L'IMPRESA DI ASSICURAZIONE NEGLI STUDI DI ECONOMIA AZIENDALE: UNA RIVISITAZIONE PROPOSITIVA

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               STUDI E NOTE DI ECONOMIA 1/2006

               L’IMPRESA DI ASSICURAZIONE NEGLI STUDI
               DI ECONOMIA AZIENDALE: UNA RIVISITAZIONE
               PROPOSITIVA

               ANTONIO PIN*

               1. Preliminari
               A seguito dell’innovativa connotazione «finanziaria» che Keynes, nella
               General Theory, diede al fondamentale processo risparmio-investimen-
               to, riconoscendo al tasso di interesse natura di fenomeno, non già «rea-
               le», come sin lì unanimemente ritenuto, bensì «finanziario», determina-
               to dall’interazione della domanda e dell’offerta di moneta in rapporto
               alla liquidity preference, dappertutto presero slancio gli studi di econo-
               mia monetaria e finanziaria, a livello sia di indagine teorica sia di rico-
               gnizione degli assetti istituzionali in essere nei diversi Paesi. Nella nuo-
               va visione, infatti, la presenza di un efficiente ed articolato apparato di
               istituzioni dedite al processo di «mobilizzazione finanziaria» del rispar-
               mio veniva riconosciuta, più che in passato, come struttura essenziale
               per dare attuazione agli investimenti reali e quindi per promuovere la
               crescita economica.
                   In questo contesto, per riuscire ad esprimere chiaramente gli appro-
               fondimenti concettuali via via raggiunti, gli studiosi si dotarono di una
               nuova appropriata terminologia, cui diede in primis autorevole divulga-
               zione, per quanto ci è noto, il celebre volume di Gurley e Shaw, Money
               in a Theory of Finance, pubblicato nel 1960 e subito posto sotto i riflet-
               tori della comunità scientifica internazionale1.
                   Espressioni come «attività finanziarie» (financial assets), «passività
               finanziarie» (financial liabilities), «unità in surplus finanziario», «unità
               in deficit finanziario», «intermediazione finanziaria» ed «intermediari
               finanziari», espressioni sino allora pressoché sconosciute, entrarono a
               far parte del glossario tecnico di chiunque volesse dar conto delle pro-
               prie ricerche sul sistema finanziario, necessario interfaccia e comple-

               * Ordinario di Economia delle Aziende di Credito, Università degli Studi di Siena
               (pin@unisi.it).
               1 Gurley J.G. - Shaw E.S., Money in a Theory of Finance, Brookings Institution, Washing-
               ton 1960. Il volume fu preceduto da due saggi degli stessi Autori: Financial Aspects of
               Economic Development, in American Economic Review, vol. 45, 1955, pp. 515-538; Fi-
               nancial Intermediaries and the Saving-Investment Process, in Journal of Finance, vol.
               11, 1956, pp. 257-276.

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                   mento del sistema reale, in aderenza con i nuovi indirizzi di studio che
                   ai diversi mercati finanziari ed ai multiformi intermediari finanziari as-
                   segnavano la comune funzione di esecutori della globale «intermedia-
                   zione finanziaria» del sistema economico2.
                       Con riguardo al complesso degli intermediari finanziari (banche di
                   deposito, istituti di credito industriale, imprese di leasing, società d’in-
                   vestimento mobiliare, imprese di assicurazione ed altri ancora), ciò che
                   li accomuna tutti è dunque il fatto di fungere, con l’esercizio della spe-
                   cifica attività d’impresa che li contraddistingue, da nastro trasportatore
                   di potere d’acquisto monetario in seno al globale processo di mobiliz-
                   zazione finanziaria del risparmio, interponendosi tra unità socio-econo-
                   miche che spendono meno di quanto consentirebbero i loro redditi mo-
                   netari ed unità che, invece, intendono portare le proprie spese al di so-
                   pra della capacità di acquisto consentita dai rispettivi redditi monetari.
                       A fronte delle somme di denaro che sistematicamente giungono loro
                   dalle unità in surplus, gli intermediari finanziari rilasciano particolari
                   «debitoriali» che li impegnano a controprestazioni monetarie variamen-
                   te strutturate, in linea con i desiderata delle unità medesime. A loro vol-
                   ta, essi trasferiscono le somme giunte in loro possesso alle unità in defi-
                   cit che ne richiedono e ne ottengono la disponibilità, facendosi da que-
                   ste ultime rilasciare apposite «debitoriali» che danno titolo a prestazioni
                   monetarie variamente adattate alle esigenze d’utilizzo delle somme in
                   oggetto da parte dalle unità medesime ed alle previste loro possibilità di
                   adempimento degli impegni contrattuali inerenti il servizio del debito.
                       Come già accennato, l’assunzione da parte dell’intermediario finan-
                   ziario, da un lato, della posizione «debitoria» verso le unità che metto-
                   no a disposizione il denaro, e, dall’altro, a speculare bilanciamento,
                   della posizione «creditoria» nei confronti delle unità alle quali cede in
                   uso il denaro raccolto, avviene in condizioni d’impresa. Ciò significa
                   che l’intermediario deve farsi totalmente carico del degrado che la pro-
                   pria posizione creditoria dovesse nel tempo subire per eventuali ina-
                   dempienze delle unità destinatarie delle somme intermediate, non po-
                   tendo minimamente portare tali perdite a sgravio dell’esposizione debi-
                   toria assunta nei confronti delle unità che gli hanno procurato le dispo-
                   nibilità monetarie da intermediare. Analogamente, qualora risultasse
                   non remunerativa la dinamica dei costi e dei ricavi con cui procedono
                   gli affari d’impresa, non gli è in alcun modo consentito di rivedere uni-
                   lateralmente a proprio vantaggio tariffe e condizioni contrattuali varie
                   già stabilite con la clientela, fornitrice oppure destinataria delle dispo-
                   nibilità monetarie fatte oggetto dell’intermediazione.
                       A distanza di decenni dal sorgere della richiamata nuova ampia vi-

                   2 Per un conciso riepilogo, si veda la voce «Financial Intermediaries», di Shaw E.S., in In-
                   ternational Encyclopedia of the Social Sciences, Macmillan Company & Free Press,
                   1968.

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                     A. PIN, L’IMPRESA DI ASSICURAZIONE NEGLI STUDI DI ECONOMIA AZIENDALE…

               sione di cui gli studiosi di economia delle istituzioni e dei mercati fi-
               nanziari si sono via via progressivamente dotati, non v’è alcun dubbio
               che, in termini di conoscenza scientifica, ne abbiano tratto enorme gio-
               vamento tanto le discipline macro-economiche quanto quelle economi-
               co-aziendali, venendosi oltretutto a stabilire tra le une e le altre un pro-
               ficuo interscambio di idee che in precedenza mancava.
                   Relativamente alle discipline economico-aziendali, e con specifico
               riferimento al nostro Paese, una sia pur sbrigativa ricognizione della
               produzione scientifica susseguitasi in materia nel corso degli ultimi de-
               cenni attesta che, in misura di gran lunga preponderante, l’interesse de-
               gli studiosi ha riguardato gli intermediari creditizi, ovvero tutte le varie
               fattispecie di banche. Il perché di tanta attenzione è facilmente spiega-
               bile quando si pensi ai radicali cambiamenti avvenuti nel frattempo, co-
               me il processo di trasformazione vissuto dal sistema bancario italiano
               in concomitanza con la realizzazione dell’Unione Europea, l’instaurarsi
               della regolamentazione internazionale elaborata dal Comitato di Basi-
               lea, il costituirsi di nuovi assetti proprietari e dimensionali per molte
               delle banche in essere. Notevole è stata pure la messe di studi rivolti ai
               mercati finanziari, anch’essi contraddistinti da profonde modificazioni
               sia nelle strutture sia nelle modalità operative.
                   Minore attenzione è stata invece riservata alle imprese di assicura-
               zione, che per share di presenza negli studi scientifici, non certo per
               importanza delle funzioni in concreto esercitate, ben possono definirsi
               la cenerentola degli intermediari finanziari.
                   Di esse ci occupiamo nel presente scritto, con l’intento di fissare i
               tratti salienti della loro particolare identità, in linea con la nuova (ormai
               definitivamente acquisita) visione del «mondo della finanza» di cui si è
               detto.
                   Prendendo le mosse dal presupposto che l’impresa di assicurazione
               rientra indiscutibilmente nel novero degli intermediari finanziari, con le
               necessarie implicazioni logiche che ne conseguiranno per gli sviluppi
               della nostra trattazione, desideriamo anzitutto fare piazza pulita di un
               diffuso luogo comune che, sulla base di un superficiale raffronto con le
               imprese degli altri comparti produttivi, attribuisce all’impresa di assicu-
               razione la singolare caratteristica dell’inversione del ciclo produttivo.
                   Trattasi di luogo comune che ha avuto, ed ha tuttora, la deprecabile
               conseguenza di relegare le imprese di assicurazione in una specie di zo-
               na franca dell’economia aziendale, zona entro la quale gli studiosi si
               prendono licenza di non osservare taluni concetti cardine della dottrina,
               come la nozione di costo, la nozione di ricavo, il principio dell’unità
               della gestione d’impresa.
                   Vediamo meglio di che si tratta, richiamandoci anzitutto ad un no-
               stro insigne matematico, il De Ferra: «L’assicurazione – scrive – è
               un’attività industriale dotata di una particolare peculiarità: gli incassi
               (dei premi) precedono nel tempo gli esborsi (dei capitali assicurati).
               Nelle altre imprese avviene tutto il contrario: l’imprenditore prima ac-

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                   quista le materie prime, poi le lavora e produce i beni, poi, vendendo i
                   beni, recupera le somme spese per l’acquisto delle materie prime e per i
                   costi di produzione»3.
                       Passiamo quindi ad uno dei nostri più autorevoli economisti azien-
                   dali in campo assicurativo, il Selleri, che in proposito così puntualizza:
                   «Il ciclo produttivo dell’impresa di assicurazione, a differenza di quello
                   che caratterizza le imprese di larga parte dei settori produttivi – con-
                   traddistinto dal sostenimento dei costi in via anticipata rispetto al con-
                   seguimento dei ricavi – mostra il conseguimento dei ricavi (rappresen-
                   tati dai premi assicurativi) in via anticipata rispetto al sostenimento dei
                   costi (tipicamente dei sinistri)»4.
                       Il luogo comune non risiede ovviamente nella constatazione che, per
                   l’impresa di assicurazione, l’incasso dei premi (dall’etimo “primum”)
                   precede nel tempo gli esborsi per i collegati eventuali indennizzi, ma
                   nell’attribuzione della natura di «ricavi» ai premi introitati e della natu-
                   ra di «costi» agli indennizzi pagati agli assicurati.
                       L’indiscussa convinzione, già manifestata da autorevoli maestri del
                   passato5 e tuttora ribadita, oltre che dal Selleri, da numerosi altri studio-
                   si di economia aziendale e, in particolare, di economia degli interme-
                   diari finanziari6, non può a nostro avviso che portare ad una distorta
                   rappresentazione della gestione dell’impresa assicurativa, tanto più se
                   nella mente permane l’assunto che, per illustrare le caratteristiche del-

                    3 Cfr. De Ferra C., L’assicurazione: nozioni, concetti, basi matematiche, Etas, Milano
                    1995, p. 6.
                    4 Cfr. Selleri L., Impresa di assicurazione e strategie di valore, Etas, Milano 2003, p. 2.
                    In senso conforme, dello stesso Autore: Il bilancio di esercizio delle imprese di assicura-
                    zione, Etas, Milano 1998, p. 12.
                    5 Significativa, al riguardo, la posizione dello Zappa, così espressa: «La gestione ordina-
                    ria delle imprese di assicurazione è fondamentalmente rivelata dal conseguimento dei ri-
                    cavi (premi di assicurazione) prima del sostenimento dei costi (pagamento di sinistri, di
                    capitali, di rendite, ecc.). […] Uscite numerarie, attinenti alla caratteristica gestione di
                    impresa, che misurano quindi costi, sorgono al pagamento del danno al manifestarsi del
                    sinistro nelle assicurazioni contro i danni e al pagamento delle polizze giunte a scadenza,
                    nonché delle rendite e degli eventuali riscatti, nelle assicurazioni sulla vita. […] I ricavi,
                    derivati da entrate numerarie proprie della gestione, sono dati tipicamente dai premi di
                    assicurazione». Cfr. Zappa G. - Azzini L. - Cudini G., Ragioneria applicata alle aziende
                    private, Giuffrè, Milano 1951, pp. 654 e 656.
                         In senso analogo, il Cassandro scrive: «Nella gestione dell’azienda assicuratrice, la
                    dinamica finanziaria muove cronologicamente dalle entrate (rappresentate dai premi) e
                    va verso le uscite (rappresentate dalle somme pagate agli assicurati). E poiché le entrate,
                    rappresentate da premi, sono misuratrici di ricavi dell’azienda e le uscite, rappresentate
                    da somme pagate agli assicurati, sono misuratrici di costi, può anche dirsi che la gestione
                    tecnica della nostra azienda ha un movimento che va dai ricavi verso i costi, a differenza
                    dalle altre aziende di produzione, nelle quali invece la gestione procede, di regola, dai
                    costi verso i ricavi». Cfr. Cassandro P.E., Sulla formazione e determinazione del reddito
                    di esercizio nell’impresa assicuratrice, in Studi sulle assicurazioni, raccolti in occasione
                    del cinquantenario dell’INA, Giuffrè, Milano 1963, p. 425 (corsivi nell’originale).
                    6 Non diversamente dal Selleri, scrivono Forestieri e Mottura: «I ricavi delle imprese di
                    assicurazione sono costituiti dai premi, il cui volume raccolto nell’esercizio costituisce il

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               l’impresa di assicurazione, ci si debba ancorare al tradizionale modello
               dell’impresa di tipo manufatturiero.
               2. Sommario identikit dell’impresa di assicurazione
               In quanto cooperanti al complessivo processo di mobilizzazione del ri-
               sparmio, gli intermediari finanziari esercitano il commercio del denaro,
               nel senso che sistematicamente fanno provvista di denaro tra le unità in
               surplus per poi collocare il denaro medesimo tra le unità in deficit, co-
               me già si è detto. Il paradigma di riferimento è rappresentato dalla ban-
               ca di deposito, per la quale è perfettamente logico e normale che la ca-
               denza delle entrate monetarie provenienti dai depositi, tipiche della sua
               peculiare gestione, abbia a precedere temporalmente la cadenza delle
               correlate uscite monetarie relative ai prestiti.
                   Da siffatta constatazione nessuna mente sgombra da preconcetti può
               trarre l’idea che l’attività di banca si svolga con cicli di produzione in-
               vertiti rispetto a quelli riscontrabili nella generalità delle altre imprese.
               Neppure quando si considerino le ulteriori altrettanto tipiche uscite ed
               entrate monetarie, che alle precedenti si ricollegano in senso contrario
               connotandosi rispettivamente come restituzioni relative alle somme rac-
               colte e come rimborsi relativi ai prestiti erogati. La logica del ragiona-
               mento riguardante gli intermediari finanziari è ben diversa da quella
               con cui si trattano le altre imprese.
                   Sempre con riferimento alla banca, poi, nessuno ha mai pensato di
               riconoscere alle somme versate in deposito la natura economica di rica-
               vi ed alle somme prelevate dai depositi la natura di costi tipici della ge-
               stione bancaria. Chi intendesse sostenerlo, di certo non riceverebbe al-
               cun credito.
                   A ben vedere, però, non è molto diversa la posizione di chi, con ri-
               guardo all’impresa di assicurazione, definisce ricavi gli incassi dei pre-

               fatturato della compagnia. […] I costi tipici del processo strettamente assicurativo sono i
               risarcimenti per sinistri (nei rami danni) e l’erogazione di capitali maturati a scadenza o
               dovuti in caso di morte (nei rami vita). Ad essi si aggiungono gli oneri di acquisizione
               dei premi, composti dalle provvigioni e dagli altri proventi riconosciuti agli intermedia-
               ri». Cfr. Forestieri G. - Mottura P., Il sistema finanziario. Istituzioni, mercati e modelli di
               intermediazione, Egea, Milano 2005, p. 340.
                    In senso conforme, Vincenzini: «L’attività gestionale dell’azienda [di assicurazione]
               inizia con un complesso di entrate (premi) che misurano ricavi di esercizio, cui segue un
               insieme di uscite (indennizzi) che misurano i costi, sempre di esercizio». Cfr. Vincenzini
               M. (a cura di), Manuale di gestione assicurativa. Intermediazione, finanza e produzione,
               Cedam, Padova 1999, p. 6.
                    L’equiparazione dei premi ai ricavi e degli indennizzi ai costi è accolta pure da Di
               Battista (cfr. Bongini P. - Di Battista M.L. et alii, Il Sistema finanziario. Funzioni, istitu-
               zioni, strumenti e servizi, Il Mulino, Bologna 2004, p. 197), da Moro (Cfr. Moro O., I
               flussi finanziari nelle imprese di assicurazione. Aspetti gestionali, Egea, Milano 1997,
               pp. 2-3) e da Pompella (Cfr. Pompella M., Della natura dei servizi assicurativi e della
               applicabilità dei moderni criteri per la gestione dei rischi in portafoglio alle assicurazio-
               ni. Diversificazione dei rischi e legge dei grandi numeri, in Assicurazioni, vol. LXVIII,
               n. 1-2, 2001, p. 155).

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                   mi e costi gli esborsi degli indennizzi.
                       Nell’ottica dell’intermediazione finanziaria, infatti, tanto la banca
                   quanto l’impresa di assicurazione raccolgono denaro tra il pubblico ce-
                   dendo in cambio proprie «debitoriali» (passività finanziarie, o financial
                   liabilities) che al legittimo possessore conferiscono il diritto di ricevere
                   dall’intermediario emittente – in tempi, in quantità ed a condizioni con-
                   trattualmente specificate – corrispondenti somme di denaro. Così, il de-
                   positante si appropria di un’attività finanziaria (financial asset) in forza
                   della quale può – come diritto principale, a prescindere dal resto – in
                   qualunque momento riprendersi parzialmente o totalmente le somme
                   versate in banca, più gli interessi su di esse accumulati, mentre il deten-
                   tore-beneficiario dell’attività finanziaria rappresentata dalla polizza assi-
                   curativa ha titolo per ricevere un indennizzo parametrato alle somme ver-
                   sate (ed eventualmente ancora da versare) non appena abbia a verificarsi
                   – in tempi e circostanze prefigurate – l’evento per il quale si è assicurato.
                       Insomma, al pari dei versamenti e dei prelievi inerenti i depositi
                   bancari, anche i premi e gli indennizzi inerenti i contratti assicurativi ri-
                   entrano nella categoria logica degli elementi costitutivi dello stock pa-
                   trimoniale, attivi e passivi, e delle relative variazioni in aumento o in di-
                   minuzione, non già nella categoria dei componenti di conto economico
                   della gestione d’impresa, come costi o ricavi operativi.
                       Per meglio chiarire, riprendiamo l’immagine del nastro trasportatore
                   già prospettata. È giusto dire, almeno in prima approssimazione, che in
                   tutti gli intermediari finanziari il ciclo produttivo inizia con l’acquisizio-
                   ne del denaro dalle unità in surplus e conduce alla cessione del denaro
                   alle unità in deficit. Non dobbiamo però pensare che acquisizione signi-
                   fichi «acquisto» e che cessione significhi «vendita», in analogia con le
                   compravendite che le imprese manifatturiere concludono con fornitori e
                   clienti, compravendite che in modo del tutto appropriato identificano e
                   commisurano costi o ricavi operativi. Dobbiamo invece renderci conto
                   che per gli intermediari finanziari «acquisizione» significa ottenimento
                   in uso pro tempore di somme di denaro – in leasing potremmo dire –
                   mentre «cessione» significa simmetricamente l’opposto.
                       Certo, per ottenere la temporanea e per lo più circostanziata disponi-
                   bilità di somme di denaro si devono sostenere dei costi, che, pur com-
                   misurandosi nel quantum alle somme di cui trattasi, hanno una propria
                   specifica identità. Nelle banche, per le somme acquisite mediante i de-
                   positi (come pure per quelle cedute mediante i prestiti) i costi sono
                   esplicitati dagli interessi su di esse conteggiati, in relazione ad un pre-
                   stabilito tasso ed alla durata temporale della permanenza a disposizio-
                   ne. Trattasi, per così dire, di un canone di locazione a periodico paga-
                   mento posticipato. Non molto diversamente vanno le cose nelle impre-
                   se di assicurazione, che, per le somme di denaro che acquisiscono me-
                   diante i premi, sostengono dei costi percentualmente determinati e ri-
                   conducibili alla nozione di canoni di locazione a pagamento anticipato,
                   denominati «provvigioni», di acquisizione e di incasso.

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                     A. PIN, L’IMPRESA DI ASSICURAZIONE NEGLI STUDI DI ECONOMIA AZIENDALE…

                   Le somme versate nei depositi bancari e quelle pagate come premi
               assicurativi individuano dunque valori di stock che dallo stato
               attivo/passivo della singola unità in surplus trasmigrano verso lo stato
               attivo/passivo dell’intermediario finanziario. Già financial assets del-
               l’unità in surplus, divengono quindi financial assets dell’intermediario-
               banca o dell’intermediario-assicurazione, il quale in contropartita si ca-
               rica di correlate financial liabilities che le unità in surplus ricompren-
               dono nei rispettivi stati attivi/passivi al posto delle preesistenti somme
               di denaro a disposizione. I costi operativi che banche e assicurazioni
               sostengono per acquisire la disponibilità di dette somme sono, rispetti-
               vamente, «interessi» e «provvigioni» pertinenti alle somme medesime.
                   Nessuna significativa differenza, se non specificamente applicativa,
               sussiste invece tra banche e assicurazioni per quanto concerne sia gli
               impieghi dati alle somme fatte oggetto di intermediazione, che vanno
               ad impinguare i rispettivi portafogli investimenti, sia i tipici ricavi ope-
               rativi che ne conseguono, per lo più come frutti per interessi attivi.
                   Sulla scorta di quanto sin qui espresso, e con riserva di maggiori ap-
               profondimenti, possiamo finalmente proporre per l’intermediario assi-
               curativo una definizione di massima, così formulata: l’impresa di assi-
               curazione è l’intermediario finanziario che, valendosi del necessario
               know how tecnico-economico di cui dispone per ripartire preventiva-
               mente pro quota l’incidenza economica di determinati rischi pendenti su
               una pluralità di individui assicurati, ne assume in proprio il gravame
               esercitando l’attività di raccolta tra il pubblico del risparmio a scopo as-
               sicurativo insieme con l’attività di investimento finanziario del rispar-
               mio medesimo. La raccolta del risparmio avviene mediante l’incasso di
               «premi» ed il rilascio di corrispondenti polizze assicurative, mentre l’in-
               vestimento avviene mediante l’assunzione in portafoglio di valori aventi
               soprattutto natura di financial assets negoziabili nei mercati mobiliari.
                   L’attrattiva che l’impresa di assicurazione offre alle singole unità in
               surplus consiste nel fatto che queste, mediante le contribuzioni rappre-
               sentate dai premi, si rendono immuni, entro definiti intervalli temporali,
               dall’incidenza negativa di gran lunga più pesante che il manifestarsi di
               particolari eventi fortuiti potrebbe avere sul loro patrimonio, oppure si
               procurano la certezza che, in caso di morte o di sopravvivenza a deter-
               minate epoche, il loro patrimonio abbia a beneficiare di un aggiuntivo
               apporto di capitale che solo parzialmente arriverebbero a costituirsi in
               proprio con il graduale accumulo delle somme commisurate ai premi.
               3. Lo stato attivo/passivo dell’impresa di assicurazione
               Per illustrare la definizione appena enunciata ricorriamo agli strumenti
               rappresentativi caratteristici dell’economia aziendale, il primo dei quali
               è il prospetto di stato attivo/passivo.
                   In qualunque momento t i, lo stato attivo/passivo di un’impresa mo-
               stra il complesso dei beni, o attività patrimoniali, di cui l’imprenditore
               dispone per esercitare la funzione produttiva e dà altresì conto dei fi-

                                                                                             35
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                   nanziamenti, di capitale proprio e di capitale di credito, che sorreggono
                   tale sua disponibilità.
                         Così come avviene per gli intermediari creditizi, anche per l’impre-
                   sa di assicurazione l’entità del capitale proprio è strutturalmente di gran
                   lunga inferiore a quella del capitale di credito, quasi per intero formato
                   da financial liabilities aventi natura di «debitoriali» nei confronti degli
                   assicurati.
                         Prima di fissare l’attenzione sull’impresa di assicurazione, giova an-
                   cora guardare per qualche significativo riferimento agli intermediari cre-
                   ditizi, in particolare alla banca di deposito. Le tipiche financial liabilities
                   di questa sono rappresentate dal «monte» depositi, il cui ammontare
                   complessivo è dato dalla sommatoria dei saldi che, in un dato momento
                   t i, sono a credito dei depositanti. Saldi che in ciascun conto – non è su-
                   perfluo precisare – sono costituiti oltre che dal capitale risultante dalla
                   movimentazione fino a quel momento segnata da versamenti e prelievi,
                   anche dall’aggiunta degli interessi pro tempore maturati sulle altalenanti
                   giacenze di capitale registrate in sequenza nel conto, a decorrere dall’ul-
                   tima data di liquidazione-capitalizzazione. Stante l’univocità del mecca-
                   nismo di computo del dare e dell’avere, sia per linea capitale sia per linea
                   interessi (in base ad un prestabilito tasso), le financial assets dei deposi-
                   tanti sono in tutto speculari, singolarmente e globalmente, alle financial
                   liabilities della banca. Due facce della stessa medaglia.
                         Nello stato attivo/passivo della banca riferito al momento t i, figura-
                   no dunque dal lato delle passività, come principale componente tipica
                   delle passività medesime, le financial liabilities che abbiamo appena
                   considerato. Esse danno conto delle somme di denaro, materia prima
                   potremmo dire, che le unità in surplus hanno globalmente messo a dis-
                   posizione dell’intermediario finanziario, il quale a sua volta, adempien-
                   do alla propria specifica funzione creditizia, ne ha trasferito la disponi-
                   bilità alle unità in surplus, entrando così in possesso di altrettante fi-
                   nancial assets attestanti crediti in essere nei confronti di queste ultime
                   unità. Vige infatti per gli intermediari creditizi la fondamentale regola
                   operativa in forza della quale, in qualunque momento t i, al credito pas-
                   sivo (verso le unità in surplus) deve corrispondere il credito attivo (ver-
                   so le unità in deficit), ovvero, nello stato attivo/passivo le tipiche finan-
                   cial liabilities devono sempre avere pieno bilanciamento nelle tipiche
                   financial assets. Le quali, a loro volta, devono ritrovare valida copertu-
                   ra nei beni-valori posseduti dai prenditori finali delle somme di denaro
                   intermediate. Per le banche trattasi principalmente di crediti inseriti nel
                   portafoglio prestiti, a contropartita dei quali stanno i valori reali delle
                   attività circolanti e delle attività fisse possedute dalle imprese benefi-
                   ciarie dei prestiti stessi. Nelle financial assets della banca, al pari delle
                   financial liabilities, vanno ricompresi gli interessi attivi pro tempore
                   maturati dall’ultima data di liquidazione-capitalizzazione sulle alterne
                   giacenze dei saldi a credito per linea capitale.
                         Sulla scorta di quanto puntualizzato per la banca, passiamo ora al-

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                     A. PIN, L’IMPRESA DI ASSICURAZIONE NEGLI STUDI DI ECONOMIA AZIENDALE…

               l’impresa di assicurazione. Le sue tipiche financial liabilities sono rap-
               presentate dal «monte» premi, per la cui identificazione, concettuale
               prima ancora che quantitativa, l’analogia con il «monte» depositi è cer-
               tamente utile ma solo in parte chiarificatrice.
                   Mentre per i depositi bancari sussiste perfetta identità credito-debito
               sia a livello complessivo sia a livello di singoli rapporti contrattuali, per
               i premi assicurativi l’identità può istituirsi soltanto globalmente.
                   Grazie al proprio know how tecnico, l’impresa di assicurazione è in-
               fatti in grado di prefigurare con una certa precisione l’entità degli im-
               pegni di indennizzo cui si espone al manifestarsi di particolari eventi
               fortuiti soltanto in riferimento ad una massa di assicurati la cui numero-
               sità sia abbastanza ampia da consentire l’applicazione della legge dei
               grandi numeri, desunta da precedenti osservazioni sulla regolarità di
               manifestazione degli eventi medesimi nel volgere del tempo in vasti
               ambiti territoriali e demografici.
                   La prefigurabile globale quantificazione degli indennizzi, a livello
               di impresa, è dunque il necessario fondamento conoscitivo sul quale
               può far presa il meccanismo dell’assicurazione, razionalmente conge-
               gnato per ripartire pro quota tra tutti gli assicurati il carico di tale onere
               globale mediante la fissazione dei contributi (o «premi») cui ciascuno è
               tenuto, nei limiti della rispettiva quota di partecipazione al rischio glo-
               bale. In tal modo, i piccoli contributi della miriade di assicurati che non
               riceveranno alcun indennizzo andranno ad integrare gli altrettanto pic-
               coli contributi dei pochi assicurati per i quali si verificheranno i con-
               templati eventi fortuiti, con la conseguente erogazione dei relativi con-
               sistenti indennizzi a loro beneficio.
                   Ipotizzando, in estrema astrattezza, che lungo l’asse del tempo la
               dinamica del meccanismo assicurativo appena descritto si svolga in
               condizioni di perfetto bilanciamento globale tra premi e indennizzi, ve-
               diamo ora come tale allineamento trovi espressione nello stato
               attivo/passivo dell’impresa di assicurazione, in analogia con quanto già
               esposto relativamente alle financial liabilities ed alle financial assets
               della banca.
                   Così come il monte-depositi della banca cresce con l’acquisizione di
               nuovi depositi e di nuovi versamenti nei preesistenti depositi, anche il
               monte-premi dell’impresa di assicurazione per crescere abbisogna della
               raccolta di nuovi premi, relativamente a contratti già in essere o a nuovi
               contratti.
                   Diversa è invece la meccanica della riduzione. Mentre nella banca il
               monte-depositi si riduce per effetto delle operazioni di prelievo attuate
               dai depositanti, i quali hanno così modo di riappropriarsi in parte o in
               toto delle somme di denaro precedentemente cedute, nell’impresa di as-
               sicurazione il monte-premi si riduce per effetto di atti interni meramen-
               te scritturali rapportati al trascorrere del tempo, senza che ciò comporti
               di per sé movimenti di denaro.
                   Infatti, posto che, nella sostanza, il premio rappresenti per l’assicura-

                                                                                             37
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                   to un «buono» che in un dato intervallo temporale gli dà diritto all’otte-
                   nimento di un predefinito indennizzo nell’eventualità che nell’intervallo
                   stesso accadano certi eventi fortuiti, una volta che l’intervallo sia trascor-
                   so senza che i prefigurati accadimenti si siano verificati, è chiaro che il
                   «buono» si è azzerato. Detto altrimenti, il premio che abbia esaurito la
                   propria funzione assicurativa, per decorrenza del tratto di tempo assistito
                   da «copertura», viene semplicemente depennato dal monte-premi. Si ag-
                   giunga che, mentre per la stragrande maggioranza dei «buoni» in discor-
                   so l’estinzione sarà correlata all’assenza dell’evento assicurato, per un’e-
                   sigua minoranza sarà invece proprio l’avverarsi dell’evento medesimo a
                   determinarne l’estinzione, per avvenuto conseguimento del beneficio cui
                   davano diritto (ciò nel caso in cui l’evento contemplato sia unico, come
                   ad esempio l’esistenza in vita di un individuo ad una certa data).
                       In prima approssimazione, possiamo dunque concludere che nello
                   stato attivo/passivo dell’impresa di assicurazione, in qualunque mo-
                   mento t i, le tipiche financial liabilities sono espresse dal monte-premi
                   comprendente tutti i premi per i quali la funzione assicurativa non si sia
                   ancora esaurita, ciascuno di essi essendo però conteggiato al netto della
                   porzione di premio commisurata pro rata temporis alla funzione assicu-
                   rativa già svolta fino al momento t i. Cruciale è dunque la distinzione tra
                   «premi e porzioni di premi in servizio attivo» e «premi in toto o in par-
                   te estinti».
                       A tanto ammonta dunque l’entità degli impegni di cui l’impresa di
                   assicurazione si ritrova globalmente gravata al momento t i nei confronti
                   dei propri assicurati, a fronte della sommatoria dei premi «attivi» incas-
                   sati, anzi delle porzioni ancora «attive» di tali premi, che a ciascun assi-
                   curato riconoscono la copertura assicurativa per un delimitato lasso di
                   tempo a venire, di solito fino alla scadenza di pagamento del premio
                   successivo.
                       Sussiste però per l’impresa di assicurazione un’ulteriore massa di
                   impegni da rispettare che non è collegata ai premi già incassati, di cui
                   abbiamo appena detto, bensì ad una serie di premi contrattualmente
                   scaglionati nel futuro che gli assicurati saranno tenuti a versare. Ci rife-
                   riamo specificamente ai tipici contratti del ramo vita, in forza dei quali
                   l’impresa di assicurazione, con l’incasso del primo premio annuale (o
                   anche infrannuale) e poi con l’incasso di ogni successivo premio, ed en-
                   tro i limiti temporali del relativo «servizio attivo», è tenuta, non appena
                   abbia a manifestarsi l’evento fortuito contemplato in contratto (ad
                   esempio l’evento morte), al previsto indennizzo globale, come se l’assi-
                   curato avesse fin dall’inizio già provveduto con un unico premio al ver-
                   samento di quanto dovuto per beneficiare dell’intera copertura assicu-
                   rativa estesa a molti anni. Nella realtà, essendo i premi rateizzati, ovve-
                   ro confezionati per importi uguali distribuiti nell’arco di più anni, può
                   ben succedere che l’evento in discorso accada ben prima che l’assicura-
                   to abbia versato tutti i premi contrattualmente previsti. Potrebbe addirit-
                   tura averne versato uno soltanto, il primo.

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                      A. PIN, L’IMPRESA DI ASSICURAZIONE NEGLI STUDI DI ECONOMIA AZIENDALE…

                   Il monte «premi in scadenziario», di cui stiamo trattando, attiene
               dunque ad una serie di premi a scadenza programmata nel futuro e che
               in parte non verranno mai incassati, i quali ovviamente non hanno an-
               cora procurato alcuna somma di denaro all’impresa di assicurazione,
               mentre questa soggiace all’impegno di dover in qualunque momento
               provvedere a sostanziosi esborsi per indennizzi legati al manifestarsi di
               particolari eventi contrattualmente previsti.
                   Come ciò possa conciliarsi con il rispetto del «principio fondamen-
               tale per la gestione dell’impresa [di assicurazione]: che in qualunque
               momento essa possegga quanto occorre a far fronte al valore attuale de-
               gli impegni che essa ha verso gli assicurati»7, è cosa che non possiamo
               tralasciare di chiarire.
                   Il problema non sussisterebbe se, come già accennato, alla stipula-
               zione di ciascun contratto-vita di durata pluriennale l’impresa di assicu-
               razione richiedesse la corresponsione del premio unico globale. In tal
               caso otterrebbe ab origine l’intera provvista di denaro che, andando ad
               incrementare il complessivo portafoglio investimenti ed integrandosi
               con gli investimenti già in esso aggregati per precedenti acquisizioni di
               analoghi contratti-vita, contribuirebbe a dotare senz’altro l’impresa, in
               qualunque momento t i, di quanto le occorre per fronteggiare di volta in
               volta gli esborsi relativi ai pochi contratti-vita segnati dall’obbligo del-
               l’indennizzo, tutti gli altri restandone pro tempore estranei.
                   Così, non ci si discosta granché dal meccanismo assicurativo già de-
               lineato a proposito del monte «premi in servizio attivo», tale per cui
               ciascun assicurato con il proprio versamento relativo al premio contri-
               buisce pro quota a dotare anticipatamente l’impresa di assicurazione
               della disponibilità di risorse globali, d’importo pari al monte-premi,
               che permetteranno all’impresa stessa di adempiere con tempestività
               agli impegni contrattualmente assunti verso i propri assicurati.
                   Che cosa succede invece quando il premio unico viene frazionato
               nell’ammontare e scaglionato nel tempo, con una serie finita di premi
               tutti uguali? Diciamo subito che al vuoto di risorse correlato ai premi
               non ancora incassati perché scadenti in futuro, l’impresa di assicurazio-
               ne, pur soggiacendo sin d’ora al rischio di dover erogare gli indennizzi
               cui tali premi dovrebbero dare copertura, è in grado di porre rimedio al-
               l’interno della propria gestione grazie alla solidarietà reciproca che di
               fatto instaura tra gli assicurati.
                   Come ben sappiamo, la formula che regge il meccanismo assicurati-
               vo postula la solidarietà organizzata di tutti gli assicurati in favore dei
               pochi di loro (preventivamente non individuabili) che andranno incon-
               tro ad eventi pregiudizievoli per il loro patrimonio o ad eventi capaci di

               7 Cfr. Gobbi U., L’assicurazione in generale, INA, Roma 1984 (rist. della seconda ediz.,
               1937), p. 197.

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                   comportare precarietà nelle condizioni di vita loro o di individui da loro
                   economicamente dipendenti.
                       Per certi tipi di contratti di breve durata, specificamente del ramo
                   danni, la solidarietà è esclusivamente orizzontale, nel senso che essa fa
                   leva sui premi già incassati, anzi sulle loro porzioni residue in servizio
                   attivo, sicché tutti gli assicurati in possesso dei corrispondenti «buoni»
                   hanno titolo per l’ottenimento degli eventuali indennizzi e l’impresa di
                   assicurazione è pienamente in grado di erogarli poiché è già in possesso
                   delle necessarie risorse, avendo tutti gli assicurati contribuito a tale fine
                   con il versamento dei premi. Nell’ambito della comune fascia tempora-
                   le di validità dei «buoni» assicurativi abbinati ai premi versati, i singoli
                   assicurati si ritrovano dunque, in qualunque momento t i, parimenti in
                   regola con i versamenti a fronte delle aleatorie prestazioni di indenniz-
                   zo che l’impresa di assicurazione s’appresta ad eseguire in loro favore e
                   tutti assieme risultano reciprocamente solidali, avendo pro quota forni-
                   to all’impresa medesima i mezzi che le occorrono per provvedere agli
                   indennizzi.
                       Per altri tipi di contratti, specificamente del ramo vita, la solidarietà
                   assume connotazioni particolari sia in orizzontale sia in verticale. Ci ri-
                   feriamo a contratti di durata pluriennale con profilo di rischio crescente
                   di anno in anno, che però stabiliscono versamenti periodici di premi
                   tutti uguali da parte dell’assicurato. Ciò implica che i premi versati per
                   i primi periodi di esposizione al rischio (e di relativa copertura) metto-
                   no a disposizione dell’impresa di assicurazione più di quanto le occorra
                   per far fronte agli indennizzi spettanti per detti periodi, mentre per i
                   premi degli ultimi anni avviene il contrario. I premi versati prima del
                   punto di «durata critica» risultano dunque composti di due parti, delle
                   quali l’una, come «premio di rischio», identifica la parte del versamen-
                   to che supporta il «buono» corrispondente al rischio effettivamente ad-
                   dossato all’impresa di assicurazione per il periodo di validità del «buo-
                   no» stesso, mentre l’altra, denominata «premio di risparmio», identifi-
                   ca una somma a latere versata in anticipo rispetto ai futuri tempi di
                   esposizione al rischio, allorché risulteranno di per sé inadeguati i premi
                   contrattualmente programmati.
                       Possiamo pertanto parlare di solidarietà verticale nel senso che, me-
                   diante traslazione nel tempo dei propri contributi di «risparmio», cia-
                   scun assicurato provvede a dotare in anticipo l’impresa di assicurazione
                   delle risorse che in futuro le serviranno per fronteggiare gli impegni as-
                   sunti verso i propri assicurati. Nei contratti di cui trattasi, possiamo inol-
                   tre ravvisare una ulteriore fattispecie di solidarietà orizzontale, diversa
                   da quella già considerata per i contratti del ramo danni, nei quali trova
                   costante applicazione la regola del perfetto bilanciamento tra il quantum
                   versato dall’assicurato e gli impegni assunti nei suoi confronti dall’im-
                   presa di assicurazione. Infatti, se facciamo riferimento ad un contratto
                   che, fin dal versamento del primo premio, impegni l’impresa stessa ad
                   erogare un dato capitale nel caso in cui l’assicurato cessi di vivere, e

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               ipotizziamo che l’evento morte abbia a verificarsi in uno dei primi pe-
               riodi di copertura, è chiaro che i premi versati, pur essendo in parte co-
               stituiti da «premi di risparmio», non sono bastati per rendere la posizio-
               ne dell’assicurato finanziariamente equa rispetto al contrapposto impe-
               gno assunto dall’impresa di assicurazione, che però può fronteggiare il
               conseguente esborso con le risorse di cui è entrata in possesso con l’in-
               casso, non solo dei «premi di rischio», ma anche dei «premi di rispar-
               mio» di tutti gli assicurati assistiti dal medesimo tipo di copertura.
                   Anche per i contratti del ramo vita vige dunque la fondamentale re-
               gola gestionale che impone all’impresa di assicurazione di disporre in
               qualunque momento t i dell’ammontare di risorse, preventivamente ver-
               sate dagli assicurati, capace di bilanciare gli impegni che si è assunta nei
               confronti degli assicurati stessi. Mentre però per i contratti del ramo
               danni l’entità degli impegni in carico all’impresa di assicurazione ritrova
               bilanciamento nei premi già effettivamente incassati (per la parte non
               «estinta»), per i contratti del ramo vita nella formula del bilanciamento
               vanno conteggiati anche i premi che gli assicurati non hanno ancora ver-
               sato, ma che si sono impegnati a versare. Sicché, dovendosi porre a con-
               fronto una serie di impegni a futura scadenza, tanto da parte dell’impre-
               sa di assicurazione quanto da parte degli assicurati, tenendo altresì conto
               per questi ultimi dei premi «in servizio attivo» già versati, per rendere
               comparabile ciò che grava sull’uno e sull’altro piatto della bilancia oc-
               corre inserire nella formula un «equalizzatore» (o fattore di attualizza-
               zione finanziaria) in ragione del tempo, v = 1 / (1 + i), con un prescelto
               tasso tecnico di interesse i prudenzialmente basso (ad es. i = 1,75%).
                   Dal poco che si è detto non è chi non veda quanto sia complesso ed
               articolato il sistema di pesi e contrappesi che regola il buon funziona-
               mento del meccanismo assicurativo. La materia è soprattutto oggetto di
               studio della matematica finanziaria ed attuariale, ai cui testi rinviamo
               per gli opportuni approfondimenti8. Ai fini della nostra trattazione pre-
               me qui sottolineare come, sulla base di appropriati algoritmi matemati-
               ci e sulla base di collaudate tavole statistiche di rilevazione delle proba-
               bilità di incidenza degli eventi aleatori contemplati in contratto, nel-
               l’impresa di assicurazione debbano costantemente realizzarsi condizio-
               ni di gestione tali per cui, in qualunque momento t i, non soltanto vi sia
               il pareggio quantitativo tra il valore attuale degli impegni in essere ver-
               so gli assicurati ed il valore attuale dei contributi che gli assicurati stes-
               si hanno in parte già versato e in parte si sono impegnati a versare in
               date future, ma si riscontri altresì che a fronte del valore attuale degli
               impegni in essere l’impresa stessa possegga in concreto, per pregressi

               8Per una limpida esposizione, a misura anche di chi abbia limitate conoscenze matemati-
               che, si consiglia: De Ferra C., op. cit. A livello più specialistico, si veda: Pacati C., Ap-
               punti dalle lezioni di Istituzioni di matematica attuariale per le assicurazioni sulla vita,
               Università di Siena, a.a. 2005-2006, http://www.econ-pol.unisi.it/didattica/imaav.

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                   versamenti degli assicurati, le corrispondenti necessarie risorse.
                       In ottica economico-aziendale tutto ciò implica che, in qualunque
                   momento t i, nel prospetto di stato attivo/passivo dell’impresa di assicu-
                   razione, debba essere evidenziato tra le poste passive, nel capitolo «Ri-
                   serve tecniche», l’ammontare complessivo degli impegni, espressi al
                   loro valore attuale, che l’impresa stessa ha in carico nei confronti della
                   massa degli assicurati. Il termine «Riserve», sia ben chiaro, ha unica-
                   mente significato di «debiti» o «debitoriali» (o financial liabilities),
                   che si qualificano come «tecniche» in quanto vengono calcolate con i
                   metodi propri della tecnica assicurativa-attuariale, metodi che per le
                   formule matematiche di cui si avvalgono adottano un particolare tasso
                   d’interesse i e valori probabilistici desunti da valide tavole demografi-
                   che. Di norma, si tiene distinta la riserva tecnica del ramo danni, deno-
                   minata «Riserva premi» (o «Riserva frazioni di premi»), da quella del
                   ramo vita, denominata «Riserva matematica» per la forte connotazione
                   matematica che la caratterizza.
                       Alla voce «Riserve tecniche» si contrappone, dal lato delle attività
                   dello stato attivo/passivo, la voce «Investimenti» che rappresenta il mon-
                   te globale di ricchezza, per lo più costituito dai valori finanziari in porta-
                   foglio, di cui l’impresa si è dotata per fronteggiare gli impegni misurati
                   dalle «Riserve tecniche». È chiaro che l’ammontare complessivo degli
                   investimenti non può mai andare al di sotto della massa degli impegni.
                       Giova ritornare per un momento all’analogia con la banca per com-
                   prendere chiaramente la natura della «riserva matematica». A differen-
                   za della passività «depositi», che caratterizza lo stato attivo/passivo del-
                   la banca in riferimento a flussi di denaro già pervenuti nelle casse della
                   banca stessa e da questa prontamente messi a frutto nel proprio portafo-
                   glio investimenti, la passività «riserva matematica», che caratterizza lo
                   stato attivo/passivo dell’impresa di assicurazione, si ricollega a premi di
                   previsto introito futuro che, a scopo di riequilibratura gestionale tra as-
                   sets e liabilities, vengono messi a confronto con i corrispondenti previ-
                   sti esborsi per indennizzi. L’eccedenza tra l’ammontare attualizzato al
                   tempo t i degli indennizzi previsti ed il corrispondente ammontare attua-
                   lizzato dei premi previsti non è altro che la «matematica» constatazione
                   della porzione di «debito» in essere per la quale non è prevista alcuna
                   copertura mediante premi da incassare a future scadenze.
                       Se a tale «vuoto» di copertura prospettica corrispondesse uno specu-
                   lare «vuoto» di risorse all’attivo, per inadeguatezza degli investimenti
                   in essere, indubbiamente la situazione dell’impresa di assicurazione sa-
                   rebbe assai precaria e le aspettative degli assicurati sarebbero ampia-
                   mente illusorie. Si ha però modo di capire che così non è, non appena si
                   tenga conto del fatto che, per i contratti in discorso, parte degli assicu-
                   rati ha già provveduto a versare, con i premi scaduti prima dei rispettivi
                   punti di «durata critica», non solo «premi di rischio» di volta in volta
                   bilanciati con i rischi di periodo assunti dall’impresa di assicurazione,
                   ma anche «premi di risparmio», i quali identificano somme di denaro

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                     A. PIN, L’IMPRESA DI ASSICURAZIONE NEGLI STUDI DI ECONOMIA AZIENDALE…

               versate in anticipo a futura integrazione dei sottodimensionati premi
               che scadranno dopo i punti di «durata critica».
                   Va quindi precisato che, in forza degli algoritmi impiegati per suddi-
               videre il premio unico in tanti premi periodali di uguale importo, è ben
               vero che la riserva matematica calcolata al momento t i dà la misura, in
               termini di valore attuale, del «vuoto» ascrivibile ai premi futuri rispetto
               al profilo di incidenza temporale dei correlati rischi periodali, ma al-
               trettanto veridicamente essa dà la misura, in termini di montante (o ca-
               pitale differito) al momento t i, del «sovrappiù» di risorse che l’impresa
               di assicurazione ha in concreto introitato con i premi pregressi, per la
               parte costituita dalle quote di «risparmio». Non susciti allora sorpresa il
               constatare che l’ammontare del «vuoto» e l’ammontare del «sovrappiù»
               risultano perfettamente bilanciati, perché così esige l’equilibrato siste-
               ma di pesi e contrappesi che funge da regolatore del meccanismo assi-
               curativo.
                   Dopo esserci soffermati a lungo sulla principale componente carat-
               teristica dello stato attivo/passivo dell’impresa di assicurazione, relati-
               vamente alle «Riserve tecniche» nel passivo (e di riflesso agli «Investi-
               menti» nell’attivo), passiamo senz’altro alla stesura dello schema com-
               pleto dello stato attivo/passivo che la ritrae. Trattasi, ripetiamo, di im-
               presa-modello che, grazie alle perfette basi tecniche adottate, è in grado
               di dare sempre attuazione al principio di equità che deve sussistere tra
               impegni-prestazioni a suo carico e impegni-prestazioni degli assicurati.

                   Attività                                 Passività + Capitale Proprio
                   Disponibilità liquide                    Riserve tecniche:
                   Investimenti finanziari:                  Riserva Premi
                     Valori mobiliari                        Riserve Matematiche
                     Prestiti                               Debiti vari
                   Investimenti in Immobili                 Fondo TFR
                   Attività fisse:                          Altre Passività
                     Immateriali
                     Materiali                              Passività subordinate
                   Altre attività                           Capitale proprio netto
                         -                            =            -

                   L’esiguità dello schema dà implicita attestazione del fatto che l’im-
               presa stessa provvede idealmente in tempo reale all’incasso dei premi
               ed all’esborso degli indennizzi, senza alcuna incertezza o pendenza re-
               sidua, e che è aliena dall’effettuare operazioni di riassicurazione, sia at-
               tive sia passive. A prescindere dalle «Riserve tecniche», le altre voci
               dello schema non differiscono da quelle relative ad ogni altra specie di
               impresa, ed è superfluo parlarne. Torneremo comunque ad occuparci
               dello stato attivo/passivo dopo che avremo rivolto l’attenzione al tipico
               conto economico dell’impresa di assicurazione.

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                   4. Il conto economico dell’impresa di assicurazione
                   Il conto economico di qualunque impresa è il prospetto tecnico-conta-
                   bile di raccordo tra due stati attivi/passivi, riferiti al momento t i ed al
                   momento t i+1, mediante il quale viene rappresentata l’attività produttiva
                   svolta nell’intervallo temporale t i - t i+1, la cui durata, a meno che non
                   sia precisato diversamente, si presume essere di un anno. Nella sezione
                   di sinistra, in ordinata sequenza, figurano le «voci» che scandiscono le
                   fondamentali componenti di costo del ciclo di produzione, dalla mate-
                   ria prima al prodotto finito, mentre in quella di destra sono segnate le
                   «voci» relative ai ricavi provenienti dalla vendita dei beni e servizi pro-
                   dotti.
                       In linea generale, i costi di produzione, altrimenti detti costi «opera-
                   tivi», si possono ricondurre alle seguenti quattro grandi «voci» stilizza-
                   te: a) Materie prime; b) Prestazioni Lavoro; c) Prestazioni Macchina;
                   d) Altri Beni e Servizi. Per i ricavi può bastare, almeno in prima appros-
                   simazione, la sola «voce» Vendite, oppure Fatturato.
                       Per quanto concerne i costi operativi indicati sub b), c) e d), al di là
                   delle specificità fisico-tecniche proprie di ogni singola tipologia pro-
                   duttiva, non si rilevano differenze sostanziali da impresa ad impresa.
                   Invece, per i costi riguardanti le materie prime netta è la distinzione che
                   separa le normali imprese dalle imprese di intermediazione finanziaria.
                   Mentre per le prime trattasi di costi relativi a compravendite che danno
                   luogo al passaggio di proprietà – dal venditore al compratore – di parti-
                   colari merci, nonché al passaggio in senso inverso di date somme di de-
                   naro, per le imprese di intermediazione il bene oggetto di negoziazione,
                   ovvero il denaro, non viene né venduto né acquistato, ma soltanto cedu-
                   to in uso e ricevuto in uso a precisate condizioni e per determinati tem-
                   pi, sicché la nozione di costo d’«acquisto» va logicamente sostituita
                   dalla nozione di costo d’«uso», assimilabile alla nozione di costo per
                   locazione, affitto o noleggio, comunemente riferibile a vari beni, im-
                   mobili e mobili, come un appartamento, un automezzo, un paio di sci.
                       Per tutti gli intermediari finanziari, stante la comune funzione di
                   commercio del denaro che svolgono, la materia prima da ricevere in
                   uso per dar corso al ciclo produttivo è chiaramente il denaro, così come
                   pur sempre il denaro, con la sua cessione in uso alle unità in deficit,
                   identifica il prodotto finito. Riprendiamo qui un discorso già impostato
                   sopra.
                       Prima però di misurarci con l’impresa di assicurazione, conviene
                   nuovamente riandare alla banca di deposito e scandire il suo tipico ciclo
                   produttivo. La materia prima è data dal denaro che viene raccolto tra il
                   pubblico mediante i depositi. Verso i depositanti la banca assume l’ob-
                   bligo della conservazione in assoluta sicurezza del denaro raccolto non-
                   ché l’obbligo, su domanda, della sua pronta restituzione, parziale o to-
                   tale. Il che spiega l’attributo di «grezzo», con cui viene qualificato il

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                     A. PIN, L’IMPRESA DI ASSICURAZIONE NEGLI STUDI DI ECONOMIA AZIENDALE…

               denaro raccolto. In quanto materia prima, deve essere sottoposto a lavo-
               razione per rendersi utilizzabile, nel senso che di esso le unità in deficit
               interessate ad averne l’uso non saprebbero in realtà che farsene, se do-
               vessero pari pari sottostare agli stessi obblighi assunti dalle banche. Gli
               imprenditori richiedono denaro che non sia in alcun modo esposto ad
               incombenti richieste di restituzione mentre è ancora «incorporato» nei
               semilavorati e nei prodotti in attesa di vendita; né saprebbero dare alle
               unità in surplus, come la banca sa dare, indiscutibile garanzia di solvi-
               bilità.
                   Il costo della materia prima si quantifica in termini di tasso d’inte-
               resse passivo, un tanto all’anno per ogni 100 euro lasciati in uso alla
               banca durante un intero anno, per l’appunto. Ammettiamo, esemplifica-
               tivamente, che sul totale della massa raccolta il costo per interessi abbia
               a gravare nella misura del 2%.
                   Le operazioni di raccolta del denaro tra il pubblico e il trattamento
               cui viene sottoposto nella filiera produttiva per passare da materia pri-
               ma a prodotto finito implicano notevoli costi di «prestazioni lavoro». I
               più rilevanti riguardano la selezione delle destinazioni verso le quali ta-
               le denaro andrà «mobilizzato», per importi appropriati, ricompresi en-
               tro apposite forme contrattuali, dopo che sia stato vagliato il merito cre-
               ditizio della miriade di domande di finanziamento che incessantemente
               pervengono alla banca. Al lavoro di selezione degli affidamenti segue
               quello di accertamento della complessiva reciproca armonizzazione dei
               rischi assunti e da assumere in portafoglio, in relazione alle esigenze
               gestionali di liquidità e di sicurezza ed alla consistenza presentata dai
               mezzi propri, lavoro anch’esso di elevato contenuto professionale. Né si
               possono trascurare gli adempimenti connessi con la tenuta di un accu-
               rato sistema informativo-contabile che, se non sono più quelli ben più
               gravosi di un tempo, ciò nondimeno comportano continui aggiorna-
               menti e verifiche di affidabilità dei programmi che presiedono alle ela-
               borazioni dei computer.
                   Poniamo che per ogni 100 euro fatti oggetto di intermediazione cre-
               ditizia, il carico di costo del personale comportato dall’attività di rac-
               colta, di accompagnamento del denaro lungo la filiera produttiva e di
               collocamento del «prodotto» ammonti al 3% circa.
                   Il costo etichettato «prestazioni macchina» attiene ai beni strumen-
               tali, o attività fisse, che, a indispensabile rafforzamento delle prestazio-
               ni lavoro lungo tutta la filiera produttiva, ciclo dopo ciclo, trasferiscono
               gradualmente il loro valore alla materia prima in corso di elaborazione,
               portandola dallo stato di denaro grezzo fornito dai depositanti allo stato
               di denaro pregiato rispondente alle esigenze d’uso degli imprenditori.
               Oltre ai computer ed al necessario corredo di software, si pensi soprat-
               tutto ai numerosi immobili di proprietà nei quali hanno sede gli sportel-
               li della banca ed agli impianti ed arredi di cui devono essere dotati.
                   Per ogni 100 euro fatti oggetto di intermediazione creditizia, l’inci-
               denza del costo per prestazioni macchina, ovvero dell’ammortamento,

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