E' morto Sergio Marchionne
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E' morto Sergio Marchionne ROMA – Doveva essere soltanto intervento alla spalla destra per Marchionne, che da perfetto manager pianificato il tutto, concedendosi una pausa di qualche giorno per poi tornare immediatamente al lavoro che amava. Invece purtroppo, Sergio Marchionne, 66 anni compiuti il mese scorso, si è spento all’ospedale universitario di Zurigo dove si era stato ricoverato il 27 giugno. John Elkann, presidente della holding Exor e della stessa Fca, ha espresso il suo pensiero in poche ma significative righe : “E’ accaduto, purtroppo, quello che temevamo. Sergio, l’uomo e l’amico, se n’è andato. Penso che il miglior modo per onorare la sua memoria sia far tesoro dell’esempio che ci ha lasciato, coltivare quei valori di umanità, responsabilità e apertura mentale di cui è sempre stato il più convinto promotore. Io e la mia famiglia gli saremo per sempre riconoscenti per quello che ha fatto e siamo vicini a Manuela e ai figli Alessio e Tyler. Rinnovo l’invito a rispettare la privacy della famiglia di Sergio“. L’ultima uscita “pubblica” del manager italo-canadese era avvenuta due giorni prima del ricovero, a Roma, alla consegna di una Jeep all’Arma dei Carabinieri. Un’istituzione che amava, essendo stato figlio di un maresciallo capo dell’ Arma, e cresciuto nel soldo degli ideali di lealtà e legalità che hanno accompagnato tutto i suo percorso professionale. Marchionne era già affaticato, secondo chi lo ha visto quel giorno, e ricorda che parlava con difficoltà. Ma per lui, figlio di carabiniere, quell’appuntamento era irrinunciabile. “Mio padre era un maresciallo dei Carabinieri. Sono cresciuto con l’uniforme a bande rosse dell’Arma e ritrovo sempre i valori con cui sono cresciuto e che sono stati alla base della mia educazione: la serietà, l’onestà, il senso del dovere, la disciplina, lo spirito di servizio”. È stato di fatto l’ ultimo saluto di Sergio Marchionne. Il gruppo Fca in un comunicato ufficiale diffuso sabato pomeriggio,
aveva annunciato che le sue condizioni di salute erano gravissime: “Non potrà riprendere la sua attività lavorativa“, si leggeva nella nota. Successivamente sono emerse informazioni che hanno spiegato che dopo l’intervento alla spalla subito il 28 giugno, Marchionne, aveva subito delle inattese gravissime complicazioni, che lo avevano portato da venerdì scorso ad uno stato di coma irreversibile. Sergio Marchionne era nato a Chieti, in Abruzzo, nel 1952. Suo padre, maresciallo dei Carabinieri, e la madre Maria Zuccon di origini dalmate, dopo la pensione per cominciare una nuova vita si trasferirono in Canada . Marchionne prese tre lauree, in Economia, Filosofia e Giurisprudenza conseguendo anche un master in Business Administration. Nel 1985 diventò dottore commercialista e dal 1987 anche procuratore legale e avvocato (nella regione dell’Ontario) . Il giornalista Giorgio Dell’Arti nel 2011 descrisse così i suoi inizi, riportati da una brillante biografia : “Quando ho iniziato l’università, in Canada, ho scelto filosofia. L’ho fatto semplicemente perché sentivo che, in quel momento, era una cosa importante per me. Poi ho continuato studiando tutt’altro e ho fatto prima il commercialista, poi l’avvocato. E ho seguito tante altre strade, passando per la finanza, prima di arrivare a occuparmi di imballaggi, poi di alluminio, di chimica, di biotecnologia, di servizi e oggi di automobili. Non so se la filosofia mi abbia reso un avvocato migliore o mi renda un amministratore delegato migliore. Ma mi ha aperto gli
occhi, ha aperto la mia mente ad altro“. Nel 2002 era arrivato al vertice della società della Sgs a Ginevra in Svizzera, società leader dei sistemi di certificazione, che aveva fra i principali azionisti di controllo proprio la famiglia Agnelli ed è in Svizzera che Marchionne imbastì una rete di relazioni che nella vita contano non poco. Nel 2004 arriva la nomina a Ceo. Marchionne, si presentò alla stampa in giacca e cravatta (come non avvenne poi praticamente mai), insieme al nuovo vertice del gruppo Fiat: il presidente Luca Cordero di Montezemolo e il vicepresidente John Elkann, che all’epoca aveva da poco compiuto 28 anni. Le prime parole che Marchionne pronunciò quel giorno furono queste: “Fiat ce la farà; il concetto di squadra è la base su cui creerò la nuova organizzazione; prometto che lavorerò duro, senza polemiche e interessi politici”. la società del Lingotto era in quel momento vicina al fallimento con un debito “convertendo”, concesso dalle banche creditrici, che poi si rivelò decisivo. Un prestito che, senza l’ immediato cambio di rotta apportato da Marchionne ad un’azienda che perdeva più di due milioni di euro al giorno, avrebbe di fatto ceduto il controllo della Fiat alle banche. Ma tutto ciò grazie a lui non avvenne.
Marchionne iniziò immediatamente a lavorare “duro” , persino nei weekend nello stabilimento di Mirafiori pressochè deserto. In un’intervista nel 2011 rilasciata ad Ezio Mauro all’epoca direttore del quotidiano La Repubblica disse: “Mi ricordo i primi 60 giorni dopo che ero arrivato qui, nel 2004: giravo tutti gli stabilimenti e poi, quando tornavo a Torino, il sabato e la domenica andavo a Mirafiori, senza nessuno, per vedere le docce, gli spogliatoi, la mensa, i cessi. Ho cambiato tutto: come faccio a chiedere un prodotto di qualità agli operai e farli vivere in uno stabilimento così degradato?“ Tra le sue frasi più celebri: “La leadership non è anarchia. In una grande azienda chi comanda è solo. La collective guilt, la responsabilità condivisa, non esiste. Io mi sento molte volte solo“. Un’altra: “La lingua italiana è troppo complessa e lenta: per un concetto che in inglese si spiega in due parole, in italiano ne occorrono almeno sei“.
Sergio Marchionne e John Elkann Nel 2017 aveva annunciato la sua uscita di scena da Fca. Dopo aprile 2019 infatti sarebbe rimasto soltanto presidente della Ferrari, società che nel 2014 aveva assunto la direzione dopo essere stata guidata per oltre 20 anni daLuca Cordero di Montezemolo .Una svolta inattesa, non senza un durissimo braccio di ferro tra i due managers che si concluse con l’estromissione del top manager pupillo dell’ avvocato Gianni Agnelli, che aveva rilanciato il marchio portando alla vittoria nel campionato di Formula Uno nel 2000 il Cavallino Rosso di Maranella. Una vittoria che lasciava presagire la quotazione della Ferrari alla Borza di Wall Street a New York, negli Stati Uniti. Ma in Borsa arrivò va una quota minoritaria, il 10%, della Casa di Maranello, mentre l’80% resta ai soci Exor, la società holding “cassaforte” della famiglia Agnelli di cui è stato vicepresidente non esecutivo, mentre il restante 10% a Piero Ferrari, figlio del mitico Enzo fondatore della casa di Maranello.
Negli ultimi giorni Marchionne è stato assistito dalla compagna Manuela e dai due figli, Alessio Giacomo e Johnatan Tyler. Già sabato scorso i consigli di amministrazione hanno nominato i suoi successori. In quel giorno, quando si è capito che le sue condizioni di salute erano ormai disperate, Marchionne è stato sostituito negli incarichi da Mike Manley uno dei suoi principali collaboratori che per un destino assurdo proprio oggi debutta davanti ai mercati come nuovo amministratore delegato, presentando i risultati semestrali del gruppo Fca. Gli ultimi raggiunti sotto la guida di Marchionne. Che tutti rimpiangiamo. Eni e FCA progetti congiunti per abbattere le emissioni di CO2 nei trasporti su strada
ROMA – Alla presenza del Presidente del Consiglio italiano, Paolo Gentiloni, l’Amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, e l’Amministratore delegato di FCA, Sergio Marchionne, hanno firmato a Palazzo Chigi un Memorandum of Understanding per lo sviluppo congiunto di progetti di ricerca e applicazioni tecnologiche per la riduzione delle emissioni di CO2 nei trasporti su strada. Le due società, rinnovando il proprio impegno strategico per un futuro low carbon e nel rispetto della Strategia Energetica Nazionale, mettono a fattor comune le proprie eccellenze in termini di esperienza e know how tecnologico con l’obiettivo di raggiungere un livello molto significativo di abbattimento delle emissioni del settore. In questo contesto, Eni e FCA hanno individuato ambiti di collaborazione per Lo sviluppo di tecnologie e materiali per l’assorbimento del gas naturale, Adsorbed Natural Gas (ANG), che permettano di migliorare l’attuale tecnologia legata al gas naturale compresso, nel campo dell’automotive. Si tratta di una collaborazione per studiare nuove tecnologie e materiali adsorbenti che consentano di trasportare a pressioni molto più basse il gas compresso, diminuendo il peso dei serbatoi e aumentando l’autonomia con un pieno. I due gruppi sono impegnati per lo sviluppo di nuove tecnologie per l’utilizzo del gas nei trasporti, che consentano, oltre all’impiego del gas naturale compresso e del gas naturale liquefatto, anche quello del metanolo, un alcol ottenuto dal gas che impiegato nei carburanti consente la riduzione delle emissioni. A questo scopo, Eni ha sviluppato una nuova benzina con il 20% di carburanti alternativi (15% di metanolo e 5% di bioetanolo), ora in sperimentazione congiunta con FCA, con ridotte emissioni di CO2 e altri componenti emissivi. Il nuovo
carburante alimenterà cinque vetture Fiat 500 della flotta di Enjoy, il car sharing di Eni nato proprio dalla partnership con FCA, per un test di lunga durata. L’utilizzo della nuova benzina è in grado di assicurare oltre il 4% di riduzione delle emissioni di CO2 (2% in fase di combustione più un altro 2,3% derivante dal ciclo di produzione del combustibile e dovuto alla componente bio). In aggiunta, per allargare l’ambito di utilizzo del car sharing e ribadire la versatilità e flessibilità dell’uso del gas compresso, la flotta Enjoy, dall’inizio del prossimo anno, sarà arricchita dai furgoni Fiat Doblò dell’Enjoy Cargo: primo caso al mondo di sharing dedicato al trasporto delle cose senza vincolo di punti di prelievo e di consegna del mezzo. Il 20% della flotta dei Fiat Doblò sarà alimentato a metano. Prevista anche la realizzazione, anche in collaborazione con il MIT (Massachussets Institute of Technology), di tecnologie e dispositivi per la cattura e lo stoccaggio temporaneo a bordo dei veicoli di parte della CO2 prodotta da motori a combustione interna. Tenendo conto che i trasporti contribuiscono per il 23% circa alle emissioni globali di CO2 e che la quota di competenza dei soli veicoli leggeri è pari al 10% circa, questa soluzione tecnologica permetterebbe di diminuire in modo significativo le emissioni di CO2 nel settore trasporti. Nell’ottica di ulteriore riduzione delle emissioni complessive di gas serra, le parti confermano il comune interesse a valutare nuove formulazioni di carburanti da applicarsi alle attuali motorizzazioni, senza modifiche sostanziali a livello meccanico. L’interesse riguarda, tra l’altro, formulazioni di diesel con contenuto di olio vegetale idrotrattato (Hydrotreated Vegetable Oil, HVO) incrementato rispetto all’attuale, benzine addizionate con maggiori contenuti di alcoli anche da fonti rinnovabili e/o rifiuti, utilizzo di nuovi additivi “friction reducer”.
Infine, le due società hanno concordato di avviare e implementare nuove collaborazioni con Università italiane e internazionali al fine di creare e formare nuovi profili professionali per il futuro. L’Amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ha commentato: “Oggi abbiamo sottoscritto un’alleanza tra due grandi società in Italia, accomunate dall’impegno per un futuro low carbon. Mettere a fattor comune il nostro know how tecnologico e le nostre competenze nella ricerca con quelle di FCA, incoraggiati dal Presidente del Consiglio che ha ospitato la cerimonia della firma, è un’iniziativa importante in questa direzione. Un cammino che per Eni è strategico e che implica azioni importanti su diversi fronti. Nell’ambito della mobilità, Eni ha già compiuto passi importanti, sviluppando carburanti green innovativi a basso contenuto di emissioni. Questo importante risultato rientra in una strategia integrata, che va dalla riduzione delle emissioni di CO2 in tutte le nostre attività, alla promozione del gas naturale come fonte fossile più pulita e ponte per la transizione verso le rinnovabili, dalla sperimentazione di carburanti verdi e alternativi alla ricerca nel campo delle energie rinnovabili. Con FCA portiamo avanti progetti innovativi, in grado di offrire importanti contributi in termini di riduzione delle emissioni in tempi brevi, e con obiettivi futuri ambiziosi ma decisamente realistici”. L’Amministratore delegato di FCA, Sergio Marchionne, ha commentato: “Oggi la nostra collaborazione con Eni compie un significativo passo avanti. Mi fa molto piacere poter contare sul sostegno del Governo in una fase che vede le due più importanti aziende in Italia unire le
proprie competenze per ridurre le emissioni in maniera incisiva e permanente. Si tratta di un obiettivo comune che parla di responsabilità e impegno; parla del mondo che vogliamo lasciare alle generazioni future”. Caltagirone Editore. Il silenzio dei “dipendenti” e le proteste (inutili) dei sindacalisti…. Caltagirone Editore di cui fanno parte Il Messaggero, Il Mattino, Il Gazzettino, Il Corriere Adriatico, il Quotidiano di Puglia, ed il freepress Leggo con le relative edizioni internet, ha comunicato formalmente la decisione di uscire dalla FIEG la Federazione Italiana Editori Giornali. Una decisione presa dopo la richiesta del presidente Maurizio Costa, d’intesa con i rappresentanti del comitato esecutivo della Federazione, di rivedere la decisione presa dal gruppo a fine febbraio aprendo le procedure di cessione di ramo d’azienda delle aree produttive del Gazzettino di Venezia (dove è stato licenziato un lavoratore), del Mattino di Napoli (tre i licenziati) e del Messaggero. nella foto Azzurra Caltagirone Le decisioni di Caltagirone hanno scatenato le proteste sindacali che sono sfociate in scioperi che hanno colpito tutte le testate quotidiane degli editori Fieg. Caltagirone sostiene di non aver
infranto nessuna regola ne accordo e di fronte all’ultimatum lanciatogli il 19 aprile di rivedere le sue decisioni ha risposto con l’addio alla Federazione. Decisione per cui Francesco Gaetano Caltagirone lascia il comitato di presidenza e sua figlia Azzurra, amministratore delegato del Messaggero, il ruolo di vice presidente della Federazione e di presidente della categoria Quotidiani nazionali. Secondo il piano dell’editore Caltagirone, 77 addetti ai servizi delle tre testate (amministrativi, diffusione, ufficio del personale, segreteria di redazione) dal 1° aprile sono passati a Servizi Italia 15 srl, società appositamente costituita, ai cui dipendenti viene applicato il contratto del commercio che, tra l’altro, non prevede gli interventi della legge 416 dell’editoria in materia di ammortizzatori sociali (come i prepensionamenti) e il riconoscimento del cosidetto Fondo Casella. I lavoratori cosiddetti ‘produttivi’ (stampa, prestampa, archivio, servizi tecnici informatici, area di preparazione, rotative) del Mattino e del Messaggero sono passati, invece, alle nuove Stampa Napoli 2015 srl e Stampa Roma 2015. Il comunicato del Gruppo Caltagirone Editore “Il Gruppo Caltagirone Editore, dopo 20 anni di partecipazione attiva nella FIEG, ha deciso oggi di abbandonare l’associazione per diversità di vedute in merito al futuro del settore e allo sviluppo dello stesso. Contestualmente si sono dimessi tutti i rappresentanti del Gruppo ivi compreso il Cav. Francesco Gaetano Caltagirone e Azzurra Caltagirone Vice Presidente dell’Associazione. “Fatti i doverosi distinguo, la decisione della Caltagirone Editore ricorda quella assunta dal Gruppo Fiat quando, alcuni anni fa, sulla base di visioni sul futuro dell’industria italiana non in sintonia diverse con l’allora vertice della Confindustria, decise di abbandonare l’associazione degli industriali. Cestaro, manca legge obbligo applicazione Ccnl Massimo Cestaro, segretario generale Slc Cgil, tanto per non far mancare la sua parola, ha detto: ” Appare davvero stupefacente che la
volontà di non applicare i Contratti Collettivi di lavoro venga camuffata da non meglio definite ” visioni sul futuro dell’industria italiana”. nella foto Massimo Cestaro “In realtà – ha aggiunto – siamo alle solite: le aziende che non intendono rispettare i Contratti di lavoro escono dalle associazioni datoriali firmatarie degli stessi non tanto per chissà quali “visioni”, quanto per una pervicace e banalissima volontà di riduzione del costo del lavoro” Concludendo: “purtroppo questa pratica è il frutto dell’assenza legislativa di un obbligo di applicazione di un contratto di lavoro legata alla classe merceologica di attività delle singole aziende; assenza legislativa che consente alle aziende stesse di rivolgersi al “supermercato” dei contratti ed applicare quello per loro più vantaggioso“ “Rigoroso” silenzio in Puglia sulla sponda del Nuovo Quotidiano di Puglia, e come sempre inutili proteste prive di alcun effetto concreto dell’ Assostampa e della FNSI. Come Sergio Marchionne con la FCA (Fiat) è uscito dalla Confindustria, anche Franco ed Azzurra Caltagirone hanno capito che chi gestisce da imprenditore le aziende e le porta in attivo può anche ignorare le federazioni e sindacati. Chi comanda è il mercato. Le copie vendute e la pubblicità incassata. Amen. Tutto il resto, come direbbero in Emilia Romagna, sono solo “pugnette” mentali ! Mucchetti: “Siderurgia strategica. E il ruolo dello Stato è essenziale” di Fabio Tamburini Quali sono gli errori da evitare? L’acciaio pubblico ha avuto le sue infinite tristezze, ma è stato
l’architrave del boom degli anni 50 e 60. Se avessimo dato retta alla Falk e non a Oscar Sinigaglia non avremmo mai avuto gli altoforni che hanno alimentato l’industria meccanica nazionale. Le privatizzazioni dell’Iri-Finsider, invece, sono state un disastro. Purtroppo Falck e Agarini hanno rivenduto ben presto la Terni alla Thyssenkrupp, che l’ha splpata trasferendop in Germania la tecnologia del lamierino magnetico e ora la vuole ridurre ai minimi. Il gruppo Lucchini, che pure con il materiale ferroviario conferma la vocazione indsutriale, ha dovuto cedere le Acciaierie di Piombino ai russi di Severstal che le hanno portate al crac. I Riva hanno guadagnato molto con l’Ilva, ma con luci ed ombre. Quali? Hanno tagliato i rapporti tra l’Ilva e la criminalità organizzata pugliese. Grande merito. Ma non hanno rispettato i vincoli ambientali. Grande miopia, che consegna la fabbrica ad una magistratura, quella di Taranto, ispiarata anche da pregiudizi anti industriali. Le privatizzazioni e l’internazionalizzazione delle proprietà, cardini degli anni 90, si sono dimostrate poco efficaci. Almeno in siderurgia. Come uscirne? Il governo punta a sconti sulla bolletta elettrica per i siderurgici. Ok, ma se per ogni crisi d’imprese energivore batte questa strada e poi non realizza nemmeno la cartolarizzazione degli incentivi alle energie rinnovabili, come farà a tenere fede alla riduzione del 10% della bolletta per piccole e medie imprese, promessa nel decreto Competitività? Occorre maggiore capacità esecutiva. E a questo punto non si può escludere l’intervento dello Stato nel capitale a rischio. Certo, il Renzi tatcheriano che plaude a Sergio Marchionne dovrà mettersi d’accordo con il Renzi statalista nell’acciaio. Ma basterà un tweet. Verrà coinvolta la Cassa depositi e prestiti? Gorno Tempini ha ribadito in Senato che può intervenire solo in aziende sane. Dunque non nell ’Ilva o a Piombino, ma solo nel capitale di società interessate a rilanciare queste aziende. Va bene, ma per evitare che la prudenza scada a ipocrisia, lo Stato deve metterci la faccia. Per l’ Ilva si parla di Arvedi o Marcegaglia, gruppi fortemente indebitati. Se la Cdp li vuole ricapitalizzare è un conto e va seguito un certo percorso. Se invece lo vuole fare in funzione dell’Ilva occorre massima chiarezza sull’entità dell’investimento e sulla governance. Condivide il progetto della cordata di imprenditori siderurgici organizzata per produrre a Piombino il cosiddetto preridotto, cioè
semilavorati da utilizzare nell’alimentazione dell’acciaieria? E come no? Servirebbe a Piombino, agli industriali bresciani e pure a Taranto. Ho chiamato Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, a riferircene in Senato. Intanto noto come gli stessi imprenditori. soltanto pochi mesi fa, avevano bocciato un piano analogo dell’ex commissario straordinario dell’Ilva, Enrico Bondi, ritenendolo antieconomico. Ma gli industriali possono essere anche capiti: hanno i loro tempi nel leggere le tendenze dei prezzi del gas e del minerale e i loro interessi specifici. Il problema è il governo, subalterno a industriali, banche, liquida Bondi e dà mandato per vendere l’Ilva, a un nuovo commissario, il peraltro ottimo Piero Gnudi, bruciandogli i vascelli alle spalle. Un errore drammatico. Ma con un pò di sale in zucca siamo ancora in tempo per recuperare. * intervista tratta dal CorriereEconomia inserto economico del Corriere della Sera Di tutto di più Napoli, parla il padre dell’aggressore del 14enne seviziato con un compressore: “ Mio figlio ha fatto anche cose buone”…. Tipo finire in galera…!?!?! Elsa Fornero :” non è giusto ricordarmi solo per la storia degli esodati”. Tranquilla, ti ricorderemo anche per cose belle, tipo l’anello di diamanti che avevi al dito quando annunciavi in diretta tv la manovra “lacrime e sangue”. Renzi 3° tra gli under 40 più influenti al mondo. Primo Zucherberg, fondatore di Facebook, secondo voi a noi chi è capitato?!?… Nel 2018 successione di Marchionne:”quello che verrà dopo di me dovrà fare cose diverse” Tipo mantenere in Italia le fabbriche aperte?!?!…. Paolo Boevi 5 anni e mezzo per la storia della pedofilia in cui risulta coinvolto. Fortunatamente non è stata considerata l’aggravante di essere fonico dei Modà. Sesso:” gli uomini con la pancia durano di più”. Ma ci vuole fegato…. Il jobs act prevede ANO (Agenzia Nazionale per l’Occupazione). …Esistono pertanto tutti i presupposti per non stare tranquilli. Taranto Venerdì 17 Ottobre: donna anziana si suicida, a Monteparano un ragazzo viene ucciso, e a Leporano un 48enne viene sparato. Devo incominciare a credere alle credenze popolari mi sa… Con la legge di stabilità ci potrebbero essere taglia alla sanità… L’Italia è quello strano paese in cui, chi non dovrebbe, si trova a spalare il fango, e chi dovrebbe spalarlo, si trova invece a buttarcene ancora… Il Governo Renzi promette 80 euro alle neo mamme. Aspetto con ansia i
consigli della Picerno su come spenderli e tirare su un figlio. Sempre più vicini alla soluzione del vaccino Ebola. Niente da fare invece per i fans di Barbara D’Urso….
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