"Vaccini per il COVID-19: possibili scenari di sviluppo." - univaq

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"Vaccini per il COVID-19: possibili scenari di sviluppo." - univaq
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DELL’AQUILA
Dipartimento di Medicina Clinica, Sanità Pubblica Scienze
                  della Vita e dell’Ambiente

       CORSO DI LAUREA IN SCIENZE BIOLOGICHE

                            Tesi di laurea:

                “Vaccini per il COVID-19:
               possibili scenari di sviluppo.”

  RELATORE                                       CANDIDATO
  Prof. Adriano Angelucci                      Ludovica Verzilli
                                               Matricola 253160

                     Anno Accademico 2019/2020
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SOMMARIO
1.COVID-19 ....................................................................................................... 5

1.1 Tassonomia ................................................................................................... 5

1.2 Caratteristiche strutturali................................................................................ 5

1.3 Il ciclo vitale .................................................................................................. 7

1.4 Patobiologia................................................................................................... 9

1.5 Sintomatologia............................................................................................. 10

1.6 Risposte immunitarie dell’individuo ............................................................ 10

1.7 Individui più a rischio .................................................................................. 12

2.LE TERAPIE ................................................................................................ 13

2.1 Farmaci attualmente in uso .......................................................................... 13

2.2 Generalità sui vaccini .................................................................................. 15

   2.2.1 Breve storia dei vaccini e conquiste nell’utilizzo della vaccinazione ...... 15

   2.2.2 Funzionamento del vaccino e composizione .......................................... 16

   2.2.3 Problematiche correlate alla vaccinazione ............................................. 17

   2.2.4 L’immunogenicità vaccinale .................................................................. 18

2.3 Gli indici R0 e Rt e l’immunità di gregge .................................................... 19

2.4 Selezione degli antigeni per i vaccini in sviluppo ......................................... 20

3.VACCINI IN SVILUPPO ............................................................................ 22

3.1 Studi preclinici e trials clinici ...................................................................... 22

3.2 Limiti imposti dal ritmo della pandemia e dalle sue caratteristiche .............. 24

3.3 Analisi per tipologia dei vaccini in fase 2/3 ................................................. 26

   3.3.1 Vaccini a DNA ed RNA ........................................................................ 26

   3.3.2 Vaccini a vettori virali ........................................................................... 27

   3.3.3 Vaccini a base di proteine ...................................................................... 31
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3.3.4 Vaccini con coronavirus inattivati o attenuati ........................................ 32

  3.3.5 Vaccini riadattati ................................................................................... 33

4.VACCINI A RNA IN FASE DI APPROVAZIONE ................................... 34

4.1 “State of the art” riguardo l’impiego clinic degli mRNA .............................. 34

  4.1.1 I vantaggi .............................................................................................. 34

  4.1.2 Sintesi dell’mRNA e aspetti farmacologici ............................................ 36

  4.1.3 Recenti progressi nella tecnologia degli mRNA per vaccini................... 38

  4.1.4 Conservazione ....................................................................................... 42

  4.1.5 Aspetti normativi ................................................................................... 42

  4.1.6 Potenziali rischi ..................................................................................... 43

4.2 Il vaccino di Pfizer e BioNTech ................................................................... 44

  4.2.1 Trials clinici: fase 1/2 ............................................................................ 44

  4.2.2 Trials clinici: fase 2/3 ............................................................................ 45

  4.2.3 Distribuzione e conservazione ............................................................... 46

4.3 Il vaccino di Moderna .................................................................................. 47

  4.3.1 Contenuto del vaccino ........................................................................... 47

  4.3.2 Trials clinici: fase 1 ............................................................................... 48

  4.3.3 Trials clinici: fase 3 ............................................................................... 50

  4.3.4 Conservazione del farmaco .................................................................... 50

CONCLUSIONI .............................................................................................. 52

BIBLIOGRAFIA ............................................................................................. 53

RINGRAZIAMENTI ...................................................................................... 57
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Sei tutti i limiti che superi.
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1.COVID-19

La pandemia di COVID-19 è stata segnalata per la prima volta a Wuhan, in
Cina, alla fine del 2019 e da allora si è diffusa in 216 Paesi, costringendo il
mondo ad una battuta d’arresto. L’agente eziologico di tale malattia infettiva
è il SARS-CoV-2, un patogeno respiratorio virale, responsabile della
sindrome respiratoria acuta che ha già colpito, con numeri sempre crescenti,
almeno 20,1 milioni di individui e ucciso più di 737.000 persone in tutto il
mondo. [1]
Per poter comprendere come intervenire per trovare cure adatte e contenere
la pandemia è necessario conoscere approfonditamente il patogeno in
questione.

1.1 Tassonomia
Al livello tassonomico, il virus SARS-CoV-2, appartiene all’ordine dei
Nidovirales, famiglia Coronaviridae, genere Betacoronavirus, specie SARS-
related coronavirus. I sottogruppi della famiglia dei coronavirus sono: alfa
(α), beta (β), gamma (γ) e delta (δ).        Il SARS-CoV-2 appartiene al
sottogruppo beta.
Sono compresi nella famiglia Coronaviridae: il coronavirus della sindrome
respiratoria acuta grave (SARS-CoV), i virus dell’influenza A H5N1 e H1N1
2009 e il coronavirus della sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS-
CoV). [2]

1.2 Caratteristiche strutturali
Al livello morfologico, ciò che risulta più evidente è la corona sulla porzione
più esterna, dalla quale prende nome la categoria tassonomica. (Figura 1)
Tale corona è costituita da unità proteiche, in particolare da glicoproteine S
(Spike) che si associano a formare strutture trimeriche che circondano il
virione. Possiedono due domini principali: il dominio S1 e il dominio S2. Le

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proteine S sono considerate come proteine di fusione virale di classe 1 e
richiedono l’intervento di diverse proteasi per l'attivazione. Il sito tra S1 e S2
è il luogo di scissione di adescamento; tuttavia, la scissione di attivazione si
verifica solo su S2.
Il riconoscimento mediato da S1-RBD e l'attaccamento al recettore
ospite (ACE2) sono eventi di primaria importanza che portano alla fusione
virale con le cellule dell’ospite e ad altri eventi concomitanti.

     Figura 1: Struttura schematica del SARS-CoV-2. Tratta dalla review “Progress
             and Prospects on Vaccine Development against SARS-CoV-2”
              (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7349596/)

Sempre nella parte esterna troviamo dimeri emagglutinina-esterasi (HE) di
rivestimento, più piccoli della proteina S, che svolgono una funzione
importante durante la fase di rilascio del virus all’interno della cellula ospite.
La proteina M, invece, attraversa il rivestimento (envelope) interagendo
all’interno del virione con il complesso RNA-proteina.
La proteina E è di ausilio alla glicoproteina S e al virus tutto per favorire
l’attacco alla membrana della cellula bersaglio.

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Il rivestimento vero e proprio del virus prende il nome di envelope ed è
composto da una membrana che il virus “eredita” dalla cellula ospite dopo
averla infettata.
Il materiale genetico di SARS-CoV-2 è costituito da un singolo filamento di
RNA a polarità positiva di grande taglia, con dimensioni variabili dalle 27
alle 32 kb nelle diverse forme del virus; non sono fino ad ora noti virus a
RNA di taglia maggiore. Il genoma del SARS-CoV-2 contiene 7-10 sequenze
ORF (open reading frames), è metilato all’estremità 5’ e presenta una coda
poli-A al 3’. Risulta, inoltre, essere associato a delle fosfoproteine N, che si
organizzano a formare un capside.
Il virus possiede un diametro di 65-12 nm.

1.3 Il ciclo vitale
Il ciclo vitale del SARS-CoV-2 nelle cellule ospiti (Figura 2) inizia quando
la proteina S si lega al recettore cellulare ACE2. Questo recettore è
fisiologicamente presente sulle membrane cellulari delle cellule dei polmoni,
delle arterie, del cuore, dei reni e dell'intestino dove lega l’enzima 2
convertitore dell'angiotensina (ACE2). Dopo il legame con il recettore, il
cambiamento conformazionale della proteina S facilita la fusione
dell'involucro virale con la membrana cellulare attraverso la via endosomica.
Successivamente c’è il rilascio dell’RNA nella cellula ospite. Il genoma a
RNA viene tradotto in poliproteine della replicazione virale pp1a e 1ab, che
vengono poi scisse in piccoli prodotti da proteinasi virali. Una polimerasi
produce una serie di mRNA subgenomici da trascrizione discontinua che
sono infine tradotti in proteine virali rilevanti. Le proteine virali e l'RNA del
genoma vengono successivamente assemblati in virioni nel reticolo
endoplasmatico (ER), nel Golgi e poi trasportati tramite vescicole e rilasciati
fuori dalla cellula.

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Figura 2: Il ciclo vitale di SARS-CoV-2. Immagine tratta da “Potential Anti-SARS-
   CoV-2 Therapeutics That Target the Post-Entry Stages of the Viral Life Cycle: A
                              Comprehensive Review”
   (https://www-ncbi-nlm-nih-gov.univaq.clas.cineca.it/pmc/articles/PMC7600245/#)

L’ RNA del SARS-CoV-2 ha più di 29.800 nucleotidi che codificano per
circa 29 proteine che si distinguono in: non strutturali (NSPs; 16 proteine),
strutturali (4 proteine) e accessorie (9 proteine). Nella fase tardiva del ciclo
di vitale del virus, il dominio NSPs è espresso come due polipeptidi che, dopo
l'elaborazione, producono una proteasi simile alla papaina (PLpro) (NSP3),
una proteasi principale (Mpro) (nota anche come proteasi 3-chymotrypsin-
like (3CLpro); NSP5), e una RNA polimerasi RNA-dipendente (RdRp;
NSP12). L'elaborazione iniziale dei due polipeptidi è promossa dalle proteasi
dell'ospite e successivamente dall'azione della PLpro virale e della Mpro.
L'RdRp virale è anche responsabile della replicazione e dell'amplificazione
del genoma virale. L'RNA virale e la proteina strutturale N sono
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biosintetizzati nel citoplasma delle cellule ospiti, mentre altre proteine
strutturali virali tra cui S, M, ed E sono biosintetizzate nel reticolo
endoplasmatico e trasportate all'apparato di Golgi. Il complesso RNA-N
virale e le proteine S, M, ed E sono poi assemblate nel reticolo
endoplasmatico - compartimento intermedio di Golgi (ERGIC) per produrre
una particella virale matura. Il virus maturo viene poi rilasciato dall'apparato
di Golgi attraverso un processo di gemmazione e successivamente dalle
cellule ospiti per esocitosi. [3]

1.4 Patobiologia
Sulla base di studi cellulari, la malattia COVID-19 può essere suddivisa in
tre fasi differenti, che corrispondono ai diversi stadi clinici.
   • Stato asintomatico (1-2 giorni di infezione)
       Il virus, inalato, si lega alle cellule epiteliali nella cavità nasale e inizia
       a replicarsi. I dati ottenuti in vitro indicano che le cellule ciliate
       presenti nelle aree di conduzione del sistema respiratorio (naso, bocca,
       faringe,   laringe,    trachea,   bronchi     fino   ai   secondari)     sono
       primariamente infettate. C'è una propagazione locale del virus con una
       risposta immunitaria innata limitata. In questa fase il virus può essere
       rilevato con tamponi nasali. Anche se la carica virale risulta bassa,
       questi individui sono da considerarsi infettivi.
   • Risposta delle vie aeree (Giorni successivi)
       Il virus si propaga e migra lungo le vie aeree respiratorie conduttrici e
       si innesca una risposta immunitaria innata più robusta. Tamponi nasali
       dovrebbero identificare il SARS-CoV-2 così come i marcatori della
       risposta immunitaria innata. In questo momento, la malattia è
       clinicamente manifesta. La determinazione della risposta immunitaria
       innata dell'ospite potrebbe migliorare le previsioni sul successivo
       decorso della malattia e la necessità o meno di un monitoraggio più
       aggressivo.

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• Terzo stadio: ipossia, opacità polmonare a “vetro smerigliato” e
      progressione verso l'ARDS (sindrome da distress respiratorio).
      Sfortunatamente, circa il 20% dei pazienti infetti progredisce fino a
      questo stadio della malattia e sviluppa infiltrati polmonari; il virus
      raggiunge le unità di scambio gassoso del polmone e infetta
      preferibilmente le cellule alveolari di tipo II, si propaga al loro interno
      e rilascia un gran numero di copie mandando le cellule in apoptosi. Le
      aree respiratorie del polmone perdono la maggior parte delle loro
      cellule di tipo II e si innescano vie secondarie per la rigenerazione
      epiteliale. Il risultato patologico è, quindi, un danno alveolare diffuso
      insieme alla presenza di membrane ialine ricche di fibrina e di alcune
      cellule giganti multinucleate. La guarigione aberrante della ferita può
      portare a cicatrici e fibrosi più gravi rispetto ad altre forme di ARDS.
      Il recupero richiede una vigorosa risposta immunitaria innata e
      acquisita e la rigenerazione epiteliale.

1.5 Sintomatologia
La polmonite è la forma più frequente di manifestazione dell’infezione
dovuta a SARS-CoV-2. Altri possibili sintomi sono: rinite, faringodinia,
congiuntivite, anosmia/ageusia, mialgia, astenia, sintomi gastrointestinali,
principalmente diarrea.
I sintomi più comuni all’esordio sono: febbre (99%), astenia (70%), tosse non
produttiva (59%), mialgie (35%), dispnea (31%), tosse produttiva (27%).
Pazienti con sintomatologia lieve all’esordio possono comunque progredire
verso una forma più grave di malattia. [4]

1.6 Risposte immunitarie dell’individuo
   • Risposta innata
      Le prove emergenti suggeriscono che la risposta immunitaria per
      SARS-CoV-2 è simile, sotto diversi aspetti, alla risposta per SARS-
      CoV o per il coronavirus della sindrome respiratoria del Medio
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Oriente (MERS-CoV), rispettivamente responsabili dell’epidemia di
   SARS del 2002-2004 e dell’epidemia di MERS del 2012 che hanno
   avuto rispettivamente origine in Cina e in Arabia Saudita. Come con
   SARS-CoV e MERS-CoV, si verifica la soppressione dell’attività
   del sistema immunitario innato, comprese le cellule dendritiche e
   l’attenuazione delle risposte dell’interferone di tipo I e III. Questa
   abilità del SARS-CoV-2 di sovvertire la risposta immunitaria innata
   potrebbe spiegare il prolungato periodo di incubazione che varia da 2
   a 12 giorni.
   L’incontrollata replicazione del virus nelle fasi iniziali dell’infezione
   è probabilmente alla base delle conseguenti risposte infiammatorie
   disregolate, in particolare nei casi più gravi. Quest’ultimi presentano
   un netto aumento del numero di monociti e neutrofili nel sangue e
   dei macrofagi CD14+ e CD16+ derivati dai monociti nelle vie aree.
   Si riscontra, inoltre, un aumento dei livelli di citochine
   infiammatorie e chemochine. Le risposte disordinate che ne derivano
   sono potenzialmente letali, soprattutto per individui
   immunosenescenti e con co-morbidità.
• Risposte anticorpali
   Gli anticorpi IgM e IgG contro il SARS-CoV-2 sono rilevabili entro
   le 1-2 settimane dall’insorgenza dei sintomi nella maggior parte
   degli individui infetti. Sebbene la relazione tra gli anticorpi
   neutralizzanti e le cellule T specifiche dell’antigene, la gravità della
   malattia e i risultati clinici rimanga da comprendere, sono stati
   osservati elevati livelli di anticorpi neutralizzanti in individui
   convalescenti, che sono correlati con le cellule T CD4+. L’entità
   delle risposte anticorpali neutralizzanti negli individui asintomatici è
   minore e diminuisce più velocemente rispetto agli individui
   sintomatici. L’obiettivo principale degli anticorpi è neutralizzare la
   proteina S del virus, ma vengono anche realizzati anticorpi naturali
   contro la nucleoproteina N, che è la più abbondante.

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Durante il periodo presintomatico dei 2-12 giorni c’è soppressione
       dell’immunità innata, ma anche attivazione ritardata delle cellule T,
       specialmente le cellule CD8+. È stato osservato che i guariti,
       specialmente i casi più lievi, hanno un numero maggiore di cellule T
       CD8+ nel tratto respiratorio. [5]

1.7 Individui più a rischio
Bisogna innanzitutto dire che una forma severa di malattia può presentarsi in
individui sani di ogni età, anche se si presenta con maggiore frequenza in
adulti con età avanzata e comorbidità.
Gli individui over 50 sono particolarmente a rischio a causa della loro
risposta immunitaria meno efficiente e della riduzione fisiologica della
capacità di riparare l'epitelio danneggiato. Essi hanno anche una ridotta
clearance mucocigliare e questo può permettere al virus di diffondersi più
facilmente alle unità di scambio di gas del polmone.
Le comorbidità associate ad un rischio maggiore di sviluppare una forma
grave di malattia e ad un tasso più alto di mortalità sono:
-malattie cardiovascolari
-diabete mellito
-ipertensione arteriosa
-patologie polmonari
-neoplasie
-IRC
-obesità
-epatopatie. [6]

                                           12
2.LE TERAPIE

2.1 Farmaci attualmente in uso
  • Eparine a basso peso molecolare. Si tratta di glicosaminoglicani
     ottenuti per frazionamento dell’eparina. Si possono usare nella fase
     iniziale della malattia quando è presente la polmonite allo scopo di
     prevenire il tromboembolismo venoso che si potrebbe avere a causa
     della tempesta citochinica. Nella fase più avanzata, è somministrabile
     a pazienti ricoverati per contenere i fenomeni trombotici nel circolo
     polmonare come conseguenza dell’iperinfiammazione.
  • Azitromicina. Si tratta di un antibiotico della famiglia dei macrolidi,
     autorizzato per il trattamento di infezioni delle alte e basse vie
     respiratorie. Studi in vitro e in vivo hanno dimostrato che i macrolidi
     mitigano l'infiammazione e modulano il sistema immunitario; in
     particolare essi si sono mostrati in grado di causare la down regulation
     delle molecole di adesione della superficie cellulare, di ridurre la
     produzione di citochine proinfiammatorie, di stimolare la fagocitosi
     da parte dei macrofagi alveolari e di inibire l'attivazione e la
     mobilizzazione dei neutrofili. Il meccanismo con cui i macrolidi
     esercitano questi effetti antinfiammatori e immunomodulatori non è
     ben noto.
  • Darunavir/cobicistat e liponavir/ritonavir. Sono inibitori delle
     proteasi, potenziati per migliorare il profilo farmacocinetico.
     Cobicistat e ritonavir, infatti, inibiscono il citocromo P450 isoenzima
     3A4 rallentando il metabolismo di darunavir e liponavir. I due farmaci
     si legano e inattivano le proteasi 3CLpro e PL2pro, inibendo la
     replicazione virale; sono già in uso per l’HIV, ma la proteasi 3CLpro
     è un obiettivo molecolare essenziale anche per la replicazione dei
     coronavirus.

                                      13
• Remdesivir. È il primo farmaco antivirale ad aver ottenuto
      l’autorizzazione dall’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) con
      indicazione specifica per il “trattamento della malattia da coronavirus
      2019 (COVID-19) negli adulti e negli adolescenti (di età pari o
      superiore a 12 anni e peso pari ad almeno 40 kg) con polmonite che
      richiede ossigenoterapia supplementare”. Si tratta di un profarmaco,
      analogo nucleotidico dell’adenosina, che viene metabolizzato nelle
      cellule ospiti per formare il metabolita trifosfato nucleosidico
      farmacologicamente attivo; compete con il substrato naturale
      dell’ATP nelle catene di RNA nascente, prodotte da parte della RNA-
      polimerasi RNA dipendente del SARS-CoV-2.
   • Corticosteroidi. Sono medicinali di sintesi che imitano l'azione degli
      ormoni naturali; hanno proprietà antinfiammatorie e regolano l'attività
      di metabolismo e sistema immunitario. Sono ampiamente usati nella
      pratica clinica corrente in caso di infiammazione cronica, reazioni
      allergiche e malattie autoimmuni. Sono stati utilizzati, da soli o
      associati agli antibiotici o ad altri trattamenti in patologie strettamente
      correlate alla malattia COVID-19, tra cui SARS, MERS, influenza
      grave, ARDS o sindrome da rilascio di citochine.
È fondamentale però specificare che tutti questi farmaci sono continuamente
soggetti a rivalutazioni. Sono stati infatti utilizzati in base ai precedenti
impieghi clinici, ma non sempre hanno permesso di raggiungere il risultato
sperato, dimostrandosi così effettivamente inefficienti. Lo scorso 20
novembre, ad esempio, è stata emanata una comunicazione dall’AIFA
riguardo la necessità di ritrattazione del farmaco remdesivir in seguito ad
una dichiarazione dell’OMS pubblicata su “The British Medical Journal”:
«L’antivirale remdesivir non è consigliato per pazienti ospedalizzati per
Covid-19, a prescindere dalla gravità della malattia, perché al momento non
ci sono prove che migliori la sopravvivenza o la necessità di supporto di
ossigeno». [7]

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2.2 Generalità sui vaccini
I vaccini sono i mezzi più efficaci ed economici esistenti per prevenire e
controllare le malattie infettive. Sono utilizzati sia per la profilassi indiretta,
che previene il verificarsi di effetti consistenti nel momento in cui l’individuo
dovesse incontrare il patogeno, ma anche per la profilassi post-esposizione
(diretta) per bloccare un agente infettivo a proliferazione lenta.

2.2.1 Breve storia dei vaccini e conquiste nell’utilizzo della vaccinazione
La scoperta della vaccinazione risale al 1796 grazie al medico Edward
Jenner (1749-1823).
All'epoca si osservò che i contadini che avevano contratto il vaiolo
bovino (cowpox) durante la mungitura delle mucche, una volta superata la
malattia, non si ammalavano della variante umana del vaiolo (smallpox), di
gran lunga più grave. Jenner ebbe l’intuizione di iniettare del materiale preso
da una pustola di vaiolo bovino contratto da una giovane donna, figlia di un
contadino del posto, ad un bambino di 8 anni.
Dopo alcuni mesi, il ragazzo venne nuovamente inoculato, quest'ultima volta
con il vaiolo umano e, come ci si aspettava, non manifestò sintomi. Solo in
seguito, con l’avanzamento delle conoscenze in campo immunologico, si è
appreso che l’efficacia della vaccinazione risiede nella capacità di indurre
memoria immunologica verso gli antigeni patogeni (antigeni protettivi).
Jenner diede il via alla ricerca di vaccini capaci di proteggerci dalle malattie
infettive che continua tutt’oggi. Attualmente ne disponiamo di efficaci e
sicuri, anche se non sono tutti quelli che sarebbe auspicabile avere. [8]
L’utilizzo di vaccini ha permesso di debellare diverse malattie o,
quantomeno, di ridurne il numero di casi in un modo molto significativo.
È questo il caso della poliomielite, malattia causata da un virus che colpisce
il SN e porta progressivamente a paralisi. Grazie al vaccino, l’incidenza di
tale malattia in Italia è scesa per poi annullarsi, infatti l’ultimo caso si è avuto
nel 1982.

                                           15
La difterite, malattia che ha come agente eziologico una tossina batterica che
può agire su cuore, fegato, reni e SN, è scomparsa in tutti quei Paesi che
hanno attuato un programma vaccinale efficace.
Il tetano è una grave malattia batterica causata da un bacillo presente
nell'ambiente che agisce sulle terminazioni nervose, provocando spasmi
muscolari incontenibili. Il numero dei casi in Italia è drasticamente diminuito
con l'introduzione della vaccinazione.
Il vaccino ha assunto importanza anche nel campo oncologico, basta pensare
al virus dell'Hpv, responsabile di un'ampia gamma di patologie dell'apparato
genitale tra cui condilomi, lesioni cervicali e le neoplasie anogenitali, fino a
tumori. [9]
Quanto detto finora è solo una parte dei traguardi raggiunti grazie alle
scoperte scientifiche riguardo gli agenti eziologici correlati, anche se bisogna
soffermarsi sul fatto che questo discorso è attualmente applicabile solo ai
Paesi più sviluppati.

2.2.2 Funzionamento del vaccino e composizione
Con la vaccinazione o immunizzazione attiva si somministrano antigeni
adeguati correlati all’agente patogeno dal quale si vuole essere protetti. Gli
antigeni batterici o virali devono essere ovviamente resi innocui per
l’organismo, ma comunque capaci di indurre risposta immunitaria
(immunogenicità).
Una volta che è stato somministrato l’antigene, l’organismo userà i suoi
normali meccanismi di risposta immunologica producendo anticorpi e
neutralizzando l’antigene.
Quest’ultimo può essere:
   • un organismo intero vivo: è molto immunogeno, ma è una situazione
       rara perché in natura non si trovano spesso organismi protettivi non
       patogeni. (Vaiolo)
   • un organismo intero attenuato: mantenendo degli agenti patogeni in
       coltura o trasferendoli in animali di laboratorio possono diventare

                                         16
meno pericolosi per l’uomo, quindi ne viene attenuata la patogenicità.
          Al livello tecnico, si possono fare diversi passaggi in vitro o in vivo
          oppure si può cercare di modificare il DNA dell’organismo patogeno
          per renderlo meno virulento o infettivo. Si tratta di organismi vivi, vivi
          innocui o vivi attenuati con ottima immunogenicità. (morbillo, rosolia,
          parotite)
   • un organismo intero ucciso: l’agente patogeno viene distrutto con
          metodi fisici o chimici (radiazioni, formaldeide, calore), cercando di
          mantenerne l’integrità antigenica. L’immunogenicità è ancora alta, ma
          meno efficace rispetto all’uso di organismi vivi. (poliomielite)
          Possiamo inoltre distinguere:
   • vaccino a subunità: si usano solo singoli antigeni purificati o
          sintetizzati; è meno immunogeno rispetto agli organismi interi.
          (meningococco)
   • vaccino a DNA: si inietta il DNA nudo o veicolato da vettori che, una
          volta entrato nelle cellule, sfrutta i meccanismi preesistenti dell’ospite
          per trascrivere e tradurre l’antigene protettivo; ha il vantaggio di
          stimolare una risposta potenzialmente citotossica oltre che umorale.

2.2.3 Problematiche correlate alla vaccinazione
I vaccini obbligatori sono molti, quindi si è ricorso all’uso di formulazioni
combinate che contengano più principi attivi. In Italia si è deciso di
aumentare il numero di vaccini obbligatori che adesso comprende: difterite,
tetano,     epatite   B,   poliomielite,   pertosse, Haemophilus        influenzae,
meningococco B, morbillo, parotite, rosolia, varicella, meningococco C.
Vengono somministrati nei primi mesi di vita e ciò è compatibile con il
numero dei richiami che deve essere necessariamente svolto per garantirne
l’efficacia.
Altra problematica è rappresentata dagli effetti collaterali, i quali, soprattutto
nelle loro forme più gravi come reazioni allergiche, epilessia, encefalite, sono
da considerarsi rari (1 dose su 1.000.000). Gli effetti meno gravi sono

                                            17
praticamente trascurabili e comunque connessi ad una reazione positiva
dell’organismo.
I vaccini rimangono una delle categorie farmacologiche in cui il rapporto
effetto- reazioni avverse è più favorevole.

2.2.4 L’immunogenicità vaccinale
Il vaccino deve essere immunogeno cioè stimolare il sistema immunitario.
Normalmente un vaccino è poco immunogeno sia perché non può essere
caricato di una concentrazione molto alta di proteine, sia perché c’è il rischio
che gli antigeni vengano degradati velocemente o si disperdano, non dando
tempo all’immunità acquisita di attivarsi efficacemente.
Per questo motivo, è necessario adottare delle strategie per aumentare
l’immunogenicità:
    • richiamo vaccinale: vengono fatte somministrazioni multiple
       secondo dei tempi indicati che possono essere posticipati, ma mai
       anticipati.
    • coniugazione: gli antigeni più immunogeni sono le proteine, ma in
       molti casi può essere utile fare un vaccino contro una catena
       zuccherina. (Haemophilus influentiae).
    • adiuvanti: sono sostanze come i sali di alluminio e l’idrossido
       alluminio, che creano uno stato infiammatorio locale. Ciò permette di
       dare il via all’attivazione dell’immunità innata prima e acquisita poi.
    • vettori: lipidi, fosfolipidi o virosomi; proteggono l’antigene dalla
       degradazione rapida permettendo un rilascio prolungato nel tempo e
       stimolando maggiormente il sistema immunitario.
       Possono essere inoltre presenti stabilizzanti e conservanti e tracce di
       altri elementi usati per le procedure industriali di lavorazione.
La vaccinazione risulta efficace se somministrata prima del possibile
incontro con l’agente patogeno in modo da avere tempo di produrre gli
anticorpi e le cellule della memoria.

                                         18
2.3 Gli indici R0 e Rt e l’immunità di gregge
Per poter comprendere come il vaccino sia in grado di agire da un punto di
vista più matematico e statistico, bisogna considerare una serie di parametri.
L’indice R0 è il numero di riproduzione di base e rappresenta il numero
medio di infezioni secondarie prodotte da ciascun individuo infetto in una
popolazione completamente suscettibile, cioè mai venuta a contatto con il
nuovo patogeno emergente. Questo parametro misura la potenziale
trasmissibilità di una malattia infettiva. Se, ad esempio, l'R0 di una malattia
infettiva fosse di circa 2, significherebbe che, in media, un singolo malato
infetta due persone. Quanto maggiore è il valore di R0 tanto più elevato è il
rischio di diffusione dell’epidemia. Se invece il valore di R0 fosse inferiore
ad 1 la situazione potrebbe essere contenuta.
Da quando la pandemia dovuta al nuovo coronavirus SARS-CoV-2 ha
cominciato a diffondersi e sono iniziati a circolare i dati sui primi casi
confermati, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e numerosi
istituti di ricerca di tutto il mondo hanno diffuso stime dell’R0. Queste stime
riportano dati compresi tra 1,4 e 3,8 nelle aree colpite nella prima fase di
diffusione.
R0 è funzione della probabilità di trasmissione per singolo contatto tra una
persona infetta ed una suscettibile, del numero dei contatti della persona
infetta e della durata dell'infettività.
Questo ci dice che, riducendo almeno uno dei tre parametri, possiamo
diminuire tale valore e quindi poter controllare, o almeno ritardare, la
diffusione del patogeno ad altri individui.
La probabilità di trasmissione e la durata dell’infettività non sono
modificabili senza un vaccino o un trattamento, ma l’immediata diagnosi e
l’identificazione della persona infetta, o di quella potenzialmente infettata, e
la possibilità di ridurre i suoi contatti con altre persone, permetterebbero una
riduzione del’R0. [10]
Il valore di Rt, invece, è legato alla situazione contingente ed è influenzato
dai sistemi di contenimento implementati per ridurre il numero dei casi: è per

                                           19
questo che viene utilizzato principalmente quest’ultimo indicatore per parlare
dell’andamento della pandemia, anche per le singole regioni.
Si deve inoltre parlare di immunità di gregge: per calcolarla bisogna
considerare la riproduzione effettiva (R), cioè la media delle persone
infettabili da un portatore nella nostra popolazione di studio. R è una funzione
della riproduzione basale (R0), media delle persone infettabili dallo specifico
agente patogeno e da P, cioè il numero di individui resistenti.
R=(1-P)R0
C’è una relazione inversa tra le persone che devono essere rese resistenti
tramite vaccinazione (P) e R0. Più R0 è alto (pertosse, varicella), maggiore
dovrà essere la percentuale di persone vaccinate in una popolazione.
Le percentuali auspicabili sono comunque più alte dell’80%.

2.4 Selezione degli antigeni per i vaccini in sviluppo
Cellule intere: sono stati isolati diversi ceppi di SARS-CoV-2, ma è scarsa
la probabilità di trovarne alcuni privi di patogenicità.
Proteina Spike (S): è l’antigene più promettente perché è una proteina
superficiale riconoscibile dal sistema immunitario dell’ospite. Quanto
affermato è provato dal fatto che altre proteine omologhe sono state
precedentemente sviluppate con successo contro la SARS e la MERS,
causate da coronavirus.
È possibile avere più formulazioni che riguardano la proteina S:
   • lunghezza intera: garantisce una comprovata immunogenicità con
       esperimenti sui topi;
   • solo il dominio RBD, responsabile del legame con il recettore ACE2.
       Gli anticorpi indotti, in questo caso, sono in grado di bloccare il
       riconoscimento RBD-ACE2. Il dominio RBD contiene molti epitopi
       conformazionali che lo rendono più adatto allo sviluppo del vaccino;
   • il dominio NTD: è un altro antigene candidato perché, tramite esso, il
       virus agisce su recettori per carboidrati;
   • l’intera subunità S1, sia con NTD, sia con RBD.

                                         20
• il dominio FP di S2, adibito per la fusione del virus con l’ospite,
       insieme a RBD, permette la produzione di un alto titolo di anticorpi
       nei topi.
Proteina N: è stata segnalata come altamente antigenica in quanto l’89% dei
pazienti che hanno sviluppato la malattia hanno prodotto anticorpi contro
questo elemento. Ci sono, tuttavia, risultati controversi che non garantiscono
risposte uniformi sull’effettivo possibile utilizzo della proteina del
nucleocapside. È usata in modo sicuro come marcatore in diagnostica.
Proteina M: può generare anticorpi neutralizzanti efficienti se utilizzata per
l’intera lunghezza.
Proteina E: non è risultata adatta come antigene perché ha immunogenicità
limitata. [11]

                                        21
3.VACCINI IN SVILUPPO

Nell’attuale situazione di pandemia, la ricerca si è concentrata, non appena è
stato possibile isolare il virus, sulla formulazione di un vaccino, efficace
mezzo di profilassi. Tale lavoro è cominciato lo scorso gennaio, nel momento
in cui è stato sequenziato il genoma di SARS-CoV-2.

3.1 Studi preclinici e trials clinici
Conformemente a ciò che accade per lo sviluppo di nuovi farmaci destinati
all’inserimento in commercio, quindi al conseguente uso, anche i vaccini
devono essere sottoposti ad una serie di studi che siano in grado di
testimoniarne gli effetti.
Si tratta di un processo piuttosto lungo ed elaborato che parte dalla
conoscenza del microrganismo responsabile della malattia che si intende
prevenire e delle sue modalità di interazione con l’organismo umano.
STUDI IN VITRO: inizialmente si effettuano studi sperimentali in vitro in
base ai quali è possibile stabilire quale sia la composizione qualitativa e
quantitativa ideale di un vaccino. Ad esempio, sono studiate la tipologia e la
quantità della componente attiva e di tutte le altre sostanze previste.
SPERIMENZIONE PRE-CLINICA: include studi in vitro e su modelli
animali, come topi e scimmie, attraverso i quali si definiscono il meccanismo
d'azione e l’immunogenicità, ossia la capacità di stimolare la risposta
immunitaria. Il profilo tossicologico e le prime evidenze di efficacia e
sicurezza su un organismo vivente complesso vengono osservate in questa
fase che permette, inoltre, di selezionare la formulazione che nei modelli
sperimentali è risultata più promettente per indirizzarla alla fase clinica
sull’uomo. Per i vaccini con più componenti si studia anche la possibile
interferenza fra le varie componenti attive.

                                         22
SPERIMENTAZIONE CLINICA. Si compone di quattro fasi: le prime tre
sono precedenti all’immissione in commercio, mentre la quarta viene
condotta quando il vaccino è già stato distribuito.
  I.   Fase 1: il vaccino viene somministrato ad un piccolo numero di persone per
       testare la sicurezza e il dosaggio e per confermare che stimoli il sistema
       immunitario.
 II.   Fase 2: la formulazione viene data ad un numero maggiore di persone,
       inclusi bambini ed anziani.
III.   Fase 3: qui avviene un importante confronto. Sono coinvolte migliaia
       di persone che vengono in parte realmente vaccinate, mentre alle
       rimanenti viene iniettato un placebo. Dopo aver esposto gli stessi a
       SARS-CoV-2, si valuta il numero di infettati e ciò si fa per escludere
       che l’efficacia della vaccinazione sia collegata ad un evento di tipo
       psichico suggestivo. Gli studi di fase terza sono:
       -controllati, dal momento che i soggetti trattati con il vaccino in studio
       sono confrontati con altrettanti soggetti trattati con un vaccino simile
       già autorizzato o con un trattamento inerte (placebo);
       -randomizzati, dal momento che la suddivisione dei soggetti fra l’uno
       e l’altro trattamento avviene in maniera casuale;
       Nella fase tre degli studi possono rivelarsi effetti collaterali
       relativamente rari che potrebbero non essere risultati negli studi
       precedenti.
In queste prime tre fasi, vengono definite: la posologia, rappresentata dal numero
di dosi per l'immunizzazione primaria e dalla necessità o meno di un richiamo;
l’immunogenicità, ossia la capacità di stimolare nell’uomo una risposta anticorpale
specifica e sufficiente contro le componenti del vaccino; la sicurezza, valutando il
tipo e la frequenza con cui si manifestano eventuali reazioni avverse e se queste
sono attribuibili ad età, sesso e particolari condizioni di salute.
Si studia, inoltre, l’efficacia in termini di persistenza della risposta
immunitaria, la percentuale dei soggetti che rispondono correttamente e la
probabilità di sviluppare la malattia dopo la vaccinazione.

                                          23
Viene, inoltre, valutata la possibilità di somministrare il vaccino in sviluppo
insieme ad altri vaccini già in commercio per ottenere informazioni
specifiche sulle possibili interferenze in termini di efficacia e sicurezza.
IV.      Fase 4 (studi post-autorizzativi): vengono condotti dopo la
         commercializzazione e hanno l’obiettivo di verificare l’efficacia e la
         sicurezza del vaccino nelle sue reali condizioni d’uso, di valutarne
         l’utilizzo in particolari sottogruppi di popolazioni e in condizioni
         patologiche (per esempio in corso di malattie del sistema immunitario)
         e il rapporto costo-beneficio rispetto alla malattia e/o ad altri vaccini.
Tutte le varie fasi dello sviluppo di un vaccino sono necessarie a ottenere
informazioni        il    più     possibile        chiare   ed    esaustive     su
indicazioni, controindicazioni, avvertenze speciali, benefici e rischi del
prodotto.
Poiché i vaccini vengono somministrati a scopo preventivo in una
popolazione sana, è necessario che le percentuali di efficacia siano molto alte
e che il beneficio sia di gran lunga superiore al rischio.
Pertanto, in ogni momento di tutto questo processo, lo sviluppo del vaccino
o la sua commercializzazione potrebbero essere interrotti qualora venga
meno anche una sola di queste condizioni fondamentali.
Tutti gli studi effettuati devono rispondere agli standard internazionali di
etica e qualità scientifica previsti dalle norme di buona pratica clinica,
codificate a livello globale (Good Clinical Practice, GCP). [12]

3.2 Limiti imposti dal ritmo della pandemia e dalle sue
caratteristiche
      ▪ Il tempo. La durata degli studi clinici pone una notevole quantità di
         ostacoli allo sviluppo rapido del vaccino. Secondo le norme stabilite
         dalla Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti e
         dall'OMS, il conseguimento delle varie fasi implicherebbe un tempo
         di anni. Non avendo a disposizione tempi molto dilatati, si sono
         verificati dei fenomeni al fine di accorciare le tempistiche.

                                              24
In Cina ed in Russia, ad esempio, alcuni vaccini sono stati autorizzati
   all’uso senza attendere i risultati della fase 3 e ciò, ovviamente,
   potrebbe comportare gravi conseguenze. Tuttavia, nello studio sul
   campo ampliato, i partecipanti sono costantemente monitorati per
   cercare implicazioni a lungo termine poste dal vaccino, anche se,
   nell’eventualità se ne verificassero alcune, si tratterebbe di una
   constatazione a posteriori. Le prove di sicurezza per i gruppi speciali,
   compresi i bambini, le donne incinte e i pazienti immuno-
   compromessi, richiedono maggiore attenzione prima dell'estensione
   della vaccinazione agli stessi.
   Un altro modo per accelerare lo sviluppo del vaccino è combinare le
   fasi. Molti hanno infatti unito le fasi in fase 1/2 oppure fase 2/3.
   Inevitabilmente, però, la presenza di alcune anomalie durante la
   sperimentazione, ha dilatato, seppur lievemente, i tempi dei trials di
   alcuni vaccini, che, tuttavia, nella maggior parte dei casi, sono ripresi
   dopo una settimana.
▪ I modelli animali. I modelli animali usati nelle varie fasi devono
   necessariamente mostrare un decorso della malattia simile a quello
   degli esseri umani. I topi normalmente utilizzati non sono però
   risultati suscettibili all'infezione da SARS-CoV-2 a causa di un
   diverso recettore ACE2 rispetto a quello umano. Per questo, è
   richiesto lo sviluppo di topi transgenici che esprimano il recettore
   hACE2.     Quest’ultimi, insieme ai primati (macachi), sono stati
   precedentemente utilizzati per gli studi di SARS-CoV. La situazione
   attuale richiede l'allevamento e la distribuzione costante di questi
   modelli animali per soddisfare le richieste dei ricercatori di tutto il
   mondo.
   Gli isolati del virus SARS-CoV-2 possono replicarsi efficacemente
   nei polmoni dei criceti siriani. I polmoni dei criceti infetti presentano
   lesioni patologiche analoghe ai pazienti con polmonite e quindi

                                     25
possono essere modelli perfetti per comprendere la patogenesi da
       SARS-CoV-2 e valutare i farmaci antivirali e le immunoterapie.
   ▪ Vulnerabilità del genoma virale.           Il virus è molto suscettibile
       alle mutazioni e può subire lo spostamento antigenico e la deriva
       antigenica, poiché continua a diffondersi da una popolazione all'altra.
       Le mutazioni possono variare a seconda delle condizioni ambientali
       di un'area geografica e della densità di popolazione. Attraverso lo
       screening di 7500 campioni di pazienti infetti, gli scienziati sono stati
       in grado di studiare 198 mutazioni che possono indicare l'evoluzione
       del virus all'interno dell'ospite umano. Queste mutazioni possono
       portare a diversi sottotipi che possono consentire al virus di sfuggire
       al sistema immunitario anche dopo la somministrazione del vaccino.
       [13]

3.3 Analisi per tipologia dei vaccini in fase 2/3

3.3.1 Vaccini a DNA ed RNA
Fanno parte di questa tipologia gli ormai noti vaccini prodotti dalle case
farmaceutiche Pfizer-BioNTech e Moderna (si veda capitolo 4), entrambi
giunti in fase 3 e basati su un RNA messaggero che viene tradotto da
preesistenti meccanismi fisiologici dell’ospite.
Anche altri vaccini utilizzano DNA ed RNA, ma si trovano in fasi precedenti
di sviluppo. È questo il caso di Inovio, una compagnia biotecnologica che
incentra tutti i suoi studi sulla realizzazione di farmaci a DNA per poter
trattare e prevenire malattie gravi come HPV, cancro e malattie infettive. La
loro formulazione è pensata per essere somministrata nella pelle con impulsi
elettrici da un dispositivo portatile. Dallo scorso 16 novembre, la Food and
Drug Administration ha dato il permesso per procedere con la
sperimentazione della fase 2/3 a seguito dei risultati positivi della prima fase,
nella quale si è riscontrata una risposta immunitaria da parte di 34 dei 36
volontari.

                                          26
3.3.2 Vaccini a vettori virali
Per vettori si intendono dei veicoli che possono introdurre materiale genetico
in una cellula ospite. Questa tipologia risulta altamente specifica ed efficiente
nell’indurre una risposta immunitaria. Offrono un elevato e duraturo livello
di espressione proteica antigenica ed innescano le cellule T citotossiche
(CTL) che portano all'eliminazione delle cellule infettate dal virus.
Il vettore più utilizzato è sicuramente l’adenovirus umano, più facile da
ingegnerizzare e presente in diverse forme, responsabile di diverse malattie,
anche dei più comuni raffreddori. Questo deve essere privato del proprio
corredo genetico, che normalmente causa infezioni, al posto del quale viene
inserito un gene che codifica per una proteina di SARS-CoV-2. Questo
elemento inserito è innocuo per l'organismo che lo riceve, ma aiuta
comunque il sistema immunitario a reagire e a produrre anticorpi.
La piattaforma tecnologica dei vettori basati su adenovirus rende più facile e
veloce la creazione di nuovi vaccini efficaci.
   • L'azienda cinese CanSino Biologics ha sviluppato un vaccino basato
       su un adenovirus 5, chiamato Ad5, in collaborazione con l'Istituto di
       Biologia dell'Accademia delle Scienze Mediche Militari del Paese. A
       fine giugno, dopo aver terminato la fase 2 di sperimentazione ed aver
       verificato che riusciva ad essere indotta una potente risposta
       immunitaria, con una mossa senza precedenti, è stato formalmente
       approvato, ma destinato ai soli soldati. Solo a partire dal mese di
       agosto, CanSino ha iniziato a condurre le prove di fase 3 in diversi
       Paesi, tra cui Arabia Saudita, Pakistan e Russia. [14]
   • In Russia, i ricercatori del The Gamaleya National Center of
       Epidemiology and Microbiology hanno estratto un frammento di
       materiale genetico che codifica per la proteina strutturale S,
       responsabile della connessione del virus con le cellule umane.
       Al fine di garantire un'immunità duratura, gli scienziati russi hanno
       utilizzato due diversi tipi di vettori ad adenovirus, Ad26 e Ad5, che
       devono essere somministrati in due tempi differenti (Figura 3). Si può

                                          27
infatti parlare di una prima somministrazione con Ad26 e, dopo circa
21 giorni, di una seconda con Ad5.

Figura 3: vaccino prodotto dall’istituto di ricerca Gamaleya. Immagine tratta dalla
            sezione “Vaccines against COVID-19” del sito ufficiale.
       (https://www.gamaleya.org/en/research/vaktsina-protiv-covid-19/)

Prima dell'inizio delle sperimentazioni cliniche il vaccino è passato
attraverso tutte le fasi delle sperimentazioni precliniche con
esperimenti su diversi tipi di animali, compresi 2 tipi di primati.
Le prove cliniche di fase 1 e 2, completate lo scorso agosto, non hanno
riportato effetti collaterali imprevisti o indesiderati e il vaccino è
risultato capace di indurre risposta immunitaria. La sua elevata
efficacia è stata confermata da test di alta precisione per gli anticorpi
nel siero del sangue dei volontari. Il vaccino ha ricevuto un certificato
di registrazione, con il nome di Sputnik V, dal Ministero della Salute
russo lo scorso 11 agosto.

                                        28
Gli studi clinici post-registrazione, con più di 40.000 partecipanti,
   sono stati svolti a partire dal 24 agosto. Alcuni Paesi, come gli Emirati
   Arabi Uniti, l'Arabia Saudita e le Filippine si sono uniti ai test clinici
   dello Sputnik V a livello locale.
   Dalla sperimentazione di fase 3 è emerso che, sulla base di 20 casi di
   COVID-19 tra i partecipanti, il vaccino ha un'efficacia del 92%,
   dimostrata anche lo scorso 24 novembre, studiando 39 casi. [15]
• Johnson & Johnson ha sviluppato un vaccino, come precedentemente
   fatto per l'Ebola e altre malattie, sfruttando l'Ad26. L’azienda sanitaria
   ha iniziato gli esperimenti di fase 1/2 a luglio e ha lanciato uno studio
   di fase 3 con somministrazione di una sola dose. Nello scorso ottobre,
   ha annunciato di aver messo in pausa la sperimentazione per indagare
   su una reazione avversa in un volontario, per poi riprendere poco
   dopo. Il 16 novembre, ha annunciato il lancio di una seconda
   sperimentazione di fase 3 per osservare gli effetti di due dosi del loro
   vaccino, invece di una sola. L'azienda prevede di ottenere risultati
   entro la fine dell'anno.
• La società britannico-svedese AstraZeneca e l'Università di Oxford
   hanno sviluppato un vaccino, in partnership con l'azienda italiana
   Advent-Irbm di Pomezia, anch’esso in fase 3. I risultati positivi degli
   studi clinici di AZD1222 (conosciuto anche come ChAdOx1 nCoV-
   19) nel Regno Unito e in Brasile hanno dimostrato che il vaccino è
   stato altamente efficace nella prevenzione della malattia e che non
   sono stati segnalati ospedalizzazioni o casi gravi nei partecipanti che
   lo hanno ricevuto.
   Lo studio di fase 3 si è basato su 131 casi di COVID-19. Questa fase
   ha permesso di conoscere le risposte dell’individuo a differenti
   dosaggi: un regime di dosaggio (n=2.741) ha mostrato un'efficacia del
   vaccino del 90% quando AZD1222 è stato somministrato come mezza
   dose, seguito da una dose completa a distanza di almeno un mese,
   mentre un altro regime di dosaggio (n=8.895) ha mostrato un'efficacia

                                       29
del 62% quando somministrato come due dosi complete a distanza di
almeno un mese. L'analisi combinata di entrambi i regimi di dosaggio
(n=11.636) ha portato ad un'efficacia media del 70%. Tutti i risultati
sono stati statisticamente significativi.
La protezione effettiva si è verificata nei 14 giorni successivi
all’assunzione delle due dosi di vaccino. Non sono stati confermati
gravi eventi di sicurezza. AZD1222 è stato ben tollerato in entrambi i
regimi di dosaggio. [16]
I dati provvisori di fase 3 si basano sui risultati degli studi sperimentali
di Oxford di fase 1/2 che hanno dimostrato che il vaccino induce una
forte risposta immunitaria degli anticorpi e delle cellule T in tutte le
fasce d'età, compresi gli adulti più anziani, con un buon profilo di
sicurezza. Dato incoraggiante è che i volontari più anziani hanno
prodotto tanti anticorpi contro il coronavirus quanto i più giovani.
Gli studi clinici, che hanno coinvolto oltre 24.000 partecipanti,
continueranno per l'analisi finale. Ulteriori sperimentazioni sono in
corso negli Stati Uniti, in Kenya, in Giappone e in India. Questi studi
forniranno alle autorità di regolamentazione ulteriori informazioni
sull'efficacia e sulla sicurezza del vaccino candidato, compresa la sua
capacità di proteggere e fermare la trasmissione del virus.
Il vaccino può essere conservato, trasportato e manipolato in normali
condizioni di refrigerazione (2-8 gradi Celsius/ 36-46 gradi
Fahrenheit) per almeno sei mesi e somministrato all'interno delle
strutture sanitarie esistenti. [17]
Ci sono state, tuttavia, delle situazioni particolari: lo scorso settembre
AstraZeneca ha interrotto le sperimentazioni globali del vaccino per
indagare su un volontario che ha sviluppato una forma di
infiammazione chiamata mielite trasversa, per poi riprenderle.
Recentissime notizie (27 novembre) riportano che il vaccino
AstraZeneca necessita di ulteriori studi a causa della marcata
differenza di efficacia nei diversi dosaggi.

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3.3.3 Vaccini a base di proteine
Contengono proteine intere, frammenti o proteine in nanoparticelle, ma non
materiale genetico.
   • La Novavax, compagnia biotecnologica con sede nel Maryland, è
      riuscita a produrre un vaccino, chiamato NVX-CoV2373. È stato
      progettato mediante una tecnologia a nanoparticelle ricombinanti per
      generare l’antigene derivante dalla proteina Spike, in particolare la sua
      conformazione pre-fusione. [18] In combinazione con un adiuvante,
      studi preclinici hanno dimostrato che il vaccino è in grado di legarsi
      ai recettori umani del virus. Nell'aprile 2020 è risultato essere
      altamente immunogenico nei modelli animali: dopo una singola
      immunizzazione sono stati osservati alti livelli di anticorpi specifici
      della proteina Spike. Inoltre, i titoli di microneutralizzazione, già
      elevati dopo una dose, sono aumentati di 8 volte con la seconda dose.
      Il vaccino è stato generalmente ben tollerato e ha suscitato risposte
      anticorpali robuste numericamente superiori a quelle riscontrate nei
      sieri umani convalescenti. Si trova attualmente in fase di
      sperimentazione 3.
   • Medicago ha utilizzato un’interessante tecnica basata sui vegetali. La
      pianta N. Benthamiana fa qui da bioreattore per produrre versioni non
      infettive del virus con un processo a più fasi. Prima viene sintetizzato
      l’antigene e successivamente introdotto in un vettore batterico
      vegetale specifico, che viene poi moltiplicato. Il vettore viene
      infiltrato nelle foglie per un effetto sottovuoto e lì costretto. La pianta
      agisce come una mini-fabbrica per 4-6 giorni e produce particelle
      simili ai virus (VLP). Successivamente, le piante vengono prelevate e
      miscelate in una soluzione dalla quale viene isolato ed estratto il
      materiale vaccinale. I VLP vengono purificati per ottenere il prodotto
      finale necessario per il vaccino. Vengono, infine, condotti i relativi
      test di sterilità e di qualità. A luglio, Medicago ha lanciato le prove di
      fase 1 in combinazione con un coadiuvante prodotto da GSK; tale

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miscela ha dimostrato produrre livelli promettenti di anticorpi. Il 12
      novembre è iniziata la fase 2/3 della sperimentazione del vaccino. [19]
   • L'azienda cinese Anhui Zhifei Longcom e l'Accademia cinese delle
      scienze mediche si sono associate per realizzare un vaccino. Il loro
      candidato è composto dalla sezione RBD della proteina Spike del
      coronavirus, insieme a un coadiuvante. Hanno lanciato le prove di fase
      2 a luglio e il 20 novembre China Daily ha riferito di aver lanciato una
      prova di fase 3. Hanno in programma di reclutare 29.000 volontari,
      espandendo le loro sperimentazioni in Ecuador, Indonesia, Pakistan e
      Uzbekistan.

3.3.4 Vaccini con coronavirus inattivati o attenuati
   • Il Wuhan Institute of Biological Products ha sviluppato un vaccino
      con il virus inattivato che l'azienda cinese Sinopharm ha sottoposto a
      test clinici. Lo studio di fase 1/2 ha dimostrato che il vaccino ha
      prodotto anticorpi nei volontari, alcuni dei quali hanno avuto febbre e
      altri effetti collaterali. Hanno poi lanciato gli studi di fase 3 negli
      Emirati Arabi Uniti a luglio e in Marocco e Perù nel mese successivo.
      Durante l'estate, il governo cinese ha dato l'approvazione per iniettare
      il vaccino di Wuhan in funzionari governativi, operatori sanitari e altri
      gruppi selezionati. Il 14 settembre, gli Emirati Arabi Uniti hanno dato
      l'approvazione d'emergenza per il vaccino della Sinopharm da usare
      sugli operatori sanitari. La Sinopharm, tuttavia, non ha ancora
      pubblicato i dati della fase 3. Oltre al vaccino con l’istituto di Wuhan,
      la Sinopharm ha anche iniziato a testare un vaccino virale inattivato
      sviluppato dall'Istituto di Prodotti Biologici di Pechino. Dopo aver
      eseguito i primi test clinici in Cina, hanno lanciato gli studi di fase 3
      negli Emirati Arabi Uniti e in Argentina.
   • Sinovac Biotech, una società privata cinese, ha prodotto un vaccino
      con virus inattivato chiamato CoronaVac. A giugno l'azienda ha
      annunciato che negli studi di fase 1/2, avvenuti su 743 volontari, non

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