RIVISTA TRIMESTRALE DI DIRITTO PUBBLICO - LE RIFORME AMMINISTRATIVE IN EUROPA ALL'INIZIO DEL VENTUNESIMO SECOLO - IRPA

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RIVISTA TRIMESTRALE DI DIRITTO PUBBLICO   ISSNS0557-1464
           AnnoSLXVSFasc.S2S-S2015

            GiulioSNapolitano

LE RIFORME AMMINISTRATIVE IN
     EUROPA ALL’INIZIO DEL
     VENTUNESIMO SECOLO

                  Estratto

         MilanoS•SGiuffrèSEditore
LE RIFORME AMMINISTRATIVE IN EUROPA
            ALL’INIZIO DEL VENTUNESIMO SECOLO

                                 GIULIO NAPOLITANO

SOMMARIO: 1. Fixing government tra vecchi e nuovi paradigmi. — 2. Efficienza pubblica
    e sviluppo sostenibile nel Regno Unito. — 3. La modernizzazione dello Stato in
    Francia. — 4. Le riforme strutturali e l’innovazione amministrativa in Spagna. —
    5. I tratti distintivi delle riforme amministrative all’inizio del ventunesimo secolo.

     1. Gli ultimi tre lustri del ventesimo secolo sono stati contrasse-
gnati da uno straordinario sviluppo delle politiche di trasformazione
del settore pubblico in tutto il mondo (1). Si è così potuto parlare di
una vera e propria età delle riforme amministrative (2). Ci si può allora
chiedere se i primi tre lustri del ventunesimo secolo rappresentino una
continuazione di quella età oppure segnino un almeno parziale cambio
di fase, caratterizzato dal mutare di paradigmi e ricette (3). L’interro-
gativo non appare infondato, se si considera lo scenario radicalmente
mutato in cui i poteri pubblici e i governi nazionali oggi si muovono.

      (1) Per un quadro di insieme, C. POLLITT e G. BOUCKAERT, Public Management
Reform3, Oxford, Oxford University Press, 2011; nella letteratura politologica italiana,
E. GUALMINI, L’amministrazione nelle democrazie contemporanee2, Roma-Bari, Later-
za, 2004, spec. 133 ss.
      (2) Per riprendere la formula impiegata da S. CASSESE, L’età delle riforme
amministrative, in Riv. trim. dir. pubbl., 2001, 79 ss., che a sua volta dichiara di mutuarla
da V. WRIGHT, Reshaping the State: the Implications for Public Administrations, in 3
West Eur. Pol. (1994), 104; si veda anche A. NATALINI, Il tempo delle riforme ammini-
strative, Bologna, il Mulino, 2005.
      (3) Un’analisi comparata può leggersi da ultimo in S. KUHLMANN e H. WOLLMANN,
Introduction to Comparative Public Administration. Administrative Systems and Refor-
ms in Europe, Cheltenham, Edward Elgar, 2014, in part. 113 ss. Dei medesimi autori si
veda anche Verwaltung und Verwaltungsreformen in Europa, Wiesbaden, VS Verlag für
Sozialwissenschaften, 2013.
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     Il ventesimo secolo, infatti, si era chiuso nel segno di una nuova
stagione di sviluppo e crescita economica. La fine della guerra fredda
aveva dischiuso una fase di positiva cooperazione nelle relazioni
internazionali e generato fiducia negli esiti positivi dei processi di
globalizzazione, anche attraverso la costruzione di un apposito spazio
giuridico (4). Nell’area europea, l’integrazione sembrava conquistare
una meta dopo l’altra, con il completamento del mercato interno,
l’adozione della moneta unica e persino il varo di una proposta di
Trattato costituzionale (5). Sul piano delle idee, liberalismo e liberismo
costituivano i concetti chiave della filosofia politica e della dottrina
economica, esercitando un’influenza rilevante sia sulla diffusione delle
istituzioni proprie delle democrazie occidentali sia sulle terapie di
riforma del settore pubblico (6). Si spiega così, su quest’ultimo versan-
te, la capacità di attrazione e la diffusione globale delle ricette anglo-
sassoni: si pensi al successo delle politiche di privatizzazione e di
deregulation avviate sotto la guida di Margareth Thatcher e di Ronald
Reagan e portate avanti dai pur opposti esecutivi di Tony Blair e Bill
Clinton; oppure alla condivisione dell’aspirazione a un New Public
Management basato su logiche aziendaliste (7).
     I primi tre lustri del ventunesimo secolo sono segnati da un
radicale cambiamento di contesto. Nonostante le potenzialità aperte
dalla profonda trasformazione delle tecnologie produttive generata
dalla rivoluzione digitale, la crescita degli anni Novanta del ventesimo
secolo ha lasciato il posto alla crisi economico-finanziaria. Questa, a

      (4) Nella letteratura giuridica italiana, S. CASSESE, Lo spazio giuridico globale,
Roma-Bari, Laterza, 2003; ID., Il diritto globale. Giustizia e democrazia oltre lo Stato,
Torino, Einaudi, 2009; in una chiave parzialmente diversa, M. BUSSANI, Il diritto
dell’Occidente. Geopolitica delle regole globali, Torino, Einaudi, 2010.
      (5) Su questi sviluppi, anche in chiave critica, per tutti, J.H.H. WEILER, La
Costituzione dell’Europa, Bologna, il Mulino, 2003; sui caratteri e sulle sfide del
processo di costituzionalizzazione in Europa, si vedano i saggi ora raccolti in G. AMATO,
Le istituzioni della democrazia. Un viaggio lungo cinquant’anni, Bologna, il Mulino,
2014, 365 ss.
      (6) Sulla storia delle idee alla base della «reinvenzione del governo», M. SPICER,
Public Administration, the History of Ideas, and the Reinventing Government Move-
ment, in 64 Publ. Adm. Rev. 3 (2004), 353 ss.; sull’influenza delle idee liberale sulle
riforme amministrative insiste S. CASSESE, L’eta delle riforme amministrative, cit., 82.
      (7) Si vedano, da diverse prospettive, M. THATCHER, Internationalisation and
Economic Institutions. Comparing European Experiences, Oxford, Oxford University
Press, 2007 e i contributi raccolti in The Study of Public Management in Europe and the
US, a cura di W.J.M. Kickert, London, Routledge, 2008.
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partire dal 2008, ha colpito gli Stati Uniti e i paesi europei, prima il
settore privato, poi quello pubblico, mettendo a repentaglio la soste-
nibilità del debito sovrano (8). Il carattere pacifico delle relazioni
internazionali è stato sconvolto da drammatici atti di terrorismo inter-
nazionale e dall’apertura di nuovi, molteplici fronti di conflitto. Nuovi
fondamentalismi oggi minacciano l’espansione degli istituti tipici delle
democrazie occidentali, i quali peraltro hanno mostrato non poche
difficoltà ad attecchire in contesti socio-culturali a essi tradizionalmen-
te estranei. La globalizzazione è guardata con crescente sospetto e fa
fatica a registrare significativi passi in avanti: gli accordi per la libera-
lizzazione del commercio internazionali sono bloccati, mentre il go-
verno mondiale dell’economia registra progressi soltanto parziali (9). Il
processo di integrazione europea è oggetto di crescenti moti di sfiducia
e di contestazione. La crisi ha indotto cambiamenti importanti nella
governance economica europea, che fanno seguito alle innovazioni
istituzionali introdotte con il Trattato di Lisbona (10). Ma il progetto di
una Costituzione per l’Europa è stato respinto e ora persino le ragioni
della moneta unica sono poste in discussione (11). Sul piano culturale,
le idee liberali e le ricette liberiste non costituiscono più verità uni-
versalmente accettate, anche se continuano a svolgere un ruolo rile-
vante nella progettazione delle politiche (12).
     Le riforme del settore pubblico nel ventunesimo secolo, dunque,
nascono e si sviluppano in un contesto molto diverso da quello che
aveva segnato la fine del ventesimo secolo. Esse rimangono un pilastro
fondamentale delle politiche pubbliche perché è ancora oggi opinione

     (8) Sul cambiamento di paradigmi che ne consegue, per tutti, R.A. POSNER, A
Failure of Capitalism: The Crisis of ’08 and the Descent into Depression, Harvard,
Harvard University Press, 2009.
     (9) Per una prima ricostruzione, G. NAPOLITANO, The Two Ways of Global
Governance after the Financial Crisis: Multilateralism versus Cooperation among Go-
vernments, in 9 International Journal of Constitutional Law 2 (2011), 310 ss.; sulle attuali
ambiguità della globalizzazione, da ultimo, S. CASSESE, Governing the world, Lecture
delivered at the Luiss School of Government, 10 marzo 2015.
     (10) Per un quadro di insieme, si legga ad esempio il fascicolo su La Gouvernance
européènne, in 149 Pouvoirs (2014).
     (11) Sulle diverse dimensioni della crisi europea si vedano, da ultimo, i saggi e gli
interventi raccolti in Europe’s Crisis: Background, Dimensions, Solutions, numero
speciale, 37 West Eur. Pol. 6 (2014).
     (12) Lo evidenziano i saggi raccolti in Resilient Liberalism in Europe’s Political
Economy, a cura di V.A. Schmidt e M. Thatcher, Cambridge, Cambridge University
Press, 2013.
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diffusa che lo sviluppo economico e sociale di un paese dipenda in
larga misura dall’efficienza delle sue istituzioni (13). In passato, però, le
riforme erano state concepite soprattutto come un’opportunità, in
funzione di utile accompagnamento a processi positivi di apertura alla
globalizzazione e al mercato. Oggi, invece, esse appaiono una necessità
per guadagnare margini di efficienza pubblica e privata indispensabili
per riprendere la via della crescita economica dopo un’ormai lunga
fase di crisi (14).
     Per la prima volta, tuttavia, su questo fronte l’Occidente appare in
difficoltà; se non addirittura destinato a una crisi irreversibile della sua
civiltà (15). Secondo alcuni, il problema deriva dal fatto che dimensioni
e caratteri delle grandi democrazie occidentali hanno finito per renderle
ingovernabili, prive di strutture di controllo anche lontanamente para-
gonabili a quelle che assicurano il buon funzionamento delle imprese
private (16). Sempre più di frequente, analisi e classifiche internazionali,
invece, studiano con attenzione e premiano le esperienze e i risultati
raggiunti dal capitalismo di Stato in Cina e dai sistemi burocratici in
paesi, come la Corea del Sud e Singapore, non privi di aspetti autoritari.
Mentre fino a qualche anno fa l’attenzione era rivolta a misurare la
convergenza di questi ordinamenti con i sistemi di diritto amministrativo

      (13) Come mostrano ancora di recente, sulla base di dati quantitativi e serie
storiche, D. ACEMOGLOU e J. ROBINSON, Perché le nazioni falliscono, trad. it., Milano, il
Saggiatore, 2013; in precedenza, tra gli altri, D. RODRIK, A. SUBRAMANIAN e F. TREBBI,
Institutions Rule: The Primacy of Institutions Over Geography and Integration in
Economic Development, in 9 Journal of Economic Growth (2004), 131 ss.
      (14) In tal senso, da diverse prospettive metodologiche e disciplinari, C. POLLITT,
Cuts and Reforms, in 32 Society and Economy 1 (2010) 17 ss.; B.G. PETERS, Governance
Responses to the Fiscal Crisis: Comparative Perspectives, in 31 Public Money and
Management 1 (2011), 75 ss.; G. NAPOLITANO, The Role of the State in (and after) the
Financial Crisis: New Challenges for Administrative Law, in Comparative Administra-
tive Law, a cura di P. Lindseth e S. Rose-Ackerman, Cheltenham, Edward Elgar, 2010,
569 ss.; J.-B. AUBY, Le droit administratif et la crise, in 1 Dr. adm. (2014), 3 ss.
      (15) Su questo rischio, ad esempio, N. FERGUSON, Occidente. Ascesa e crisi di una
civiltà, trad. it., Milano, Mondadori, 2012.
      (16) Si veda in proposito lo scambio di opinioni tra G. BECKER, Are Government
Bureaucracies too Big?, e R. Posner, Has the United States, by Virtue of its Size and
Complexity, Become Ungovernable?, in www.becker-posner-blog.com, 9-10 febbraio
2014. Secondo gli autori, proprio il caso americano è emblatico. Negli Stati Uniti, a
lungo considerati il modello costituzionale di riferimento e l’emblema della potenza
statale, il processo politico appare oggi gravemente bloccato dalle lotte e dai veti delle
contrapposte fazioni, con un debito pubblico sempre più pesante, nonostante la
tendenza a una significativa ripresa della crescita economica.
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europei o degli Stati Uniti, oggi se ne apprezza soprattutto l’originalità
e la capacità di innovazione (17). Importanti esperimenti si registrano
anche in altre parti del globo: ad esempio, in Brasile, dove è stato in-
trodotto un efficace sistema di trasferimenti monetari per l’accesso alle
prestazioni sociali; o in India, dove le tecniche di produzione di massa
sono ormai diffusamente applicate anche nella fornitura di servizi pub-
blici (18).
     La capacità competitiva delle democrazie e dei sistemi ammini-
strativi occidentali nello scenario globale, dunque, appare fortemente
compromessa. Per questa ragione, c’è chi sottolinea che «the main
political challenge of the next decade will be fixing government» (19).
L’espressione utilizzata (il «fissaggio del governo», nella sua traduzio-
ne letterale), da un lato, esprime l’aspirazione a una più chiara defi-
nizione del ruolo dei pubblici poteri, anche nella direzione di una sua
riduzione; dall’altro, richiama l’idea di una «riparazione» dello Stato
dopo i recenti dissesti e l’opportunità di una sua apertura ai nuovi
orizzonti dischiusi dall’innovazione tecnologica. Soltanto un radicale
ripensamento del ruolo e dei caratteri del potere pubblico, in altri
termini, può consentire di riportare sotto controllo le principali varia-
bili macro-economiche e dischiudere una nuova stagione di crescita e
di sviluppo (20). Anche nel ventunesimo secolo, dunque, è fondamen-
tale il modo con cui l’ordinamento definisce e regola il perimetro,
l’organizzazione e l’azione degli apparati burocratici; e lo è ancor più
per il quadrante occidentale rispetto all’avanzata economica e istitu-
zionale di sistemi e paesi di altri continenti. Dal modo in cui la pubblica

      (17) In questa chiave si legga ad esempio J. OHNESORGE, Administrative Law in
East Asia: A comparative-historical analysis, in Comparative Administrative Law, cit.,
78 ss., in part. 88 e 89.
      (18) Su questi esperimenti di innovazione si vedano J. MICKLETHWAIT e A.
WOOLDRIDGE, The Fourth Revolution. The Global Race to Reinvent the State, New York,
The Penguin Press, 2014, 133 ss.
      (19) Così J. MICKLETHWAIT e A. WOOLDRIDGE, The Fourth Revolution. The Global
Race to Reinvent the State, cit., 3.
      (20) Lo segnala anche un recente best-seller americano, il quale invita ad abban-
donare i thick rule books che paralizzano l’attività amministrativa. L’idea di un
automatic government, guidato da una miriade di regole sempre più minuziose, appare
come una pericolosa e sempre più insostenibile utopia. Bisogna, invece, restituire ai
funzionari pubblici il necessario margine di azione, dando loro il potere e la respon-
sabilità di prendere le scelte migliori per la collettività, senza farsi paralizzare dal red
tape (P.K. HOWARD, The Rule of Nobody. Saving America from Dead Laws and Broken
Government, New York, Norton & Company, 2014, 3).
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amministrazione assolve i suoi compiti, infatti, dipende in misura
decisiva la capacità dei privati di sviluppare i propri progetti di vita e
di intraprendere con successo le attività sociali ed economiche cui
intendono dedicarsi: in una parola, il benessere della comunità.
     Il discorso vale in particolare per l’Europa, dove la crisi economi-
co-finanziaria scoppiata nel 2008 ancora attanaglia molti paesi, colpen-
doli al cuore del loro debito sovrano. Ciò rende più urgente un’ade-
guata risposta sul piano istituzionale e regolamentare proprio per
quanto riguarda dimensioni e paradigmi operativi del settore pubbli-
co (21). La crisi, d’altra parte, ha prodotto effetti significativi sulla
governance e sul sistema amministrativo europeo. Il panorama istitu-
zionale è diventato molto più complesso e articolato. Sono comparsi
sulla scena nuovi organismi dall’identità giuridica incerta o spuria. È il
caso delle istituzioni finanziarie chiamate a intervenire per dare sol-
lievo al peso del debito sovrano di alcuni Stati, prima configurate come
società di diritto privato lussemburghese, poi come ente di diritto
pubblico internazionale. Ma è il caso anche delle nuove istituzioni di
regolazione e vigilanza. L’ordinamento europeo ha così progressiva-
mente superato il modello dell’agenzia per abbracciare quello dell’au-
torità, liberandosi gradualmente dei residui impacci derivanti da una
lettura angusta e antiquata dell’ormai lontano «caso Meroni» (22). Il
ruolo fondamentale acquisito dalla Banca centrale europea ha finito
anche per esaltarne il carattere di soggetto incubatore di una pluralità
di altri organismi e istituzioni nel campo sia della vigilanza macro-
prudenziale sia dell’Unione bancaria (23).
     Allo stesso tempo, il Trattato di Lisbona ha gettato nuove basi per
un’ancora maggiore conformazione dei sistemi amministrativi nazio-

      (21) Per una prima analisi delle misure di riforma amministrativa in risposta alla
crisi in Europa, si vedano La crisi del debito sovrano e le misure di “riduzione dello
Stato”, a cura di G. Napolitano, in Giorn. dir. amm., 2012, 1303 ss., e F. Di MASCIO e A.
NATALINI, Il contenimento della spesa pubblica e la riforma amministrativa, in Uscire
dalla crisi. Politiche pubbliche e trasformazioni istituzionali, a cura di G. Napolitano,
Bologna, il Mulino, 2012, 345 ss.
      (22) Su questa evoluzione, V. CERULLI IRELLI, Dalle agenzie europee alle autorità
europee di vigilanza, in Lo spazio amministrativo europeo. Le pubbliche amministra-
zioni dopo il Trattato di Lisbona, a cura di M.P. Chiti e A. Natalini, Bologna, il Mulino,
2012, 137 ss.; in precedenza, E. CHITI, Le trasformazioni delle Agenzie europee, in Riv.
trim. dir. pubbl., 2010, 57 ss.
      (23) In argomento, S. CASSESE, La nuova architettura finanziaria europea, in
Giorn. dir. amm., 2014, 79 ss.; L. TORCHIA, L’Unione bancaria europea: un approccio
continentale?, ivi, 2015, 11 ss.
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nali. Si è così introdotto il principio che «l’attuazione effettiva del
diritto dell’Unione da parte degli Stati membri, essenziale per il buon
funzionamento dell’Unione, è considerata una questione di interesse
comune». Per questa ragione, «l’Unione può sostenere gli sforzi degli
Stati membri volti a migliorare la loro capacità amministrativa di
attuare il diritto dell’Unione» (art. 197, parr. 1-2, TFUE). Le riforme
amministrative a livello nazionale, dunque, dovrebbero ispirarsi anche
a questo specifico obiettivo e, in quanto tali, possono essere in qualche
misura indirizzate e appoggiate dalle istituzioni europee (24). Non
stupisce, pertanto, la frequenza con cui il Consiglio e la Commissione,
nel valutare i piani di riforma dei singoli paesi, si spingono a valutare
il merito anche delle riforme strutturali che toccano i sistemi ammini-
strativi nazionali, pronunciandosi persino sulle proposte di modifica
della legislazione amministrativa.
     Lo spazio amministrativo europeo, tuttavia, è ancora sufficiente-
mente largo da lasciare un ampio movimento orbitale ai singoli pianeti
nazionali. E lo è tanto più se lo si pone a confronto con gli ambiti
sempre più ristretti in cui si muovono le politiche fiscali ed economi-
che. Per queste ultime, è difficile perseguire strategie autenticamente
nazionali, frutto di ideologie, visioni, scelte politiche, diversamente da
quanto avviene negli Stati Uniti o in Giappone, dove, non a caso, si
parla di Obanomics o di Abenomics, dal nome dei rispettivi leader,
mentre analoghi neologismi sarebbero molto più azzardati nei paesi
europei. La conseguenza, per certi versi paradossale, è che le riforme
istituzionali e amministrative sono quelle che ben più di altre si
prestano a scelte e manovre politiche. A ciò si aggiunge l’illusione che
queste riforme possano essere intraprese a «costo zero» e magari
conseguire apprezzabili risparmi di spesa.
     Si spiega così l’esistenza di una significativa diversificazione nelle
politiche di riforma intraprese in Europa nei primi tre lustri del
ventunesimo secolo e, in particolare, negli ultimi anni, dopo lo scoppio
della crisi. L’attenzione si concentra qui sui casi del Regno Unito, della
Francia e della Spagna. In questi paesi, infatti, la riforma del settore

      (24) Si vedano in proposito, M.P. CHITI, Introduzione. Lo spazio amministrativo
europeo, e D. SORACE, Una nuova base costituzionale europea per la pubblica ammini-
strazione, entrambi in Lo spazio amministrativo europeo. Le pubbliche amministrazioni
dopo il Trattato di Lisbona, cit., rispettivamente 19 ss. e 45 ss. Con specifico riferimento
alla disposizione dell’art. 197 TFUE, M. MACCHIA, La cooperazione amministrativa come
«questione di interesse comune», ivi, 87 ss.
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pubblico occupa un posto centrale nelle politiche di stimolo alla
crescita e di reazione alla crisi (25). In tutti e tre i casi, i governi sono
da tempo al lavoro su questi temi: ciò consente di offrire un quadro
sufficientemente ampio e completo delle misure introdotte e di for-
mulare un primo giudizio scientifico (26).

     2. Il Regno Unito è da almeno trent’anni all’avanguardia nel
processo di innovazione del settore pubblico, da quando sono state
introdotte le politiche di privatizzazione e di deregolamentazione e
quella del New Public Management è diventata la parola d’ordine della
riorganizzazione burocratica. I rapporti tra Stato e mercato e il sistema
amministrativo inglese sono usciti profondamente trasformati da que-
sti processi, anche se il bilancio delle varie misure adottate non è
sempre positivo (27). Non a caso, ancora oggi, una parte importante
della scienza giuridica inglese denuncia il «“brave new world”» del
diritto amministrativo creato da Margaret Thatcher e dai suoi epigoni,
in cui «“the private” began to supersede the “public”» (28).
     Rispetto a questo scenario, tuttavia, la crisi economico-finanziaria
ha costituito un importante stimolo alla revisione del ruolo dello Stato

      (25) Un’eccezione è rappresentata dalla Germania, la quale, forse per la prima
volta nella sua storia recente, sembra più preoccupata di ciò che accade al di fuori dei
confini nazionali che non di quanto succede al suo interno. Significativa, in proposito,
l’attenzione che, anche nel sito istituzionale del governo, viene data ai temi di politica
europea e internazionale piuttosto che a quelli di politica economico-sociale e di assetto
istituzionale (per una riflessione in argomento, S. BULMER, Germany and the Eurozone
Crisis: Between Hegemony and Domestic Politics, in 37 West Eur. Pol. 6 (2014),
1244-1263).
      (26) In questo saggio, non si esamina il caso italiano, proprio perché il processo
di riforma da parte del governo in carica è ancora ai blocchi di partenza, in attesa
dell’approvazione parlamentare di un organico disegno di «riorganizzazione delle
pubbliche amministrazioni». Per un quadro delle riforme amministrative in Italia si
rinvia comunque al saggio di M. Savino, in questo numero della Riv. trim. dir. pubbl. (n.
2, 2015).
      (27) In argomento J. HALLIGAN, Administrative Reforms in Westminster Demo-
cracies. The Long-term Results, in Crossing Borders. Constitutional Development and
Internationalisation. Essays in Honour of Joachim Jens Hesse, a cura di F. Grotze,
Berlino, De Gruyter, 2007, 233 ss. Una valutazione di sintesi sulle riforme del New
Public Management nel Regno Unito può leggersi, da ultimo, in S. KUHLMANN e H.
WOLLMANN, Introduction to Comparative Public Administration, cit., 82 ss.
      (28) Così C. HARLOW e R. RAWLINGS, Administrative Law in Context: Restoring a
Lost Connection, in Public L. (2014), 28 ss. (le citazioni si possono leggere alle pagine
39 e 40).
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e allo sviluppo di interventi specifici e mirati, rivolti sia al settore
pubblico sia a quello privato. Il salvataggio di banche e intermediari
finanziari, d’altra parte, ha messo in questione il dogma della privatiz-
zazione cui si sono ispirate le politiche di riforma del Regno Unito
negli anni Ottanta e Novanta del ventesimo secolo: soltanto la pro-
messa di una «temporary public ownership» ha consentito di trovare
una soluzione pragmatica senza sconvolgere la visione di fondo dei
rapporti tra Stato e mercato che contraddistingue il sistema britannico.
Allo stesso tempo, la necessità di fare ordine nei conti pubblici
mediante un adeguato processo di spending review ha costituito un’oc-
casione per ripensare anche radicalmente il ruolo dei poteri pubblici
nell’economia e nella società (29).
     In ogni caso, a confronto con altri paesi europei, in questi anni il
governo del Regno Unito si è mostrato più fiducioso nella capacità di
tenuta complessiva del paese e meno preoccupato rispetto all’evolu-
zione della situazione economico-sociale. Le politiche di riforma,
dunque, si sono collocate nell’ambito di un impegno di lungo periodo
dell’Esecutivo in una visione per molti versi bipartisan (o addirittura
tripartisan, considerato il caso del governo di coalizione guidato da
Cameron). Nella presentazione e nella discussione delle varie misure,
invece, i vincoli europei hanno giocato un ruolo limitato, venendo
richiamati soltanto in caso di interventi su materie da tempo «comu-
nitarizzate» (come quella della tutela della concorrenza).
     Il governo ha individuato e catalogato sul suo sito istituzionale ben
duecento ventisette politiche suddivise in diversi campi: rispetto ad
essi, tuttavia, la linea di distinzione tra pubblico e privato propria della
tradizione continentale appare alquanto evanescente. I campi, d’altra
parte, sono ordinati in base a un criterio puramente alfabetico, mentre
le singole politiche, con le relative misure, sono esposte secondo
l’ordine temporale. È quindi impossibile attribuire alcun criterio di
priorità politica o anche semplicemente logica all’una o all’altra ini-
ziativa. Il tratto dominante delle politiche di riforma nel Regno Unito,
dunque, è l’orizzontalità, non la verticalità.
     Tra i vari ambiti di intervento, tuttavia, assumono specifica rile-
vanza istituzionale ai fini del discorso sulla «reinvenzione del governo»
o sul suo «fissaggio» quelli dedicati all’efficienza, alla trasparenza e

     (29) Come evidenzia T. PROSSER, “An Opportunity to Take a More Fundamental
Look at the Role of Government in Society”: The Spending Review as Regulation, in
Public L. (2011), 596 ss.
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all’accountability, alla spesa pubblica, agli enti locali, alla riforma della
regolazione e al sistema del giustizia. L’Efficiency and Reform Group
(ERG), incardinato presso l’ufficio di gabinetto del Primo ministro, ha
svolto un ruolo importante ai fini alla progettazione e all’attuazione
delle varie misure. L’ERG, infatti, opera in stretta collaborazione con il
Dipartimento del tesoro e con gli altri ministeri allo scopo di intro-
durre efficienza, risparmi di spesa e innovazioni gestionali nell’interes-
se del contribuente. In questo modo, il Gruppo punta a trasformare il
modo in cui sono forniti i servizi pubblici, a migliorare l’esperienza
degli utenti e a sostenere la crescita del paese.
     È stato così possibile adottare diverse misure per la trasparenza e
per l’accountability del governo e dei suoi servizi; per la trasformazione
dei servizi pubblici al fine di renderli più efficienti ed efficaci per i
cittadini; per aiutare i dipartimenti governativi a migliorare la perfor-
mance, anche al fine di salvaguardare e spendere in modo responsabile
il denaro dei contribuenti; per l’acquisto e la gestione efficiente di beni
e servizi; per la formazione di un personale pubblico sempre più
qualificato e digitale. In questa prospettiva, va segnalato anche il
completamento di un organico processo di razionalizzazione e sche-
datura degli enti pubblici, che ha portato a una notevole riduzione del
loro numero, attraverso operazioni di liquidazione, fusione o interna-
lizzazione.
     Tra i progetti volti a promuovere l’efficacia e l’efficienza dell’azio-
ne pubblica, qualche parola in più va dedicata a due iniziative parti-
colarmente significative, quella per la gestione dei progetti strategici e
quella per lo sviluppo sostenibile.
     La prima iniziativa muove dalla constatazione che i progetti pub-
blici più importanti spesso comportano spese ingenti e rischi elevati:
essi, pertanto, richiedono capacità manageriali e gestionali particolar-
mente sofisticate. Per questa ragione, al fine di aiutare i vari diparti-
menti governativi impegnati nella progettazione e nell’esecuzione, è
stata istituita la Major Projects Authority. Questa, in particolare, ha il
compito di dare al governo un quadro aggiornato dello stato di
avanzamento dei vari progetti; verificare che essi procedano secondo i
tempi, i costi e la qualità predefiniti; sviluppare un adeguato sistema di
copertura assicurativa; fornire assistenza professionalmente qualificata
alle singole amministrazioni; predisporre e pubblicare rapporti al fine
di informare i cittadini. Insieme con la Business School di Oxford e una
grande società di consulenza privata, è stata quindi costituita una
LE RIFORME AMMINISTRATIVE IN EUROPA                        621

speciale accademia con il compito di formare i manager pubblici e di
metterli in grado di guidare l’esecuzione dei grandi progetti.
     La seconda iniziativa nasce dall’esigenza di mettere al centro delle
politiche pubbliche la crescita economica, in un contesto volto a
massimizzare il benessere collettivo e la protezione dell’ambiente, in
modo da non danneggiare gli interessi delle generazioni future. A tal
fine, il governo ha elaborato una serie di «impegni verdi» (green
commitments) al cui raggiungimento sono chiamati a concorrere tutti i
dipartimenti alle dipendenze dell’Esecutivo. In questo quadro, assume
un rilievo fondamentale la politica degli acquisti, ispirata al principio
del sustainable procurement. Più in generale, il governo ha promosso
l’adozione di una serie di indicatori dello sviluppo sostenibile: questi
fanno riferimento, ad esempio, alle aspettative di vita, al tasso di
povertà, alle nascite, alle emissione inquinanti e alla diffusione delle
energie rinnovabili.
     In materia di local government, si registra una duplice e per certi
versi opposta tendenza. Da un lato, con il Localism Act del 2011 si è
ampliata la capacità degli enti locali. Si è superato, cioè, il vincolo
finalistico alla promozione del benessere della comunità che tante
incertezze aveva generato in passato. La capacità degli enti locali è così
equiparata a quella degli individui, fatte salve alcune specifiche ecce-
zioni a tutela dell’integrità della funzione pubblica. Ciò apre la strada
a una maggiore autonomia e capacità di innovazione da parte degli
enti locali (30). Dall’altro lato, si è rafforzato il controllo sulla tassa-
zione locale, il cui livello è raddoppiato tra il 1997 e il 2011. A tal fine,
si prevede anche la possibilità di indire referendum per bloccare
incrementi eccessivi e di verificare in modo puntuale come il denaro
pubblico viene speso sul territorio. Si cerca, inoltre, di accrescere la
trasparenza delle amministrazioni locali, con l’imposizione dell’obbli-
go di pubblicare integralmente i dati sulle spese, sulle remunerazioni e
sui contratti. Specifica attenzione è poi dedicata al miglioramento del
trasporto pubblico locale (31).
     Sul versante della riforma della regolazione, si segnalano le misure

     (30) Su questi sviluppi, si vedano A. BOWES e J. STANTON, The Localism Act 2011
and the General Power of Competence, in Public L. (2014), 392 ss.
     (31) Per cercare di introdurre maggiore certezza nei rapporti tra centro e
periferia, la House of Commons ha proposto l’adozione di un apposito codice: in
argomento, si veda C. HIMSWORTH, Prospects for Codifying the Relationship Between
Central and Local Government, in Public L. (2013), 702 ss.
622                           GIULIO NAPOLITANO

per rendere più accurate le valutazioni di impatto e di costo, per
ridurre gli oneri gravanti sulle imprese, per contrastare le condotte
anti-competitive, per accrescere il controllo sugli operatori bancari e
finanziari attraverso la restituzione alla Bank of England delle com-
petenze in materia di vigilanza, per migliorare i sistemi di tutela della
salute e della sicurezza pubblica, per riformare e rendere più compe-
titivo il settore idrico e proteggere l’ambiente. Il National Audit Office
è stato chiamato a pubblicare rapporti annuali di valutazione circa
l’adeguatezza delle analisi di impatto della regolazione svolte dalle
varie autorità (32). Allo stesso tempo, si è rafforzato il controllo
parlamentare sull’architettura e sulle scelte regolatorie (33). Il governo
inglese ha poi provveduto a istituire un’apposita Nudge Unit, per
tenere conto degli insegnamenti dell’economia comportamentale circa
gli effetti indotti da regole, incentivi e «spinte gentili», in coerenza con
gli orientamenti sviluppati dall’amministrazione statunitense nell’am-
bito dell’Office of Information and Regulatory Affairs. L’Unità ha
compiuto le sue prime analisi, fornendo anche preziose indicazioni
operative, in materia di donazione degli organi e di beneficienza
pubblica. La Nudge Unit è ora diventata un’istituzione indipendente
dal governo: il Behavioural Insights Team. È intanto proseguito il
lavoro di alleggerimento degli oneri regolatori avviato sulla base del
Rapporto «Less is more» presentato dalla Better Regulation Task
Force.
     In materia di funzionamento del sistema legale e della giustizia,
accanto alle varie misure anti-terrorismo e a quelle volte a rafforzare
la capacità di deterrenza della sanzione penale, si segnala l’obiettivo di
rendere più efficace il sistema dei ricorsi davanti agli administrative
tribunals. Il problema riguarda la protezione dei cittadini di fronte alle
decisioni pubbliche che maggiormente incidono sulla vita quotidiana
dei cittadini, come l’ammissione a scuola, il pagamento di assegni
assistenziali, le domande di asilo degli immigrati. A tal fine, il governo
britannico mira a migliorare il modo con cui sono assunte le decisioni
allo scopo di evitare il più possibile l’insorgere di conflitti e contenziosi.
Si cerca, inoltre, di ridurre il numero di soggetti che devono chiedere

      (32) Si veda in proposito E. HUMPHERSON, Auditing Regulatory Reform, in The
Regulatory State. Constitutional Implications, a cura di D. Oliver, T. Prosser e R.
Rawlings, Oxford, Oxford University Press, 2010, 267 ss.
      (33) Lo sottolinea D. OLIVER, Regulation, Democracy and Democratic Oversight
in the UK, in The Regulatory State, cit., 243 ss., in part. 252 ss.
LE RIFORME AMMINISTRATIVE IN EUROPA                               623

la revisione di quelle decisioni rivolgendosi alle procedure lente e
talora impegnative dei tribunali amministrativi, anche mediante il
ricorso a soluzioni alternative e a forme di mediazione (34).
     Da segnalare, infine, che il Regno Unito, pur mantenendo forte
l’ancoraggio ai valori di efficienza, mostra preoccupazioni e sensibilità
sociali in passato trascurate. Si pensi alla predisposizione degli stru-
menti idonei a fronteggiare situazione di crisi e all’adozione di una
normativa organica in materia di uguaglianza, l’Equality Act, destinata
ad avere un forte impatto anche sul settore pubblico (35).
     Le politiche di riforma del Regno Unito, in conclusione, si carat-
terizzano per un elevato tasso di pragmatismo. L’attenzione al valore
dell’efficienza all’origine del New Public Management non è stata
abbandonata. Ma è emersa la necessità di soluzioni articolate e diffe-
renziate. E si è aperta la strada a nuovi temi come quello della crescita
sostenibile, della protezione dell’ambiente e della promozione delle
pari opportunità, grazie al ruolo attivo dei pubblici poteri. Gli aspetti
più ideologici con cui pure Cameron si era presentato di fronte agli
elettori, invece, sono stati via via messi da parte. Il progetto di una Big
Society, che avrebbe dovuto gradualmente sostituirsi all’intervento
statale, ad esempio, è stato progressivamente ridimensionato e, infine,
sostanzialmente accantonato (36).

     3. La riforma del settore pubblico assume un ruolo fondamentale
anche in paesi tradizionalmente orgogliosi del funzionamento dello
Stato e della professionalità della burocrazia. La crisi, d’altra parte, ha
seriamente minato la fiducia della Francia in sé stessa, ridimensionan-
done anche il ruolo di attore un tempo centrale nello scacchiere

       (34) Per una ricostruzione dell’evoluzione di questo istituto, M. MACCHIA, La
riforma degli administrative tribunals nel Regno Unito, in Riv. trim. dir. pubbl., 2009, 209
ss.; si v. anche A. SANDULLI, La consultazione pubblica per la riforma della judicial
review in Inghilterra, in Riv. trim. dir. pubbl., 2014, 878 ss. Più in generale, sui
meccanismi di accountability dei pubblici poteri nei confronti dei cittadini utenti, S.
HALLIDAY, The Governance of Compliance with Public Law, in Public L. (2013), 313 ss.;
sul ricorso ai tribunali come strumento di partecipazione democratica, G. MCKEEVER, A
Ladder of Legal Participation for Tribunal Users, in Public L. (2013), 575 ss.
       (35) Su questi sviluppi, si veda T. HICKMAN, Too Hot, Too Cold or Just Right? The
Development of the Public Sector Equality Duties in Administrative Law, in Public L.
(2013), 325 ss.
       (36) Sulle origini di questa proposta e sulla sua crisi si veda E. CAROLAN, The
Legitimacy of Public Service Reform: Democracy, Accountability and Experimentalism
in the Big Society, in Public L. (2013), 240 ss.
624                              GIULIO NAPOLITANO

europeo e globale. Di qui l’urgenza di un radicale mutamento del-
l’agenda governativa, in una logica, peraltro, di più marcata contrap-
posizione politica rispetto a quella che si ritrova nel sistema anglosas-
sone. In questo ambito, d’altra parte, la Francia sconta tradizional-
mente una maggiore resistenza al cambiamento, avendo a lungo col-
tivato il mito della stabilità e dell’efficienza delle proprie istituzioni
amministrative (ben più di quelle politico-costituzionali) (37). Eppure,
è sempre più evidente che anche la Francia deve fare i conti con i
caratteri dello Stato post-moderno, segnati dall’incertezza, dalla com-
plessità e dall’indeterminatezza (38).
     In questa direzione, in realtà, muoveva già la Révision générale des
politiques publiques (RGPP) avviata durante la Presidenza Sarkozy, che
intendeva sancire una netta rottura rispetto alle iniziative assunte alla
fine del ventesimo secolo (39). Con l’avvento della Presidenza Hollan-
de, l’Esecutivo ha quindi varato un nuovo organico piano di riforma.
Le singole politiche sono articolate secondo la tradizionale linea di
distinzione tra lo Stato e la società e postulano ancora un’organizza-
zione piramidale della comunità nazionale. I principali campi di inter-
vento, indicati anche nel sito istituzionale del governo, sono lo Stato e
le comunità territoriali, l’economia, l’impiego e il lavoro, la gioventù e
l’educazione, l’agricoltura e lo sviluppo sostenibile, la salute e gli affari
sociali, la società e le politiche per le città metropolitane, la sicurezza
e la giustizia, l’Europa e il mondo. Ogni campo di azione è scandito da
un rigoroso crono-programma. È ricostruito il contesto in cui si inscri-
vono le singole misure e sono illustrate ragioni e caratteristiche prin-
cipali dei vari interventi. Quadro e vincoli europei sono spesso pun-
tualmente richiamati: la Francia dichiara di volerli rispettare, ma la
giustificazione delle varie iniziative adottate è interna, nell’interesse
nazionale.

      (37) Per quadro sintetico delle riforme amministrative in Francia alle soglie del
ventunesimo secolo, si vedano S. CASSESE, L’età delle riforme amministrative, cit., 86 ss.;
E. GUALMINI, L’amministrazione nelle democrazie contemporanee, cit., 146 ss., da
ultimo, S. KUHLMANN e H. WOLLMANN, Introduction to Comparative Public Administra-
tion, cit., 57 ss.
      (38) In tal senso J. CHEVALLIER, L’Etat post-moderne4, Paris, LGDJ/Lextenso,
2014. Sul modo in cui il diritto amministrativo partecipa alla trasformazioni dello Stato
e sulla necessità di adeguare conseguentemente approcci e ricostruzioni scientifiche, J.
CAILLOSSE, L’État du droit administratif, Paris, LGDJ, 2015.
      (39) Si v. in proposito il fascicolo dedicato alla Révision générale des politiques
publiques, in Rev. fr. adm. publ. 4 (2010), e, in particolare, il saggio di F. LAFARGE, La
révision générale des politiques publiques: objet, méthodes et redevabilité, ivi, 355 ss.
LE RIFORME AMMINISTRATIVE IN EUROPA                            625

      Le misure in materia di riforma dello Stato e delle comunità
territoriali costituiscono il punto di partenza e uno dei pilastri fonda-
mentali del programma di governo. L’intervento si articola in tre parti:
il riequilibro dei bilanci pubblici, la modernizzazione dello Stato e la
revisione dell’assetto territoriale della Repubblica.
      Sul primo versante, mentre è impegnato a combattere la frode e
l’evasione fiscale, il governo punta a riqualificare e tenere sotto con-
trollo la spesa pubblica (40). In proposito, l’Esecutivo sottolinea che le
sue decisioni in materia non sono ispirate da motivi ideologici o da
dogmatismo: la ricetta dell’austerità è anzi esplicitamente rigettata. Il
problema è che tra il 2007 e il 2012 (dunque durante la precedente
presidenza di Sarkozy), il debito è cresciuto di seicento miliardi di euro
e nel 2009 il deficit è salito addirittura al 7,5 per cento del Pil. Il
controllo della spesa pubblica, dunque, va perseguito per rispettare i
vincoli europei. Eppure, al di là di ciò, il governo chiarisce che il
contenimento è necessario per garantire la sostenibilità del funziona-
mento delle pubbliche amministrazioni e del sistema di protezione
sociale. La riduzione della spesa pubblica è anzi fondamentale per
trovare le risorse necessarie per la realizzazione del Patto di respon-
sabilità e di solidarietà promosso dal Presidente Hollande e per
finanziare gli interventi in settori strategici come il lavoro, i giovani,
l’abitazione, la scuola e l’investimento per il futuro.
      Per abbassare la spesa, il governo punto sul processo di «moder-
nizzazione dell’azione pubblica», guidato da un apposito Comitato
interministeriale. Il Comitato ha il compito di rendere le politiche
pubbliche più semplici, giuste ed efficaci: il motto, che ricalca la
formula del value for money da tempo utilizzata nell’ordinamento
inglese, è che ogni euro deve essere speso in modo utile. All’azione del
Comitato si affianca quella del Consiglio strategico della spesa pubbli-
ca, che si riunisce ogni mese per valutare le politiche pubbliche. Tra le
principali misure di riduzione della spesa, figurano il blocco dell’indi-
cizzazione degli stipendi, il calo del numero dei dipendenti dei mini-
steri, la razionalizzazione degli enti pubblici, la riorganizzazione del
sistema delle autonomie territoriali, le economie nel campo sanitario e
della protezione sociale.

     (40) Sulla crisi della finanza pubblica e sul suo impatto sul sistema amministrativo
francese si veda Les ressources publiques: crise et stratégies, in Rev. fr. adm. publ. 4
(2012).
626                             GIULIO NAPOLITANO

     La vera e propria «modernizzazione dello Stato» è affidata a
quattro tipi di misure. Il primo riguarda la semplificazione. Per dimen-
sioni e impatto dovrebbe trattarsi di un vero e proprio choc per il
sistema amministrativo francese. A questa politica viene attribuito un
rilievo fondamentale, al punto che il suo annuncio è stato oggetto di un
messaggio televisivo del Presidente Hollande. L’attenzione prestata al
tema della semplificazione ha così consentito alla Francia di far scivo-
lare in secondo piano il problema della liberalizzazione e della dere-
golamentazione delle attività economiche, attorno al quale, seppure
con fatica e molte contraddizioni, negli anni Novanta del ventesimo
secolo si era registrata una significativa rottura del tradizionale mo-
dello di intervento pubblico. Il diritto della concorrenza e della rego-
lazione rimane così permeato da una forte impronta pubblicistica,
segnata dai principi di uguaglianza e di solidarietà (41). Sulla base della
dichiarazione programmatica dell’Eliseo, sono state dunque adottate
le prime duecento misure di semplificazione, che riguardano le impre-
se, i singoli e l’amministrazione. Il governo si è altresì impegnato a
predisporre un elenco di nuove misure ogni sei mesi. Facendo seguito
a questo annuncio, altre cinquanta misure di alleggerimento degli
oneri gravanti sulle imprese sono state predisposte dal governo e
approvate dall’Assemblea nazionale nel luglio 2014. A un anno e
mezzo dalla loro entrata in vigore, un primo bilancio è stato svolto il
30 ottobre 2014, nel corso di un apposito incontro all’Eliseo. In quella
occasione sono state presentate ulteriori misure, tra cui l’estensione
del principio del silenzio assenso. Altre quarantuno misure di sempli-
ficazione della vita dei cittadini sono state predisposte dal governo alla
fine del 2014. Con una specifica previsione normativa, la legge ha poi
autorizzato il governo ad adottare d’urgenza e in via sperimentale
alcune ordinanze per la semplificazione delle relazioni tra l’ammini-
strazione e i cittadini. Sulla base di questa previsione normativa, sono
state adottate le prime tre, in materia di diritti degli utenti a rivolgersi
all’amministrazione in via elettronica, comunicazione di avviso pre-
ventivo ai destinatari del provvedimento, deliberazione a distanza
mediante mezzi di teleconferenza di decisioni a carattere collegiale.
     Il secondo gruppo di misure riguarda la digitalizzazione della

      (41) Si confronti in proposito P. GONOD, La libéralisation en France, in Libera-
lizzare o regolamentare: il diritto amministrativo di fronte alla crisi, a cura di F.
Manganaro, A. Romano Tassone e F. Saitta, Milano, Giuffrè, 2013, 173 ss., in part. 184
e 185.
LE RIFORME AMMINISTRATIVE IN EUROPA                                627

pubblica amministrazione, intesa come fattore di profonda e radicale
trasformazione dello Stato (42). L’obiettivo è definire una nuova stra-
tegia tecnologica capace di cambiare il modo di operare dei pubblici
poteri e di premiare i progetti più innovativi. In proposito, si tratta di
sviluppare iniziative e azioni che già ora vedono la Francia all’avan-
guardia nelle classifiche mondiali dell’amministrazione digitale. A tal
fine, viene costituito un sistema informatico unico dello Stato: questo
è chiamato ad aumentare il grado di interoperabilità dei servizi,
razionalizzare le infrastrutture esistenti, e rendere trasparenti i costi
dell’azione amministrativa. Fondamentale è quindi la creazione della
Rete interministeriale dello Stato: questa riunisce le piattaforme digi-
tali dei vari ministeri e ha lo scopo di assicurare la continuità dell’azio-
ne di governo nel caso di gravi disfunzioni nella rete internet. Infine,
sono stati istituiti nuovi servizi pubblici elettronici, volti a semplificare
e dematerializzare le relazioni tra l’amministrazione e gli utenti. Tra
questi, la gestione delle dichiarazioni che riguardano la vita quotidiana
dei cittadini, l’accesso ai servizi educativi e sanitari, il pagamento on
line dei tributi, il mercato unico semplificato per la partecipazione alle
gare pubbliche da parte di piccole e medie imprese. Un apposito
barometro dei servizi pubblici elettronici misurerà il grado di adesione
e di soddisfazione dei cittadini-utenti nell’utilizzo di questi nuovi
strumenti.
     Un terzo fronte di intervento è quello dell’accesso ai dati pubblici.
La Francia rivendica in proposito un’antica tradizione di trasparenza
democratica e di condivisione delle informazioni detenute dai poteri
pubblici. Negli ultimi due anni, tuttavia, in questo campo si è registrato
un particolare impegno del governo, che ha consentito di rendere
disponibili on line oltre tredicimila dati e di portare la Francia dal
sedicesimo al terzo posto nella classifiche mondiale dell’Open Data
Index. Ciò è stato possibile soprattutto grazie alla pubblicazione elet-
tronica di tutta la normativa vigente, il passaggio in licenza aperta di
dati prima riservati dell’amministrazione, la fornitura dei risultati
elettorali in un punto unico, la messa a disposizione della base ufficiale
dei codici postali dell’intero paese, la divulgazione di dati attinenti alle
statistiche giudiziarie e ai livelli di emissione dell’anidride carbonica.

      (42) Sulla trasformazione in senso digitale dei rapporti tra Stato e cittadini e
sull’introduzione di veri e propri servizi pubblici elettronici in Francia si veda il dossier
Les téléservices publics, in Rev. fr. adm. publ., n. 2, 2013 (in particolare, il contributo di
G. KOUBI, Les mots de la modernisation des relations administratives, ivi, 339 ss.).
628                              GIULIO NAPOLITANO

     Il quarto gruppo di misure mira a moralizzare e a rendere più
trasparente la vita pubblica. Si tratta, in verità, di interventi che
riguardano il piano politico-costituzionale più che quello amministra-
tivo. La legge sulla trasparenza definisce gli obblighi dei membri del
governo e dei titolari di un incarico elettivo, in particolare per quanto
concerne la prevenzione di eventuali conflitti di interesse, la dichiara-
zione dello stato patrimoniale e i poteri di controllo da parte dei
cittadini iscritti nelle liste elettorali. Quindi, è stata introdotta una
disciplina organica in materia di divieto di cumulo di mandati per i
membri del governo nazionale, regionale e locale. Rimane ferma,
invece, secondo una tradizione radicata nel sistema politico francese,
la possibilità per i parlamentari di rivestire la carica anche di consi-
gliere municipale, regionale o dipartimentale o di membro di un
consorzio di enti locali.
     Molto importanti, infine, sono le misure volte a riformare l’orga-
nizzazione territoriale (43). Queste riguardano la nuova delimitazione
delle regioni, le modalità di svolgimento delle elezioni, la revisione
dell’articolazione della Repubblica sul territorio. L’impulso riforma-
tore nasce dalla constatazione che il «millefoglie territoriale» costituito
da centouno dipartimenti, 36.700 comuni, ventidue regioni e 2.600
gruppi intercomunali genera una frammentazione di competenze e una
dispersione di risorse pubbliche ormai insostenibili. Si tratta di un
assetto stratificato molto complesso divenuto incomprensibile per gli
stessi cittadini e nocivo per l’efficacia dell’azione pubblica: di qui
l’esigenza di una radicale modifica dell’attuale assetto ordinamentale.
     A tal fine, in primo luogo, la legge di modernizzazione dell’azione
pubblica territoriale ha introdotto un nuovo statuto delle città metro-
politane. Si vuole così consentire alle agglomerazioni con più di
quattrocentomila abitanti di esercitare pienamente il loro ruolo in
materia di sviluppo economico, innovazione, distribuzione dell’energia
e politiche della città (44).

      (43) Anche se non sono mancate critiche alla proliferazione e all’instabilità
normativa che si sono così create: per tutti, B. FAURE, Le droit de les collectivités
territoriales «malade de ses normes», in Rev. fr. dr. adm. (2014), 467 ss.
      (44) Per un primo commento, si vedano M. DEGOFFE, L’organisation des metro-
poles, in Rev. fr. dr. adm. (2014), 481 ss., e P. GÉRARD, Premiere point sur la réforme de
l’Etat territoriale, in Act. jur. dr. adm., 2015, 432-437. Sulle tendenze di fondo dell’or-
dinamento, G. MARCOU, Changements et permanences dans le système français d’admi-
nistration territoriale, in Rev. fr. adm. publ. 1 (2012), 5 ss.; si veda anche N. KADA, La
réforme de l’état territorial, ivi, 109 ss.
LE RIFORME AMMINISTRATIVE IN EUROPA                           629

     In secondo luogo, la riforma delle regioni prevede la loro riduzio-
ne da ventidue a tredici, a partire dal 2016. Esse, pertanto, avranno
dimensioni più grandi e competenze maggiori: tra queste, l’elabora-
zione di un programma regionale per lo sviluppo economico e per
l’innovazione, l’animazione dei poli della competitività, la gestione dei
porti e degli aeroporti e delle politiche del trasporto interurbano.
     In terzo luogo, la legge sulla nuova organizzazione territoriale
della Repubblica mira a ridefinire e chiarire le competenze dei diversi
livelli di governo. In questo quadro, viene soppressa la clausola di
competenza generale di regioni e dipartimenti (45). Questi ultimi, in
particolare, sono destinati ad assumere la funzione di centri per la
solidarietà sociale e territoriale, attraverso l’esercizio dei compiti in
materia di assistenza alle persone in stato di bisogno, l’accoglienza ai
giovani minori, il sostegno al pieno e autonomo sviluppo della perso-
nalità umana.
     Il disegno riformatore tracciato in Francia, in conclusione, colpisce
per il rigore geometrico che lo ispira e per il tentativo di costruire una
narrazione attorno a misure di per sé non immediatamente popolari o
facilmente comprensibili. Di alcune soluzioni va apprezzata la portata
davvero innovativa: si pensi, in particolare, all’organica revisione del
sistema delle autonomie locali. In altri casi, le ricette applicate non
sono sempre così originali come si vorrebbe far credere: basti pensare
al rilievo assegnato all’istituto del silenzio-assenso, già introdotto in
altri ordinamenti da almeno un quarto di secolo (46). Un ruolo impor-
tante, infine, è giocato dall’elemento dell’orgoglio nazionale, sia nella
sottolineatura di radici e tradizioni, sia nella constatazione di progressi
e avanzamenti. Nel sito istituzionale, ad esempio, il governo non esita
a segnalare che la Francia è tra i paesi più avanzati nel processo di
digitalizzazione pubblica ed è addirittura terza nelle classifiche inter-
nazionali sul tasso di trasparenza dei dati pubblici.

     4. Nel bilancio di tre anni di attività pubblicato nel novembre
dello scorso anno, il governo spagnolo ha rivendicato i risultati positivi
in termini di ritrovata fiducia nella sostenibilità delle finanze pubbli-
che, ritorno della competitività, crescita dei posti di lavoro e benessere,

     (45) Si veda in proposito, M. VERPEUX, Pavane pour une notion défunte – La
clause de compétence générale, in Rev. fr. dr. adm. (2014), 457 ss.
     (46) Lo evidenzia P. GONOD, Le sens du silence de l’administration: bref aperçu de
quelques solutions étrangères, in Rev. fr. dr. adm. (2014), 43 ss.
630                             GIULIO NAPOLITANO

che hanno consentito il superamento della fase più grave della crisi.
Questi risultati sono stati resi possibili da un’intensa azione di riforme
nel campo fiscale, economico e sociale.
     Tra le riforme strutturali, va annoverata anche quella del settore
pubblico, che ha tuttavia intrapreso una via parzialmente diversa da
quella seguita in Francia, nonostante le antiche radici comuni dei due
sistemi amministrativi (47). La scienza giuridica spagnola, d’altra parte,
si è prontamente interrogata sulle trasformazioni istituzionali indotte
dal diritto pubblico della crisi economica e sui caratteri costitutivi del
nuovo diritto amministrativo così emergente (48).
     Sul piano politico-istituzionale, il percorso delle riforme è stato
avviato quando, con una decisione del Consiglio dei ministri del 26
ottobre 2012, il governo ha istituito una speciale Commissione per la
riforma delle amministrazioni pubbliche (CORA). Proprio sulla base dei
lavori e delle proposte della Commissione, il Consiglio dei ministri, il
21 giugno 2013, ha quindi predisposto un piano complessivo di inter-
venti. Nella stessa seduta, il governo ha deliberato l’istituzione di
un’Officina per l’esecuzione della riforma dell’amministrazione
(OPERA), con il compito di verificare l’avanzamento e l’attuazione delle
misure, assicurarne il coordinamento e la valutazione permanente e,
infine, formulare eventuali nuove proposte. L’Officina pubblica rap-
porti periodici e offre dati aggiornati sulla stato di avanzamento delle
riforme ogni trimestre.
     Il piano spagnolo di riforma del settore pubblico si articola in
misure di carattere settoriale e in misure di carattere generale. Tra le
prime, le più importanti riguardano il campo dell’amministrazione
sociale, con gli interventi in materia di mercato del lavoro e di
sicurezza sociale, e quello della disciplina pubblica delle attività eco-
nomiche. Su quest’ultimo versante, si sono introdotte varie disposizio-
ni volte a favorire la liberalizzazione, anche in attuazione della diret-
tiva europea in materia di servizi e come risposta alla crisi: eppure, gli

      (47) Si confrontino in proposito P. BEZES e S. PARRADO, Trajectories of Admini-
strative Reform: Institutions, Timing and Choices in France and Spain, in 36 West Eur.
Pol. 1 (2013), 22 ss.
      (48) Si vedano A. EMBID IRUJO, El derecho público de la crisis económica, e S.
MUÑOZ MACHADO, Hacia un nuevo derecho administrativo, in El derecho público de la
crisis económica. Transparencia y sector público. Hacia un nuevo derecho administra-
tivo, Actas del VI Congreso de la Asociación Española de Profesores de Derecho
Administrativo, Palma de Mallorca, 11-12 febbraio 2011, Madrid, Instituto Nacional de
Administración Pública, 2012, rispettivamente 21 ss. e 191 ss.
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