Centinaia di giovani ricordano Giovanni Falcone: "non orfani ma eredi del suo coraggio"
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Centinaia di giovani ricordano Giovanni Falcone: «non orfani ma eredi del suo coraggio» MESSINA L‟incontro, organizzato dalla Parrocchia “Santa Maria di Gesù” di Provinciale, ha visto la partecipazione di Maria Falcone, sorella del magistrato morto a Capaci e di tantissimi studenti provenienti da scuole di ogni ordine e grado. Prossima “lezione” di legalità il 13 Dicembre con Pasquale e Pietro Campagna, fratelli di Graziella uccisa dalla mafia nel 1985 Una marea di ragazzi, in trepidante attesa, ha accolto, ieri mattina, sulle note di Beautiful that way (la colonna sonora de “La vita è bella”) la prof.ssa Maria Falcone, nel primo degli incontri previsti nel ciclo degli appuntamenti sulla legalità che, dal 2009, si svolgono, in un riuscito progetto, presso la Parrocchia “Santa Maria di Gesù” a Provinciale. Padre Terenzio Pastore, parroco e organizzatore di tali incontri, ha sottolineato come ciò che deve spingere tutti a sostenere eventi simili sia la «consapevolezza che la mafia può essere sconfitta». Un gruppo di studenti di scuole elementari e medie ha dato il via alla mattinata leggendo alcune riflessioni circa la nostra terra e il suo rapporto con il fenomeno mafioso. La Sicilia, hanno detto, vive un grande paradosso: è un luogo in cui la bellezza coabita accanto all‟inferno, la legge accanto al sopruso, una terra di connivenza o di indifferenza. Eppure è anche terra di speranza e coraggio e i ragazzi hanno presentato tutti i motivi per cui vale la pena restare nonostante il marcio, nonostante tutto, perché «il vero amore è amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare». Quando si parla di mafia, la mente di ogni siciliano, è normale, corre subito all‟orrore, al sangue versato da uomini e donne innocenti, fra cui il giudice Giovanni Falcone. Perché lottare, quando chi lo ha fatto per primo ha pagato questo gesto con la propria pelle? La risposta che danno i ragazzi a chi è scoraggiato e pensa di essere inutile è che «noi siamo nati perché loro siamo morti, noi siamo carne perché loro sono cenere». Non siamo «orfani ma eredi del loro coraggio». In questo senso, Maria Falcone, intervenendo subito dopo, ha detto che per combattere la mafia non è necessario essere eroi ma che non basta dire grazie a chi per questo ha dato la vita. Occorre soltanto «fare il proprio dovere». «Pensiamoci, ─ha aggiunto─ se tutti facessero il proprio dovere non ci sarebbe nessuno che ruba tra i politici e nessuna collusione tra questi e criminalità organizzata». L‟invito che ha lanciato ai giovani è stato questo: scrivere sul proprio diario una frase
che Giovanni Falcone portava sempre con sé in un appunto: «Fare il proprio dovere, costi quel che costi». «Quando è morto Giovanni, ─ha detto Maria Falcone─ io l‟ho pianto non solo da sorella, ma da cittadina», con lui, infatti, rischiava di cessare una prima vera presa di coscienza del fenomeno mafioso, un primo vero modo di lottare contro esso con efficacia. «Poi mi sono tornate alla mente le parole che disse prima del maxiprocesso al termine di un‟intervista, ad un giornalista che gli chiedeva cosa sarebbe accaduto se Cosa nostra lo avesse ucciso. Lui rispose che gli uomini passano, le idee restano e camminano sulle gambe di altri uomini». E quegli uomini siamo anche noi. (CLAUDIO STAITI) [È possibile rivedere integralmente l‟incontro sul sito della parrocchia, www.santamariadigesu.net] Maria Falcone: «Mio fratello Giovanni, l‟eroe buono di tanti ragazzi». Sul neo presidente Crocetta: «Speriamo» L’INTERVISTA A margine del 1° incontro sulla legalità organizzato ieri mattina dalla Parrocchia “Santa Maria di Gesù”, Maria Falcone, sorella di Giovanni, magistrato ucciso dalla mafia il 23 Maggio 1992, ha risposto alle nostre domande. Da vent’anni gira le scuole e le parrocchie per raccontare chi era suo fratello e l’eredità morale che ci ha lasciato. Con quale spirito? Con lo spirito di mantenere sempre una grande attenzione nei confronti di quello che è il messaggio che Giovanni Falcone ci ha lasciato, con lo spirito di far sì che i giovani vedano mio fratello non solo come giudice anti mafia ma anche come cittadino italiano che ha creduto in determinati valori, quali quelli della legalità, della democrazia e della libertà. A distanza di così tanto tempo, a che punto ritiene che siamo nell’accoglimento del messaggio di suo fratello? Credo che il messaggio di Giovanni abbia fatto tanta strada e questo soprattutto attraverso la scuola, attraverso gli insegnanti, creando una società, a poco a poco, diversa. Il vedere l‟attenzione con la quale, in tutta Italia, gli insegnanti hanno fatto comprendere ai loro studenti quanto sia importante credere nei valori in cui Giovanni credeva, ritengo sia motivo di grande speranza. Questa fiducia viene anche dal fatto che, in linea di massima, le domande che mi vengono fatte dagli studenti sono domande di piena consapevolezza dei problemi attuali e di voglia di cambiamento.
Come si pone davanti a chi non ha conosciuto suo fratello e che lo conosce per la prima volta grazie al lavoro della sua fondazione? Io mi pongo soprattutto come sorella di Giovanni, che per i ragazzi è un poco l‟“eroe buono”, che fa il bene della società. Poiché i ragazzi, dovunque io vada, mi fanno un‟infinità di domande, ho scritto anche un libro (Giovanni Falcone, un eroe solo, Rizzoli, 2012 ndr) che non parla soltanto di Falcone magistrato ma anche di Falcone uomo, che poi è quello che a tutti incuriosisce di più. In un‟epoca come la nostra in cui gli esempi del malaffare sono così evidenti e pressanti, è giusto che i giovani si aggrappino a personaggi che si trovano sulla sponda opposta. L’Italia di oggi è un paese disastrato economicamente e socialmente, secondo lei, rispetto al ’92, abbiamo più o meno forza di indignarci? Io credo che abbiamo recuperato un grande valore, in tutti questi anni, nonostante le condizioni economiche e sociali, soprattutto di quest‟ultimo periodo, che è quello della cosiddetta “cittadinanza attiva”, credo siano stati fatti grandi passi avanti da parte della società civile. C‟è da parte dei cittadini una grande voglia di partecipare, una grande voglia di legalità e c‟è l‟attenzione da parte dei giovani a temi che nel ‟92 non erano nemmeno pensati. Veniamo all’attualità. Due parole che dovrebbero essere l’una antitetica dell’altra, cioè la parola Stato e la parola mafia, vengono invece a trovarsi vicino. Si parla di trattativa intercorsa fra essi subito dopo gli anni delle stragi... Io, al solo pensiero, che Giovanni possa essere stato ucciso anche da una parte dello Stato che lui ha invece salvaguardato con la sua attività, mi addoloro ancor più. Eppure, si tratta di un problema molto delicato e so bene che in determinati casi, per la cosiddetta “ragione di Stato”, è giusto porre la segretezza. Aspetto che i magistrati possano arrivare al nocciolo della questione. Chiaramente, che ci fu qualche accordo, per esempio, per prendere Totò Riina, io di questo ne sono sempre stata sicura. Noi però dobbiamo anche vedere quali sono le condizioni che avrebbero determinato tale accordo: l‟Italia, dopo le stragi del ‟92 e del „93, si trovava in una condizione di pericolo tremendo, un po‟ come si è trovato il mondo dopo gli attacchi alle Torri Gemelle. Individuare i colpevoli, tagliare alle radici i rapporti tra la società e la mafia era difficile e grandissima era la preoccupazione che si verificassero altre stragi. È un punto che va analizzato con attenzione per vedere se c‟è stata la trattativa, e quali ne sono state le motivazioni. In questi giorni, il giudice Ingroia, che ha lavorato a fianco di Giovanni, è in partenza per il Guatemala, accusato da molti di voler “scappare” dalla mafia e dai suoi doveri di indagine sui rapporti che questa avrebbe instaurato con lo Stato.... Io non so le ragioni per cui faccia questo, d‟altronde non ha alcuna costrizione. In ogni caso ci sono gli altri magistrati che hanno indagato con lui che certamente continueranno a lavorare per arrivare ad un processo... Giovanni, oltre a magistrato dell‟antimafia, è stato “tecnico” dell‟antimafia: grazie a lui è stato introdotto per esempio il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Proprio con quest‟ultima accusa è stato rinviato a giudizio Raffaele Lombardo, ex presidente della Regione Sicilia, e non dimentichiamoci che il suo predecessore, Totò Cuffaro, si trova in carcere per favoreggiamento aggravato nei confronti di Cosa nostra. Lei intravede nel nuovo governatore Crocetta uno spiraglio di cambiamento?
Per quella che è la storia di Crocetta, io dovrei dire che ci troviamo in una storia completamente diversa. Sappiamo quello che ha fatto a Gela e sicuramente non si trova nelle stesse condizioni di Cuffaro o di Lombardo, quindi io spero nella sua attività per cercare di rimettere la regione siciliana in una situazione meno disastrata di quella in cui si trova adesso, partendo soprattutto dal valore fondante di un popolo: la legalità. (CLAUDIO STAITI) Maria Falcone, professoressa di Diritto negli Istituti Superiori, vive e opera a Palermo. Ha ricoperto per anni il ruolo di Docente di Diritto della scuola e dal 1992 è Presidente della Fondazione “Giovanni e Francesca Falcone” creata in memoria del fratello Giovanni Falcone e della moglie, il giudice Francesca Morvillo. Come Presidente della Fondazione è direttamente impegnata nella diffusione e formazione di una cultura antimafia all‟interno del mondo giovanile attraverso incontri, dibattiti, manifestazioni e seminari, con gli studenti di ogni ordine e grado, sia in Italia che all‟estero. È anche personalmente impegnata nell‟organizzazione degli incontri annuali della Fondazione con la partecipazione di esperti del crimine organizzato nazionali ed internazionali, politici e rappresentanti delle Istituzioni nazionali ed estere. È membro onorario dell‟UNICEF. Nel 1995 ha ricevuto la Laurea Honoris Causa dall‟Università degli Studi di San Paolo (Brasile) per il suo impegno sociale e culturale nel combattere la cultura mafiosa. Nel 1997 ha pubblicato, insieme al Prof. G. Marchese, un libro dal titolo Educazione alla legalità. Dal rispetto della legge alla convivenza democratica, un testo destinato agli insegnanti di ogni ordine e grado. Nel 2004 la casa Editrice Carocci ne ha pubblicato una nuova versione aggiornata: Io e tu: La società – Educazione alla legalità e alla convivenza civile. Durante questi anni Maria Falcone ha ricevuto importanti riconoscimenti per l‟impegno civile e l'intensa attività svolta nell'ambito dell'educazione alla legalità. Nel 2012 ha pubblicato con Rizzoli Giovanni Falcone, un eroe solo, un libro-memoria scritto insieme alla giornalista Francesca Barra.
Maria Falcone, testimone che non si arrende 06/11/2012 By Valerio Calabrò Leave a Comment Maria Falcone Il momento è quello delle grandi emozioni e dell‟attenzione costante. La Chiesa di Santa Maria delle Grazie è gremita da studenti e curiosi che da tutta la città sono accorsi per ascoltare la testimonianza di chi ha dato e continua a dare. Di chi non si arrende e di chi lotta. Proprio come fino a vent‟anni fa aveva fatto suo fratello Giovanni. Maria Falcone parla in tono rilassato, sorride sempre, non cerca risposte a caso e non le troverebbe proprio perché senza avere una cognizione perfetta dei fatti si rifiuta garbatamente di rispondere alle domande. E nonostante tutti i ragazzi che aspettano ansiosamente di sentirla lei, senza scomporsi, accetta di fare quattro chiacchiere con noi. In questo momento Ingroia che ha lavorato con suo fratello va in Guatemala per conto dell’ONU per sfuggire alle pressioni mafiose e lasciando il processo di collusione Stato-mafia. Lei cosa ne pensa? “Io non so sinceramente perché abbia deciso di andare in Guatemala. So che è una cosa che aveva organizzato tempo fa e non credo di conseguenza che ci siano state costrizioni tali da non permettere il proseguimento del suo lavoro qui. Si tratta di una scelta che in ogni caso non pregiudica il processo sulla cosiddetta ”trattativa” e per questo la faccenda a mio avviso ha una rilevanza limitata. Anche perché ci sono tanti giudici in gamba a Palermo, che certamente continueranno a fare il proprio dovere fino in fondo”. L’Italia di oggi è un Paese compromesso economicamente e socialmente. Rispetto al 1992 abbiamo più o meno forza di indignarci? “Io
credo che abbiamo recuperato un grande valore in questi anni, anche se le condizioni economiche e sociali, soprattutto in questo ultimo periodo, sono molto difficili. Però, per quello che interessa me in quanto docente e per il mio girovagare per le scuole, credo siano stati fatti passi avanti nella società civile. C‟è stato il recupero di quello che di solito è definito come “cittadinanza attiva”, la voglia dei cittadini di partecipare, la voglia di legalità e l‟attenzione, soprattutto dei giovani, a temi che nel ‟92 non erano minimamente concepibili”. Giovanni Falcone, oltre a essere stato un magistrato dell’antimafia, è stato un tecnico dell’antimafia, portando avanti provvedimenti come il concorso esterno in associazione mafiosa. L’ex presidente Raffaele Lombardo è stato rinviato a giudizio proprio per questo reato e Salvatore Cuffaro è in carcere con questa accusa. Lei intravede nel nuovo presidente Crocetta un segno di cambiamento? “Per quello che è la storia di Crocetta direi che ci troviamo in una situazione completamente diversa. Tutti conosciamo il grande lavoro che ha fatto al tempo in cui era sindaco di Gela, quindi non si trova nelle condizioni in cui si trovavano i suoi predecessori. Spero che Crocetta rimetta in piedi la nostra Sicilia, devastata dalla collusione e dalle spese folli, che devono essere fermate una volta per tutte”. Negli ultimi tempi lo Stato è stato messo sotto accusa per quella la trattativa con la mafia. Come reputa l’atteggiamento delle istituzioni e di alcuni esponenti politici di fronte a questo processo che la Procura di Palermo sta portando avanti contro tutto e contro tutti? “Si tratta di un tema molto delicato e anche io, al solo pensiero che mio fratello possa essere stato ucciso da una parte dello Stato, quello Stato che lui ha sempre salvaguardato e difeso lottando fino alla fine ,mi addolora ancora di più che continuare a credere responsabile solo la mafia della strage di Capaci. Però vorrei anche dire che si tratta di un problema delicato. La cosidetta “ragione di Stato”, pone tutto in una determinata segretezza. Aspetto in ogni caso che i magistrati arrivino al nocciolo della situazione. Ma non ho dubbi sul fatto che ci si stato qualche accordo, ad esempio per arrestare Totò Riina, perché non si lascia dopo l‟arresto di quest‟ultimo incustodita per un mese, permettendo quindi di ripulire tutto quello che di scandaloso e pericoloso poteva trovarsi al suo interno. Bisogna comunque vedere quali furono le ragioni per arrivare a quell‟accordo. Dobbiamo pensare che dopo le stragi del ‟92-‟93 ci siamo trovati una situazione difficile, come può essere stato l‟attentato alle Torri Gemelle. Il punto è valutare ogni cosa con attenzione e mi auguro che questo porti a capire una volta per tutte la verità”.
Maria Falcone ai ragazzi delle scuole messinesi, citando il fratello magistrato: «Fate il vostro dovere. È questa l’essenza della moralità umana» Pubblicato Martedì, 06 Novembre 2012 16:06 «Io sono siciliano. Un giorno questa terra diventerà bellissima!» sono queste le parole pronunciate da Giovanni Falcone, il magistrato siciliano assassinato dalla mafia il 23 maggio 1992 nella strage di Capaci, e riproposte oggi dalla sorella Maria, in apertura del suo intervento nell‟ambito degli “Incontri di legalità”, proposti dalla Parrocchia Santa Maria di Gesù di Provinciale. La Chiesa gremita di studenti provenienti da numerosi istituti scolastici della città, di insegnanti, cittadini, parrocchiani, alcune autorità, ha accolto con un plauso roboante la professoressa Falcone che negli anni ha dimostrato il suo impegno nella prosecuzione della battaglia contro il fenomeno mafioso, già intrapresa dal fratello magistrato. E non si è fermata, ci fa sapere, anche se molti le hanno sempre chiesto: «Maria, ma chi te lo fa fare?». L‟onestà, il sogno, la fiducia nel cambiamento, il futuro ― risponde lei senza esitazioni. Queste le ragioni che dopo l‟assassinio del fratello l‟hanno spinta a dare vita alla “Fondazione Giovanni e Francesca Falcone”, per promuovere tra i giovani lo sviluppo di una cultura antimafiosa. Sono intervenuti all‟appuntamento anche i membri del Comitato AddioPizzo a testimoniare, con la loro presenza, la legalità e la possibilità di agire in questa direzione, e i signori Campagna, fratelli di Graziella Campagna, altra vittima famosa della perversa logica mafiosa (si parlerà del suo caso in un incontro, il 13 Dicembre). Sì, perché di illegalità e delle modalità di lotta per sconfiggerla si è parlato stamattina. «La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano ― affermava Falcone ― e come tutti i fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni». Maria Falcone ha voluto rendere omaggio non solo al fratello ma anche a tutte quelle figure di insegnanti che si sono battuti e continuano a battersi per costruire un futuro migliore, fatto di e per persone oneste: perché i ragazzi di oggi saranno gli uomini del futuro, i soggetti di quel sogno di cambiamento in cui ha sempre sperato il giudice Falcone. E il cambiamento passa dalla cultura. A supporto della sua idea, Maria cita la risposta di Gesualdo Bufalino alla domanda di un giornalista che gli chiese, nel lontano 1992, chi avrebbe vinto la mafia, lo scrittore rispose: «Un esercito di maestri elementari». In una performance di alcuni dei ragazzi presenti all‟evento si sono chiarite tutte le contraddizioni del “paradosso Sicilia”, un territorio a metà tra l‟“amuri struggenti” e la “terra mischina”. La professoressa Falcone ha sottolineato che per il fratello la condizione necessaria per il cambiamento è sempre stata l‟azione, il non adagiarsi. «Fate soltanto e semplicemente il vostro dovere, fino in fondo, perché sta in ciò l‟essenza della morale umana», questo il pensiero, segnato su uno stralcio di giornale, che il magistrato Giovanni Falcone portava sempre con sé, nel suo portafoglio. Perché se ciascuno di noi, nel suo piccolo, adempie al proprio dovere ― è il messaggio che Maria Falcone ha
voluto far arrivare ai ragazzi ― il cambiamento forte sarà il risultato dell‟impegno e dell‟unione di tutte le persone che agiscono di concerto per la sua realizzazione. «Perché il potere delle persone è sempre più forte del potere sulle persone». Giusy Gerace
Emozionante incontro con Maria Falcone - di Giovanni Tomasello – Non si può descrivere la gioia, l‟entusiasmo, il grido di BENVENUTA che tantissimi ragazzi delle scuole messinesi hanno tributato, all‟interno della Chiesa Santa Maria di Gesù di Provinciale, alla sorella del giudice Falcone, Maria, da vent‟anni impegnata in una campagna di “demolizione” della mafia e nel tratteggiare una idea nuova, più viva, meno rassegnata della nostra bella isola. Messaggio che la signora Falcone ha fin dall‟indomani della barbara uccisione del fratello, indirizzato verso le scuole, verso i giovanissimi speranza di un futuro migliore per la Sicilia. E i ragazzi delle elementari e delle medie, non hanno fatto mancare il loro contributo anche in termini culturali (commovente la recita degli alunni dell‟Istituto Comprensivo “Ettore Castronovo” di Santo Bordonaro, che vi offriremo integralmente in un articolo a parte). L‟introduzione dell‟incontro davanti ad una chiesa gremita (molte le persone in piedi) è spettato al parroco di Provinciale don Terenzio che ha trasmesso all‟attento uditorio la sua emozione per un appuntamento che sicuramente rappresenta una tappa importante nel ciclo di incontri di legalità che ormai da tre anni la Parrocchia Santa Maria di Gesù propone alla città, non sempre attenta a tale tematica. Tra i presenti da registrare il Comandante (re insediato) della Polizia Municipale Calogero Ferlisi, il Presidente dell‟Antiracket Messina Mariano Nicotra, e i ragazzi del Comitato “Addiopizzo” capitanati da Enrico Pistorino. Don Terenzio nel suo intervento introduttivo sottolinea questo aspetto: “il parlare della mafia, anche sui giornali, deve suscitare interesse, conoscenza maggiore. Ne parliamo in chiesa,il luogo di incontro dell‟uomo con Dio, e degli uomini tra di loro. Luogo in cui fare unire amore e speranza, un pieno di pace e di solidarietà, un pieno di giustizia e di perdono, un pieno di LEGALITA‟. Parlarne non può essere che solo il primo passo. Spero che nessuno di voi vada via adesso, sentendomi dire che la partecipazione a questi incontri deve portarci ad essere testimoni di legalità, uomini e donne onesti e coraggiosi che in tutti i campi in cui siamo chiamati ad operare non ci
lasciamo piegare dalla perversa logica mafiosa. Contrastare questo fenomeno diabolico è RESPONSABILITA‟ DI TUTTI. Sappiamo bene che l‟unione delle nostre forze è ciò che i mafiosi temono di più, perché riescono facilmente a prevalere spesso eliminando chi resta solo. Una convinzione deve accompagnarci: SE LO VOGLIAMO LA MAFIA PUO‟ FINIRE. Come ogni fenomeno umano, riprendendo il pensiero del giudice Falcone, Dio non permetterà che affligga per sempre i suoi figli. C‟è bisogno, però, di sporcarsi le mani per sradicare questa erbaccia, che altrimenti continuerà a proliferare. Davvero credo che qualcuno mi abbia ispirato queste parole che adesso vi ho rivolto, pronunciate il 19 Novembre del 2009, quando in questa Chiesa, non così gremita, abbiano iniziato il ciclo di incontri di legalità e sin dall‟inizio, con queste parole, ci dicevamo che volevamo fare qualcosa per contrastare il fenomeno mafioso, alimentando la consapevolezza, lontana anni luce dal pensiero di tanti, che la mafia può finire se noi lo vogliamo e se noi ci impegniamo. Adesso vorrei raccontarvi due episodi accaduti nei giorni scorsi (n.d.r.: alla notizia della venuta a Messina di Maria Falcone): il primo riguarda un commerciante del nostro quartiere che quando ha affisso il manifesto nel suo negozio, ha detto “figlioli ha proprio la stessa faccia del fratello, lei è l‟immagine della lotta alla mafia”. Il secondo episodio riguarda una insegnante che rivolta ad una mamma cercava di convincerla che oggi (6 Novembre) i suoi figlioletti marinassero la scuola per essere presenti qui, e le ha detto: “chissà cosa può significare incontrare Maria Falcone a dieci anni?” Ecco, come lei sa signora Maria, (rivolto alla Falcone), in Chiesa si dovrebbe venire per incontrare Gesù e da questo incontro la nostra vita dovrebbe essere trasformata. Io spero che l‟incontro con lei aiuti ciascuno di noi che ha dieci anni o più ad essere altrettante immagini di legalità e giustizia. Se lo vogliamo la mafia può finire. In percentuale i mafiosi sono molti di meno di tutti gli abitanti della Sicilia. Ma possiamo diventare di più se in un modo o nell‟altro, pur non essendo mafiosi, qualcosa di “mafioso” la facciamo tutti. Dio vuole che la mafia finisca – conclude commosso fino alle lacrime don Terenzio – e come per il sangue di Cristo anche il sangue di tanti martiri della mafia come Giovanni Falcone o Graziella Campagna non sarà stato versato invano”.
“La mafia sara' sconfitta da un esercito di maestre elementari” Scritto da Claudia Benassai Domenica, 11 Novembre 2012 20:51 “C‟è stato un grande cambiamento. Ormai i latitanti sono alle sbarre. L‟attenzione è cambiata grazie all‟impegno della società civile. Prima era indifferente a ciò che accadeva. Lo Stato è molto più presente rispetto a quando lavorava con Giovanni” Queste sono le battute che scambiamo con Maria Falcone, prima che l‟evento -organizzato da Don Terenzio e dalla Parrocchia Santa Maria del Gesù- abbia inizio. L‟incontro si apre con un scroscio di applausi da parte dei giovanissimi alunni delle scuole messinesi. Dopo le note di Beautiful That way di Noa, inizia l‟introduzione di Don Terenzio, che per l‟occasione, ha popolato la parrocchia di immagini di legalità. Il suo messaggio è chiaro: “Se lo vogliamo la mafia può finire” e nel dire questo rievoca la figura di Gaspare del Bufalo, un uomo di chiesa che rifiutò di prestare giuramento a Napoleone e dedicò parte della su a vita ai briganti, ovvero i malavitosi del tempo, che, andò ad evangelizzare e a convertire nei rifugi sui monti posti fra il Lazio e la Campania. Maria Falcone ha poi spiegato ai giovani uditori l‟ideale di legalità che persegue. Lo stesso che gli è stato tramandato dal fratello: «Parlare in una chiesa da un lato mi emoziona e dall‟altro lato mi dà
forza. Io ringrazio gli insegnanti, perché tutto questo movimento che si è creato in questi vent‟anni lo dobbiamo a loro che hanno cercato di raggiungere questo risultato preannunciato da Bufalino: “La mafia sarà vinta da un esercito di maestre elementari”. Quando è morto Giovanni Falcone io l‟ho pianto non soltanto come sorella ma anche come cittadina italiana. Lui era il portabandiera, armato di una grande volontà, desideroso di fare sempre il massimo possibile. A scuola era il più bravo ma anche nello sport. Partiva dal presupposto che ognuno deve partire dalle proprie possibilità. Come cittadina mi sono detta: ”È finito tutto”. Ma Paolo mi aveva rassicurato sul fatto che avrebbe continuato il lavoro di Giovanni. Quando morì anche Paolo mi è tornato in mente il testamento di Giovanni che non ha mai scritto,anche se sapeva di dover morire perché Tommaso Buscetta gli aveva detto che il suo conto con Cosa Nostra si sarebbe chiuso con la sua morte. Non aveva grandi beni materiali. Non avevo nemmeno figli. Ma ne ha tanti ora. Sono tutti gli italiani. Poi mi è tornata in mente la sua frase: “ Gli uomini passano ma le idee restano. Restano le loro tensioni morali che cammineranno sulle gambe di altri uomini”. Ho pensato così di creare una fondazione che portasse avanti le sue idee. Giovanni diceva spesso ai miei figli: ”Per combattere la mafia non basta l‟azione della repressione ma è necessario che cambi l‟atteggiamento della società”. È chiaro quindi che bisogna cambiare la cultura della nostra nazione, la cultura dell‟indifferenza e la cultura dell‟omertà. Gli insegnanti riusciranno a dare molto alla società. Dobbiamo avere una conoscenza attiva non dobbiamo dire: ”siete stati bravi”. Fate semplicemente il vostro dovere. Giovanni aveva appuntato in un pezzo di giornale questa frase di Robert Kennedy che racchiude tutto: “Fare fino in fondo il proprio dovere costi quel che costi perché in ciò sta l‟essenza della morale umana”». In coda all‟evento abbiamo intervistato Padre Terenzio. Come nasce l’iniziativa di avvicinarsi al mondo dell’antimafia? Noi abbiamo preso spunto nel 2009 quando c‟era una lettera dell‟arcivescovo che parlava di un vangelo senza confini. Da qui ci siamo interrogati in quali strade di Messina potessimo portare il nostro impegno antimafia. Tutte le persone che sono venute Piera Ajello, Don Luigi Ciotti, il questore di Messina, hanno fatto emergere una realtà: bisogna avere un‟attenzione particolare verso i giovani. Che faccia ha la mafia a Messina? Non è un argomento di cui si parla o che ci viene esposto. Un giorno mi hanno allarmato le parole di un commerciante: “Io sono trent‟anni che sto qui e non ha mai pagato il pizzo”. Da lì mi sono preoccupato, invece, di tutti quelli che lo pagano. In una città, come Messina si fa fatica a mettere tutte le forze insieme. Ma con l‟unione di tutti possiamo farcela. I giovani posso fare da cassa di risonanza. Qual è la sua posizione in merito a tutti i preti che hanno fiancheggiato Cosa Nostra? Io posso dirti che chi viene in questa terra da fuori respira un‟aria viziata. C‟è tutto un contesto, una parte della società che fatica a prendere posizione. Mi dispiace che un prete possa cadere nella rete della mafia. Ognuno dovrebbe rispettare e assolvere il proprio compito. Anche dai politici però ci attendiamo una buona condotta.
Concludendo, aggiungiamo noi, è bello vedere che tanti ragazzi stringano tra le mai un libro: Giovanni Falcone: Un eroe solo e sono desiderosi di sapere cosa sia successo quel 23 maggio del 1992. Anno in cui la coscienza degli italiani si è svegliata dopo anni di torpore.
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