Retina Suisse Giornale - Journal - 2-3/2008 Esce quattro volte l'anno
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Retina Suisse Giornale – Journal 2–3/2008 Esce quattro volte l’anno L’associazione d’aiuto reciproco di persone con retinite pigmen- tosa (RP), degenerazione maculare, sindrome di Usher e altre malattie degenerative della retina
Impressum Redazione: Christina Fasser e Renata Martinoni Retina Suisse, Ausstellungsstrasse 36, 8005 Zurigo Tel. 044/444 10 77, fax 044/444 10 70 info@retina.ch, www.retina.ch Testo italiano: Renata Martinoni Impaginazione e stampa: KSD Kohler, 8033 Zurigo Giornale parlato: Centro di produzione Unitas, 6900 Lugano Abbonamento annuo: è compreso nella tassa sociale Il Giornale esce: in italiano, francese e tedesco, in versione scritta e parlata Conto postale: CP 80-1620-2 Siamo grati per ogni offerta! No. 106–107, giugno 2008
Sommario Editoriale (R. Martinoni, C. Fasser)................................ 3 Approcci terapeutici Comunicato stampa del 27.4.08 sulla terapia genica per la cecità ereditaria ...... 8 Nuove vie nel trattamento della AMD secca e della malattia di Stargardt (S. Schmitz-Valckenberg) ........................... 13 Ricerca, medicina, diagnostica Ciliopatie e retinite pigmentosa (C. Marchese) .............................................. 25 Nuove tecniche per la diagnosi genetico- molecolare (C. Marchese) .......................... 28 Discussione Avastin – Lucentis: la posi- zione del comitato di Retina Suisse .......... 33 Retina in provetta? Cellule embrionali imparano a percepire la luce ..................... 35 Porte aperte all’Istituto di genetica medica dell’Università di Zurigo (R. Martinoni) ............................................. 38 Giornale Retina Suisse 2–3/2008
Vivere con ... Aspetti psicologici dell’handicap visivo (S. Baus) ...................................................... 42 Handicap e politica Deciso dal Parlamento un finanziamento supplementare dell’AI (Comunicato stampa di AGILE) ....................................... 51 L’albo Formulario per la cassa malati .................. 53 Nuovi sistemi di semafori (ZABBS) ............ 53 Sentiero didattico in Capriasca ................. 54 Annunciato un nuovo Milestone, il 312! (C. Fasser) .................................................... 55 Da non perdere: InfoVision 2008 .............. 56 A proposito… Che cosa porterà il futuro? (R. Hotz) ........ 58 Le date da ricordare .............................. 60 2 Giornale Retina Suisse 2–3/2008
Editoriale Care lettrici, cari lettori Nel 1979 nasceva, per iniziativa di un gruppo di persone con retinite pigmentosa, l’associazione RP Svizzera. Tema centrale era l’esigenza di tro- vare una terapia. Dal 1979 sono passati quasi trent’anni e oggi, per la prima volta, possiamo riferire del successo di un trattamento per la RP mediante terapia genica (si veda il comunicato stampa sul presente giornale). A frenare l’entu- siasmo «ci pensa» però la particolarità della RP in questione, una forma molto rara d’amaurosi con- genita di Leber che si manifesta nella prima in- fanzia, dovuta a una mutazione del gene RPE65. Eppure l’approccio terapeutico ora collaudato è di grande significato in quanto fornisce la prova che in via di principio in determinati casi le dege- nerazioni retiniche autosomico-recessive si pos- sono trattare con una terapia genica sostitutiva. O per dirlo in altre parole: il metodo usato non serve solo per una singola forma di RP, bensì può essere applicato anche ad altre sue forme. Final- mente Retina Suisse non deve più continuamente ripetere che se terapia ci sarà, sarà per più tardi. Eppure un ma c’è: la terapia genica è un tratta- mento mirato e perciò è indispensabile conoscere Giornale Retina Suisse 2–3/2008 3
i geni mutati (che in fatto di affezioni retiniche se ne conoscano tanti, anche se non tutti sono iden- tificati, potete leggerlo nel contributo della dot- toressa Cristiana Marchese). Per noi pazienti que- sto significa che dobbiamo sapere quale gene mutato stia all’origine della nostra malattia. Il relativo termine tecnico, che avrete già letto o sentito, è «genotipizzazione». Retina Suisse ne parla da almeno 4 anni. Infatti, in vista delle tera- pie a venire, è indispensabile che il maggior nu- mero possibile di persone conoscano il gene mu- tato responsabile della loro malattia. Spesso il discorso è messo in relazione con il registro dei pazienti perché l’una e l’altra cosa «vanno a brac- cetto». Ma, cosa significa tutto questo per le per- sone con degenerazioni retiniche? È presto detto: se vogliamo farci curare appena una terapia è disponibile, dobbiamo per forza conoscere il nostro genotipo. Ci si arriva attraverso una dia- gnosi precisa che comprende il quadro clinico della malattia, la storia di famiglia se ricostrui- bile, e l’analisi del DNA. E se i dati sono inseriti nel registro dei pazienti, i suoi gestori avranno premura di avvisare tutte le persone che entrano in linea di conto appena qualcosa si muove per il loro caso specifico. È ormai evidente che anche noi, in quanto pazienti, dobbiamo agire. Nel 1979 non potevamo fare altro che aspettare e sperare, oggi possiamo fare molto di più anche se molti di 4 Giornale Retina Suisse 2–3/2008
noi devono ancora pazientare perché non tutti i geni che provocano una RP sono identificati. Siccome una serie di terapie «è dietro l’angolo», ognuno di noi deve riflettere se voler tentare effettivamente una cura. Questa decisione è nostra e soltanto nostra, nessun altro se ne inca- richerà. Retina Suisse informa i suoi membri nel modo più completo possibile e crea anche occa- sioni d’incontro con altre persone in situazione analoga alfine di stimolare le discussioni e lo scambio d’esperienze. Tutto ciò non significa però che Retina Suisse guardi solo ancora ai risul- tati della ricerca scientifica e ai progressi della medicina. L’informazione e la consulenza ai mem- bri, l’aiuto reciproco e la sensibilizzazione del- l’opinione pubblica continuano a stare al centro del nostro lavoro e il reperimento di mezzi per sostenere la ricerca non ha mai fine per defini- zione. Abbiamo bisogno, tra l’altro, di soldi per la genotipizzazione di bambini e giovani con amau- rosi congenita di Leber (LCA) e per il registro dei pazienti. E non da ultimo vogliamo occuparci dei temi d’attualità della politica sociale svizzera per- ché gli sviluppi nell’ambito delle assicurazioni sociali non possono lasciarci indifferenti (si veda in merito il comunicato stampa di AGILE sul fi- nanziamento supplementare dell’AI). Giornale Retina Suisse 2–3/2008 5
Il tempo passa in fretta. Nel 2009 la nostra asso- ciazione compirà trent’anni. Un bel traguardo e magari il momento di riposare sugli allori… In- vece no, siamo già all’opera per preparare una «festa di compleanno» degna del suo nome, in- formativa e istruttiva, ricca di contatti con spe- cialisti di grido e membri – il tutto in ambiente gioioso e conviviale. La data è stata fissata, il 18 e 19 aprile 2009 ci incontreremo a Friburgo per un congresso Retina e per l’assemblea generale ordinaria. Da parte nostra auspichiamo una folta presenza di persone con degenerazioni retiniche, accompagnate dai loro famigliari e amici. Un cordiale saluto da Renata Martinoni e Christina Fasser 6 Giornale Retina Suisse 2–3/2008
Ci congratuliamo con Christian Grimm, dal 1. febbraio 2008 professore straordinario di oftalmologia sperimentale presso l’università di Zurigo. Christian Grimm, classe 1962, ha studiato microbiologia all’università di Berna dove nel 1990 ha conseguito il dottorato. Dopo un pe- riodo quale ricercatore all’università di Berna, nel 1993 si trasferiva negli USA per un post- dottorato presso la University of Wisconsin a Madison. Nel 1997 ritornava in Svizzera per un altro periodo di post-dottorato presso la clinica oftalmologica universitaria di Zurigo. Dal 2002 lavora come collaboratore scientifico presso il laboratorio di biologia cellulare della retina, che dal 2006 dirige ad interim. È di questi giorni la nomina a direttore. In: Universität Zurigo, unijournal, 3/2008 Giornale Retina Suisse 2–3/2008 7
Comunicato stampa del 27.4.08 sulla terapia genica per la cecità ereditaria Primo tentativo mondiale di terapia genica per la cecità ereditaria e miglio- ramento dell’acuità visiva Ricercatori dell’UCL, l’Institute of Ophthalmology e Moorfields Eye Hospital di Londra, hanno pub- blicato i primi risultati della sperimentazione clinica con una terapia genica per la cura di una degenerazione retinica ereditaria che porta a ce- cità. I risultati, pubblicati sul «New England Journal», mostrano che la terapia è sicura e che può por- tare ad un miglioramento della vista. Questi ri- sultati rappresentano una pietra miliare per la tecnologia dei trapianti e potrebbero, in futuro, influire fortemente sui trattamenti delle malattie degli occhi. Nel febbraio del 2007, quando ebbe inizio, la sperimentazione era una prima mon- diale. Tra l’altro, essa è stata sostenuta finanzia- riamente anche dal ministero britannico della sa- lute pubblica. Alla sperimentazione hanno parte- cipato giovani pazienti con amaurosi congenita di Leber (LCA), un’affezione ereditaria degli occhi 8 Giornale Retina Suisse 2–3/2008
molto rara, dovuta a un difetto del gene RPE65. I primi sintomi della LCA si manifestano subito dopo la nascita o nei primi mesi di vita. La malat- tia porta alla perdita progressiva della capacità visiva e sfocia nella cecità. Oggi per questa ma- lattia non esiste terapia. L’obiettivo primo della sperimentazione clinica era di appurare che la terapia genica per la retina fosse sicura, in se- condo luogo si voleva scoprire se i giovani adulti con LCA ad uno stadio molto avanzato avrebbero potuto trarne giovamento, cioè se la loro vista sarebbe migliorata. La sperimentazione londi- nese non ha evidenziato effetti collaterali dan- nosi. Dopo la terapia tutti e tre i giovani pazienti sono stati esaminati molto accuratamente con una serie di test per valutare gli effetti della cura sulla loro vista. I test hanno indicato per tutti e tre almeno la stessa capacità visiva come prima dell’intervento. In uno dei pazienti (Steven Ho- warth, 18 anni) si è invece registrato un impor- tante miglioramento della visione notturna – un miglioramento controllato con un impianto di test nel quale era stata riprodotta la situazione reale di una strada di notte. Prima dell’intervento il giovane era riuscito ad assolvere il percorso solo lentamente e facendo molti errori, dopo l’in- tervento riuscì invece a farlo rapidamente e senza sbagliare. Giornale Retina Suisse 2–3/2008 9
I ricercatori pensano che il successo registrato in questo paziente sia da ricercarsi nel fatto che la malattia non è ancora così avanzata come negli altri due pazienti. Potrebbe tuttavia darsi che anche per gli altri due pazienti il trattamento porti dei vantaggi, però solo più tardi. Il gruppo di ricerca ha ora iniziato a trattare pazienti più giovani, nella speranza che questi possano trarne maggiore profitto che i pazienti più «vecchi», la cui malattia è più avanzata. Il gruppo di ricerca del Moorfields Eye Hospital/ UCL Institute of Ophthalmology NIHR Biomedical Research Centre di Londra che ha svolto la spe- rimentazione è diretto dal professor Robin Ali, coadiuvato dal chirurgo James Bainbridge e dallo specialista della retina professor Tony Moore. La tecnica usata consisteva nell’inserire nelle cel- lule della retina copie sane del gene RPE65 allo scopo di aiutare il gene malato a funzionare a dovere. La tecnica prevede il trasporto dei geni normali nella retina per mezzo di un virus inno- cuo o di un vettore che serve da mezzo di tra- sporto. Il vettore usato nella presente sperimen- tazione è un prodotto dalla ditta statunitense Targeted Genetics. Presentando i risultati, il professor Ali li ha così commentati: 10 Giornale Retina Suisse 2–3/2008
«Per la prima volta si è potuta dimostrare l’effica- cia di una terapia genica nell’occhio umano. Si tratta di una pietra miliare sulla via dei tratta- menti di malattie ereditarie degli occhi. In via di principio la sperimentazione ha dimostrato che una terapia genica per malattie ereditarie degli occhi è possibile e che il percorso per la messa a punto di una vasta serie di altri approcci terapeu- tici per altre malattie ereditarie degli occhi è trac- ciato». James Bainbridge, che aveva diretto il team chi- rurgico, dichiarava: «Abbiamo elaborato delle tecniche chirurgiche per arrivare fino alle cellule situate sotto la retina del paziente. Per iniettare il virus, abbiamo utilizzato un ago finissimo che doveva raggiungere una zona dove avevamo operato un distacco controllato della retina. Una volta riassorbito il liquido, la retina si rimetterà al suo posto. È fenomenale vedere quanto que- sto trattamento, fatto su un tessuto estrema- mente sensibile, sia sicuro e possa migliorare la vista nel caso di una malattia prima ritenuta in- guaribile». E il professor Moore aggiungeva: «È incoraggian- te vedere che il trattamento funziona e addirit- tura in giovani adulti la cui malattia è già molto progredita. Noi ci aspettiamo risultati ancora migliori nei pazienti più giovani di quelli trattati Giornale Retina Suisse 2–3/2008 11
ora e che stiamo per curare. Questo perché es- sendo più giovani abbiamo modo di avere un in- flusso sulla malattia a uno stadio più precoce». Le riflessioni conclusive del professor Ali: «Questi risultati ci danno la certezza che la terapia genica per la retina è sicura e che può giovare a persone con handicap visivo. Anche se il miglioramento della capacità visiva di Steven ci entusiasma, dobbiamo comunque sottolineare che la terapia genica è sempre ancora un trattamento speri- mentale e quindi non ancora a disposizione di tutti i pazienti senza limitazione alcuna. La tec- nica sarà ora testata su altri pazienti con LCA e noi speriamo di poter svolgere, in futuro, speri- mentazioni analoghe anche per altre malattie degenerative della retina». 12 Giornale Retina Suisse 2–3/2008
Nuove vie nel trattamento della AMD secca e della malat- tia di Stargardt • Dott. med. Steffen Schmitz-Valckenberg, Clinica oculistica universitaria, Ernst-Abbe-Str. 2, D-53127 Bonn Introduzione Per quanto riguarda le forme umide attive della degenerazione maculare correlata all'età (AMD), in tempi recenti abbiamo potuto assistere al suc- cesso dei prodotti che inibiscono il VEGF (vascu- lar endothelial growth factor). Ciononostante, per la maggior parte dei pazienti le opportunità di prevenzione e terapia continuano a essere ben poche. Il 90 percento circa di tutti i pazienti AMD sono infatti affetti da forme non essudative o «secche» della malattia, per le quali per principio un trattamento con inibitori del VEGF non entra in linea di conto. La cosiddetta «atrofia geogra- fica» è lo stadio atrofico avanzato della AMD «secca» ed è responsabile di importanti peggio- ramenti della vista nel 25 percento circa dei casi di AMD. La AMD è sempre più frequente nelle persone anziane, mentre la malattia di Stargardt è una rara affezione che insorge in età giovanile. Giornale Retina Suisse 2–3/2008 13
Una decina d’anni or sono la ricerca poté identi- ficarne la causa in un gene specifico, il gene ABCA4. Allo stadio attuale delle conoscenze, la AMD va invece considerata malattia multifatto- riale, cioè innescata da svariati fattori di carat- tere ambientale e genetico. Tra le due malattie, a prima vista così diverse tra loro, esistono tuttavia numerosi punti comuni, segnatamente la presen- za crescente di depositi di materiale di scarto sulla retina e la morte di cellule negli strati più esterni della retina maculare. In entrambe le malattie il decorso è lento e accompagnato da una continua diminuzione della capacità visiva. Inoltre, né per l’atrofia geografica né per la ma- lattia di Stargardt sono finora disponibili terapie risolutive. Urge perciò individuare nuovi percorsi terapeutici per entrambe le affezioni. Questioni basilari L’atrofia geografica si manifesta attraverso l’in- sorgere di aree atrofiche nel polo posteriore dell’occhio. Queste aree atrofiche non sono altro che «isole» di cellule morte, depositate negli strati esterni della retina. Le persone colpite le percepiscono come macchie cieche nel campo visivo. Nelle fasi iniziali della AMD queste aree atrofiche sono tipicamente presenti proprio in prossimità del centro visivo e spesso il paziente neppure se ne accorge. Più tardi, però, man ma- 14 Giornale Retina Suisse 2–3/2008
no che le aree atrofiche si estendono fino ad at- torniare completamente la fovea, si avrà un calo continuo della capacità visiva. I meccanismi pato- logici che portano all’insorgere e all’estendersi delle aree atrofiche sono ancora del tutto scono- sciuti. L’osservazione sistematica dei decorsi la- scia tuttavia supporre che la causa possa risie- dere nell’accresciuto accumulo di lipofuscina nel- la retina esterna. Interessante è anche la consta- tazione che nella malattia di Stargardt si notano pure aree atrofiche e depositi di lipofuscina in forma di macchie nella retina esterna. Si parla al- lora di «fundus flavimaculatus» (macchie chiare sul fondo dell’occhio). L’accumulo di lipofuscina sia nell’atrofia geografica sia nella malattia di Stargardt rappresenta un’ulteriore caratteristica comune e potrebbe fungere da punto di parten- za per nuovi approcci terapeutici per entrambe le malattie. Ma che cos’è esattamente la lipofusci- na? La lipofuscina si forma in seguito all’insuffi- ciente smaltimento dei materiali di scarto del processo visivo. I fotoricettori si rinnovano ogni giorno «gettando via» le parti consunte dei loro segmenti esterni. Questi dischetti residui dovreb- bero essere smaltiti in un processo chiamato fa- gocitosi, ma invece restano nella retina esterna, dove si accumulano. Ricerche sperimentali indi- cano che elementi costitutivi della lipofuscina, Giornale Retina Suisse 2–3/2008 15
come per esempio l’A2-E (N - Retinyl - N – Retiny- lidene etanolamina) hanno caratteristiche nocive che impediscono il funzionamento normale delle cellule. La lipofuscina, che è autofluorescente, si lascia osservare bene con il microscopio a fluore- scenza in occhi di donatori. Autofluorescenza del fondo dell’occhio Oggi, grazie all’avvento dell’oftalmoscopia a scansione laser confocale (cSLO) che consente l’imaging della retina in vivo, si può osservare la lipofuscina e la sua distribuzione sul polo poste- riore dell’occhio delle persone vive. Per mezzo della cosiddetta autofluorescenza del fondo del- l’occhio si possono notare i depositi nocivi di li- pofuscina e registrare le modifiche che insorgono con il passare del tempo. Negli scorsi anni l’auto- fluorescenza del fondo dell’occhio ha saputo for- nire un importante contributo per una migliore comprensione dell’atrofia geografica e della ma- lattia di Stargardt. Essa ha infatti permesso di do- cumentare le aree atrofiche con le cellule visive morte e identificare gli alti rischi per l’ulteriore estensione delle aree atrofiche nonché di consta- tare che a un maggiore accumulo di lipofuscina ai margini delle aree atrofiche si accompagna una diminuzione della funzione retinica in quella stessa zona. Tutto ciò è confermato dai dati spe- rimentali sulle caratteristiche dannose della lipo- 16 Giornale Retina Suisse 2–3/2008
fuscina, cui si faceva accenno sopra. E per finire i dati confermano la bontà dell’idea di mirare alla lipofuscina quale punto di partenza per nuovi ap- procci terapeutici. Una diminuzione del dannoso accumularsi della lipofuscina potrebbe in ultima analisi rallentare l’allargamento delle aree atrofi- che e con esso il progredire dell’atrofia geogra- fica e della malattia di Stargardt. Interventi sul ciclo visivo Un approccio come quello testé descritto sta alla base dei tentativi con il fenretinide (N-(4-idrossi- fenil) retinamide). Questo derivato della vitami- na A, che può essere assunto per bocca, in pas- sato trovò impiego quale farmaco per malattie tumorali, acne e psoriasi. Negli occhi, il fenreti- nide concorrenzia la vitamina A nel legarsi al reti- nol-binding-protein (rbp). Questo è una proteina di trasporto di sostanze nel sangue che lega me- no bene con la vitamina A che con il fenretinide. Per questo motivo la vitamina A è eliminata più rapidamente attraverso i reni e le quantità desti- nate alla retina sono allora minori. Nel modello animale, il topo knock-out albino ABCA4, nel quale c’è un forte accumulo di lipofuscina e una contemporanea elevata sensibilità alla luce, si poté dimostrare che la somministrazione di fen- retinide sapeva inibire l’accumulo di lipofuscina. Partendo da questi risultati è da poco iniziata Giornale Retina Suisse 2–3/2008 17
una ricerca con oltre 200 probandi. Il primo gran- de studio doppio cieco randomizzato su pazienti con atrofia geografica (www.siriontherapeutics. com) confronta il fenretinide con un placebo. Ri- spetto agli studi effettuati in precedenza, in cui il fenretinide era impiegato per curare cancro e malattie cutanee, per le applicazioni oftalmologi- che il dosaggio è inferiore (100 mg e 300 mg). I dati delle precedenti ricerche con il fenretinide lasciano supporre che la sostanza non produca molti effetti collaterali, tra i quali, però, uno dei primi è una diminuzione della capacità visiva nel- la luce crepuscolare. In effetti sembra che inter- venti sul ciclo visivo potrebbero compromettere la funzionalità della retina. Questo potrebbe es- sere di rilievo proprio per i pazienti con affezioni retiniche nelle quali, come nell’atrofia geografi- ca, la visione dei contrasti è già di per sé ridotta. Occorre perciò attendere in quale misura le per- sone affette riusciranno a tollerare la diminu- zione della visione crepuscolare. Non ancora suf- ficientemente note sono le ripercussioni a lungo termine, dovute alle modifiche indotte nel ciclo visivo dalla terapia. Ciononostante la ricerca sul fenretinide rappresenta un primo approccio ra- zionale in quanto poggia direttamente su rico- noscimenti patofisiologici e i suoi effetti sono già stati dimostrati sul modello animale. I primi risul- tati della ricerca sull’uomo sono attesi nel 2009. 18 Giornale Retina Suisse 2–3/2008
Un nuovo approccio ancora in fase di sviluppo, denominato «visual cycle modulators», prevede l’apporto di proteine esercitanti un influsso sulla vitamina A nel ciclo visivo e non un’azione indi- retta sul tasso di retinolo nel sangue. Sostanze incapsulate La ditta Neurotech (http://www.neurotechusa. com) sta svolgendo due ricerche di fase II in me- rito all’efficacia del fattore di crescita CNTF («Ci- liary Neutrophic Factor») su pazienti con atrofia geografica. Mediante un breve intervento chirur- gico i ricercatori immettono nel corpo vitreo dei probandi una cultura di cellule geneticamente modificate racchiusa in una capsula da cui la so- stanza uscirà a poco a poco. Nella sperimenta- zione sul topo ELOVL si poté constatare un ral- lentamento della produzione di lipofuscina. Nella sperimentazione umana la capsula rimarrà nel- l’occhio per 12 mesi, sarà poi estratta e l’occhio tenuto sotto osservazione per altri 6 mesi. Que- ste ricerche cliniche sono limitate agli USA e du- reranno fino nel 2009. Una ricerca di fase I su pa- zienti con affezioni retiniche ereditarie conclusasi di recente ha indicato che la tecnica d’immissione di sostanze incapsulate, la cosiddetta «encapsu- lated cell technology (ECT)», è ben tollerata. Giornale Retina Suisse 2–3/2008 19
Sostanze antiossidanti La terapia contro la AMD con sostanze antiossi- danti in forma di preparati vitaminici è applicata e discussa da tempo. La ricerca ARED spesso cita- ta aveva inizialmente studiato l’insorgere del- l’atrofia geografica, ma non aveva esaminato di- rettamente l’estendersi delle aree atrofiche nella AMD secca allo stadio avanzato. Per questo moti- vo non ci sono pubblicazioni sugli eventuali ef- fetti rallentanti della somministrazione di elevate dosi di vitamina C, vitamina E, beta-carotene e zinco. Risultati recenti, mai pubblicati, indicano tuttavia che non è il caso di aspettarsi granché. Per contro sono attesi con ansia i risultati della ricerca ARED 2, ora in corso, e il cui design pre- vede un alto dosaggio di luteina, zeaxantina e acidi grassi insaturi Omega-3. I partecipanti alla ricerca sono 4’000 e l’obiettivo è di chiarire se le sostanze citate possano servire a prevenire la AMD. Anche se al momento non ci sono cifre consolidate per dimostrare l’utilità della medica- zione AREDS per pazienti con atrofia geografica, cioè persone con un’avanzata AMD secca, non si deve comunque dimenticare che la formula ARED 1 ha fornito dati statistici significativi. Si tratta in particolare dei risultati di pazienti con un alto ri- schio che la loro AMD inizialmente secca evolva in una forma avanzata di AMD umida. Per capire 20 Giornale Retina Suisse 2–3/2008
quale forma di AMD sia in atto e per appurare se la medicazione AREDS 1 basante sui risultati del- l’omonima ricerca abbia senso, l’oculista deve procedere a un attento esame della retina. Oltre alle vitamine si conoscono altre sostanze antios- sidanti, attualmente in fase di test clinico. La dit- ta Othera Pharmaceuticals Incorporation (http: //www.othera.com) sta seguendo il primo ap- proccio terapeutico locale per l’atrofia geografica con gocce oculari contenenti la sostanza OT-551, una piccola molecola che contribuisce a far dimi- nuire l’eccessiva espressione del «protein com- plex nuclear factor-kappa B» (NF-kB), un fattore di trascrizione che provoca un aumento dello stress ossidativo, reazioni infiammatorie e angio- genesi (la formazione di nuovi vasi sottoretinici). Nel modello di ratto esaminato, l’OT-551 non ha prodotto nessuna diminuzione dei danni alla re- tina provocati da eccessiva esposizione alla luce. Pure in corso è una ricerca di fase II con 198 pa- zienti cui sono somministrate gocce negli occhi tre volte al giorno per 24 mesi. Il trattamento è fatto in un solo occhio in quanto l’altro deve fun- gere da occhio di controllo. Approcci chirurgici Tra gli approcci chirurgici annoveriamo il tratta- mento laser selettivo dell’epitelio pigmentato retinico (RPE), i trapianti di retina e la rotazione o Giornale Retina Suisse 2–3/2008 21
translocazione della macula. Caratteristica co- mune di questi approcci è di non essere specifici per l’atrofia geografica e neppure per la malattia di Stargardt, bensì di partire da principi generali e quindi di poter servire anche per altre affezioni retiniche. Ricerche di fase II con grossi gruppi di pazienti, come finora proposte per l’osservazione clinica del decorso, non sono in progetto per i pa- zienti con atrofia geografica e malattia di Star- gardt. L’aspetto razionale del primo approccio sta nel fatto che l’intervento mirato con uno speciale laser probabilmente distrugge soltanto cellule dell’epitelio pigmentato retinico (RPE) mentre le cellule retiniche adiacenti e i fotoricettori proba- bilmente saranno toccati solo leggermente. Dopo il laser, le parti distrutte del tappeto cellulare d’epitelio pigmentato retinico dovranno però es- sere sostituite con cellule sane. Negli altri due ap- procci, a sapere il trapianto di retina neurosenso- riale e epitelio pigmentato retinico d’origine fe- tale sotto la fovea e la translocazione della ma- cula con trapianto di isole d’epitelio pigmentato retinico (in inglese RPE-patch-transplantation), numerose domande tecniche sono ancora da chiarire. Prima di lanciare sperimentazioni con grossi gruppi di pazienti occorrerà perciò perfe- zionare la metodologia. Un’altra domanda an- cora aperta è quella a sapere se dopo un tra- pianto di retina neurosensoriale su cellule RPE 22 Giornale Retina Suisse 2–3/2008
apparentemente prive di difetti, potrebbero for- marsi nuove aree atrofiche. Altri approcci Accanto agli approcci sopra descritti, parecchi altri sono in fase di studio. Non si tratta però né di ricerche di fase II né di interventi che dovreb- bero frenare l’allargarsi delle aree atrofiche già esistenti o il progredire della malattia di Star- gardt. Sono invece in corso dei test con iniezioni giustasclerali di Anecortave acetato (il prodotto si chiama Retaane ed è uno steroide angiostati- co) allo scopo di evitare che forme secche di AMD evolvano in umide. Più mirato alla cura di forme precoci è anche l’utilizzo del laser sulle drusen e la reoferesi, due trattamenti che però qui non vogliamo approfondire. Gli approcci farmacologici descritti sono vera- mente promettenti, hanno già superato la fase di studio II, ma purtroppo non si possono estendere all’Europa. Per contro una nuova ricerca dal titolo «The Natural History of Geographic Atrophy Pro- gression Study» della casa farmaceutica Alcon sarà svolta parallelamente in sei centri europei, uno in Svizzera (Clinica oculistica, Inselspital Berna) e cinque in Germania (Bonn, Friburgo in Brisgovia, Lipsia, Münster, Würzburg). Lo studio sull’«evoluzione naturale dell’atrofia geografica» durerà 12 mesi e nel 2009 sarà seguito da una Giornale Retina Suisse 2–3/2008 23
ricerca sugli interventi curativi. Siccome sull’atro- fia geografica finora nessuna ricerca multicentri- ca è stata portata a termine, si impone ora una pianificazione molto rigorosa e un design profes- sionale, non soltanto per contenere i rischi finan- ziari e utilizzare in modo ottimale le risorse, ma anche per limitare al massimo i trattamenti che potrebbero rivelarsi inutili o addirittura dannosi per i probandi. Conclusioni Trovare una terapia per l’atrofia geografica nella AMD e per la malattia di Stargardt costituisce una grossa sfida. A causa del lento progredire e anche della scarsa correlazione con l’acuità visiva centrale, in caso di atrofia geografica è sensato procedere a metodi d’indagine più precisi quali l’autofluorescenza del fondo dell’occhio FAF per monitorare nel miglior modo possibile il decorso. In tal modo si potranno anche individuare i segni premonitori atti a riconoscere i grandi rischi. Tut- ta una serie di promettenti approcci terapeutici è oggi allo studio in vaste ricerche su possibili in- terventi. Particolarmente promettente è una te- rapia costruita su un meccanismo patologico già identificato da tempo, l’eccessivo accumulo di lipofuscina nell’epitelio pigmentato retinico. I primi risultati sono attesi per il 2009. Nel frat- tempo, informazione e consulenza nonché mezzi 24 Giornale Retina Suisse 2–3/2008
ausiliari ingrandenti sono elementi essenziali e indispensabili dei servizi offerti ai pazienti. (Conferenza tenuta all’assemblea generale ordi- naria 2008 di Retina Suisse a Friburgo). Ciliopatie e retinite pigmen- tosa • Dott. med. Cristiana Marchese, Italia Molte forme di retinite pigmentosa pos- sono essere classificate fra le ciliopatie II cilium è un organello cellulare somigliante a una piccola antenna, che protrude da quasi tutte le cellule e che si estende anche all'interno della cellula. A seconda della sua struttura interna il cilium può essere classificato come cilium prima- rio o come cilium mobile. Come indica la parola, quelli mobili sono in genere coinvolti nel gene- rare il movimento della cellula (ad esempio il mo- vimento degli spermatozoi) o nel generare un flusso (ad esempio lo scorrere del muco nell'ap- parato respiratorio). II cilium primario ha invece il compito di fare da tramite fra stimoli meccanici o Giornale Retina Suisse 2–3/2008 25
chimici esterni alla cellula e il meccanismo che controlla il ciclo cellulare o la polarità della cel- lula. Difetti nel cilium sono stati associati a nu- merose malattie ereditarie che sono state classifi- cate come «ciliopatie» e molte di queste interes- sano la retina. Un primo indizio che il cilium fosse importante nel funzionamento dei fotorecettori fu l'identifi- cazione delle mutazioni alla base della sindrome di Usher, un gruppo di malattie caratterizzate da sordità e da retinite pigmentosa. Si scoprì che in comune fra il meccanismo della percezione dei suoni e quello della percezione della luce vi era- no strutture con le caratteristiche del cilium. La sindrome di Usher è causata da mutazioni di numerosi geni e le proteine codificate da questi geni interagiscono fra loro per determinare il buon funzionamento delle cellule a struttura ci- liata che nell'orecchio interno hanno il compito di trasformare lo stimolo meccanico dell'onda sonora in stimolo elettrico che, tramite il nervo acustico, viene poi trasmesso al cervello. Anche nei fotoricettori vi è una struttura detta «cilium di connessione» che collega il segmento interno al segmento esterno del fotoricettore. II buon funzionamento del cilium consente di trasportare sostanze dalla base (corpo basale) del cilium lun- go il corpo del cilium stesso (assonema) e fino 26 Giornale Retina Suisse 2–3/2008
all'estremità più periferica del fotorecettore, zo- na ove avviene la fototransduzione, cioè la tra- sformazione dello stimolo luminoso in stimolo elettrico da trasmettere poi tramite il nervo otti- co al cervello. Le proteine codificate dai geni mu- tati nella sindrome di Usher si localizzano proprio a questo livello! Altre malattie causate da una al- terata funzione del cilium e caratterizzate da reti- nite pigmentosa da sola o associata ad altri sin- tomi sono un tipo di retinite pigmentosa legata all' X, alcune forme di amaurosi congenita di Leber; la sindrome di Senior Loken nella quale alla retinite pigmentosa si associano reni di pic- cole dimensioni con cisti e fibrosi tubulo-intersti- ziale; la sindrome di Joubert, anche detta sindro- me cerebello- oculo- renale, nella quale oltre alla patologia retinica sono presenti fibrosi epatica e una malformazione del cervelletto (aplasia del verme cerebellare) e la sindrome di Bardet-Biedl nella quale alla retinite pigmentosa si associano obesità, polidattilia, alterazioni renali e ritardo mentale. Tutti i geni sinora noti (12), che quando mutati causano la sindrome di Bardet-Biedl, codi- ficano per proteine che si localizzano nelle strut- ture del cilium (corpo basale o assonema). Si è così gettata una nuova luce sulla comprensione dei meccanismi alla base della retinite pigmen- tosa. Ciò dimostra che l'interesse della comunità scientifica nei confronti di questo complesso Giornale Retina Suisse 2–3/2008 27
gruppo di malattie è vivo e produce importanti risultati. In: LUMEN no. 44 /2007 – Comitato Scientifico di Retina Italia. Retina Italia, Piazza IV Novembre, 4, I-20124 Milano. Nuove tecniche per la diagnosi genetico-molecolare • Dott. med. Cristiana Marchese, Italia L'utilizzo dei microarray per la diagnosi genetico-molecolare delle malattie ereditarie della retina e della cornea I microarray sono dei piccoli supporti solidi delle dimensioni di un vetrino per microscopia compo- sti o di vetro, o di silicone o costituiti da mem- brane di nylon sui quali vengono fissati migliaia di frammenti di DNA. I microarray possono es- sere utilizzati per vari scopi uno dei quali è di identificare la presenza di mutazioni o di poli- morfismi in un determinato gene. Sul microarray in questi casi sono fissate la sequenza normale e la sequenza mutata. II DNA del paziente si unirà 28 Giornale Retina Suisse 2–3/2008
(ibridizzazione) con la sequenza normale o con quella mutata e con un apposito strumento è possibile vedere se l'unione (ibridizzazione) è avvenuta con la sequenza normale o con quella mutata. I microarray comunemente utilizzati per l’identificazione delle mutazioni nelle malattie ereditarie della retina sono di due tipi. Ci sono i microarray per «malattia» ad esempio per l’amaurosi congenita di Leber o per la sin- drome di Bardet Biedl, malattie nelle quali lo stesso quadro clinico può essere causato da mu- tazioni in molti diversi geni. Ci sono poi microar- ray per tipo di trasmissione (autosomica domi- nante, autosomica recessiva) o vi può essere un microarray per la ricerca di mutazioni note in un singolo gene. Questo è il caso del microarray per il gene ABCA4, un gene molto grande, del quale sono note circa 500 diverse mutazioni. La tecno- logia dei microarray ha semplificato la diagnosi molecolare di molte malattie genetiche, ma ha alcuni limiti che è importante conoscere. II primo è che una mutazione in un certo paziente può essere identificata con questa tecnica solo se è «nota», cioè se con altri metodi più complessi e lunghi è stata identificata in altri pazienti e si è sicuri che è in effetti all’origine della malattia. Non sempre questa condizione è soddisfatta e spesso capita che di due mutazioni che ci si Giornale Retina Suisse 2–3/2008 29
aspetta di trovare in un soggetto che ha una ma- lattia autosomica recessiva, cioè in un paziente che ha una mutazione sia sulla copia del gene ereditata dalla madre, che sulla copia del gene ereditata dal padre (ad esempio nella sindrome di Usher), se ne trovi una sola. Ciò non significa che il paziente ha una sola mutazione, ma che delle due mutazioni una è nota e quindi è stata messa sul microarray e l'altra non è ancora mai stata identificata e quindi non è sul microarray. In quel soggetto sarà quindi necessario proce- dere con l’analisi tradizionale. Un secondo limite è quello relativo al fatto che essendovi microar- ray per malattia o per tipo di trasmissione è ne- cessario avere questi dati per avvalersi del test appropriato. Come è noto, circa la metà dei casi di retinite pigmentosa è costituito da «casi iso- lati», cioè da soggetti che non hanno nessun altro familiare affetto. Ad esempio, in un sog- getto maschio la retinite pigmentosa può essere autosomica recessiva, autosomica dominante da nuova mutazione, o legata all'X. In questi casi si dovranno utlizzare più microarray e non è garan- tito che in quel soggetto si riescano a identificare le mutazioni responsabili della malattia. 30 Giornale Retina Suisse 2–3/2008
Microarray disponibili (detti anche chip diagnostici o chip genetici) Per la retinite pigmentosa autosomica dominante: l'array identifica 353 mutazioni in 13 diversi geni (CA4, FSCN2, IMPDH1, NRL, PRPF3, PRPF31, PRPF8, RDS, RHO, ROM1, RP1, RP9 e CRX). Per la retinite pigmentosa autosomica reces- siva: l'array identifica 501 mutazioni in 17 diversi geni (CERKL, CNGA1, CNGB1, MERTK, PDE6A, PDE6B, PNR, RDH12, RGR, RLBP1, SAG, TULP1, CRB, RPE65, USH2A, USH3A, LRAT). Per la cecità notturna stazionaria (CSNB): l'array esegue lo screening per le 126 mutazioni di 9 diversi geni (RHO, PDE6B, GNAT1, CABP4, GRM6, SAG, NYX, CACNA1F e CACNA2D) coin- volti nelle tre diverse forme della malattia auto- somica dominante, autosomica recessiva e legata all’X. Per l’amaurosi congenita di Leber (LCA): l'array identifica 451 mutazioni in 11 differenti geni (AIPL1, CRB1, CRX, GUCY2D, LRAT, MERTK, CEP290, RDH12, RPGRIP1, RPE65 e TULP1). Per la sindrome di Usher (USH1B, USH1C, USH1D, USH1E, USH1G, USH2A, USH2C, e USH3A): l'array identifica 429 mutazioni in 8 Giornale Retina Suisse 2–3/2008 31
diversi geni (CDH23, MY07A, PCDH15, Harmonin, SANS, Usherin, VLGR1, e USH3A). Per la sindrome di Bardet-Biedl (BBS): l'array identifica 237 mutazioni di 14 differenti geni (BBS1, BBS2, BBS3, BBS4, BBS5, BBS6, BBS7, BBS8, BBS9, BBS10, BBS12, PHF6, ALMS1, GNAS1). Per l’atrofia ottica autosomica dominante: l'array identifica 118 mutazioni del gene OPA1. Per l’analisi dei geni ABCR/ABCA4 (gene mu- tato nella malattia di Stargardt/fundus flavima- culatus, nella degenerazione maculare senile e nella distrofia cone-rod): l’array identifica 496 diverse mutazioni. Per la distrofia corneale: l’array identifica 229 mutazioni in 9 diversi geni (COL8A2, TGFBI, VSX1, CHST6, KRT3, KRT12, GSN, TACSTD2, CYP4V2). In: LUMEN no. 44 /2007 – Comitato Scientifico di Retina Italia. Retina Italia, Piazza IV Novembre, 4, I-20124 Milano. Nuove piste di ricerca Presso l’università di Regensburg come pure in altri istituti di ricerca si sta lavorando alacre- mente per realizzare un chip diagnostico, capace di indicare anche le mutazioni di cui finora non si 32 Giornale Retina Suisse 2–3/2008
trova nulla di scritto in pubblicazioni scientifiche. (Nota di Retina Suisse). Discussione Avastin – Lucentis: la posizione del comitato di Retina Suisse Istanza Un nostro membro ha inoltrato istanza all’asso- ciazione chiedendo che Retina Suisse intervenga affinché i prezzi dei farmaci per la degenerazione maculare correlata all'età, in particolare il prezzo di Lucentis, siano rivisti verso il basso. La posizione del comitato In Svizzera, per la cura della degenerazione ma- culare correlata all'età (AMD) sono autorizzati due prodotti da iniettare negli occhi: Lucentis e Macugen (stato: aprile 2008). Entrambi i farmaci possono essere fatturati all’assicurazione di base (LaMal). Tutt’e due i farmaci hanno superato i ri- gorosi esami clinici per accertarne l’efficacia e la sicurezza nel trattamento della AMD. I mass media criticano fortemente il prezzo di questi farmaci e lanciano la raccomandazione di Giornale Retina Suisse 2–3/2008 33
impiegare per i trattamenti della AMD Avastin, un prodotto autorizzato solo per la cura del can- cro. Avastin è utilizzato per via endovenosa nella cura di diverse forme di cancro. Suddividendo la quantità necessaria per la terapia del cancro in piccole porzioni da iniettare negli occhi, nei con- fronti di Lucentis e Macugen risulta – sul piano teorico – una differenza di prezzo enorme. Avastin non è la stessa molecola come Macugen e Lucentis, il suo meccanismo d’azione è però lo stesso e all’atto pratico ha avuto effetti positivi sulla AMD umida. Tuttavia né tali effetti né la si- curezza di Avastin sono stati sottoposti a una verifica sistematica per le applicazioni sugli occhi. Ne consegue che Avastin non è autorizzato per la cura della AMD. Questo fatto è di rilievo in ter- mini di responsabilità-prodotti: per i farmaci au- torizzati la responsabilità civile è della ditta pro- duttrice, per i farmaci non autorizzati deve ri- spondere il medico che li ha applicati. Conformemente alle sue Linee direttrici, Retina Suisse argomenta sulla base dei risultati della ricerca scientifica e esige che tutti i pazienti ot- tengano i trattamenti la cui efficacia e sicurezza sono documentate nel miglior modo possibile. Nel presente caso specifico questo significa che Retina Suisse non favorisce un farmaco non an- cora testato per l’applicazione negli occhi e per- 34 Giornale Retina Suisse 2–3/2008
ciò non ancora autorizzato, il che la opporrebbe all’autorità preposta e alle sue decisioni. Com- pete al medico curante di decidere, assieme al paziente, la terapia adeguata. In Svizzera le trattative sui prezzi dei farmaci so- no di competenza dell’Ufficio federale della sani- tà pubblica e l’assunzione dei costi da parte delle casse malati è disciplinata dalla legge federale sull’assicurazione contro le malattie LaMal. Ne consegue che le trattative sui prezzi dei farmaci non rientrano nei compiti di Retina Suisse e quin- di il comitato non può intervenire affinché i prez- zi dei farmaci per la degenerazione maculare cor- relata all'età, e in particolare il prezzo di Lucen- tis, siano abbassati. Retina in provetta? Cellule embrionali imparano a per- cepire la luce Partendo da cellule embrionali umane, ricercatori giapponesi hanno ottenuto cellule fotoricettrici dalle caratteristiche dei coni e dei bastoncelli, le cellule sensoriali della retina. I ricercatori del gruppo di Masayo Takahashi dell’istituto Riken di Kobe (Giappone) hanno elaborato un contesto di Giornale Retina Suisse 2–3/2008 35
crescita in cui culture di cellule staminali embrio- nali si sono sviluppate dapprima in cellule retini- che precursore e in seguito in cellule del tipo bastoncelli e anche del tipo coni. Per avviare il processo di differenziazione che avrebbe pro- dotto cellule precursore, i ricercatori hanno do- vuto inibire diverse cascate di segnali. Con l’ap- porto di parecchi fattori di differenziazione quali acido retinico e taurina in una soluzione di cre- scita predefinita, i ricercatori hanno ottenuto una quantità importante di cellule pigmentate dotate di fotoricettori. Nelle condizioni di crescita predefinite, la mag- gior parte delle cellule staminali sono diventate bastoncelli, le cellule fotoricettrici addette alla visione in bianco e nero, e una piccola parte di esse sono invece diventate coni, le cellule fotori- cettrici necessarie per la visione cromatica. Come riportato nella rivista «Nature Biotechnology», il processo di differenziazione non ha richiesto nes- suna aggiunta di prodotti animali quali cellule re- tiniche giovani o siero. Rispetto a sperimenta- zioni precedenti si tratta di un progresso decisivo e, pensando a futuri utilizzi in ambito terapeu- tico, di un modo di evitare reazioni di rigetto. Nell’occhio umano, i bastoncelli sono le cellule fotoricettrici di gran lunga più numerose. Sic- come nella malattia ereditaria retinite pigmen- 36 Giornale Retina Suisse 2–3/2008
tosa sono proprio i bastoncelli a perire, gli scien- ziati giapponesi sperano di poter forse un giorno prevenire l’insorgere della cecità mediante il tra- pianto di nuovi bastoncelli ottenuti da cellule staminali. Anche nella cura della degenerazione maculare correlata all'età il trapianto di cellule fotoricettrici coltivate potrebbe servire per sosti- tuire le cellule morte a causa della malattia. Recenti sperimentazioni su roditori hanno dimo- strato che in via di principio il trapianto di nuove cellule retiniche può servire a ripristinare la capa- cità visiva. Nelle cavie animali le cellule fotori- cettrici trapiantate si sono insediate nell’occhio proprio là dove dovevano. D’interesse è la con- statazione che l’insediamento dei fotoricettori è riuscito meglio con le cellule differenziate che non con le cellule precursore. Per contro i fotori- cettori ottenuti in laboratorio hanno faticato a assumere le funzioni della retina. La maggior parte di essi è morta entro breve tempo. Onde poter superare questa difficoltà i ricercatori in- tendono ora esaminare più in dettaglio il micro- ambiente della retina in cui i fotoricettori di cul- tura si sono inseriti e se del caso influenzarlo. Fonte: F.A.Z., 20.02.2008, Nr. 43 / pagina N2 Giornale Retina Suisse 2–3/2008 37
Porte aperte all’Istituto di genetica medica dell’Univer- sità di Zurigo • Renata Martinoni, Ackersteinstrasse 63, 8049 Zurigo Il 31 maggio, nel quadro delle «Giornate della ri- cerca genetica 2008», si è tenuta una manifesta- zione sul tema «Diagnosi genetica delle degene- razioni retiniche: che cosa succede con il mio DNA?». Retina Suisse ha partecipato all’organiz- zazione della giornata, destinata prevalentemen- te a persone con una malattia ereditaria della retina. In programma c’erano una conferenza introduttiva e la visita ai laboratori dell’Istituto di genetica medica dell’Università di Zurigo a Schwerzenbach. Alla manifestazione sono inter- venute una settantina di persone con degenera- zioni retiniche e le loro accompagnatrici e accom- pagnatori. Dopo la relazione introduttiva del professor Wolfgang Berger su «Genetica della RP e di altre degenerazioni retiniche, metodi diagnostici e consulenza», le e i partecipanti hanno avuto oc- casione di visitare in piccoli gruppi i laboratori dell’istituto. I ricercatori e le ricercatrici che fun- 38 Giornale Retina Suisse 2–3/2008
gevano da guida hanno mostrato e spiegato i processi, le procedure e le apparecchiature più interessanti. Per chi non voleva recarsi nei labo- ratori è stato proiettato un video e il professor Berger ha risposto alle domande dei presenti. Di sicuro interesse era anche il «posto di lavoro mo- dello» allestito dai ricercatori, dove i visitatori hanno potuto toccare con mano (in guanti da laboratorio!) le provette e gli utensili con i quali i campioni di sangue che pervengono all’istituto sono preparati per gli esami al microscopio e in apparecchiature varie, individualmente o in serie. Una parte molto importante della manifestazio- ne era dedicata agli aspetti giuridici della dia- gnosi genetica. Il professor Berger ha messo in bella evidenza il contesto giuridico, le contin- genze legate alla protezione dei dati, ma anche il ruolo che i pazienti dovranno svolgere. Nei pros- simi anni sono attese nuove terapie e nel frat- tempo le persone con degenerazioni retiniche dovrebbero pensare ai «preparativi» del caso, in particolare riflettendo sull’opportunità di farsi «genotipizzare» perché per molte delle future terapie sarà indispensabile conoscere le caratteri- stiche genetiche della malattia. È più che logico che a questo punto nascano paure e interrogativi legati alla protezione dei dati personali e all’uti- lizzo dei risultati della singola persona per scopi Giornale Retina Suisse 2–3/2008 39
scientifici. Il professor Berger ha saputo informa- re esaustivamente e non ha tralasciato di sottoli- neare l’importanza della protezione dei dati e il rispetto che le spetta. Tutti i campioni di sangue che l’istituto esamina sono «anonimizzati» e trat- tati con la massima riservatezza. Chi ha visitato i laboratori ha sperimentato di persona i severi controlli d’accesso e il riserbo con cui i materiali presenti in loco sono trattati. Ecco qui di seguito le principali informazioni sulla procedura: • la diagnosi genetica è effettuata su richiesta dell’oculista curante in un istituto di genetica medica, in Svizzera quello dell’Università di Zurigo a Schwerzenbach, diretto dal professor Wolfgang Berger, e l’Institut de Recherche en Ophtalmologie IRO di Sion, diretto dal profes- sor Daniel Schorderet; • la persona stessa deve farsi consigliare da uno/ una specialista per essere in chiaro su quanto l’analisi genetica comporti; il prelievo del cam- pione di sangue è fatto dall’oculista o dal me- dico di famiglia, che invierà il campione a un istituto di genetica; • la persona stessa deve compilare un’autorizza- zione scritta attestante che è d’accordo che si faccia l’analisi del DNA; deve inoltre indicare se il suo sangue e i risultati dell’esame potranno essere usati per scopi scientifici; disposizioni particolare sono previste per i minorenni; 40 Giornale Retina Suisse 2–3/2008
• l’istituto di genetica comunica i risultati all’ocu- lista, che a sua volta informerà al più presto la persona interessata. In relazione con l’analisi del DNA è raccomandata una consulenza genetica presso uno/una speciali- sta di quella disciplina. È importante sapere che i risultati dell’analisi del DNA non arrivano, rispettivamente non sempre possono arrivare in tempi brevi. Se nei casi in esame non si tratta di mutazioni già note e quin- di l’identificazione non è fattibile con i chip ge- netici esistenti, occorre cercare mediante un’altra lunga procedura. Per le RP questa situazione è assai frequente. Anche il numero di esami effet- tuati conta, perciò gli istituti di genetica collabo- rano in una vasta rete di ricerca internazionale, il che è di grande importanza soprattutto nel cam- po delle malattie rare. Ulteriori informazioni presso Retina Suisse (tel. 044 444 10 77; info@retina.ch) Giornale Retina Suisse 2–3/2008 41
Aspetti psicologici dell’handi- cap visivo I nostri handicap visivi e i modi di gestirli sono molto diversi tra loro. Ciononostante hanno una caratteristica comune: tutti noi ci muoviamo in continuazione in una zona intermedia tra il vede- re e il non vedere, siamo perciò spesso alla ricer- ca di posizioni chiare e della nostra vera identità. Questo non significa però che un handicap visivo produce per principio un problema d’identità. In fin dei conti siamo in primo luogo individui con un carattere definito, con cose che amiamo e altre che detestiamo e soltanto in un secondo tempo siamo persone con un handicap. Ma per quanto riguarda il vedere o il non vedere dob- biamo continuamente riorientarci, ridefinire la nostra posizione e in pari tempo «interpretare una parte» per il pubblico che ci sta attorno. Spesso l’unica alternativa è o di nascondere l’handicap visivo per non dare nell’occhio o di ammetterlo apertamente con tutte le conseguen- ze del caso. Una situazione, questa, che vorrei esaminare partendo da un esempio concreto. Se facendo la spesa non riesco a leggere i prezzi degli articoli e non voglio dare nell’occhio, ho due possibilità. O compro le cose senza sapere 42 Giornale Retina Suisse 2–3/2008
quanto costano oppure rinuncio a fare gli acqui- sti. Entrambe le soluzioni non mi soddisfano per- ché poi o sono scocciata per avere speso troppo o frustrata per non avere comprato nulla. Chieden- do invece subito un aiuto, alla mia domanda sul prezzo riceverò una risposta oggettiva, ma po- trebbero anche nascere malintesi o momenti s- piacevoli, per esempio se dovessi pentirmene perché sommersa da offerte d’aiuto con il risul- tato che la situazione mi sfuggirebbe di mano e io non mi sentirei presa sul serio. Prima di deci- dere se mostrare o nascondere il mio handicap può anche insinuarsi incertezza o una tensione interna, e una volta deciso potrebbe insorgere il dubbio sulla bontà della scelta. È raro che io sia tanto consapevole di questi pro- cessi come ora che li ho esposti. Inoltre, l’esem- pio che porto è assai banale, e di per sé non do- vrebbe avere conseguenze gravi. In ogni modo noi viviamo assai spesso situazioni problemati- che e gli effetti emozionali tendono allora a som- marsi e a farsi sempre più pesanti. Prima o poi questo continuo carico emotivo genererà reazio- ni di stress fisico e psichico, per esempio, quando i problemi sono dovuti ai nostri limiti di mobilità, di scelta professionale, di gestione del tempo libero o di contatto interpersonale. Di regola ci orientiamo sulle norme delle persone senza han- Giornale Retina Suisse 2–3/2008 43
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