Consiglio Nazionale dei Geologi - 26 agosto 2020 - Consiglio Nazionale dei ...
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Quotidiano Data 26-08-2020 CORRIERE DEL VENETO Pagina 1+7 1/2 °nUvrso r: rLU.uno Foglio DOPO VERONA E CORTINA Maltempo, anni di cantieri non bastano al 2010 a oggi, si fanno . sempre più frequenti gli eventi catastrofici, con danni ingenti a carico dei cittadini rassegnati. Ma i cantieri sono aperti, i lavori sono stati fatti. Il punto è che i soldi non ba- stano mai. a pagina 7 Bonet Maltempo,anni di cantieri mai soldi non bastano mai Ora si spera nell'Europa Il Veneto sta cambiando ma non velocemente quanto il clima VENEZIA «L'esperienza è il mi- na la manutenzione è stata fat- per tutti gli altri e così si torna la penuria delle casse pubbli- glior maestro. Peccato che il ta, c'è un piano che coinvolge al nocciolo della questione che che, non è poco. Ma intanto suo onorario sia così alto». L 6o mila tombini ed è partito non sono le buone intenzioni, dall'alluvione sono passati die- una celebre massima del filo- proprio dalle vie finite sottac- che ci sono, ma i soldi, che ci anni. sofo scozzese Thomas Carlyle, qua:Il punto è che per quanto non ci sono. Il Mose, dopo 17 Le grandi opere, peraltro, che fatalmente rispunta ad gli scoli fossero puliti, la cadu- anni, 5 miliardi e una masto- non bastano e a dirlo è lo stes- ogni catastrofe. La si usa a con- ta di un metro e mezzo di gran- dontica inchiesta giudiziaria, so Luigi D'Alpaos, professore forto della tesi, maggioritaria dine in pochi minuti, unito al si avvia a conclusione e do- emerito del Dipartimento di quando ci si trova davanti alla fogliame caduto dagli alberi vrebbe salvare Venezia. Ma per idraulica dell'Università di Pa- devastazione, per cui non si è per via del vento, ha intasato l'idrovia, indicata da tutti i lu- dova, che insiste sull'impor- fatto abbastanza, non si è spe- tutto, allagando garage, negozi minari come la soluzione defi- tanza della rete minore: «Stia- so abbastanza, non si è agito e scantinati». nitiva ai problemi idrogeologi- mo pagando le conseguenze abbastanza. Ma è davvero così? Una soluzione ci sarebbe e ci del Veneto Centrale, non re- dell'urbanizzazione scriteriata Oppure, per quanto si sia fatto, l'ha detta lo stesso Polato: rifa- sta che sperare nel Recovery fatta nel passato, che non ha davanti all'ineluttabilità di cer- re da cima a fondo l'impianto Fund (costa 512 milioni; l'allu- tenuto conto di questo aspetto. ti eventi non resta che allarga- fognario di Verona, risalente al vione del toro provocò danni E anche negli anni più recenti re le braccia? Dopoguerra: «Cinque anni di per 426). E chiaro, dunque, non c'è stata sufficiente atten- 11 governatore Luca Zaia lo lavori per ioo milioni» è la sua che non si può fare tutto e oc- zione». D'accordo Paolo Spa- disse anche nei giorni tragici stima. Un problema noto, che corre procedere per priorità. gna, membro del Consiglio na- dell'ultima Acqua Granda: «C'è non riguarda solo Verona: nel Chi le stabilisce? La Regione ha zionale dei geologi, anche se un quadro con le gondole che centro storico di Venezia la rete fatto la sua parte con l'ormai «rispettosamente» se la pren- navigano in piazza San Marco, fognaria, semplicemente, non famoso Piano D'Alpaos da 3,2 de proprio con D'Alpaos per lo L'ha fatto Vincenzo Chilone, esiste, i «gatoli» delle case sca- miliardi. Facile intuire la di- scarso coinvolgimento nella nel 1825». Come a dire: è una ricano direttamente in canale. stanza che ci separa dal suo stesura del piano: «I bacini di tragedia ma non è stata la pri- Si dirà: ma Venezia è Venezia. completamento. La Regione, laminazione servono ma sono ma, e non sarà l'ultima . Una Vero, ma lo stesso accade a di anno in anno, con i soldi di interventi per la gestione del- tesi non dissimile da quella Treviso, dove la rete fognaria cui dispone procede con i can- l'emergenza, non di prevenzio- dell'assessore alla Protezione non collega tutte le case. Una tieri: Timonchio, Colombaret- ne. Spostano il problema da civile di Verona Daniele Polato, situazione che fu definita ta, Monticano. Opere che stan- una parte all'altra: che fine fan- no i milioni di metri cubi con- 024697 che nelle stesse ore in cui Aldi- «inaccettabile» dalla Commis- no funzionando ma sono 3 su no Bondesan, geomorfologo sione europea e stiamo parlan- un elenco di 23 e stiamo par- centrati in quelle vasche? Dove dell'Università di Padova, am- do, dati del ministero dell'Eco- lando dei soli bacini di lamina- defluiscono? Il territorio ha bi- moniva sull'urgenza dell'ade- nonva, del Comune più ricco zione. In totale, a questa voce, sogno di sentinelle e di conti- guamento della rete idrografi- del Veneto, il piano prevede lavori per 582 nue opere di salvaguardia. Co- ca minore («Canali di scolo e Se occorrono loo milioni milioni: ne sono stati comple- me può la Regione stanziare fossi spesso sono abbandona- per la sola Verona, facile im- tati per 56 milioni e altri sono poche centinaia di migliaia di ti»), spiegava: «Ma qui a Vero- maginare quanti soldi servano finanziati per 345 milioni. Con euro per 4 mila frane attive sul nostro territorio?». Il presi- Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile. Ordine Nazionale Geologi
Quotidiano Data 26-08-2020 CORRIERE DEL VENETO Pagina 1+7 2/2 11LrFIGO Y LtULL M) Foglio dente della Cia, Gianmichele sta. Detto che gli ambientalisti tro perché governa, provare a dente della commissione Ur- Passarini dà la disponibilità qui sono impalpabili (inutile dare una risposta a chi, come banistica della Regione Fran- dei suoi associati ad allagare guardare ai Verdi della Germa- l'Ispra, fa notare che il Veneto cesco Calzavara - ma espliche- (dietro compenso economico) nïa, basti pensare che alle continua a galoppare verso la ranno i loro effetti nel lungo i campi per salvare i centri abi- prossime Regionali si presen- cernentificazione più selvag- periodo, mentre ora vediamo tati e si unisce al coro di chi teranno divisi in tre liste diver- gia, secondo solo alla Lombar- andare a dama progetti frutto chiede un piano invasi, inter- se con tre candidati differenti) dia e tra le regioni peggiori della programmazione degli venti di rimboschimento, stop e che anche il movimento dei d'Europa: «Le norme per il anni passati. Mica potevamo alla cementificazione. Fridays for future pare essere contenimento ciel suolo sono fare tabula rasa degli strumen- Di nuovo colpa della politi- passato senza aver lasciato se- state approvate e sono molto ti urbanistici vigenti dall'oggi ca, dunque. Che però non ci gni, tocca alla Lega, se non al- restrittive - ha spiegato il presi- al domani». Non è un caso che l'orizzonte sia il 2050. Marco Bonet La vicenda Il plano miliardario I piccoli interventi Il faro della Regione Gli esperti insistono •Domenica sulla rete minore pomeriggio è il piano D'Alpaos, Verona è stata che prevede opere ma mancano i fondi investita da per 3,2 miliardi per la manutenzione una tempesta che ha provocato danni ingenti a causa del vento e della grandine •Lunedì sera, nuovo episodio a Cortina,dove la pioggia battente ha trasformato le strade in torrenti di fango •Mai precedenti recenti di eventi catastrofici in Veneto sono numerosi dall'Acqua Granda(2019) a Vaia (2018) dal tomado in Riviera(2015) all'alluvione di Nelle due foto,due diversi momenti della tempesta che si è abbattuta su Verona,dove la grandine e le foglie hanno ostruito i tombini provocando gli allagamenti Vicenza(2010) CORRIERE DEL VENETO Scattano i test primi prof in quarantena „,, L~;i~1;s~x~ a„11una 024697 ee,.. . IFro~,wi~?:~::a~ ~ Y cti,~~í®.~,n„~~ It 9irauisol'—.:':~~...; .^ .:~Il~li. .~d wrod ® Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile. Ordine Nazionale Geologi
Quotidiano Data 26-08-2020 CORRIERE DEL VENETO Pagina 1+7 Foglio 1/2 DOPO VERONA E CORTINA Maltempo, anni di cantieri non bastano TA al 2010 a oggi, si fanno If sempre più frequenti gli eventi catastrofici, con danni ingenti a carico dei cittadini rassegnati. Ma i cantieri sono aperti, i lavori sono stati fatti. Il punto è che i soldi non ba- stanò mai. a pagina 7 Bonet Maltempo,anni di cantieri mai soldi non bastano mai Ora si spera nell'Europa II Veneto sta cambiando ma non velocemente quanto il clima VENEZIA «L'esperienza è il mi- fossi spesso sono abbandona- del Veneto. lando dei soli baci nidi lamìna- glior maestro. Peccato che ti»), spiegava: «Ma qui a Vero- Se occorrono loo milioni zione. in totale, a questa voce, suo onorario sia così alto». E na la manutenzione è stata fat- per la sola Verona, facile im- il piano prevede lavori per 582 una celebre massima del filo- ta, c'è un piano che coinvolge maginare quanti soldi servano milioni: ne sono stati comple- sofo scozzese Thomas Carlyle, 6o mila tombini ed è partito per tutti gli altri e così si torna tati per 56 milioni e altri sono che fatalmente rispunta ad proprio dalle vie finite sottac- al nocciolo della questione che finanziati per 345 milioni. Con ogni catastrofe. La si usa a con- qua. Il punto è che per quanto non sono le buone intenzioni, la penuria delle casse pubbli- forto della tesi, maggioritaria gli scoli fossero puliti, la cadu- che ci sono, ma i soldi, che che, non è poco. Ma intanto quando ci si. trova davanti alla ta di un metro e mezzo di gran- non ci. sono. Il Mose, dopo 17 dall'alluvione sono passati die- devastazione, per cui non si è dine in pochi minuti, unito al anni, 5 miliardi e una masto- ci anni. fatto abbastanza, non si è spe- f. ogliame caduto dagli alberi dontica inchiesta giudiziaria, Le grandi opere, peraltro, so abbastanza, non si è agito per via del vento, ha intasato si avvia a conclusione e do non bastano e a dirlo è lo stes-, abbastanza. Ma è davvero così? tutto, allagando garage, negozi vrebbe salvare Venezia, Ma per sia Luigi D'Alpaos, professore Oppure,per quanto si sia fatto, e scantinati». l'idrovia, indicata da tutti i lu- emerito del Dipartimento di. davanti all'ineluttabilità di cer- Una soluzione ci sarebbe e minari come la soluzione defi- idraulica dell'Università di Pa- ti eventi non resta che allarga- l'ha detta lo stesso Polato: rifa- nitiva ai problemi idrogeologi- dova, che insiste sull'impor- re le braccia? re da cima a fondo l'impianto ci del Veneto Centrale, non re tanza della rete minore: «Stia- Il governatore Luca Zaia lo fognario di Verona,risalente al sta che sperare nel Recoven mo pagando le conseguenze disse anche nei giorni tragici Dopoguerra: «Cinque anni di Fumi(costa 512 milioni; l'allu- dell'urbanizzazione scriteriata dell'ultima Acqua Granchi: «C'è lavori per io° milioni» è la sua vione del 2oio provocò danni fatta nel passato, che non ha un quadro con le gondole che stima. Un problema noto, che per 426). E chiaro, dunque, tenuto conto di questo aspetto. navigano in piazza San Marco. non riguarda solo Verona: nel che non si può fare lurto e oc E anche negli anni più recenti L'ha fatto Vincenzo Chilone, centro storico di Venezia la rete corre procedere per priorità. non c'è stata sufficiente atten- nel 1825». Come a dire: è una fognaria, semplicemente, non Chi le stabilisce? I,a Regione ha zione». D'accordo Paolo Spa- tragedia ma non è stata la pri- esiste, i «gatoli» delle case sca- fatto la sua parte con l'ormai gna,membro del Consiglio na- ma, e non sarà l'ultima . Una ricano direttamente in canale. famoso Piano D'Alpaos da 3,2 zionale dei geologi, anche se tesi non dissimile da quella Si dirà: ma Venezia è Venezia. miliardi. Facile intuire la di «rispettosamente» se la pren- 024697 dell'assessore alla Protezione Vero, ma lo stesso accade a stanza che ci separa dal suo de proprio con D'Alpaos per lo civile di Verona Daniele Polato, Traviso, dove la rete fognaria completamento. I,a Regione, scarso coinvolgimento nella che nelle stesse ore in cui Aldi- non collega tutte le case. Una di anno in anno, con i soldi di stesura del piano: «I bacini. di no Bondesan, geomorfologo situazione che fu definita cui dispone procede con i can- laminazione servono ma sono dell'Università di Padova, am- «inaccettabile» dalla Commis- tieri: Thnonchio, Colombaret- interventi per la gestione.del- moniva sull'urgenza dell'ade- s'ione europeae stiamo parlan— 'ta, Montleali°. Opere che stan- l'e mergenza, non di prevenzio- guamento della rete idrografi- do,dati del ministeradell'Eco- no funzionando ma sono 3 su ne. Spostano il problema da ca minore («Canali di scolo e nomia, del Comune più ricco.'
Quotidiano Data 26-08-2020 DEL VENETO CORRIEREvierNZ;t Pagina 1+7 Foglio 2/2 no imilioni di metri cubi con- i campi per salvare ï centri alpi. e che anche il movimento d .i state approvale e sono motto centrati in quelle vasche? Dove tatiesiuniscealcorodichi Fridays for :fuitrre pare essere restriltive - h,o. Marco Bonet La vicenda I piccoli Interventi II piano miliardario •Domenica Il faro della Regione Gli esperti insistono pomeriggio è il piano D'Alpaos, sulla rete minore Verona è stata ma mancano i fondi investita da che prevede opere una tempesta per 3,2 miliardi per la manutenzione che ha provocato danni ingenti a causa del vento e della grandine •Lunedì sera, nuovo episodio a Cortina, dove la pioggia battente ha trasformato le strade in torrenti di fango •Ma i precedenti recenti di eventi catastrofici in Veneto sono numerosi dall'Acqua Granda (2019) a Vaia (2018) dal tornado in Riviera(2015) all'alluvione di Vicenza (2010) Nelle due foto, due diversi momenti della tempesta che si è abbattuta su Verona,dove la grandine e le foglie hanno ostruito i tombini provocando gli allagamenti 024697 Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile. Ordine Nazionale Geologi
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Urbanistica 26 Agosto 2020 Per le demolizioni ipotesi superbonus anche con aumenti di volumetria di Luca Rollino In breve Il Dl semplificazioni apre agli sconti per ricostruzioni con modifiche di sagoma. Rischio sulle detrazioni a causa delle regole di efficienza energetica Il Dl semplificazioni ha reso più facile effettuare un intervento di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti, equiparandolo alla ristrutturazione anche in presenza di differenze di sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche. Da un punto di vista fiscale, la demolizione e ricostruzione ha da sempre goduto delle detrazioni fiscali per interventi di riqualificazione del patrimonio immobiliare esistente, purché senza aumento di volume, con l'unica possibilità di incremento volumetrico legata all'adeguamento alla vigente normativa strutturale e tecnologica. La prima conseguenza del Dl semplificazioni pare, quindi, essere un'apertura alla possibilità di fruire delle detrazioni (comprese quelle con aliquota al 110%), anche in presenza di incremento volumetrico dell'immobile demolito e ricostruito. La circolare 24/E Da rilevare, però, come sulla circolare 24/E dell'agenzia delle Entrate questa apertura non sia ancora presente, in quanto sia al paragrafo 6 sia alla Faq 24 si ribadisce come le agevolazioni (nella fattispecie la detrazione al 110%) siano fruibili solo in assenza di incremento volumetrico. Alla luce dell'esplicito rimando fatto dall'agenzia nella circolare alla definizione di «ristrutturazione edilizia» (articolo 3, comma 1, lettera d, del Dpr 380/2001 su cui è intervenuto il Dl Semplificazioni), si deve intendere questa indicazione come un mero errore formale, legato ad un mancato adeguamento della circolare 24/E all'ultimo provvedimento. Rinnovabili e demolizioni C'è, tuttavia, un altro riferimento legislativo che, seppur da un punto di vista energetico e tecnologico, equipara la demolizione e ricostruzione alla nuova costruzione: è il Dlgs 28/2011, che regolamenta il ricorso alle fonti energetiche rinnovabili negli edifici. Secondo quanto previsto dall'articolo 2, demolire e ricostruire un edificio rientra nella ristrutturazione rilevante: il nuovo fabbricato avrà una copertura dei fabbisogni energetici tramite ricorso a fonti rinnovabili esattamente come nel caso di una nuova costruzione. In particolare, gli impianti di produzione di energia termica dell'edificio ricostruito devono essere progettati e realizzati in modo da garantire il contemporaneo rispetto della copertura del 50% dei consumi previsti per l'acqua calda sanitaria e del 50% della somma dei consumi previsti per l'acqua calda sanitaria, il riscaldamento e il raffrescamento. Inoltre, devono essere dotati di impianti per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile per una potenza pari ad 1/50 della superficie in pianta dell'edificio al livello del terreno. Il perimetro degli sconti Questa richiesta comporta la realizzazione di un involucro molto performante, il ricorso a sistemi di generazione alternativi alla combustione (quali ad esempio una pompa di calore) e il ricorso a impianti di produzione come quelli fotovoltaici. Per questi ultimi, eventuali agevolazioni (come la detrazione) sono riconosciute per la sola quota parte eccedente il minimo previsto per legge (per analogia rispetto a quanto previsto da articolo 11 comma 4 del Dlgs 28/2011 e a quanto detto dall'agenzia per le agevolazioni ex articolo 16-bis Tuir) e, in caso di aliquota al 110%, con una riduzione della spesa massima incentivabile (1.600 euro a kW installato). Tuttavia, nulla viene detto per le detrazioni concesse per gli altri sistemi edilizi e tecnologici, che paiono essere agevolati tramite le detrazioni benché le loro caratteristiche debbano rispondere a precisi 1/2
requisiti di legge, indipendentemente dalla volontà di accesso ai bonus fiscali. L'indicazione dell'Enea Da segnalare in proposito che l'Enea, in una sua Faq (priva quindi di carattere legale) ha segnalato che, in caso di cogenza degli obblighi previsti da Dlgs 28/2011 per un impianto solare termico, ritiene che possa essere ammissibile al beneficio fiscale unicamente la parte di spesa sostenuta per l'impianto che produce la quota di energia termica eccedente il vincolo di legge. Chiaramente si tratta di una interpretazione che, qualora estesa in modo generalizzato in presenza di demolizione e ricostruzione, oltre a ridurre di molto la portata del beneficio legato alle detrazioni, comporterebbe non pochi problemi di contabilità operativa di cantiere. Si auspica pertanto una presa di posizione chiarificatoria da parte dell'agenzia delle Entrate, in grado di prevenire errori e contenziosi legati ad una tipologia di intervento esplicitamente "semplificata" e agevolata perché possa essere efficace strumento per incentivare la sostituzione e il rinnovamento del patrimonio edilizio italiano. P.I. 00777910159 © Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati 2/2
Appalti 26 Agosto 2020 Partecipazione del Rup alla commissione di gara: non decide la stazione appaltante di Stefano Usai In breve Il responsabile unico che predispone/adotta gli atti del bando è automaticamente incompatibile e non può far parte della commissione esaminatrice Se il Rup ha partecipato alla predisposizione/formazione degli atti di gara è automaticamente incompatibile e non può ricoprire il ruolo di componente della commissione a prescindere da diverse valutazioni della stazione appaltante. In questo senso, l'importante chiarimento fornito dal Tar Lombardia con la sentenza n. 572/2020. Rup e commissione di gara La pronuncia riveste un indubbio valore pratico soprattutto nel momento in cui, in sostanza, sconfessa quanto disposto dal comma 4 del Codice dei contratti laddove si prevede che, sulla partecipazione del Rup in commissione di gara decide la stazione appaltante. In realtà la partecipazione, o meglio la possibilità che il responsabile del procedimento possa legittimamente far parte del collegio di aggiudicazione, risulta condizionata dal fatto che abbia o meno adottato (o preso parte alla formazione) dei documenti di gara. Tra le varie censure, il ricorrente ha contestato proprio l'illegittima composizione della commissione visto che tra i membri di questo figurava il Rup che - secondo l'assunto demolitorio - non avrebbe potuto farvi parte «tanto più se si tiene conto che questi aveva predisposto e firmato gli atti di gara (l'avviso di manifestazione d'interesse e i relativi allegati, la lettera d'invito e il capitolato tecnico, i chiarimenti, l'atto di aggiudicazione)». Nelle proprie difese, la stazione appaltante ha ribadito l'inciso - introdotto dal decreto legislativo 56/2017 - contenuto nel quarto comma dell'articolo 77, a mente del quale «la nomina del Rup a membro delle commissioni di gara è valutata con riferimento alla singola procedura». Pertanto, secondo il convenuto non dovrebbe, «in linea di principio» rilevarsi alcuna «incompatibilità tra il ruolo di Rup e quello di membro della commissione, dovendosi avere riguardo piuttosto al ruolo che in concreto il Rup ha svolto nella predisposizione degli atti di gara (Consiglio di Stato sentenza n. 8248/2019)». Nel caso trattato, il Rup «ancorché» avesse «firmato gli atti contenenti la disciplina di gara (l'avviso di manifestazione d'interesse e i relativi allegati, la lettera d'invito e il capitolato tecnico), (…) non ha partecipato alla sua formazione» visto che si è trattata di una mera riproposizione di atti tecnici già adottati nella gara precedente. In sostanza, il Rup, nel caso specifico, si sarebbe «limitato ad adottare atti di contenuto analogo a quelli che avevano disciplinato la gara precedente ed erano stati predisposti dal suo predecessore». La decisione Il giudice non ha condiviso le ragioni della stazione appaltante evidenziando, in primo luogo, che la decisione di riproporre atti già utilizzati in precedenti appalti non costituisce affatto «una scelta vincolata, ma» piuttosto costituisce «l'esito del pieno esercizio della discrezionalità spettante all'Amministrazione, sicché, ancorché vi sia coincidenza con la lex specialis della procedura avente il medesimo oggetto, la scelta operata è interamente ascrivibile» al Rup . Le due ipotesi, del resto, non erano neppure sovrapponibili visto che la gara precedente si era svolta sotto l'egida del pregresso codice degli appalti (decreto legislativo 163/2006) e il Rup, in ogni caso, ha anche fornito i vari chiarimenti ai quesiti degli appaltatori interessati svolgendo appieno un ruolo attivo nel procedimento e non meramente esecutivo. La conclusione quindi è che se il Rup è coinvolto nella predisposizione/adozione degli atti di gara sorge in automatico una 1/2
presunzione di incompatibilità e la stazione appaltante non può decidere, legittimamente, la sua partecipazione in commissione di gara. P.I. 00777910159 © Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati 2/2
Personale 26 Agosto 2020 Spese legali, sì della Consulta sulla norma per il rimborso «ampio» ai dipendenti della Provincia di Trento di Pietro Verna In breve La disposizione serve a evitare che il soggetto interessato sia condizionato dagli effetti economici di un'azione legale Non è incostituzionale l'articolo 18, comma 1, della legge della Provincia autonoma di Trento 3/1999 che estende il rimborso delle spese legali sostenute dai dipendenti nelle fasi preliminari di giudizi civili, penali e contabili e nei procedimenti conclusi con l'archiviazione. Al contrario è una norma che «si inserisce nel quadro di un complessivo apparato normativo volto a evitare che il pubblico dipendente possa subire condizionamenti in ragione delle conseguenze economiche di un procedimento giudiziario, anche laddove esso si concluda senza l'accertamento di responsabilità». Lo ha stabilito la Consulta (sentenza n.189/2020) che ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale della norma suindicata, sollevate dalla Corte dei conti, Sezioni riunite per la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, in riferimento agli articoli 3, 81, 97, 103, secondo comma, 117, secondo comma, lettera l), e 119, primo comma, della Costituzione. La norma «messa in salvo» dalla Consulta L'articolo 18 della legge della Provincia autonoma di Trento 3/1999, come modificato dall'articolo 28, comma 1, della legge provinciale 1/2014, n. 1 – reca l'interpretazione autentica dell'articolo 92 della legge provinciale 12/1983 («La Provincia rimborsa le spese legali, peritali e di giustizia sostenute dai propri dipendenti per la difesa nei giudizi civili, penali e contabili nei quali siano stati coinvolti per fatti o cause di servizio»), stabilendo che il rimborso debba essere riconosciuto anche per le spese sostenute «nelle fasi preliminari di giudizi civili, penali e contabili [ e] nei casi in cui è stata disposta l'archiviazione del procedimento penale o del procedimento volto all'accertamento della responsabilità amministrativa o contabile». Le censure della Corte dei conti La magistratura contabile aveva censurato la norma provinciale perché, nell'ampliare le ipotesi di rimborso rispetto a quanto previsto dall'articolo 18 del decreto legge 67/1997, convertito dalla legge 135/1997 («Le spese legali relative a giudizi per responsabilità civile, penale e amministrativa, promossi nei confronti di dipendenti di amministrazioni statali in conseguenza di fatti e atti connessi con l'espletamento del servizio o con l'assolvimento di obblighi istituzionali e conclusi con sentenza o provvedimento che escluda la loro responsabilità, sono rimborsate […] nei limiti riconosciuti congrui dall'avvocatura dello Stato»), non avrebbe tenuto conto che il rapporto di lavoro del dipendente pubblico «dovrebbe ricevere una disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale». Inoltre, la stessa norma avrebbe determinato un aggravio della spesa pubblica, «tale da incidere negativamente sugli equilibri di bilancio» e inciso su materie attribuite alla potestà legislativa dello Stato («ordinamento civile», «giurisdizione e norme processuali» e «giustizia amministrativa») e sulla competenza della Corte dei conti «in ordine all'accertamento dell'an della liquidazione delle spese nell'ambito del giudizio contabile». La sentenza La Consulta ha confermato il costante orientamento della giurisprudenza costituzionale secondo cui la disciplina del trattamento giuridico e economico dei dipendenti pubblici va ricondotta alla materia dell'ordinamento civile e quindi alla competenza legislativa statale esclusiva prevista dall'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione, mentre i profili «pubblicistico-organizzativi afferenti al rapporto di impiego rientrano nella competenza legislativa residuale delle Regioni prevista dall'articolo 117, quarto comma, della Costituzione (sentenze n. 128 e n. 25 del 2020, n. 138/2019 e n. 196/2018). Da qui l'incensurabilità della legge tridentina, fermo restando che le finalità della stessa sono state ritenute «coerenti» con la disciplina statale in tema di rimborso di spese legali (dall'articolo 1, comma 1, della legge 20/1994, che delimita la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica ai fatti e alle omissioni commessi con dolo o con colpa grave all'articolo 31, comma 2, del codice di giustizia contabile ai sensi del quale «con 1/2
la sentenza che esclude definitivamente la responsabilità amministrativa il giudice non può disporre la compensazione delle spese del giudizio e liquida, a carico dell'amministrazione di appartenenza, l'ammontare degli onorari e dei diritti spettanti alla difesa») giacché questa disciplina mira a sollevare i funzionari pubblici che abbiano agito in nome, per conto e nell'interesse dell'amministrazione dal timore di eventuali conseguenze giudiziarie connesse all'espletamento delle loro attività istituzionali (Corte di cassazione, Sezioni unite civili, sentenza n. 13861/2015). P.I. 00777910159 © Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati 2/2
Amministratori 25 Agosto 2020 Scuole, ultime battute per la rilevazioni dei fabbisogni degli enti per gli spazi aggiuntivi di Patrizia Ruffini In breve Entro il 26 agosto (ore 18), Comuni, Province e Città metropolitane proprietari di edifici scolastici dovranno inoltrare le richieste di contributi per affitti e acquisto, leasing o noleggio di strutture temporanee Entro il 26 agosto (ore 18), Comuni, Province e Città metropolitane proprietari di edifici scolastici dovranno inoltrare i propri fabbisogni ai fini dell'assegnazione di contributi per affitti e acquisto, leasing o noleggio di strutture temporanee per accogliere gli studenti nel nuovo anno scolastico, nel rispetto nelle norme di distanziamento e sicurezza previste per l'emergenza sanitaria. Le regole sono state formalizzate nei giorni scorsi con avviso pubblicato sul sito del Ministero dell'Istruzione (nota prot. n. 27189/2020). L'articolo 32 del Dl 104/2020 ha destinato agli enti locali titolari delle competenze relative all'edilizia scolastica secondo la legge 23/1996, ai fini dell'acquisizione in affitto o con le altre modalità previste dalla legislazione vigente (inclusi l'acquisto, il leasing o il noleggio di strutture temporanee), di ulteriori spazi da destinare all'attività didattica nell'anno scolastico 2020/2021, nonché delle spese derivanti dalla conduzione di questi spazi e del loro adattamento alle esigenze didattiche. Con decreto del Ministro dell'istruzione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stati destinati a queste finalità 70 milioni (29 milioni per l'anno 2020 e 41 milioni per il 2021), stabilendo che l'assegnazione delle risorse avvenga a seguito di avviso pubblico, previa rilevazione degli effettivi fabbisogni. Nei giorni scorsi il ministero ha inviato agli indirizzi di posta elettronica certificata di tutti gli enti locali che abbiano attività didattiche ed edifici scolastici sul proprio territorio, il link per accedere alla rilevazione dei fabbisogni ai fini dell'assegnazione delle risorse. Nello specifico ogni ente locale titolare delle competenze relative all'edilizia scolastica dovrà indicare l'importo (Iva compresa) richiesto distinguendo le possibili finalità: affitto di strutture e di immobili; noleggio di strutture modulari temporanee ad uso didattico; acquisto di strutture modulari temporanee ad uso didattico; spese derivanti dalla conduzione degli spazi e del loro adattamento alle esigenze didattiche. Dovranno altresì essere indicati gli studenti che potranno essere ricollocati grazie a questi interventi ed eventuali ulteriori fabbisogni non soddisfatti al momento (trasporto per lo spostamento degli studenti in altro luogo, trasloco, deposito o dismissione degli arredi, lavori di adattamento di eventuali ulteriori spazi), accompagnanti dai relativi importi. I contributi saranno assegnati agli enti locali per l'intero importo richiesto, nel caso in cui le richieste non superino la disponibilità complessiva delle risorse oppure in proporzione, anche sulla base della popolazione scolastica, se le richieste complessive per gli spazi, eccederanno la disponibilità delle risorse stanziate per le annualità 2020 e 2021. Gli enti locali beneficiari e i relativi contributi saranno individuati e definiti con decreto della Direzione generale per i fondi strutturali per l'istruzione, l'edilizia scolastica e la scuola digitale, in cui saranno indicate anche le modalità di erogazione delle risorse e il monitoraggio delle stesse. Non sono ammesse richieste per acquisto di arredi scolastici in considerazione degli stanziamenti già dedicati a tale finalità. Infine, per facilitare la partecipazione degli enti il Ministero ha messo a disposizione i chiarimenti e le Faq che affrontano i principali quesiti posti dagli enti. P.I. 00777910159 © Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati Scuole, ultime battute per la rilevazioni dei fabbisogni degli enti per gli spazi aggiuntivi | NT+ Enti Locali & Edilizia
Personale 26 Agosto 2020 Pubblico impiego, contratti appena rinnovati e già scaduti di Cristina Casadei In breve Solo nella sanità pubblica il rinnovo atteso interessa circa 550mila lavoratori Il rinnovo dei contratti collettivi nazionali si intreccia a una congiuntura straordinaria che rende l’obiettivo della firma un miraggio, se ragioniamo sul breve periodo. Tanto nel privato, quanto nel pubblico. Complice l’emergenza sanitaria post Covid, che continuerà a dominare i prossimi mesi, l’organizzazione del lavoro e le relazioni tra sindacati e datori di lavoro sono diventate molto più complicate che in passato, mentre sullo sfondo si staglia il tema occupazionale, al momento solo congelato da misure straordinarie e temporanee, come il blocco dei licenziamenti. Il numero di addetti in attesa di rinnovo è tale da attraversare tanto il settore pubblico, dove al momento non si vede un budget per il rinnovo dei contratti, quanto quello privato. Tanto i servizi quanto l’industria. Tempi sempre più lunghi I tempi dei rinnovi sono sempre più lunghi e questo conferma difficoltà che, in prospettiva, potrebbero anche aumentare, data la situazione economica post Covid molto sfavorevole e il focus su altri temi. Se prendiamo gli ultimi dati Istat disponibili, il tempo medio di attesa di rinnovo è aumentato, passando dai 15,8 mesi di giugno 2019 ai 16,6 mesi di giugno 2020, mentre l’attesa media calcolata sul totale dei dipendenti è più che raddoppiata: 13,7 contro 6,6 mesi. L’effetto sulle buste paga si vede. Prendendo sempre i dati Istat, l’aumento tendenziale delle retribuzioni, in giugno, è stato dello 0,8% per i dipendenti dell’industria, dello 0,6% per quelli dei servizi privati e dello 0,3% per quelli della pubblica amministrazione. Si tratta, però, di una media che non tiene conto delle numerose differenze che vi sono da settore a settore. Il credito, che ha rinnovato il contratto alla fine del 2019 e corrisposto i primi aumenti all’inizio di quest’anno, registra aumenti molto più elevati (2,3%), così come l’energia elettrica e il gas, per effetto delle tranche dell’ultimo rinnovo. A zero, secondo i dati Istat, rimangono invece legno, carta, commercio, farmacie, tlc, solo per citare un lungo elenco. Il pubblico Nel pubblico impiego il rinnovo dei contratti a ridosso della scadenza del triennio di riferimento fa sì che, sebbene siano stati rinnovati da poco, siano già scaduti. La maggior parte dei contratti è infatti scaduto a fine 2018 e i diversi comparti, come spiegano dalla Fp Cgil, «sono in attesa dell’atto di indirizzo per avviare le trattative per il rinnovo relativo al triennio 2019- 2021». Tra questi c’è anche il contratto della Sanità Pubblica che interessa circa 550mila addetti, molto sotto stress in questi ultimi mesi. Dopo una trattativa molto lunga e la firma della preintesa, si è invece incagliato uno dei contratti della Sanità Privata, scaduto da 14 anni e che interessa più di 100mila addetti. Le associazioni Aris e Aiop hanno infatti deciso di non firmare la ratifica per la mancanza di garanzie sulle coperture dell’aumento, che dovevano arrivare da Stato e Regioni. Proseguendo l’elenco del pubblico, ci sono il contratto delle Funzioni Locali che riguarda circa 650mila lavoratori del comparto delle Autonomie Locali, così come le Funzioni Centrali che comprende i circa 250mila lavoratori dei ministeri, delle agenzie e degli enti pubblici non economici. Ci sono poi l’istruzione e la ricerca che riguardano più di un milione di lavoratori. A questi si aggiungono il contratto dell’Igiene Ambientale, sia pubblico che privato. Ci sono poi le Cooperative Sociali dove lavorano 350mila addetti. Nessuna notizia relativa all’avvio della trattativa per il rinnovo del triennio 2019-2021 con le controparti Agci, Confcooperative e Legacoop. Si arriva così al contratto delle Rsa, scaduto da oltre 8 anni e che interessa circa 100mila lavoratori e ai contratti di Polizia di Stato, Vigili del Fuoco e Polizia Penitenziaria, anche questi scaduti e che riguardano 100mila poliziotti, 34mila Vigili del fuoco e 33mila Poliziotti penitenziari. Anche qui è un elenco che non finisce più quello che porta ai molti milioni di addetti che aspettano il rinnovo del contratto. Terziario, turismo e servizi https://ntplusentilocaliedilizia.ilsole24ore.com/art/pubblico-impiego-contratti-appena-rinnovati-e-gia-scaduti-ADW2i1k 1/2
Nel terziario, turismo e servizi la stragrande maggioranza dei lavoratori è entrata nell’emergenza sanitaria con i contratti nazionali non rinnovati da anni: il multiservizi, per esempio, è scaduto da più di sette anni, la vigilanza privata da 55 mesi, così come si perdono ormai le date della scadenza di farmacie, acconciatura ed estetica e del lavoro domestico. Molti altri sono invece scaduti a fine 2018 e nel 2019. L’ultimo, in ordine di tempo, lo scorso giugno è stato quello delle terme, un comparto che quest’estate ha subito un altro durissimo colpo. In alcuni casi ci sono trattative appena aperte, come quella per gli studi professionali, trattative di rinnovo avviate con difficoltà e termini già dilazionati, come per i contratti della filiera del turismo, scaduti a fine 2018: sia quelli che fanno capo a Confindustria (Federturismo, Aica e Astoi), sia quelli che fanno capo a Confcommercio (Federalberghi, Faita e Federcamping). Le piattaforme sindacali erano state inviate già nel 2019, ma oggi il dialogo appare molto difficile, soprattutto alla luce della profonda crisi del settore. Lo stesso dicasi per il contratto dei Pubblici esercizi, ristorazione collettiva e commerciale e turismo siglato da Fipe, Angem, Legacoop, Confcooperative, Agci e Confcommercio. Il banco di prova del terziario Ma il nuovo banco di prova sono i contratti di terziario, distribuzione e servizi, della distribuzione moderna organizzata e della distribuzione cooperativa che interessano i 2,4 milioni di addetti delle aziende che fanno riferimento a Confcommercio, Federdistribuzione, Confesercenti e Distribuzione cooperativa. I contratti, rinnovati con tempistiche differenti, hanno una scadenza allineata che si colloca per tutti alla fine di dicembre del 2019. Le diverse sigle sindacali avevano avviato al loro interno il percorso di rinnovo a partire dalla definizione della piattaforma. In totale sono oltre 5 milioni gli addetti di questo maxicomparto in profonda difficoltà con i contratti scaduti. Come dice la stessa segretaria generale della Filcams Cgil, Maria Grazia Gabrielli «le conseguenze della pandemia sono ancora difficili da prevedere in questi settori ma la consapevolezza è di un impatto forte per intensità e durata. Allo stesso tempo, però, il paese è stato capace di reggere ad una crisi senza precedenti grazie al lavoro degli uomini e delle donne dei nostri settori: un lavoro invisibile, spesso precario e non riconosciuto». Il comitato esecutivo della Fisascat Cisl, intanto, ha approvato all’unanimità le proposte tematiche, finalizzate alla definizione delle piattaforme unitarie per i nuovi contratti nazionali di lavoro. Il segretario generale Davide Guarini sostiene che «i contratti possono rappresentare patti per innovazione, produttività e occupazione», quindi «la contrattazione torni al centro delle relazioni industriali». Se la prevenzione dei rischi, della salute e della sicurezza in ambito lavorativo rappresenta la priorità nella fase della ripartenza e della ripresa, per la Fisascat Cisl, è altrettanto dirimente focalizzare il confronto sui rinnovi contrattuali anche su altre aree di intervento, ossia sulla formazione continua per riqualificare l’occupazione, su nuovi diritti e tutele attivabili in caso di bisogno, come anche sui radicali processi di riorganizzazione delle grandi superfici di vendita nell’ambito della grande distribuzione organizzata, oltre che sul lavoro domenicale. Per Gabrielli «il perimetro di regole più importante per la tutela del lavoro è il contratto nazionale, troppo spesso messo in discussione da imprese, istituzioni, dal dumping esistente e dallo stesso ritardo nel loro rinnovo: è strumento importante per la tenuta salariale, per la qualificazione delle condizioni di lavoro e per governare le trasformazioni dei settori». P.I. 00777910159 © Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati 2/2
I temi di NT+ Tributi e bilanci a cura di Anutel 26 Agosto 2020 Rischio inefficacia e danno erariale per agevolazioni fiscali e contributi dei Comuni alle imprese ai tempi del Covid-19 Stampa di Roberto Lenzu (*) - Rubrica a cura di Anutel Va denunciato il rischio d'inefficacia degli atti adottati dai Comuni che prevedono aiuti, da porre a carico dei propri bilanci e concessi sotto forma di agevolazioni fiscali e/o di contributi economici, a favore degli operatori economici in crisi a causa del Covid-19. All'inefficacia degli atti ne consegue inevitabilmente il danno erariale. Per intendersi si fa riferimento, agli atti assunti dai Comuni che prevedono ad esempio: agevolazioni fiscali integrative rispetto a quelle previste dallo Stato per il settore turistico o dei pubblici esercizi in materia di Imu, Tari, Tosap, Cosap e/o Icp; Il differimento dei termini di pagamento o la disapplicazione delle sanzioni per alcune categorie di operatori economici in materia di Imu, Tari eccetera; la copertura con risorse comunali del mancato gettito conseguente alla riduzione dei coefficienti K per la parte che dovrebbe essere coperta con la tassa rifiuti degli operatori economici (si veda delibera Arera n.158/2020). La causa di questo rischio è da individuarsi nel fatto che i Comuni stanno adottando provvedimenti e atti ignorando completamente la normativa italiana ed europea che regola gli aiuti di stato a favore degli operatori economici in tempo di Covid-19. Ciò non sorprende considerato che la questione è stata finora ignorata anche dalle diverse associazioni e istituzioni nazionali rappresentative degli enti locali e, praticamente, da tutti gli esperti in materia di finanza locale. Persino a livello ministeriale la materia non risulta trattata. La normativa nazionale sugli aiuti di stato ai tempi del Covid-19 Eppure il riconoscimento dei predetti aiuti anche da parte dei Comuni è regolato dal maggio di quest'anno dagli articoli che vanno dal 53 al 63 del Dl 34/2020, convertito con legge 77/2020. Normativa nazionale adottata in attuazione della disciplina emergenziale riguardante il «Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell'economia nell'attuale emergenza del Covid-19» introdotta con la comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C (2020)1863 poi modificata e integrata con le comunicazioni del 3 aprile 2020 (2020/C 112 I/01) e del 13 maggio 2020 C(2020)164. Il regime quadro eurounitario Le citate comunicazioni della Commissione europea svolgono l'importante compito di regolare e rendere possibile in via eccezionale il riconoscimento da parte degli Stati membri (e di qualsiasi altro soggetto giuridico nazionale) di aiuti con risorse pubbliche, altrimenti di norma vietati, a favore di operatori economici in attuazione dell'articolo 107 del Trattato di funzionamento della unione europea (Tfue). In particolare, dette comunicazioni costituiscono attuazione, in deroga al citato divieto, delle ipotesi di «aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati … da altri eventi eccezionali» e di «porre rimedio a un grave turbamento dell'economia di uno Stato membro» previste dall'articolo107, rispettivamente, paragrafo 2, lettera b) e paragrafo 3, lettera b) del Tfue. Ipotesi entrambe avveratesi e riconducibili alla situazione emergenziale del Covid-19. Gli obblighi degli Enti concedenti gli aiuti Senonché questa disciplina emergenziale, non ha fatto venire meno l'obbligo degli Stati di notificazione preventiva dell'aiuto adottato alla Commissione europea per l'esercizio del potere di controllo di compatibilità dell'aiuto ai sensi dell'articolo108, paragrafo 3, del citato Tfue. Né questa disciplina emergenziale ha fatto venire meno gli obblighi di trasparenza e pubblicità a carico degli Stati membri in questa materia regolati dal Regolamento (Ue) n. 651/2014 della Commissione europea del 17 giugno 2014. Il registro nazionale degli aiuti di Stato Obblighi di trasparenza e pubblicità, funzionali al controllo di compatibilità degli aiuti, assolti in Italia a mezzo del Registro nazionale degli aiuti di Stato (Rna), gestito dal ministero dello Sviluppo Economico, istituito con l'articolo 52 della legge 234/2012 e regolato con Decreto ministeriale 115/2017. Rna integrato nella sua funzione anche dagli ulteriori registri costituiti dal Sian - Sistema informativo agricolo nazionale e dal Sipa - Sistema italiano della pesca e dell'acquacoltura. Gli obblighi già assolti dallo Stato italiano 1/2
Nel caso di specie, all'obbligo di preventiva notificazione alla Commissione europea del quadro di aiuti introdotto con il Dl 34/2020, ha già adempiuto in data 20 maggio 2020 il dipartimento per le Politiche Europee presso la presidenza del Consiglio dei ministri. In data 21 maggio 2020, con decisione «State Aid SA.57021» la Commissione europea ha riconosciuto la compatibilità del regime quadro della disciplina degli aiuti di Stato, contenuto nel Dl 34/2020. Questo regime quadro è stato registrato in data 8 giugno 2020 dal citato dipartimento nel Rna con «codice di aiuti Rna – Car» n.13008 quale «regime di aiuti» ai sensi dell'articolo 8 del Dm 115/2017. In sostanza, nel caso di specie, lo Stato Italiano ha già provveduto agli obblighi di notificazione e trasparenza del «regime di aiuti» contenuto nel Dl 34/2020, offrendo una copertura normativa a favore degli Enti territoriali che intendono adottare aiuti specifici a favore degli operatori economici in crisi. Gli obblighi da assolvere da parte dei Comuni Senonché, secondo la legge italiana, l'operato dello Stato non ha esaurito gli adempimenti relativi agli obblighi di trasparenza, pubblicità e controllo da compiersi a mezzo del Rna. Come, infatti, si evince dall'articolo 61, comma 5, del Dl 34/2020, rimane a carico degli enti che concedono aiuti specifici nell'ambito di questo «quadro temporaneo», l'adempimento degli obblighi specifici inerenti al Rna previsti in dettaglio dal citato Dm115/2017, oltreché l'adempimento degli obblighi di monitoraggio e relazione di cui all'articolo 4 della citata comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C (2020)1863. Quanto agli obblighi previsti dal Dm 115/2017, gli enti devono, innanzitutto, procedere alla registrazione del provvedimento che prevede aiuti a favore di operatori economici nel Rna sotto il regime quadro identificato dal citato codice Car n.13008. Dell'operato e del codice dovrebbe essere dato atto nelle delibere comunali. In secondo luogo, prima di concedere aiuti individuali ai singoli operatori economici, gli enti concedenti sono tenuti a effettuare le verifiche propedeutiche nel Rna volte a evitare di concedere aiuti illegali. Queste verifiche, da effettuare a mezzo di visura nel Rna, sono propedeutiche: al rispetto delle soglie massime concedibili per singolo operatore stabilite dall'articolo 54 del Dl 34/2020 (800mila euro per impresa; 120mila euro per imprese del settore pesca-acquacoltura; 100mila per impresa agricola); alla concessione degli aiuti de minimis e relativa soglia triennale per operatore ( 200mila euro); a evitare di concedere aiuti a favore di operatori soggetti a recupero di aiuti illegali e inseriti nella cosiddetta lista Deggendorf (si veda anche l'articolo 53 Dl 34/2020). In terzo luogo, l'ente deve procedere alla registrazione del singolo aiuti individuale nel Rna con attribuzione del «Codice Concessione Rna – Cor» prima della concessione dello stesso; entro i successivi 20 giorni, l'ente è tenuto a trasmettere all'Rna la data di adozione dell'atto di concessione dell'aiuto individuale a pena di decadenza dell'aiuto. In quarto luogo va dato conto nel singolo provvedimento di concessione dell'aiuto di queste verifiche e dell'inserimento dei citati adempimenti nel Rna, con esplicita indicazione del codice Cor. Mentre in caso di agevolazioni fiscali, gli aiuti individuali si intendono concessi e sono registrati nell'esercizio finanziario successivo a quello di presentazione della dichiarazione fiscale nella quale devono essere dichiarati. In conclusione, non si può non tener conto di quanto fin qui esposto nell'impostare gli atti di natura generale, dei singoli provvedimenti e degli adempimenti da porre a carico degli operatori economici. Inefficacia degli atti e danno erariale L'inosservanza di questi oneri determina l'inefficacia dei provvedimenti comunali e la responsabilità patrimoniale del responsabile della concessione e dell'erogazione dell'aiuto ai sensi dell'articolo 52, comma 7, della legge 234/2012. Oneri e responsabilità che fanno da contraltare al formidabile strumento d'intervento in aiuto della società civile messo a disposizione degli enti territoriali da parte dello Stato italiano con l'esposta normativa emergenziale. Si pensi alla possibilità di prevedere agevolazioni o contributi: condizionati e volti alla salvaguardia dei posti di lavoro evitando il licenziamento dei dipendenti, ai sensi dell'articolo 60 del Dl 34/20; a favore degli operatori economici che investono nella ricerca o che producono prodotti anti covid-19 ex articoli 58 e 59 Dl 34/20. Delega di poteri eccezionali che non ha precedenti. Insomma i Comuni chiamati a essere protagonisti al pari dello Sato. Ma a quanto pare in pochi se ne sono resi conto. Al riguardo, serve un salto di qualità nel settore della finanza locale. (*) componente dell'osservatorio tecnico di Anutel P.I. 00777910159 © Copyright Il Sole 24 Ore Tutti i diritti riservati 2/2
Amministratori 26 Agosto 2020 Covid e scuola: è caos trasporti tra governo, Regioni e Cts di Sara MonaciClaudio Tucci In breve Niente accordo. Pressing dell'Esecutivo sui tecnici per ridurre la distanza di un metro nel trasporto pubblico locale. I governatori chiedono modifiche sugli scuolabus, ma la De Micheli le esclude Con un 1 metro di distanziamento, e le attuali regole sanitarie, i mezzi di trasporto si riempiranno al 50/60%; senza quindi nuovi fondi e mezzi aggiuntivi per molti studenti sarà difficile arrivare a scuola. È questo il nodo, tecnico e politico, alla base delle frizioni, crescenti, tra governo e regioni a pochi giorni dalla riapertura, in presenza, del nuovo anno scolastico (il 1° settembre si parte con i recuperi, il 14 con l’avvio vero e proprio delle lezioni). A testimonianza di un clima, non disteso, è il rinvio a oggi alle 11 di una riunione in programma ieri tra i governatori e i quattro ministri competenti: Lucia Azzolina (Istruzione), Francesco Boccia (Affari regionali), Paola De Micheli (Infrastrutture) e Roberto Speranza (Salute). Le posizioni in campo sono queste: da un lato il Comitato tecnico-scientifico che suggerisce di mantenere sui mezzi pubblici un distanziamento di almeno un metro (oltre al consueto uso di mascherine), anche per l’autunno. Qualche ministro è d’accordo, altri hanno spinto e spingono per un allentamento, lo stesso premier Giuseppe Conte si è interrogato sulla fattibilità. Le Regioni sottolineano che la distanza andrebbe ridotta, se non addirittura eliminata, in quanto non è altrimenti possibile garantire un servizio efficiente in vista della riapertura delle scuole e della ripresa delle attività. La richiesta è trasversale: arriva dall’Emilia Romagna così come dalla Lombardia e dal Veneto. In Lombardia, in particolare, è ancora in vigore formalmente l’ordinanza che ha annullato il distanziamento sia su ferro che su gomma, anche se per prudenza alcune società di tpl locale hanno preferito non aderire. L’Atm di Milano, ad esempio, continua ad osservare le regole nazionali, pur suggerendo adesso, nel dibattito in corso, di utilizzare anche gli spazi in piedi (solo quelli indicati, peraltro mai frontali), per arrivare almeno al 60% dei passeggeri. La società milanese già fa i conti con una perdita di 200 milioni quest’anno e 100 il prossimo, se non ci saranno cambiamenti. L’assessora ai Trasporti della Lombardia Claudia Terzi sottolinea che le Regioni «chiedono da maggio una programmazione, ora siamo in ritardo. L’utilizzo dei separatori non è stato ancora chiarito, non sappiamo in che tempi e in che modi e per quali costi andranno messi». Di separatori si è parlato all’ultimo vertice sul trasporto pubblico. Una soluzione, però, ritenuta praticabile solo per il trasporto extraurbano e per i treni locali. Sarebbe escluso il trasporto locale, bus e metro. Secondo fonti di governo, poi, i tempi di installazione dei separatori sarebbero di tre mesi, considerando anche la scelta del materiale idoneo e la sanificazione. Per il trasporto scolastico, con in testa gli scuolabus per gli studenti fino alla scuola secondaria di primo grado, il ministero delle Infrastrutture ha ribadito ieri le linee guida allegate al Dpcm dello scorso 7 agosto. Per accedere allo scuolabus serve la mascherina. Non solo in salita e in discesa ma anche per tutto il viaggio. Prima di accedere al mezzo, quindi a casa, bisogna misurare la febbre. All’interno dello scuolabus bisogna rispettare il metro di distanza e dunque i posti vanno riempiti seguendo l’allineamento verticale dei sedili. Solo i fratelli o i bambini che vivono sotto lo stesso tetto potranno sedersi accanto. Unica deroga al distanziamento è ammessa per i percorsi inferiori ai 15 minuti. Ciò significa che solo al di sotto di tale soglia i mezzi possono viaggiare a pieno carico. Ai comuni è rimessa, sulla base delle necessità, la facoltà di differenziare le fasce orarie di trasporto, non oltre le due ore antecedenti l’ingresso usuale a scuola e un’ora successiva all’orario di uscita previsto. Regioni ed enti locali hanno fatto presente che senza “modifiche” rischiano di mancare all’appello la metà dei mezzi e che per reperirli (ad esempio usando i bus turistici) servono più risorse. All’incontro di oggi le regioni ribadiranno tre richieste: «Oltre ai trasporti, vogliamo avere certezze su organico e arredi - ha spiegato Cristina Grieco (Toscana, coordinatrice degli assessori al Lavoro e all’Istruzione) -. Tutti lavoriamo da mesi per lo stesso obiettivo, la riapertura in sicurezza delle scuole. Ma abbiamo bisogno di indicazioni chiare». Una stessa attenzione che il 1/2
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