EDUCAZIONE INCLUSIVA Riflessioni per una scuola e una società di tutti, per tutti, con tutti - Unipd
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Università degli Studi di Padova Anno Accademico: 2016/2017 Corso: General Course - Diritti umani e inclusione EDUCAZIONE INCLUSIVA Riflessioni per una scuola e una società di tutti, per tutti, con tutti. Elaborato da: ANGELICA BONIN (1122464); NADIA BRAGAGNOLO (1124235); BARBARA DOLO (1121759); FEDERICA PASSARINI (1127637).
INDICE INTRODUZIONE.............................................................................................................................. 3 Definizioni.................................................................................................................................... 4 INCLUSIONE SOCIALE...................................................................................................................5 EDUCAZIONE INCLUSIVA NEI CONTESTI SCOLASTICI..............................................................6 IL MODELLO ICF ....................................................................................................................... 8 Progetto ICF elaborato dal Ministero dell'Istruzione..............................................................10 Applicazione pratica del progetto ICF presso la Provincia di Prato .......................................14 UNO STRUMENTO PER L'INCLUSIONE: L'INDEX..................................................................17 PERCORSO STORICO: L'INCLUSIONE ATTRAVERSO ALCUNI AUTORI NELLA STORIA.......22 JEAN MARC GASPARD ITARD (1774-1838) e ÉDOUARD SÉGUIN(1812-1880)....................22 MARIA MONTESSORI (1870-1952):.........................................................................................25 JOHN DEWEY (1859-1952):.....................................................................................................27 Progetto di ricerca dell'Istituto Comprensivo di Cervaro sul metodo didattico di John Dewey .............................................................................................................................................. 29 LEDA RAFANELLI (1880-1971):................................................................................................32 BOGDAN SUCHODOLSKI (1903-1992):...................................................................................33 EDGAR MORIN (1921):............................................................................................................. 34 Diritti Umani in educazione............................................................................................................. 38 Breve percorso legislativo.......................................................................................................... 39 PROSPETTIVE FUTURE PER L'INCLUSIONE A SCUOLA..........................................................44 1
CONCLUSIONI.............................................................................................................................. 49 BIBLIOGRAFIA:............................................................................................................................. 51 2
INTRODUZIONE Inclusione è una parola polifonica, che racchiude in sé tanti significati ed è al tempo stesso una sfida aperta che ci troviamo a vivere in un tempo, questo della globalizzazione, dove teoricamente le barriere, i confini, i limiti dovrebbero essere crollati e che, invece, sembrano imporsi con maggiore forza e determinazione. Prendere coscienza che il paradigma inclusivo sta cambiando, ci porta a riflettere e a ripensare a un nuovo linguaggio e, come in ogni momento storico dove si è vissuta una crisi, anche questo tempo contemporaneo si rivela un momento nuovamente fruttuoso per l'umanità. Si tratta di destabilizzare, di disinnamorarsi delle nostre credenze, delle nostre idee e di rimetterne in gioco di altre, di nuovi pensieri, di armarsi di creatività, di fantasia, di bellezza, di speranza... Dobbiamo abitarci di nuovi linguaggi, dare intenzionalità, costruire reciprocità, valorizzare il dono di sé, lo scambio della nostra esistenza, il senso del nostro coesistere. Interagire e comunicare è qualcosa di più di scambiare e trasmettere un'informazione, è collocarsi in uno spazio comune, dove c'è intersoggettività, dove ognuno di noi è chiamato a far partecipe l'altro riconoscendone il valore morale. Definizioni “Inclusione” è, dunque, una parola che racchiude in sé molti significati. Tuttavia, nei dizionari, possiamo trovare la seguente definizione di “inclusione” : dal latino “inclusio- onis”: l'atto, il fatto di includere, di inserire, di comprendere in una serie, in un tutto (spesso contrapposto a “esclusione”) Inclusione si differenzia da integrazione, termine usato per lo più in passato, che indicava l'inserire in un determinato contesto le persone, ma senza che esse partecipassero alle attività. Queste infatti, svolgevano attività differenti dal resto del gruppo. L'inclusione invece è il concetto a cui si mira più di recente. Riguarda il fare le cose assieme e dare a tutti la possibilità di partecipare alle attività di quel contesto. 3
Spesso il concetto di inclusione viene sovrapposto a quello di integrazione, utilizzato come sinonimo, ma l'inclusione non è assimilazione e nemmeno integrazione. Jürgen Habermas ( storico, filosofo e sociologo tedesco) sostiene questa posizione affermando: "Inclusione non significa accaparramento assimilatorio, né chiusura contro il diverso. Inclusione dell'altro significa piuttosto che i confini della comunità sono aperti a tutti: anche, e soprattutto, a coloro che sono reciprocamente estranei o che estranei vogliono rimanere". (“Sotto il segno dell'inclusione”, 2011, Gasperi P.) Negli ultimi decenni, i servizi all'interno della società hanno preso come punto di riferimento la normalizzazione e l'integrazione, che pongono in risalto la necessità di operare per eliminare le differenze, assimilare e avvicinare il più possibile le persone con qualche carenza a una condizione di normalità. La disabilità, ad esempio, è considerata come un elemento negativo da rimuovere e si ritiene diverso colui che deve cambiare e adattarsi alla cultura e alla società in cui vive. I concetti di inclusione e integrazione, differiscono anche per quanto riguarda la loro natura profonda: il concetto integrativo è una specie di valore aggiunto rispetto al lavoro svolto da un servizio all'interno di quella società; mentre l'inclusività consiste in un diritto fondamentale a prescindere dalle condizioni e dalle capacità individuali. INCLUSIONE SOCIALE Quando parliamo di inclusione sociale, ci si riferisce alla società stessa e alle attività inclusive che realizza. La finalità dell'inclusione sociale è quello garantire l'inserimento di ciascun individuo all'interno della società senza contare la presenza di elementi limitanti quali possono essere ad esempio, la disabilità, la nazionalità o la povertà. L'inclusione quindi: • Si riferisce a tutti gli individui; 4
• Riguarda tutte le differenze senza pensarle in modo deficitario, ma pensate come modi personali di porsi nelle diverse relazioni e interazioni che si sviluppano all'interno della società; • Porta al cambiamento del sistema culturale e sociale per favorire la partecipazione attiva e completa di tutti gli individui; • Mira all' eliminazione di ogni tipo di discriminazione; • Tende alla costruzione di contesti inclusivi capaci di includere le differenze di tutti; • Si pone a distanza rispetto alla concezione di “abilismo” (discriminazione nei confronti di persone diversamente abili e, più in generale, il presupporre che tutte le persone abbiano un corpo abile) e di "normativa" (disposizioni e principi che regolano un ambito) L'inclusione sociale considera la disabilità non come una caratteristica interna all'individuo che crea il non funzionamento, ma come un deficit che si pone "all'interno dei processi disabilitanti prodotti da contesti, saperi disciplinari, organizzazioni e politiche incapaci di fornire una risposta adeguata alle differenze delle persone". (“Inclusione sociale e disabilità”, 2013,Medeghini R.) Per questo è necessario osservare, proporre e cambiare i contesti sociali per poter realizzare l'inclusione sociale ovunque. EDUCAZIONE INCLUSIVA NEI CONTESTI SCOLASTICI L'educazione inclusiva all'interno dei contesti scolastici, tende a rendere più ampie le finalità della scuola e la sua modificazione per poter essere utile alle esigenze di ciascun scolaro. Questo tipo di educazione porta ad un continuo miglioramento della scuola attraverso l'utilizzo in particolar modo delle risorse umane, al fine di poter sostenere la partecipazione all'istruzione di tutti gli allievi all'interno del contesto educativo. 5
L'educazione inclusiva ha come scopo l'adattamento della scuola stessa alle esigenze educative di ciascun bambino, quindi non solo il bambino deve adattarsi alla scuola.(“Una scuola a misura di alunno”, 2008, Baldacci). Riteniamo che per cominciare a rendere possibile o incrementare l'inclusione già presente sia bene partire dalla base. Ognuno di noi, infatti, è così in quanto è stato educato in un determinato modo e per questo, se si educa all'inclusione fin dall'infanzia, si svilupperanno persone in grado di includere e di sentirsi incluse. L’educazione inclusiva è intesa come il processo volto a garantire il diritto all’educazione per tutti a prescindere dalle diversità di ciascuno che possono derivare da condizioni di disabilità e/o svantaggio psico-fisico, socio-economico e culturale. Essa supera i confini della scuola e si proietta in ogni contesto, extrascolastico, informale, non formale, racchiudendo in sé tutti gli ambienti educativi. La disciplina che studia i processi dell'educazione e della formazione umana è la pedagogia. La branca della pedagogia che tratta l’inclusione in educazione, in particolare nei confronti della disabilità è la pedagogia speciale, assieme alla didattica speciale. La pedagogia speciale si occupa di disabilità intesa nella sua accezione più ampia. Gli scopi sono: favorire la formazione globale della personalità dei soggetti con necessità educative particolari e distinguere nel soggetto le componenti legate al deficit, ricercando le condizioni utili a ridurre lo svantaggio, così che anche la persona disabile possa prendere parte attiva alla costruzione del proprio progetto di vita ed essere presente nell'ambiente educativo alla pari di ogni singolo alunno. Nonostante ci siano discipline che si occupano specificatamente di alcuni tipi di inclusione, la pedagogia e la didattica in generale, discipline che si occupano di educazione, racchiudono intrinsecamente nelle loro finalità l'inclusione nel suo significato più ampio. Si 6
dà importanza al valore degli individui intesi come esseri differenti l'uno dall'altro, ma uniti da stessi diritti , pari equità e dignità. L’inclusione pedagogica è un approccio complessivo che: Guarda alla globalità delle sfere: educativa, sociale e politica; Prende in considerazione tutti gli alunni; Considera la diversità come un punto di forza (diversità non intesa soltanto come disabilità, ma nella sua accezione generale, poiché ognuno ha bisogni educativi specifici → personalizzazione); Interviene prima sui contesti e poi sull’individuo(ambito della didattica); Trasforma la risposta specialistica in una risposta ordinaria e per farlo usa il costrutto di empowerment, il quale mette al centro di tutti i processi decisionali l'individuo stesso e i suoi familiari. L’inclusione in pedagogia si lega alla didattica inclusiva. La didattica inclusiva si basa sull’apprendimento cooperativo meta-cognitivo ed è caratterizzata da una modalità di gestione democratica della classe, centrata sulla cooperazione, sulla riflessione, sui comportamenti agiti, sull’interdipendenza positiva dei ruoli e sull’uguaglianza delle opportunità di successo formativo per tutti. Fondamentale è la funzione dell'insegnante: la didattica inclusiva offre al docente le competenze necessarie per trasformare un'aula non solo in un luogo di istruzione per tutti, ma in un contesto di inclusione per ciascuno. Questo vuol dire che propone delle metodologie e tecniche specifiche di azione specializzata con progettazione di piani che mirano all'individualizzazione e alla personalizzazione e proferisce una cultura inclusiva. Oltre a garantire il diritto all'apprendimento di tutti, la scuola dovrebbe offrire opportunità formative per lo sviluppo delle competenze di base di ogni studente, in modo da facilitare il processo di inclusione nel proprio contesto di appartenenza . Gli interventi, dovrebbero 7
essere focalizzati sia sul progetto di vita di ogni singolo studente, sia sul gruppo che si sviluppa a scuola e nell'ambiente sociale di appartenenza di ognuno. Il diritto all'educazione inclusiva e il diritto all'inclusione sociale sono quindi strettamente legati fra loro. Una scuola che opera l'inclusione fa in modo che anche la società stessa diventi inclusiva. La realizzazione dell'inclusione nel tempo ha necessitato della formulazione di alcuni strumenti e documenti che hanno facilitato questo processo. Un documento fondamentale per quanto riguarda l'inclusione è: IL MODELLO ICF É l'International Classification of Functioning( Classificazione Internazionale del Funzionamento, della disabilità e della salute), ovvero la classificazione completa e articolata del funzionamento umano, della disabilità e della salute. E' stato prodotto dall'OMS nel 2001. Riguarda tutti indistintamente perchè la salute è un aspetto che concerne chiunque, ma al tempo stesso riguarda ognuno in maniera differente perchè ci sono diversi fattori e condizioni entro cui il funzionamento umano si manifesta e/o viene compromesso. L'ICF ha l'obiettivo di valorizzare la differenza e ritenerla una risorsa per l'arricchimento dell'educazione e della cultura. Non è una “classificazione delle conseguenze delle malattie, ma la rassegna delle componenti della salute”. L'ICF riguarda TUTTI e si può applicare universalmente. Le quattro dimensioni fondamentali che spiegano il funzionamento dell'individuo comprendono: – la dimensione del corpo intesa come funzioni corporee fisiologiche o psicologiche che riguardano il funzionamento del cervello e del sistema nervoso centrale, e le 8
strutture corporee che si riferiscono all'adeguatezza, completezza delle parti anatomiche del corpo. – La dimensione delle attività semplici e complesse che si riferisce ai comportamenti che le persone mettono in atto al fine di svolger compiti, mansioni o azioni. – La dimensione della partecipazione che si riferisce al livello di coinvolgimento di una persona nelle situazioni di vita in relazione alla sua salute, alle condizioni e alle funzioni corporee, alle attività che è in grado di svolgere e ai fattori contestuali che le sono proprie. – I fattori contestuali si riferiscono alle caratteristiche dell'ambiente fisico e sociale, agli atteggiamenti e ai valori propri della persona e del contesto di appartenenza. Quindi, la disabilità in questo documento viene vista come condizione di salute in un ambiente sfavorevole. La scala ICF può essere applicata a tutti poiché ha un uso e un valore universali e non esclusivamente per persone con menomazioni, disabilità, handicap. Termini introdotti, quali “compito”, “coinvolgimento” hanno implicazioni rilevanti, in quanto l'agire viene connesso sia ad una dimensione sociale (il prendere parte, l'essere inclusi o impegnarsi in un'area di vita all'interno della società) che una dimensione intenzionale e soggettiva (che necessita l'accesso alle risorse necessarie per svolgere un determinato compito/azione). Grazie alle analisi effettuate con l'ICF è possibile definire il bisogno riabilitativo del soggetto, valutare il grado di inserimento sociale, informare gli operatori delle strutture di assistenza sociale, della scuola e lavorative. Nell'ambito dell'istruzione un passo avanti riguardo all'ICF è stato fatto con la pubblicazione nel 2007 dell’adattamento per i bambini: la ICF-CY (versione bambini e 9
adolescenti). Questa classificazione è stata sviluppata per essere adattata ai cambiamenti legati alla crescita e allo sviluppo del bambino, in relazione al contesto di vita a cui appartiene. Per quanto riguarda l'educazione a scuola l'ICF è, dunque, stato adottato come strumento per l'integrazione e per l'inclusione scolastica in modo tale da poter migliorare la qualità dell'educazione personalizzata. L'ICF è una prospettiva multidimensionale in cui ogni fattore interagisce con gli altri e fattori ambientali e personali sono importanti quanto quelli organici. La disabilità è vista in senso dinamico, perchè non dipende solo da stati patologici cronici, ma anche da fattori psichici e sociali. L'ICF riguarda dunque ognuno di noi indistintamente. Progetto ICF elaborato dal Ministero dell'Istruzione Numerosi sono gli studi di ricerca che hanno utilizzato l'ICF come strumento fondamentale. Tra questi ce n'è anche uno realizzato da: Il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca per quanto riguarda il Dipartimento per l'Istruzione ha elaborato un progetto che poi è iniziato nel gennaio del 2011 e si è concluso con la valutazione della sperimentazione (a.s. 2011-2012). Questo progetto si chiama: PROGETTO ICF: Dal modello ICF dell’OMS alla progettazione per l’inclusione. La finalità del Progetto ICF consisteva nell’individuare le modalità di applicazione della cultura del modello ICF nella scuola, legandosi ai fattori contestuali e all’area dell’attività e della partecipazione nella comunità scolastica, in modo tale da offrire un prodotto generalizzabile in vari contesti per il miglioramento dell’inclusione a scuola. Questo progetto realizzava la sua finalità attraverso la sperimentazione, in un campione di istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e distribuite a livello nazionale, dell’applicazione del modello ICF, dando peso agli aspetti contestuali e alla partecipazione per proporre poi alla fine, un documento utile alla realizzazione del PEI (piano educativo 10
individualizzato) e al miglioramento della qualità dell’inclusione, che le istituzioni scolastiche potevano autonomamente adottare. Il prodotto finale del progetto era un documento di sintesi, riguardante l’individuazione e analisi dei fattori contestuali, degli aspetti della partecipazione nella comunità scolastica e dei facilitatori e delle barriere che influenzano l'inclusione. I destinatari degli esiti erano le scuole di ogni ordine e grado che potevano decidere di adottare ciò che è emerso dal Documento conclusivo del progetto per il miglioramento dell’inclusione. Gli enti attuatori della sperimentazione erano le istituzioni scolastiche scelte a seguito del bando. Venne costituito anche un Gruppo Tecnico Nazionale, presso la Direzione per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione, per specificare le modalità di sperimentazione nelle scuole e le modalità per il controllo e la validazione di quest'ultima. Ha selezionato anche le istituzioni scolastiche partecipanti e ha redatto la documentazione finale prevista. Questo progetto è stato realizzato in un preciso contesto, ovvero quello italiano. Nel contesto italiano, l'integrazione scolastica ha una storia trentennale, che vanta numerosi successi di integrazione e socializzazione nei gruppi sociali e nelle comunità scolastiche. Questa è una caratteristica tipica del sistema formativo italiano. Il modello inclusivo ha comportato lo sviluppo di competenze specifiche degli insegnanti, ma anche l’acquisizione di strumenti interpretativi della realtà scolastica che siano in grado di comprendere la complessità del contesto. Il modello ICF si è rivelato importante per l'individuazione analitica degli elementi contestuali che condizionano l’alunno e qualificano il suo grado di partecipazione sociale. Come è espresso nell’ICF, la disabilità non è intrinseca all'alunno, ma proviene dal contesto di vita. Per questo il progetto mirava ad 11
utilizzare l’ICF come strumento culturale e concettuale per permettere delle pratiche adeguate di inclusione e di partecipazione sociale di tutti gli alunni. Il modo in cui il contesto incide nella costruzione dei livelli di partecipazione sociale è ciò che conta. Il percorso di vita è condizionato dal contesto che si incontra vivendo. Per questo, l’attenzione del modello ICF verso il contesto diventa importante. L'ICF include nell’analisi anche i contesti, che nel livello di funzionamento e di partecipazione possono determinare in maniera positiva o negativa. La realtà è interpretata come attività e partecipazione sociale. L’ICF diventa un modello capace di dare risposte più precise e coerenti ai bisogni delle persone, esprimendo un modo diverso di concepire l’essere umano. L'innovazione risiede nell’approccio globale alla persona che non si limita agli aspetti funzionali, ma dovrà tener presente anche di aspetti contestuali. Importanti per la descrizione della relazione fra persona e ambiente( in questo caso fra alunno e scuola) sono i concetti di facilitatori e di barriere. L'ICF diventa uno strumento capace di agire per individuare gli elementi che migliorano le prestazioni scolastiche, relazionali e individuali, sulla base della predisposizione di facilitatori e della rimozione di barriere. L’obiettivo del progetto è quello di individuare le modalità di applicazione dell'ICF nelle scuole, considerando l’analisi del contesto, gli elementi che determinano la partecipazione, i facilitatori e le barriere che determinano le performance. Il progetto è stato suddiviso in varie parti: Si è partiti dall'ANALISI ESPERIENZE PREGRESSE E CRITERI PER LA SPERIMENTAZIONE. Presso la Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione del MIUR si è costituito un Gruppo Tecnico Nazionale che aveva compiti di indirizzo e di valutazione relativi allo svolgersi della sperimentazione. 12
L’impiego del modello ICF per l’integrazione scolastica è stato affrontato in molti modi e occasioni. Alcune regioni ad esempio, hanno avviato importanti sperimentazioni in questo senso. La sperimentazione aveva come finalità l'elaborazione di una documentazione finale da presentare alle scuole, determinata e validata sulla base dello svolgimento dei progetti. Per rendere quanto più possibile significativi i dati sperimentali, il Gruppo tecnico ha definito i requisiti (ad esempio alcuni criteri che potranno orientare nella scelta delle scuole). La seconda fase è quella della SELEZIONE DELLE SCUOLE PER LA SPERIMENTAZIONE. Prima si è resa nota la pubblicazione del bando per la partecipazione. Il progetto consisteva nelle attività da sottoporre a sperimentazione per l’applicazione dell'ICF nella scuola, dando importanza ai fattori ambientali coinvolti nella formazione e inclusione dell’alunno. La terza parte del progetto riguardava i DOCUMENTI CONCLUSIVI e la loro stesura. Le istituzioni scolastiche coinvolte hanno presentato una documentazione finale sull’esperienza di sperimentazione condotta che sono di importanza fondamentale per le pratiche e le riflessioni presenti. Il Documento conclusivo raccoglie l’esito delle sperimentazioni, in ordine ai fattori contestuali. Le linee guida hanno l'obiettivo di spiegare, facilitare e indirizzare le scuole del territorio nazionale per realizzare le attività di integrazione scolastica sulla base delle sperimentazioni realizzatesi. 13
Per verificare la validità del percorso sperimentale svolto dalle scuole il Gruppo tecnico nazionale ha attuato il monitoraggio del progetto. Il bando esplicita gli aspetti presenti nel progetto: I progetti mirano all'applicazione generalizzata del modello ICF nel processo di inclusione scolastica, tenendo conto che le esperienze sono state fatte in via sperimentale solo in alcuni territori. Il bando si rivolge sia alle scuole che hanno già avviato ricerche in quest'ambito, sia a quelle che intendono organizzare le proprie attività inclusive basandosi sull'ICF. Le scuole dovranno presentare il modo con cui adattare, applicare o utilizzare il modello nella pratica dell’inclusione. La Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione ha nominato un Gruppo Tecnico Nazionale che valuta e seleziona i progetti da finanziare. Può richiedere alle scuole di apportare le modifiche nel progetto e nelle modalità di sperimentazione e controllare e valutare l’esito. (Progetto “PROGETTO ICF: Dal modello ICF dell’OMS alla progettazione per l’inclusione” realizzato dalla Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione, con la partecipazione di Pasquale Pardi e Giovanni Simoneschi, 2010) Applicazione pratica del progetto ICF presso la Provincia di Prato Dal progetto ICF del Miur si passa all'applicazione pratica di questo modello secondo quando detto dal ministero. Una scuola che ha aderito al progetto si trova in provincia di Prato ( progetto bando MIUR 2011-2012 negli istituti della provincia di Prato, relazione del docente referente Stefania Vannucchi). Gli obiettivi generali del corso che era stato fatto all'inizio erano mirati a: -estendere la conoscenza dell’ICF e l’utilizzo della modulistica PIS (Piano Inclusione Scolastica) che ha sostituito il PEI (Piano Educativo Individualizzato), a gruppi classe di tutti gli istituti. 14
-formare gli insegnanti specializzati e curriculari ad individuare, attraverso metodi oggettivi, barriere e facilitatori e formulare poi il piano di intervento educativo. -produrre delle linee guida per realizzare un piano di inclusione dell'allievo, dalla diagnosi e del profilo funzionale, formulare un piano di inclusione scolastica e realizzare interventi specifici. Ciò che è stato fatto attraversa varie fasi: A.S. 2008-2009: si avvia la sperimentazione della nuova modulistica PEI in base all’ICF. Novembre 2009: viene presentata la prima revisione dei documenti. A.S. 2009-10: emergono le criticità, come la difficoltà di applicazione nelle scuole di I e II grado. Marzo 2010: viene affidato all’Istituto Walden di Roma il monitoraggio e la revisione della nuova modulistica denominata PIS, Piano Inclusione Scolastica, che sostituisce il PEI. -A.S. 2010-2011: si avvia un programma di formazione sul PIS secondo l’ICF. -Marzo 2011: viene presentata la seconda revisione dei documenti PIS. Dal cammino che è stato effettuato sono emersi due importanti bisogni formativi: 1. Bisogno di estendere la conoscenza dell'ICF e degli strumenti messi a punto perché diventino pratica quotidiana per tutte le figure attorno all'allievo, in modo che vi possa essere omogeneità nell'approccio alla sua crescita. 2. Bisogno di formulare piani di intervento coerenti con gli obiettivi di sviluppo individuati nel PIS per eliminare le barriere ed introdurvi dei facilitatori per migliorare le performance. 15
1 Fase: 7 novembre 2011. Introduzione all’ICF: Cos'è, com'è strutturato, come si può consultare. Illustrazione del percorso che ha portato all’uso dell’ICF e alla formulazione della modulistica PIS. 2 Fase: Dalla diagnosi alla realizzazione del Piano di Inclusione Scolastica secondo l'ICF. Consultazione pratica dell’ICF, conoscenza della modulistica PIS realizzata secondo la logica ICF. 3 Fase: Dalla Formazione degli obiettivi all’intervento. Lavoro pratico di gruppo per consultazione ICF e ricerca di obiettivi, sotto obiettivi, azioni, barriere e facilitatori. Il progetto ha visto la partecipazione di circa 150 insegnanti di ogni ordine e grado di scuola di tutti gli istituti della provincia di Prato e alcune scuole paritarie. 3 Fase: La terza fase è stata dedicata alla stesura di un manuale volto a diffondere e a fornire esempi concreti per la realizzazione dei piani di inclusione scolastica secondo l'ICF all'interno del territorio. I destinatari del manuale sono il personale scolastico, il personale dell'ASL per fornire a tutti gli attori un quadro unitario e omogeneo del percorso dalla diagnosi all'intervento secondo la logica ICF. I contenuti principali del manuale saranno: linee guida per la formulazione del PIS esempi di buone prassi estrapolate dai materiali concreti realizzati dai gruppi classe partecipanti. Al termine, per quanto riguarda questo progetto sono state incontrate varie criticità: – Il lavoro si è protratto troppo a lungo. – Hanno partecipato per la maggior parte degli insegnanti specializzati. – Gli insegnanti curricolari spesso erano assenti dal progetto. – Gli insegnanti hanno bisogno di essere supportati nel corso del percorso. 16
Ma i risultati hanno evidenziato anche punti di forza: – L’ICF è uno strumento utile per la stesura della programmazione individualizzata. – L’ICF aiuta a focalizzare i punti di partenza del progetto. – L’ICF aiuta a definire gli obiettivi ed i sotto obiettivi. – Ha permesso di uniformare il linguaggio, le richieste e le azioni da fare. – Ha fatto capire cosa sono le barriere e cosa sono i facilitatori. – Ha permesso di sperimentare l'apprendimento cooperativo e la divisione dei ruoli. – La maggior conoscenza del sistema ICF ha orientato la costruzione del modello PIS. Il punto focale della descrizione del funzionamento e della disabilità, basata su ICF, è la descrizione di fattori esterni al soggetto, cioè dei fattori ambientali. In ogni caso, questo strumento, risulta oggi ancora troppo poco evoluto poiché, ancora una volta, si parte sempre da una specifica categoria. Esso si concentra, infatti, sulla disabilità e per questo dovrebbe essere sviluppato in una prospettiva più ampia che comprenda tutti indistintamente, ovvero ogni singola persona che per le sue caratteristiche si differenzia necessariamente da un'altra. Per quanto riguarda l'ambiente educativo, l'inclusione sociale si serve principalmente di uno strumento: UNO STRUMENTO PER L'INCLUSIONE: L'INDEX L'Index è un documento completo a sostegno dello sviluppo inclusivo delle scuole. In esso “l'inclusione si riferisce all'educazione di tutti i bambini, ragazzi con BES e con apprendimento normale”. Secondo gli autori, «tutte le forme di inclusione ed esclusione sono sociali e derivano dall'interazione tra le persone e il contesto». 17
Pubblicato per la prima volta nel 2000, il testo di Tony Booth e Mel Ainscow è stato tradotto in 37 lingue e diffuso in tutto il mondo e riguarda lo sviluppo della progettazione inclusiva nelle scuole. • L'index nasce in seguito ad una serie di avvenimenti: Fino agli anni '80 il sistema scolastico del Regno Unito è stato caratterizzato da una netta separazione tra le scuole ordinarie e quelle speciali, destinate ad accogliere gli alunni che per le loro particolari condizioni venivano ritenuti non adatti alla frequenza degli istituti normali. Nel 1988 c'è l'introduzione del National Curriculum che ha portato la necessità di una ricalibrazione delle scuole rispetto agli alunni con BES. Diversamente dalla Gran Bretagna, in Italia con la legge 517 del 1977 e l'introduzione della figura dell'insegnante di sostegno, si ha l'abolizione delle scuole speciali. Dopo trent'anni la scuola italiana è caratterizzata da una «integrazione a metà», poiché si registra tuttavia il permanere di numerose difficoltà riguardo a diversi aspetti dell'attività integrativa e inclusiva delle scuole. La situazione del nostro paese è molto diversa da quella Britannica dal punto di vista normativo, ma anche organizzativo. E' uno strumento di analisi e valutazione dei contesti scolastici. Esso si compone di quattro parti: concetti chiave per sviluppare un linguaggio per dire e fare l'inclusione; quadro di riferimento per organizzare l'approccio di valutazione dell'esistente e di sviluppo del possibile; materiale di analisi: indicatori e domande; progettazione e realizzazione di interventi inclusivi. L'inclusione nell'educazione (“Index for inclusion” pag. 110 Booth- Ainscow) mira a: 18
• valorizzare in modo equo tutti gli alunni e il gruppo docente; • accrescere la partecipazione degli alunni e ridurre la loro esclusione rispetto alle culture, ai curricoli e alle comunità sul territorio; • riformare le culture, le politiche educative e le pratiche nella scuola affinché corrispondano alle diversità degli alunni; • ridurre gli ostacoli all’apprendimento e alla partecipazione di tutti gli alunni, non solo delle persone con disabilità o con Bisogni Educativi Speciali; • apprendere, attraverso tentativi, a superare gli ostacoli all’accesso e alla partecipazione di particolari alunni, attuando cambiamenti che portino beneficio a tutti gli alunni; vedere le differenze tra gli alunni come risorse per il sostegno all’apprendimento, piuttosto che come problemi da superare; • riconoscere il diritto degli alunni ad essere educati nella propria comunità; • migliorare la scuola sia in funzione del gruppo docente che degli alunni; • enfatizzare il ruolo della scuola nel costruire comunità e promuovere valori, oltre che nel migliorare i risultati educativi; • riconoscere che l’inclusione nella scuola è un aspetto dell’inclusione nella società più in generale. Il metodo di lavoro proposto dall'index analizza tre dimensioni fondamentali per il cambiamento inclusivo nella scuola: le culture, le politiche e le pratiche. Obiettivi dell'Index sono quindi : creare culture inclusive, creare politiche inclusive e sviluppare pratiche inclusive. Per ognuna di queste dimensioni vengono individuate due sezioni e a sua volta, ogni sezione viene declinata in diversi indicatori ai quali vengono formulate una serie di 19
domande che rappresentano degli esempi da cui la scuola può partire per arrivare alla definizione di questioni aderenti alla propria realtà e alle proprie esigenze. Si compone inoltre di schede e questionari per avviare il lavoro progettuale. Le dimensioni proposte sono: (“ Index per l'inclusione”, Booth- Ainscow, pag. 117-118) A. Creare culture inclusive Questa dimensione crea una comunità sicura, accogliente, cooperativa e stimolante, in cui la valorizzazione di ciascuno diviene il punto di partenza per ottimizzare i risultati di tutti, diffondendo valori inclusivi condivisi e trasmessi a tutto il gruppo insegnate, agli alunni, ai membri del Consiglio di istituto, ai dirigenti e alle famiglie. I principi e i valori, nelle culture inclusive della scuola, orientano le decisioni sulle politiche educative e gestionali e sulle pratiche quotidiane nella classe, in modo che lo sviluppo della scuola divenga un processo continuo. B. Produrre politiche inclusive Questa dimensione assicura che i valori inclusivi permeino tutta la progettazione scolastica. Le politiche inclusive incoraggiano la partecipazione degli alunni e del gruppo insegnante fin dal primo ingresso nella scuola, forniscono aiuto a tutti gli alunni della comunità locale e riducono le spinte all’esclusione. Ogni decisione implica chiare strategie per il cambiamento. C. Sviluppare pratiche inclusive Questa dimensione promuove pratiche scolastiche che riflettono le culture e le politiche della scuola. Le attività formative vengono progettate in modo da rispondere alla diversità degli alunni, e gli alunni sono incoraggiati a essere attivamente coinvolti in ogni aspetto della loro educazione, valorizzando anche le loro conoscenze ed esperienze al di fuori della scuola. Il personale individua nella collaborazione con i colleghi, gli alunni, le famiglie, la comunità locale le risorse materiali e umane per il sostegno all’apprendimento e alla partecipazione. 20
L'Index lavora sia su parametri qualitativi che quantitativi. Si cerca di abbandonare il concetto di BES a favore di una lettura per l'inclusione più orientata ad un'analisi sul piano delle differenze e dell'equità. Anche le ricerche dell' OECD (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico 2000-2001) sono su questa linea. A questa organizzazione, inoltre, si aggiunge anche l'UNESCO, che ha prodotto pubblicazioni importanti sempre sul tema dell'inclusione. Punto di riferimento dell'elaborazione dell'Unesco è il concetto di educazione di base quale strumento per: “affrontare il difficile compito di trasformare la diversità in un fattore in grado di contribuire costruttivamente alla comprensione reciproca fra individui e gruppi. Ogni politica educativa deve essere in grado di affrontare le sfide del pluralismo e consentire a ognuno di trovare il proprio posto nella comunità primaria di appartenenza, dando allo stesso tempo gli strumenti per aprirsi alle altre comunità.” (UNESCO, 2003, p. 5) L'aspetto più interessante dell’Index è l’ampliamento di visuale consentito dalla ricollocazione dei bisogni del singolo nel quadro più ampio della pluralità delle differenze nel contesto scolastico. La classe non è più un insieme di alunni «normali» in cui sono presenti degli alunni «speciali» (certificati o meno). Al contrario, gli alunni con delle particolarità— perché stranieri, disabili, in condizioni socioeconomiche svantaggiate, dislessici, con problemi attentivi, con disagi emotivi, socialmente isolati, fragili da un punto di vista psichico, derisi per la loro identità di genere o sessuale e così via — sono la maggioranza. (“L'index per l'inclusione.Promuovere l’apprendimento e la partecipazione nella scuola ”,2000, di Tony Booth e Mel Ainscow) L'Index sollecita a: definire un quadro di valori condivisi; sviluppare in modo sistemico strategie di comunità; assumere il tema della globalizzazione come un dato di realtà; affrontare il tema delle differenze. Questo strumento punta ad includere tutti in uno stesso ambiente, ovvero quello educativo, senza evidenziare le differenze ed isolare chi è ritenuto diverso rispetto agli altri, anche perchè ogni singolo alunno presenta differenze rispetto ad un altro. 21
L'inclusione in educazione ha avuto un suo sviluppo storico attraverso vari autori di fondamentale importanza per la storia della pedagogia. Inizialmente si è partiti dalla considerazione riservata solo ad una specifica differenza, ovvero la disabilità. Con il passare del tempo l'inclusione è arrivata ad occuparsi di ogni singolo bambino: disabile, straniero, di sesso femminile, con un certo livello economico e, in generale, qualsiasi particolarità che normalmente caratterizza ogni bambino. Dunque, l'inclusione in pedagogia ha tentato di divenire realmente inclusiva, anche se molteplici possono essere gli ulteriori sviluppi che potranno caratterizzarla. PERCORSO STORICO: L'INCLUSIONE ATTRAVERSO ALCUNI AUTORI NELLA STORIA I primi autori che si occupano di inclusione, anche se in maniera poco estesa, sono il medico pedagogista ed educatore Jean Marc G. Itard, ritenuto anche il padre della pedagogia speciale, e il medico Edouard Séguin. Essi furono i primi che cercarono di includere i bambini “disabili” all'interno della società. JEAN MARC GASPARD ITARD (1774-1838) e ÉDOUARD SÉGUIN(1812-1880) Itard è stato un medico, pedagogista ed educatore francese. Egli è da molti considerato il padre-fondatore della pedagogia speciale. Il suo lavoro è ritenuto inclusivo, anche se non lo è totalmente, poiché si è specializzato nel lavoro con i ragazzi sordomuti. Itard è famoso per aver seguito Victor, il “ragazzo selvaggio” e aver cercato di includerlo nuovamente( o meglio, per la prima volta) nella società. Il suo migliore allievo diventerà Séguin. Édouard Séguin è stato un medico francese ricordato per il suo lavoro (in Francia e negli Stati Uniti) con i bambini che presentano deficit cognitivi .Egli propone un metodo diverso: 22
il metodo fisiologico (nell'opera "Idiocy: and its Treatment by the Physiological Method",1866, Édouard Séguin) . Distingue le nozioni (termine adottato da Itard) che procedono dai sensi e guardano l’identità e le proprietà fisiche delle cose, dalle idee che rivelano invece i rapporti, le correlazioni reali e possibili tra le cose. Le nozioni si sviluppano mediante l’esperienza sensoriale e sono operazioni passive o di percezione; le idee sono operazioni attive e procedono dal ragionamento. Questa distinzione è essenziale perché, secondo Séguin, la mente umana non va dalle nozioni alle idee. Inoltre, mentre l’acquisizione delle prime si può imporre, non è così per le seconde.(Séguin É., 1846, “Traitement moral, hygiène et éducation des idiots et des autres enfantes arrieres”) Séguin è convinto che l’educazione abbia una funzione di elevamento culturale e morale e che sia soprattutto grazie ad essa che ogni bambino possa svilupparsi compiutamente come essere umano. Intuisce che i principi applicati al “trattamento morale” dei bambini “anormali” possano essere posti a fondamento di un metodo globale di educazione, efficace per tutti, che preveda un ordine di apprendimento specifico: si passa dalle nozioni, che vengono apprese mediante l’esperienza, alle idee. I principi educativi di Seguin che permettono l'inclusione sono: • Il maestro come facilitatore di questo processo. • Lo sviluppo delle funzioni sensoriali e intellettuali, ma anche sviluppo della volontà e della socievolezza. • Lo sviluppo di nozioni su cose e persone che avviene attraverso i sensi. Per induzione e deduzione si fa pervenire il ragazzo al ragionamento. La nozione dipende dalla percezione, e può essere indotta dal maestro. Le idee invece dipendono dall’intelletto, e il maestro può solo suscitare circostanze facilitanti. • L’educazione ha senso solo nel concreto e importante è per questo il ruolo della natura. 23
• Si procede dal conosciuto all’ignoto, dal semplice al complesso, dal concreto all’astratto. Secondo Séguin il bambino con ritardo mentale non è differente dai bambini normali. Egli individua gli aspetti potenziali ed evolutivi della personalità del bambino raccogliendo informazioni su ogni aspetto della sua vita, evidenziando sensibilità per gli aspetti emotivi e umanità anche riguardo ai genitori. In particolare, Séguin prende in considerazione sia le caratteristiche individuali del bambino sia i fattori contestuali, riflettendo sull’influenza di come le condizioni socio economiche esercitano sul suo sviluppo educativo. Egli ritiene fondamentale che il bambino abbia consapevolezza di se stesso. Considera infatti, le situazioni di vita quotidiana come contesti significativi per sviluppare apprendimenti. E’ indispensabile per lo studioso avvalersi di uno specifico materiale educativo, in gran parte da lui stesso elaborato. Egli fonda una scuola per l’educazione integrale degli “idioti”. I bambini “idioti” con i metodi tradizionali non riescono a comprendere il meccanismo e lo spirito della lettura ad esempio. Occorre presentare tutti gli oggetti o le persone significativi per il bambino associati al loro nome. Nel momento in cui un bambino comincia a leggere delle sillabe e a procedere nella lettura, egli dovrà posizionare il nome scritto sul rispettivo oggetto. E in seguito, dato un oggetto, dovrà trovarne il corrispondente nome scritto tra i cartoncini. Ciò che conta è che il bambino legga la parola comprendendola. La sua educazione fisiologica è fondata, dunque, sul collegamento tra le funzioni motorie, sensoriali e intellettive e sull’indicazione di procedere dal conosciuto all’ignoto, dal semplice al complesso, dal concreto all’astratto, tutto questo seguendo il principio “dei tre tempi”. I 3 tempi, secondo Séguin, sono: Primo tempo. La fissazione: ripetizione variata, per prove ed errori ➢ attenzione e concentrazione dell’allievo Secondo tempo. Il riconoscimento: - memoria a breve e lungo termine, giudizio, discriminazione Terzo tempo. L’evocazione: - ragionamento, intelletto 24
Séguin ha fornito un importante contributo innovatore non solo nel campo dell’educazione dei bambini “idioti”, il suo metodo verrà poi ripreso e utilizzato per l'educazione di tutti i bambini in un processo di inclusione. Il contributo di Séguin verrà universalmente conosciuto grazie all’opera e alla rielaborazione di Maria Montessori che riprenderà il suo metodo pedagogico. Questa autrice ha dato un enorme contributo alla pedagogia. Sin da subito, infatti, ha iniziato a lavorare recuperando bambini con problemi psichici, al tempo definiti anormali, anche se spesso non lo erano. Ma la sua teoria è riuscita comunque ad ampliarsi in una dimensione più inclusiva, questo attraverso il concetto di normalizzazione. Secondo lei nessuno può essere definito normale perchè ognuno di noi possiede particolarità che lo rendono diverso dall'altro e allo stesso tempo ci rendono unici. MARIA MONTESSORI (1870-1952): É stata un'educatrice, pedagogista, filosofa, medico infantile e scienziata italiana, nota soprattutto per il suo metodo che prende il suo nome. I principi della sua pedagogia sono: • Porre al centro la libertà e la creatività del bambino • Far acquisire al bambino alti livelli di autonomia • Valorizzare l’ambiente di apprendimento e i materiali didattici • Ruolo dell’insegnamento è quello di organizzare l’ambiente affinchè i bambini possano svolgere il loro compito e osservare le loro attività. Nella sua pedagogia, la Montessori si occupa di inclusione attraverso il concetto di normalizzazione. (“Deviazione e normalizzazione: la mano che guarisce”, 1934, Maria Montessori) Quest'ultima è lo sviluppo di ogni aspetto della personalità. Niente e nessuno è considerato normale secondo Montessori poiché la vera e propria normalità non esiste. 25
Ognuno di noi ha qualche caratteristica che ci differenzia dagli altri e ci rende diversi e unici (non solo i disabili). Il concetto di normalizzazione sta ad indicare una riscoperta spontanea della curiosità, dell’inventività e della creatività. Educare per la Montessori corrisponde ad aiutare il bambino a sviluppare le potenzialità auto-educative. Gli interventi educativi avvengono con materiali montessoriani- sensoriali-scientifici adeguati e autocorrettivi, poiché aiutano il soggetto a comprendere e correggere l’errore da solo. Maria Montessori ha precisato che la normalizzazione non è una azione correttiva ed emendativa dell’adulto, ma il ‘ritorno’ spontaneo del bambino all'espressione e sperimentazione delle sue forze positive e costruttive. É un processo di autonormalizzazione, di liberazione dei poteri sani da stati di coscienza e di comportamento che ne impediscono l’adattamento attivo. La normalizzazione è la rinascita della normalità bio-psichica attraverso la quale il bambino riprende interesse, desiderio di lavoro, sforzo e soddisfazione nell’attività. La libera scelta e il lavoro appropriato canalizzano lo spirito del bambino nella scoperta della sua più profonda natura: il fare e il saper fare, non imposti e giudicati dall’adulto, ma sperimentati nell’attività in un ambiente sociale non violento, non competitivo, né selettivo, né emarginante. La normalizzazione per Maria Montessori è la rivelazione del carattere naturale del bambino, attraverso un ambiente pensato e predisposto per lui, che ne consente l’attività libera e intelligente. E’ una liberazione dagli ostacoli che il mondo adulto pone allo sviluppo delle sue potenzialità. É un'auto-guarigione da ciò che non è stato completamente rispettato e favorito in lui. L’energia del bambino ha bisogno di trasformarsi in attività di movimento, in esperienze concrete legate alla realtà e alla vita quotidiana che devono essere favorite dall’adulto. Se l’ambiente non si presta o ostacola il naturale manifestarsi delle energie del bambino, il suo sviluppo devia, ovvero si sposta dalla posizione naturale. I bambini deviati sono frutto di uno sviluppo deviato dalla naturale evoluzione a causa degli adulti. Sono degli adulti che impongono ai piccoli limiti fisici e psichici. Maria Montessori raccomanda prudenza nelle relazioni con il bambino. L’intervento sul bambino di qualcuno che ha potere su di lui, è pericoloso. I suoi difetti di carattere sono dovuti a un trattamento 26
sbagliato del bambino nei primi anni di vita. Concentrandosi nelle attività proposte dalla scuola, i bambini riescono a guarire dai loro difetti, che provengono spesso dalla mancanza di alimento della vita psichica. Se il bambino è posto in un ambiente adatto, si rivela “il Vero Bambino”. Un bambino che trova motivi di attività, da lui scelti, rispondenti alle sue domande interne, si normalizza, trova uno sbocco naturale alle sue enormi potenzialità. La Montessori dice che il metodo non si vede: si vede solo il bambino, ovvero la sua anima che, liberata dagli ostacoli, agisce secondo la propria natura. Prima di procedere allo svolgimento educativo è necessario porre le condizioni ambientali che favoriscono l’affioramento dei caratteri normali nascosti. Basta allontanare gli ostacoli e questo deve essere il primo passo e il fondamento dell’educazione. Si tratta di scoprire prima la natura e dopo aiutare lo svolgimento della normalità. C’è una natura nascosta e sconosciuta nell’uomo che è la natura vera data dalla creazione: la salute. E’ con l’esperimento svolto nelle “Case dei Bambini” (l'ambiente fatto su misura per il bambino) che la normalizzazione comincia ad indicare il processo di guarigione del bambino dalle deviazioni prodotte dalle repressioni degli adulti, attraverso la libera attività in un ambiente studiato per lui. Ne “La Scoperta del bambino ”,opera del 1909, la normalizzazione è indicata come il momento propedeutico al lavoro con i materiali di sviluppo. Lo scolaro dovrà essere liberato dal peso delle repressioni che ha subito. Perché questo avvenga, è necessario far emergere un interesse per l’ambiente, inizialmente attraverso esercizi di vita pratica e poi sarà il lavoro con i materiali scientifici a realizzare la normalizzazione, punto di partenza dell’azione educativa. E’ necessario che il bambino prima si normalizzi e poi progredirà nella sua educazione. Successivamente, nella storia della pedagogia incontriamo John Dewey, un filosofo che si concentrerà sull'importanza della democrazia e della libertà. Egli parlerà di differenze 27
individuali, ma porterà avanti la causa della necessità di fornire a tutti l'educazione in maniera equa. JOHN DEWEY (1859-1952): É un filosofo americano empirista e strumentalista, o meglio pragmatista. Per lui l'educazione diventa il mezzo per raggiungere una società libera e democratica. La società democratica è l'unica, secondo lui, che si è dimostrata rispettosa dell'individuo, delle sue capacità e della possibilità di promuoverle e di valorizzarle. Essa è l'unica forma di organizzazione sociale in grado di liberare le energie individuali da ostacoli e barriere della razza, della classe, della nazionalità e di tutte le particolarità di ognuno. Esige confronto, cooperazione, collaborazione in vista del perseguimento del bene comune. L'educazione deve essere in grado di promuovere le capacità dell'individuo, di integrarlo in modo non conformistico nella società, come protagonista delle sue scelte personali e comunitarie. Mira ad una società democratica che richiede la partecipazione di tutti finalizzata al bene comune e alla verifica dei valori a fondamento delle norme della vita associata e, d'altra parte, richiede l'impegno di offrire a ciascuno adeguate opportunità per la migliore crescita possibile. Dunque, la democrazia e l'educazione sono legate strettamente e mirano a creare una società ed una scuola inclusive. (“Percorsi della pedagogia contemporanea”, Giuseppe Zago, 2013) L'educazione è un processo di sviluppo continuo. Questo processo educativo si lega alle diversità individuali. Dewey ritiene infatti che l'educazione debba essere democratica e quindi basata sull'uguaglianza. Ma quest'uguaglianza non deve essere intesa come individui tutti uguali fra loro con le stesse caratteristiche. Egli parla della diversità delle capacità e dei bisogni che esistono nei diversi esseri umani. La scuola tradizionale non prendeva in considerazione proprio questo aspetto e presumeva che ogni individuo fosse uguale e identico all'altro proponendo un programma di studi uniforme. Inoltre, questa scuola non riconosceva che l'iniziativa dello sviluppo proviene dai bisogni e dalle capacità dell'alunno. (“L'educazione di oggi”, 1940, J. Dewey) 28
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