Casaleggio se la gode... l' Associazione Rousseau nel 2018 ha incassato esentasse circa 1 milione di euro "pubblici"

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Casaleggio se la gode... l' Associazione Rousseau nel 2018 ha incassato esentasse circa 1 milione di euro "pubblici"
Casaleggio se la gode... l'
Associazione Rousseau nel 2018 ha
incassato esentasse circa 1 milione
di euro "pubblici"

                                           ROMA – Un milione e 124.054
euro. Un vero e proprio “tesoretto” incassato esentasse dall’
Associazione Rousseau nell’ anno 2018 , fra i quali emergono i circa
700mila euro versati da deputati e senatori. È quanto si legge nella
relazione al rendiconto firmata da Davide Casaleggio, presidente e
tesoriere dell’ associazione che gestisce la piattaforma web del
Movimento 5 stelle. I contributi da associazioni, partiti e movimenti
politici (quindi dai gruppi parlamentari del Movimento Cinque Stelle)
ricevuti dalla no-profit guidata da Casaleggio invece ammontano a
119mila 800 euro.
Casaleggio se la gode... l' Associazione Rousseau nel 2018 ha incassato esentasse circa 1 milione di euro "pubblici"
I proventi delle “attività editoriali, manifestazioni e altre
attività” dall’ Associazione Rousseau si attestano a 2.731 euro, i
contributi da “altri soggetti esteri” cioè quelli che riguardano le
donazioni da persone fisiche di valore inferiore a 5mila euro,
toccano quota 7.446 euro: ad esempio dagli Stati Uniti, sono arrivati
a 2.870 euro, mentre proviene dal Belgio una donazione di 2.011 euro.

Nel bilancio si legge che “i contributi da persone fisiche”riguardano
principalmente “il contributo per le piattaforme tecnologiche per l’
attività dei gruppi e dei parlamentari” (quindi soldi “pubblici” che
sfuggono a qualsiasi controllo dello Stato) ed “il contributo per lo
Scudo della rete avviato nel 2018”.

Rousseau_Rendiconto_31122018

E’ soltanto grazie ai versamenti-contributi (obbligatori) effettuati
mensilmente dai parlamentari        del M5S – che, come prevede il
regolamento interno, sono tenuti a sborsare 300 euro a testa ogni mese
per sostenere la piattaforma Rousseau – l’ Associazione presieduta da
Casaleggio ha incassato 699.844 euro. Il contributo per lo Scudo della
rete – funzione che ha come obiettivo quello di fornire la difesa
legale a iscritti ed eletti M5s dalle cause intentate contro di loro –
raggiunge la cifra di 257.992 euro.

Rousseau_Relazione_31122018

L’ Associazione concluso l’esercizio con un avanzo di gestione pari a
57mila 573 euro e un “patrimonio netto positivo” per appena 2.188
euro. Infatti la creatura “no profit” ( a parole…), presieduta da
Davide Casaleggio, risulta essere molto ‘liquida’: i depositi bancari
e postali, infatti, ammontano a 404mila 558 euro, ai quali vanno
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aggiunti 86 euro in ‘denaro e valori in cassa’, per un totale
complessivo di 404mila 644 euro. Un vero e proprio “tesoretto”
esentasse , che però viene azzerato dal totale dei debiti, che ammonta
a 497mila 754 euro. Tra le passività emergono          “debiti verso
fornitori” indicati in 352mila 96 euro.

Nella relazione al rendiconto sottoscritta da Casaleggio , che il
CORRIERE DEL GIORNO pubblica “integralmente”, vengono indicati alcuni
“fatti di rilievo” verificatisi dopo la chiusura dell’esercizio. Gli
amministratori segnalano “la pubblicazione di una nuova piattaforma di
voto nel mese di marzo per aderire alle richieste privacy e alle
richieste di volumi di partecipazione degli iscritti”, un sistema che
“è stato utilizzato per il voto delle europarlamentarie”. La multa del
Garante infatti arrivò proprio nel giorno in cui si votava alle
“europarlamentarie” per scegliere i 76 candidati M5S alle elezioni
europee dello scorso 26 maggio. Un’Area voto potenziata dal punto di
vista dell’infrastruttura tecnologica, assicuravano dal Movimento,
rispetto alle rilevazioni del Garante che si riferiscono allo scorso
novembre.

Casaleggio ha sporto denuncia in Procura per conto dell’Associazione
Rousseau contro alcuni profili “clone” tra gli iscritti, creati con i
loro dati ma senza il consenso dei diretti interessati. Secondo Enrica
Sabatini, una dei quattro soci del’ associazione Rousseau, insieme a
Massimo Bugani e Pietro Dettori, entrambi (profumatamente pagati)
nello staff del vicepremier Luigi Di Maio a Palazzo Chigi, la denuncia
“dimostra che il potenziamento dei processi ha funzionato, ovvero quel
sistema di segnalazione che ha consentito e consente agli iscritti di
inviare segnalazioni documentate per strutturare il controllo“. O
forse invece altro non è che una denuncia strumentale per pararsi il
sedere da altre eventuali multe del Garante della Privacy, del quale
non a caso il M5S vuole cambiare i vertici, piazzando propri uomini ?
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In seguito alla pubblicazione del nuovo sistema “il Garante della
Privacy – si legge sempre nella relazione – ha ritenuto di inviare una
sanzione di 50mila euro per irregolarità individuate lo scorso anno“.
A marzo “è stato inoltre completato il prototipo per il voto su
blockchain messo a disposizione della comunità di sviluppatori perché
possa essere testato e valutato”. Per quanto riguarda il futuro,
“durante il 2019 si prevedono investimenti ulteriori per il
miglioramento dell’infrastruttura sul fronte della sicurezza e della
scalabilità ed il rilascio di nuove funzionalità a supporto degli
iscritti”. In realtà gli oneri diversi di gestione (103.450 euro)
appaiono i 64mila euro della prima sanzione comminata dal Garante
della Privacy.

L’Associazione spende per servizi telematici 144mila 838 euro e circa
90mila euro per attività editoriali, di informazione e comunicazione,
a cominciare dal nuovo Blog delle Stelle, stimato in 17mila euro. Per
essere precisi, per il ‘Sistema Ocr’ sono stati investiti 26mila 245
euro , mentre il ‘Sistema gestione selezione’ costa 12mila 300 euro
ed il ‘Sito Academy’ costa 976 euro . Per la ‘nuova infrastruttura
software sono stati spesi 33mila euro.
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il “garante” del M5S : Beppe Grillo. O forse è più corretto chiamarlo
“il furbetto” ?

L’ Associazione Rousseau sborsa per l’affitto dei locali in uso, in
pieno centro di Milano,     29mila 780 euro (tecnicamente vengono
indicati in bilancio come “affitti passivì”) soldi questi che in
passano gravavano sui bilanci della Casaleggio & Associati, mentre
spende quasi 5mila euro per “altri noleggì” e 230mila 676 euro per il
‘personale dipendente’. In particolare, gli stipendi rappresentano un
onere di 176mila 74 euro.

                                           Poi ci sono    272mila 972
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euro spesi per supporto legale “a tutela del garante Beppe Grillo“
(che così facendo non ha spese legali a suo carico) e dell’
Associazione Movimento 5 Stelle. Nel dettaglio, questi costi
comprendono le voci ‘spese legali’ (176mila 651 euro), “accantonamenti
per rischi” (70mla euro), “contributi per Associazione Movimento 5
Stelle e Comitati” (26mila 321 euro). Consultando approfonditamente il
loro rendiconto, si apprende che le spese “per infrastruttura“’
toccano quota 220mila 318 euro, mentre quelle per “comunicazione e
organizzazione eventi” si attestano a 87mila 858 euro.

L’incapacità gestionale economia degli “adepti” del Movimento 5
Stelle emerge dai debiti in aumento, che superano la liquidità.
Infatti i debiti correnti sono in aumento a quota 497.754 euro contro
i 165.074 euro del 2017: quelli verso fornitori sono stimati in
352.096 euro, quelli tributari in 129.406 euro, quelli verso le banche
in 2.333 euro. Il totale dei debiti supera la “liquidità”, che pure è
alta: 404.558 euro tra depositi bancari e postali, a cui vanno sommati
86 euro in “denaro e valori in cassa“.

Tutti soldi pubblici. Con cui il Movimento Cinque Stelle si paga una
bella fetta di spese della sua attività politica, mentre si era sempre
dichiarato contrario al finanziamento pubblico dei partiti !

Occorre ricordare anche anche chi, come Marco Canestrari (un ex
dipendente della Casaleggio Associati e autore con Nicola Biondo del
libro-inchiesta sul M5S “Supernova”) chiedeva proprio al Movimento uno
sforzo in più: quello di rendere trasparenti anche la lista dei soci e
la rete di relazioni dell’Associazione Gianroberto Casaleggio,
presieduta sempre da Davide Casaleggio il quale finta di dimenticare
che ad una cena di raccolta fondi per questa associazione per la quale
a cui    aveva partecipato la sera prima del suo arresto il
“superconsulente” grillino Luca Lanzalone, che era stato indicato da
Virginia Raggi, quale Sindaco di Roma, al vertice dell’ ACEA la
società energetica del Comune di Roma, successivamente finito agli
arresti domiciliari      per l’inchiesta sulle tangenti per la
realizzazione del nuovo stadio della Roma, .
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Molti hanno dimenticato
l’ispezione del Garante della Privacy fatta negli uffici dell’azienda,
in via Morone 6 a Milano, considerata “parte” in causa, tanto più che
ad assistere la società in quell’occasione è l’avvocato Montefusco,
“storico” collaboratore dei Casaleggio. La nota di uno dei dirigenti
che accompagna il rapporto sulla sicurezza parla di “siti gestiti da
Casaleggio & Associati per conto del Movimento 5 Stelle e
dell’Associazione Rousseau”. Alcuni documenti, peraltro, sono inviati
all’ufficio del Garante dalla PEC (Posta Elettronica Certificata) di
Casaleggio Associati. Ma c’è dell’altro: infatti non risulta chiaro
chi sia il titolare del contratto di fornitura dei servizi erogati da
IT.Net — i server, per semplificare: la Casaleggio o la Rousseau? Un
dettaglio importante per stabilire a chi debbano essere comminate le
eventuali multe

I contratti, come giustamente ricorda Marco Canestrari, non sono
presenti nel dossier, quindi non è ancora possibile chiarire questa
ambiguità che si può sintetizzare in qualche semplice domanda: c’è
stato un passaggio di denaro in qualche momento tra l’Associazione
Rousseau, il Movimento 5 Stelle e Casaleggio Associati? La “gestione”
di cui si parla nel Rapporto Rousseau del Garante per la tutela dei
dati personali è stato a titolo oneroso? Chi paga per i server su cui
“gira” la piattaforma Rousseau, che un bug recentemente scoperto ha
dimostrato essere legato a “Casaleggio”?

Ma il Movimento 5 Stelle pensa solo a far chiudere i giornali
eliminando i contributi ai piccoli quotidiani e periodici di
provincia in maniera tale attraverso il web diffondere una sola unica
voce: quella della Casaleggio. Altro che uno vale uno….quelle sono
cazzate che solo un comico come Beppe Grillo poteva sparare !
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Niente giornali ai diciottenni,
cronaca di un agguato
di Andrea Cangini*

                                         Sconfitto e amareggiato,
martedì sera ho lasciato l’aula del Senato con la sola consolazione di
aver trovato definitiva conferma a tre impressioni ormai largamente
diffuse: che la parola di grillini e leghisti ha valore relativo, che
gli impegni assunti dai capigruppo dei due partiti di maggioranza
contano nulla rispetto ai volubili umori del governo, che sia il
Movimento 5Stelle sia la Lega sono pronti a tutto pur di ridurre ai
minimi termini l’editoria cartacea e i media non allineati.

Facciamo un passo indietro. Due settimane fa, durante un’audizione in
commissione Istruzione, mi sono reso conto del fatto che con i 500
euro del bonus Cultura i neodiciottenni possono fare tutto tranne
abbonarsi a un quotidiano o a una rivista. Una svista, una
disattenzione evidentemente diseducativa. Come dire ai giovani che per
la loro formazione “culturale” leggere, e in particolare leggere
giornali, non serve. Ho sollevato la questione in commissione, tutti,
grillini e leghisti compresi, si sono detti d’accordo sull’opportunità
di sanare al più presto questa evidente stortura. Ho perciò presentato
un emendamento al Decretone e in aula ne ho parlato con i capigruppo.
Casaleggio se la gode... l' Associazione Rousseau nel 2018 ha incassato esentasse circa 1 milione di euro "pubblici"
la guerra del sottosegretario M5S Crimi all’informazione. E Casaleggio
si arrichisce a spese dello Stato. Esentasse….

Tutti d’accordo. Anche quello grillino (Patuanelli), anche quello
leghista (Romeo). Arrivati al momento del voto, la relatrice si
rimette al governo e il governo esprime parere contrario. Trasecolo.
Prendo la parola, sostengo che se la scelta del governo ha una logica,
l’unica logica possibile è quella di mortificare giornali e
giornalisti. In aula scoppia l’inferno. Marcucci, Casini, la
Santanché, Gasparri e Martelli si schierano con forza a favore
dell’emendamento. Interviene la grillina Montevecchi, che con tono
piccato ricorda che “tutti i membri della commissione Cultura sono
d’accordo sull’opportunità di estendere il bonus ai giornali”. Sono
d’accordo, ma votano contro.

Paragone ex-leghista

Interviene il grillino Paragone che la butta in vacca accusando il Pd
di aver distrutto l’Unità e scaricato sul direttore (Concita De
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Gregorio) l’onere delle querele ricevute. Vero, ma che c’entra?
Interviene il sottosegretario Crimi, che anziché stare al merito della
questione si mette a parlare di un futuribile riassetto del comparto
editoria. Interviene il leghista Bagnai, che, non pago di avere tutti
i tg a favore, lamenta che la maggior parte dei giornali osino
criticare il governo. E allora capisco. Capisco che è questo il punto.

Faccio mente locale. Ricordo che populismo e pluralismo sono
naturalmente in antitesi, rammento gli interessi della Casaleggio
associati per l’informazione e il commercio on-line, apprendo che il
vicepremier Di Maio si è scelto come consigliere per l’innovazione
digitale un avvocato di Facebook (Marco Bellezza), ricostruisco le
polemiche di Salvini contro “i giornaloni”, soppeso il taglio dei
contributi a giornali “utili” come il Foglio e a monumenti alla
trasparenza come Radio Radicale e mi dò di cretino. Peggio, di
ingenuo. Ero sinceramente convinto che il mio emendamento sarebbe
passato. Non prevedeva costi per lo Stato, dava una chance in più ai
diciottenni: perché mai avrebbero dovuto respingerlo? Ora, col senno
del poi, lo so.

*senatore di Forza Italia, ex direttore di QN, il Resto del Carlino,
La Nazione, Il Giorno

Manovra finanziaria del Governo al
voto. Il M5S accusa di terrorismo
chi critica la legge. Poi però
l’attacco sparisce dal sito...
ROMA – Questa volta persino il presidente “grillino” della Camera dei
Deputati,   Roberto Fico è stato costretto a dissociarsi dal post
apparso sul Blog delle stelle, il portale web del M5s, che volgarmente
e anti-democraticamente accusava di “terrorismo mediatico e
psicologico” chi contesta la manovra e le opposizioni insorgono. Nel
post definiscono un “attacco alla democrazia” il legittimo diritto a
dissentire delle forze politiche dell’opposizione, ma sotto accusa
dei comunicatori grillini finiscono anche “i vertici delle banche,
assicurazioni, i grandi gruppi editoriali in perenne conflitto di
interessi“, che chiaramente vengono associati         “con l’indegna
complicità del Pd e di Fi, eterni zerbini dei potenti“. Affermazioni
gravissime    che hanno fatto scatenare le reazioni di tutte le
opposizioni: da Fratelli d’ Italia al Partito Democratico, da Liberi e
Uguali a Forza Italia .

Un “caso” anche sul ripristino dei fondi all’editoria. L’ordine del
giorno è stato prima accolto come “raccomandazione” dal viceministro
Garavaglia. Poi, al momento del voto, dopo l’arrivo in aula del
vicepremier Luigi Di Maio, Garavaglia ha detto di essersi sbagliato e
il governo ha espresso parere negativo. La vendetta grillina alle
inchieste giornalistiche sulle vicende giudiziarie della famiglia Di
Maio.

Il Partito Democratico ha preso la parola in aula ed ha chiesto al M5s
e al ministro Fraccaro “di dissociarsi dal post pubblicato sul Blog
delle stelle“. “Il M5S ha perso definitivamente la testa. Alle prese
con la prima legge di bilancio, hanno combinato un vero disastro,
aumentando le tasse, diminuendo le pensioni, negando la democrazia.
Ora non gli resta che definire terrorista l’attività delle
opposizioni: è lo stato conclamato del loro disagio” ha affermato il
capogruppo del Pd a Palazzo Madama Andrea Marcucci commentando il
post.
La protesta del Partito Democratico sul voto del Parlamento

Analoga richiesta è arrivata da Fratelli d’Italia. La risposta è
arrivata per voce di Emilio Carelli – ex TG5, ex SkyTg24, ora deputato
5 stelle – che con un imbarazzante equilibrismo ha cercato di dare la
colpa alle agenzie di stampa che a suo dire avevano riportato “in modo
non chiaro” la notizia . Secondo Carelli “nel Blog delle stelle non si
parla di terrorismo, ma di inquinare il dibattito democratico con un
vero e proprio terrorismo mediatico e psicologico. Non stiamo parlando
del terrorismo come fenomeno che ha turbato la vita del nostro paese
negli anni ’80 e ’90. Mi sembra del tutto inappropriato e fuori luogo
il dibattito che si è aperto”.

Una replica onestamente ridicola che, ovviamente, ha acceso ancora di
più le opposizioni. L’ ex-direttore del settimanale Panorama, ora
deputato di Forza Italia, Giorgio Mulè, gli ha così risposto:
“Vergognatevi. Non sapete neanche quello che scrivete. E nel post si
parla di pizzini. I pizzini sono quelli che mandano i mafiosi, è
offensivo. Vi dovete rimangiare, vi dovete vergognare e chiedere
scusa. Invece vi mettete a fare l’analisi grammaticale… Non è
tollerabile. Lei presidente   Fico non può consentirlo“.
i deputati di Forza Italia hanno indossato delle pettorine azzurre con
scritte come ‘Giù le mani dal no profit’ e ‘Basta tasse’

Persino Liberi e Uguali è andata su tutte le furie, con Federico
Fornaro e Stefano Fassina: “È inaccettabile – ha detto Fassina – dire
che la democrazia è sotto attacco da parte del partito più importante
della maggioranza che sta negando al parlamento per la prima volta
nella storia la possibilità di discutere la legge più importante.
L’attacco alla democrazia lo state facendo voi“

Giorgia Meloni leader di Fratelli d’ Italia ha preferito usare il
sarcasmo: “Probabilmente la dichiarazione sul Blog delle stelle può
essere interpretata in maniera diversa. Non dimentico la dichiarazione
della collega Corda del M5s,       che all’indomani della strage di
Nassiriya disse che anche i terroristi erano vittime. Probabilmente
quello che vogliono dire è che ci considerano delle loro vittime“.
il Presidente della Camera Roberto Fico

Alla fine degli interventi in aula, il presidente Fico ha dovuto
cedere: “Al di là delle opinioni che si hanno su questo post – esterno
comunque alla Camera – da presidente della Camera senza dubbio vi dico
che la democrazia non è sotto attacco, che tutti i parlamentari qui
dentro si stanno esprimendo in modo libero e che le opposizioni stanno
facendo il loro lavoro, è loro diritto opporsi alla legge di bilancio.
Questo lo difenderò sempre, qui dentro e fuori da qui“. Affermazioni
queste apprezzate ed applaudite anche dall’opposizione. Subito dopo
come per incanto… il commento offensivo è stato rimosso dal Blog
grillino, gestito (a pagamento) dalla Casaleggio & Associati.

I costi dello staff di Palazzo
Chigi: il super stipendio di Rocco
Casalino che guadagna più del
premier Conte.
ROMA – Da un punto di vista economico e non solo, è molto meglio fare
il portavoce a Palazzo Chigi che il Presidente del Consiglio. Con
questa sintesi il settimanale L’ ESPRESSO riassume così i dati sugli
stipendi dello staff della Presidenza del Consiglio del Governo
Conte,   che ora siamo in grado di rendere pubblici.

Rocco Casalino ex partecipante alla prima edizione del reality show
“Grande Fratello” già numero uno della comunicazione del Movimento 5
Stelle, ed ora portavoce e capo ufficio stampa del presidente del
Consiglio   , con i suoi 169mila euro lordi annui è il dipendente più
pagato    tra quelli che lavorano negli “uffici di diretta
collaborazione” di Palazzo Chigi.
il passato televisivo di Rocco Casalino al Grande Fratello ed
intervistato dalle IENE

Lo stipendio di Rocco Casalino si compone di tre voci: 91mila euro di
trattamento economico fondamentale a cui si aggiungono 59mila euro di
emolumenti accessori e 18mila di indennità. Per un totale che sfiora i
170mila euro annui.

                                Un compenso assai più alto persino
di quello che spetta allo stesso Presidente del Consiglio Giuseppe
Conte il quale, non essendo deputato, deve accontentarsi di soli
114mila euro lordi all’anno. Questa imbarazzante disparità di
trattamento non è però del tutto una novità. Anche nel caso del
governo Renzi infatti l’allora presidente del Consiglio, non ancora
parlamentare, si ritrovò a guadagnare meno del suo portavoce, e oggi
deputato del Pd, Filippo Sensi. Anche in quella circostanza le cifre
erano le stesse previste dal governo Conte: 114mila euro per Renzi e
169mila per Sensi.

Il “governo del Cambiamento” spende di più

per il totale degli addetti alla comunicazione

I Casaleggio boys all’incasso. Secondo solo a Casalino, ma comunque
sempre meglio remunerato del premier Conte, è Pietro Dettori, altro
big della comunicazione 5 Stelle e “fedelissimo” di Davide Casaleggio.
Dettori è stato assunto nella segreteria del vicepremier Luigi Di
Maio percependo     130 mila euro annui come “responsabile della
comunicazione social ed eventi” . Vicecapo di quella stessa segreteria
è Massimo Bugani, altro nome di rilievo della “galassia grillina” che
porta a casa 80 mila euro all’anno . Non mancano nell’elenco altri
nomi di ex dipendenti della Casaleggio che da anni compongono gli
staff dei deputati e senatori 5 stelle: uno tra tutti Dario Adamo,
responsabile editoriale del sito e dei social di Conte, retribuito con
la bellezza di 115mila euro l’anno.
I due non a caso sono tra i quattro soci dell‘Associazione Rousseau
che gestisce le piattaforme del Movimento 5 Stelle ed è di fatto
diretta emanazione della Casaleggio associati (il fondatore è
Gianroberto Casaleggio e l’attuale presidente è suo figlio Davide),
Associazione che reperisce il finanziamento grazie un contributo
mensile di 300 euro devoluto dalle retribuzioni (soldi pubblici) ogni
parlamentare e senatore, dietro “ferrea” indicazione contrattuale
scritta. In pratica a fronte di 221 deputati e 112 senatori, per un
totale di 333 parlamentari, l’ Associazione Rousseau incassa 99.900
euro al mese provenienti dagli stipendi “pubblici” dei grillini
eletti, incassando quindi un totale di circa 1milione e 200mila euro
l’ anno di denaro pubblico , che per un’intera legislatura fanno la
bellezza di 6 milioni di euro. Tutti soldi incassati di fatto dalle
casse dello Stato senza pagare alcunchè di tasse.
Quanto conta la comunicazione. La pubblicazione degli stipendi ha
permesso al settimanale L’ ESPRESSO di poter fare anche un primo
confronto quando si parla di staff tra le spese di questo Governo
(del cambiamento…) e      di quelli precedenti . Un confronto che
chiaramente, può essere solo parziale ed è importate specificarlo, per
due ragioni: non sono ancora noti tutti gli stipendi dei collaboratori
(alcuni sono ancora in fase di definizione, come quelli della
segreteria di Salvini) e va inoltre precisato che ogni Governo tende
sempre con il passare dei mesi e degli anni ad aggiungere ulteriore
personale e relativi costi.

Tutto ciò premesso e considerato le cifre più interessanti e
significative sono quelle alla voce “comunicazione“, su cui il
“Governo del cambiamento” gialloverde sta spendendo più di tutti gli
altri esecutivi di cui sono reperibili i dati. L’ufficio stampa e del
portavoce di Giuseppe Conte ha in organico 7 persone per un costo
complessivo alle casse della Presidenza del Consiglio di 662 mila
annui, di cui 169mila euro vanno come già detto al portavoce Rocco
Casalino.

Rocco Casalino portavoce del premier Giuseppe Conte a Palazzo Chigi

Secondo in classifica il governo Letta, che contava 7 persone nello
staff comunicazione per un costo totale di 629mila euro annui e con il
portavoce che aveva 140mila euro di retribuzione . L’esecutivo di
Paolo Gentiloni poteva invece contare su una struttura di sette
persone per un costo di 525 mila euro. Più complesso il calcolo per il
Governo di Matteo Renzi: classificatosi al terzo posto di questa
classifica appena insidiato il team dell’ufficio stampa si basava su 4
persone tra cui il già citato Filippo Sensi come portavoce e un costo
complessivo di 335mila euro. Ma alla fine del mandato i costi erano
saliti fino ai 605mila euro per un organico di 7 persone.

Dove è finita la voglia di trasparenza “grillina” ? La pubblicazione
dei dati sui collaboratori della presidenza del Consiglio si è fatta
attendere ben oltre i limiti previsti dalla normativa. Infatti, legge
sulla trasparenza 33/2013 prevede che le pubbliche amministrazioni
aggiornino le informazioni sui titolari di incarichi dirigenziali o di
collaborazione entro 3 mesi dal loro insediamento, termine rispettato
da quasi tutti i ministeri dell’attuale esecutivo. Ad eccezione
proprio dalla Presidenza del Consiglio, che ha invece impiegato 110
giorni e nell’ultima settimane è stata “pungolata” da ben due
richieste di accesso civico avanzate dai colleghi del settimanale L’
Espresso affinché venissero pubblicati i dati in questione.

Il figlio di Marcello Foa è stato
assunto nello staff di Salvini. E
si occupa della sua propaganda
di Vittorio Malagutti e Mauro Munafò
Nelle sue prime dichiarazioni da presidente (mancato) della
Rai Marcello Foa ha rivendicato la sua estraneità ai partiti e alla
partitocrazia. Tra i suoi numerosi sostenitori c’è chi lo difende
parlandone (e scrivendone) come un intellettuale d’area. Anche Foa,
però, tiene famiglia e avere un amico in un partito può far comodo,
all’occorrenza.    Meglio ancora se l’amico è il capo di un grande
partito, nonché ministro dell’Interno e vice Primo ministro.

                                            Si scopre così che Leonardo
Foa, 24 anni, figlio del presidente designato della Rai dal governo
gialloverde, lavora nello staff di comunicazione di Matteo Salvini,
alla gestione dei social network per la precisione. Questo è quanto
risulta dal profilo Linkedin del giovane Foa, un ragazzo dal
curriculum di studi brillante: laurea in Bocconi e master all’Ecole de
Management di Grenoble. Un paio di stage. E nel settembre del 2017 il
primo impiego, come social media analyst alla “SistemaIntranet.com”,
la società di Luca Morisi e Andrea Paganella, che gestisce la
comunicazione e l’immagine social di Matteo Salvini.
Infine, come lui stesso scrive su Internet, per Leonardo Foa è
arrivata la chiamata nello staff del vicepremier. Che incidentalmente
è anche il grande sponsor di suo padre. Quello “estraneo” ai partiti.

Il lavoro di Leonardo Foa. L’Espresso è anche in grado di raccontare
esattamente il lavoro svolto dal giovane Leonardo. Sotto la
supervisione di Morisi, Foa si occupa della produzione e della
condivisione dei contenuti salviniani su Facebook, preoccupandosi di
“renderli virali“.

Un lavoro che, dalle verifiche dell’Espresso, inizia da prima della
formazione del governo e si sviluppa anche attraverso tutta una serie
di gruppi, ufficiali e non, della galassia salviniana. Nel gruppo
Facebook “Matteo Salvini leader“, hub ufficiale della comunicazione
del leghista da cui poi “partono” tutti i messaggi che diventano
virali, Leonardo Foa è uno dei più assidui produttori di contenuti,
quasi sempre “benedetti” dal like di Morisi. “Il capitano è pronto. E
tu?“, “Il capitano è arrabbiato“, “Il capitano ce l’abbiamo solo noi”,
con tanto di Salvini arrabbiato da condividere su Facebook.

                                            Il tentativo di nascondersi
sui social. Una passione che per Leonardo Foa va oltre il lavoro. Sul
suo profilo twitter infatti era possibile leggere fino a qualche
giorno fa diversi messaggi di sostegno a Salvini. Messaggi che oggi
diventano difficili da reperire, perché su Twitter il profilo risulta
da alcuni giorni “riservato” e illegibile a chi non sia già suo amico.

Probabilmente un tentativo di non farsi notare e non creare imbarazzo
al padre candidato alla presidenza Rai. Tentativo che si infrange con
la possibilità di recuperare i suoi tweet salviniani accedendo alla
cache di Google e con la poca lungimiranza del suo capo Luca Morisi
che, qualche giorno fa, ha twittato una foto dell’intero staff di
Salvini, in cui compare lo stesso Leonardo Foa.

*inchiesta del settimanale L’ESPRESSO
Chi è Marcello Foa, tra Salvini,
Bannon e Putin
Era all’incirca la metà dello scorso luglio quando il
giornalista Marcello Foa annunciava una querela contro il settimanale
L’Espresso, ed il 27 luglio veniva indicato dal governo gialloverde
come nuovo presidente della Rai, venendo clamorosamente “bocciato”
dalla    Commissione      di    Vigilanza    Parlamentare      della
RAI. Nell’ inchiesta    realizzata dall’ottimo    Vittorio Malagutti
sullarete dei sovranisti europei, L’Espresso aveva infatti raccontato
i rapporti tra Foa, il mondo leghista, quello pentastellato e le voci
ed occhi del presidente russo Putin in Italia.

L’inchiesta di Malagutti partiva da Sestu, un paesino vicino Cagliari
in Sardegna, dove hanno sede sono gli uffici della Moving Fast Media,
società da cui dipende la gestione del sito di news “Silenzi e
Falsità” che strombazza l’ambizioso obiettivo di raccontare “quello
che i media non dicono”. La linea editoriale ma sopratutto politica
del sito è molto chiara ed evidente. Totale appoggio e sostengo al
governo Conte con titoli enfatici per attaccare quelli che vengono
descritti come i nemici dell’esecutivo, partiti o giornali che siano !

La gestione dell’iniziativa è affidata a Marcello Dettori, 28 anni,
fratello di quel Pietro Dettori, classe 1986, a lungo collaboratore di
Gianroberto Casaleggio e successivamente di suo figlio Davide, ed oggi
anche uno dei quattro “soci” della piattaforma Rousseau che incassa
300 euro sotto forma di contributo mensile da ogni deputato e senato
del M5S . Marcello Dettori, il gestore di Silenzi e Falsità, ha
lavorato due anni (da ottobre 2013 a dicembre 2015) alla Casaleggio
associati di Milano.

La Moving Fast Media è stata costituita dal notaio, appena 8 mesi fa,
nel dicembre del 2017, ma nel frattempo il più giovane dei Dettori si
era già messo in proprio come consulente. Tra i suoi clienti, al
momento soltanto tre , compare una società di Lugano: la MediaTi
holding. a cui fa capo il più importante gruppo editoriale della
Svizzera italiana, proprietario del Corriere del Ticino, un
quotidiano, a cui si aggiungono televisione, radio e un sito di news.

Marcello Foa

Ma cosa c’entra il consulente a Cinque Stelle con questi media che
operano dalla Svizzera? Marcello Foa, è amministratore delegato della
Società editrice del Corriere del Ticino, che l’anno scorso ha
assorbito MediaTi holding. Foa doppia cittadinanza, italiana e
svizzera, giornalista, blogger e saggista, impegnato in prima linea
nella battaglia sovranista, è diventato l’ anello di congiunzione tra
due mondi che ideologicamente sembrerebbero essere molto distanti.

Ha lavorato a lungo alla redazione esteri del quotidiano il Giornale
di proprietà della famiglia Belusconi, diventando in seguito
responsabile del sito online. Nel 2011, il distacco alla galassia
berlusconiano diventando manager di punta del gruppo Corriere del
Ticino a Lugano. Foa ad onor del vero, non ha mai nascosto il suo
appoggio a Salvini, che conosce molto bene.Lo scorso 14 giugno, stato
presentato a Milano l’ultimo libro del giornalista dal titolo “Gli
stregoni della notizia, atto secondo”, presentazione che annunciava
come “special guest” proprio il ministro dell’Interno, che è apparso
con un videointervento.

L’incontro pubblico è stato organizzato, secondo quanto recita la
locandina, dall’Associazione Più Voci, quella stessa associazione
balzata agli onori della cronaca , per aver ricevuto un contributo (
non dichiarato ) di 250 mila euro dal costruttore Luca Parnasi,
arrestato lo scorso mese per lo scandalo sulla costruzione del nuovo
stadio della Roma Calcio. Meno pubblicizzata è stata la presenza di
Foa a un altro evento dal significato politico leggermente più
interessante. Infatti lo scorso 8 marzo scorso, pochi giorni dopo le
elezioni, è arrivato a Milano Steve Bannon, il guru “sovranista” già
vicino a Donald Trump, il quale ha fatto visita a Salvini. E guarda
caso….tra i pochi ammessi all’incontro c’era proprio Marcello Foa.

Sul versante con il Movimento Cinque Stelle Foa ha consolidato nel
tempo i legami con Marcello Dettori , e non a caso il sito Silenzi e
Falsità ospita spesso interventi del giornalista italo-svizzero. Sulla
propria pagina Facebook, Foa non manca mai di segnalare e pubblicare
anche i suoi interventi da opinionista per Russia Today, la tv via
satellite in lingua inglese controllata dal governo di Mosca.

Con l’operazione Rete Magica la
Casaleggio entra a Palazzo Chigi
di Giovanna Vitale*
Il prestanome. Non è
esattamente lusinghiero l’ultimo appellativo affibbiato al premier
incaricato Giuseppe Conte. È quello che però rende meglio l’idea
coltivata con tenacia alla Casaleggio Associati. Dove – dopo aver
concepito in laboratorio il capo politico dei 5S – si avviano a
realizzare un progetto ancor più ambizioso: trasformare un anonimo
professore di diritto nel perfetto esecutore del contratto
pentaleghista, volto del Movimento ma senza voce propria, interprete
di una linea dettata per interposto staff e decisa altrove. A Milano.
Nel quartier generale della Srl dove si è già insediata la cabina di
regia del nuovo primo ministro.

È solo una questione di tempo. Poi, appena il governo nascerà, il
Giglio ormai appassito che per quattro anni ha dettato legge a Palazzo
Chigi verrà sostituito dalla “Rete Magica”, in omaggio al totem
dell’azienda informatica da cui tutto discende e al tramaglio
congegnato per imbrigliare “l’avvocato del popolo“. Un poker di
pretoriani che dovrà misurarne i passi e le parole, curarne l’immagine
pubblica e i profili social, scriverne i discorsi e smistarne le
telefonate. Hai visto mai che anziché Macron chiami l’ex amica Maria
Elena Boschi.
Capo indiscusso della Rete
e finora al servizio di Luigi Di Maio sarà Rocco Casalino, già al
vertice della Comunicazione 5S, scalata in cinque anni partendo dal
basso, come vice al Senato di Claudio Messora: per meriti acquisiti
sul campo sarà lui il portavoce di Conte, più voce che porta, in
realtà. Di lui si sa pressoché tutto. Classe ’72, una laurea in
ingegneria, comincia la sua “carriera” come concorrente del Grande
Fratello, che tuttavia non riesce a garantirgli la ribalta sperata:
uscito dalla Casa, Rocco entra nella controversa cerchia di Lele Mora,
fa l’opinionista in trasmissioni di intrattenimento, facendosi notare
per le litigate spesso furiose e alcune esternazioni razziste (“I
poveri hanno un diverso odore della pelle”, disse alle Iene).

                                           La classica storia di
meteora tv. A cui lui tuttavia non si arrende: per quattro anni
conduce un programma mattutino su TeleLombardia finché, nel 2011,
spedisce un video-messaggio caricato su Youtube a Grillo e Casaleggio
padre che lo accolgono a braccia aperte, anche se nel 2013 la sua
candidatura alle regionali viene bocciata dai militanti storici che
non lo accettano. Nel frattempo, però, il M5S vince il Parlamento e
per Casalino inizia l’ascesa alla vetta del potere. Esercitato in modo
inflessibile: è lui a decidere chi deve andare in tv, apparire e
dunque esistere. Imponendo a tutti i talk il “codice Rocco“: gli
ospiti grillini non devono mischiarsi, interloquire con altri
politici, l’unico contraddittorio ammesso è coi giornalisti, meglio se
clementi, sennò addio per sempre.

Quando Di Maio scala il Movimento, lui diventa la sua ombra.
Scivolando alle spalle di Conte – con cui condivide un incidente di
curriculum: il vantato master americano in Economia è stato smentito
dall’università di Winchester – appena l’asse pentaleghista si salda
sul nome del professore. A cui Casalino scrive il suo primo discorso
da capo del governo incaricato. Vergato poco prima di salire al
Quirinale nella sede romana della Casaleggio, dove ha il domicilio
l’altro dioscuro del futuro premier: Pietro Dettori (sopra nella foto
con Luigi Di Maio) . Destinato, lui, alla guida dell’Ufficio di
Presidenza: nessun atto, decreto, mail o missiva potrà entrare o
uscire senza che l’ex dipendente della srl meneghina lo veda.
Figlio di un imprenditore sardo amico di Casaleggio senior, entra in
azienda grazie alla sua abilità coi social. Il passaggio al blog di
Grillo viene naturale: è Dettori a scrivere i post più virulenti. Alla
morte di Gianroberto, il figlio Davide lo vuole con sé
nell’Associazione Rousseau, ma sarà l’uscita dell’eurodeputato David
Borrelli a consentirgli la promozione a socio della piattaforma che
gestisce le votazioni più importanti (da ultimo, l’accordo Lega-5S), i
dati degli iscritti, le leggi condivise con i cittadini. Un fortino di
dati e informazioni che dà un grande potere a chi lo controlla. E che
ora si trasferisce armi e bagagli nel cuore dello Stato. Dove
approderà anche Maria Chiara Ricciuti, altra pedina fondamentale dello
staff di Di Maio, che di Conte sarà il capo dell’ufficio stampa.

Maria Chiara Ricciuti

Trentenne romana ma di origini abruzzesi, “giornalista fuori tempo e
fuori epoca” si definisce lei, ha lavorato per anni per l’Italia dei
Valori, la prima forza politica ad avvalersi dei servigi della
Casaleggio Associati. Con lei, vestale dell’agenda di Conte, sbarcherà
a Palazzo Chigi pure un’altra fedelissima del capo politico: Cristina
Belotti, 29 anni, già responsabile Comunicazione del M5S in Europa
(abbandonata dopo lo scandalo sui rimborsi truccati) e già in prima
linea nel tour per le Regionali siciliane. La Rete del premier è
pronta. Dalla regia di Milano è tutto, a voi la linea.
*opinione tratta da Rep:

Fake news ? No “fake programma” del
M5s ! Ecco i documenti che provano
come il programma del M5s è stato
cambiato

                                            ROMA – “La versione del
programma elettorale attualmente disponibile sul sito del movimento è
completamente diversa da quella che c’era a febbraio”. La scoperta è
di Luciano Capone, che in un’inchiesta pubblicata oggi
sul Foglio spiega: “Qualcuno al vertice del partito, probabilmente Di
Maio che ne è il capo politico, con il placet di Davide Casaleggio che
attraverso l’ Associazione Rousseau gestisce il sito, ha sostituito il
programma votato dagli iscritti con un altro completamente differente.
‘In Italia è nato il primo e unico programma politico basato sulla
partecipazione e sulla democrazia diretta online grazie al Sistema
Operativo Rousseau‘ , si legge sul sito del M5s. Ma non è così“.

Ecco il confronto tra i 24 capitoli del “nuovo” programma
pentastellato e i 20 “vecchi” capitoli. Non solo molti punti sono
stati modificati e sostanzialmente stravolti, ma quattro dei nuovi
documenti sono file completamente inediti e dunque non votati dalla
base grillina: si tratta di quattro capitoli del programma aggiunti
dopo le elezioni e mai votati dagli iscritti sulla piattaforma
Rousseau.
Quasi tutti i capitoli sono stati scaricati da una versione del sito
del 7-12 marzo. Ciò vuol dire che tra la “foto istantanea” dell’1-2
febbraio e quella del 7-12 marzo i programmi sono stati sostituiti.
Non siamo in grado di sapere esattamente quando, se poco prima o poco
dopo le elezioni. Ma la sostanza non cambia di tanto: è stato fatto di
nascosto, in tanti casi con modifiche sostanziali e senza avvisare
militanti ed elettori.

                                        Questo è il link dove si può
vedere il calendario del sito, ogni data segnalata con un cerchio
colorato corrisponde a una “fotografia” diversa del sito. In questo
modo vengono registrate tutte le modifiche (è un po’, come dice il
nome “wayback machine“, una specie di macchina del tempo). Di tutti
questi documenti ce n’è solo uno, il “programma Affari
Costituzionali”, che non siamo riusciti a trovare dal link originale
dal sito del M5s, ma da un altro sito di attivisti. La data riportata
nel nome di ogni file corrisponde alla data in cui – secondo la
“fotografia” dell’Internet Archive – era presente sul sito.

AFFARI COSTITUZIONALI La prima versione e la versione modificata

AGRICOLTURA La prima versione e la versione modificata

AMBIENTE La prima versione e la versione modificata

BANCHE La prima versione e la versione modificata

BENI CULTURALI La prima versione e la versione modificata

DIFESA La prima versione e la versione modificata

DIGITAL PA (NON ERA PRESENTE NELLA PRIMA VERSIONE E NON È STATO VOTATO
DAI MILITANTI)

ENERGIA La prima versione e la versione modificata

ESTERI Qui i dettagli

FISCO La prima versione e la versione modificata

GIUSTIZIA La prima versione e la versione modificata

IMMIGRAZIONE La prima versione e la versione modificata

LAVORO Qui i dettagli

SALUTE La prima versione e la versione modificata

SCUOLA La prima versione e la versione modificata

SICUREZZA La prima versione e la versione modificata

SPORT (NON ERA PRESENTE NELLA PRIMA VERSIONE E NON È STATO VOTATO DAI
MILITANTI)

SVILUPPO ECONOMICO La prima versione e la versione modificata

TELECOMUNICAZIONI La prima versione e la versione modificata

TRASPORTI La prima versione e la versione modificata

TURISMO La prima versione e la versione modificata
UNIONE EUROPEA (NON ERA PRESENTE NELLA PRIMA VERSIONE E NON È STATO
VOTATO DAI MILITANTI)

UNIVERSITÀ E RICERCA La prima versione e la versione modificata

*inchiesta del quotidiano IL FOGLIO

Casaleggio Leaks. I documenti
segreti sulla truffa della
democrazia grillina
di Claudio Cerasa*

Lo ripetiamo perché forse qualcuno ancora non se ne è reso conto.
Dunque. In Italia esiste un partito guidato da un comico di nome Beppe
Grillo, diretto da un ologramma di nome Luigi Di Maio, eterodiretto
dal capo di una srl privata di nome Davide Casaleggio che si candida
ad applicare in tutta Italia il modello Raggi facendo leva su tre
messaggi chiari e definiti: noi siamo il partito della trasparenza,
noi siamo il partito della legalità, noi siamo il partito della
democrazia diretta.

                                            Su questo partito, la
classe dirigente italiana ha scelto da tempo di non farsi troppe
domande, ha scelto di coprirsi gli occhi di fronte ai profili di
incostituzionalità e ha scelto di voler considerare solo un puro
fenomeno di folclore la presenza, in questo movimento, di un soggetto
non eletto da nessuno che attraverso un’associazione privata di nome
Rousseau controlla la vita democratica e le attività di un movimento
senza che questo movimento possa avere alcun tipo di controllo sulle
attività del suo controllore: il signor Davide Casaleggio.

 La democrazia del Movimento 5 stelle, come è noto, è governata
dall’Associazione Rousseau, di cui Davide Casaleggio è presidente,
tesoriere e amministratore unico. Ma mentre Casaleggio ha il potere di
governare i dati degli iscritti di Rousseau, le procedure di votazione
dei candidati del movimento, le scelte delle proposte da presentare in
Parlamento, i soldi versati oggi dagli iscritti e domani dai
parlamentari (300 euro al mese, con il risultato che un partito nato
per abolire il finanziamento pubblico dei partiti finanzierà con i
soldi pubblici incassati dai parlamentari un’associazione privata), al
contrario il movimento non può indicare i vertici, non può influenzare
le decisioni, non può avere contezza di quali siano le regole interne,
la gestione delle risorse finanziarie e le procedure per entrare in
Rousseau.

Beppe Grillo e Davide Casaleggio

Nessuna trasparenza, come è stato costretto ad ammettere ieri nel
corso di una trasmissione televisiva il simpatico deputato grillino
Danilo Toninelli, che proprio mentre il Foglio pubblicava online, in
esclusiva, lo statuto dell’associazione Rousseau ha sostenuto che lo
scoop del Foglio, sullo statuto Rousseau, fosse “una mera invenzione,
perché non esiste alcuno statuto Rousseau”. Ehm… Mossi da un senso di
vicinanza profonda nei confronti dell’onorevole Toninelli oggi
offriamo al deputato del Movimento 5 stelle un’altra storia che gli
elettori grillini meriterebbero di conoscere e che riguarda una
vicenda stranamente non rilanciata nelle ultime settimane dai
solitamente molto prolifici onorevoli grillini: la genesi del
provvedimento del Garante della privacy contro l’Associazione
Rousseau, accusata di violazioni nel trattamento dei dati personali
dell’Associazione Rousseau. Quello che tutti sapete è che lo scorso 2
gennaio il Garante per la privacy ha reso noto il suo ammonimento.
Quello che nessuno sa è come il garante è arrivato a
quell’ammonimento. Ve lo raccontiamo.
Per raccontarvi cosa è
successo prima del 2 gennaio bisogna partire da qui: cosa si è
scoperto durante i mesi in cui si è lavorato per studiare gli
eventuali illeciti commessi da Rousseau nel trattamento dei dati
personali degli iscritti alla sua piattaforma (150 mila iscritti,
anche se quelli realmente attivi dovrebbero essere circa un terzo).
Nel provvedimento del Garante, pubblicato il 21 dicembre 2017, erano
presenti alcuni rimandi a diversi allegati omessi nel provvedimento.
Così ci siamo incuriositi e l’8 gennaio abbiamo mandato allo stesso
Garante, ai sensi del d.lgs n. 97 del 2016, una “richiesta di accesso
civico agli atti relativi all’indagine del garante sulla così detta
piattaforma Rousseau e al provvedimento del 21 dicembre 2017, in
particolare per acquisire i verbali delle operazioni compiute e le
istanze e le altre segnalazioni pervenute al garante, nonché ogni
altro elaborato, analisi o rapporto prodotto dall’ufficio”. Il garante
ha fatto le sue verifiche (incredibilmente, nessuno prima del Foglio
lo aveva chiesto) e il 30 gennaio ci è stato consegnato un plico con
tutta la documentazione. E tra i vari file allegati ci sono spunti
utili per capire perché sui tre messaggi forti del Movimento 5 stelle
– noi siamo il partito della trasparenza, noi siamo il partito della
legalità, noi siamo il partito della democrazia diretta – c’è qualcosa
che non torna e che anche l’onorevole Toninelli merita di conoscere.

La prima notizia riguarda il tema della trasparenza (e il Garante
della Privacy poi deciderà se si tratta anche di un tema che sconfina
nella non legalità). Il 2 gennaio i giornali hanno riportato le accuse
del garante della privacy sul tema degli “illeciti nel trattamento dei
dati degli utenti” e sul voto elettronico “non anonimo”. Basta
sfogliare le carte però per capire che in realtà sono gli stessi
legali di Davide Casaleggio il 5 ottobre 2017 a riconoscere che i
gestori della piattaforma Rousseau sono consapevoli che il voto non
risponde ai criteri di segretezza e che può essere tracciato. Sentite
qui: “A specifica domanda dei verbalizzanti, la parte (Casaleggio) ha
fatto presente che sussiste la possibilità teorica di ricondurre,
tramite altre informazioni disponibili nel sistema, il voto espresso
all’identità del votante, possibilità che tuttavia non è mai stata
utilizzata”.

E a conferma di questa consapevolezza gli avvocati ammettono che i
gestori di Rousseau stanno studiando “delle soluzioni basate su
tecnologia blockchain, che consentirebbe di pervenire ad una
certificazione dei voti espressi, rispettando la segretezza del voto”.
Cosa che finora, ammettono gli avvocati di Casaleggio, non è stata
garantita. Potrebbe bastare questo per farsi qualche domanda sulla
truffa della democrazia diretta, ma nel dossier del garante della
privacy si trova qualche considerazione in più. Una è in un rapporto,
finora inedito, di trentaquattro pagine, depositato il 29 novembre
2017 presso l’archivio del Garante per la protezione dei dati
personali, e che è così intitolato: “Note sugli aspetti di sicurezza
relativi alle piattaforme on line gestite dalla Casaleggio & Associati
S.r.l per conto di Giuseppe Piero Grillo, dell’Associazione Rousseau e
del Movimento 5 stelle”. I più attenti tra voi avranno notato che già
in questa presentazione c’è una notizia: al contrario di quello che
sostiene Davide Casaleggio, che il 2 gennaio ha dato mandato ai suoi
legali di “riservarsi il diritto di procedere in qualsiasi sede
giudiziale, sia penale che civile, nei confronti di tutti coloro che
in modo mendace e in mala fede continueranno intenzionalmente e
pubblicamente a confondere la predetta società (la Casaleggio
Associati)   con l’Associazione Rousseau, il garante della privacy
afferma che anche Rousseau “è gestita” non da Davide Casaleggio come
persona fisica ma direttamente dalla Casaleggio Associati. E per
capire perché questa affermazione è formulata senza proposizioni
dubitative conviene arrivare alla fine dell’articolo.

Garante Privacy M5S

Torniamo alla privacy. Cosa dice il rapporto del garante su Rousseau?
Due cose. Ci dice che anche nell’unico campo in cui il Movimento 5
stelle avrebbe potuto mostrare la sua competenza i gestori della
piattaforma che governa la democrazia diretta del movimento hanno dato
prova di straordinaria non competenza. Esempio numero uno. La
piattaforma Rousseau è stata realizzata con un sistema che si chiama
“Cms Movable Type Enterprise Versione 4.31-en”. Ma questa versione,
scrive il garante, concetto già espresso nel provvedimento del 21
dicembre, ha un problema: “E’ affetta da obsolescenza tecnica”. E che
significa obsolescenza tecnica? Significa che ogni versione di quel
sistema con radice pari a 4.3 scadeva il 31 dicembre del 2013 e oltre
quella data, scrive il garante, “non sono più rilasciati aggiornamenti
di sicurezza”.

Dunque: il movimento che vuole sostituire la democrazia
rappresentativa con la democrazia diretta ha costruito un sistema che
potenzialmente dà a chi dirige la democrazia la possibilità di
controllare ciò che fanno i suoi iscritti e lo ha fatto servendosi di
un sistema “artigianale” (definizione del Garante) che già cinque anni
fa era da buttare nel cestino. Lo diciamo noi? No. Lo dice ancora il
garante. Pagina 16: “Il sistema adottato non consentiva di imporre
delle policy efficaci relativamente alla qualità delle password,
ammettendo l’uso di password banali, facilmente esposte alla
decifrazione e ad attacchi. In particolare, si fa presente che tale
limitazione comporta, laddove presente, che un qualsiasi utente
applicativo o sistemistico del sistema operativo, anche con profili di
minor rilievo ma che abbia accesso in sola lettura ai database delle
password, solitamente registrate in forma cifrata, possa acquisirle
nella forma in cui sono e condurre in modalità on line attacchi brute
force sulle password, che, se fruttuosi, consentiranno in un secondo
tempo l’effettuazione di accessi abusivi con l’utilizzo in chiaro
delle credenziali tecnicamente correte, senza causare alcun allarme
sul sistema attaccato”. Basta questo? No, non basta.

Passaggio ulteriore che consigliamo a Danilo Toninelli, da
sottolineare con la matita blu: “L’incertezza sulla effettiva
resilienza del sistema di votazioni elettroniche, l’impossibilità di
verificare a posteriori la liceità dei trattamenti svolti,
l’impossibilità di accertare l’unicità del voto espresso, nonché
l’incertezza sulla sua autenticità e, infine, il rischio anche solo
sul piano astratto che sia possibile controllare e ricostruire le
preferenze espresse dai votanti a causa della mancanza di anonimato,
caratterizzando il sistema Rousseau, nella sua componente di voto
elettronico, quale interessante sperimentazione di uno strumento di
interazione e partecipazione politica, del tutto privo, tuttavia, di
quei requisiti di sicurezza informatica e di protezione dei dati
personali, che dovrebbero caratterizzare un vero e proprio sistema di
e-voting”.

E perché il sistema di e-voting non è sicuro? Lo spiega il garante a
pagina 23: “I voti espressi tramite le funzionalità di e-voting
offerte dalla piattaforma vengono archiviati, storicizzati e restano
imputabili a uno specifico elettore anche successivamente alla
chiusura delle operazioni di voto, consentendo elaborazioni a ritroso
con, in astratto, la possibilità di profilare costantemente gli
iscritti, sulla base di ogni scelta o preferenza espressa tramite il
sistema operativo”.

                                           Ci si potrebbe anche
fermare qui se non fosse che tra i documenti consegnati al Foglio dal
Garante della Privacy c’è un elemento ulteriore che ci permette di
mettere a fuoco il vero “burattinaio “del Movimento 5 stelle, l’uomo
che gestendo da remoto la democrazia diretta offre agli elettori
l’illusione di poter contare quando in realtà il sistema realizzato da
Casaleggio & Co. non fa altro che alimentare un bluff politico in cui
la democrazia diretta è diretta nel senso che c’è qualcuno che può
dirigerla dall’alto. E così, come abbiamo raccontato ieri con lo
statuto dell’Associazione Rousseaupubblicato da Luciano Capone,
sappiamo con certezza che Casaleggio, da presidente, tesoriere e
amministratore unico di Rousseau, attraverso Rousseaucontrolla i dati,
controlla i soldi, controlla di fatto il partito teleguidato dalla sua
associazione privata e potenzialmente può controllare anche i
candidati (anche se certamente non l’ha mai fatto, come hanno detto al
garante della privacy i suoi avvocati).

Ma sappiamo anche altro. E sappiamo che al contrario di quello che ha
affermato il numero uno della Casaleggio Associati in realtà tra
l’Associazione Rousseau e la srl fondata da Gianroberto Casaleggio
esiste una simmetria che meriterebbe di essere approfondita come nota
anche il Garante in un passaggio della relazione su Rousseau (“I
rapporti tra Movimento, Associazione, Società e lo stesso titolare del
trattamento Giuseppe Piero Grillo sono meritevoli di un
approfondimento che esula però dalle finalità del presente rapporto”).
La simmetria non la si deduce solo dal fatto che la sede di Rousseau è
la stessa della Casaleggio Associati (via Morone 6, Milano). Ma la si
deduce anche da un dettaglio che forse è sfuggito allo stesso garante.
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