CONFIMI Rassegna Stampa del 05/09/2018
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CONFIMI Rassegna Stampa del 05/09/2018 La proprietà intellettuale degli articoli è delle fonti (quotidiani o altro) specificate all'inizio degli stessi; ogni riproduzione totale o parziale del loro contenuto per fini che esulano da un utilizzo di Rassegna Stampa è compiuta sotto la responsabilità di chi la esegue; MIMESI s.r.l. declina ogni responsabilità derivante da un uso improprio dello strumento o comunque non conforme a quanto specificato nei contratti di adesione al servizio.
INDICE CONFIMI Il capitolo non contiene articoli CONFIMI WEB Il capitolo non contiene articoli SCENARIO ECONOMIA 05/09/2018 Corriere della Sera - Nazionale 5 Ma dove sono le risorse per il patto di governo? 05/09/2018 Corriere della Sera - Nazionale 7 «Rassicuro mercati e Tria» Poi il leader vede Blair, il super consulente del Tap 05/09/2018 Corriere della Sera - Nazionale 9 Imprese, il conto dello spread: indebitarsi costa l'1% in più 05/09/2018 Corriere della Sera - Nazionale 11 Tim, la Borsa non crede al rilancio Intanto Iliad fa il pieno di abbonati 05/09/2018 Il Sole 24 Ore 13 Partite Iva, flat tax con tre aliquote 05/09/2018 Il Sole 24 Ore 16 Telecom ai minimi da 5 anni Pesano Iliad e il taglio delle stime 05/09/2018 Il Sole 24 Ore 19 L'Fmi del «nuovo corso» costretto a ricorrere ai vecchi strumenti anti-crisi 05/09/2018 La Repubblica - Nazionale 21 ANCHE NAVA FA LITIGARE GOVERNO E UE 05/09/2018 La Repubblica - Nazionale 22 Terni ha paura acciaio in vendita e futuro a rischio 05/09/2018 Il Messaggero - Nazionale 24 Deficit, la frenata della Lega avviso a M5S: ora la Fornero 05/09/2018 Il Messaggero - Nazionale 27 «I soldi ci sono, nella manovra misure concrete su flat tax, pace fiscale e quota 100 per le pensioni»
SCENARIO PMI 05/09/2018 Il Sole 24 Ore 29 «Più lavoro da taglio cuneo e quota 100 per tutti. Sì ai vincoli Ue» 05/09/2018 Il Sole 24 Ore 32 Spread in discesa, ma alla Pmi il debito costa lo 0,5% in più 05/09/2018 Il Sole 24 Ore 34 La Pmi italiana MyBest sbarca su Euronext 05/09/2018 MF - Nazionale 35 Wall Street accusa il rischio dazi
SCENARIO ECONOMIA 11 articoli
05/09/2018 diffusione:222170 Pag. 1 tiratura:308621 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'analisi Ma dove sono le risorse per il patto di governo? Federico Fubini Prima che la domanda si ponesse con l'urgenza attuale, la risposta si trovava già nel sito di M5S il 26 gennaio scorso. «Tutti ci chiedono: dove prenderete i soldi? I soldi ci sono, eccome, in un bilancio da 800 miliardi». Naturalmente il «blog delle Stelle» si riferiva alle idee per finanziare il reddito di cittadinanza, più altri «cinquanta miliardi in investimenti pubblici». Si leggeva: «Basta avere lungimiranza e le mani libere da condizionamenti di lobby che finora hanno sempre prosperato in modo parassitario, attaccate alle gonne dello Stato». In questo M5S dimostrava di essersi posto il problema più della Lega, la quale aveva escluso qualunque sacrificio. La «flat tax» leghista al 15% promessa a tutti, ispirata al modello di Mosca, avrebbe dovuto finanziarsi da sola con la crescita che doveva generare. Poco importa che la spesa pubblica in Italia sia di quasi il 20% più alta che in Russia, in proporzione alla taglia dell'economia. Quanto alla «pace fiscale», o condono, avrebbe comunque prodotto gettito fiscale per un solo anno mentre i tagli alle tasse promessi sarebbero stati per sempre. Con il Movimento 5 Stelle era diverso: indicava gli interventi da fare. In primo luogo «trenta miliardi annui a regime di spending review, compreso un miliardo di tagli ai costi della politica». Da allora M5S ha vinto le elezioni e governato cento giorni eppure oggi per la prima volta da sei anni l'Italia non ha più un commissario per la spending review: nominata da Palazzo Chigi, quella figura è necessaria per il lavoro quotidiano di selezione, controllo e intervento sulle spese, ma appunto il governo ha scelto di fare senza. Difficile così reperire anche solo un miliardo nel 2019 dalle uscite dei ministeri. Quanto all'altro «miliardo» di spese della politica da tagliare, la cancellazione dei cosiddetti «vitalizi» parlamentari (pensioni calcolate con il metodo retributivo) ha dato appena 43 milioni; però poi si sono dovuti bloccare anche quelli in vista di ricorsi delle persone colpite. Del resto il piatto forte, per M5S, era altrove. «Quaranta miliardi l'anno di agevolazioni fiscali che si possono spostare da obiettivi dannosi e improduttivi verso finalità ad alto moltiplicatore», si legge nel blog. Sono le spese fiscali, in tutto poco meno di settecento deduzioni o detrazioni diverse. I 5 Stelle in questo avevano contato bene: tolti gli sgravi ininfluenti e quelli indispensabili, in quella lista spiccano quattordici voci che - se nulla cambia con la legge di Stabilità - costeranno 38,1 miliardi allo Stato nel 2019 ma in teoria si potrebbero limare. Resta da capire se nel governo qualcuno oserà farlo. Come mostra il grafico sopra, oggi gli sgravi sulle accise al gasolio in agricoltura e nell'autotrasporto pesano per esempio sul bilancio per oltre due miliardi. Ma sembra impossibile che il governo li riduca, dopo che Matteo Salvini della Lega aveva promesso in campagna elettorale di «cancellare sette accise sulla benzina subito» (da allora di questo non parla più). Ci sarebbero poi da aggredire le detrazioni ed esenzioni sulla casa, quelle che forse più di tutte le altre favoriscono chi possiede patrimoni più alti e immobili più preziosi a spese di chi li ha più bassi e non possiede affatto immobili. C'è per esempio la detrazione sulla rendita catastale per la prima casa (toglie al gettito 3,6 miliardi), di cui inevitabilmente non gode il 33% delle famiglie italiane senza prima casa di proprietà; lo stesso vale per l'Imu prima casa (costa 3,6 miliardi) e la Tasi sulla prima casa (3,5 miliardi). Ancora più squilibrate a favore di chi ha grandi case e può permettersi grandi migliorie su di esse sono le detrazioni per le ristrutturazioni edilizie (costano 5,8 miliardi) o per gli interventi di riqualificazione SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2018 5
05/09/2018 diffusione:222170 Pag. 1 tiratura:308621 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato energetica (1,6 miliardi). Per non parlare delle detrazioni per spese mediche e sanitarie (3,1 miliardi) riservate anche ai redditi alti e altissimi o del bonus da 80 euro di Matteo Renzi, che costa 8,9 miliardi e spesso favorisce i ceti medi rispetto ai ceti più deboli. E che dire del credito d'imposta da 240 milioni per gli armatori? La lista è lunga, le possibilità numerose per il governo di rendere il sistema degli sgravi più equo e meno costoso, in modo da reperire risorse e attuare così il suo programma. Ma occorre scegliere e dunque scontentare almeno qualcuno. Occorrono, direbbe il blog di M5S, «lungimiranza e mani libere da lobby». Dopo tante parole su Facebook, la prova con la realtà è adesso. © RIPRODUZIONE RISERVATA Corriere della Sera Quanto costano allo Stato gli sconti fiscali Le previsioni per il 2019 (in milioni di euro) Fonte: Ministero dell'Economia 0 2.000 4.000 6.000 8.000 10.000 240 864,8 1.923 1.611,1 1.264,4 727,1 3.630 3.674 3.580 1.030,5 5.883,5 1.619,6 3.117,3 8.964 Accise ridotte per il gasolio in agricoltura Credito d'imposta per gli armatori Proroga/ampliamento di super e iper ammortamento Cedolare secca sui canoni di locazione Riduzione delle accise sul gasolio per l'autotrasporto Credito d'imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo Detrazione della rendita catastale sulla prima casa Esenzione dell'Imu sulla prima casa Esenzione della Tasi sulla prima casa Detrazione degli interessi sui mutui per la prima casa Detrazione del 50% per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio Detrazioni del 55% e del 65% sugli interventi di riqualificazione energetica Detrazione per spese mediche e sanitarie Il bonus degli 80 euro di Renzi SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2018 6
05/09/2018 diffusione:222170 Pag. 6 tiratura:308621 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il retroscena «Rassicuro mercati e Tria» Poi il leader vede Blair, il super consulente del Tap I due portavoce Per evitare confusione sulla linea economica del partito verranno nominati 2 portavoce Marco Cremonesi ROMA«La notizia? È che faremo una finanziaria perbene». Perbene in che senso? «Non torceremo il braccio dietro alla schiena al ministro Tria». Appena uscito dal Viminale, uno dei partecipanti al summit dei leghisti che si occupano di economia scherza. E la mette così: «Tripla rassicurazione: ai mercati, agli elettori e, appunto, al ministro all'Economia». L'appuntamento al ministero dell'Interno era atteso: intorno a un tavolo, tutti i ministri, i viceministri e i sottosegretari economici della Lega, più i capigruppo di Camera e Senato. Per Matteo Salvini occorreva, tanto per cominciare, mettere un freno alle troppe voci discordanti provenienti dall'interno della Lega riguardo alla linea economica del partito. E così, d'ora in avanti, su questi argomenti ci saranno «due portavoce» politici. Scelti, probabilmente, tra i partecipanti alla riunione di ieri. Il primo sarà delegato a parlare di questi temi con il governo e con gli alleati a 5 Stelle, il secondo sarà incaricato di svolgere lo stesso ruolo pubblicamente, davanti a taccuini e telecamere. Chi saranno? Per il momento, non si sa: Matteo Salvini ancora non ha deciso. Ma il punto, come dice uno degli «economisti», è che «occorreva mettere uno stop. Anche perché spesso fanno molto più danno le parole in libertà che il merito dei provvedimenti». Soprattutto, la linea economica andava definita. Perché tutto quello che è contenuto nel «contratto di governo» ora andrà declinato nella prima legge di bilancio legastellata. E gli obiettivi vanno dunque diluiti sul periodo medio lungo: in primo luogo, nell'aggiornamento del Def che dovrà essere presentato a giorni. E infatti, questa mattina Salvini incontrerà a Palazzo Chigi il premier Giuseppe Conte, il vicepremier e capo dei 5 Stelle Luigi Di Maio, il sottosegretario Giancarlo Giorgetti e lo stesso ministro Tria. In ogni caso, il messaggio sottinteso nella modulazione dei tempi, spiega un altro dei partecipanti all'incontro, è «che il governo durerà. Che Salvini non ha alcuna intenzione di farlo cadere in anticipo come spesso voi scrivete sui giornali, istigati da M5S». Salvini nelle ultime settimane era infastidito dal fatto che di riforma della legge Fornero sulle pensioni si parlasse sempre meno: «Non dobbiamo far pensare che ce ne siamo dimenticati». Perché così non è: lui stesso ieri ha ribadito che la missione, già per la prossima legge di bilancio, «è quella di arrivare a quota 100 (come somma tra età anagrafica e anni di contributi) in modo effettivo». Se ne dovrà occupare l'ex sindacalista Claudio Durigon, il sottosegretario al Lavoro. E poi, ci sarà la flat tax. Che dovrebbe partire già dall'anno prossimo, con aliquota comme annunciato al 15%, ma soltanto per le partite Iva. Nel 2019 saranno dunque i soli professionisti ad avvantaggiarsene: «Ma già dall'anno prossimo dovrebbe essere estesa anche alle imprese e alle persone fisiche». Infine, la «pace fiscale», la rottamazione della cartelle esattoriali: secondo i calcoli della Lega, bisognerà vedere quanto condivisi dal ministro Tria, il ridurre al 10% di quanto dovuto porterebbe nelle casse statali ben 60 miliardi. In tutto questo, resta però da capire il ruolo che la Lega intende attribuire alla spesa per le grandi opere. Ieri, infatti, si è parlato assai più di un «grande piano per la manutenzione del patrimonio pubblico» assai più che delle infrastrutture che attendono il completamento (o SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2018 7
05/09/2018 diffusione:222170 Pag. 6 tiratura:308621 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato l'avvio). Su cui i 5 Stelle, peraltro, sono ancora da convincere. Un Matteo Salvini descritto come «molto ministeriale, ma senza cravatta» ha ascoltato le opinioni di tutti i presenti prima di riconvocarli per martedì della settimana prossima. Poi, è arrivato il momento di ricevere Tony Blair. Il vice presidente del Consiglio ha ricevuto l'ex premier britannico da solo, alla presenza della sola traduttrice. I due hanno parlato di immigrazione e di politiche energetiche, ipotizzando una conferenza sullo sviluppo in Africa. Soltanto più tardi, ai tre si è unito il consigliere diplomatico del Viminale Stefano Beltrame. Blair è super consulente del gasdotto trans adriatico, il Tap. E cioè, una delle grandi opere in discussione su cui M5S continua a storcere il naso. Ad ogni modo, tutti giurano che la Lega «non intende tentare di sforare il tetto del rapporto tra deficit e pil. Anzi, l'idea è quella di rimanere al di sotto del 3 per cento in maniera significativa». © RIPRODUZIONE RISERVATA La parola IL DEF Il governo sta lavorando alla nota di aggiornamento del Def. Il Def è l'acronimo dil Documento di Economia e Finanza, ed è il principale strumento della programmazione economico- finanziaria in Italia. Proposto dal governo e approvato dal Parlamento, esso indica la strategia economica e di finanza pubblica nel medio termine (medium term budgetary framework). Il periodo di programmazione copre almeno un triennio. Il Def deve essere è presentato entro il 10 aprile e va presentato in sede europea. Foto: L'ex premier britannico, il laburista Tony Blair, 65 anni, e il vicepremier Matteo Salvini, 45 anni, ieri all'incontro al Viminale. Blair ha visto anche l'esponente dem Sandro Gozi, 50 anni ( Ansa ) Foto: Tutte le notizie di politica, con gli aggiornamenti in tempo reale, i commenti, le analisi, i video e le fotogallery SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2018 8
05/09/2018 diffusione:222170 Pag. 7 tiratura:308621 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Imprese, il conto dello spread: indebitarsi costa l'1% in più Il mercato dei prestiti obbligazionari valuta peggio le aziende italiane e assegna un rischio Paese più elevato Fabrizio Massaro Non esiste solo lo spread dei Btp. Esiste anche quello delle imprese. E, al pari di quello più noto che indica il costo del debito pubblico rispetto a quello tedesco, mostra quanto le aziende italiane stiano faticando sempre di più a prendere soldi a prestito sul mercato dei bond. Il fenomeno si sta accentuando dal 5 marzo, all'indomani delle elezioni, e dopo un rallentamento a inizio giugno a seguito della nascita del governo Conte si è riacutizzato nel corso dell'estate fino ai picchi di questi giorni. È quello che gli esperti chiamano effetto trascinamento: le vicende politiche, che surriscaldano lo spread Btp/Bund, influenzano anche il debito delle imprese e quindi l'economia del Paese. Non è solo lo Stato a pagare più interessi; la febbre ha contagiato le banche e le imprese. Un segnale da non sottovalutare per il governo, in particolare per la Lega che nelle imprese del Nord ha un importante bacino elettorale. Per questo motivo imprenditori e osservatori delle cose economiche guardano con preoccupazione al dibattito in corso sulla manovra e alle tentazioni di Matteo Salvini e Luigi Di Maio di ricorrere al deficit per finanziare flat tax e reddito di cittadinanza. L'analisi dei dati (al 30 agosto) effettuata per il Corriere della Sera da un'importante banca italiana mostra chiaramente come per le imprese il mercato obbligazionario sia più caro rispetto a pochi mesi fa (tecnicamente, a salire è lo spread sul mid-swap, il tasso interbancario che le aziende usano per stabilire il tasso fisso dei loro bond). È vero che i tassi aumentano in tutta Europa - in media di 15-30 punti base per le nuove emissioni rispetto al 2017 - per fenomeni sovranazionali come la fine degli aiuti della Bce (il «quantitative easing»), la guerra dei dazi Usa-Cina o la crisi valutaria in Turchia. Ma ci sono particolarità italiane che fanno sì che il debito costi qui più che altrove. Appena a luglio Terna ha collocato con successo un bond a 5 anni a 80 punti base (sopra il tasso mid-swap) mentre un anno fa pagava solo 50 punti per un più rischioso bond a 10 anni. A giugno Atlantia e Fincantieri hanno preferito ritirare l'emissione di un bond per l'alta volatilità del mercato che non offriva condizioni vantaggiose. Un'ulteriore conferma si è avuta ieri dal collocamento di bond comparabili (7 anni, tasso fisso, stesso rating) da parte dell'italiana 2i Rete Gas e della spagnola Telefonica: la prima ha avuto uno spread di 165 punti; la seconda, appena 95. In sostanza, a parità di condizioni il mercato valuta peggio le imprese italiane, cioè assegna un valore al rischio Paese. Lo si vede anche sulle quotazioni dei bond «corporate» già in circolazione: il mercato sconta un peggioramento della percezione del rischio, misurato in certi casi in un 1% in più rispetto a tre mesi fa: il bond Tim a scadenza 2023 oggi quota 190 punti base dai 74 punti di marzo (da appena 35 di giugno); Italgas da 69 è passata a 108 punti, A2A da 39 a 104. Adeguandosi, con un po' di ritardo, alle evoluzioni dei Btp. © RIPRODUZIONE RISERVATA IL COSTO DEL DEBITO PER LE IMPRESE E LO STATO Bond a 5 anni sul mercato secondario, spread sul tasso mid-swap, in punti base Al 5 marzo 2018 Fonte: dati Bloomberg CdS 0 50 100 150 200 250 Italgas 69 26 108 74 35 190 39 8 104 39 -1 50 224 67 224 31 -2 47 47 7 73 Tim A2A Enel Snam Eni Btp a 5 anni Al 1 giugno Al 30 agosto SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2018 9
05/09/2018 diffusione:222170 Pag. 7 tiratura:308621 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il debito Le aziende italiane stanno registrando rendimenti più elevati sulle loro obbligazioni, con le quali chiedono soldi in prestito al mercato. Per gli esperti è l'effetto di un maggiore rischio- Paese percepito: lo spread dei tassi alle aziende si adegua allo spread sui Btp SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2018 10
05/09/2018 diffusione:222170 Pag. 28 tiratura:308621 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Tim, la Borsa non crede al rilancio Intanto Iliad fa il pieno di abbonati Titoli giù del 5%, Genish compra. Lunedì il consiglio. La concorrente a quota 1,5 milioni Federico De Rosa Il cerchio inizia a stringersi. Anche se per ora nessuno parla di redde rationem, la posizione di Amos Genish al vertice di Tim si sta facendo sempre più a rischio. Il prossimo consiglio, convocato il 10 settembre, potrebbe dare il via al conto alla rovescia per l'uscita del manager israeliano che, nonostante gli sforzi e un piano strategico di grande visione, non sta portando i risultati attesi. La difficoltà è evidente. Ieri i titoli di Tim sono scesi al nuovo minimo di 0,52 euro, chiudendo la seduta in ribasso del 5,41%. Gli operatori sono tutti (o quasi) «corti» sul titolo, segno che la fase ribassista è destinata a proseguire complice anche l'avversione degli investitori al «rischio Italia». Ovviamente Genish non ci crede e ieri ha comprato 1 milione di azioni Tim investendo 523 milioni. A Vivendi, Elliott e Cdp tocca invece contare le minusvalenze. Per la Cassa, che ad aprile ha comprato il 4,2%, si parla di circa 200 milioni. Ad accelerare ieri il calo in Borsa ha contribuito anche un report di Exane (Bnp Paribas) dal titolo «Cacciatori di affari attenzione», che in 50 pagine analizza il piano Genish, in relazione al contesto di mercato e a quello specifico dall'Italia, arrivando a tagliare a 0,38 euro (-30%) il prezzo obiettivo di Tim. Secondo Exane, mentre il business di linea fissa declina rapidamente e Iliad conquista nuovi clienti nel mobile, Tim sembra in balia degli eventi («una trappola di valore» la definisce Exane). Proprio ieri la compagnia guidata da Xavier Niel ha comunicato di aver raggiunto 1,5 milioni di abbonati con Iliad in Italia e che è pronta a partecipare alla gara per le frequenze 5G. Oltre alla concorrenza di Iliad, secondo Exane è stata sottostimata anche l'entità dei ricavi che Open Fiber sottrarrà a Tim sul business della banda larga e le prospettive per Tim Brasil, più difficili del previsto. A questo punto al board di lunedì può succedere tutto. Il clima in consiglio è tutt'altro che sereno. La conflittualità, portata dalla vittoria di Elliott in assemblea resta alta e Vivendi non ha rinunciato alla rivalsa. Tra ottobre e novembre si dovrebbe tenere l'assemblea per la nomina dei revisori e i francesi potrebbero cogliere l'occasione per chiedere di integrare l'ordine del giorno con la revoca del board. Genish, scelto dai francesi e confermato con da Elliott, si trova preso nel mezzo. Se non fosse stato per la mediazione del presidente Fulvio Conti, il manager probabilmente sarebbe già fuori. Ma, visti i numeri della semestrale e le vendite in Borsa, questa volta Conti potrebbe avere difficoltà a frenare una richiesta di discontinuità. Il 24 settembre ci sarà un altro consiglio. Il board del 10 settembre è stato convocato per decidere se partecipare all'asta per il 5G, da cui il governo si aspetta di incassare almeno 2,5 miliardi, che senza l'offerta di Tim difficilmente arriveranno. A quanto risulta né Genish né Conti hanno avuto ancora modo di incontrare il nuovo ministro dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio, che invece si è mostrato interessato alle vicende di Tim in chiave rete, nell'ottica della società unica per la banda larga con Open Fiber. Il piano di societarizzazione dell'infrastruttura proposta da Genish è all'esame dell'AgCom, ma i tempi si stanno allungando e ieri si è saputo che l'Authority si è presa altri 90 giorni per concludere il lavoro. © RIPRODUZIONE RISERVATA SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2018 11
05/09/2018 diffusione:222170 Pag. 28 tiratura:308621 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Corriere della Sera In Borsa 0,5000 0,6000 0,7000 0,8000 0,9000 ott nov dic gen feb mar apr mag giu lug ago set 2 0 1 7 2 0 1 8 0,5244 euro -5,41% IERI SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2018 12
05/09/2018 diffusione:87661 Pag. 1.3 tiratura:129277 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato VERSO LA MANOVRA Partite Iva, flat tax con tre aliquote Marco Mobili Marco Rogari Flat tax a 3 aliquote per Pmi e professionisti; quota 100 dal 2019 per un ampia platea. Sono le priorità per la manovra indicate ieri dal summit del Carroccio, che si devono saldare con l'avvio del reddito di cittadinanza su cui insiste il M5S. Ma la riuscita dell'operazione dipende dal livello del rapporto deficit-Pil su cui prosegue il confronto nel Governo e tra l'esecutivo e Bruxelles. Mobili e Rogari a pag. 3 ROMA Flat tax per piccole imprese e professionisti a tre aliquote. E quota 100 dal 2019 per un'ampia platea di pensionandi. Sono le due priorità indicate dalla Lega per la prossima manovra, al termine del vertice di ieri dello stato maggiore del Carroccio, che si devono saldare con l'immediato avvio del reddito di cittadinanza su cui continua a puntare con forza il M5S, come ha sottolineato ieri Luigi Di Maio. Ma la buona riuscita di questa operazione dipende dalla collocazione dell'asticella del rapporto deficit-Pil su cui prosegue il confronto all'interno del Governo e tra l'esecutivo e Bruxelles. Il ministro dell'Economia, Giovanni Tria, continua a mostrare prudenza per rassicurare i mercati e alla luce del peggioramento del quadro macroeconomico rispetto al Def di aprile (Pil più basso con ricadute su deficit e debito). Nel Carroccio cresce la convinzione che il deficit nominale possa salire al 2,8-2,9% aprendo uno spazio di flessibilità di oltre 20 miliardi che consentirebbe di coprire gran parte della manovra (clausole Iva comprese) destinata ad avvicinarsi a quota 30 miliardi. Al ministero dell'Economia sembrano considerare invalicabile quota 1,7-1,8% rimanendo preferibilmente attorno all'1,5%. Ma la maggioranza non appare disposta a scendere sotto il 2%. Oggi potrebbe essere fatto un tentativo per trovare la quadratura del cerchio con un vertice di Governo al quale dovrebbe partecipare Tria. Quella che appare già abbastanza solida è la rivisitazione del capitolo fiscale. Che,allo stato attuale prevede una Flat tax a tre aliquote per imprese(con possibile esclusione delle società di capitali)e professionisti con ricavi fino a 100mila euro e che il sottosegretario all'Economia Massimo Bitonci traduce nel 5% per le start up, 15% per chi ha ricavi fino a 65mila euro e 20% per quelli fino a 100mila euro di fatturato. A sostenere la misura dovrà contribuire la pace fiscale che spazia dal pre-accertamento agli accertamenti veri e propri con il rilancio del contraddittorio tra Fisco e contribuenti, comprese le liti fiscali pendenti e la riscossione con la definitiva rottamazione del magazzino della ex Equitalia. A completare il quadro anche una terza versione della voluntary disclosure sul contante e le cassette di sicurezza. Non solo. Nel vertice di ieri della Lega al Viminale il menù delle proposte fiscali per la manovra di Bilancio è stato arricchito con il rilancio della web tax sul money transfer. Sul versante della previdenza la maggioranza spinge per fare diventare le pensioni una delle priorità della manovra. Nelle ultime ore l'ipotesi del ricorso a quota 100 (nella somma di età anagrafica e anzianità contributiva) modulabile in forma selettiva (agganciata alla questione- esuberi), che era sotto la lente dei tecnici del governo fino alla scorsa settimana, è passata in secondo piano rispetto all'opzione di un intervento in favore di una platea molto ampia, magari con un percorso graduale. Anche il vertice di ieri della Lega si è concluso con l'obiettivo di far scattare quota 100 nel 2019 a tappeto (costo 6-8 miliardi) o quanto meno per un bacino non ristretto introducendo alcuni paletti, come il vincolo dei 64 anni di età anagrafica o quello del ricalcolo contributivo. A confermarlo indirettamente è anche il SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2018 13
05/09/2018 diffusione:87661 Pag. 1.3 tiratura:129277 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, che ha partecipato al vertice: «È stata un'ottima giornata di lavoro, il superamento della Fornero resta un obiettivo prioritario della manovra». Un'esigenza condivisa anche da M5S, con cui continua il confronto sui ritocchi alla stretta alle pensioni d'oro, che in ogni caso non sarà parte integrante della manovra ma marcerà in Parlamento come Ddl "collegato". La Lega punta anche a un intervento sugli assegni d'invalidità sopra 500 euro. Più complessa la partita sul taglio selettivo del cuneo per le imprese 4.0, che resta però appesa al nodo risorse della manovra. © RIPRODUZIONE RISERVATA IL CANTIERE DELLA LEGGE DI BILANCIO B coperture La partita della manovra si gioca sul deficit È sul rapporto deficit/Pil che si gioca la partita della manovra e delle misure che potranno entrarvi. Nella Lega cresce la convinzione che il deficit nominale possa salire al 2,8-2,9% aprendo uno spazio di flessibilità di oltre 20 miliardi che consentirebbe di coprire gran parte della manovra destinata ad avvicinarsi a quota 30 miliardi. Per il Mef sarebbe invalicabile quota 1,7-1,8% rimanendo preferibilmente attorno all'1,5%. Ma la maggioranza non appare disposta a scendere sotto il 2% C pensioni Obiettivo platea ampia per quota 100 La maggioranza è in pressing per far scattare dal 2019 quota 100 (somma di età anagrafica e anzianità contributiva) per tutti o quanto meno per un'ampia platea di lavoratori introducendo alcuni paletti come il vincolo dei 64 anni di età. Il bacino definitivo dipenderà dalle effettive risorse disponibili. Sulla stretta alle pensioni d'oro si lavoro a correttivi, la proposta di legge dovrebbe assumere la fisonomia di un Ddl "collegato". La lega punta anche a interventi sugli assegni d'invalidità D flat tax Imprese e professionisti con ricavi a 100mila euro Il cantiere del Governo sull'introduzione della tassa piatta prevede allo stato attuale una Flat tax declinata su tre aliquote e riservata a imprese e professionisti che hanno avuto ricavi fino a 100mila euro. In pratica, il restyling dell'attuale regime forfettario per le partite Iva si dovrebbe articolare su tre livelli di prelievo: il 5% per le start up, il 15% per chi ha ricavi fino a 65mila euro e 20% per quelli fino a 100mila euro di fatturato E web tax Un prelievo mirato sui money transfer In attesa di sciogliere il nodo sul futuro della web tax varata nell'ultima legge di Bilancio che attende ancora il decreto attuativo e di capire le decisioni che verranno assunte a livello comunitario, la prossima manovra potrebbe rilanciare il tema ripartendo dall'introduzione di un prelievo mirato sulle transazioni che viaggiano attraverso il canale dei money transfer. Anche questa è una delle proposte avanzate nel vertice della Lega ieri al Viminale F pace fiscale SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2018 14
05/09/2018 diffusione:87661 Pag. 1.3 tiratura:129277 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Accordi a 360 gradi con maxi rottamazione Nella manovra si punta a una pace fiscale a 360 gradi: dalla fase del pre-accertamento a quella degli accertamenti veri e propri con il rilancio del contraddittorio tra Fisco e contribuenti fino alle liti fiscali pendenti. E per la riscossione sarà prevista la definitiva rottamazione del magazzino della ex Equitalia. A completare il quadro della pace fiscale anche una terza versione della voluntary disclosure sul contante e le cassette di sicurezza SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2018 15
05/09/2018 diffusione:87661 Pag. 1.10 tiratura:129277 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato TLC Telecom ai minimi da 5 anni Pesano Iliad e il taglio delle stime L'operatore low cost verso 2 milioni di clienti, Exane taglia il target a 0,38 Antonella Olivieri Pesante scivolone per il titolo Telecom a Piazza Affari che già aveva subito una continua erosione dai massimi di maggio. Ieri ha chiuso in calo del 5,41% a 0,525 euro, il minimo da cinque anni e quasi la metà rispetto al prezzo di carico di 1 euro al quale l'ha in portafoglio Vivendi. Gli scambi sono stati intensi (337,8 milioni di pezzi). Al contesto già di per sè incerto creato dalla situazione di governance irrisolta, si aggiungono il neo entrante Iliad che marcia verso i 2 milioni di clienti e il taglio delle stime da parte di Exane che ha ridotto il target price da 55 a 38 centesimi. Può sorprendere che a fronte di uno sconto sui multipli di Borsa dell'ordine del 25% rispetto al settore - come riconosce la stessa casa di brokeraggio di Bnp- Paribas - nessuno si sia fatto avanti a contrastare le vendite. Solo l'a.d. Amos Genish ha investito mezzo milione di euro a 0,52 per azione. a pag. 10 Da inizio maggio, quando il nuovo cda Telecom si è insediato e le quotazioni, sulla spinta degli acquisti di Elliott e Cdp, si erano surriscaldate fino a raggiungere quota 87 centesimi, per il titolo in Borsa è stata un'erosione continua. Ma ieri Telecom è proprio franata in Piazza Affari, chiudendo in calo del 5,41% a 0,525 euro che rappresenta il minimo da cinque anni e quasi la metà rispetto al prezzo di carico (già svalutato) di 1 euro al quale l'ha in portafoglio il primo azionista Vivendi. Non c'è nulla di veramente nuovo a giustificare l'accelerazione al ribasso - un movimento oltretutto accompagnato da scambi intensi che hanno interessato 337,8 milioni di pezzi - se non che, in un contesto già di per sè incerto, da una parte il neo entrante Iliad marcia spedito verso i 2 milioni di clienti e dall'altra Exane ha pensato bene di abbassare le stime con un taglio drastico del target price da 55 a 38 centesimi. Può sorprendere che a fronte di uno sconto sui multipli di Borsa dell'ordine del 25% rispetto alla media del settore - come riconosce lo stesso report della casa di brokeraggio del gruppo Bnp-Paribas - nessuno si sia fatto avanti a contrastare le vendite. Se non l'ad Amos Genish che ieri si è comprato un milione di azioni, mettendo sul piatto di suo 523.400 euro. La verità è che Telecom è in una situazione irrisolta, con il cambio di governance che non ha portato nell'immediato i frutti sperati e tre blocchi azionari - Vivendi (23,94%), Elliott (8,8%) e Cdp (4,9%) - che non si parlano e non si sa bene da che parte tirino. Così chi vuole vedere il bicchiere mezzo pieno ha gioco facile, tanto più che l'impennata dello spread non è certo una buona notizia per un gruppo che ha 30 miliardi di debito. La tendenza dei tassi al rialzo è però lo sfondo. Ieri si sarebbero scatenate le vendite di fondi anglosassoni, qualcuno parla anche di nuove posizioni short. Iliad in Borsa ha fatto peggio di Telecom dall'inizio dell'anno - -42% la prima (ma +6,6% ieri), -27% la seconda - e ha parlato di «deludente performance delle vendite» nel primo semestre. Però in Italia, le sue offerte promozionali funzionano e a inizio agosto aveva già raggiunto 1,5 milioni di clienti. Secondo Equita il traguardo dei 2 milioni è a portata di mano già per metà mese. Una quota di mercato che è vicina al 2%, ma che costa, tant'è che, come ovvio per una start up (ha cominciato commercialmente a operare solo dal 29 maggio), al 30 giugno ha contabilizzato ricavi per 9 milioni riportando un Ebitda negativo di 28 milioni, a riflettere i costi di roamig pagati a Wind- Tre e le spese del lancio del marchio, con una perdita netta di 31 milioni. Ma Iliad, che nel maturo mercato francese ha dovuto inventarsi una nuova strategia per contrastare il suo SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2018 16
05/09/2018 diffusione:87661 Pag. 1.10 tiratura:129277 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato primo calo di clientela (riuscendo a invertire la rotta già dai primi mesi estivi, ma senza evitare un profit warnig sulle indicazioni fino al 2020), ha riportato sulla telefonia mobile della Penisola quella pressione sui prezzi che il settore aveva sperato di archiviare con la fusione tra il terzo e il quarto operatore mobile. In più ha fatto capire di valutare anche l'ingresso nel fisso. Exane ha posto piuttosto l'accento sui rischi della telefonia fissa per giustificare il suo giudizio tranchant di "trappola del valore" per Telecom. Non solo per la concorrenza di Open Fiber che quest'estate si è assicurata le risorse per finanziare il suo progetto di rete in fibra, ma anche perchè i ritorni dell'ex incumbent tricolore nel segmento principale del suo business sono superiori a quelli dei principali operatori europei, mentre il successo commerciale di Iliad - secondo il report della casa francese - è destinato a erodere anche la fascia marginale di clientela del fisso, dirottandola sul traffico dati mobile. Che dire? C'è solo da sperare che la revisione delle stime da parte degli analisti di Exane - che spazia oltre il 2021 - si riveli troppo drastica. Frattanto il valore delle capitale ordinario è sceso sotto quota 8 miliardi: basterebbero 2 miliardi per arrivare alla soglia d'Opa del 25%. Intanto Tim si prepara a partecipare all'asta per il 5G (lunedì è previsto un breve cda sul tema), mentre il progetto di separazione della rete è appeso ai tempi dell'iter regolamentare, che si sono allungati con una proroga di 90 giorni dell'analisi di mercato sui servizi d'accesso alla rete disposta dall'Agcom lo scorso 25 luglio. © RIPRODUZIONE RISERVATA Antonella Olivieri DATI ECONOMICI In milioni di euro al I semestre 2018 A ne giugno Iliad ha registrato in Italia 635mila abbonati e ha superato la soglia di 1,5 milioni a inizio agosto. Secondo gli analisti di Equita poi, Iliad già nella prima metà di settembre potrebbe arrivare a 2 milioni di abbonati. Andamento del titolo ieri 0,544 0,550 0,556 0,538 0,532 0,526 0,520 Apertura Chiusura , Variazione di ieri Variazione da inizio anno -27,13% -5,41% 0,525 Crollo in Borsa I CLIENTI IN ITALIA RICAVI GIUGNO AGOSTO Francia Italia Totale 2.395 9 2.404 0 800 1600 2400 894 (28) 866 0 300 600 900 EBITDA 635.000 >1.500.000 Fonte: Dati societari Il semestre di Iliad PROTAGONISTI il ceo di telecom Genish al nodo del valore di Borsa Giù del 27% da inizio anno Il titolo ha perso il 27% da inizio anno: alle quotazioni attuali basterebbero 2 miliardi per portarsi alla soglia dell'Opa del 25%. Telecom è a sconto del 25% sui multipli di Borsa del settore e l'ad Amos Genish ha deciso di comprare un milione di azioni il fondatore di iliad Niel, fattore-Italia per il gruppo francese L'avanzata dello sfidante Iliad, operatore low cost francese lanciato nel 2012, ha concluso un semestre «deludente» sul fronte delle vendite. In Italia però le sue offerte promozionali l'hanno portato vicino a raggiungere i 2 milioni di clienti Foto: Crollo in Borsa SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2018 17
05/09/2018 diffusione:87661 Pag. 1.10 tiratura:129277 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Foto: REUTERS Operatore francese. --> Un cartellone pubblicitario a Milano Il semestre di Iliad SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2018 18
05/09/2018 diffusione:87661 Pag. 5 tiratura:129277 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato L'ANALISI L'Fmi del «nuovo corso» costretto a ricorrere ai vecchi strumenti anti-crisi La differenza rispetto al passato è che gli aiuti a Buenos Aires sono stati concessi rapidamente Alessandro Merli S e la situazione non fosse così drammatica, verrebbe da sorridere all'affermazione del presidente argentino Mauricio Macri, secondo cui la crisi attuale «non può essere una crisi come un'altra. Deve essere l'ultima». In realtà, negli ultimi quarant'anni, i mercati emergenti, Argentina in primis, sono stati spesso, a ondate successive, il teatro di crisi come quella in corso nel Paese sudamericano e in Turchia. E non c'è niente che faccia pensare che questa possa essere l'ultima. Anzi, le somiglianze con gli anni Novanta, in particolare, sono evidenti: l'inizio di un ciclo di aumenti dei tassi d'interesse negli Stati Uniti, il rialzo del dollaro, le prime difficoltà di Paesi il cui debito è denominato in larga parte nella valuta Usa, qualche errore dei Governi, il crollo della fiducia degli investitori internazionali, la crisi conclamata. Secondo molti economisti, il parallelo è particolarmente significativo con il 1994, quando la Federal Reserve diede inizio a un ciclo di rialzi che finì per destabilizzare quasi tutti gli emergenti. Finora, la Turchia, il primo Paese coinvolto dalle turbolenze, e l'Argentina hanno scelto di rispondere in modo diametralmente opposto. Ankara sfidando l'interpretazione più convenzionale della crisi, evitando di prendere contromisure, Buenos Aires sposando la ricetta più classica del ricorso al Fondo monetario, con il brusco aumento dei tassi d'interesse e l'adozione di una severa austerità fiscale compresi aumenti di tasse sui settori più produttivi (gli esportatori agricoli). Nessuna delle due opzioni è una garanzia di successo. Lo shock che ha investito i Paesi emergenti ha tre fattori, secondo Otaviano Canuto, direttore esecutivo della Banca mondiale, in un articolo per la think tank londinese Omfif: l'ascesa del dollaro, la politica, i rischi sul commercio internazionale. Se il secondo fattore potrebbe colpire Messico e Brasile, in virtù del cambio di Governo già in vista nel primo e dopo le elezioni di ottobre nel secondo, e il terzo, per le tensioni Usa-Cina, potrebbe coinvolgere soprattutto i Paesi asiatici, Argentina e Turchia sono state travolte anzi tutto dal dollaro forte, in presenza di un ampio deficit delle partite correnti e di un'altissima percentuale di debito denominato in dollari, che le hanno rese estremamente vulnerabili al cambiamento di umore degli investitori globali. I rispettivi Governi, Ankara scegliendo una linea antagonista nei confronti della comunità internazionale, Buenos Aires ammorbidendo gli obiettivi di inflazione, ci hanno messo del loro. In attesa di scoprire le imprevedibili decisioni del Governo Erdogan, sotto i riflettori è soprattutto la scelta dell'Argentina di sposare la linea Fmi, tuttora considerato una bestia nera dall'opinione pubblica nazionale che lo accusa di aver staccato la spina nel 2001 provocando la peggior crisi economica di sempre. Il rialzo dei tassi d'interesse al 60% non ha avuto finora l'effetto sperato di bloccare la svalutazione del cambio, che a sua volta peggiorerà l'inflazione. Ma l'aspetto più controverso del pacchetto annunciato e poi modificato in questi giorni è la riduzione del deficit primario (esclusi gli interessi) dal 2,6% previsto per quest'anno a zero l'anno prossimo. L'1% dell'aggiustamento viene da nuove tasse sull'export, il resto da tagli a spese e sussidi. «È una strategia non priva di rischi - sostiene Mario Mesquita, capo economista della banca brasiliana Itaù - data la correlazione negativa fra l'aggiustamento dei conti e la popolarità del Governo in un anno elettorale». SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2018 19
05/09/2018 diffusione:87661 Pag. 5 tiratura:129277 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato In un simile contesto a rischiare è anche il Fondo monetario, che potrebbe trovarsi risucchiato nello stesso ruolo di principale imputato che ha avuto per decenni e dal quale ha cercato di districarsi negli ultimi anni, soprattutto sotto la direzione di Christine Lagarde. Se la ricetta appare non dissimile da quella del passato, il capo dell'Fmi ha tenuto a presentarla, alla firma del prestito da 50 miliardi di dollari, come frutto di un programma partorito dal Governo argentino e non imposto dall'istituzione di Washington e che comunque dovrà tenere presente «di sforzi per sostenere la parte più vulnerabile della società». È il Fondo monetario "dal volto umano", che recentemente ha imboccato una strada della revisione dei propri dogmi: ma, alle strette, dopo che il primo annuncio dell'accordo non è riuscito a calmare i mercati, si è ritornati a una stretta fiscale più severa, l'unica parte certa della quale, tra l'altro, è l'aumento delle imposte. L'impatto recessivo è molto probabile. Rispetto al passato, in questo caso l'Fmi si è per lo meno mosso con una rapidità un tempo impensabile e mobilizzando un importo superiore al previsto. Finora non è bastato. In questo ritorno agli anni Novanta, l'Fmi si trova nuovamente coinvolto in una crisi di tipo tradizionale e nella sua area classica di operazioni, i mercati emergenti, dopo aver dedicato l'ultimo decennio quasi esclusivamente all'Eurozona, un terreno di intervento nel quale secondo molti, sia nell'Europa stessa, sia fra i Paesi emergenti, non avrebbe dovuto avventurarsi e dove, secondo i suoi critici, ha messo a repentaglio la propria credibilità, accettando un ruolo di comprimario rispetto ai partner europei e quasi mai riuscendo a far passare la propria linea. Lo stesso Fmi punta ora a ritirarsi da questo scacchiere mentre la crisi dell'Argentina sarà il suo primo primo test del "nuovo corso", dove paradossalmente dovrà confrontarsi con il suo passato. © RIPRODUZIONE RISERVATA GLI AIUTI FMI 50 miliardi Il nuovo piano per l'Argentina L'accordo tra Fondo e Buenos Aires per far fronte alla crisi valutaria è stato raggiunto in maggio, con un primo esborso di 15 miliardi in giugno. Il governo argentino ha aggiornato nel frattempo il suo piano di risanamento - con aumenti delle tasse e tagli alla spesa - per ottenere più rapidamente le tranche di aiuti. Nonostante il rapido compromesso e il buon dialogo tra Fmi e Argentina, i mercati finora restano scettici. 16 miliardi Il vecchio piano per la Turchia Nel 2001-2002 la Turchia ottenne un importante pacchetto di aiuti per fronteggiare una prima crisi valutaria. Oggi invece il presidente turco Erdogan si oppone a un coinvolgimento diretto dell'Fmi nonostante il crollo della lira turca e a un aumento dei tassi d'interesse. Foto: Fmi. --> Il direttore Christine Lagarde. Il Fondo è impegnato in un piano di aiuti da 50 miliardi di dollari nei confronti dell'Argentina. La Turchia invece si rifiuta di chiedere l'intervento diretto dell'Fmi SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2018 20
05/09/2018 diffusione:171388 Pag. 22 tiratura:255996 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il punto ANCHE NAVA FA LITIGARE GOVERNO E UE Andrea Greco Tra le Cose da fare dopo le ferie c'è anche il nodo della nomina di Mario Nava alla presidenza Consob. Tre europarlamentari M5s ieri ne hanno chiesto le dimissioni, poiché la replica dell'8 agosto del commissario Ue Gunther Oettinger alla loro interrogazione «conferma i dubbi del M5s sull'irregolarità della nomina in distacco, mentre Nava avrebbe potuto essere posto in aspettativa» da alto funzionario Ue. A leggerla, la missiva di Mr. Bilancio e risorse umane Ue, (quindi capo anche del Nava distaccato) non fa che ribadire cose note: «Nel richiedere il distacco le autorità italiane e il governo Gentiloni confermarono che non avrebbe inciso sull'indipendenza di Nava in veste di presidente Consob». Distacco che «data l'importanza di potenziare la collaborazione con gli Stati membri», Bruxelles autorizzò di lena, in primavera. Che poi ciò configuri, con meno benigne interpretazioni, un commissariamento soft per il garante del mercato italiano, o possibili conflitti d'interesse, è altro discorso. Come pure che Nava nel collegio Consob abbia glissato sull'ipotesi aspettativa: la stessa chiesta a Oettinger da Giulia Bertezzolo, da lui scelta tra i colleghi come segretario generale Consob. Il dossier è sul tavolo del premier Conte. W W W W +,% Ago Ago 10 Ago 20 Ago 28 Ago S&P 500 -,% , Ago 10 Ago 20 Ago 28 Ago -, % , EURO/DOLLARO 10 Ago 20 Ago 28 Ago -,% , SPREAD BTP/BUND Ago 10 Ago 20 Ago 28 Ago 4 Set 22,5 22,0 21,5 21,0 20,5 20,0 2,900 2,880 2,860 2,840 2,820 2,800 4 Set 4 Set 4 Set 1,18 1,17 1,16 1,15 1,14 1,13 300 280 260 240 220 200 SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2018 21
05/09/2018 diffusione:171388 Pag. 23 tiratura:255996 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato Il reportage La crisi della siderurgia Terni ha paura acciaio in vendita e futuro a rischio Thyssen cede Ast, in corsa Elliott-Arvedi "Non solo Ilva, serve politica industriale" MARCO PATUCCHI D al nostro inviato , TERNI «Non è mica cioccolato, non è mica Perugia». Claudio Cipolla ha parcheggiato l'auto al bordo della collina affacciata sulla fabbrica e indica i comignoli dell'acciaieria che fumano lenti. Più in là, subito a ridosso dello stabilimento, Terni si perde nel verde. Un'altra città dell'acciaio che guarda con paura al futuro. Come la Taranto dell'Ilva, come la Piombino di Jindal, come la Trieste della Ferriera Arvedi. «Mio nonno lavorava nell'acciaieria. Dopo è entrato papà, ha costruito le condotte che portano l'acqua dalla cascata delle Marmore. Poi è toccato a me. Conosco ogni angolo della fabbrica e so quanto vale per tutti noi, per tutta la comunità. Vorrei che lo capisse anche il governo con una vera politica industriale», racconta Claudio che è stato assunto dall'Acciai speciali Terni quando aveva vent'anni e oggi, quarantenne, guida la Fiom provinciale. La sottile angoscia dei 2400 operai di Ast (e dei 1000 dell'indotto) è diversa da quella che si vive a Taranto: qui a Terni l'azienda fa utili (quasi 90 milioni nel 2017), l'impatto ambientale è ridotto («Si è investito tanto contro l'inquinamento - spiega Cipolla l'unico vero problema è la discarica») e l'occupazione non è apparentemente in discussione. Ma la fabbrica è in vendita e sui possibili acquirenti c'è grandissima incertezza. Si teme anche la cessione a pezzi. Una beffa per il gioiello della siderurgia italiana, e una minaccia per un territorio che durante la lunga recessione ha perso nel solo settore metalmeccanico il 25% dei posti di lavoro (oggi sono circa 7500, con la presenza di 17 multinazionali). Più la crisi della chimica, l'altra vocazione manifatturiera locale. In Europa ci sono solo tre produttori di acciaio inox e uno di questi è Ast (la Acelors di ArcelorMittal e la Outokumptu gli altri due). A Terni fino a qualche anno fa si sfornavano anche titano e acciaio magnetico, altri prodotti d'élite. Fiore all'occhiello dell'industria nazionale non a caso finito, dopo l'epopea delle partecipazioni statali, nel gigante ThyssenKrupp. Una gestione lacrime e sangue (e non è solo una metafora pensando alla tragedia della Thyssen di Torino) che ha tagliato alcune produzioni (titano e magnetico, appunto) ma almeno ha risanato i conti. Dopo la fusione con Tata, però, Ast è finita fuori dal core business del gruppo indoeuropeo e dunque in vendita. Un gioiello che potrà continuare a brillare solo se resterà nelle mani di un altro gigante mondiale, magari asiatico. Viceversa, rischierebbe di trasformarsi in una sorta di "boutique siderurgica" senza futuro. «Sarebbe un affare o per chi è già nel settore degli speciali o ne è utilizzatore», ragiona Carlo Mapelli del Politecnico di Milano. Ecco perché non convince più di tanto l'interessamento del tandem guidato dal fondo americano Elliott e dalla Arvedi (mentore l'ex ad di Ast Lucia Morselli, la manager dei tagli, certo non amatissima da queste parti). E preoccupa anche il possibile ritardo della vendita visto l'incrocio con le prossime elezioni europee e con il voto regionale in Umbria: «È ora che il governo sancisca la strategicità dell'acciaio per il Paese, all'Ilva come a Terni», dice Fabio Paparelli, assessore alla Sviluppo economico della Regione (Pd). «Per la Lega la siderurgia italiana va tutelata», gli fa eco Leonardo Latini, il sindaco che ha conquistato Terni, storica roccaforte rossa. Un segnale leghista che il vicepremier Luigi Di Maio dovrebbe cogliere in vista del tavolo sull'Ilva che riapre oggi, ma anche SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2018 22
05/09/2018 diffusione:171388 Pag. 23 tiratura:255996 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato dell'appuntamento del 18 settembre quando al Mise si riuniranno governo, sindacati e Thyssen. In Italia nel 2017 sono state consumate 1,4 tonnellate di acciaio inox, ma di queste solo 300mila prodotte da Ast. È il paradossale paradigma della siderurgia italiana che incontri anche all'Ilva, con una produzione di piani che non riesce a soddisfare la domanda nazionale, o a Piombino dove si è rischiato di interrompere la fornitura di rotaie alle Ferrovie dello Stato. È logico che un Paese industrializzato debba soddisfare gran parte del proprio fabbisogno di acciaio comprandolo all'estero? Tocca a Di Maio rispondere . E senza ulteriori ritardi. Foto: GETTYIMAGES Foto: La fabbrica Nella foto sopra uno degli ingressi dell'azienda siderurgica Acciai speciali Terni. A sinistra, Lucia Morselli ex amministratore delegato della Ast SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2018 23
05/09/2018 diffusione:90155 Pag. 2 tiratura:126717 La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato La partita economica LA GIORNATA Deficit, la frenata della Lega avviso a M5S: ora la Fornero Il vertice del Carroccio sulla legge di bilancio Salvini: «Rispetteremo le regole come i vincoli» Indebitamento al 2 % ma subito le pensioni Lo spread cala. Di Maio: «Priorità al Reddito» LA FLAT TAX E LA RIDUZIONE DELLE ACCISE DIVENTANO UN PROGETTO DI LEGISLATURA Andrea Bassi Marco Conti R O M A La parola chiave pronunciata da Matteo Salvini dopo il vertice con gli uomini della Lega coinvolti in prima persona nella stesura della prossima legge di Bilancio è «arco della legislatura». Le costose promesse elettorali saranno spalmate sui prossimi tre anni, non cinque, perché questo è l'orizzonte del bilancio pubblico. Una secchiata di acqua ghiacciata gettata dal leader della Lega sul fuoco che negli ultimi giorni ha incendiato i mercati e fatto balzare lo spread. Frutto anche dell'incontro che lo stesso Salvini ha avuto il giorno prima con il ministro dell'Economia Giovanni Tria. Anche il punto dove il leader della Lega ha posizionato ieri l'asticella del deficit per il prossimo anno continua a scendere. Lo sfondamento del 3% è stato archiviato. Ma se nei giorni scorsi Salvini si era comunque detto pronto a «sfiorare delicatamente» il limite di Maastricht, secondo chi ha partecipato alla riunione di ieri, il leader ora si "accontenterebbe" di un deficit di poco superiore al 2%. La cifra, insomma, inizia a convergere con quella alla quale starebbe lavorando il ministro dell'Economia, che, invece, punterebbe ancora a stare attorno, meglio se sotto, il 2%. Se il messaggio era rivolto ai mercati, lo hanno recepito. Le notizie che sono arrivate dal vertice al Viminale, sono state accolte positivamente, e lo spread tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi è sceso a 266 punti. Il cambio di rotta di Salvini va interpretato probabilmente, proprio alla luce della reazione dei mercati. Il leader della Lega si è reso conto che le esternazioni sue e dei principali esponenti del suo partito, sono quelle che davvero muovono il differenziale. Più dei Cinque Stelle. Ieri, per esempio, Luigi Di Maio, ha di nuovo rilanciato sul reddito di cittadinanza, dicendo che per il M5S è «la priorità», ma lo spread è sceso comunque. LE SCHERMAGLIE Schermaglie. Una risposta al vertice della Lega. Anche perché la decisione dei leghisti di non andare più all'attacco di Bruxelles costringe in un angolo il Movimento. Di Maio aveva preannunciato un «autunno caldo». Dopo l'agenda sui migranti dettata da Salvini, sperava di poter prendere finalmente in mano il pallino rilanciando le battaglie economiche dei Cinque Stelle. Ora rischia di restare solo con il cerino in mano. In realtà Salvini fa un passo importante verso lo stesso Di Maio, mettendo nel congelatore tutte le grandi opere, da sempre avversate dai Cinque Stelle, e sposando l'idea lanciata dagli stessi grillini di un «grande piano nazionale di manutenzione ordinaria e straordinaria». Questo anche perché il leader del Carroccio non ha nessuna intenzione di rompere con l'alleato. Anzi. Il suo interesse a questo punto, è che il matrimonio duri. Cosa resta e in che tempi, allora, della flat tax, della riforma della Fornero, della riduzione delle accise sulla benzina e di tutte le altre promesse della Lega? Il Carroccio, come ha confermato ieri lo stesso Salvini, le porterà avanti tutte. Prima la riforma della Fornero con quota 100, che sarà la principale proposta leghista per la manovra. Il resto con gradualità e tenendo conto delle risorse disponibili. La flat tax partirà dalle partite Iva, per le quali sarà allargato il regime forfettario con il prelievo al 15%. Probabilmente la soglia di fatturato per aderire sarà più bassa dei 100 mila euro. Poi, nel prossimo triennio, si passerà all'imposta sulle persone. L'incontro di ieri è stato un primo appuntamento. Ce ne sarà uno la prossima settimana e domani è atteso un vertice di Conte con i suoi vice e il ministro Tria. Una volta deciso cosa portare avanti, il pacchetto delle proposte leghiste sarà sottoposto al vaglio del ministro dell'Economia che da ieri è anche alle SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 05/09/2018 24
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