Appunti del Corso di Patologia e Fisiopatologia Generale del Professor E. Albano
←
→
Trascrizione del contenuto della pagina
Se il tuo browser non visualizza correttamente la pagina, ti preghiamo di leggere il contenuto della pagina quaggiù
Università degli Studi del Piemonte Orientale A. Avogadro Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia Appunti del Corso di Patologia e Fisiopatologia Generale del Professor E. Albano - PARTE 1 - A.A. 2013/2014
INDICE PATOLOGIA PATOLOGIA ED EZIOLOGIA........................................................................................................3 Eziologia generale...........................................................................................................................4 CAUSE CHIMICHE DELLA MALATTIA.....................................................................................5 Meccanismi di biotrasformazione degli xenobiotici....................................................................7 Reazioni di fase I.........................................................................................................................7 Reazioni di fase II.......................................................................................................................7 Attivazione metabolica degli xenobiotici..................................................................................8 Polimorfismi di cyp2D6 ed alterazioni del metabolismo dei farmaci....................................9 I radicali liberi nella patogenesi delle malattie..........................................................................10 La bilancia ossidativa...............................................................................................................11 Stress ossidativo........................................................................................................................12 Effetti citotossici dei radicali liberi.........................................................................................13 CAUSE FISICHE DI MALATTIA.................................................................................................14 Patologie da trasferimento di energia elettromagnetica...........................................................14 Patologie indotte da radiazioni ionizzanti..............................................................................16 Patologie indotte da radiazioni eccitanti................................................................................17 RISPOSTA DELLE CELLULE AL DANNO................................................................................19 Risposta funzionale allo stress ossidativo...................................................................................20 Autofagia e danno cellulare.........................................................................................................21 Malfunzionamento e insufficienza dei meccanismi di difesa................................................23 Necrosi.......................................................................................................................................23 Apoptosi.....................................................................................................................................26 Catastrofe mitotica...................................................................................................................29 Risposta adattativa delle cellule al danno..................................................................................30 La rigenerazione epatica..........................................................................................................31 Caratteristiche dell’ipertrofia cardiaca..................................................................................32 Metaplasia.................................................................................................................................34 Displasia....................................................................................................................................34 BETA-FIBRILLOSI E MALATTIE NEURODEGENERATIVE...............................................35 Amiloidosi......................................................................................................................................35 Processo di generazione della sostanza amiloide...................................................................36 Conseguenze dell’amiloidosi....................................................................................................37 Malattie da prioni.........................................................................................................................37 Neurofibrillosi...............................................................................................................................39 Malattia di Alzheimer(AD)......................................................................................................39 Morbo di Parkinson.................................................................................................................42 Morbo di Huntington...............................................................................................................43 L’INVECCHIAMENTO..................................................................................................................44 Invecchiamento delle cellule perenni......................................................................................44 Invecchiamento delle cellule labili..........................................................................................45 Modificazioni della matrice.....................................................................................................45 2
PATOLOGIA ED EZIOLOGIA La Patologia Generale mira a comprendere i meccanismi molecolari e cellulari che sono alla base della comparsa della malattie. Secondo l’OMS(Organizzazione Mondiale per la Sanità) la salute è “uno stato di benessere fisico, mentale e sociale completo, non l’assenza di malattia”. Per malattia s’intende qualsiasi alterazione strutturale o funzionale di un tessuto o di un organo capace di ripercuotersi sull’economia generale dell’organismo; essa è considerata l’antitesi dello stato di salute. Le malattie possono essere distinte per la loro localizzazione in: focale: legate a specifiche aree o tessuti diffusa: che riguardano un intero organo disseminata: che colpisce tessuti diversi sistemica: che interessa un intero apparato generalizzata: comprende tutto l’organismo Inoltre la malattia può essere studiata su diversi livelli, con approcci di vario tipo: di popolazioni(epidemiologia) di individuo(medicina clinica) di sistema o organo(fisiopatologia) di tessuto(istopatologia) di cellule(citopatologia) di organelli(biochimica) di molecola(biofisica) di geni(biologia molecolare) I principali criteri di classificazione sono: topografico(localizzazione anatomica della zona interessata) anatomica(organo prevalentemente interessato) funzionale(sulla base della/e funzione/i maggiormente compromessa) patologico( natura della malattia) eziologico(in relazione alla causa) patogenetico(meccanismo patogenetico prevalente) epidemiologico(in relazione a dati statistici riguardanti l’incidenza). Della malattia possiamo studiare frequenza e distribuzione, le cause determinanti, i meccanismi mediante i quali si sviluppa, i sintomi e il decorso e le possibili cure. 3
Eziologia generale L’eziologia è la disciplina che studia gli stimoli patogeni o i fattori di malattia. Nei confronti dell’organismo, la malattia può essere: determinante: se l’agente da solo può produrre malattia coadiuvante: se l’agente facilita l’azione di un'altra causa(concausa); nei confronti della malattia, l’organismo può essere: recettivo: se subisce le conseguenze refrattario se non ne risente resistente: se si difende I fattori eziologici possono essere: intrinseci(o genetici) ed acquisiti(fisici, chimici, alimentari o biologici); le malattie possono avere una totalità di causa intrinseca od estrinseca, ma nella maggior parte dei casi sono multifattoriali(combinazione dei due tipi di fattore in grado variabile). Uno dei criteri per comprendere l’influenza del contenuto multifattoriale nella patogenesi della malattia è l’analisi della concordanza nella comparsa di alcune malattie fra gemelli omo e dizigoti: la concordanza è analoga per malattie ad eziogenesi esclusivamente esogena(es. infezione acuta), mentre nella patologie con forte influenza genetica(es. malattie psichiatriche come la deficienza mentale) si ha sbilanciamento verso i gemelli monozigoti. Le malattie multifattoriali, come patologie cardiovascolari, diabete e tumori, costituisco attualmente il 90% delle cause di morte. 4
CAUSE CHIMICHE DELLA MALATTIA Le cause chimiche agiscono mediante due meccanismi principali: aspecifici: prescindono dal tessuto e riguardano le proprietà chimico-fisiche della sostanza (es, effetto solvente di acidi e basi forti o azione degli agenti alchilanti). specifici: legati all’interazione della sostanza tossica con specifiche molecole bersaglio a livello tissutale e cellulare(es. acido cianidrico HCN, lega il citocromo c complessandosi con il ferro del gruppo eme e blocca la catena respiratorie; es. monossido di carbonio CO che lega l’emoglobina sempre complessandosi al ferro dell’eme e determina ipossia tissutale; es. colchicina, antiblastico che interferisce con la polimerizzazione dei microtubuli bloccando il trasporto e la mitosi) Tra gli agenti chimici con azione dannosa sulle cellule si annoverano anche numerose tossine naturali: Tetrodotossina, potente neurotossina prodotta da alcuni pesci tropicali (pesce palla), che interrompe in pochi istanti la conduzione nervosa bloccando i canali del sodio voltaggio dipendenti. Tossina Colerica prodotta da vibrioni, è formata da due sub unità A e B, la prima capace di traslocare nel citosol e di legare la proteina g coinvolta nell’attivazione di adenilato ciclasi, la seconda legante uno specifico recettore sulle cellule enteriche; tramite aumentata sintesi di AMPc determina eccessiva perdita di acqua e sali e causa diarree irrefrenabili. Tossine Botulinica e Tetanica, largamente impiegate nella cosmesi, sono prodotte da batteri anaerobi in gradi di infettare i tessuti; sono proteasi in grado di tagliare proteine connesse con l’agganciamento delle vescicole nelle sinapsi; presentano tuttavia effetto diverso, poiché agiscono su bersagli differenti: la tossina botulinica è coinvolta nella sinapsi neuro muscolare, impedendo l’azione del motoneurone terminale il rilascio di acetilcolina e determinando quindi paralisi flaccida, mentre la tossina tetanica agisce sui motoneuroni delle corna anteriori del midollo accentuando il rilascio di acetilcolina e determinando paralisi spastica. Affinché i tossici possano svolgere il loro ruolo è essenziale il loro ingresso nell’organismo. Possono penetrare in diversi modi, a seconda della struttura della sostanza tossica stessa(tratto gastrointestinale, polmoni, cute e annessi, via parenterale); le sostanze ricircolano poi in sangue e linfa e subisco una serie di trasformazioni che ne permettono l’immagazzinamento(in ossa, tessuto adiposo e tessuti molli) o l’eliminazione(tramite feci, urina, aria espirata, secrezioni e latte). La concentrazione di queste sostanze nel sangue è in equilibrio con la concentrazione sul bersaglio molecolare. L’azione lesiva degli agenti chimici è influenzata dalle caratteristiche chimico-fisiche del composto, dalla dose, dal sito di somministrazione e dalla durata dell’esposizione, dalla distribuzione tissutale, dalla trasformazione metabolica subita, dall’eliminazione e dalla modalità del danno. 5
Il rapporto tra la dose e la risposta alla sostanza è importante per valutarne la tossicità. La dose soglia corrisponde all’ultimo valore per il quale non si hanno effetti; la dose efficace 50 è la quantità che determina una risposta nel 50% degli animali trattati, mentre la dose di saturazione equivale alla dose massimale, per cui anche aumentando la quantità somministrata non si ha variazione della risposta poiché tutti in recettori sono occupati. Sulla base della dose letale 50(DL50) è possibile definire una scala di tossicità,che dimostra come tutte le sostanze siano tossiche a determinate dosi. Si nota come molte sostanze naturali siano tossiche: ciò dimostra come l’origine non da indicazioni sulla lesività. La tossicità può essere acuta o cronica secondo la modalità tramite la quale si esplica. La tossicità acuta origina da un rapido assorbimento di sostanze tossiche in dosi elevate, di solito singole; i sintomi che ne derivano sono il risultato dell’interazione del tossico con specifiche funzioni cellulari, hanno una rapida insorgenza e una rapida evoluzione verso la morte o la guarigione. es. il fungo Amanita Phalloides contiene peptidi ciclici del gruppo fallotossine e amatossine che causano danni importanti a carico del fegato, fino a necrosi epatica, anche se la sintomatologia è tardiva; sono sufficienti 100g di funghi freschi ad uccidere un uomo di 75kg di peso. La tossicità cronica deriva da ripetute esposizioni per un prolungato periodo di tempo ad una sostanza che ha tendenza ad accumularsi nell’organismo in quanto la cinetica di assorbimento accede la capacità di eliminazione o perché causa un accumulo progressivo di danni a livello dei tessuti bersaglio. es. intossicazione cronica da piombo, definita saturnismo, che dà luogo ad anemia ed emolisi, oltre che a coliche intestinali, neuropatie periferiche ed acidosi tubulare renale(Sindrome di Fanconi), quadro sintomatologico dovuto a d interazione della sostanza, accumulata principalmente a livello osseo, con i gruppi –SH delle proteine; nei bambini determina anche la comparsa di strie da piombo ipofisarie ed encefalopatia. Per alcune sostanze sono possibili entrambe le azioni: l’alcool ad esempio, può causare effetti psicotropi dati dall’assunzione acuta, quali disinibizione, rallentamento dei riflessi, torpore, incoordinazione dei movimenti e depressione dei centri respiratori, ma è anche responsabile di effetti organici conseguenti ad assunzione cronica, i quali coinvolgono sistema nervoso, fegato, pancreas, apparato digerente, cuore, muscoli e ghiandole endocrine. Discorso analogo è quello relativo ad intossicazioni da micotossine: i funghi del genere Aspergillus possono contaminare i semi immagazzinati di cereali e legumi tramite liberazione di aflatossine b e g ad attività epatotossica, ma possono anche concorrere all’insorgenza di tumori. 6
Meccanismi di biotrasformazione degli xenobiotici Spesso l’azione dei tossici coincide con quella degli xenobiotici, intesi come qualsiasi sostanza estranea all’organismo. Gli xenobiotici devono subire processi di trasformazione per poter essere accumulati od eliminati. I meccanismi di trasformazione dipendono dalle caratteristiche dello xenobiotico stesso: se è idrofilo la via di eliminazione sarà prevalentemente quella gastroenterica o urinaria, mentre se è lipofilico tende ad accumularsi nel tessuto adiposo. La maggior parte sono lipo-idro solubili, e sono eliminati con reazioni di fase 1 o di funzionalizzazione e di fase 2 o di coniugazione. Reazioni di fase I Sono reazioni che introducono in una molecola gruppi polari che ne modificano la struttura aumentandone la polarità. Sono catalizzate da enzimi diversi con differenti specificità(monoammine ossidasi, aromatasi, monossigenasi, alcool deidrogenasi); il ruolo più importante è svolto da monossigenasi citocromo P450 dipendenti e FAD dipendenti che operano nel reticolo endoplasmatico, poiché catalizzano molte reazioni diverse e sono parte di sistemi costituenti catene di trasporto, aventi come donatore NADPH e come accettore flavoproteine; il citocromo P450 contiene un atomo di ferro nel gruppo prostatico eme che lega l’ossigeno e il substrato; il flusso elettronico prende inizio dal NADPH e attraverso la flavo proteina NADPH-CitP450 reduttasi) arriva al citocromo. Gli elettroni vengono trasferiti uno alla volta: il primo riduce il ferro da ferroso (Fe2+) a ferrico(Fe3+) e permette il legame con l’ossigeno, mentre il secondo scinde la molecola di ossigeno dando luogo a specie instabili che portano all’introduzione di un atomo di ossigeno nel sito reattivo con rilascio, infine, di acqua. La reazione può essere così schematizzata: R + O2 + NADPH2 ROH + H2O + NADP+ Le molecole che si legano al sito attivo sono molto eterogenee; esistono infatti una famiglia di enzimi che presentano stessa struttura, ma specificità diversa, e sono classificati in sottofamiglie sulla base della sequenza amminoacidica(l’uomo ne possiede circa 150 isoforme diverse). Il metabolismo degli xenobiotici è mediato essenzialmente dalle prime quattro famiglie(localizzate principalmente in fegato, cute, rene e polmone); inoltre, questi enzimi, sono inducibili, ossia la loro attività aumenta in risposta alla disponibilità di substrato(questo giustifica l’aumento di tollerabilità dovuta ad esposizioni piccole e continue es. metabolismo di etanolo, caffeina e paracetamolo). Reazioni di fase II I prodotti degli enzimi di fase 1 e i composti idrosolubili possono essere trattati da enzimi di fase 2, i quali legano una molecola endogena al substrato. Le reazioni di coniugazione sono molto diverse e per ognuna esiste un preciso gruppo di enzimi. es. il benzene viene trattato da citP450 con aggiunta di –OH e formazione di un fenolo; nel fegato viene addizionato all’acido uridindifosfoglucuronico ad opera dell’enzima UDP glucuronil transferasi che lo rende molto idrosolubile e facilmente eliminabile con l’urina. es. il clorobenzene(o il bromobenzene) viene trasformato in epossido da enzimi citP450 dipendenti; successivamente è aperto e coniugato al glutatione ad opera dell’enzima glutatione transferasi sui 7
residui di cisteina, che spesso vengo spezzati per abbassare il peso molecolare ed eliminati come mercaptoderivati. Le reazioni di fase 2 si svolgono in parallelo alle reazioni di fase 1 e spesso gli enzimi vengono indotti insieme. Più gli enzimi sono attivi, più l’eliminazione xenobiotica è efficace. A livello cellulare un altro meccanismo di difesa è legato alla presenza di specifici trasportatori, quali gli MDR(Multi Drug Resistence), che utilizzando ATP allontanano molecole dalla cellula e sono coinvolti nella difesa per molteplici antiblastici usati come chemioterapici(come taxolo, vinblastina ecc..). Attivazione metabolica degli xenobiotici Quando, durante la modificazione dello xenobiotico, un enzima di fase 1 produce molecole più reattive di quella originaria si parla di attivazione dello xenobiotico. Un esempio può essere dato dal paracetamolo, principio attivo di numerosi antinfiammatori e antidolorifici, che per l’80% viene eliminato con reazioni di solfatazione o glucuronazione da parte di enzimi di fase 2; tuttavia, una piccola parte, circa il 5%, è metabolizzato da enzimi citP450 dipendenti(enzimi di fase 1) che generano un composto di ossidazione, la benzodionemina, molto reattivo, il quale si combina con proteine e lipidi formando comporti di addizione. Il paracetamolo in alcune condizioni diventa particolarmente tossico: la dose fisiologica è di circa 4-6 mg al die, e intorno ai 10mg diventa letale; una buona parte è infatti eliminata con la glutatione transferasi, ma se presente in quantitativi così elevati non è sufficiente; provoca quindi necrosi cellulare, soprattutto a livello epatico, dove si determina un’intossicazione da paracetamolo con insufficienza epatica acuta. L’antidoto è la N acetil cisteina, che sostituisce il glutatione, ma dev’essere somministrata in alte dose nelle prime fasi di intossicazione. Oltre alla tossicità dovuta la sovradosaggio, il paracetamolo può diventare tossico 8
anche in caso di malnutrizione, ossia quando gli enzimi di fase 2 non funzionano correttamente per carenza di substrati. Negli alcolisti la via del citocromo P450 è molto attiva. La tossicità di un farmaco può quindi essere legata all’equilibrio che si instaura tra enzimi di fase 1 ed enzimi di fase 2. I processi di attivazione metabolica hanno un ruolo importante nella cancerogenesi. Il benzopirene è una molecola stabile, ma diventa cancerogena a causa di un intermedio elettrofilo, l’epossido 7,8, prodotto dall’azione successiva di un enzima citP450 dipendente, di una epossido idrasi e nuovamente del P450 dipendente; questo si lega al DNA e può provocare tumore(soprattutto riguardante cute e polmone). Anche in questa condizione esistono specifici enzimi di fase 2 che esercitano protezione dai metaboliti reattivi(riducono l’insorgenza di carcinomi negli esposti). In alcuni casi i metaboliti reattivi possono scatenare reazioni allergiche tramite generazione di addotti con le proteine(molecole self viste come non self, contro le quali viene prodotta una risposta). es. l’adotano(anestetico generale): una piccola quota può essere attivata con distacco del residuo di bromo e con formazione di un metabolita che lega i gruppi –NH 3 delle proteine e può essere causa di epatiti autoimmuni. Polimorfismi di cyp2D6 ed alterazioni del metabolismo dei farmaci Il metabolismo dei farmaci può presentare grande variabilità nei diversi individui, per questo il dosaggio di molti farmaci deve essere “personalizzato”. Coinvolti in questi meccanismi sono appunti gli enzimi deputati alla trasformazione degli xenobiotici. es. Valutando la risposta alla somministrazione di farmaci antipertensivi nella popolazione si nota come ogni paziente reagisca in modo diverso; è possibile, in particolare, distinguere i soggetti in tre gruppi principali: la maggioranza è composta dai cosiddetti metabolizzatori veloci, ossia da coloro nei quali è possibile valutare un certo abbassamento pressorio; un gruppo minore è invece quello costituito dai metabolizzatori lenti, per i quali sono sufficienti quantità di farmaco inferiori; il terzo, piccolo, gruppo è invece quello dei metabolizzatori molto rapidi, ai quali sarà necessario somministrare dosi di farmaco aumentate, data la bassa risposta alla dose consigliata. Spesso risulta essenziale verificare l’appartenenza del soggetto ad una delle categorie diverse dai metabolizzatori veloci prima dell’inizio della terapia. I metabolizzatori lenti sono portatori di modificazioni puntiformi sul gene di cyp2D6, mentre i metabolizzatori molto rapidi presentano duplicazioni che interessano sempre lo stesso gene. Osservando quest’ultima mutazione si è notato come essa abbia una particolare distribuzione geografica, con alta frequenza nel Sudan, nel Corno d’Africa e nella Penisola Arabica; si è quindi supposto come tale duplicazione possa essere il risultato di un adattamento ad abitudini dietetiche con alto consumo di alcaloidi, il cui metabolismo coinvolge appunto cyp2D6. Esistono anche alterazioni del metabolismo dell’etanolo, dovute a polimorfismi del cytP450: questo composto è substrato prima di un enzima di fase 1, l’alcool deidrogenasi ADH, che lo trasforma in acetaldeide, la quale diventa a sua volta bersaglio di acetaldeide deidrogenasi ALDH, enzima di fase 2. Nei Paesi Orientali è frequente una mutazione del gene che codifica per l’ALDH, che si associa ad 9
ipofunzionalità dell’enzima; questo provoca un accumulo di acetaldeide nel sangue con insorgenza di una patologia conosciuta come Flushing Syndrome, caratterizzata da arrossamenti cutanei, nausea e vomito. I polimorfismi possono infine riguardare anche enzimi coinvolti nel metabolismo di alcuni farmaci miorilassanti, come la pseudosuccinilcolina esterasi. I radicali liberi nella patogenesi delle malattie I radicali liberi sono atomi o molecole presentanti un elettrone spaiato nell’orbitale esterno; godono quindi di estrema reattività(alcuni sono però stabili, come la melanina nei capelli) ed emivita molto breve. Sono indicati con R∙. Questo elettrone in eccesso o in difetto conferisce caratteristiche di paramagneticità(i radicali sono infatti rilevabili come magneti). I radicali liberi si formano mediante meccanismi diversi: rottura di un legame covalente (es. radiazioni ionizzanti) A-----B A∙ + B∙ reazioni redox (es. emoglobina metaemoglobina) Hb-Fe2+ Hb-Fe3+ + O2∙ interazione con un radicale preesistente (reazioni conservative) A∙ + BH AH + B∙ Le reazioni radicali che implicano perdita o acquisizione di un solo elettrone, a differenza delle redox dove ne vengono scambiati due, quindi i radicali tendono a privilegiare reazioni che coinvolgono molecole in grado di cedere un solo elettrone, come metalli di transizione, ossigeno(con formazione di perossidi) e molecole organiche. Se due radicali reagiscono tra di loro si hanno reazioni di terminazione, da cui non si originano più composti radicalici. Le reazioni che coinvolgono l’ossigeno sono particolarmente favorite dai radicali a causa della configurazione dell’elemento stesso allo stato basale, detta a tripletto, che è infatti un diradicale libero, poiché possiede due elettroni spaiati nello strato più esterno. Esso può essere trasformato in acqua attraverso diversi passaggi che coinvolgono un solo elettrone alla volta, poiché i due elettroni più esterni presentano spin analogo e nessuna molecola è in grado di cedergli due elettroni; la presenza di ossigeno nell’atmosfera coincide, in questo senso, con lo sviluppo dei microrganismi, che sfruttano il salto energetico tra ossigeno ed acqua. Tuttavia, per quanto concerne questa trasformazione, si ha un inconveniente esercitato del fatto che nel processo di passaggio degli elettroni si possono generare intermedi fortemente reattivi(specie reattive dell’ossigeno, ROS): la riduzione di un elettrone forma l’anione superossido O2-∙ mentre la riduzione di due elettroni non forma un radicale, bensì lo ione perossile O22-, che è però un’importante fonte di specie reattive. Ancor maggiore reattività presenta l’ossigeno singoletto, il quale non presenta limitazione di spin. L’acqua ossigenata può essere prodotta a partire da due ioni superossido O 2- + O2- H2O2 , la quale può dare origine ad uno ione ossidrile OH- per degradazione in presenza di metalli di transizione, seguendo la reazione di Fenton H2O2 + Fe2+ Fe3+ + OH- + OH∙ ; si può poi riottenere il metallo di transizione usato in questo procedimento secondo la reazione di Haber- Weis 10
O2- + Fe3+ Fe2+ + O2 ; il complesso di reazioni prende il nome di complesso di Fenton- Haber- Weis. Le fonti di ROS a livello cellulare sono numerose: La catena respiratoria mitocondriale: nel passaggio dal complesso II al complesso III e delle proteine leganti il ferro fino al citocromo c. In alcune condizioni, come la sindrome di riperfusione o le infezioni da HIV, i danni dei ROS sono molto elevati. La catena respiratoria microsomiale del cit P450 nel metabolismo degli xenobiotici, dove l’ossigeno accetta elettroni sia nella normale catalisi, ma anche in assenza di substrato per certi enzimi; la via può per esempio generare radicali nel caso del metabolismo di alcuni xenobiotici, quali il tetracloruro di carbonio CCl4. Anche l’alcool può essere trasformato in radicale durante la metabolizzazione epatica(insorgenza della epatopatia alcolica) CH3CH2OH CH3CH∙OH Alcuni composti come erbicidi o antiblastici sono in grado di indurre la formazione di ROS, in quanto vanno incontro a cicli ossido riduttivi e passano da chinoni semiridotti con caratteristiche radicaliche che sono poi in grado di attivare l’ossigeno ad anione superossido. Le cellule fagocitarie durante l’infiammazione rispondono con la produzione di ROS causato dal massiccio incremento del consumo di ossigeno indipendente dalla respirazione, dovuto all’aggregazione in membrana del complesso NADPH ossidasi con funzioni regolatorie e con capacità di trasporto degli elettroni per generare anione superossido usando NADPH derivato dal ciclo dei pentosi; i ROS prodotti in questo contesto sono responsabili dei danni tissutali tipici dell’infiammazione, da cui derivano malattie infiammatorie croniche e acute distress syndrom. Fattori che regolano il tono vasale, come il monossido d’azoto NO che è formato da un complesso enzimatico di cui esistono 3 isoforme, costitutiva, epiteliale e inducibile; NO può interagire con l’anione superossido e formare nitroperossidi(NOO∙). I radicali sono però molto importanti perché svolgono numerose funzioni fisiologiche all’interno della cellula: difesa da patogeni segnalazione intracellulare regolazione del tono vascolare regolazione dell’adesione piastrinica regolazione di emopoiesi e angiogenesi sintesi di prostaglandine e di leucotrieni attivazione della risposta immunitaria La bilancia ossidativa Esiste un preciso equilibrio tra formazione di ROS e sistemi antiossidanti. Le difese possono essere distinte in enzimatiche e non enzimatiche. Le difese non enzimatiche sono piccole molecole presenti nei liquidi e nelle membrane, che possono cedere elettroliti ai radicali inattivandoli(l’antiossidante è sufficientemente stabile da non reagire con altri sistemi); queste possono essere a loro volta classificate in idrosolubili, comprendenti ad esempio glutatione, acido ascorbico e acido urico(la concentrazione di quest’ultimo è molto elevata nel plasma umano proprio per la sua attività antiossidante) e in liposolubili, come la vitamina E(svolge funzione antiossidante per i residui di –OH e si localizza nelle membrane grazie alla catena idrofobica ed agisce eliminando radicali generati nelle catene di acidi grassi polinsaturi), i carotenoidi, l’ubichinone e la bilirubina. Interagiscono tutte con le molecole radicaliche nei siti in cui vengono prodotte e la loro efficacia dipende dalla concentrazione e dai meccanismi tramite cui vengono sintetizzate. Le difese enzimatiche sono invece costituite da diversi enzimi: 11
superossido dismutasi, di cui esistono 3 isoforme: quella citoplasmatica contiene zinco e magnesio, quella mitocondriale contiene manganese e quella extracellulare che contiene zinco. Elimina i superossidi, ma produce acqua ossigenata, che deve essere comunque eliminata. 2O2- + 2H+ O2 + H2O2 catalasi, che presenta Km molto elevata e quindi, viste le alte concentrazioni di acqua ossigenata in tutti i distretti, è poco efficace. 2H2O2 O2+ 2H2O glutatione perossidasi, la quale esiste in due isoforme, citoplasmatica e di membrana, e che presenta elevata affinità anche a concentrazioni molto basse. E’ strettamente dipendente dalla disponibilità di glutatione; è quindi necessario un enzima per riossidarlo. ROOH + GSH ROH + GSSG + H2O + glutatione reduttasi GSSG + 2NADPH 2GSH + NADP Strettamente legata a questi enzimi è una patologia conosciuta con il nome di favismo. Essa è causata da una mutazione a carico del gene che codifica per l’enzima glucosio 6 fosfato deidrogenasi G6PD; i soggetti affetti da questo deficit presentano, in seguito all’ingestione di fave, crisi emolitiche con anemia acuta e emoglobinuria(con conseguenti danni renali). Le fave contengono infatti la divicina, glucoside che se ingerito subisce cicli di ossidoriduzione e forma lo ione superossido, il quale viene convertito in acqua ossigenata; non è tuttavia possibile rigenerare il glutatione necessario alla glutatione perossidasi, per mancanza del substrato NADPH della reduttasi, che normalmente viene riformato da G6PD, di cui in questo caso si ha malfunzionamento. A questi sistemi principali se ne aggiungono altri: tioredoxina, molto importante a livello cutaneo per i danni indotti dai raggi ionizzanti. Prot-S-S + 2GSH Prot-SH + GSSG emeossigenasi, che si occupa della degradazione dell’eme, il quale sarebbe molto più reattivo del ferro libero. Nel sangue, inoltre, sono presenti diversi fattori protettivi, quali: aptoglobina/emopessina che legano emoglobina e mioglobina transferrina che lega ioni ferro albumina che lega ioni rame acido urico che ha importante funzione di scavenger bilirubina, prodotta dal metabolismo dell’eme, e che si associa alla riduzione degli acidi grassi Stress ossidativo Si ha stress ossidativo quando si determina uno squilibrio nella bilancia ossidativa, per eccesso della produzione di ROS o per la riduzione di difese antiossidanti, che 12
determina l’insorgenza di un danno cellulare. Se il danno è moderato può essere riportato l’equilibrio, mentre se è forte e cronico si determina morte cellulare. A livello cellulare, i radicali agiscono su tre strutture principali: - proteine, su cui inducono frammentazione, aggregazione e ossidazione dei gruppi –SH; parte di questi danni possono essere riparati da enzimi, altri sono controllati dalle foldrine, ma più spesso le proteine modificate sono denaturate e accumulate nel citosol a formare aggregati. - acidi nucleici, su cui determinano ossidazione, dimerizzazione di basi e ossidazione dello scheletro fosfocarbossilico. I danni possono essere riparati mediante riassemblaggio casuale per quanto concerne il DNA, mentre sulle basi intervengono MER e BER; possono produrre danni genotossici, alla base dello sviluppo di numerose neoplasie. - acidi grassi polinsaturi, contenuti in tutti gli alimenti, tendono a ossidarsi spontaneamente; per questo motivo gli antiossidanti sono usati come conservanti. Tale ossidazione spontanea viene definita perossidazione lipidica ed è una reazione autocatalitica per la quale si crea una particolare struttura(doppi legami intervallati da carboni metilici) facilmente modificabile con sottrazione di un idrogeno e trasformazione in un radicale libero. Tale radicale lipidico tende a cambiare conformazione ed ad addizionare l’ossigeno; si forma un radicale lipoperossilico estremamente reattivo, che coinvolge i lipidi vicini e si trasforma in lipoperossido, molecola instabile che va incontro a riarrangiamenti generando prodotti di reazione a basso peso molecolare e contenenti ossigeno, quali aldeidi,chetoni, chetoidrossiacidi e cicloidroperossidi. Alcuni di questi composti possono diffondere lontano dal sito di produzione: un esempio ci è dato dalle elevate concentrazioni di tali prodotti nel siero di soggetti con abuso di alcool. Nelle membrane la vitamina E previene questo processo, interrompendolo; se il meccanismo non viene controllato, i danni per la membrana sono cospicui: si può avere inserimento di cariche polari portate all’esterno, alternazione della fluidità od ossidazione delle proteine sulla membrana. Possono crearsi addotti per l’interazione tra proteine e prodotti della perossidazione lipidica, che possono reagire con DNA e RNA modificandoli(agenti genotossici di tipo mutageno). Effetti citotossici dei radicali liberi Interagendo con i tre bersagli prima descritti causano danni primari che danno luogo ad una serie di effetti secondari con conseguenze gravi per i mitocondri, per il citoscheletro ecc, che possono esitare in danni cellulari irreversibili. 13
CAUSE FISICHE DI MALATTIA Le patologie possono generare da trasferimento di energia sotto diverse forme(meccanica, elettrica, termica, elettromagnetica o da variazione della pressione). I danni dipendo dalla quantità di energia trasferita, dalla durata del trasferimento e dalla capacità del tessuto di disperdere energia. Patologie da trasferimento di energia elettromagnetica La superficie terrestre, e su di essa Uomo e altre specie viventi, è continuamente esposta a vari tipi di radiazioni che provengono da sorgenti naturali, alle quali si aggiungono quelle provenienti da fonti artificiali. In base ai loro effetti si distinguono due tipi di radiazioni: ionizzanti, forme di radiazione che hanno energia maggiore di 10eV(energia necessaria per allontanare un elettrone dall’orbitale più esterno della molecola e formare uno ione) e con lunghezza d’onda minore di 100nm. eccitanti, forme di radiazioni che hanno energia inferiore di 10eV; tra questi figurano anche i raggi ultravioletti(100-400nm). Le radiazioni ionizzanti sono ulteriormente in corpuscolate, in particolare elettroni, protoni, neutroni, positroni, deutroni e particelle α, ed elettromagnetiche, che comprendono raggi γ, raggi x medi-molli-duri, ultraviolette, luce visibile, infrarosse e herziane. Nella collisione con la materia, le radiazioni cedono tutta o parte dell’energia alle molecole ed agli atomi che la assorbono, con conseguenze che variano a seconda della quantità di energia spostata. Infatti, quando una radiazione, intesa come quanto di energia, sia corpuscolata che di origine elettromagnetica, colpisce i tessuti può interferire con due bersagli: macromolecole della cellula o della matrice: in questo caso le strutture sono ionizzate, per la maggior parte in forma radicalica(stessi effetti provocati dai radicali). Queste interazioni sono dette dirette; tuttavia, la probabilità che una macromolecola venga colpite dipende dalla sua dimensione, quindi è molto bassa. Essendo costituiti i tessuti per il 70% di acqua è più probabile che venga colpita una di queste - + + molecole. RH + hv e + RH R∙+ H molecole di acqua: la ionizzazione da luogo a diverse reazioni chimiche, H 2O + radiazione H2O++ e- oppure H2O + e- H2O- Gli ioni così generati possono essere scissi nei loro componenti, con formazione di radicali. Per ogni 10 -5J di energia trasferiti all’acqua si generano 2,6 e-, 2,6 OH∙, 0,4 H∙. Questo effetto è detto indiretto. A livello cellulare, la quantità di radicali formati dipende dalla frequenza delle interazioni. La capacità di trasferire energia è definita LET(Linear Energy Transfer) ed è direttamente proporzionale alla carica ed alla massa della particella ed inversamente proporzionale alla sua 14
energia. La dimensione delle particelle influenza infatti la probabilità che avvengano collisioni, mentre l’energia è rilevante poiché le particelle con alta energia interagiscono meno con i tessuti( questa peculiarità è molto sfruttata nei trattamenti contro i tumori). LET, in particolare, corrisponde alla quantità di energia persa per unità di tragitto (KeV/μm); esiste inoltre un fattore qualitativo Q che permette il confronto tra radiazioni a LET diverso. Altri due indici molto importanti sono dose assorbita, quantità di energia erogata per unità di massa di tessuto indipendentemente dal tipo di radiazione, e si misura in Grey(J/Kg). dose equivalente, prodotto della dose assorbita per il fattore Q, che esprime la capacità di indurre un danno da parte di radiazioni con diverso LET: si misura in Sievert. Ogni organismo è esposto a radiazioni(radioattività del terreno), fattore preso in considerazione da EBR. L’effetto a livello di acidi nucleici, proteine e lipidi è analogo a quello visto per i radicali. Il tipo di morte cellulare può avere caratteristiche diverse che possono essere influenzate dalla dose di radiazione; infatti, da 300 a 1000R la cellula muore per apoptosi, mentre con un valore maggiore di 2000R la cellula muore per necrosi. Anche la sensibilità dei tessuti alle radiazioni è diversa è ed influenzata da diversi fattori. Avremo quindi tessuti radiosensibili, che presentano cellule con elevato turnover ed elevata frequenza di mitosi(come comparti emopoietico, linfoide, germinale e le cellule tumorali) e tessuti 15
radioresistenti, i quali cessano la loro attività replicativi subito dopo lo sviluppo fetale. La differenza sostanziale è la presenza o meno di difese antiossidanti. Patologie indotte da radiazioni ionizzanti Gli effetti delle radiazioni ionizzanti a livello tissutale dipendono da dose assorbita e area interessata e possono essere classificati in somatici, al loro volta suddivisibili in stocastici e non stocastici, e in genetici, che possono essere solo stocastici. Gli effetti stocastici compaiono con una relazione dose-effetto e aumentano la probabilità che l’effetto si manifesti. Compaiono anche per basse dosi di radiazione e hanno un lungo periodo di latenza(anni, decenni). Sono manifestazioni irreversibili e possono essere causate anche da altri agenti eziologici. Gli effetti più frequenti sono tumori solidi(linfomi) e leucemie. Gli effetti non stocastici sono causati da esposizioni ad alte dosi di radiazione e sono legati alla loro azione citotossica. La curva che descrive l’incidenza dell’insorgenza della patologia a seguito di esposizione a determinate dose è di tipo sigmoide: è possibile osservare una dose soglia al di sotto della quale non si evidenzia effetto, una dose lineare ed una dose di saturazione per la quale, pur aumentando la dose, non aumenta l’incidenza. Gli effetti, inoltre, variano molto a seconda del metodo di esposizione alle dose; se un topo viene irradiato con una dose di 2 Gray in una sola somministrazione, gli effetti sono più marcati rispetto al topo irradiato con la stessa dose, ma in modo dilazionato nel tempo; in questo secondo caso infatti, l’organismo riesce a rispondere alla radiazione riparando i danni indotti dalla stessa. Con un’esposizione in brevi gradi quindi, gli effetti insorgono precocemente e sono abbastanza prevedibili. Questo meccanismo si trova alla base dei criteri di radioprotezione. I diversi tessuti rispondono in modo variabile alle radiazioni: il sistema nervoso centrale, ad esempio, viene colpito solo ad altissime dosi. Patologie indotte da radiazioni ionizzanti, quindi eventuali complicazioni della radioterapia, sono: radiodermite, caratterizzata dalla morte delle cellule epiteliali(le cellule basali dell’epitelio sono radiosensibili), cataratta, atrofia ovarica o testicolare, fibrosi polmonare e del miocardio stenosi di esofago ed intestino tenue aplasia midollare, ossia scomparsa delle cellule progenitrici, ridotta produzione di globuli rossi, cellule leucocitarie e piastrine che determinano quindi leucopenie, piastrinopenie ecc. Il quadro clinico più grave legato all’irradiazione è quello relativo alla SIA(Sindrome da Irradiazione Acuta), dovuta a somministrazioni di dosi cospicue molto ravvicinate(es. esplosione di ordigni nucleari e conseguente diffusione delle polveri nei centri abitati); la gradazione della sintomatologia è legata alla quantità di radiazioni a cui si è esposti ed è inversamente proporzionale al tempo impiegato per manifestazione acuta della malattia; infatti, mentre manifestazioni gravi compaiono poco tempo dopo l’esposizione, i sintomi più gravi si evidenziano anche dopo diverse settimane. Se la radiazione a cui l’individuo è stato sottoposto è inferiore e 2 Gray, la prognosi è del 100% di sopravvivenza ed in questo 16
caso avremo una manifestazione della malattia detta subclinica, caratterizzata da nausea, vomito e linfocitopenia; tra 2 e 6 Gray si determina manifestazione emopoietica che consiste in nausea, vomito, petecchie ed emorragie, carenza importante di neutrofili e piastrine e linfocitopenia ed esita in infezioni di vario tipo ed atrofia midollare che può necessitare di trapianto; tra i 6 e i 10 Gray si evidenzia una manifestazione di tipo gastrointestinale caratterizzata da nausea, vomito, diarrea, emorragie ed infezioni, carenza di piastrine e neutrofili e linfocitopenia, con prognosi di shock e successiva morte in circa 10-14 giorni anche in caso di trattamento con terapia di sostegno; sopra i 10 Gray di ha coinvolgimento anche del sistema nervoso centrale, quindi manifestazione SNC, con sonnolenza, convulsioni e coma in 15 minuti-3 ore che esita nella morte in poche ore. Patologie indotte da radiazioni eccitanti Le radiazioni eccitanti sono radiazioni elettromagnetiche nello spettro delle ultraviolette (UV), con lunghezza d’onda λ compresa tra 100 e 400 nm, in grado di interagire direttamente con la materia vivente, in quanto vengono assorbite da specifiche molecole inducendo il passaggio di un elettrone ad un orbitale con energia superiore(stato eccitato) che aumenta notevolmente la reattività chimica. Gli effetti biologici sull’uomo consistono prevalentemente in lesioni cutanee e dell’apparato visivo data la scarsa penetranza nei tessuti, conseguenza di azioni dirette ed indirette. Non tutte le molecole sono in grado di assorbire le radiazioni, e comunque presentano specificità per una data lunghezza d’onda: gli amminoacidi, ad esempio, assorbono a 210-270 nm, quindi, onde presentanti lunghezze maggiori o minori non hanno effetto. Si parla in questo caso di spettro di assorbimento. Gli UV possono essere classificati in base alla lunghezza d’onda in: UVc, con λ pari a 200-300 nm. Presentano alta energia e sono assorbite dagli acidi nucleici; hanno quindi azione mutagena e possono arrivare fino al derma, ma vengono in realtà filtrate dagli strati cheratinici, che fungono da protezione per gli strati sottostanti(da evidenziare come la cheratina sia una proteina, e quindi presenti spettro di assorbimento analogo a quello degli amminoacidi). Buona parte degli UVc vengono filtrati dallo strato S dell’atmosfera e quindi arrivano sulla superfici terrestre in scarsa quantità. Per questo motivo, nonostante siano i più citotossici, il contributo di questi raggi nella patologia umana è molto scarso. UVb, con λ pari a 300 nm. Hanno energia minore degli UVc, sono meno filtrate dagli strati cheratinici e possono quindi raggiungere gli strati basali dell’epitelio. A questa categoria si devono gran parte degli effetti mutageni degli UV. UVa, con λ pari a 300-400 nm. Sono caratterizzati da bassa energia, ma sono scarsamente assorbiti da amminoacidi e acidi nucleici, anche se dal punto di vista teorico, potrebbero penetrare in profondità. Gli effetti delle radiazioni eccitanti si distinguono, come già detto, in diretti ed indiretti. Gli effetti diretti sono esercitati su amminoacidi ed acidi nucleici, in grado di assorbire la radiazione, e rendono la molecola capace di reazioni improprie. Le radiazioni UV possono rompere i legami chimici tra le basi pirimidiniche(es. timina) favorendo la formazione di nuovi legami, che uniscono tali basi in dimeri. Alla replicazione i dimeri pirimidinici si accoppieranno in maniera errata, dando luogo, tramite le replicazioni successive, a mutazioni di transizione permanenti. I danni genotossici possono essere compatibili con la sopravvivenza cellulare, e determinano principalmente mutazioni a livello somatico. Le lesioni provocate dagli effetti diretti delle radiazioni eccitanti riguardanti la cute sono simili a quelle provocate dal calore e comprendono 17
eritema, edema, lesioni bollose e danni necrotizzanti; si parla in questo caso di dermatite attinica, suddivisibile in tre diversi gradi di gravità: I°grado= iperemia dermica II°grado= aumento della permeabilità dei vasi che genera edema, con conseguente scollamento degli strati cheratinizzati e formazione di flittemi(bolle) III°grado= lesioni epidermiche gravi. Le lesioni meno gravi possono esitare in ipercheratosi e iperpigmentazione. Lesioni a carico dell’apparato visivo invece determinano, nei casi meno gravi congiuntivite attinica(infiammazione della congiuntiva), o, nei casi più gravi, ulcerazioni della cornea, cataratta e danni degenerativi alla cornea stessa. Esistono una serie di meccanismi che proteggono cute e apparato visivo dai danni indotti dalle radiazioni eccitanti con effetto diretto; in particolare tale compito è svolto dalla cheratina e dalla melanina, che assorbono le radiazione e ne limitano l’approfondamento. Inoltre, la tioredoxina che utilizza come cofattore il glutatione, riduce i ponti disolfuro delle proteine, fungendo da protezione per i danni ossidativi da UV. I filtri solari delle creme sfruttano proprio la presenza di molecole capaci di assorbire la radiazione. Gli effetti indiretti delle UV sono invece dovute ad interazione delle radiazioni con altre molecole chimiche, in particolare con sostanze fotosensibilizzanti, che non sono in grado di assorbire l’energia, ma la trasferiscono ad altre molecole. Si parla in particolare di reazioni fotodinamiche che possono essere di due tipologie diverse: Diversi composti chimici(origine esogena) provocano reazioni fotosensibili nell’uomo, tra i quali antibiotici, sulfonamidi, contraccettivi orali, cosmetici… utilizzando entrambi i meccanismi e determinando, nel primo caso trasferimento di energia ad amminoacidi ed acidi nucleici, e nel secondo caso, coinvolgimento dell’ossigeno che assume configurazione di singoletto e che può quindi, non avendo più limitazioni di spin, interagire con varie sostanze, tra cui lipidi colesterolo e acidi nucleici, che amplificano i danni ossidativi esponendo i tessuti anche ai danni da Uv a, a cui normalmente non sono suscettibili. Le sostanze fotosensibilizzanti possono essere anche di origine endogena, quali le porfirine, che, se accumulate per carenza di enzimi nella catena di sintesi dell’eme, determinano assorbimento a 400 nm circa, lunghezza d’onda dove normalmente non si ha interazione con le sostanze. Le onde radio non sembrano avere invece effetti sull’insorgenza di patologie gravi, ma determinano solo riscaldamento dei tessuti. 18
RISPOSTA DELLE CELLULE AL DANNO L’induzione di effetti genotossici causa modificazioni nel genoma, quali sostituzioni, inserzioni, delezioni, duplicazioni e inversioni, quindi mutazioni puntiformi. La cellula risponde al danno tramite diversi meccanismi deputati al mantenimento dell’integrità del proprio materiale genetico: trasferimento alchilico: molti agenti mutageni devono i loro effetti all’alchilazione del DNA. La riparazione avviene ad opera di O6-metilguanina aciltransferasi, enzima suicida che agisce trasferendo un gruppo alchile del DNA ad un residuo cisteinico. BER e NER: complessi multienzimatici che si basano sull’azione delle endonucleasi, ossia tagliano il DNA nella zona del danno e poi lo riattaccano grazie ad una DNA polimerasi. BER e NER intervengono in situazioni leggermente diverse. MMR: funziona in tandem con BER e NER ed interviene nella riparazione degli errori di appaiamento che causano distorsione dell’elica tridimensionale del DNA, deformazione riconosciuta da MHS1 e MLH1. Anche questi richiedono poi l’intervento di DNA polimerasi e ligasi. ricombinazione omologa: complessi multi enzimatici che si legano al DNA riconoscendo le rotture, tenendo i filamenti vicini e ricostruendo i legami intracatena. Questi sistemi si attivano tramite segnali intercellulari che coinvolgono la chinasi ATM, la quale regola la formazione di complessi sul DNA e induce segnali tramite P53 per bloccare la trascrizione. Se il processo fallisce, i segnali possono interferire con la sopravvivenza cellulare stessa. I difetti nell’attività di riparazione di questi enzimi possono dare luogo a diverse malattie genetiche: sistema NER = Xeroderma Pigmentoso, causata dall’azione combinata di difetti genetici e fattori esogeni per mancata eliminazione dei dimeri di timina formati dai raggi UV; è caratterizzata da gravi aberrazioni cutanee(lesioni non cicatriziali anche per brevi esposizioni alla luce), opacizzazioni della cornea, comparsa di tumori cutanei dovuta alle mutazioni. sistema MMR = carcinoma ereditario del colon ricombinazione omologa = carcinomi famigliari della mammella e dell’ovaio sistema ATM = atassia teleangectasica 19
Risposta funzionale allo stress ossidativo La modificazione adattativa è mediata da NRF2, fattore di trascrizione localizzato nel citoplasma legato tramite gruppi –SH alla proteina KEAP1, a sua volta complessata con le strutture del citoscheletro. In caso di danni da ROS, NRF2 si stacca da KEAP1 per modificazione del legame e trasloca nel nucleo e, legandosi alle sequenze ARE, induce la trascrizione di geni che codificano per proteine con azione antiossidante. Animali knock-out per NRF2 presentano gravi danni ossidativi. Se le specie ossidanti colpiscono le proteine ne causano una modificazione strutturale, che ha come prima conseguenza la denaturazione proteica, con perdita della struttura terziaria e della funzione e con tendenza alla formazione di aggregati. L’equilibrio conformazionale nella cellula, ossia il corretto foalding, è una situazione abbastanza instabile, infatti il ripiegamento appropriato è mantenuto solo nel caso in cui le condizioni di pH, temperatura e concentrazione rimangano ottimali. Le cellule presentano sistemi per la regolazione del foalding proteico che coinvolgono le chaperonine, il cui compito è appunto quello di permettere il corretto ripiegamento e di indurre il re-foalding in proteine che siano state denaturate. Il protein misfoalding avviene in seguito ad aumento della sintesi proteica, con relativo peggioramento dei controlli di qualità, oppure per fattori esogeni ed endogeni(più rari), ed è molto grave per la cellula. Se le proteine alterate vengono immesse in circolo possono andare incontro a processi di aggregazione e possono causare gravi malattie degenerative; la risposta all’alterazione proteica è costituita da UPR(Unfolded Proteins Response), che coinvolge diversi complessi funzionali. La catabolizzazione di queste proteine non correttamente ripiegate prevede il loro legame con le ubiquitine, che permettono il blocco della proteina stessa e il suo indirizzamento verso il riconoscimento da parte del proteasoma; questo taglia la proteina in frammenti che vengono distrutti dalle peptidasi nel citosol. Oltre a questo tipo di risposta esiste anche quella delle proteine da shock termico(il loro nome deriva dalla modalità mediante la quale sono state scoperte, ossia scaldando le cellule fino a 50°C); prodotte in caso di stress, la loro funzione è quella di partecipare a URP. Queste proteine sono distinte a seconda del loro peso molecolare(100,90,70..) e la loro caratteristica comune è di essere altamente conservate nella filogenesi, mantenimento fondamentale per la sopravvivenza della specie. Appartengono in gran parte alla categoria delle foldrine e aumentano in quantità durante la risposta al danno cellulare perché le HSP presenti stimolano la sintesi di HSP nuove, attraverso la liberazione di un fattore di trascrizione, HSF1, che trimerizza e trasloca nel nucleo legandosi al DNA a livello di HSE(sequenze responsive a shock) e bloccando tutti i processi di sintesi proteica. HSP27: stabilizza i microfilamenti e mantiene l’”impalcatura” della cellula HSP60: regola la degradazione proteica nei mitocondri HSP70-HSP90: stessa funzione protettiva in nucleo, citosol e mitocondri In generale, le HSP legano le proteine unfoalded cercando di ricombinarle tramite l’azione combinata di HSP a basso ed alto peso molecolare(es. HSP100 presenta un foro al centro che permette il passaggio nelle proteine, il loro disassemblamento e il corretto ripiegamento). Molto importante è HSP32, anche detta emeossigenasi, che non è propriamente una foldrina, ma la sua funzione è quella di partecipare alle difese antiossidanti, aumentando la risposta a particolare 20
Puoi anche leggere