Mensile di aggiornamento e approfondimento in materia di immobili, ambiente, edilizia e urbanistica

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Mensile di aggiornamento e approfondimento
                    in materia di
     immobili, ambiente, edilizia e urbanistica

Numero 1 - Luglio 2013
Mensile di aggiornamento e approfondimento in materia di immobili, ambiente, edilizia e urbanistica
n. 1 – chiuso in redazione il 18 luglio 2013
Sommario

                                                                                         Pagina

NEWS
Ambiente, edilizia e urbanistica, immobili                                                    4

RASSEGNA DI NORMATIVA
Leggi, decreti, circolari: sintesi e classificazione                                          20

RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA
Ambiente, edilizia e urbanistica, immobili                                                    24

APPROFONDIMENTI
Certificazione energetica
D.L. 63/2013: L'IMPATTO SUI TECNICI E SUGLI OPERATORI
In vigore dal 6 giugno scorso, il decreto è diventato immediatamente popolare presso
l’opinione pubblica perché estende il periodo nel quale si può usufruire delle detrazioni
fiscali del 50% per ristrutturazioni e proroga, elevandone l’aliquota di detraibilità al
65%, quelle del 55% per riqualificazioni energetiche. Ma c’è un altro aspetto, poco
pubblicizzato, importante per tecnici e operatori immobiliari: il decreto manda in
pensione l’Attestato di certificazione energetica, che viene sostituito in toto
dall’Attestato di prestazione energetica, e ribadisce la sussistenza dell’Attestato di
qualificazione energetica, della cui esistenza e utilità (quasi) ci eravamo dimenticati. Un
provvedimento, pertanto, estremamente ricco di contenuti che richiede un’analisi
attenta per capire le novità che vengono introdotte nei diversi ambiti in cui interviene.
Luca Rollino, Il Sole 24 ORE - Consulente Immobiliare, 15 luglio 2013, n. 933                 27
Fiscalità
LA TASSAZIONE DEGLI ATTI IMMOBILIARI
Nella maxi-circolare n. 18/E del 29 maggio 2013, di ben 237 pagine, l’Agenzia delle
entrate ha compendiato le interpretazioni fornite nel tempo in una moltitudine di
circolari e di risoluzioni, realizzando un’utile guida operativa che consente di reperire
con facilità la prassi amministrativa sui complessi temi legati alle imposte sui
trasferimenti. Esaminiamo, in queste pagine, alcune fra le più delicate e interessanti
tematiche relative ai trasferimenti immobiliari, che costituiscono uno dei capisaldi del
provvedimento.
Stefano Baruzzi, Il Sole 24 ORE - Consulente Immobiliare, 31 luglio 2013, n. 934              33
Immobili
IPE E APE: CAMBIANO LE REGOLE
Il D.L. 63/2013 ha quale principale funzione quella di recepire definitivamente la
direttiva n. 2010/31/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio che promuovere
l’efficientamento energetico degli edifici, sulla base delle condizioni locali e climatiche
esterne nonché delle prescrizioni relative al clima degli ambienti interni e dell’efficacia
sotto il profilo dei costi.
Angelo Pesce, Ivan Meo, Il Sole 24 ORE - Consulente Immobiliare, 15 luglio 2013, n.933        37
L’ESPERTO RISPONDE
ambiente, edilizia e urbanistica, immobili                                                    42

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Mensile di aggiornamento e approfondimento in materia di immobili, ambiente, edilizia e urbanistica
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 Mercato immobiliare
 Vendere casa oggi: ci vogliono 8 mesi e mezzo ma solo con realismo sui prezzi
Non è sicuramente il momento migliore per vendere una casa in Italia, ma con pochi
accorgimenti si può massimizzare il potenziale dell'immobile e garantirsi qualche chance sul
mercato. Secondo Nomisma, in media, un'abitazione richiede più di 8,5 mesi per trovare un
compratore e sconta un ribasso medio sul prezzo iniziale richiesto del 16,5% a fine trattativa.
Vendere casa in tempo di crisi non è una passeggiata, spesso è un'esigenza. «Fino a un anno
fa, chi vendeva non voleva abbassare i prezzi e la forbice tra domanda e offerta era molto
ampia», afferma Paolo Righi, presidente di Fiaip, la federazione degli agenti immobiliari. «Oggi
domanda e offerta iniziano a incontrarsi – aggiunge – e i venditori sanno che devono
abbassare le pretese, soprattutto chi cede il vecchio usato per migliorare il suo stato abitativo.
Chi vende per sostituzione, infatti, oggi è disposto a scendere, anche perché sa di poter
trovare a un po' meno».
I tempi medi per chiudere una trattativa hanno raggiunto gli 8,5 mesi nel residenziale, i 10,4
mesi per gli uffici, i 9,8 mesi per i negozi e i 7 mesi per i box auto. Per tutte le tipologie
l'allungamento ha superato, in un anno, il mese e mezzo. Più in difficoltà le nuove costruzioni
residenziali, che a Padova e a Venezia-Mestre impiegano 11 e 12 mesi per essere acquistate.
«Oggi l'offerta è tanta sul mercato – afferma Righi – e i pochi che comprano vogliono
confrontare. Negli ultimi due anni si sono aggiunti numerosi aspetti, dalle metodologie
costruttive al risparmio energetico, che i clienti vogliono valutare. E poi la trattativa si allunga
perché la banca impiega due mesi e mezzo in media per deliberare un mutuo».
Vendere per monetizzare oggi è sconsigliato: «I risparmi investiti nel mattone rischiano di
subire una svalutazione», dice il rappresentante degli agenti immobiliari. «Oggi vende solo chi
è spinto da un progetto e investe in qualche intervento di ristrutturazione per cercare di
ottenere il massimo», aggiunge. La richiesta iniziale, però, deve essere realistica: nel
residenziale usato gli sconti medi concessi in trattativa sono saliti di due punti percentuali negli
ultimi sei mesi, secondo Nomisma.
Per individuare il "prezzo giusto" bisogna conoscere il mercato. Una perizia esterna, realizzata
da un professionista, può costare tra i 200 e i 500 euro. «Sul mercato oggi non si va più come
a una lotteria – commenta Righi – sperando prima o poi di trovare almeno un acquirente
disposto a tutto. Così si rischia solo di dover fare un mega-sconto finale e di non riuscire a
valorizzare le caratteristiche dell'unità». Ci sono già passati gli americani, che a sette anni dallo
scoppio della crisi ora assistono ai primi rialzi dei prezzi e alla riduzione dello stock sul
mercato: due fenomeni che creano nuove opportunità per chi deve vendere. In un'indagine
pubblicata a gennaio dalla National Association of Relators (l'associazione degli agenti
immobiliari negli Usa), il 30% degli operatori ha dichiarato che eccessivi ribassi e valutazioni
non corrette dell'immobile sono la causa di cancellazioni, ritardi e rinegoziazioni in fase di
trattativa.
Una perizia professionale, oltretutto, mette al riparo da eventuali imprevisti che potrebbero
bloccare la vendita: «Così si controlla la corrispondenza tra lo stato dei luoghi e la planimetria
catastale – dice Righi –, per evitare che la presenza di un vano non conforme poi faccia
perdere tempo prima del rogito». In un mercato molto più selettivo, a fare da deterrente sono
anche le spese condominiali: «C'è un'attenzione sempre più elevata a questi costi – conclude il
presidente di Fiaip –: anche se l'appartamento piace, in molti fanno un passo indietro quando
illustriamo le spese, che si sommano alle tasse e ad altri oneri per chi compra».
(Michela Finizio, www.casa24.ilsole24ore.com, 18 luglio 2013)

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  Rallenta il calo dei prezzi a Brindisi
Primo semestre di assestamento per il mercato residenziale di Brindisi, dopo un bilancio 2012
chiuso con volumi di compravendite scese a quota 600, contro le oltre mille transazioni che
l'Agenzia del territorio registrava degli anni ante-crisi (più in particolare dal 2004 al 2006).
I prezzi delle case hanno lasciato sul terreno un altro 5-10% nel giro degli ultimi dodici mesi:
«E perderanno ancora qualcosa – ne è convinto Marco Greco, agente Gabetti – ma la discesa è
rallentata parecchio negli ultimi mesi». Non a caso inizia a vedersi in giro qualche piccolo
investitore in più, in cerca del buon affare». A volte anche del colpaccio molto speculativo:
«Acquistano tutto in liquidità – aggiunge Greco riferendosi a questo tipo di clientela – puntando
su appartamenti da due vani tra i 70mila e i 120mila euro, facili poi da affittare». Il segmento
delle locazioni da questo punto di vista continua a essere una sorta di isola felice
dell'immobiliare brindisino: i canoni sono stabili, con tendenza al ribasso, ma la domanda è
sostenuta dai brindisini e dal serbatoio di dipendenti di strutture come la base logistica
dell'Onu o l'aeroporto del Salento.
«Le pezzature più difficili da vendere o affittare in questa fase sono quelle da quattro vani in
su, specialmente se sono da ristrutturare», racconta invece Alberto Belviso, agente Tecnocasa,
spiegando che, nel caso dell'acquisto, si tratta soprattutto di un problema di finanziamento:
«Sul fronte mutui è ancora tutto bloccato, chi vuole acquistare è obbligato ad avere almeno un
60-70% di liquidità da parte». Più semplice chiudere quando la disponibilità di spesa sale sopra
i 160mila euro: «La clientela di questa fascia – fa notare Giuseppe Dargenio, agente Re/Max –
prende in considerazione il residenziale nuovo in classe A, con quotazioni scese anche a 1.800
euro al metro quadrato e concentrato nelle zone di Commenda, Cappuccini e Casale».
(Michela Finizio, http://www.casa24.ilsole24ore.com/ 18 luglio 2013)

 Casa vuota al mare? Affittarla per le vacanze rende 5mila euro l'anno
In una fase di forte crisi del mercato immobiliare, una semplice analisi di costi e benefici spiega
come rendere profittevoli le seconde case e suggerisce di guardare dove ci sono alte
                                                                             potenzialità e ampi
                                                                             margini di resa: il
                                                                             turismo        e      la
                                                                             locazione breve. Non
                                                                             è un segreto. Ma se
                                                                             in Europa il 25% dei
                                                                             viaggiatori soggiorna
                                                                             in una villa o un
                                                                                      appartamento,
                                                                             l'Italia    è    ancora
                                                                             ferma a un tasso di
                                                                             penetrazione dell'8-
                                                                             9%               (senza
                                                                             ovviamente         tener
                                                                             conto del mercato
                                                                             dei      contratti    in
nero).
L'attuale domanda turistica, composta da 5,7 milioni di persone che significano oltre 39 milioni
di notti di permanenza, porta un'occupazione media delle case pari a 55 giornate annue, con
un potenziale che – in virtù della stagionalità dei flussi – può arrivare a un massimo di 70
giornate nelle zone più turistiche. Siamo dunque vicini alla saturazione, ma solo il 15% del
totale delle abitazioni libere (con un potenziale di circa 10 milioni di posti letto) è oggi
destinato a rendita con la soluzione dell'affitto per brevi periodi. Circa 500mila case, su un
totale di 3,5 milioni a disposizione dei privati (escluse pertinenze e annessi): 1,44 milioni al
Nord, 700mila al Centro e 1,36 milioni al Sud.
Quel mezzo milione di abitazioni è ancora poco, se si pensa a un flusso turistico di oltre 100
milioni di persone che si trova di fronte, secondo l'Osservatorio nazionale del turismo, una
capacità alberghiera pari a 34mila unità (e con 2,25 milioni di posti letto). È poco, inoltre, dato
che per uniformarsi al trend dei Paesi europei servirebbe un aumento del 250%, e cioè
l'immissione sul mercato di 7-800mila case destinate ad affitto breve. Così afferma uno studio

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di Halldis, società del gruppo Windows On Europe, che per elaborare questi numeri si è avvalsa
della collaborazione di Enel nell'analisi campionaria degli allacci di fornitura energetica.
La scelta extra-alberghiera è sostenuta soprattutto dal turismo straniero (oltre il 70% degli
affitti deriva da clienti internazionali provenienti da 223 Paesi) e la località più richiesta è la
Costa Smeralda, seguita da Valtellina, Liguria, Versilia, Valle D'Aosta, Dolomiti e Calabria –
alcune delle aree a più alta densità di seconde case. La preferenza è per abitazioni con una
superficie media di 55 mq, spazi esterni, vicinanza al mare e a principali punti di interesse
turistico, e con un valore di mercato superiore ai 200mila euro.
Attraverso i suoi servizi di property management, Halldis ha sviluppato un'analisi su un
campione di 1.300 abitazioni gestite e rappresentative del mercato, per dimostrare la
convenienza dell'affitto stagionale, confrontando i costi sostenuti dai proprietari di seconde
case e i potenziali ricavi. Perché la crescita della domanda può rallentare proprio a causa di un
deficit di informazione e alla mancanza di infrastrutture adatte ad accogliere le nuove
presenze.
Quali sono le spese? Partendo dai dati elaborati da Federconsumatori, l'analisi di Halldis ha
preso in esame tre differenti profili immobiliari sul territorio italiano: un bilocale di 70 mq in
centro città (ad esempio Roma, Milano, Firenze, Napoli o Bologna); un bilocale di 55 mq in
posizione turistica (Oristano, Sorrento, Madesimo o Chiavari); una villa di prestigio di 300 mq
in località turistica (Toscana, Sardegna, Sicilia, Veneto o Trentino). Tra bollette, imposte e
manutenzione, il primo profilo vede costi annui pari a 447 euro, il secondo a 355 euro, il terzo
a 1.687 euro. A cui aggiungere altre spese di gestione legate all'affitto breve quali pulizia,
fornitura di lenzuola e asciugamani, servizio accoglienza, internet eccetera, per 280 euro (con
un tasso di riempimento medio del 70%).
La permanenza media del viaggiatore turistico nelle case vacanza è di una settimana.
Ipotizzando che una soluzione per 3/4 persone abbia un costo medio di 1.200 euro per sei
notti, l'attuale numero di prenotazioni (circa 40 milioni di notti) produce un fatturato stimato in
circa 6,6 miliardi di euro. Se dunque si arrivasse a un'offerta vicina a quella degli altri Paesi
europei, con un aumento del 250% delle case vacanza, da questo settore extra-alberghiero
l'Italia potrebbe arrivare a generare ricavi per 16 miliardi di euro: vale a dire 10 miliardi in più
(e non si conta l'indotto).
Il ritorno lordo per ogni famiglia che metta un immobile a disposizione sarebbe di 10mila euro
annui. Al netto delle tasse e dei costi di gestione, per i proprietari di seconde case l'introito
varierebbe in media tra i 3mila e i 5mila euro, che andrebbero ampiamente a coprire i costi
sostenuti per mantenere l'abitazione.
(Dario Aquaro, http://www.casa24.ilsole24ore.com/ 18 luglio 2013)

 Economia, fisco, agevolazioni e incentivi
 Opzione per il prelievo con il contratto preliminare
Il regime Iva sulle cessioni di immobili, al pari delle locazioni, si avvia verso un assetto
definitivo dopo le istruzioni fornite con la circolare delle Entrate n. 22/E del 28 giugno 2013
dopo la modifica introdotta al regime Iva dal Dl n. 83/2012.
Le regole base
Le cessioni di fabbricati abitativi effettuate dalle imprese costruttrici o di ripristino, entro
cinque anni dall'ultimazione della costruzione o dell'intervento di recupero, sono soggette a Iva
nella misura del 10% (4% se prima casa, 21% se abitazioni di lusso). Fin qui nessuna novità.
Qualora le imprese cedano i medesimi immobili successivamente al quinquennio la cessione è
soggetta a Iva se il cedente, nel relativo atto, opta per l'applicazione dell'imposta. Si deve
trattare di fabbricati abitativi costruiti o ripristinati dalle medesime imprese; se invece
un'impresa costruttrice cede un fabbricato ricevuto in permuta già ultimato, la cessione è
comunque esente da Iva. Dal 12 agosto 2012 è consentito applicare l'Iva sulle cessioni di
fabbricati abitativi destinati ad alloggi sociali (Dm 22 aprile 2008) per i quali nel relativo atto il
cedente opti per l'imponibilità dell'operazione. In questo caso il cedente può anche non essere
costruttore, ma manca il coordinamento con la norma relativa alla detrazione; infatti in forza
dell'articolo 19 bis 1, lettera i, del Dpr 633/1972, per l'acquisto di fabbricati abitativi, l'Iva è
detraibile solo per le imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale dell'attività la
costruzione dei predetti fabbricati. Quindi un'impresa che detiene abitazioni "sociali" non ha

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interesse ad applicare l'Iva a valle se non ha detratto quella a monte. A meno che la facoltà di
applicare l'Iva sulle cessioni non comporti implicitamente il diritto alla detrazione, ma questa
interpretazione appare eccessiva.

I fabbricati strumentali
Per le cessioni di fabbricati strumentali scatta l'obbligo della applicazione dell'Iva per le cessioni
effettuate dalle imprese costruttrici o di ripristino entro cinque anni dall'ultimazione. In tutti gli
altri casi e cioè per le cessione oltre il quinquennio dalla ultimazione, o per le vendite da parte
di imprese non costruttrici, l'applicazione dell'Iva è consentita su opzione. Dal 26 giugno 2012
è venuto meno l'obbligo di applicare l'Iva sulle cessioni di fabbricati strumentali nei confronti di
soggetti non passivi ai fini Iva e di soggetti che effettuano operazioni esenti in misura
superiore al 75% (esempio cessione di un ufficio a una banca).
L'Iva con il meccanismo dell'inversione contabile si applica anche alle cessioni di fabbricati
abitativi per i quali l'impresa cedente abbia optato per l'imponibilità (cessione oltre il
quinquennio dalla ultimazione) e viene confermato per le cessioni di fabbricati strumentali. La
regola è che il reverse charge si applica quando il cedente applica l'Iva su opzione e
l'acquirente sia un soggetto passivo d'imposta (impresa o professionista). Non si applica il
reverse charge quando la cessione riguarda un fabbricato non ultimato nella cui ipotesi l'Iva si
applica sempre nei modi ordinari.
La scelta di applicare l'Iva sulle cessioni di fabbricati deve essere formulata nel relativo atto.
Quindi l'opzione deve essere espressa nel preliminare (se stipulato) con obbligo di
registrazione a tassa fissa oltre allo 0,5% per la quietanza se è prevista la caparra non
soggetta ad Iva. Così facendo sia gli acconti che il saldo sono soggetti ad Iva. In assenza del
preliminare gli acconti sono esenti da Iva, mentre il saldo può essere assoggettato ad imposta
se nel rogito viene esercitata l'opzione. L'applicazione sia dell'imposta di registro sugli acconti,
che dell'Iva sul saldo si può verificare anche in relazione alla cessione di un fabbricato abitativo
avvenuta a cavallo del 26 giugno 2012.
(Gian Paolo Tosoni Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, Focus – Iva e Fatture: le nuove regole)

 Chi compra casa detrae la mediazione
Il bonus fiscale relativo alle spese per l'intermediazione immobiliare spetta all'acquirente e non
al venditore. La detrazione del 19% sui compensi pagati a soggetti di intermediazione
immobiliare, introdotta a decorrere dal 2007, può essere fruita da parte di coloro che
acquistano una unità immobiliare da adibire ad abitazione principale, intendendosi quella nella
quale il contribuente o i suoi familiari dimorano abitualmente, in base alla nozione rilevante ai
fini Irpef.
Nozione che può essere anche differente da quella necessaria per ottenere l'agevolazione ai fini
dell'Iva o dell'imposta di registro per l'acquisto della prima casa, (che deve essere
necessariamente ubicata nel comune in cui l'acquirente ha o si impegna a trasferire la propria
residenza anagrafica).
Secondo le Entrate, per ottenere lo sconto sulle spese di intermediazione, l'immobile
acquistato deve essere adibito ad abitazione principale entro i termini previsti per usufruire
della detrazione relativa agli interessi passivi su mutui, e quindi ordinariamente entro un anno
dall'acquisto, salvi i diversi termini per le eccezioni previste dalla norma. L'importo massimo su
cui calcolare la percentuale del 19% è di 1.000 euro per ciascuna annualità e, se l'acquisto è
stato effettuato da più comproprietari, la detrazione deve essere ripartita in ragione della
percentuale di proprietà.
I coniugi che acquistano la casa al 50% quindi possono usufruire del beneficio fiscale metà per
ciascuno. Vale il principio di cassa, per cui conta l'anno in cui la spesa è stata effettivamente
sostenuta, mentre non occorre che nello stesso anno sia stato stipulato l'atto pubblico di
compravendita. La detrazione è fruibile, infatti, anche in presenza di un compromesso, purché
regolarmente registrato, con l'ovvia conseguenza che, nel caso non si proceda in seguito alla
stipula del definitivo, viene meno il beneficio e la detrazione deve essere restituita.
Particolari regole sono state dettate in ordine alla documentazione comprovante il
sostenimento della spesa. Se la fattura è intestata a un solo proprietario, ma l'immobile è in
comproprietà, al fine di ammettere al beneficio della detrazione anche il comproprietario non
indicato in fattura, occorre integrare la fattura medesima annotandovi i dati di quest'ultimo.

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Nel caso in cui invece l'immobile sia intestato a un solo soggetto e la fattura a più soggetti,
l'unico proprietario può annotare in fattura di aver sostenuto interamente la spesa. Se infine la
fattura è intestata esclusivamente a un contribuente che non risulta intestatario, neanche per
quota, dell'immobile, non si ha diritto a ottenere l'agevolazione.
(Luciano De Vico, Il Sole 24 ORE, Norme e Tributi, 16 luglio 2013)

 IVIE allo 0,4% per tutte le abitazioni principali
La legge di Stabilità per il 2013 ha modificato le disposizioni in materia di imposta sul valore
degli immobili situati all'estero (IVIE). La novità principale riguarda il rinvio della decorrenza di
tale imposta dal 2011 al 2012. L'IVIE già pagata con riferimento al 2011 costituirà acconto di
quella dovuta per il 2012. Sono, inoltre, estese a tutte le persone fisiche le agevolazioni già
previste per i dipendenti pubblici all'estero: aliquota agevolata dello 0,4% per l'abitazione
principale e non tassabilità ai fini IRPEF del reddito dell'immobile assoggettato all'IVIE.
L'art. 19, commi 13 e segg. del D.L. 201/2011, convertito in legge 214/2011, ha introdotto, a
decorrere dal 2011, l'imposta sul valore degli immobili all'estero (IVIE). Essa rappresenta
un'imposta patrimoniale sugli immobili situati all'estero corrispondente all'IMU prevista per gli
immobili detenuti in Italia. La normativa è stata modificata dall'art. 8, comma 16, lett. e), f)
e g) del D.L. 16/2012 convertito in legge 44/2012. L'art. 1, commi 518 e 519, della legge di
Stabilità 2013 (legge 228 del 24 dicembre 2012) ha apportato ulteriori significative modifiche
di seguito analizzate.
Decorrenza dal 2012
Il comma 518 dispone che l'anno di decorrenza dell'imposta viene fissato nel 2012.
Con tale modifica è superata la differenza di trattamento rispetto all'IMU, la cui decorrenza era
già prevista dal 2012, ed è evitata l'apertura di una procedura d'infrazione da parte degli
organi comunitari.
Avendo inizialmente decorrenza dal 2011, nella compilazione del mod. UNICO 2012 i soggetti
interessati hanno provveduto a compilare la sezione XVI del quadro RM, assoggettando a
tassazione tali immobili. A seguito della modifica in esame, nulla è dovuto e chi, in relazione a
tale annualità, ha omesso il versamento o ha sbagliato i conteggi non dovrebbe essere
passibile di sanzioni.
Versamenti per l'anno 2011
Il successivo comma 519 dispone che i versamenti effettuati per il 2011, risultanti dalla
dichiarazione UNICO 2012, vengono considerati quali versamenti in acconto per il 2012. Il
quadro RM del mod. UNICO 2013 dovrà, pertanto, essere modificato per consentire lo
scomputo di tali acconti. Certamente si verificheranno casi di maggiori importi versati che
generano un credito d'imposta da richiedere a rimborso o da utilizzare in compensazione. Tali
aspetti devono, tuttavia, ancora essere chiariti.
Versamenti con cadenza IRPEF
Il comma 518 dispone, inoltre, che a decorrere dalla dichiarazione dei redditi per il 2012
dovranno essere effettuati versamenti a saldo e in acconto relativamente all'IVIE, così come
avviene per l'IRPEF. Pertanto, non sarà più l'Agenzia delle entrate a determinare i termini dei
versamenti ma dovranno essere applicate le regole IRPEF relative ai versamenti in acconto e a
saldo.
Aliquota agevolata per l'abitazione principale
Il comma 518 introduce il nuovo comma 15-bis dell'art. 19 che estende l'applicazione
dell'aliquota agevolata dello 0,4% agli immobili adibiti ad abitazione principale da chiunque
posseduti. Prima della modifica in commento l'aliquota era fissata nella misura dello 0,76%,
con la riduzione allo 0,4% per gli immobili adibiti ad abitazione principale dai dipendenti
pubblici all'estero (soggetti che prestano lavoro all'estero per conto dello Stato, della Pubblica
amministrazione oppure presso organismi internazionali).

Definizione di abitazione principale
Ai sensi dell'art. 8, comma 2, del D.Lgs. 504/1992 «per abitazione principale si intende quella
nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi
familiari dimorano abitualmente».

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IVIE IN SINTESI

SOGGETTO PASSIVO          Il soggetto passivo è la persona fisica residente nel territorio dello
                          Stato proprietaria dell'immobile o titolare di un diritto reale
                          sull'immobile stesso (con esclusione della nuda proprietà). L'imposta
                          è dovuta proporzionalmente alla quota di possesso e ai mesi dell'anno
                          nei quali si è protratto il possesso (per possesso di più di 15 giorni si
                          tiene in considerazione l'intero mese).
ALIQUOTA E        BASE    L'aliquota è stabilita nella misura dello 0,76%. La base imponibile è
IMPONIBILE                costituita dal costo dell'immobile, quale risultante da atto d'acquisto o
                          da altri contratti e, in mancanza, dal valore di mercato rilevabile nel
                          luogo in cui è situato l'immobile.
                          Per quanto attiene gli immobili situati nell'Unione europea e in altri
                          Paesi aderenti allo spazio economico europeo che possono garantire
                          un adeguato scambio di informazioni, il valore è quello catastale,
                          come determinato nel luogo in cui l'immobile è situato ai fini
                          dell'assolvimento di imposte di natura patrimoniale o reddituale. In
                          mancanza di tale valore catastale, si dovrà tornare alla regola
                          generale, sopra descritta.
                          All'imposta si applica una franchigia pari a euro 200.
ABITAZIONE                L'aliquota è ridotta allo 0,4% se si tratta di immobile adibito ad
PRINCIPALE                abitazione principale con franchigia pari a euro 200.
VERSAMENTI                Il versamento, sia in acconto che a saldo, deve avvenire con le stesse
                          disposizioni applicate per l'IRPEF.
                          Poiché la legge di Stabilità ha posticipato l'istituzione dell'IVIE dal
                          2011 al 2012 quanto finora corrisposto dai contribuenti a titolo di
                          IVIE si intende versato in acconto dell'imposta del 2012.

Non tassabilità IRPEF

Il comma 518, infine, estende a tutte le persone fisiche che possiedono immobili all'estero
soggetti all'IVIE la non tassabilità del reddito dell'immobile ai fini IRPEF. Pertanto, sulle
abitazioni principali e sugli immobili seconde case non locate non si applica l'IRPEF sul reddito
fondiario. Anche tale agevolazione, prima della modifica introdotta dalla legge di Stabilità, era
riconosciuta solo ai dipendenti pubblici all'estero.
(www.immobili24.ilsole24ore.com, 4 luglio 2013)

 Locazioni immobiliari
 Locazioni. Niente imponibilità obbligatoria per i beni strumentali
L'agenzia delle Entrate detta le regole per le locazioni di fabbricati in corso al 26 giugno 2012
(entrata in vigore del Dl n. 83/2012). Da tale data, le locazioni di fabbricati abitativi dalle
imprese costruttrici o ristrutturatrici degli stessi, possono essere assoggettate a Iva, con
aliquota 10% (anziché sottostare al generale regime di esenzione), previa opzione nel
contratto d'affitto, esercitabile anche per le locazioni degli "alloggi sociali". Per i fabbricati
strumentali, inoltre, non è più prevista l'imponibilità obbligatoria (locatario con pro-rata di
detrazione non superiore al 25%, ovvero privato o soggetto assimilato). La locazione di tali
immobili, pertanto, è sempre esente, ma è anche sempre possibile optare per l'applicazione
dell'Iva. Per tutte le locazioni (abitative e non) stipulate dal 26 giugno 2012, quindi, la scelta,
quando è ammessa, si esercita direttamente nel contratto e vincola il regime fiscale dei canoni
fino al termine del rapporto. Tale scelta può essere modificata in sede di rinnovo del contratto
o se, prima della scadenza, subentra un nuovo locatore. In questo caso, si potrà modificare il
regime dei canoni, comunicandolo alle Entrate con modalità che saranno successivamente
fissate.

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Fabbricati abitativi
Secondo la circolare n. 22/E/2013, le nuove regole si applicano anche ai contratti in corso al 26
giugno 2012, fermo restando il principio per cui eventuali modifiche di regime valgono solo per
i canoni non pagati né fatturati a tale data. Per la locazione di un abitativo, l'opzione "in corsa"
per l'Iva si esercita con un apposito atto integrativo soggetto a registrazione volontaria
(scrittura non autenticata) con il pagamento dell'imposta (67 euro), in linea con quanto
affermato in passato dall'Agenzia (risoluzione 60/E/2010). La scelta della registrazione
volontaria, tuttavia, non convince poiché il contratto modificato è soggetto a registrazione in
termine fisso. In tal caso (mancata registrazione), comunque, l'opzione andrà comunicata
all'Ufficio con modalità ancora da definire.
In ogni caso, la circolare non prevede un termine per i contratti in essere, fermo restando che
l'opzione è efficace solo dal momento in cui è esercitata, mentre, per i canoni già riscossi o
fatturati, vale il regime "applicato" nel momento d'effettuazione dell'operazione ex articolo 6,
Dpr 633/72. Prendendo atto che, in attesa d'istruzioni, molti locatori hanno applicato l'Iva sui
canoni successivi al 26 giugno 2012, comunicando l'opzione con le modalità di cui alla
risoluzione n. 2/E/2008, opportunamente l'Agenzia attribuisce validità alla scelta espressa (da
confermare però con l'atto integrativo). Nulla è detto, invece, con riguardo a chi, pur avendo
fatturato con Iva, abbia omesso la comunicazione con le regole (a suo tempo ritenute)
applicabili. In base al buon senso, nessuna conseguenza dovrebbe derivare a tali soggetti, dato
che i chiarimenti sono arrivati dopo un anno (si ritiene, tuttavia, che occorra integrare il
contratto e comunicare la scelta operata).
Fabbricati strumentali
Per i fabbricati strumentali poiché non vi sono più contratti a Iva "obbligatoria", chi ha
applicato e vuole continuare ad applicare l'imposta non deve fare né atto integrativo né
comunicazione, nonostante che si tratti, a rigore, di un'opzione. Coloro che, invece, volessero
lasciar agire il regime naturale d'esenzione, potranno farlo, anche se hanno proseguito a
fatturare con Iva dopo il 26 giugno 2012. Per i "vecchi" contratti a Iva opzionale (locatario con
pro-rata superiore al 25%), invece, vale la scelta operata a suo tempo per l'imponibilità o
l'esenzione. Infine, chi aveva "cautelativamente" optato per l'Iva, pur in presenza di un
contratto obbligatoriamente imponibile, non deve temere nulla. Può decidere di "entrare" in
esenzione (ne dovrebbe derivare la necessità dell'atto integrativo) oppure continuare a
fatturare con Iva. In tal caso, si ritiene che valga il comportamento "confermativo".
(Massimo Sirri, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, Focus – Iva e Fatture: le nuove regole)

 Edilizia e urbanistica
 Aree edificabili - La cessione gratuita riduce le plusvalenze immobiliari
La cessione gratuita delle aree ai Comuni – prevista dalla convenzione di lottizzazione – riduce
la plusvalenza sul trasferimento oneroso del terreno edificabile. Ciò anche quando la liberalità
avviene con atto separato rispetto al complesso dei negozi giuridici che perfezionano la
convenzione. Lo precisa la sentenza 46/24/2013 della Ctr Lombardia.
Il caso affrontato riguarda la ripresa a tassazione di un maggiore plusvalore immobiliare ai
sensi degli articoli 67 e 68 del Tuir. In particolare, l'agenzia delle Entrate ha rideterminato la
plusvalenza tassabile derivante dalla cessione di un'area suscettibile di utilizzazione edificatoria
come differenza tra il corrispettivo percepito e il costo di acquisizione rivalutato, ritenendo non
inerente il costo sostenuto per la cessione dell'area a titolo gratuito al Comune. La legislazione
urbanistica prevede, infatti, che la lottizzazione dei terreni viene concessa dai Comuni
subordinandola alla stipula di una convenzione che prevede, sovente, la cessione gratuita delle
aree necessarie per le opere di urbanizzazione primarie e secondarie nonché l'assunzione a
carico del proprietario del terreno degli oneri relativi a dette opere. E, secondo l'ufficio, il
valore delle aree cedute gratuitamente non poteva essere considerato un onere inerente alla
compravendita dei terreni, in quanto il trasferimento dell'area al Comune, avvenuto con atto
separato, non era collegato all'obbligazione principale intercorsa con le parti.
La Ctr Lombardia ha accolto il ricorso e ha richiamato i chiarimenti della sentenza 1366/1999
della Cassazione secondo la quale la convenzione di lottizzazione non è necessariamente
costituita da un unico negozio stipulato tra il proprietario e il Comune anche perché al
perfezionamento della convenzione possono contribuire distinti atti giuridici collegati tra loro

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integrandosi a vicenda. Nel caso in esame, quindi, l'atto con cui l'originario proprietario dei
terreni edificabili – in adempimento dell'obbligazione assunta con gli acquirenti – ha ceduto
gratuitamente al Comune la proprietà delle aree destinate all'urbanizzazione non si può
considerare come un autonomo atto di liberalità ma come adempimento dell'obbligazione già
assunta nella vendita del terreno e accettata preventivamente dall'ente con la stipula della
convenzione con gli acquirenti dell'area fabbricabile. Pertanto il negozio di cessione gratuita
costituisce un unicum con la vendita onerosa delle aree destinate alla lottizzazione e il costo
delle porzioni cedute gratuitamente va considerato incrementativo del bene ceduto e riduce la
plusvalenza tassabile.
La Ctr richiama anche la sentenza 3963/2002 della Cassazione che si è espressa a favore della
natura di oneri di urbanizzazione dei terreni acquistati per essere ceduti gratuitamente al
Comune: trattandosi di costi determinati da obblighi di legge, costituiscono oneri deducibili ai
fini delle imposte sui redditi.
(Siro Giovagnoli, Emanuele Re, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 01 luglio 2013)

   La ricostruzione perde i vincoli

Con l'eliminazione del vincolo di rispettare la sagoma negli interventi di demolizione e
ricostruzione del patrimonio edilizio esistente per effetto del Dl 69/2013 (decreto "del fare") si
potrà rimodellare profondamente la conformazione delle città, superando gli indici di
edificabilità assegnati dai piani regolatori alla sola condizione di non aumentare la volumetria
preesistente.
Secondo il Testo unico dell'edilizia (Dpr 380/2001) gli interventi di ristrutturazione edilizia
consistono nelle opere rivolte a trasformare gli organismi edilizi «mediante un insieme
sistematico di opere che possono portare ad un edificio in tutto o in parte diverso dal
precedente». Questi interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi
costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti.
Nella ristrutturazione edilizia è compresa anche la demolizione e ricostruzione. Mentre la
possibilità di modificare la sagoma era già riconosciuta dal Testo unico per le opere che non
comportano la demolizione integrale, il decreto "del fare" consentirà di modificare la sagoma
anche nelle operazioni di demolizione e ricostruzione.
Le possibilità di intervento
La norma entra in vigore con la legge di conversione del decreto, quindi al più tardi il 21
agosto. A breve sarà possibile, ad esempio, trasformare un'autorimessa composta da più piani
interrati (a cui il titolo edilizio originario riconosceva la permanenza di persone per lo
svolgimento di attività lavorative), in una palazzina che trasferisce la volumetria nel
soprassuolo (aumentando l'altezza dell'edificio preesistente o erigendo ex novo sull'area
sovrastante), collocando nel sottosuolo i parcheggi senza permanenza di persone.
Il caso può apparire irragionevole, ma corrisponde alla realtà di diversi interventi realizzati in
Lombardia durante la vigenza dell'articolo 27, comma 1, lettera d), della legge regionale
12/2005, che per primo aveva eliminato l'obbligo del rispetto della sagoma negli interventi di
demolizione e ricostruzione. La norma era stata annullata dalla sentenza della Corte
Costituzionale 309/2011 per il contrasto con il principio fondamentale contenuto nella
definizione di ristrutturazione del Testo unico sull'edilizia. Ma la definizione ora è stata riscritta
nei termini citati eliminando così il vizio di incostituzionalità.
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Senza giungere al caso limite appena illustrato, si deve rimarcare che il solo vincolo del
rispetto della volumetria consentirà agli interventi di demolizione e ricostruzione infedele di
superare l'indice edilizio (generalmente espresso dal rapporto tra la volumetria o superficie
edificabile e la superficie dell'area di intervento) assegnato dallo strumento urbanistico
comunale, tutte le volte in cui esso sia inferiore alla volumetria esistente. Questo è un caso
molto frequente nei tessuti consolidati delle nostre città, dove gli edifici sono stati costruiti ben
prima dell'approvazione del primo piano regolatore (che ha poi imposto indici inferiori
all'esistente), se non prima della stessa legge urbanistica nazionale del 1942.
Appaiono evidenti le positive implicazioni per la rigenerazione dello stock edilizio italiano il cui
valore, in ragione del riconosciuto degrado, è da attribuirsi quasi esclusivamente alla
localizzazione e alla volumetria espressa.
Ma vi è una seconda novità non meno importante introdotta dal decreto: potranno mantenere
la volumetria esistente senza vincolo di sagoma anche «gli interventi rivolti al ripristino di
edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione purché
sia possibile accertarne la preesistente consistenza». Per questa via, di cui non risultano
precedenti nella legislazione regionale, si potrà porre rimedio alle ferite inferte alle nostre città
da sinistri, calamità naturali ed eventi bellici.
Gli edifici vincolati
Un'ultima notazione, critica, merita la previsione che continua ad imporre il rispetto della
sagoma agli immobili sottoposti a vincoli. Il decreto non considera che la difesa dei valori
culturali riconosciuti dal vincolo è assicurata dalla necessaria e preventiva autorizzazione che
deve essere rilasciata dagli organi tutori (su tutti le soprintendenze).
Per salvaguardare i beni vincolati resta ferma anche la possibilità che il Prg inibisca gli
interventi di demolizione e ricostruzione infedele in determinate aree o zone urbanistiche.
(Guido Inzaghi Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 1 luglio 2013)

   Edilizia, silenzio-assenso con limiti
Il «decreto del fare» (articolo 30, comma 1, lettera b del Dl 69/2013) ha introdotto il «silenzio-
assenso» in edilizia prevedendo che la mancata risposta del dirigente entro 30 giorni dalla
proposta dello sportello unico faccia intendere accolta l'istanza. Dimostrando l'avvenuta
cadenza delle fasi antecedenti (a partire dalla data di presentazione dell'istanza in poi), si può
quindi iniziare l'attività edilizia.
Chi intende opporsi ai lavori iniziati dal vicino che inizia a costruire grazie a un silenzio assenso
deve impugnare il provvedimento formatosi in modo tacito entro 60 giorni dall'inizio
dell'attività edile.
Se ci sono vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, il provvedimento necessario per
costruire deve essere espresso (scritto, non tacito) ed emesso dall'organo competente. Il
permesso di costruire può essere composto da una parte di competenza dell'amministrazione
preposta alla tutela del vincolo e di una parte di competenza del Comune. Ad esempio, un
intervento in zona adiacente a un corso d'acqua va valutato sotto l'aspetto ambientale (con
parere ad hoc) e sotto l'aspetto edilizio (distanze, indici, allineamenti).
Se c'è un diniego espresso, formale, da parte dell'autorità competente a gestire il vincolo, il
silenzio da parte del Comune mantenuto per i 30 giorni successivi equivale a rigetto
dell'istanza del privato; equivale cioè a un provvedimento scritto che respinga l'istanza
ritenendola non accoglibile. Il soggetto interessato potrà impugnare il rigetto entro 60 giorni
davanti al Tar, opponendosi al parere negativo dell'autorità che si è pronunciata
sfavorevolmente sul vincolo. Mentre il Comune può restare in silenzio, il parere sfavorevole del
l'autorità competente va comunicato dal Comune all'interessato entro cinque giorni, e potrà
essere quindi impugnato dal privato sottolineando che non vi è impatto ambientale della
costruzione rispetto agli elementi di pregio.
Se il parere dell'autorità preposta alla gestione del vincolo è favorevole all'attività edilizia, ed è
invece il Comune a esprimersi in senso sfavorevole alla costruzione per motivi diversi dalla
compatibilità ambientale, il dissenso del Comune deve essere espresso, cioè formale e
motivato, perché è diritto del cittadino ottenere sempre una risposta anche se in forma
semplificata (articolo 2 della legge 241/1990, modificato dalla legge 190/2012). Se l'autorità
competente a esprimersi è favorevole all'intervento ed è invece il Comune a rimanere inerte, il
soggetto interessato potrà attivare un potere sostitutivo entro sette giorni rivolgendosi al
soggetto indicato dall'amministrazione o reperito sul sito Internet, oppure impugnare il silenzio

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rifiuto del Comune entro un anno davanti al Tar, chiedendo ai giudici di accertare la fondatezza
della propria pretesa e, se lo ritiene, chiedendo anche un indennizzo (30 euro al giorno) per il
ritardo, oltre il risarcimento di eventuali danni (biologico per l'affanno, ansia eccetera:
Consiglio di Stato, sentenza 1271/2011).
Per la segnalazione certificata di inizio attività (Scia), applicabile per le manutenzioni e fino alle
ristrutturazioni (tranne che nei centri storici), l'attività edilizia può iniziare subito se sono stati
chiesti e ottenuti tutti i pareri e nulla osta necessari. La richiesta dei pareri può essere affidata
dall'interessato allo Sportello unico attività produttive (Suap), ufficio che otterrà i pareri entro
60 giorni. Termini superiori causano la convocazione di una Conferenza di servizi con le
autorità che devono esprimere un parere (articolo 23-bis del Dpr 380/2001 introdotto
dall'articolo 30 del Dl 69/2013).
La Scia, che rende agevoli gli interventi, è rallentata (articolo 23-bis del Dpr 380/2001) nei
centri storici (zone omogenee «A» dei piani urbanistici) dovendosi sempre attendere 20 giorni
dalla presentazione della segnalazione, anche nei casi in cui non è necessario chiedere alcun
parere perché non vi sono vincoli.
(Maria Teresa Farina, Guglielmo Saporito, Il Sole 24 ORE – Norme e Tributi, 2 luglio 2013)

    Il nodo del commercial real estate passa dalle strategie delle banche
È il tema del momento. Nei convegni, negli incontri e nelle interviste con i protagonisti del
settore da tempo e sempre più viene menzionato il tema di una bad bank, una realtà tutta
italiana che potrebbe ricalcare il modello già realizzato in Spagna per assorbire i crediti in stato
di insolvenza, soprattutto legati al mercato immobiliare. Settore che in Spagna da ormai oltre
cinque anni vive una fase di pesante crisi in seguito allo scoppio della bolla del mattone.
In Italia da molti mesi il legame tra banche e gli immobili in sofferenza è sotto i riflettori, ma
finora gli istituti di credito sono rimasti quasi inamovibili.
Bankitalia mesi fa ha promosso un'azione quasi di "moral suasion" per spingere gli istituti di
credito a svalutare i pacchetti di immobili in sofferenza che gravano sui loro bilanci. Operazione
che un esito l'ha avuto, di quale entità non è possibile dirlo. Fatto sta che gli istituti di credito
italiani ancora nei prossimi mesi saranno costretti a verificare, anche su pressione della Banca
d'Italia, l'adeguatezza delle rettifiche di valore effettuate per salvaguardare la qualità
dell'attivo.
Che fine farà questo patrimonio immobiliare oggi ingessato è, secondo molti esperti, il nodo del
real estate che si è chiamati a sciogliere oggi.
Quasi due anni fa da queste pagine si iniziò a parlare di repricing, e oggi proprio quella
revisione delle quotazioni del mattone commerciale sta dando i primi frutti, e le operazioni
nella tarda primavera sono fiorite.
«Le banche hanno di fronte tre possibilità – dice un esperto –: vendere gli immobili
direttamente sul mercato, a prezzi che siano oggi in linea con l'andamento di un settore in crisi
da più di cinque anni, creare fondi immobiliari in cui inserire gli asset in sofferenza (e alcune
operazioni in tali termini sono state studiate) e, infine, il caso peggiore, la creazione appunto di
una bad bank, da molti vista come l'ultima spiaggia».
L'indagine effettuata nei mesi scorsi da Bankitalia riguardava la componente immobiliare e
aveva lo scopo di accertare se, a fronte di crediti garantiti da case, palazzi e altre strutture
immobiliari, le banche avessero effettuato adeguate rettifiche e svalutazioni di questi beni. Va
tuttavia segnalato che, in una recente indagine della Banca d'Italia, che fotografava l'ultimo
trimestre 2012, l'importo medio erogato da banche e finanziarie copre solo il 57,8% del prezzo
degli immobili. La forbice sta a indicare che, nonostante il calo dei prezzi delle abitazioni, gli
istituti di credito hanno preferito rimanere sulla difensiva.
Finora non è stata creata una bad bank perché il deterioramento del credito è ritenuto in linea
con le aspettative, ma se così non fosse, il passo obbligato sarà quello di cedere i toxic asset a
un'entità esterna, come avvenuto in Irlanda nel 2009 e in Spagna nel 2012.
Morgan Stanley ritiene, in un recente studio, che il valore del deleveraging degli istituti di
credito del Vecchio continente si aggiri attorno a 600 miliardi e l'obiettivo di riduzione della
leva allo stato attuale è stato raggiunto per una quota pari al 20-25% circa. Sempre Morgan
Stanley stima che tra il 2015 e il 2017 il develeraging in Europa sarà di 1.600-3mila milioni di
euro, con una significativa proporzione avvalorata dal "commercial" real estate.
«Dal settembre scorso gli investitori internazionali hanno ricominciato a guardare l'Italia, spinti
dall'arrivo del Governo Monti – dice Paola Bellacosa, executive director di Cbre –. Le operazioni

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di recente concluse, però, non sempre denotano un ritorno di interesse per il nostro Paese. A
vendere sono spesso proprio investitori esteri che vogliono lasciare il Paese. Si tratta di
venditori internazionali che hanno già svalutato le loro posizioni o sono comunque disposti ad
accettare delle minusvalenze rispetto ai loro valori di acquisto. E spesso sono asset finanziati
da banche straniere che hanno fatto il mark to market della loro posizione. La maggioranza del
real estate commerciale resta in mano saldamente a soggetti italiani, finanziati da banche
italiane. Le quali fino ad oggi non hanno fatto nulla per i crediti incagliati. Sono le banche il
grande freno alla ripresa delle transazioni».
Un tema cruciale, un problema sistemico che blocca il settore. «Su circa 660 miliardi di
esposizione all'Immobiliare, circa 100 miliardi sono di commercial real estate in Italia – dice
Bellacosa – e se oggi facessimo ilmark to market di queste posizioni avremmo minusvalenze
ben elevate».
Senza una operazione sistemica di pulizia, il commercial real estate è destinato a rimanere
fermo per anni, da un lato perché le banche non possono liberarsi di asset ormai tossici,
dall'altro perché in queste condizioni non possono erogare nuovo credito. Certo si potrà dire
che i bilanci delle banche Italiane sono storicamente più solidi, ma intanto negli altri Paesi
questa operazione di pulizia ha consentito al mercato di ripartire o ve ne ha posto basi più
solide e durature. «Le esperienze più note sono la Sareb in Spagna e la Nama in Irlanda – dice
Bellacosa –, due approcci diversi a seconda delle situazioni ma che sono stati implementati
attraverso un passaggio politico nazionale e comunitario».
Il tema dei valori è legato anche all'inamobilità dello stock immobiliare. «Oggi bisognerebbe
poter pagare un valore congruo per un immobile di uffici di grado C in centro città, un valore
che ne permetta la demolizione e la ricostruzione dato che un asset di quel tipo non vale
sostanzialmente nulla – dice ancora Bellacosa –. Un valore che ne consenta altrimenta una
completa riconversione in edificio di housing sociale».
(Paola Dezza, Il Sole 24 ORE – Casa 24 plus, 4 luglio 2013)

 Certificazione energetica
 Il certificato sui consumi si consegna in anticipo
Le nuove norme in tema di prestazione energetica degli edifici introdotte dal decreto legge
63/2013 hanno un significativo impatto anche sulla contrattualistica inerente i trasferimenti
immobiliari. E non si tratta solo dei contratti "definitivi" (cioè quelli con i quali si trasferisce la
proprietà, il cosiddetto rogito notarile) ma anche della contrattazione preliminare, vale a dire
quella con la quale i contraenti programmano un futuro trasferimento immobiliare,
obbligandosi alla stipula del contratto definitivo.
A quest'ultimo riguardo, la nuova legge infatti prevede che:
   - nel caso di vendita di un edificio "futuro" (e cioè ancora da costruire, la cosiddetta
       vendita sulla carta o in pianta) il venditore deve fornire all'acquirente evidenza della
       futura prestazione energetica dell'edificio: quindi è opportuno inserire nel contratto, in
       apposita clausola, che il venditore ha dato l'informativa contenente la sua previsione
       sulla futura classe di prestazione energetica; successivamente, a fine lavori, prima del
       rilascio del certificato di agibilità (secondo un emendamento inserito nel Dl 63 in fase di
       conversione), il venditore deve materialmente consegnare all'acquirente l'attestato di
       prestazione energetica;
   - in relazione al fatto che gli immobili in vendita devono essere immessi sul mercato
       mediante annunci (su qualsiasi mezzo di comunicazione) che riportino «l'indice di
       prestazione energetica dell'involucro edilizio e globale dell'edificio o dell'unità
       immobiliare e la classe energetica corrispondente», all'atto dell'avvio di trattative
       preordinate all'eventuale stipula di un contratto di compravendita immobiliare il
       proprietario deve «rendere disponibile» l'Ape al potenziale acquirente;
   - alla fine delle trattative (e, quindi, alla stipula del contratto preliminare oppure all'atto
       dell'accettazione, da parte dell'acquirente, della proposta di vendita da parte del
       venditore oppure unitamente alla comunicazione all'acquirente dell'accettazione, da
       parte del venditore, della proposta di acquisto formulata dall'acquirente) il venditore
       deve consegnare l'Ape alla sua controparte (e quindi ben prima della stipula del rogito);
       quindi è opportuno che, nel testo del contratto preliminare, si dia conto di questa

 FIAIP News24, Numero 1 - Luglio 2013                                                          14
avvenuta consegna.
Oneri documentali poi sono prescritti anche per la redazione del rogito notarile. In generale, è
prescritto che nei contratti di vendita deve essere inserita una apposita clausola con la quale
l'acquirente dia atto di aver ricevuto le informazioni e la documentazione, comprensiva
dell'Ape, in ordine all'attestazione della prestazione energetica degli edifici. Per gli immobili siti
nelle Regioni (ad esempio: la Lombardia) la cui legislazione locale abbia prescritto la materiale
allegazione al rogito dell'attestato energetico, occorre appunto fisicamente accludere l'Ape al
contratto.
È importante notare che questi obblighi non possono essere derogati: vale a dire che i
contraenti non possono mettersi d'accordo e fare a meno di seguire le prescrizioni (ad
esempio, non allegare l'Ape al rogito, nelle Regioni ove è prescritto; oppure esonerare il
venditore dal dotare di Ape l'immobile oggetto di vendita). Si tratta infatti di norme
preordinate all'interesse generale (e perciò inderogabili) e non al singolare interesse dei singoli
soggetti coinvolti da una trattiva immobiliare: lo si ricava sia dal dettato stesso della
normativa, sia dalla considerazione delle sanzioni che sono apprestate per alcune violazioni (si
veda l'articolo accanto).
La previsione delle sanzioni pecuniarie di natura amministrativa, tra l'altro, risolve una volta
per tutte l'annoso problema di qualificare adeguatamente l'irregolarità che contraddistingue il
contratto per il quale le prescrizioni descritte sopra non siano rispettate. Ebbene, dato che la
legge appresta una sanzione specifica per queste evenienze, non si può ritenere che la
mancanza dell'Ape o qualsiasi sua irregolarità compromettano la validità del contratto, il quale,
quindi, è valido ed efficace a prescindere dal rispetto della normativa in tema di Ape.

LA TEMPISTICA

La vendita sulla carta
- In caso di acquisto di un immobile ancora in fase di costruzione il costruttore deve dare
informazioni sull'indice di prestazione energetica futura.
È opportuno inserire
nel contratto una clausola in cui le parti si danno atto di avere ricevuto questa informazione.

L'immobile in costruzione
- L'Ape, l'attestato di prestazione energetica deve essere consegnato dal costruttore nella fase
finale insieme con il certificato di agibilità.

L'offerta sul mercato
- L'annuncio con la proposta di vendita (pubblicato su qualsiasi mezzo di comunicazione) deve
indicare l'indice di prestazione energetica e la classe energetica dell'immobile, informazioni da
fornire anche nella fase delle trattative
Il preliminare di vendita
- All'atto della stipula del contratto preliminare di compravendita o di accettazione della
proposta di vendita il venditore deve consegnare l'Ape all'acquirente. L'obbligo non è
derogabile, né è più ammessa l'autocertificazione dell'appartenenza all'ultima classe, la G
(Angelo Busani, Il Sole 24 ORE – Guida pratica-Certificazione energetica, 8 luglio 2013)

    Certificatori energetici, l’attestato cambia nome
La certificazione energetica degli edifici cambia solo di nome, ma non di fatto. In attesa dei
nuovi decreti del ministero dello Sviluppo economico, che dovranno definire differenti
procedure di calcolo, per il momento l'Attestato di certificazione energetica (Ace) diventa
Attestato di prestazione energetica (Ape), ma viene elaborato con le stesse procedure di
prima.
A fare chiarezza è stata una circolare del ministero, diffusa martedì 26 giugno, che spiega
come si devono comportare i professionisti (certificatori energetici, notai, agenti immobiliari,
eccetera) nella fase transitoria di applicazione del nuovo Dl 63/2013: mentre il decreto fa lo
slalom tra gli emendamenti, in fase di conversione alle Camere, gli operatori hanno chiesto
come attuare le nuove disposizioni in vigore dallo scorso 6 giugno, che rendono obbligatoria
l'indicazione dell'Ape nei rogiti e nei contratti d'affitto, oltre che nei relativi annunci immobiliari
(pena importanti sanzioni).

 FIAIP News24, Numero 1 - Luglio 2013                                                          15
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