EDUCAZIONE INCLUSIVA Riflessioni per una scuola e una società di tutti, per tutti, con tutti - Unipd

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EDUCAZIONE INCLUSIVA Riflessioni per una scuola e una società di tutti, per tutti, con tutti - Unipd
Università degli Studi di Padova

Anno Accademico: 2016/2017
Corso: General Course - Diritti umani e inclusione

              EDUCAZIONE
               INCLUSIVA
 Riflessioni per una scuola e una società

               di tutti, per tutti, con tutti.
Elaborato da:
ANGELICA BONIN (1122464);

NADIA BRAGAGNOLO (1124235);

BARBARA DOLO (1121759);

FEDERICA PASSARINI (1127637).
INDICE
INTRODUZIONE.............................................................................................................................. 3

    Definizioni.................................................................................................................................... 4

INCLUSIONE SOCIALE...................................................................................................................5

EDUCAZIONE INCLUSIVA NEI CONTESTI SCOLASTICI..............................................................6

    IL MODELLO ICF ....................................................................................................................... 8

        Progetto ICF elaborato dal Ministero dell'Istruzione..............................................................10

        Applicazione pratica del progetto ICF presso la Provincia di Prato .......................................14

    UNO STRUMENTO PER L'INCLUSIONE: L'INDEX..................................................................17

PERCORSO STORICO: L'INCLUSIONE ATTRAVERSO ALCUNI AUTORI NELLA STORIA.......22

    JEAN MARC GASPARD ITARD (1774-1838) e ÉDOUARD SÉGUIN(1812-1880)....................22

    MARIA MONTESSORI (1870-1952):.........................................................................................25

    JOHN DEWEY (1859-1952):.....................................................................................................27

        Progetto di ricerca dell'Istituto Comprensivo di Cervaro sul metodo didattico di John Dewey

        .............................................................................................................................................. 29

    LEDA RAFANELLI (1880-1971):................................................................................................32

    BOGDAN SUCHODOLSKI (1903-1992):...................................................................................33

    EDGAR MORIN (1921):............................................................................................................. 34

Diritti Umani in educazione............................................................................................................. 38

    Breve percorso legislativo.......................................................................................................... 39

PROSPETTIVE FUTURE PER L'INCLUSIONE A SCUOLA..........................................................44

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CONCLUSIONI.............................................................................................................................. 49

BIBLIOGRAFIA:............................................................................................................................. 51

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INTRODUZIONE
Inclusione è una parola polifonica, che racchiude in sé tanti significati ed è al tempo stesso

una sfida aperta che ci troviamo a vivere in un tempo, questo della globalizzazione, dove

teoricamente le barriere, i confini, i limiti dovrebbero essere crollati e che, invece,

sembrano imporsi con maggiore forza e determinazione. Prendere coscienza che il

paradigma inclusivo sta cambiando, ci porta a riflettere e a ripensare a un nuovo

linguaggio e, come in ogni momento storico dove si è vissuta una crisi, anche questo

tempo contemporaneo si rivela un momento nuovamente fruttuoso per l'umanità. Si tratta

di destabilizzare, di disinnamorarsi delle nostre credenze, delle nostre idee e di rimetterne

in gioco di altre, di nuovi pensieri, di armarsi di creatività, di fantasia, di bellezza, di
speranza... Dobbiamo abitarci di nuovi linguaggi, dare intenzionalità, costruire reciprocità,

valorizzare il dono di sé, lo scambio della nostra esistenza, il senso del nostro coesistere.

Interagire e comunicare è qualcosa di più di scambiare e trasmettere un'informazione, è

collocarsi in uno spazio comune, dove c'è intersoggettività, dove ognuno di noi è chiamato

a far partecipe l'altro riconoscendone il valore morale.

Definizioni
“Inclusione” è, dunque, una parola che racchiude in sé molti significati. Tuttavia, nei

dizionari, possiamo trovare la seguente definizione di “inclusione” : dal latino “inclusio-

onis”: l'atto, il fatto di includere, di inserire, di comprendere in una serie, in un tutto (spesso

contrapposto a “esclusione”)

Inclusione si differenzia da integrazione, termine usato per lo più in passato, che indicava

l'inserire in un determinato contesto le persone, ma senza che esse partecipassero alle

attività. Queste infatti, svolgevano attività differenti dal resto del gruppo. L'inclusione

invece è il concetto a cui si mira più di recente. Riguarda il fare le cose assieme e dare a

tutti la possibilità di partecipare alle attività di quel contesto.

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Spesso il concetto di inclusione viene sovrapposto a quello di integrazione, utilizzato come

   sinonimo, ma l'inclusione non è assimilazione e nemmeno integrazione. Jürgen Habermas

   ( storico, filosofo e sociologo tedesco) sostiene questa posizione affermando: "Inclusione

   non significa accaparramento assimilatorio, né chiusura contro il diverso. Inclusione

   dell'altro significa piuttosto che i confini della comunità sono aperti a tutti: anche, e

   soprattutto, a coloro che sono reciprocamente estranei o che estranei vogliono rimanere".

   (“Sotto il segno dell'inclusione”, 2011, Gasperi P.)

   Negli ultimi decenni, i servizi all'interno della società hanno preso come punto di

   riferimento la normalizzazione e l'integrazione, che pongono in risalto la necessità di

   operare per eliminare le differenze, assimilare e avvicinare il più possibile le persone con

   qualche carenza a una condizione di normalità. La disabilità, ad esempio, è considerata

   come un elemento negativo da rimuovere e si ritiene diverso colui che deve cambiare e

   adattarsi alla cultura e alla società in cui vive.

   I concetti di inclusione e integrazione, differiscono anche per quanto riguarda la loro natura

   profonda: il concetto integrativo è una specie di valore aggiunto rispetto al lavoro svolto da

   un servizio all'interno di quella società; mentre l'inclusività consiste in un diritto

   fondamentale a prescindere dalle condizioni e dalle capacità individuali.

   INCLUSIONE SOCIALE
  Quando parliamo di inclusione sociale, ci si riferisce alla società stessa e alle attività
  inclusive che realizza. La finalità dell'inclusione sociale è quello garantire l'inserimento di
  ciascun individuo all'interno della società senza contare la presenza di elementi limitanti
  quali possono essere ad esempio, la disabilità, la nazionalità o la povertà.

   L'inclusione quindi:

• Si riferisce a tutti gli individui;

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• Riguarda tutte le differenze senza pensarle in modo deficitario, ma pensate come modi

  personali di porsi nelle diverse relazioni e interazioni che si sviluppano all'interno della

  società;

• Porta al cambiamento del sistema culturale e sociale per favorire la partecipazione attiva e

  completa di tutti gli individui;

• Mira all' eliminazione di ogni tipo di discriminazione;

• Tende alla costruzione di contesti inclusivi capaci di includere le differenze di tutti;

• Si pone a distanza rispetto alla concezione di “abilismo” (discriminazione nei confronti di
  persone diversamente abili e, più in generale, il presupporre che tutte le persone abbiano
  un corpo abile) e di "normativa" (disposizioni e principi che regolano un ambito)

  L'inclusione sociale considera la disabilità non come una caratteristica interna all'individuo
  che crea il non funzionamento, ma come un deficit che si pone "all'interno dei processi
  disabilitanti prodotti da contesti, saperi disciplinari, organizzazioni e politiche incapaci di
  fornire una risposta adeguata alle differenze delle persone". (“Inclusione sociale e
  disabilità”, 2013,Medeghini R.) Per questo è necessario osservare, proporre e cambiare i
  contesti sociali per poter realizzare l'inclusione sociale ovunque.

  EDUCAZIONE INCLUSIVA NEI
  CONTESTI SCOLASTICI
  L'educazione inclusiva all'interno dei contesti scolastici, tende a rendere più ampie le

  finalità della scuola e la sua modificazione per poter essere utile alle esigenze di ciascun

  scolaro. Questo tipo di educazione porta ad un continuo miglioramento della scuola

  attraverso l'utilizzo in particolar modo delle risorse umane, al fine di poter sostenere la

  partecipazione all'istruzione di tutti gli allievi all'interno del contesto educativo.

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L'educazione inclusiva ha come scopo l'adattamento della scuola stessa alle esigenze

educative di ciascun bambino, quindi non solo il bambino deve adattarsi alla scuola.(“Una

scuola a misura di alunno”, 2008, Baldacci).

Riteniamo che per cominciare a rendere possibile o incrementare l'inclusione già presente

sia bene partire dalla base. Ognuno di noi, infatti, è così in quanto è stato educato in un

determinato modo e per questo, se si educa all'inclusione fin dall'infanzia, si svilupperanno

persone in grado di includere e di sentirsi incluse.

L’educazione inclusiva è intesa come il processo volto a garantire il diritto all’educazione

per tutti a prescindere dalle diversità di ciascuno che possono derivare da condizioni di

disabilità e/o svantaggio psico-fisico, socio-economico e culturale. Essa supera i confini

della scuola e si proietta in ogni contesto, extrascolastico, informale, non formale,

racchiudendo in sé tutti gli ambienti educativi.

La disciplina che studia i processi dell'educazione e della formazione umana è la

pedagogia. La branca della pedagogia che tratta l’inclusione in educazione, in particolare

nei confronti della disabilità è la pedagogia speciale, assieme alla didattica speciale.

La pedagogia speciale si occupa di disabilità intesa nella sua accezione più ampia. Gli

scopi sono: favorire la formazione globale della personalità dei soggetti con necessità

educative particolari e distinguere nel soggetto le componenti legate al deficit, ricercando

le condizioni utili a ridurre lo svantaggio, così che anche la persona disabile possa

prendere parte attiva alla costruzione del proprio progetto di vita ed essere presente

nell'ambiente educativo alla pari di ogni singolo alunno.

Nonostante ci siano discipline che si occupano specificatamente di alcuni tipi di inclusione,

la pedagogia e la didattica in generale, discipline che si occupano di educazione,

racchiudono intrinsecamente nelle loro finalità l'inclusione nel suo significato più ampio. Si

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dà importanza al valore degli individui intesi come esseri differenti l'uno dall'altro, ma uniti

da stessi diritti , pari equità e dignità.

L’inclusione pedagogica è un approccio complessivo che:

      Guarda alla globalità delle sfere: educativa, sociale e politica;

      Prende in considerazione tutti gli alunni;

      Considera la diversità come un punto di forza (diversità non intesa soltanto come

       disabilità, ma nella sua accezione generale, poiché ognuno ha bisogni educativi

       specifici → personalizzazione);

      Interviene prima sui contesti e poi sull’individuo(ambito della didattica);

      Trasforma la risposta specialistica in una risposta ordinaria e per farlo usa il

       costrutto di empowerment, il quale mette al centro di tutti i processi decisionali

       l'individuo stesso e i suoi familiari.

L’inclusione in pedagogia si lega alla didattica inclusiva. La didattica inclusiva si basa

sull’apprendimento cooperativo meta-cognitivo ed è caratterizzata da una modalità di

gestione democratica della classe, centrata sulla cooperazione, sulla riflessione, sui

comportamenti agiti, sull’interdipendenza positiva dei ruoli e sull’uguaglianza delle

opportunità di successo formativo per tutti. Fondamentale è la funzione dell'insegnante: la

didattica inclusiva offre al docente le competenze necessarie per trasformare un'aula non

solo in un luogo di istruzione per tutti, ma in un contesto di inclusione per ciascuno.

Questo vuol dire che propone delle metodologie e tecniche specifiche di azione

specializzata con progettazione di piani che mirano all'individualizzazione e alla

personalizzazione e proferisce una cultura inclusiva.

Oltre a garantire il diritto all'apprendimento di tutti, la scuola dovrebbe offrire opportunità

formative per lo sviluppo delle competenze di base di ogni studente, in modo da facilitare il

processo di inclusione nel proprio contesto di appartenenza . Gli interventi, dovrebbero

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essere focalizzati sia sul progetto di vita di ogni singolo studente, sia sul gruppo che si

sviluppa a scuola e nell'ambiente sociale di appartenenza di ognuno.

Il diritto all'educazione inclusiva e il diritto all'inclusione sociale sono quindi strettamente

legati fra loro. Una scuola che opera l'inclusione fa in modo che anche la società stessa

diventi inclusiva.

La realizzazione dell'inclusione nel tempo ha necessitato della formulazione di alcuni

strumenti e documenti che hanno facilitato questo processo. Un documento fondamentale

per quanto riguarda l'inclusione è:

IL MODELLO ICF
É l'International Classification of Functioning( Classificazione Internazionale del

Funzionamento, della disabilità e della salute), ovvero la classificazione completa e

articolata del funzionamento umano, della disabilità e della salute. E' stato prodotto

dall'OMS nel 2001.

Riguarda tutti indistintamente perchè la salute è un aspetto che concerne chiunque, ma al

tempo stesso riguarda ognuno in maniera differente perchè ci sono diversi fattori e

condizioni entro cui il funzionamento umano si manifesta e/o viene compromesso.

L'ICF ha l'obiettivo di valorizzare la differenza e ritenerla una risorsa per l'arricchimento

dell'educazione e della cultura. Non è una “classificazione delle conseguenze delle

malattie, ma la rassegna delle componenti della salute”. L'ICF riguarda TUTTI e si può

applicare universalmente.

Le quattro dimensioni fondamentali che spiegano il funzionamento dell'individuo

comprendono:

   – la dimensione del corpo intesa come funzioni corporee fisiologiche o psicologiche

       che riguardano il funzionamento del cervello e del sistema nervoso centrale, e le

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strutture corporee che si riferiscono all'adeguatezza, completezza delle parti

       anatomiche del corpo.

   – La dimensione delle attività semplici e complesse che si riferisce ai

       comportamenti che le persone mettono in atto al fine di svolger compiti, mansioni o

       azioni.

   – La dimensione della partecipazione che si riferisce al livello di coinvolgimento di

       una persona nelle situazioni di vita in relazione alla sua salute, alle condizioni e alle

       funzioni corporee, alle attività che è in grado di svolgere e ai fattori contestuali che

       le sono proprie.

   – I fattori contestuali si riferiscono alle caratteristiche dell'ambiente fisico e sociale,

       agli atteggiamenti e ai valori propri della persona e del contesto di appartenenza.

Quindi, la disabilità in questo documento viene vista come condizione di salute in un

ambiente sfavorevole. La scala ICF può essere applicata a tutti poiché ha un uso e un

valore universali e non esclusivamente per persone con menomazioni, disabilità,

handicap.

Termini introdotti, quali “compito”, “coinvolgimento” hanno implicazioni rilevanti, in quanto

l'agire viene connesso sia ad una dimensione sociale (il prendere parte, l'essere inclusi o

impegnarsi in un'area di vita all'interno della società) che una dimensione intenzionale e

soggettiva (che necessita l'accesso alle risorse necessarie per svolgere un determinato

compito/azione).

Grazie alle analisi effettuate con l'ICF è possibile definire il bisogno riabilitativo del

soggetto, valutare il grado di inserimento sociale, informare gli operatori delle strutture di

assistenza sociale, della scuola e lavorative.

Nell'ambito dell'istruzione un passo avanti riguardo all'ICF è stato fatto con la

pubblicazione nel 2007 dell’adattamento per i bambini: la ICF-CY (versione bambini e

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adolescenti). Questa classificazione è stata sviluppata per essere adattata ai cambiamenti

legati alla crescita e allo sviluppo del bambino, in relazione al contesto di vita a cui

appartiene. Per quanto riguarda l'educazione a scuola l'ICF è, dunque, stato adottato

come strumento per l'integrazione e per l'inclusione scolastica in modo tale da poter

migliorare la qualità dell'educazione personalizzata.

L'ICF è una prospettiva multidimensionale in cui ogni fattore interagisce con gli altri e

fattori ambientali e personali sono importanti quanto quelli organici. La disabilità è vista in

senso dinamico, perchè non dipende solo da stati patologici cronici, ma anche da fattori

psichici e sociali. L'ICF riguarda dunque ognuno di noi indistintamente.

Progetto ICF elaborato dal Ministero dell'Istruzione

Numerosi sono gli studi di ricerca che hanno utilizzato l'ICF come strumento

fondamentale. Tra questi ce n'è anche uno realizzato da:

Il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca per quanto riguarda il

Dipartimento per l'Istruzione ha elaborato un progetto che poi è iniziato nel gennaio del

2011 e si è concluso con la valutazione della sperimentazione (a.s. 2011-2012). Questo

progetto si chiama: PROGETTO ICF: Dal modello ICF dell’OMS alla progettazione per

l’inclusione.

La finalità del Progetto ICF consisteva nell’individuare le modalità di applicazione della

cultura del modello ICF nella scuola, legandosi ai fattori contestuali e all’area dell’attività e

della partecipazione nella comunità scolastica, in modo tale da offrire un prodotto

generalizzabile in vari contesti per il miglioramento dell’inclusione a scuola.

Questo progetto realizzava la sua finalità attraverso la sperimentazione, in un campione di

istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e distribuite a livello nazionale,

dell’applicazione del modello ICF, dando peso agli aspetti contestuali e alla partecipazione

per proporre poi alla fine, un documento utile alla realizzazione del PEI (piano educativo

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individualizzato) e al miglioramento della qualità dell’inclusione, che le istituzioni

scolastiche potevano autonomamente adottare.

Il prodotto finale del progetto era un documento di sintesi, riguardante l’individuazione e

analisi dei fattori contestuali, degli aspetti della partecipazione nella comunità scolastica e

dei facilitatori e delle barriere che influenzano l'inclusione.

I destinatari degli esiti erano le scuole di ogni ordine e grado che potevano decidere di

adottare ciò che è emerso dal Documento conclusivo del progetto per il miglioramento

dell’inclusione.

Gli enti attuatori della sperimentazione erano le istituzioni scolastiche scelte a seguito del

bando.

Venne costituito anche un Gruppo Tecnico Nazionale, presso la Direzione per lo Studente,

l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione, per specificare le modalità di

sperimentazione nelle scuole e le modalità per il controllo e la validazione di quest'ultima.

Ha selezionato anche le istituzioni scolastiche partecipanti e ha redatto la documentazione

finale prevista.

Questo progetto è stato realizzato in un preciso contesto, ovvero quello italiano.

Nel contesto italiano, l'integrazione scolastica ha una storia trentennale, che vanta

numerosi successi di integrazione e socializzazione nei gruppi sociali e nelle comunità

scolastiche. Questa è una caratteristica tipica del sistema formativo italiano. Il modello

inclusivo ha comportato lo sviluppo di competenze specifiche degli insegnanti, ma anche

l’acquisizione di strumenti interpretativi della realtà scolastica che siano in grado di

comprendere la complessità del contesto. Il modello ICF si è rivelato importante per

l'individuazione analitica degli elementi contestuali che condizionano l’alunno e qualificano

il suo grado di partecipazione sociale. Come è espresso nell’ICF, la disabilità non è

intrinseca all'alunno, ma proviene dal contesto di vita. Per questo il progetto mirava ad

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utilizzare l’ICF come strumento culturale e concettuale per permettere delle pratiche

adeguate di inclusione e di partecipazione sociale di tutti gli alunni.

Il modo in cui il contesto incide nella costruzione dei livelli di partecipazione sociale è ciò

che conta. Il percorso di vita è condizionato dal contesto che si incontra vivendo. Per

questo, l’attenzione del modello ICF verso il contesto diventa importante. L'ICF include

nell’analisi anche i contesti, che nel livello di funzionamento e di partecipazione possono

determinare in maniera positiva o negativa. La realtà è interpretata come attività e

partecipazione sociale. L’ICF diventa un modello capace di dare risposte più precise e

coerenti ai bisogni delle persone, esprimendo un modo diverso di concepire l’essere

umano. L'innovazione risiede nell’approccio globale alla persona che non si limita agli

aspetti funzionali, ma dovrà tener presente anche di aspetti contestuali.

Importanti per la descrizione della relazione fra persona e ambiente( in questo caso fra

alunno e scuola) sono i concetti di facilitatori e di barriere. L'ICF diventa uno strumento

capace di agire per individuare gli elementi che migliorano le prestazioni scolastiche,

relazionali e individuali, sulla base della predisposizione di facilitatori e della rimozione di

barriere.

L’obiettivo del progetto è quello di individuare le modalità di applicazione dell'ICF nelle

scuole, considerando l’analisi del contesto, gli elementi che determinano la partecipazione,

i facilitatori e le barriere che determinano le performance.

Il progetto è stato suddiviso in varie parti:

Si è partiti dall'ANALISI ESPERIENZE PREGRESSE E CRITERI PER LA

SPERIMENTAZIONE.

Presso la Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la

Comunicazione del MIUR si è costituito un Gruppo Tecnico Nazionale che aveva compiti

di indirizzo e di valutazione relativi allo svolgersi della sperimentazione.

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L’impiego del modello ICF per l’integrazione scolastica è stato affrontato in molti modi e

occasioni. Alcune regioni ad esempio, hanno avviato importanti sperimentazioni in questo

senso.

La sperimentazione aveva come finalità l'elaborazione di una documentazione finale da

presentare alle scuole, determinata e validata sulla base dello svolgimento dei progetti.

Per rendere quanto più possibile significativi i dati sperimentali, il Gruppo tecnico ha

definito i requisiti (ad esempio alcuni criteri che potranno orientare nella scelta delle

scuole).

La seconda fase è quella della SELEZIONE DELLE SCUOLE PER LA

SPERIMENTAZIONE.

Prima si è resa nota la pubblicazione del bando per la partecipazione.

Il progetto consisteva nelle attività da sottoporre a sperimentazione per l’applicazione

dell'ICF nella scuola, dando importanza ai fattori ambientali coinvolti nella formazione e

inclusione dell’alunno.

La terza parte del progetto riguardava i DOCUMENTI CONCLUSIVI e la loro stesura.

Le istituzioni scolastiche coinvolte hanno presentato una documentazione finale

sull’esperienza di sperimentazione condotta che sono di importanza fondamentale per le

pratiche e le riflessioni presenti.

Il Documento conclusivo raccoglie l’esito delle sperimentazioni, in ordine ai fattori

contestuali.

Le linee guida hanno l'obiettivo di spiegare, facilitare e indirizzare le scuole del territorio

nazionale per realizzare le attività di integrazione scolastica sulla base delle

sperimentazioni realizzatesi.

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Per verificare la validità del percorso sperimentale svolto dalle scuole il Gruppo tecnico

nazionale ha attuato il monitoraggio del progetto.

Il bando esplicita gli aspetti presenti nel progetto:

I progetti mirano all'applicazione generalizzata del modello ICF nel processo di inclusione

scolastica, tenendo conto che le esperienze sono state fatte in via sperimentale solo in

alcuni territori. Il bando si rivolge sia alle scuole che hanno già avviato ricerche in

quest'ambito, sia a quelle che intendono organizzare le proprie attività inclusive basandosi

sull'ICF. Le scuole dovranno presentare il modo con cui adattare, applicare o utilizzare il

modello nella pratica dell’inclusione.

La Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la

Comunicazione ha nominato un Gruppo Tecnico Nazionale che valuta e seleziona i

progetti da finanziare. Può richiedere alle scuole di apportare le modifiche nel progetto e

nelle modalità di sperimentazione e controllare e valutare l’esito. (Progetto “PROGETTO

ICF: Dal modello ICF dell’OMS alla progettazione per l’inclusione” realizzato dalla

Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione,

con la partecipazione di Pasquale Pardi e Giovanni Simoneschi, 2010)

Applicazione pratica del progetto ICF presso la Provincia di Prato

Dal progetto ICF del Miur si passa all'applicazione pratica di questo modello secondo

quando detto dal ministero. Una scuola che ha aderito al progetto si trova in provincia di

Prato ( progetto bando MIUR 2011-2012 negli istituti della provincia di Prato, relazione del

docente referente Stefania Vannucchi).

Gli obiettivi generali del corso che era stato fatto all'inizio erano mirati a:

-estendere la conoscenza dell’ICF e l’utilizzo della modulistica PIS (Piano Inclusione

Scolastica) che ha sostituito il PEI (Piano Educativo Individualizzato), a gruppi classe di

tutti gli istituti.

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-formare gli insegnanti specializzati e curriculari ad individuare, attraverso metodi oggettivi,

barriere e facilitatori e formulare poi il piano di intervento educativo.

-produrre delle linee guida per realizzare un piano di inclusione dell'allievo, dalla diagnosi

e del profilo funzionale, formulare un piano di inclusione scolastica e realizzare interventi

specifici.

Ciò che è stato fatto attraversa varie fasi:

 A.S. 2008-2009: si avvia la sperimentazione della nuova modulistica PEI in base all’ICF.

 Novembre 2009: viene presentata la prima revisione dei documenti.

 A.S. 2009-10: emergono le criticità, come la difficoltà di applicazione nelle scuole di I e II

grado.

 Marzo 2010: viene affidato all’Istituto Walden di Roma il monitoraggio e la revisione

della nuova modulistica denominata PIS, Piano Inclusione Scolastica, che sostituisce il

PEI.

-A.S. 2010-2011: si avvia un programma di formazione sul PIS secondo l’ICF.

-Marzo 2011: viene presentata la seconda revisione dei documenti PIS.

Dal cammino che è stato effettuato sono emersi due importanti bisogni formativi:

   1. Bisogno di estendere la conoscenza dell'ICF e degli strumenti messi a punto

         perché diventino pratica quotidiana per tutte le figure attorno all'allievo, in modo che

         vi possa essere omogeneità nell'approccio alla sua crescita.

   2. Bisogno di formulare piani di intervento coerenti con gli obiettivi di sviluppo

         individuati nel PIS per eliminare le barriere ed introdurvi dei facilitatori per migliorare

         le performance.

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1 Fase: 7 novembre 2011. Introduzione all’ICF: Cos'è, com'è strutturato, come si può

consultare. Illustrazione del percorso che ha portato all’uso dell’ICF e alla formulazione

della modulistica PIS.

2 Fase: Dalla diagnosi alla realizzazione del Piano di Inclusione Scolastica secondo l'ICF.

Consultazione pratica dell’ICF, conoscenza della modulistica PIS realizzata secondo la

logica ICF.

3 Fase: Dalla Formazione degli obiettivi all’intervento. Lavoro pratico di gruppo per

consultazione ICF e ricerca di obiettivi, sotto obiettivi, azioni, barriere e facilitatori.

Il progetto ha visto la partecipazione di circa 150 insegnanti di ogni ordine e grado di

scuola di tutti gli istituti della provincia di Prato e alcune scuole paritarie.

3 Fase: La terza fase è stata dedicata alla stesura di un manuale volto a diffondere e a

fornire esempi concreti per la realizzazione dei piani di inclusione scolastica secondo l'ICF

all'interno del territorio. I destinatari del manuale sono il personale scolastico, il personale

dell'ASL per fornire a tutti gli attori un quadro unitario e omogeneo del percorso dalla

diagnosi all'intervento secondo la logica ICF. I contenuti principali del manuale saranno:

 linee guida per la formulazione del PIS

 esempi di buone prassi estrapolate dai materiali concreti realizzati dai gruppi classe

partecipanti.

Al termine, per quanto riguarda questo progetto sono state incontrate varie criticità:

   – Il lavoro si è protratto troppo a lungo.

   – Hanno partecipato per la maggior parte degli insegnanti specializzati.

   – Gli insegnanti curricolari spesso erano assenti dal progetto.

   – Gli insegnanti hanno bisogno di essere supportati nel corso del percorso.

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Ma i risultati hanno evidenziato anche punti di forza:

   – L’ICF è uno strumento utile per la stesura della programmazione individualizzata.

   – L’ICF aiuta a focalizzare i punti di partenza del progetto.

   – L’ICF aiuta a definire gli obiettivi ed i sotto obiettivi.

   – Ha permesso di uniformare il linguaggio, le richieste e le azioni da fare.

   – Ha fatto capire cosa sono le barriere e cosa sono i facilitatori.

   – Ha permesso di sperimentare l'apprendimento cooperativo e la divisione dei ruoli.

   – La maggior conoscenza del sistema ICF ha orientato la costruzione del modello

       PIS.

Il punto focale della descrizione del funzionamento e della disabilità, basata su ICF, è la

descrizione di fattori esterni al soggetto, cioè dei fattori ambientali.

In ogni caso, questo strumento, risulta oggi ancora troppo poco evoluto poiché, ancora

una volta, si parte sempre da una specifica categoria. Esso si concentra, infatti, sulla

disabilità e per questo dovrebbe essere sviluppato in una prospettiva più ampia che

comprenda tutti indistintamente, ovvero ogni singola persona che per le sue caratteristiche

si differenzia necessariamente da un'altra.

Per quanto riguarda l'ambiente educativo, l'inclusione sociale si serve principalmente di

uno strumento:

UNO STRUMENTO PER L'INCLUSIONE: L'INDEX
L'Index è un documento completo a sostegno dello sviluppo inclusivo delle scuole. In esso

“l'inclusione si riferisce all'educazione di tutti i bambini, ragazzi con BES e con

apprendimento normale”. Secondo gli autori, «tutte le forme di inclusione ed esclusione

sono sociali e derivano dall'interazione tra le persone e il contesto».

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Pubblicato per la prima volta nel 2000, il testo di Tony Booth e Mel Ainscow è stato

tradotto in 37 lingue e diffuso in tutto il mondo e riguarda lo sviluppo della progettazione

inclusiva nelle scuole.

   •   L'index nasce in seguito ad una serie di avvenimenti:

       Fino agli anni '80 il sistema scolastico del Regno Unito è stato caratterizzato da una

       netta separazione tra le scuole ordinarie e quelle speciali, destinate ad accogliere

       gli alunni che per le loro particolari condizioni venivano ritenuti non adatti alla

       frequenza degli istituti normali. Nel 1988 c'è l'introduzione del National Curriculum

       che ha portato la necessità di una ricalibrazione delle scuole rispetto agli alunni con

       BES. Diversamente dalla Gran Bretagna, in Italia con la legge 517 del 1977 e

       l'introduzione della figura dell'insegnante di sostegno, si ha l'abolizione delle scuole

       speciali. Dopo trent'anni la scuola italiana è caratterizzata da una «integrazione a

       metà», poiché si registra tuttavia il permanere di numerose difficoltà riguardo a

       diversi aspetti dell'attività integrativa e inclusiva delle scuole. La situazione del

       nostro paese è molto diversa da quella Britannica dal punto di vista normativo, ma

       anche organizzativo.

E' uno strumento di analisi e valutazione dei contesti scolastici. Esso si compone di

quattro parti:

    concetti chiave per sviluppare un linguaggio per dire e fare l'inclusione;

    quadro di riferimento per organizzare l'approccio di valutazione dell'esistente e di

       sviluppo del possibile;

    materiale di analisi: indicatori e domande;

    progettazione e realizzazione di interventi inclusivi.

L'inclusione nell'educazione (“Index for inclusion” pag. 110 Booth- Ainscow) mira a:

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•   valorizzare in modo equo tutti gli alunni e il gruppo docente;

   •   accrescere la partecipazione degli alunni e ridurre la loro esclusione rispetto alle

       culture, ai curricoli e alle comunità sul territorio;

   •   riformare le culture, le politiche educative e le pratiche nella scuola affinché

       corrispondano alle diversità degli alunni;

   •   ridurre gli ostacoli all’apprendimento e alla partecipazione di tutti gli alunni, non solo

       delle persone con disabilità o con Bisogni Educativi Speciali;

   •   apprendere, attraverso tentativi, a superare gli ostacoli all’accesso e alla

       partecipazione di particolari alunni, attuando cambiamenti che portino beneficio a

       tutti gli alunni; vedere le differenze tra gli alunni come risorse per il sostegno

       all’apprendimento, piuttosto che come problemi da superare;

   •   riconoscere il diritto degli alunni ad essere educati nella propria comunità;

   •   migliorare la scuola sia in funzione del gruppo docente che degli alunni;

   •   enfatizzare il ruolo della scuola nel costruire comunità e promuovere valori, oltre

       che nel migliorare i risultati educativi;

   •   riconoscere che l’inclusione nella scuola è un aspetto dell’inclusione nella società

       più in generale.

Il metodo di lavoro proposto dall'index analizza tre dimensioni fondamentali per il

cambiamento inclusivo nella scuola: le culture, le politiche e le pratiche.

Obiettivi dell'Index sono quindi : creare culture inclusive, creare politiche inclusive e

sviluppare pratiche inclusive.

Per ognuna di queste dimensioni vengono individuate due sezioni e a sua volta, ogni

sezione viene declinata in diversi indicatori ai quali vengono formulate una serie di

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domande che rappresentano degli esempi da cui la scuola può partire per arrivare alla

definizione di questioni aderenti alla propria realtà e alle proprie esigenze.

Si compone inoltre di schede e questionari per avviare il lavoro progettuale.

Le dimensioni proposte sono: (“ Index per l'inclusione”, Booth- Ainscow, pag. 117-118)

A. Creare culture inclusive

Questa dimensione crea una comunità sicura, accogliente, cooperativa e stimolante, in cui

la valorizzazione di ciascuno diviene il punto di partenza per ottimizzare i risultati di tutti,

diffondendo valori inclusivi condivisi e trasmessi a tutto il gruppo insegnate, agli alunni, ai

membri del Consiglio di istituto, ai dirigenti e alle famiglie. I principi e i valori, nelle culture

inclusive della scuola, orientano le decisioni sulle politiche educative e gestionali e sulle

pratiche quotidiane nella classe, in modo che lo sviluppo della scuola divenga un processo

continuo.

B. Produrre politiche inclusive

Questa dimensione assicura che i valori inclusivi permeino tutta la progettazione

scolastica. Le politiche inclusive incoraggiano la partecipazione degli alunni e del gruppo

insegnante fin dal primo ingresso nella scuola, forniscono aiuto a tutti gli alunni della

comunità locale e riducono le spinte all’esclusione. Ogni decisione implica chiare strategie

per il cambiamento.

C. Sviluppare pratiche inclusive

Questa dimensione promuove pratiche scolastiche che riflettono le culture e le politiche

della scuola. Le attività formative vengono progettate in modo da rispondere alla diversità

degli alunni, e gli alunni sono incoraggiati a essere attivamente coinvolti in ogni aspetto

della loro educazione, valorizzando anche le loro conoscenze ed esperienze al di fuori

della scuola. Il personale individua nella collaborazione con i colleghi, gli alunni, le

famiglie, la comunità locale le risorse materiali e umane per il sostegno all’apprendimento

e alla partecipazione.

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L'Index lavora sia su parametri qualitativi che quantitativi.

Si cerca di abbandonare il concetto di BES a favore di una lettura per l'inclusione più

orientata ad un'analisi sul piano delle differenze e dell'equità. Anche le ricerche dell' OECD

(Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico 2000-2001) sono su

questa linea. A questa organizzazione, inoltre, si aggiunge anche l'UNESCO, che ha

prodotto pubblicazioni importanti sempre sul tema dell'inclusione. Punto di riferimento

dell'elaborazione dell'Unesco è il concetto di educazione di base quale strumento per:

“affrontare il difficile compito di trasformare la diversità in un fattore in grado di contribuire

costruttivamente alla comprensione reciproca fra individui e gruppi. Ogni politica educativa

deve essere in grado di affrontare le sfide del pluralismo e consentire a ognuno di trovare

il proprio posto nella comunità primaria di appartenenza, dando allo stesso tempo gli

strumenti per aprirsi alle altre comunità.” (UNESCO, 2003, p. 5)

L'aspetto più interessante dell’Index è l’ampliamento di visuale consentito dalla

ricollocazione dei bisogni del singolo nel quadro più ampio della pluralità delle differenze

nel contesto scolastico. La classe non è più un insieme di alunni «normali» in cui sono

presenti degli alunni «speciali» (certificati o meno). Al contrario, gli alunni con delle

particolarità— perché stranieri, disabili, in condizioni socioeconomiche svantaggiate,

dislessici, con problemi attentivi, con disagi emotivi, socialmente isolati, fragili da un punto

di vista psichico, derisi per la loro identità di genere o sessuale e così via — sono la

maggioranza. (“L'index per l'inclusione.Promuovere l’apprendimento e la partecipazione

nella scuola ”,2000, di Tony Booth e Mel Ainscow)

L'Index sollecita a: definire un quadro di valori condivisi; sviluppare in modo sistemico

strategie di comunità; assumere il tema della globalizzazione come un dato di realtà;

affrontare il tema delle differenze. Questo strumento punta ad includere tutti in uno stesso

ambiente, ovvero quello educativo, senza evidenziare le differenze ed isolare chi è ritenuto

diverso rispetto agli altri, anche perchè ogni singolo alunno presenta differenze rispetto ad

un altro.

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L'inclusione in educazione ha avuto un suo sviluppo storico attraverso vari autori di

fondamentale importanza per la storia della pedagogia. Inizialmente si è partiti dalla

considerazione riservata solo ad una specifica differenza, ovvero la disabilità. Con il

passare del tempo l'inclusione è arrivata ad occuparsi di ogni singolo bambino: disabile,

straniero, di sesso femminile, con un certo livello economico e, in generale, qualsiasi

particolarità che normalmente caratterizza ogni bambino. Dunque, l'inclusione in

pedagogia ha tentato di divenire realmente inclusiva, anche se molteplici possono essere

gli ulteriori sviluppi che potranno caratterizzarla.

PERCORSO STORICO: L'INCLUSIONE
ATTRAVERSO ALCUNI AUTORI NELLA
STORIA
I primi autori che si occupano di inclusione, anche se in maniera poco estesa, sono il

medico pedagogista ed educatore Jean Marc G. Itard, ritenuto anche il padre della

pedagogia speciale, e il medico Edouard Séguin. Essi furono i primi che cercarono di

includere i bambini “disabili” all'interno della società.

JEAN MARC GASPARD ITARD (1774-1838) e ÉDOUARD
SÉGUIN(1812-1880)
Itard è stato un medico, pedagogista ed educatore francese. Egli è da molti considerato il

padre-fondatore della pedagogia speciale. Il suo lavoro è ritenuto inclusivo, anche se non

lo è totalmente, poiché si è specializzato nel lavoro con i ragazzi sordomuti.

Itard è famoso per aver seguito Victor, il “ragazzo selvaggio” e aver cercato di includerlo

nuovamente( o meglio, per la prima volta) nella società.

Il suo migliore allievo diventerà Séguin.

Édouard Séguin è stato un medico francese ricordato per il suo lavoro (in Francia e negli

Stati Uniti) con i bambini che presentano deficit cognitivi .Egli propone un metodo diverso:

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il metodo fisiologico (nell'opera "Idiocy: and its Treatment by the Physiological

Method",1866, Édouard Séguin) . Distingue le nozioni (termine adottato da Itard) che

procedono dai sensi e guardano l’identità e le proprietà fisiche delle cose, dalle idee che

rivelano invece i rapporti, le correlazioni reali e possibili tra le cose.

Le nozioni si sviluppano mediante l’esperienza sensoriale e sono operazioni passive o di

percezione; le idee sono operazioni attive e procedono dal ragionamento. Questa

distinzione è essenziale perché, secondo Séguin, la mente umana non va dalle nozioni

alle idee. Inoltre, mentre l’acquisizione delle prime si può imporre, non è così per le

seconde.(Séguin É., 1846, “Traitement moral, hygiène et éducation des idiots et des

autres enfantes arrieres”)

Séguin è convinto che l’educazione abbia una funzione di elevamento culturale e morale e

che sia soprattutto grazie ad essa che ogni bambino possa svilupparsi compiutamente

come essere umano. Intuisce che i principi applicati al “trattamento morale” dei bambini

“anormali” possano essere posti a fondamento di un metodo globale di educazione,

efficace per tutti, che preveda un ordine di apprendimento specifico: si passa dalle

nozioni, che vengono apprese mediante l’esperienza, alle idee.

I principi educativi di Seguin che permettono l'inclusione sono:

   •   Il maestro come facilitatore di questo processo.

   •   Lo sviluppo delle funzioni sensoriali e intellettuali, ma anche sviluppo della volontà e
       della socievolezza.

   •   Lo sviluppo di nozioni su cose e persone che avviene attraverso i sensi. Per
       induzione e deduzione si fa pervenire il ragazzo al ragionamento. La nozione
       dipende dalla percezione, e può essere indotta dal maestro. Le idee invece
       dipendono dall’intelletto, e il maestro può solo suscitare circostanze facilitanti.

   •   L’educazione ha senso solo nel concreto e importante è per questo il ruolo della
       natura.

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•   Si procede dal conosciuto all’ignoto, dal semplice al complesso, dal concreto
       all’astratto.

Secondo Séguin il bambino con ritardo mentale non è differente dai bambini normali.

Egli individua gli aspetti potenziali ed evolutivi della personalità del bambino raccogliendo
informazioni su ogni aspetto della sua vita, evidenziando sensibilità per gli aspetti emotivi
e umanità anche riguardo ai genitori. In particolare, Séguin prende in considerazione sia le
caratteristiche individuali del bambino sia i fattori contestuali, riflettendo sull’influenza di
come le condizioni socio economiche esercitano sul suo sviluppo educativo.

Egli ritiene fondamentale che il bambino abbia consapevolezza di se stesso. Considera
infatti, le situazioni di vita quotidiana come contesti significativi per sviluppare
apprendimenti.

E’ indispensabile per lo studioso avvalersi di uno specifico materiale educativo, in gran
parte da lui stesso elaborato.

Egli fonda una scuola per l’educazione integrale degli “idioti”. I bambini “idioti” con i metodi
tradizionali non riescono a comprendere il meccanismo e lo spirito della lettura ad
esempio. Occorre presentare tutti gli oggetti o le persone significativi per il bambino
associati al loro nome. Nel momento in cui un bambino comincia a leggere delle sillabe e a
procedere nella lettura, egli dovrà posizionare il nome scritto sul rispettivo oggetto. E in
seguito, dato un oggetto, dovrà trovarne il corrispondente nome scritto tra i cartoncini. Ciò
che conta è che il bambino legga la parola comprendendola.

La sua educazione fisiologica è fondata, dunque, sul collegamento tra le funzioni motorie,
sensoriali e intellettive e sull’indicazione di procedere dal conosciuto all’ignoto, dal
semplice al complesso, dal concreto all’astratto, tutto questo seguendo il principio “dei tre
tempi”. I 3 tempi, secondo Séguin, sono:

Primo tempo. La fissazione: ripetizione variata, per prove ed errori

   ➢ attenzione e concentrazione dell’allievo

Secondo tempo. Il riconoscimento: - memoria a breve e lungo termine, giudizio,
discriminazione

Terzo tempo. L’evocazione: - ragionamento, intelletto

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Séguin ha fornito un importante contributo innovatore non solo nel campo dell’educazione
dei bambini “idioti”, il suo metodo verrà poi ripreso e utilizzato per l'educazione di tutti i
bambini in un processo di inclusione.

Il contributo di Séguin verrà universalmente conosciuto grazie all’opera e alla
rielaborazione di Maria Montessori che riprenderà il suo metodo pedagogico. Questa
autrice ha dato un enorme contributo alla pedagogia. Sin da subito, infatti, ha iniziato a
lavorare recuperando bambini con problemi psichici, al tempo definiti anormali, anche se
spesso non lo erano. Ma la sua teoria è riuscita comunque ad ampliarsi in una dimensione
più inclusiva, questo attraverso il concetto di normalizzazione. Secondo lei nessuno può
essere definito normale perchè ognuno di noi possiede particolarità che lo rendono diverso
dall'altro e allo stesso tempo ci rendono unici.

MARIA MONTESSORI (1870-1952):
É stata un'educatrice, pedagogista, filosofa, medico infantile e scienziata italiana, nota
soprattutto per il suo metodo che prende il suo nome.

I principi della sua pedagogia sono:

   •   Porre al centro la libertà e la creatività del bambino

   •   Far acquisire al bambino alti livelli di autonomia

   •   Valorizzare l’ambiente di apprendimento e i materiali didattici

   •   Ruolo dell’insegnamento è quello di organizzare l’ambiente affinchè i bambini
       possano svolgere il loro compito e osservare le loro attività.

Nella sua pedagogia, la Montessori si occupa di inclusione attraverso il concetto di
normalizzazione. (“Deviazione e normalizzazione: la mano che guarisce”, 1934, Maria
Montessori)

Quest'ultima è lo sviluppo di ogni aspetto della personalità. Niente e nessuno è
considerato normale secondo Montessori poiché la vera e propria normalità non esiste.

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Ognuno di noi ha qualche caratteristica che ci differenzia dagli altri e ci rende diversi e
unici (non solo i disabili).

Il concetto di normalizzazione sta ad indicare una riscoperta spontanea della curiosità,
dell’inventività e della creatività. Educare per la Montessori corrisponde ad aiutare il
bambino a sviluppare le potenzialità auto-educative. Gli interventi educativi avvengono con
materiali montessoriani- sensoriali-scientifici adeguati e autocorrettivi, poiché aiutano il
soggetto a comprendere e correggere l’errore da solo.

Maria Montessori ha precisato che la normalizzazione non è una azione correttiva ed
emendativa dell’adulto, ma il ‘ritorno’ spontaneo del bambino all'espressione e
sperimentazione delle sue forze positive e costruttive. É un processo di
autonormalizzazione, di liberazione dei poteri sani da stati di coscienza e di
comportamento che ne impediscono l’adattamento attivo.

La normalizzazione è la rinascita della normalità bio-psichica attraverso la quale il
bambino riprende interesse, desiderio di lavoro, sforzo e soddisfazione nell’attività. La
libera scelta e il lavoro appropriato canalizzano lo spirito del bambino nella scoperta della
sua più profonda natura: il fare e il saper fare, non imposti e giudicati dall’adulto, ma
sperimentati nell’attività in un ambiente sociale non violento, non competitivo, né selettivo,
né emarginante.

La normalizzazione per Maria Montessori è la rivelazione del carattere naturale del
bambino, attraverso un ambiente pensato e predisposto per lui, che ne consente l’attività
libera e intelligente.

E’ una liberazione dagli ostacoli che il mondo adulto pone allo sviluppo delle sue
potenzialità. É un'auto-guarigione da ciò che non è stato completamente rispettato e
favorito in lui. L’energia del bambino ha bisogno di trasformarsi in attività di movimento, in
esperienze concrete legate alla realtà e alla vita quotidiana che devono essere favorite
dall’adulto. Se l’ambiente non si presta o ostacola il naturale manifestarsi delle energie del
bambino, il suo sviluppo devia, ovvero si sposta dalla posizione naturale. I bambini deviati
sono frutto di uno sviluppo deviato dalla naturale evoluzione a causa degli adulti. Sono
degli adulti che impongono ai piccoli limiti fisici e psichici. Maria Montessori raccomanda
prudenza nelle relazioni con il bambino. L’intervento sul bambino di qualcuno che ha
potere su di lui, è pericoloso. I suoi difetti di carattere sono dovuti a un trattamento

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sbagliato del bambino nei primi anni di vita.
Concentrandosi nelle attività proposte dalla scuola, i bambini riescono a guarire dai loro
difetti, che provengono spesso dalla mancanza di alimento della vita psichica.

Se il bambino è posto in un ambiente adatto, si rivela “il Vero Bambino”.
Un bambino che trova motivi di attività, da lui scelti, rispondenti alle sue domande interne,
si normalizza, trova uno sbocco naturale alle sue enormi potenzialità.

La Montessori dice che il metodo non si vede: si vede solo il bambino, ovvero la sua
anima che, liberata dagli ostacoli, agisce secondo la propria natura. Prima di procedere
allo svolgimento educativo è necessario porre le condizioni ambientali che favoriscono
l’affioramento dei caratteri normali nascosti. Basta allontanare gli ostacoli e questo deve
essere il primo passo e il fondamento dell’educazione. Si tratta di scoprire prima la natura
e dopo aiutare lo svolgimento della normalità. C’è una natura nascosta e sconosciuta
nell’uomo che è la natura vera data dalla creazione: la salute.

E’ con l’esperimento svolto nelle “Case dei Bambini” (l'ambiente fatto su misura per il
bambino) che la normalizzazione comincia ad indicare il processo di guarigione del
bambino dalle deviazioni prodotte dalle repressioni degli adulti, attraverso la libera attività
in un ambiente studiato per lui.

Ne “La Scoperta del bambino ”,opera del 1909, la normalizzazione è indicata come il
momento propedeutico al lavoro con i materiali di sviluppo.

Lo scolaro dovrà essere liberato dal peso delle repressioni che ha subito. Perché questo
avvenga, è necessario far emergere un interesse per l’ambiente, inizialmente attraverso
esercizi di vita pratica e poi sarà il lavoro con i materiali scientifici a realizzare la
normalizzazione, punto di partenza dell’azione educativa.
E’ necessario che il bambino prima si normalizzi e poi progredirà nella sua educazione.

Successivamente, nella storia della pedagogia incontriamo John Dewey, un filosofo che si
concentrerà sull'importanza della democrazia e della libertà. Egli parlerà di differenze

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individuali, ma porterà avanti la causa della necessità di fornire a tutti l'educazione in
maniera equa.

JOHN DEWEY (1859-1952):
É un filosofo americano empirista e strumentalista, o meglio pragmatista.

Per lui l'educazione diventa il mezzo per raggiungere una società libera e democratica.

La società democratica è l'unica, secondo lui, che si è dimostrata rispettosa dell'individuo,
delle sue capacità e della possibilità di promuoverle e di valorizzarle. Essa è l'unica forma
di organizzazione sociale in grado di liberare le energie individuali da ostacoli e barriere
della razza, della classe, della nazionalità e di tutte le particolarità di ognuno. Esige
confronto, cooperazione, collaborazione in vista del perseguimento del bene comune.
L'educazione deve essere in grado di promuovere le capacità dell'individuo, di integrarlo in
modo non conformistico nella società, come protagonista delle sue scelte personali e
comunitarie.

Mira ad una società democratica che richiede la partecipazione di tutti finalizzata al bene
comune e alla verifica dei valori a fondamento delle norme della vita associata e, d'altra
parte, richiede l'impegno di offrire a ciascuno adeguate opportunità per la migliore crescita
possibile.

Dunque, la democrazia e l'educazione sono legate strettamente e mirano a creare una
società ed una scuola inclusive. (“Percorsi della pedagogia contemporanea”, Giuseppe
Zago, 2013)

L'educazione è un processo di sviluppo continuo. Questo processo educativo si lega alle
diversità individuali.

Dewey ritiene infatti che l'educazione debba essere democratica e quindi basata
sull'uguaglianza. Ma quest'uguaglianza non deve essere intesa come individui tutti uguali
fra loro con le stesse caratteristiche. Egli parla della diversità delle capacità e dei bisogni
che esistono nei diversi esseri umani. La scuola tradizionale non prendeva in
considerazione proprio questo aspetto e presumeva che ogni individuo fosse uguale e
identico all'altro proponendo un programma di studi uniforme. Inoltre, questa scuola non
riconosceva che l'iniziativa dello sviluppo proviene dai bisogni e dalle capacità dell'alunno.
(“L'educazione di oggi”, 1940, J. Dewey)

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