"Vaccini per il COVID-19: possibili scenari di sviluppo." - univaq
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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DELL’AQUILA Dipartimento di Medicina Clinica, Sanità Pubblica Scienze della Vita e dell’Ambiente CORSO DI LAUREA IN SCIENZE BIOLOGICHE Tesi di laurea: “Vaccini per il COVID-19: possibili scenari di sviluppo.” RELATORE CANDIDATO Prof. Adriano Angelucci Ludovica Verzilli Matricola 253160 Anno Accademico 2019/2020
SOMMARIO 1.COVID-19 ....................................................................................................... 5 1.1 Tassonomia ................................................................................................... 5 1.2 Caratteristiche strutturali................................................................................ 5 1.3 Il ciclo vitale .................................................................................................. 7 1.4 Patobiologia................................................................................................... 9 1.5 Sintomatologia............................................................................................. 10 1.6 Risposte immunitarie dell’individuo ............................................................ 10 1.7 Individui più a rischio .................................................................................. 12 2.LE TERAPIE ................................................................................................ 13 2.1 Farmaci attualmente in uso .......................................................................... 13 2.2 Generalità sui vaccini .................................................................................. 15 2.2.1 Breve storia dei vaccini e conquiste nell’utilizzo della vaccinazione ...... 15 2.2.2 Funzionamento del vaccino e composizione .......................................... 16 2.2.3 Problematiche correlate alla vaccinazione ............................................. 17 2.2.4 L’immunogenicità vaccinale .................................................................. 18 2.3 Gli indici R0 e Rt e l’immunità di gregge .................................................... 19 2.4 Selezione degli antigeni per i vaccini in sviluppo ......................................... 20 3.VACCINI IN SVILUPPO ............................................................................ 22 3.1 Studi preclinici e trials clinici ...................................................................... 22 3.2 Limiti imposti dal ritmo della pandemia e dalle sue caratteristiche .............. 24 3.3 Analisi per tipologia dei vaccini in fase 2/3 ................................................. 26 3.3.1 Vaccini a DNA ed RNA ........................................................................ 26 3.3.2 Vaccini a vettori virali ........................................................................... 27 3.3.3 Vaccini a base di proteine ...................................................................... 31
3.3.4 Vaccini con coronavirus inattivati o attenuati ........................................ 32 3.3.5 Vaccini riadattati ................................................................................... 33 4.VACCINI A RNA IN FASE DI APPROVAZIONE ................................... 34 4.1 “State of the art” riguardo l’impiego clinic degli mRNA .............................. 34 4.1.1 I vantaggi .............................................................................................. 34 4.1.2 Sintesi dell’mRNA e aspetti farmacologici ............................................ 36 4.1.3 Recenti progressi nella tecnologia degli mRNA per vaccini................... 38 4.1.4 Conservazione ....................................................................................... 42 4.1.5 Aspetti normativi ................................................................................... 42 4.1.6 Potenziali rischi ..................................................................................... 43 4.2 Il vaccino di Pfizer e BioNTech ................................................................... 44 4.2.1 Trials clinici: fase 1/2 ............................................................................ 44 4.2.2 Trials clinici: fase 2/3 ............................................................................ 45 4.2.3 Distribuzione e conservazione ............................................................... 46 4.3 Il vaccino di Moderna .................................................................................. 47 4.3.1 Contenuto del vaccino ........................................................................... 47 4.3.2 Trials clinici: fase 1 ............................................................................... 48 4.3.3 Trials clinici: fase 3 ............................................................................... 50 4.3.4 Conservazione del farmaco .................................................................... 50 CONCLUSIONI .............................................................................................. 52 BIBLIOGRAFIA ............................................................................................. 53 RINGRAZIAMENTI ...................................................................................... 57
1.COVID-19 La pandemia di COVID-19 è stata segnalata per la prima volta a Wuhan, in Cina, alla fine del 2019 e da allora si è diffusa in 216 Paesi, costringendo il mondo ad una battuta d’arresto. L’agente eziologico di tale malattia infettiva è il SARS-CoV-2, un patogeno respiratorio virale, responsabile della sindrome respiratoria acuta che ha già colpito, con numeri sempre crescenti, almeno 20,1 milioni di individui e ucciso più di 737.000 persone in tutto il mondo. [1] Per poter comprendere come intervenire per trovare cure adatte e contenere la pandemia è necessario conoscere approfonditamente il patogeno in questione. 1.1 Tassonomia Al livello tassonomico, il virus SARS-CoV-2, appartiene all’ordine dei Nidovirales, famiglia Coronaviridae, genere Betacoronavirus, specie SARS- related coronavirus. I sottogruppi della famiglia dei coronavirus sono: alfa (α), beta (β), gamma (γ) e delta (δ). Il SARS-CoV-2 appartiene al sottogruppo beta. Sono compresi nella famiglia Coronaviridae: il coronavirus della sindrome respiratoria acuta grave (SARS-CoV), i virus dell’influenza A H5N1 e H1N1 2009 e il coronavirus della sindrome respiratoria del Medio Oriente (MERS- CoV). [2] 1.2 Caratteristiche strutturali Al livello morfologico, ciò che risulta più evidente è la corona sulla porzione più esterna, dalla quale prende nome la categoria tassonomica. (Figura 1) Tale corona è costituita da unità proteiche, in particolare da glicoproteine S (Spike) che si associano a formare strutture trimeriche che circondano il virione. Possiedono due domini principali: il dominio S1 e il dominio S2. Le 5
proteine S sono considerate come proteine di fusione virale di classe 1 e richiedono l’intervento di diverse proteasi per l'attivazione. Il sito tra S1 e S2 è il luogo di scissione di adescamento; tuttavia, la scissione di attivazione si verifica solo su S2. Il riconoscimento mediato da S1-RBD e l'attaccamento al recettore ospite (ACE2) sono eventi di primaria importanza che portano alla fusione virale con le cellule dell’ospite e ad altri eventi concomitanti. Figura 1: Struttura schematica del SARS-CoV-2. Tratta dalla review “Progress and Prospects on Vaccine Development against SARS-CoV-2” (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7349596/) Sempre nella parte esterna troviamo dimeri emagglutinina-esterasi (HE) di rivestimento, più piccoli della proteina S, che svolgono una funzione importante durante la fase di rilascio del virus all’interno della cellula ospite. La proteina M, invece, attraversa il rivestimento (envelope) interagendo all’interno del virione con il complesso RNA-proteina. La proteina E è di ausilio alla glicoproteina S e al virus tutto per favorire l’attacco alla membrana della cellula bersaglio. 6
Il rivestimento vero e proprio del virus prende il nome di envelope ed è composto da una membrana che il virus “eredita” dalla cellula ospite dopo averla infettata. Il materiale genetico di SARS-CoV-2 è costituito da un singolo filamento di RNA a polarità positiva di grande taglia, con dimensioni variabili dalle 27 alle 32 kb nelle diverse forme del virus; non sono fino ad ora noti virus a RNA di taglia maggiore. Il genoma del SARS-CoV-2 contiene 7-10 sequenze ORF (open reading frames), è metilato all’estremità 5’ e presenta una coda poli-A al 3’. Risulta, inoltre, essere associato a delle fosfoproteine N, che si organizzano a formare un capside. Il virus possiede un diametro di 65-12 nm. 1.3 Il ciclo vitale Il ciclo vitale del SARS-CoV-2 nelle cellule ospiti (Figura 2) inizia quando la proteina S si lega al recettore cellulare ACE2. Questo recettore è fisiologicamente presente sulle membrane cellulari delle cellule dei polmoni, delle arterie, del cuore, dei reni e dell'intestino dove lega l’enzima 2 convertitore dell'angiotensina (ACE2). Dopo il legame con il recettore, il cambiamento conformazionale della proteina S facilita la fusione dell'involucro virale con la membrana cellulare attraverso la via endosomica. Successivamente c’è il rilascio dell’RNA nella cellula ospite. Il genoma a RNA viene tradotto in poliproteine della replicazione virale pp1a e 1ab, che vengono poi scisse in piccoli prodotti da proteinasi virali. Una polimerasi produce una serie di mRNA subgenomici da trascrizione discontinua che sono infine tradotti in proteine virali rilevanti. Le proteine virali e l'RNA del genoma vengono successivamente assemblati in virioni nel reticolo endoplasmatico (ER), nel Golgi e poi trasportati tramite vescicole e rilasciati fuori dalla cellula. 7
Figura 2: Il ciclo vitale di SARS-CoV-2. Immagine tratta da “Potential Anti-SARS- CoV-2 Therapeutics That Target the Post-Entry Stages of the Viral Life Cycle: A Comprehensive Review” (https://www-ncbi-nlm-nih-gov.univaq.clas.cineca.it/pmc/articles/PMC7600245/#) L’ RNA del SARS-CoV-2 ha più di 29.800 nucleotidi che codificano per circa 29 proteine che si distinguono in: non strutturali (NSPs; 16 proteine), strutturali (4 proteine) e accessorie (9 proteine). Nella fase tardiva del ciclo di vitale del virus, il dominio NSPs è espresso come due polipeptidi che, dopo l'elaborazione, producono una proteasi simile alla papaina (PLpro) (NSP3), una proteasi principale (Mpro) (nota anche come proteasi 3-chymotrypsin- like (3CLpro); NSP5), e una RNA polimerasi RNA-dipendente (RdRp; NSP12). L'elaborazione iniziale dei due polipeptidi è promossa dalle proteasi dell'ospite e successivamente dall'azione della PLpro virale e della Mpro. L'RdRp virale è anche responsabile della replicazione e dell'amplificazione del genoma virale. L'RNA virale e la proteina strutturale N sono 8
biosintetizzati nel citoplasma delle cellule ospiti, mentre altre proteine strutturali virali tra cui S, M, ed E sono biosintetizzate nel reticolo endoplasmatico e trasportate all'apparato di Golgi. Il complesso RNA-N virale e le proteine S, M, ed E sono poi assemblate nel reticolo endoplasmatico - compartimento intermedio di Golgi (ERGIC) per produrre una particella virale matura. Il virus maturo viene poi rilasciato dall'apparato di Golgi attraverso un processo di gemmazione e successivamente dalle cellule ospiti per esocitosi. [3] 1.4 Patobiologia Sulla base di studi cellulari, la malattia COVID-19 può essere suddivisa in tre fasi differenti, che corrispondono ai diversi stadi clinici. • Stato asintomatico (1-2 giorni di infezione) Il virus, inalato, si lega alle cellule epiteliali nella cavità nasale e inizia a replicarsi. I dati ottenuti in vitro indicano che le cellule ciliate presenti nelle aree di conduzione del sistema respiratorio (naso, bocca, faringe, laringe, trachea, bronchi fino ai secondari) sono primariamente infettate. C'è una propagazione locale del virus con una risposta immunitaria innata limitata. In questa fase il virus può essere rilevato con tamponi nasali. Anche se la carica virale risulta bassa, questi individui sono da considerarsi infettivi. • Risposta delle vie aeree (Giorni successivi) Il virus si propaga e migra lungo le vie aeree respiratorie conduttrici e si innesca una risposta immunitaria innata più robusta. Tamponi nasali dovrebbero identificare il SARS-CoV-2 così come i marcatori della risposta immunitaria innata. In questo momento, la malattia è clinicamente manifesta. La determinazione della risposta immunitaria innata dell'ospite potrebbe migliorare le previsioni sul successivo decorso della malattia e la necessità o meno di un monitoraggio più aggressivo. 9
• Terzo stadio: ipossia, opacità polmonare a “vetro smerigliato” e progressione verso l'ARDS (sindrome da distress respiratorio). Sfortunatamente, circa il 20% dei pazienti infetti progredisce fino a questo stadio della malattia e sviluppa infiltrati polmonari; il virus raggiunge le unità di scambio gassoso del polmone e infetta preferibilmente le cellule alveolari di tipo II, si propaga al loro interno e rilascia un gran numero di copie mandando le cellule in apoptosi. Le aree respiratorie del polmone perdono la maggior parte delle loro cellule di tipo II e si innescano vie secondarie per la rigenerazione epiteliale. Il risultato patologico è, quindi, un danno alveolare diffuso insieme alla presenza di membrane ialine ricche di fibrina e di alcune cellule giganti multinucleate. La guarigione aberrante della ferita può portare a cicatrici e fibrosi più gravi rispetto ad altre forme di ARDS. Il recupero richiede una vigorosa risposta immunitaria innata e acquisita e la rigenerazione epiteliale. 1.5 Sintomatologia La polmonite è la forma più frequente di manifestazione dell’infezione dovuta a SARS-CoV-2. Altri possibili sintomi sono: rinite, faringodinia, congiuntivite, anosmia/ageusia, mialgia, astenia, sintomi gastrointestinali, principalmente diarrea. I sintomi più comuni all’esordio sono: febbre (99%), astenia (70%), tosse non produttiva (59%), mialgie (35%), dispnea (31%), tosse produttiva (27%). Pazienti con sintomatologia lieve all’esordio possono comunque progredire verso una forma più grave di malattia. [4] 1.6 Risposte immunitarie dell’individuo • Risposta innata Le prove emergenti suggeriscono che la risposta immunitaria per SARS-CoV-2 è simile, sotto diversi aspetti, alla risposta per SARS- CoV o per il coronavirus della sindrome respiratoria del Medio 10
Oriente (MERS-CoV), rispettivamente responsabili dell’epidemia di SARS del 2002-2004 e dell’epidemia di MERS del 2012 che hanno avuto rispettivamente origine in Cina e in Arabia Saudita. Come con SARS-CoV e MERS-CoV, si verifica la soppressione dell’attività del sistema immunitario innato, comprese le cellule dendritiche e l’attenuazione delle risposte dell’interferone di tipo I e III. Questa abilità del SARS-CoV-2 di sovvertire la risposta immunitaria innata potrebbe spiegare il prolungato periodo di incubazione che varia da 2 a 12 giorni. L’incontrollata replicazione del virus nelle fasi iniziali dell’infezione è probabilmente alla base delle conseguenti risposte infiammatorie disregolate, in particolare nei casi più gravi. Quest’ultimi presentano un netto aumento del numero di monociti e neutrofili nel sangue e dei macrofagi CD14+ e CD16+ derivati dai monociti nelle vie aree. Si riscontra, inoltre, un aumento dei livelli di citochine infiammatorie e chemochine. Le risposte disordinate che ne derivano sono potenzialmente letali, soprattutto per individui immunosenescenti e con co-morbidità. • Risposte anticorpali Gli anticorpi IgM e IgG contro il SARS-CoV-2 sono rilevabili entro le 1-2 settimane dall’insorgenza dei sintomi nella maggior parte degli individui infetti. Sebbene la relazione tra gli anticorpi neutralizzanti e le cellule T specifiche dell’antigene, la gravità della malattia e i risultati clinici rimanga da comprendere, sono stati osservati elevati livelli di anticorpi neutralizzanti in individui convalescenti, che sono correlati con le cellule T CD4+. L’entità delle risposte anticorpali neutralizzanti negli individui asintomatici è minore e diminuisce più velocemente rispetto agli individui sintomatici. L’obiettivo principale degli anticorpi è neutralizzare la proteina S del virus, ma vengono anche realizzati anticorpi naturali contro la nucleoproteina N, che è la più abbondante. 11
Durante il periodo presintomatico dei 2-12 giorni c’è soppressione dell’immunità innata, ma anche attivazione ritardata delle cellule T, specialmente le cellule CD8+. È stato osservato che i guariti, specialmente i casi più lievi, hanno un numero maggiore di cellule T CD8+ nel tratto respiratorio. [5] 1.7 Individui più a rischio Bisogna innanzitutto dire che una forma severa di malattia può presentarsi in individui sani di ogni età, anche se si presenta con maggiore frequenza in adulti con età avanzata e comorbidità. Gli individui over 50 sono particolarmente a rischio a causa della loro risposta immunitaria meno efficiente e della riduzione fisiologica della capacità di riparare l'epitelio danneggiato. Essi hanno anche una ridotta clearance mucocigliare e questo può permettere al virus di diffondersi più facilmente alle unità di scambio di gas del polmone. Le comorbidità associate ad un rischio maggiore di sviluppare una forma grave di malattia e ad un tasso più alto di mortalità sono: -malattie cardiovascolari -diabete mellito -ipertensione arteriosa -patologie polmonari -neoplasie -IRC -obesità -epatopatie. [6] 12
2.LE TERAPIE 2.1 Farmaci attualmente in uso • Eparine a basso peso molecolare. Si tratta di glicosaminoglicani ottenuti per frazionamento dell’eparina. Si possono usare nella fase iniziale della malattia quando è presente la polmonite allo scopo di prevenire il tromboembolismo venoso che si potrebbe avere a causa della tempesta citochinica. Nella fase più avanzata, è somministrabile a pazienti ricoverati per contenere i fenomeni trombotici nel circolo polmonare come conseguenza dell’iperinfiammazione. • Azitromicina. Si tratta di un antibiotico della famiglia dei macrolidi, autorizzato per il trattamento di infezioni delle alte e basse vie respiratorie. Studi in vitro e in vivo hanno dimostrato che i macrolidi mitigano l'infiammazione e modulano il sistema immunitario; in particolare essi si sono mostrati in grado di causare la down regulation delle molecole di adesione della superficie cellulare, di ridurre la produzione di citochine proinfiammatorie, di stimolare la fagocitosi da parte dei macrofagi alveolari e di inibire l'attivazione e la mobilizzazione dei neutrofili. Il meccanismo con cui i macrolidi esercitano questi effetti antinfiammatori e immunomodulatori non è ben noto. • Darunavir/cobicistat e liponavir/ritonavir. Sono inibitori delle proteasi, potenziati per migliorare il profilo farmacocinetico. Cobicistat e ritonavir, infatti, inibiscono il citocromo P450 isoenzima 3A4 rallentando il metabolismo di darunavir e liponavir. I due farmaci si legano e inattivano le proteasi 3CLpro e PL2pro, inibendo la replicazione virale; sono già in uso per l’HIV, ma la proteasi 3CLpro è un obiettivo molecolare essenziale anche per la replicazione dei coronavirus. 13
• Remdesivir. È il primo farmaco antivirale ad aver ottenuto l’autorizzazione dall’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) con indicazione specifica per il “trattamento della malattia da coronavirus 2019 (COVID-19) negli adulti e negli adolescenti (di età pari o superiore a 12 anni e peso pari ad almeno 40 kg) con polmonite che richiede ossigenoterapia supplementare”. Si tratta di un profarmaco, analogo nucleotidico dell’adenosina, che viene metabolizzato nelle cellule ospiti per formare il metabolita trifosfato nucleosidico farmacologicamente attivo; compete con il substrato naturale dell’ATP nelle catene di RNA nascente, prodotte da parte della RNA- polimerasi RNA dipendente del SARS-CoV-2. • Corticosteroidi. Sono medicinali di sintesi che imitano l'azione degli ormoni naturali; hanno proprietà antinfiammatorie e regolano l'attività di metabolismo e sistema immunitario. Sono ampiamente usati nella pratica clinica corrente in caso di infiammazione cronica, reazioni allergiche e malattie autoimmuni. Sono stati utilizzati, da soli o associati agli antibiotici o ad altri trattamenti in patologie strettamente correlate alla malattia COVID-19, tra cui SARS, MERS, influenza grave, ARDS o sindrome da rilascio di citochine. È fondamentale però specificare che tutti questi farmaci sono continuamente soggetti a rivalutazioni. Sono stati infatti utilizzati in base ai precedenti impieghi clinici, ma non sempre hanno permesso di raggiungere il risultato sperato, dimostrandosi così effettivamente inefficienti. Lo scorso 20 novembre, ad esempio, è stata emanata una comunicazione dall’AIFA riguardo la necessità di ritrattazione del farmaco remdesivir in seguito ad una dichiarazione dell’OMS pubblicata su “The British Medical Journal”: «L’antivirale remdesivir non è consigliato per pazienti ospedalizzati per Covid-19, a prescindere dalla gravità della malattia, perché al momento non ci sono prove che migliori la sopravvivenza o la necessità di supporto di ossigeno». [7] 14
2.2 Generalità sui vaccini I vaccini sono i mezzi più efficaci ed economici esistenti per prevenire e controllare le malattie infettive. Sono utilizzati sia per la profilassi indiretta, che previene il verificarsi di effetti consistenti nel momento in cui l’individuo dovesse incontrare il patogeno, ma anche per la profilassi post-esposizione (diretta) per bloccare un agente infettivo a proliferazione lenta. 2.2.1 Breve storia dei vaccini e conquiste nell’utilizzo della vaccinazione La scoperta della vaccinazione risale al 1796 grazie al medico Edward Jenner (1749-1823). All'epoca si osservò che i contadini che avevano contratto il vaiolo bovino (cowpox) durante la mungitura delle mucche, una volta superata la malattia, non si ammalavano della variante umana del vaiolo (smallpox), di gran lunga più grave. Jenner ebbe l’intuizione di iniettare del materiale preso da una pustola di vaiolo bovino contratto da una giovane donna, figlia di un contadino del posto, ad un bambino di 8 anni. Dopo alcuni mesi, il ragazzo venne nuovamente inoculato, quest'ultima volta con il vaiolo umano e, come ci si aspettava, non manifestò sintomi. Solo in seguito, con l’avanzamento delle conoscenze in campo immunologico, si è appreso che l’efficacia della vaccinazione risiede nella capacità di indurre memoria immunologica verso gli antigeni patogeni (antigeni protettivi). Jenner diede il via alla ricerca di vaccini capaci di proteggerci dalle malattie infettive che continua tutt’oggi. Attualmente ne disponiamo di efficaci e sicuri, anche se non sono tutti quelli che sarebbe auspicabile avere. [8] L’utilizzo di vaccini ha permesso di debellare diverse malattie o, quantomeno, di ridurne il numero di casi in un modo molto significativo. È questo il caso della poliomielite, malattia causata da un virus che colpisce il SN e porta progressivamente a paralisi. Grazie al vaccino, l’incidenza di tale malattia in Italia è scesa per poi annullarsi, infatti l’ultimo caso si è avuto nel 1982. 15
La difterite, malattia che ha come agente eziologico una tossina batterica che può agire su cuore, fegato, reni e SN, è scomparsa in tutti quei Paesi che hanno attuato un programma vaccinale efficace. Il tetano è una grave malattia batterica causata da un bacillo presente nell'ambiente che agisce sulle terminazioni nervose, provocando spasmi muscolari incontenibili. Il numero dei casi in Italia è drasticamente diminuito con l'introduzione della vaccinazione. Il vaccino ha assunto importanza anche nel campo oncologico, basta pensare al virus dell'Hpv, responsabile di un'ampia gamma di patologie dell'apparato genitale tra cui condilomi, lesioni cervicali e le neoplasie anogenitali, fino a tumori. [9] Quanto detto finora è solo una parte dei traguardi raggiunti grazie alle scoperte scientifiche riguardo gli agenti eziologici correlati, anche se bisogna soffermarsi sul fatto che questo discorso è attualmente applicabile solo ai Paesi più sviluppati. 2.2.2 Funzionamento del vaccino e composizione Con la vaccinazione o immunizzazione attiva si somministrano antigeni adeguati correlati all’agente patogeno dal quale si vuole essere protetti. Gli antigeni batterici o virali devono essere ovviamente resi innocui per l’organismo, ma comunque capaci di indurre risposta immunitaria (immunogenicità). Una volta che è stato somministrato l’antigene, l’organismo userà i suoi normali meccanismi di risposta immunologica producendo anticorpi e neutralizzando l’antigene. Quest’ultimo può essere: • un organismo intero vivo: è molto immunogeno, ma è una situazione rara perché in natura non si trovano spesso organismi protettivi non patogeni. (Vaiolo) • un organismo intero attenuato: mantenendo degli agenti patogeni in coltura o trasferendoli in animali di laboratorio possono diventare 16
meno pericolosi per l’uomo, quindi ne viene attenuata la patogenicità. Al livello tecnico, si possono fare diversi passaggi in vitro o in vivo oppure si può cercare di modificare il DNA dell’organismo patogeno per renderlo meno virulento o infettivo. Si tratta di organismi vivi, vivi innocui o vivi attenuati con ottima immunogenicità. (morbillo, rosolia, parotite) • un organismo intero ucciso: l’agente patogeno viene distrutto con metodi fisici o chimici (radiazioni, formaldeide, calore), cercando di mantenerne l’integrità antigenica. L’immunogenicità è ancora alta, ma meno efficace rispetto all’uso di organismi vivi. (poliomielite) Possiamo inoltre distinguere: • vaccino a subunità: si usano solo singoli antigeni purificati o sintetizzati; è meno immunogeno rispetto agli organismi interi. (meningococco) • vaccino a DNA: si inietta il DNA nudo o veicolato da vettori che, una volta entrato nelle cellule, sfrutta i meccanismi preesistenti dell’ospite per trascrivere e tradurre l’antigene protettivo; ha il vantaggio di stimolare una risposta potenzialmente citotossica oltre che umorale. 2.2.3 Problematiche correlate alla vaccinazione I vaccini obbligatori sono molti, quindi si è ricorso all’uso di formulazioni combinate che contengano più principi attivi. In Italia si è deciso di aumentare il numero di vaccini obbligatori che adesso comprende: difterite, tetano, epatite B, poliomielite, pertosse, Haemophilus influenzae, meningococco B, morbillo, parotite, rosolia, varicella, meningococco C. Vengono somministrati nei primi mesi di vita e ciò è compatibile con il numero dei richiami che deve essere necessariamente svolto per garantirne l’efficacia. Altra problematica è rappresentata dagli effetti collaterali, i quali, soprattutto nelle loro forme più gravi come reazioni allergiche, epilessia, encefalite, sono da considerarsi rari (1 dose su 1.000.000). Gli effetti meno gravi sono 17
praticamente trascurabili e comunque connessi ad una reazione positiva dell’organismo. I vaccini rimangono una delle categorie farmacologiche in cui il rapporto effetto- reazioni avverse è più favorevole. 2.2.4 L’immunogenicità vaccinale Il vaccino deve essere immunogeno cioè stimolare il sistema immunitario. Normalmente un vaccino è poco immunogeno sia perché non può essere caricato di una concentrazione molto alta di proteine, sia perché c’è il rischio che gli antigeni vengano degradati velocemente o si disperdano, non dando tempo all’immunità acquisita di attivarsi efficacemente. Per questo motivo, è necessario adottare delle strategie per aumentare l’immunogenicità: • richiamo vaccinale: vengono fatte somministrazioni multiple secondo dei tempi indicati che possono essere posticipati, ma mai anticipati. • coniugazione: gli antigeni più immunogeni sono le proteine, ma in molti casi può essere utile fare un vaccino contro una catena zuccherina. (Haemophilus influentiae). • adiuvanti: sono sostanze come i sali di alluminio e l’idrossido alluminio, che creano uno stato infiammatorio locale. Ciò permette di dare il via all’attivazione dell’immunità innata prima e acquisita poi. • vettori: lipidi, fosfolipidi o virosomi; proteggono l’antigene dalla degradazione rapida permettendo un rilascio prolungato nel tempo e stimolando maggiormente il sistema immunitario. Possono essere inoltre presenti stabilizzanti e conservanti e tracce di altri elementi usati per le procedure industriali di lavorazione. La vaccinazione risulta efficace se somministrata prima del possibile incontro con l’agente patogeno in modo da avere tempo di produrre gli anticorpi e le cellule della memoria. 18
2.3 Gli indici R0 e Rt e l’immunità di gregge Per poter comprendere come il vaccino sia in grado di agire da un punto di vista più matematico e statistico, bisogna considerare una serie di parametri. L’indice R0 è il numero di riproduzione di base e rappresenta il numero medio di infezioni secondarie prodotte da ciascun individuo infetto in una popolazione completamente suscettibile, cioè mai venuta a contatto con il nuovo patogeno emergente. Questo parametro misura la potenziale trasmissibilità di una malattia infettiva. Se, ad esempio, l'R0 di una malattia infettiva fosse di circa 2, significherebbe che, in media, un singolo malato infetta due persone. Quanto maggiore è il valore di R0 tanto più elevato è il rischio di diffusione dell’epidemia. Se invece il valore di R0 fosse inferiore ad 1 la situazione potrebbe essere contenuta. Da quando la pandemia dovuta al nuovo coronavirus SARS-CoV-2 ha cominciato a diffondersi e sono iniziati a circolare i dati sui primi casi confermati, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e numerosi istituti di ricerca di tutto il mondo hanno diffuso stime dell’R0. Queste stime riportano dati compresi tra 1,4 e 3,8 nelle aree colpite nella prima fase di diffusione. R0 è funzione della probabilità di trasmissione per singolo contatto tra una persona infetta ed una suscettibile, del numero dei contatti della persona infetta e della durata dell'infettività. Questo ci dice che, riducendo almeno uno dei tre parametri, possiamo diminuire tale valore e quindi poter controllare, o almeno ritardare, la diffusione del patogeno ad altri individui. La probabilità di trasmissione e la durata dell’infettività non sono modificabili senza un vaccino o un trattamento, ma l’immediata diagnosi e l’identificazione della persona infetta, o di quella potenzialmente infettata, e la possibilità di ridurre i suoi contatti con altre persone, permetterebbero una riduzione del’R0. [10] Il valore di Rt, invece, è legato alla situazione contingente ed è influenzato dai sistemi di contenimento implementati per ridurre il numero dei casi: è per 19
questo che viene utilizzato principalmente quest’ultimo indicatore per parlare dell’andamento della pandemia, anche per le singole regioni. Si deve inoltre parlare di immunità di gregge: per calcolarla bisogna considerare la riproduzione effettiva (R), cioè la media delle persone infettabili da un portatore nella nostra popolazione di studio. R è una funzione della riproduzione basale (R0), media delle persone infettabili dallo specifico agente patogeno e da P, cioè il numero di individui resistenti. R=(1-P)R0 C’è una relazione inversa tra le persone che devono essere rese resistenti tramite vaccinazione (P) e R0. Più R0 è alto (pertosse, varicella), maggiore dovrà essere la percentuale di persone vaccinate in una popolazione. Le percentuali auspicabili sono comunque più alte dell’80%. 2.4 Selezione degli antigeni per i vaccini in sviluppo Cellule intere: sono stati isolati diversi ceppi di SARS-CoV-2, ma è scarsa la probabilità di trovarne alcuni privi di patogenicità. Proteina Spike (S): è l’antigene più promettente perché è una proteina superficiale riconoscibile dal sistema immunitario dell’ospite. Quanto affermato è provato dal fatto che altre proteine omologhe sono state precedentemente sviluppate con successo contro la SARS e la MERS, causate da coronavirus. È possibile avere più formulazioni che riguardano la proteina S: • lunghezza intera: garantisce una comprovata immunogenicità con esperimenti sui topi; • solo il dominio RBD, responsabile del legame con il recettore ACE2. Gli anticorpi indotti, in questo caso, sono in grado di bloccare il riconoscimento RBD-ACE2. Il dominio RBD contiene molti epitopi conformazionali che lo rendono più adatto allo sviluppo del vaccino; • il dominio NTD: è un altro antigene candidato perché, tramite esso, il virus agisce su recettori per carboidrati; • l’intera subunità S1, sia con NTD, sia con RBD. 20
• il dominio FP di S2, adibito per la fusione del virus con l’ospite, insieme a RBD, permette la produzione di un alto titolo di anticorpi nei topi. Proteina N: è stata segnalata come altamente antigenica in quanto l’89% dei pazienti che hanno sviluppato la malattia hanno prodotto anticorpi contro questo elemento. Ci sono, tuttavia, risultati controversi che non garantiscono risposte uniformi sull’effettivo possibile utilizzo della proteina del nucleocapside. È usata in modo sicuro come marcatore in diagnostica. Proteina M: può generare anticorpi neutralizzanti efficienti se utilizzata per l’intera lunghezza. Proteina E: non è risultata adatta come antigene perché ha immunogenicità limitata. [11] 21
3.VACCINI IN SVILUPPO Nell’attuale situazione di pandemia, la ricerca si è concentrata, non appena è stato possibile isolare il virus, sulla formulazione di un vaccino, efficace mezzo di profilassi. Tale lavoro è cominciato lo scorso gennaio, nel momento in cui è stato sequenziato il genoma di SARS-CoV-2. 3.1 Studi preclinici e trials clinici Conformemente a ciò che accade per lo sviluppo di nuovi farmaci destinati all’inserimento in commercio, quindi al conseguente uso, anche i vaccini devono essere sottoposti ad una serie di studi che siano in grado di testimoniarne gli effetti. Si tratta di un processo piuttosto lungo ed elaborato che parte dalla conoscenza del microrganismo responsabile della malattia che si intende prevenire e delle sue modalità di interazione con l’organismo umano. STUDI IN VITRO: inizialmente si effettuano studi sperimentali in vitro in base ai quali è possibile stabilire quale sia la composizione qualitativa e quantitativa ideale di un vaccino. Ad esempio, sono studiate la tipologia e la quantità della componente attiva e di tutte le altre sostanze previste. SPERIMENZIONE PRE-CLINICA: include studi in vitro e su modelli animali, come topi e scimmie, attraverso i quali si definiscono il meccanismo d'azione e l’immunogenicità, ossia la capacità di stimolare la risposta immunitaria. Il profilo tossicologico e le prime evidenze di efficacia e sicurezza su un organismo vivente complesso vengono osservate in questa fase che permette, inoltre, di selezionare la formulazione che nei modelli sperimentali è risultata più promettente per indirizzarla alla fase clinica sull’uomo. Per i vaccini con più componenti si studia anche la possibile interferenza fra le varie componenti attive. 22
SPERIMENTAZIONE CLINICA. Si compone di quattro fasi: le prime tre sono precedenti all’immissione in commercio, mentre la quarta viene condotta quando il vaccino è già stato distribuito. I. Fase 1: il vaccino viene somministrato ad un piccolo numero di persone per testare la sicurezza e il dosaggio e per confermare che stimoli il sistema immunitario. II. Fase 2: la formulazione viene data ad un numero maggiore di persone, inclusi bambini ed anziani. III. Fase 3: qui avviene un importante confronto. Sono coinvolte migliaia di persone che vengono in parte realmente vaccinate, mentre alle rimanenti viene iniettato un placebo. Dopo aver esposto gli stessi a SARS-CoV-2, si valuta il numero di infettati e ciò si fa per escludere che l’efficacia della vaccinazione sia collegata ad un evento di tipo psichico suggestivo. Gli studi di fase terza sono: -controllati, dal momento che i soggetti trattati con il vaccino in studio sono confrontati con altrettanti soggetti trattati con un vaccino simile già autorizzato o con un trattamento inerte (placebo); -randomizzati, dal momento che la suddivisione dei soggetti fra l’uno e l’altro trattamento avviene in maniera casuale; Nella fase tre degli studi possono rivelarsi effetti collaterali relativamente rari che potrebbero non essere risultati negli studi precedenti. In queste prime tre fasi, vengono definite: la posologia, rappresentata dal numero di dosi per l'immunizzazione primaria e dalla necessità o meno di un richiamo; l’immunogenicità, ossia la capacità di stimolare nell’uomo una risposta anticorpale specifica e sufficiente contro le componenti del vaccino; la sicurezza, valutando il tipo e la frequenza con cui si manifestano eventuali reazioni avverse e se queste sono attribuibili ad età, sesso e particolari condizioni di salute. Si studia, inoltre, l’efficacia in termini di persistenza della risposta immunitaria, la percentuale dei soggetti che rispondono correttamente e la probabilità di sviluppare la malattia dopo la vaccinazione. 23
Viene, inoltre, valutata la possibilità di somministrare il vaccino in sviluppo insieme ad altri vaccini già in commercio per ottenere informazioni specifiche sulle possibili interferenze in termini di efficacia e sicurezza. IV. Fase 4 (studi post-autorizzativi): vengono condotti dopo la commercializzazione e hanno l’obiettivo di verificare l’efficacia e la sicurezza del vaccino nelle sue reali condizioni d’uso, di valutarne l’utilizzo in particolari sottogruppi di popolazioni e in condizioni patologiche (per esempio in corso di malattie del sistema immunitario) e il rapporto costo-beneficio rispetto alla malattia e/o ad altri vaccini. Tutte le varie fasi dello sviluppo di un vaccino sono necessarie a ottenere informazioni il più possibile chiare ed esaustive su indicazioni, controindicazioni, avvertenze speciali, benefici e rischi del prodotto. Poiché i vaccini vengono somministrati a scopo preventivo in una popolazione sana, è necessario che le percentuali di efficacia siano molto alte e che il beneficio sia di gran lunga superiore al rischio. Pertanto, in ogni momento di tutto questo processo, lo sviluppo del vaccino o la sua commercializzazione potrebbero essere interrotti qualora venga meno anche una sola di queste condizioni fondamentali. Tutti gli studi effettuati devono rispondere agli standard internazionali di etica e qualità scientifica previsti dalle norme di buona pratica clinica, codificate a livello globale (Good Clinical Practice, GCP). [12] 3.2 Limiti imposti dal ritmo della pandemia e dalle sue caratteristiche ▪ Il tempo. La durata degli studi clinici pone una notevole quantità di ostacoli allo sviluppo rapido del vaccino. Secondo le norme stabilite dalla Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti e dall'OMS, il conseguimento delle varie fasi implicherebbe un tempo di anni. Non avendo a disposizione tempi molto dilatati, si sono verificati dei fenomeni al fine di accorciare le tempistiche. 24
In Cina ed in Russia, ad esempio, alcuni vaccini sono stati autorizzati all’uso senza attendere i risultati della fase 3 e ciò, ovviamente, potrebbe comportare gravi conseguenze. Tuttavia, nello studio sul campo ampliato, i partecipanti sono costantemente monitorati per cercare implicazioni a lungo termine poste dal vaccino, anche se, nell’eventualità se ne verificassero alcune, si tratterebbe di una constatazione a posteriori. Le prove di sicurezza per i gruppi speciali, compresi i bambini, le donne incinte e i pazienti immuno- compromessi, richiedono maggiore attenzione prima dell'estensione della vaccinazione agli stessi. Un altro modo per accelerare lo sviluppo del vaccino è combinare le fasi. Molti hanno infatti unito le fasi in fase 1/2 oppure fase 2/3. Inevitabilmente, però, la presenza di alcune anomalie durante la sperimentazione, ha dilatato, seppur lievemente, i tempi dei trials di alcuni vaccini, che, tuttavia, nella maggior parte dei casi, sono ripresi dopo una settimana. ▪ I modelli animali. I modelli animali usati nelle varie fasi devono necessariamente mostrare un decorso della malattia simile a quello degli esseri umani. I topi normalmente utilizzati non sono però risultati suscettibili all'infezione da SARS-CoV-2 a causa di un diverso recettore ACE2 rispetto a quello umano. Per questo, è richiesto lo sviluppo di topi transgenici che esprimano il recettore hACE2. Quest’ultimi, insieme ai primati (macachi), sono stati precedentemente utilizzati per gli studi di SARS-CoV. La situazione attuale richiede l'allevamento e la distribuzione costante di questi modelli animali per soddisfare le richieste dei ricercatori di tutto il mondo. Gli isolati del virus SARS-CoV-2 possono replicarsi efficacemente nei polmoni dei criceti siriani. I polmoni dei criceti infetti presentano lesioni patologiche analoghe ai pazienti con polmonite e quindi 25
possono essere modelli perfetti per comprendere la patogenesi da SARS-CoV-2 e valutare i farmaci antivirali e le immunoterapie. ▪ Vulnerabilità del genoma virale. Il virus è molto suscettibile alle mutazioni e può subire lo spostamento antigenico e la deriva antigenica, poiché continua a diffondersi da una popolazione all'altra. Le mutazioni possono variare a seconda delle condizioni ambientali di un'area geografica e della densità di popolazione. Attraverso lo screening di 7500 campioni di pazienti infetti, gli scienziati sono stati in grado di studiare 198 mutazioni che possono indicare l'evoluzione del virus all'interno dell'ospite umano. Queste mutazioni possono portare a diversi sottotipi che possono consentire al virus di sfuggire al sistema immunitario anche dopo la somministrazione del vaccino. [13] 3.3 Analisi per tipologia dei vaccini in fase 2/3 3.3.1 Vaccini a DNA ed RNA Fanno parte di questa tipologia gli ormai noti vaccini prodotti dalle case farmaceutiche Pfizer-BioNTech e Moderna (si veda capitolo 4), entrambi giunti in fase 3 e basati su un RNA messaggero che viene tradotto da preesistenti meccanismi fisiologici dell’ospite. Anche altri vaccini utilizzano DNA ed RNA, ma si trovano in fasi precedenti di sviluppo. È questo il caso di Inovio, una compagnia biotecnologica che incentra tutti i suoi studi sulla realizzazione di farmaci a DNA per poter trattare e prevenire malattie gravi come HPV, cancro e malattie infettive. La loro formulazione è pensata per essere somministrata nella pelle con impulsi elettrici da un dispositivo portatile. Dallo scorso 16 novembre, la Food and Drug Administration ha dato il permesso per procedere con la sperimentazione della fase 2/3 a seguito dei risultati positivi della prima fase, nella quale si è riscontrata una risposta immunitaria da parte di 34 dei 36 volontari. 26
3.3.2 Vaccini a vettori virali Per vettori si intendono dei veicoli che possono introdurre materiale genetico in una cellula ospite. Questa tipologia risulta altamente specifica ed efficiente nell’indurre una risposta immunitaria. Offrono un elevato e duraturo livello di espressione proteica antigenica ed innescano le cellule T citotossiche (CTL) che portano all'eliminazione delle cellule infettate dal virus. Il vettore più utilizzato è sicuramente l’adenovirus umano, più facile da ingegnerizzare e presente in diverse forme, responsabile di diverse malattie, anche dei più comuni raffreddori. Questo deve essere privato del proprio corredo genetico, che normalmente causa infezioni, al posto del quale viene inserito un gene che codifica per una proteina di SARS-CoV-2. Questo elemento inserito è innocuo per l'organismo che lo riceve, ma aiuta comunque il sistema immunitario a reagire e a produrre anticorpi. La piattaforma tecnologica dei vettori basati su adenovirus rende più facile e veloce la creazione di nuovi vaccini efficaci. • L'azienda cinese CanSino Biologics ha sviluppato un vaccino basato su un adenovirus 5, chiamato Ad5, in collaborazione con l'Istituto di Biologia dell'Accademia delle Scienze Mediche Militari del Paese. A fine giugno, dopo aver terminato la fase 2 di sperimentazione ed aver verificato che riusciva ad essere indotta una potente risposta immunitaria, con una mossa senza precedenti, è stato formalmente approvato, ma destinato ai soli soldati. Solo a partire dal mese di agosto, CanSino ha iniziato a condurre le prove di fase 3 in diversi Paesi, tra cui Arabia Saudita, Pakistan e Russia. [14] • In Russia, i ricercatori del The Gamaleya National Center of Epidemiology and Microbiology hanno estratto un frammento di materiale genetico che codifica per la proteina strutturale S, responsabile della connessione del virus con le cellule umane. Al fine di garantire un'immunità duratura, gli scienziati russi hanno utilizzato due diversi tipi di vettori ad adenovirus, Ad26 e Ad5, che devono essere somministrati in due tempi differenti (Figura 3). Si può 27
infatti parlare di una prima somministrazione con Ad26 e, dopo circa 21 giorni, di una seconda con Ad5. Figura 3: vaccino prodotto dall’istituto di ricerca Gamaleya. Immagine tratta dalla sezione “Vaccines against COVID-19” del sito ufficiale. (https://www.gamaleya.org/en/research/vaktsina-protiv-covid-19/) Prima dell'inizio delle sperimentazioni cliniche il vaccino è passato attraverso tutte le fasi delle sperimentazioni precliniche con esperimenti su diversi tipi di animali, compresi 2 tipi di primati. Le prove cliniche di fase 1 e 2, completate lo scorso agosto, non hanno riportato effetti collaterali imprevisti o indesiderati e il vaccino è risultato capace di indurre risposta immunitaria. La sua elevata efficacia è stata confermata da test di alta precisione per gli anticorpi nel siero del sangue dei volontari. Il vaccino ha ricevuto un certificato di registrazione, con il nome di Sputnik V, dal Ministero della Salute russo lo scorso 11 agosto. 28
Gli studi clinici post-registrazione, con più di 40.000 partecipanti, sono stati svolti a partire dal 24 agosto. Alcuni Paesi, come gli Emirati Arabi Uniti, l'Arabia Saudita e le Filippine si sono uniti ai test clinici dello Sputnik V a livello locale. Dalla sperimentazione di fase 3 è emerso che, sulla base di 20 casi di COVID-19 tra i partecipanti, il vaccino ha un'efficacia del 92%, dimostrata anche lo scorso 24 novembre, studiando 39 casi. [15] • Johnson & Johnson ha sviluppato un vaccino, come precedentemente fatto per l'Ebola e altre malattie, sfruttando l'Ad26. L’azienda sanitaria ha iniziato gli esperimenti di fase 1/2 a luglio e ha lanciato uno studio di fase 3 con somministrazione di una sola dose. Nello scorso ottobre, ha annunciato di aver messo in pausa la sperimentazione per indagare su una reazione avversa in un volontario, per poi riprendere poco dopo. Il 16 novembre, ha annunciato il lancio di una seconda sperimentazione di fase 3 per osservare gli effetti di due dosi del loro vaccino, invece di una sola. L'azienda prevede di ottenere risultati entro la fine dell'anno. • La società britannico-svedese AstraZeneca e l'Università di Oxford hanno sviluppato un vaccino, in partnership con l'azienda italiana Advent-Irbm di Pomezia, anch’esso in fase 3. I risultati positivi degli studi clinici di AZD1222 (conosciuto anche come ChAdOx1 nCoV- 19) nel Regno Unito e in Brasile hanno dimostrato che il vaccino è stato altamente efficace nella prevenzione della malattia e che non sono stati segnalati ospedalizzazioni o casi gravi nei partecipanti che lo hanno ricevuto. Lo studio di fase 3 si è basato su 131 casi di COVID-19. Questa fase ha permesso di conoscere le risposte dell’individuo a differenti dosaggi: un regime di dosaggio (n=2.741) ha mostrato un'efficacia del vaccino del 90% quando AZD1222 è stato somministrato come mezza dose, seguito da una dose completa a distanza di almeno un mese, mentre un altro regime di dosaggio (n=8.895) ha mostrato un'efficacia 29
del 62% quando somministrato come due dosi complete a distanza di almeno un mese. L'analisi combinata di entrambi i regimi di dosaggio (n=11.636) ha portato ad un'efficacia media del 70%. Tutti i risultati sono stati statisticamente significativi. La protezione effettiva si è verificata nei 14 giorni successivi all’assunzione delle due dosi di vaccino. Non sono stati confermati gravi eventi di sicurezza. AZD1222 è stato ben tollerato in entrambi i regimi di dosaggio. [16] I dati provvisori di fase 3 si basano sui risultati degli studi sperimentali di Oxford di fase 1/2 che hanno dimostrato che il vaccino induce una forte risposta immunitaria degli anticorpi e delle cellule T in tutte le fasce d'età, compresi gli adulti più anziani, con un buon profilo di sicurezza. Dato incoraggiante è che i volontari più anziani hanno prodotto tanti anticorpi contro il coronavirus quanto i più giovani. Gli studi clinici, che hanno coinvolto oltre 24.000 partecipanti, continueranno per l'analisi finale. Ulteriori sperimentazioni sono in corso negli Stati Uniti, in Kenya, in Giappone e in India. Questi studi forniranno alle autorità di regolamentazione ulteriori informazioni sull'efficacia e sulla sicurezza del vaccino candidato, compresa la sua capacità di proteggere e fermare la trasmissione del virus. Il vaccino può essere conservato, trasportato e manipolato in normali condizioni di refrigerazione (2-8 gradi Celsius/ 36-46 gradi Fahrenheit) per almeno sei mesi e somministrato all'interno delle strutture sanitarie esistenti. [17] Ci sono state, tuttavia, delle situazioni particolari: lo scorso settembre AstraZeneca ha interrotto le sperimentazioni globali del vaccino per indagare su un volontario che ha sviluppato una forma di infiammazione chiamata mielite trasversa, per poi riprenderle. Recentissime notizie (27 novembre) riportano che il vaccino AstraZeneca necessita di ulteriori studi a causa della marcata differenza di efficacia nei diversi dosaggi. 30
3.3.3 Vaccini a base di proteine Contengono proteine intere, frammenti o proteine in nanoparticelle, ma non materiale genetico. • La Novavax, compagnia biotecnologica con sede nel Maryland, è riuscita a produrre un vaccino, chiamato NVX-CoV2373. È stato progettato mediante una tecnologia a nanoparticelle ricombinanti per generare l’antigene derivante dalla proteina Spike, in particolare la sua conformazione pre-fusione. [18] In combinazione con un adiuvante, studi preclinici hanno dimostrato che il vaccino è in grado di legarsi ai recettori umani del virus. Nell'aprile 2020 è risultato essere altamente immunogenico nei modelli animali: dopo una singola immunizzazione sono stati osservati alti livelli di anticorpi specifici della proteina Spike. Inoltre, i titoli di microneutralizzazione, già elevati dopo una dose, sono aumentati di 8 volte con la seconda dose. Il vaccino è stato generalmente ben tollerato e ha suscitato risposte anticorpali robuste numericamente superiori a quelle riscontrate nei sieri umani convalescenti. Si trova attualmente in fase di sperimentazione 3. • Medicago ha utilizzato un’interessante tecnica basata sui vegetali. La pianta N. Benthamiana fa qui da bioreattore per produrre versioni non infettive del virus con un processo a più fasi. Prima viene sintetizzato l’antigene e successivamente introdotto in un vettore batterico vegetale specifico, che viene poi moltiplicato. Il vettore viene infiltrato nelle foglie per un effetto sottovuoto e lì costretto. La pianta agisce come una mini-fabbrica per 4-6 giorni e produce particelle simili ai virus (VLP). Successivamente, le piante vengono prelevate e miscelate in una soluzione dalla quale viene isolato ed estratto il materiale vaccinale. I VLP vengono purificati per ottenere il prodotto finale necessario per il vaccino. Vengono, infine, condotti i relativi test di sterilità e di qualità. A luglio, Medicago ha lanciato le prove di fase 1 in combinazione con un coadiuvante prodotto da GSK; tale 31
miscela ha dimostrato produrre livelli promettenti di anticorpi. Il 12 novembre è iniziata la fase 2/3 della sperimentazione del vaccino. [19] • L'azienda cinese Anhui Zhifei Longcom e l'Accademia cinese delle scienze mediche si sono associate per realizzare un vaccino. Il loro candidato è composto dalla sezione RBD della proteina Spike del coronavirus, insieme a un coadiuvante. Hanno lanciato le prove di fase 2 a luglio e il 20 novembre China Daily ha riferito di aver lanciato una prova di fase 3. Hanno in programma di reclutare 29.000 volontari, espandendo le loro sperimentazioni in Ecuador, Indonesia, Pakistan e Uzbekistan. 3.3.4 Vaccini con coronavirus inattivati o attenuati • Il Wuhan Institute of Biological Products ha sviluppato un vaccino con il virus inattivato che l'azienda cinese Sinopharm ha sottoposto a test clinici. Lo studio di fase 1/2 ha dimostrato che il vaccino ha prodotto anticorpi nei volontari, alcuni dei quali hanno avuto febbre e altri effetti collaterali. Hanno poi lanciato gli studi di fase 3 negli Emirati Arabi Uniti a luglio e in Marocco e Perù nel mese successivo. Durante l'estate, il governo cinese ha dato l'approvazione per iniettare il vaccino di Wuhan in funzionari governativi, operatori sanitari e altri gruppi selezionati. Il 14 settembre, gli Emirati Arabi Uniti hanno dato l'approvazione d'emergenza per il vaccino della Sinopharm da usare sugli operatori sanitari. La Sinopharm, tuttavia, non ha ancora pubblicato i dati della fase 3. Oltre al vaccino con l’istituto di Wuhan, la Sinopharm ha anche iniziato a testare un vaccino virale inattivato sviluppato dall'Istituto di Prodotti Biologici di Pechino. Dopo aver eseguito i primi test clinici in Cina, hanno lanciato gli studi di fase 3 negli Emirati Arabi Uniti e in Argentina. • Sinovac Biotech, una società privata cinese, ha prodotto un vaccino con virus inattivato chiamato CoronaVac. A giugno l'azienda ha annunciato che negli studi di fase 1/2, avvenuti su 743 volontari, non 32
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