, segnano il
passare del tempo, il vivere. Come il Natale, che ogni anno, come ogni anno, anche
quest'anno passerà.

Vivere, dormire, mangiare forse: carne, anche. Bistecca o non bistecca: “se sia più
nobile d'animo sopportare gli oltraggi, i sassi e i dardi dell'iniqua fortuna, o prender
l'armi contro un mare di triboli e combattendo disperderli”. La carne divide, taglia le

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opinioni come lama affilata: le solite opinioni, sempre le stesse, che ci accompagnano,
utile monito o rottura di zebedei, possibilmente senza il ditino alzato.

Piove, anzi diluvia, in questo primo giorno di ora legale, o solare: i forzati della bistecca
si mettono in viaggio. Tra pozze d'acqua e motoscafi da strada, tra secchiate in faccia e
camper che chissàdovevannoconstotempo, i mezzi da sbarco puntano, pur con qualche
difficoltà, verso la piana del pane sciapo: Altopascio, per la precisione Orentano, che è
patria di “pizzattari” e carnevali, ma anche il paese dove officia un grande bistecchiere:
Benito, pizzeria e trattoria. Tutto un programma.
Piove, anzi diluvia su Massa: se tutti noi passanti, in quel momento, avessimo potuto o
saputo gridare, forse una mamma e il suo bambino si sarebbero affacciati sull'uscio,
forse un contadino del Candia non si sarebbe arrampicato sul costone per protegger le
sue vigne. Forse.

Mi ipnotizzano le frecce illuminate e tremule che disegnano le grandi curve

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dell'autostrada: mi ricordo di un piccolo articolo in cui si parlava di un centinaio di
bambini veronesi che sono educati gratuitamente, presso la struttura pubblica, verso
una alimentazione “verde”: piccoli vegetariani crescono. Si eliminano le proteine
animali per contrastare la formazione di cellule adipose e possibili, pericolosi eccessi di
peso; si sostituiscono le proteine animali con legumi e cereali: per ottenere i risultati di
una bistecca basta mangiarli insieme, dice il medico. I bambini hanno un'età che va dai
cinque mesi ai tre anni: non so quante bistecche possano desiderare di mangiare, ma
non credo neppure che possano andare pazzi per una pasta e fagioli. Desiderare,
conoscere, scegliere forse. Allo svincolo di Viareggio rallento: non sono affatto sicuro
che un'educazione alimentare, per quanto doverosa, passi attraverso un' imposizione.
Quei bimbi sono un po' più poveri, solo un po', ma lo sono: e non per loro scelta, anzi, lo
sono proprio perché qualcuno ha scelto per loro.

Andrea-Da Benito

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Certo quei bimbi, cresciuti, nemmeno si sarebbero posti il problema di arrivare, sotto
una pioggia finalmente normale, fin da Benito. Magari contenti avrebbero trovato
cereali e legumi, pizze e focacce sottili, fagioli e farro, non so se avrebbero goduto della
ritrovata presenza sulla tavola di un mai dimenticato fiasco di chianti imprecisato, ma
sarebbero usciti ai titoli di testa, perché il film, lo spettacolo se lo sarebbero perso, e lo
spettacolo è la fiorentina. Fate come volete, ragazzi, ci mancherebbe, ma io resto.
Resto per quel cuore rosso e burroso, morbido e succoso, resto per la crosticina
cauterizzata e maillardée, resto per il gioco di consistenze e sapori, resto per quel
sottile diabolico sentimento di gusto che provo nel tagliare al coltello una fetta di carne
che incido netta e precisa come un budino. Sarebbe una sequela liturgica di gesti e
profumi lenti e profondi, se una certa tendenza al raffreddamento, colpevolmente
sollecita, non consigliasse uno sforchettamento solo un filo abbuffatorio che, in genere,
preferirei davvero evitare.
Bistecche come piovesse, è proprio il caso di dire: due a noi, tre di là, altre tre laggiù.
Mezzo chilo a testa, decine di chili di fiorentine: limousine o charolaise, italiane, chissà
se importa. Locale sempre pieno, tanta roba.

Vacca sacra

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L'abbuffata è finita, nel 2050 la carne costerà più del caviale: vaglielo a spiegare sia a
Benito che ai suoi affamati avventori. Il mondo è a corto di bovini, i prezzi dei mangimi
sono alle stelle, cinesi e indiani (anche loro, ebbene sì) cominciano inopinatamente ad
appassionarsi alla braciola. Risultato: i prezzi dei derivati sulla bistecca alla Borsa di
Chicago sono schizzati all'insù ed è concreto il rischio che prima o poi gli aumenti si
riverseranno nei carrelli della spesa.
Nell'immenso ranch americano i bovini sono ai minimi storici e il Brasile riesce a
malapena a soddisfare la richiesta nazionale: se fino ad oggi la carne è stata accessibile
solo a qualche centinaio di milioni di esseri umani, bussano alle stalle nuovi
consumatori spinti dagli andamenti delle rispettive economie. Basta che i cinesi
decidano di mangiare un chilo di carne in più all'anno per travolgere gli equilibri del
mercato: ipotesi nemmen tanto fantascientifica se è vero che nei dodici mesi un cinese
consuma solo cinque chili di ciccia, contro i ventiquattro di un italiano e i quarantatre di
un americano.

Domanda e offerta, solita legge: mi basta l'aspetto economico, non mi aggrappo al fatto
che gli allevamenti intensivi potrebbero consumare risorse, inquinare, ammalare o

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maltrattare. Non cerco scelte radicali e tantomeno integraliste sull'onda della paura e
dell'insicurezza: cerco soluzioni, rigetto le assoluzioni, mi pongo interrogativi, fuggo gli
esclamativi, non disdegnando di riflettere, anche con Jonathan Safran Foer. Frega
niente delle barricate, ma la mia curiosità non è svilita dall'idea di una riduzione dei
consumi: la carne alla domenica, come una volta. Molto difficile per noi che
colpevolmente ne mangiamo quasi senza accorgercene, ma forse, stando agli esperti,
così facendo si potrebbero evitare i rincari, certamente si mangerebbe in modo più
equilibrato e quindi più sano, probabilmente vitelli, mucche e tutta la fattoria, in cuor
loro non avrebbero niente da ridire.
I gioielli di Tiffany sono ancora molto lontani da Benito, e sarebbe interessante sapere
quante volte, tra un carnevale e l'altro, i suoi moltissimi clienti lo vanno a trovare,
anche se quella fiorentina è già oggi una scelta di qualità, per certi versi accessibile a
tutti, seppur saltuariamente. Ma gli altri giorni? Tutti gli altri santi giorni?
Comunque oggi è domenica, e piove: al caviale penseremo domani, anche se, con una
certa apprensione, non faccio fatica ad immaginare i nostri nipotini, stucchevoli gurmè
del 2050, infighettarsi specchiandosi, beati, in una tartara di fassona battuta al coltello,
servita a prezzi da sballo. Esibizionismi di ritorno.
Gli dèi della pioggia, tutto sommato, avrebbero potuto, magnanimi, concederci qualche
attenuante: ma d'improvviso, come le ossessioni sull'ora legale, o solare, cui siamo così
rassegnatamente affezionati, puntuale, serena e alla fine amabile, una voce in fondo a
un tavolo chiese una fiorentina ben cotta.
E Giove Pluvio aprì le cateratte del cielo.

Trattoria Pizzeria Da Benito – Orentano (Pisa)
Piccoli vegetariani crescono. Sotto controllo – Il Venerdì di Repubblica
Ettore Livini – Carne, l'abbuffata è finita: costerà più del caviale – La Repubblica

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