Casaleggio se la gode... l' Associazione Rousseau nel 2018 ha incassato esentasse circa 1 milione di euro "pubblici"
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Casaleggio se la gode... l' Associazione Rousseau nel 2018 ha incassato esentasse circa 1 milione di euro "pubblici" ROMA – Un milione e 124.054 euro. Un vero e proprio “tesoretto” incassato esentasse dall’ Associazione Rousseau nell’ anno 2018 , fra i quali emergono i circa 700mila euro versati da deputati e senatori. È quanto si legge nella relazione al rendiconto firmata da Davide Casaleggio, presidente e tesoriere dell’ associazione che gestisce la piattaforma web del Movimento 5 stelle. I contributi da associazioni, partiti e movimenti politici (quindi dai gruppi parlamentari del Movimento Cinque Stelle) ricevuti dalla no-profit guidata da Casaleggio invece ammontano a 119mila 800 euro.
I proventi delle “attività editoriali, manifestazioni e altre attività” dall’ Associazione Rousseau si attestano a 2.731 euro, i contributi da “altri soggetti esteri” cioè quelli che riguardano le donazioni da persone fisiche di valore inferiore a 5mila euro, toccano quota 7.446 euro: ad esempio dagli Stati Uniti, sono arrivati a 2.870 euro, mentre proviene dal Belgio una donazione di 2.011 euro. Nel bilancio si legge che “i contributi da persone fisiche”riguardano principalmente “il contributo per le piattaforme tecnologiche per l’ attività dei gruppi e dei parlamentari” (quindi soldi “pubblici” che sfuggono a qualsiasi controllo dello Stato) ed “il contributo per lo Scudo della rete avviato nel 2018”. Rousseau_Rendiconto_31122018 E’ soltanto grazie ai versamenti-contributi (obbligatori) effettuati mensilmente dai parlamentari del M5S – che, come prevede il regolamento interno, sono tenuti a sborsare 300 euro a testa ogni mese per sostenere la piattaforma Rousseau – l’ Associazione presieduta da Casaleggio ha incassato 699.844 euro. Il contributo per lo Scudo della rete – funzione che ha come obiettivo quello di fornire la difesa legale a iscritti ed eletti M5s dalle cause intentate contro di loro – raggiunge la cifra di 257.992 euro. Rousseau_Relazione_31122018 L’ Associazione concluso l’esercizio con un avanzo di gestione pari a 57mila 573 euro e un “patrimonio netto positivo” per appena 2.188 euro. Infatti la creatura “no profit” ( a parole…), presieduta da Davide Casaleggio, risulta essere molto ‘liquida’: i depositi bancari e postali, infatti, ammontano a 404mila 558 euro, ai quali vanno
aggiunti 86 euro in ‘denaro e valori in cassa’, per un totale complessivo di 404mila 644 euro. Un vero e proprio “tesoretto” esentasse , che però viene azzerato dal totale dei debiti, che ammonta a 497mila 754 euro. Tra le passività emergono “debiti verso fornitori” indicati in 352mila 96 euro. Nella relazione al rendiconto sottoscritta da Casaleggio , che il CORRIERE DEL GIORNO pubblica “integralmente”, vengono indicati alcuni “fatti di rilievo” verificatisi dopo la chiusura dell’esercizio. Gli amministratori segnalano “la pubblicazione di una nuova piattaforma di voto nel mese di marzo per aderire alle richieste privacy e alle richieste di volumi di partecipazione degli iscritti”, un sistema che “è stato utilizzato per il voto delle europarlamentarie”. La multa del Garante infatti arrivò proprio nel giorno in cui si votava alle “europarlamentarie” per scegliere i 76 candidati M5S alle elezioni europee dello scorso 26 maggio. Un’Area voto potenziata dal punto di vista dell’infrastruttura tecnologica, assicuravano dal Movimento, rispetto alle rilevazioni del Garante che si riferiscono allo scorso novembre. Casaleggio ha sporto denuncia in Procura per conto dell’Associazione Rousseau contro alcuni profili “clone” tra gli iscritti, creati con i loro dati ma senza il consenso dei diretti interessati. Secondo Enrica Sabatini, una dei quattro soci del’ associazione Rousseau, insieme a Massimo Bugani e Pietro Dettori, entrambi (profumatamente pagati) nello staff del vicepremier Luigi Di Maio a Palazzo Chigi, la denuncia “dimostra che il potenziamento dei processi ha funzionato, ovvero quel sistema di segnalazione che ha consentito e consente agli iscritti di inviare segnalazioni documentate per strutturare il controllo“. O forse invece altro non è che una denuncia strumentale per pararsi il sedere da altre eventuali multe del Garante della Privacy, del quale non a caso il M5S vuole cambiare i vertici, piazzando propri uomini ?
In seguito alla pubblicazione del nuovo sistema “il Garante della Privacy – si legge sempre nella relazione – ha ritenuto di inviare una sanzione di 50mila euro per irregolarità individuate lo scorso anno“. A marzo “è stato inoltre completato il prototipo per il voto su blockchain messo a disposizione della comunità di sviluppatori perché possa essere testato e valutato”. Per quanto riguarda il futuro, “durante il 2019 si prevedono investimenti ulteriori per il miglioramento dell’infrastruttura sul fronte della sicurezza e della scalabilità ed il rilascio di nuove funzionalità a supporto degli iscritti”. In realtà gli oneri diversi di gestione (103.450 euro) appaiono i 64mila euro della prima sanzione comminata dal Garante della Privacy. L’Associazione spende per servizi telematici 144mila 838 euro e circa 90mila euro per attività editoriali, di informazione e comunicazione, a cominciare dal nuovo Blog delle Stelle, stimato in 17mila euro. Per essere precisi, per il ‘Sistema Ocr’ sono stati investiti 26mila 245 euro , mentre il ‘Sistema gestione selezione’ costa 12mila 300 euro ed il ‘Sito Academy’ costa 976 euro . Per la ‘nuova infrastruttura software sono stati spesi 33mila euro.
il “garante” del M5S : Beppe Grillo. O forse è più corretto chiamarlo “il furbetto” ? L’ Associazione Rousseau sborsa per l’affitto dei locali in uso, in pieno centro di Milano, 29mila 780 euro (tecnicamente vengono indicati in bilancio come “affitti passivì”) soldi questi che in passano gravavano sui bilanci della Casaleggio & Associati, mentre spende quasi 5mila euro per “altri noleggì” e 230mila 676 euro per il ‘personale dipendente’. In particolare, gli stipendi rappresentano un onere di 176mila 74 euro. Poi ci sono 272mila 972
euro spesi per supporto legale “a tutela del garante Beppe Grillo“ (che così facendo non ha spese legali a suo carico) e dell’ Associazione Movimento 5 Stelle. Nel dettaglio, questi costi comprendono le voci ‘spese legali’ (176mila 651 euro), “accantonamenti per rischi” (70mla euro), “contributi per Associazione Movimento 5 Stelle e Comitati” (26mila 321 euro). Consultando approfonditamente il loro rendiconto, si apprende che le spese “per infrastruttura“’ toccano quota 220mila 318 euro, mentre quelle per “comunicazione e organizzazione eventi” si attestano a 87mila 858 euro. L’incapacità gestionale economia degli “adepti” del Movimento 5 Stelle emerge dai debiti in aumento, che superano la liquidità. Infatti i debiti correnti sono in aumento a quota 497.754 euro contro i 165.074 euro del 2017: quelli verso fornitori sono stimati in 352.096 euro, quelli tributari in 129.406 euro, quelli verso le banche in 2.333 euro. Il totale dei debiti supera la “liquidità”, che pure è alta: 404.558 euro tra depositi bancari e postali, a cui vanno sommati 86 euro in “denaro e valori in cassa“. Tutti soldi pubblici. Con cui il Movimento Cinque Stelle si paga una bella fetta di spese della sua attività politica, mentre si era sempre dichiarato contrario al finanziamento pubblico dei partiti ! Occorre ricordare anche anche chi, come Marco Canestrari (un ex dipendente della Casaleggio Associati e autore con Nicola Biondo del libro-inchiesta sul M5S “Supernova”) chiedeva proprio al Movimento uno sforzo in più: quello di rendere trasparenti anche la lista dei soci e la rete di relazioni dell’Associazione Gianroberto Casaleggio, presieduta sempre da Davide Casaleggio il quale finta di dimenticare che ad una cena di raccolta fondi per questa associazione per la quale a cui aveva partecipato la sera prima del suo arresto il “superconsulente” grillino Luca Lanzalone, che era stato indicato da Virginia Raggi, quale Sindaco di Roma, al vertice dell’ ACEA la società energetica del Comune di Roma, successivamente finito agli arresti domiciliari per l’inchiesta sulle tangenti per la realizzazione del nuovo stadio della Roma, .
Molti hanno dimenticato l’ispezione del Garante della Privacy fatta negli uffici dell’azienda, in via Morone 6 a Milano, considerata “parte” in causa, tanto più che ad assistere la società in quell’occasione è l’avvocato Montefusco, “storico” collaboratore dei Casaleggio. La nota di uno dei dirigenti che accompagna il rapporto sulla sicurezza parla di “siti gestiti da Casaleggio & Associati per conto del Movimento 5 Stelle e dell’Associazione Rousseau”. Alcuni documenti, peraltro, sono inviati all’ufficio del Garante dalla PEC (Posta Elettronica Certificata) di Casaleggio Associati. Ma c’è dell’altro: infatti non risulta chiaro chi sia il titolare del contratto di fornitura dei servizi erogati da IT.Net — i server, per semplificare: la Casaleggio o la Rousseau? Un dettaglio importante per stabilire a chi debbano essere comminate le eventuali multe I contratti, come giustamente ricorda Marco Canestrari, non sono presenti nel dossier, quindi non è ancora possibile chiarire questa ambiguità che si può sintetizzare in qualche semplice domanda: c’è stato un passaggio di denaro in qualche momento tra l’Associazione Rousseau, il Movimento 5 Stelle e Casaleggio Associati? La “gestione” di cui si parla nel Rapporto Rousseau del Garante per la tutela dei dati personali è stato a titolo oneroso? Chi paga per i server su cui “gira” la piattaforma Rousseau, che un bug recentemente scoperto ha dimostrato essere legato a “Casaleggio”? Ma il Movimento 5 Stelle pensa solo a far chiudere i giornali eliminando i contributi ai piccoli quotidiani e periodici di provincia in maniera tale attraverso il web diffondere una sola unica voce: quella della Casaleggio. Altro che uno vale uno….quelle sono cazzate che solo un comico come Beppe Grillo poteva sparare !
Niente giornali ai diciottenni, cronaca di un agguato di Andrea Cangini* Sconfitto e amareggiato, martedì sera ho lasciato l’aula del Senato con la sola consolazione di aver trovato definitiva conferma a tre impressioni ormai largamente diffuse: che la parola di grillini e leghisti ha valore relativo, che gli impegni assunti dai capigruppo dei due partiti di maggioranza contano nulla rispetto ai volubili umori del governo, che sia il Movimento 5Stelle sia la Lega sono pronti a tutto pur di ridurre ai minimi termini l’editoria cartacea e i media non allineati. Facciamo un passo indietro. Due settimane fa, durante un’audizione in commissione Istruzione, mi sono reso conto del fatto che con i 500 euro del bonus Cultura i neodiciottenni possono fare tutto tranne abbonarsi a un quotidiano o a una rivista. Una svista, una disattenzione evidentemente diseducativa. Come dire ai giovani che per la loro formazione “culturale” leggere, e in particolare leggere giornali, non serve. Ho sollevato la questione in commissione, tutti, grillini e leghisti compresi, si sono detti d’accordo sull’opportunità di sanare al più presto questa evidente stortura. Ho perciò presentato un emendamento al Decretone e in aula ne ho parlato con i capigruppo.
la guerra del sottosegretario M5S Crimi all’informazione. E Casaleggio si arrichisce a spese dello Stato. Esentasse…. Tutti d’accordo. Anche quello grillino (Patuanelli), anche quello leghista (Romeo). Arrivati al momento del voto, la relatrice si rimette al governo e il governo esprime parere contrario. Trasecolo. Prendo la parola, sostengo che se la scelta del governo ha una logica, l’unica logica possibile è quella di mortificare giornali e giornalisti. In aula scoppia l’inferno. Marcucci, Casini, la Santanché, Gasparri e Martelli si schierano con forza a favore dell’emendamento. Interviene la grillina Montevecchi, che con tono piccato ricorda che “tutti i membri della commissione Cultura sono d’accordo sull’opportunità di estendere il bonus ai giornali”. Sono d’accordo, ma votano contro. Paragone ex-leghista Interviene il grillino Paragone che la butta in vacca accusando il Pd di aver distrutto l’Unità e scaricato sul direttore (Concita De
Gregorio) l’onere delle querele ricevute. Vero, ma che c’entra? Interviene il sottosegretario Crimi, che anziché stare al merito della questione si mette a parlare di un futuribile riassetto del comparto editoria. Interviene il leghista Bagnai, che, non pago di avere tutti i tg a favore, lamenta che la maggior parte dei giornali osino criticare il governo. E allora capisco. Capisco che è questo il punto. Faccio mente locale. Ricordo che populismo e pluralismo sono naturalmente in antitesi, rammento gli interessi della Casaleggio associati per l’informazione e il commercio on-line, apprendo che il vicepremier Di Maio si è scelto come consigliere per l’innovazione digitale un avvocato di Facebook (Marco Bellezza), ricostruisco le polemiche di Salvini contro “i giornaloni”, soppeso il taglio dei contributi a giornali “utili” come il Foglio e a monumenti alla trasparenza come Radio Radicale e mi dò di cretino. Peggio, di ingenuo. Ero sinceramente convinto che il mio emendamento sarebbe passato. Non prevedeva costi per lo Stato, dava una chance in più ai diciottenni: perché mai avrebbero dovuto respingerlo? Ora, col senno del poi, lo so. *senatore di Forza Italia, ex direttore di QN, il Resto del Carlino, La Nazione, Il Giorno Manovra finanziaria del Governo al voto. Il M5S accusa di terrorismo chi critica la legge. Poi però l’attacco sparisce dal sito... ROMA – Questa volta persino il presidente “grillino” della Camera dei Deputati, Roberto Fico è stato costretto a dissociarsi dal post apparso sul Blog delle stelle, il portale web del M5s, che volgarmente e anti-democraticamente accusava di “terrorismo mediatico e psicologico” chi contesta la manovra e le opposizioni insorgono. Nel post definiscono un “attacco alla democrazia” il legittimo diritto a dissentire delle forze politiche dell’opposizione, ma sotto accusa dei comunicatori grillini finiscono anche “i vertici delle banche, assicurazioni, i grandi gruppi editoriali in perenne conflitto di interessi“, che chiaramente vengono associati “con l’indegna complicità del Pd e di Fi, eterni zerbini dei potenti“. Affermazioni gravissime che hanno fatto scatenare le reazioni di tutte le
opposizioni: da Fratelli d’ Italia al Partito Democratico, da Liberi e Uguali a Forza Italia . Un “caso” anche sul ripristino dei fondi all’editoria. L’ordine del giorno è stato prima accolto come “raccomandazione” dal viceministro Garavaglia. Poi, al momento del voto, dopo l’arrivo in aula del vicepremier Luigi Di Maio, Garavaglia ha detto di essersi sbagliato e il governo ha espresso parere negativo. La vendetta grillina alle inchieste giornalistiche sulle vicende giudiziarie della famiglia Di Maio. Il Partito Democratico ha preso la parola in aula ed ha chiesto al M5s e al ministro Fraccaro “di dissociarsi dal post pubblicato sul Blog delle stelle“. “Il M5S ha perso definitivamente la testa. Alle prese con la prima legge di bilancio, hanno combinato un vero disastro, aumentando le tasse, diminuendo le pensioni, negando la democrazia. Ora non gli resta che definire terrorista l’attività delle opposizioni: è lo stato conclamato del loro disagio” ha affermato il capogruppo del Pd a Palazzo Madama Andrea Marcucci commentando il post.
La protesta del Partito Democratico sul voto del Parlamento Analoga richiesta è arrivata da Fratelli d’Italia. La risposta è arrivata per voce di Emilio Carelli – ex TG5, ex SkyTg24, ora deputato 5 stelle – che con un imbarazzante equilibrismo ha cercato di dare la colpa alle agenzie di stampa che a suo dire avevano riportato “in modo non chiaro” la notizia . Secondo Carelli “nel Blog delle stelle non si parla di terrorismo, ma di inquinare il dibattito democratico con un vero e proprio terrorismo mediatico e psicologico. Non stiamo parlando del terrorismo come fenomeno che ha turbato la vita del nostro paese negli anni ’80 e ’90. Mi sembra del tutto inappropriato e fuori luogo il dibattito che si è aperto”. Una replica onestamente ridicola che, ovviamente, ha acceso ancora di più le opposizioni. L’ ex-direttore del settimanale Panorama, ora deputato di Forza Italia, Giorgio Mulè, gli ha così risposto: “Vergognatevi. Non sapete neanche quello che scrivete. E nel post si parla di pizzini. I pizzini sono quelli che mandano i mafiosi, è offensivo. Vi dovete rimangiare, vi dovete vergognare e chiedere scusa. Invece vi mettete a fare l’analisi grammaticale… Non è tollerabile. Lei presidente Fico non può consentirlo“.
i deputati di Forza Italia hanno indossato delle pettorine azzurre con scritte come ‘Giù le mani dal no profit’ e ‘Basta tasse’ Persino Liberi e Uguali è andata su tutte le furie, con Federico Fornaro e Stefano Fassina: “È inaccettabile – ha detto Fassina – dire che la democrazia è sotto attacco da parte del partito più importante della maggioranza che sta negando al parlamento per la prima volta nella storia la possibilità di discutere la legge più importante. L’attacco alla democrazia lo state facendo voi“ Giorgia Meloni leader di Fratelli d’ Italia ha preferito usare il sarcasmo: “Probabilmente la dichiarazione sul Blog delle stelle può essere interpretata in maniera diversa. Non dimentico la dichiarazione della collega Corda del M5s, che all’indomani della strage di Nassiriya disse che anche i terroristi erano vittime. Probabilmente quello che vogliono dire è che ci considerano delle loro vittime“.
il Presidente della Camera Roberto Fico Alla fine degli interventi in aula, il presidente Fico ha dovuto cedere: “Al di là delle opinioni che si hanno su questo post – esterno comunque alla Camera – da presidente della Camera senza dubbio vi dico che la democrazia non è sotto attacco, che tutti i parlamentari qui dentro si stanno esprimendo in modo libero e che le opposizioni stanno facendo il loro lavoro, è loro diritto opporsi alla legge di bilancio. Questo lo difenderò sempre, qui dentro e fuori da qui“. Affermazioni queste apprezzate ed applaudite anche dall’opposizione. Subito dopo come per incanto… il commento offensivo è stato rimosso dal Blog grillino, gestito (a pagamento) dalla Casaleggio & Associati. I costi dello staff di Palazzo Chigi: il super stipendio di Rocco Casalino che guadagna più del premier Conte. ROMA – Da un punto di vista economico e non solo, è molto meglio fare il portavoce a Palazzo Chigi che il Presidente del Consiglio. Con questa sintesi il settimanale L’ ESPRESSO riassume così i dati sugli stipendi dello staff della Presidenza del Consiglio del Governo
Conte, che ora siamo in grado di rendere pubblici. Rocco Casalino ex partecipante alla prima edizione del reality show “Grande Fratello” già numero uno della comunicazione del Movimento 5 Stelle, ed ora portavoce e capo ufficio stampa del presidente del Consiglio , con i suoi 169mila euro lordi annui è il dipendente più pagato tra quelli che lavorano negli “uffici di diretta collaborazione” di Palazzo Chigi.
il passato televisivo di Rocco Casalino al Grande Fratello ed intervistato dalle IENE Lo stipendio di Rocco Casalino si compone di tre voci: 91mila euro di trattamento economico fondamentale a cui si aggiungono 59mila euro di emolumenti accessori e 18mila di indennità. Per un totale che sfiora i 170mila euro annui. Un compenso assai più alto persino di quello che spetta allo stesso Presidente del Consiglio Giuseppe Conte il quale, non essendo deputato, deve accontentarsi di soli 114mila euro lordi all’anno. Questa imbarazzante disparità di trattamento non è però del tutto una novità. Anche nel caso del governo Renzi infatti l’allora presidente del Consiglio, non ancora parlamentare, si ritrovò a guadagnare meno del suo portavoce, e oggi deputato del Pd, Filippo Sensi. Anche in quella circostanza le cifre erano le stesse previste dal governo Conte: 114mila euro per Renzi e 169mila per Sensi. Il “governo del Cambiamento” spende di più per il totale degli addetti alla comunicazione I Casaleggio boys all’incasso. Secondo solo a Casalino, ma comunque sempre meglio remunerato del premier Conte, è Pietro Dettori, altro big della comunicazione 5 Stelle e “fedelissimo” di Davide Casaleggio. Dettori è stato assunto nella segreteria del vicepremier Luigi Di Maio percependo 130 mila euro annui come “responsabile della comunicazione social ed eventi” . Vicecapo di quella stessa segreteria è Massimo Bugani, altro nome di rilievo della “galassia grillina” che porta a casa 80 mila euro all’anno . Non mancano nell’elenco altri nomi di ex dipendenti della Casaleggio che da anni compongono gli staff dei deputati e senatori 5 stelle: uno tra tutti Dario Adamo, responsabile editoriale del sito e dei social di Conte, retribuito con la bellezza di 115mila euro l’anno.
I due non a caso sono tra i quattro soci dell‘Associazione Rousseau che gestisce le piattaforme del Movimento 5 Stelle ed è di fatto diretta emanazione della Casaleggio associati (il fondatore è Gianroberto Casaleggio e l’attuale presidente è suo figlio Davide), Associazione che reperisce il finanziamento grazie un contributo mensile di 300 euro devoluto dalle retribuzioni (soldi pubblici) ogni parlamentare e senatore, dietro “ferrea” indicazione contrattuale scritta. In pratica a fronte di 221 deputati e 112 senatori, per un totale di 333 parlamentari, l’ Associazione Rousseau incassa 99.900 euro al mese provenienti dagli stipendi “pubblici” dei grillini eletti, incassando quindi un totale di circa 1milione e 200mila euro l’ anno di denaro pubblico , che per un’intera legislatura fanno la bellezza di 6 milioni di euro. Tutti soldi incassati di fatto dalle casse dello Stato senza pagare alcunchè di tasse.
Quanto conta la comunicazione. La pubblicazione degli stipendi ha permesso al settimanale L’ ESPRESSO di poter fare anche un primo confronto quando si parla di staff tra le spese di questo Governo (del cambiamento…) e di quelli precedenti . Un confronto che chiaramente, può essere solo parziale ed è importate specificarlo, per due ragioni: non sono ancora noti tutti gli stipendi dei collaboratori (alcuni sono ancora in fase di definizione, come quelli della segreteria di Salvini) e va inoltre precisato che ogni Governo tende sempre con il passare dei mesi e degli anni ad aggiungere ulteriore personale e relativi costi. Tutto ciò premesso e considerato le cifre più interessanti e significative sono quelle alla voce “comunicazione“, su cui il “Governo del cambiamento” gialloverde sta spendendo più di tutti gli altri esecutivi di cui sono reperibili i dati. L’ufficio stampa e del
portavoce di Giuseppe Conte ha in organico 7 persone per un costo complessivo alle casse della Presidenza del Consiglio di 662 mila annui, di cui 169mila euro vanno come già detto al portavoce Rocco Casalino. Rocco Casalino portavoce del premier Giuseppe Conte a Palazzo Chigi Secondo in classifica il governo Letta, che contava 7 persone nello staff comunicazione per un costo totale di 629mila euro annui e con il portavoce che aveva 140mila euro di retribuzione . L’esecutivo di Paolo Gentiloni poteva invece contare su una struttura di sette persone per un costo di 525 mila euro. Più complesso il calcolo per il Governo di Matteo Renzi: classificatosi al terzo posto di questa classifica appena insidiato il team dell’ufficio stampa si basava su 4 persone tra cui il già citato Filippo Sensi come portavoce e un costo complessivo di 335mila euro. Ma alla fine del mandato i costi erano saliti fino ai 605mila euro per un organico di 7 persone. Dove è finita la voglia di trasparenza “grillina” ? La pubblicazione dei dati sui collaboratori della presidenza del Consiglio si è fatta attendere ben oltre i limiti previsti dalla normativa. Infatti, legge sulla trasparenza 33/2013 prevede che le pubbliche amministrazioni aggiornino le informazioni sui titolari di incarichi dirigenziali o di
collaborazione entro 3 mesi dal loro insediamento, termine rispettato da quasi tutti i ministeri dell’attuale esecutivo. Ad eccezione proprio dalla Presidenza del Consiglio, che ha invece impiegato 110 giorni e nell’ultima settimane è stata “pungolata” da ben due richieste di accesso civico avanzate dai colleghi del settimanale L’ Espresso affinché venissero pubblicati i dati in questione. Il figlio di Marcello Foa è stato assunto nello staff di Salvini. E si occupa della sua propaganda di Vittorio Malagutti e Mauro Munafò Nelle sue prime dichiarazioni da presidente (mancato) della Rai Marcello Foa ha rivendicato la sua estraneità ai partiti e alla partitocrazia. Tra i suoi numerosi sostenitori c’è chi lo difende parlandone (e scrivendone) come un intellettuale d’area. Anche Foa, però, tiene famiglia e avere un amico in un partito può far comodo, all’occorrenza. Meglio ancora se l’amico è il capo di un grande partito, nonché ministro dell’Interno e vice Primo ministro. Si scopre così che Leonardo Foa, 24 anni, figlio del presidente designato della Rai dal governo gialloverde, lavora nello staff di comunicazione di Matteo Salvini, alla gestione dei social network per la precisione. Questo è quanto risulta dal profilo Linkedin del giovane Foa, un ragazzo dal curriculum di studi brillante: laurea in Bocconi e master all’Ecole de Management di Grenoble. Un paio di stage. E nel settembre del 2017 il primo impiego, come social media analyst alla “SistemaIntranet.com”, la società di Luca Morisi e Andrea Paganella, che gestisce la comunicazione e l’immagine social di Matteo Salvini.
Infine, come lui stesso scrive su Internet, per Leonardo Foa è arrivata la chiamata nello staff del vicepremier. Che incidentalmente è anche il grande sponsor di suo padre. Quello “estraneo” ai partiti. Il lavoro di Leonardo Foa. L’Espresso è anche in grado di raccontare esattamente il lavoro svolto dal giovane Leonardo. Sotto la supervisione di Morisi, Foa si occupa della produzione e della condivisione dei contenuti salviniani su Facebook, preoccupandosi di “renderli virali“. Un lavoro che, dalle verifiche dell’Espresso, inizia da prima della formazione del governo e si sviluppa anche attraverso tutta una serie di gruppi, ufficiali e non, della galassia salviniana. Nel gruppo Facebook “Matteo Salvini leader“, hub ufficiale della comunicazione del leghista da cui poi “partono” tutti i messaggi che diventano virali, Leonardo Foa è uno dei più assidui produttori di contenuti, quasi sempre “benedetti” dal like di Morisi. “Il capitano è pronto. E tu?“, “Il capitano è arrabbiato“, “Il capitano ce l’abbiamo solo noi”, con tanto di Salvini arrabbiato da condividere su Facebook. Il tentativo di nascondersi sui social. Una passione che per Leonardo Foa va oltre il lavoro. Sul suo profilo twitter infatti era possibile leggere fino a qualche giorno fa diversi messaggi di sostegno a Salvini. Messaggi che oggi diventano difficili da reperire, perché su Twitter il profilo risulta da alcuni giorni “riservato” e illegibile a chi non sia già suo amico. Probabilmente un tentativo di non farsi notare e non creare imbarazzo al padre candidato alla presidenza Rai. Tentativo che si infrange con la possibilità di recuperare i suoi tweet salviniani accedendo alla cache di Google e con la poca lungimiranza del suo capo Luca Morisi che, qualche giorno fa, ha twittato una foto dell’intero staff di Salvini, in cui compare lo stesso Leonardo Foa. *inchiesta del settimanale L’ESPRESSO
Chi è Marcello Foa, tra Salvini, Bannon e Putin Era all’incirca la metà dello scorso luglio quando il giornalista Marcello Foa annunciava una querela contro il settimanale L’Espresso, ed il 27 luglio veniva indicato dal governo gialloverde come nuovo presidente della Rai, venendo clamorosamente “bocciato” dalla Commissione di Vigilanza Parlamentare della RAI. Nell’ inchiesta realizzata dall’ottimo Vittorio Malagutti sullarete dei sovranisti europei, L’Espresso aveva infatti raccontato i rapporti tra Foa, il mondo leghista, quello pentastellato e le voci ed occhi del presidente russo Putin in Italia. L’inchiesta di Malagutti partiva da Sestu, un paesino vicino Cagliari in Sardegna, dove hanno sede sono gli uffici della Moving Fast Media, società da cui dipende la gestione del sito di news “Silenzi e Falsità” che strombazza l’ambizioso obiettivo di raccontare “quello che i media non dicono”. La linea editoriale ma sopratutto politica del sito è molto chiara ed evidente. Totale appoggio e sostengo al governo Conte con titoli enfatici per attaccare quelli che vengono descritti come i nemici dell’esecutivo, partiti o giornali che siano ! La gestione dell’iniziativa è affidata a Marcello Dettori, 28 anni, fratello di quel Pietro Dettori, classe 1986, a lungo collaboratore di
Gianroberto Casaleggio e successivamente di suo figlio Davide, ed oggi anche uno dei quattro “soci” della piattaforma Rousseau che incassa 300 euro sotto forma di contributo mensile da ogni deputato e senato del M5S . Marcello Dettori, il gestore di Silenzi e Falsità, ha lavorato due anni (da ottobre 2013 a dicembre 2015) alla Casaleggio associati di Milano. La Moving Fast Media è stata costituita dal notaio, appena 8 mesi fa, nel dicembre del 2017, ma nel frattempo il più giovane dei Dettori si era già messo in proprio come consulente. Tra i suoi clienti, al momento soltanto tre , compare una società di Lugano: la MediaTi holding. a cui fa capo il più importante gruppo editoriale della Svizzera italiana, proprietario del Corriere del Ticino, un quotidiano, a cui si aggiungono televisione, radio e un sito di news. Marcello Foa Ma cosa c’entra il consulente a Cinque Stelle con questi media che operano dalla Svizzera? Marcello Foa, è amministratore delegato della Società editrice del Corriere del Ticino, che l’anno scorso ha assorbito MediaTi holding. Foa doppia cittadinanza, italiana e svizzera, giornalista, blogger e saggista, impegnato in prima linea nella battaglia sovranista, è diventato l’ anello di congiunzione tra due mondi che ideologicamente sembrerebbero essere molto distanti. Ha lavorato a lungo alla redazione esteri del quotidiano il Giornale
di proprietà della famiglia Belusconi, diventando in seguito responsabile del sito online. Nel 2011, il distacco alla galassia berlusconiano diventando manager di punta del gruppo Corriere del Ticino a Lugano. Foa ad onor del vero, non ha mai nascosto il suo appoggio a Salvini, che conosce molto bene.Lo scorso 14 giugno, stato presentato a Milano l’ultimo libro del giornalista dal titolo “Gli stregoni della notizia, atto secondo”, presentazione che annunciava come “special guest” proprio il ministro dell’Interno, che è apparso con un videointervento. L’incontro pubblico è stato organizzato, secondo quanto recita la locandina, dall’Associazione Più Voci, quella stessa associazione balzata agli onori della cronaca , per aver ricevuto un contributo ( non dichiarato ) di 250 mila euro dal costruttore Luca Parnasi, arrestato lo scorso mese per lo scandalo sulla costruzione del nuovo stadio della Roma Calcio. Meno pubblicizzata è stata la presenza di Foa a un altro evento dal significato politico leggermente più interessante. Infatti lo scorso 8 marzo scorso, pochi giorni dopo le elezioni, è arrivato a Milano Steve Bannon, il guru “sovranista” già vicino a Donald Trump, il quale ha fatto visita a Salvini. E guarda caso….tra i pochi ammessi all’incontro c’era proprio Marcello Foa. Sul versante con il Movimento Cinque Stelle Foa ha consolidato nel tempo i legami con Marcello Dettori , e non a caso il sito Silenzi e Falsità ospita spesso interventi del giornalista italo-svizzero. Sulla propria pagina Facebook, Foa non manca mai di segnalare e pubblicare anche i suoi interventi da opinionista per Russia Today, la tv via satellite in lingua inglese controllata dal governo di Mosca. Con l’operazione Rete Magica la Casaleggio entra a Palazzo Chigi di Giovanna Vitale*
Il prestanome. Non è esattamente lusinghiero l’ultimo appellativo affibbiato al premier incaricato Giuseppe Conte. È quello che però rende meglio l’idea coltivata con tenacia alla Casaleggio Associati. Dove – dopo aver concepito in laboratorio il capo politico dei 5S – si avviano a realizzare un progetto ancor più ambizioso: trasformare un anonimo professore di diritto nel perfetto esecutore del contratto pentaleghista, volto del Movimento ma senza voce propria, interprete di una linea dettata per interposto staff e decisa altrove. A Milano. Nel quartier generale della Srl dove si è già insediata la cabina di regia del nuovo primo ministro. È solo una questione di tempo. Poi, appena il governo nascerà, il Giglio ormai appassito che per quattro anni ha dettato legge a Palazzo Chigi verrà sostituito dalla “Rete Magica”, in omaggio al totem dell’azienda informatica da cui tutto discende e al tramaglio congegnato per imbrigliare “l’avvocato del popolo“. Un poker di pretoriani che dovrà misurarne i passi e le parole, curarne l’immagine pubblica e i profili social, scriverne i discorsi e smistarne le telefonate. Hai visto mai che anziché Macron chiami l’ex amica Maria Elena Boschi.
Capo indiscusso della Rete e finora al servizio di Luigi Di Maio sarà Rocco Casalino, già al vertice della Comunicazione 5S, scalata in cinque anni partendo dal basso, come vice al Senato di Claudio Messora: per meriti acquisiti sul campo sarà lui il portavoce di Conte, più voce che porta, in realtà. Di lui si sa pressoché tutto. Classe ’72, una laurea in ingegneria, comincia la sua “carriera” come concorrente del Grande Fratello, che tuttavia non riesce a garantirgli la ribalta sperata: uscito dalla Casa, Rocco entra nella controversa cerchia di Lele Mora, fa l’opinionista in trasmissioni di intrattenimento, facendosi notare per le litigate spesso furiose e alcune esternazioni razziste (“I poveri hanno un diverso odore della pelle”, disse alle Iene). La classica storia di meteora tv. A cui lui tuttavia non si arrende: per quattro anni conduce un programma mattutino su TeleLombardia finché, nel 2011, spedisce un video-messaggio caricato su Youtube a Grillo e Casaleggio padre che lo accolgono a braccia aperte, anche se nel 2013 la sua candidatura alle regionali viene bocciata dai militanti storici che non lo accettano. Nel frattempo, però, il M5S vince il Parlamento e per Casalino inizia l’ascesa alla vetta del potere. Esercitato in modo
inflessibile: è lui a decidere chi deve andare in tv, apparire e dunque esistere. Imponendo a tutti i talk il “codice Rocco“: gli ospiti grillini non devono mischiarsi, interloquire con altri politici, l’unico contraddittorio ammesso è coi giornalisti, meglio se clementi, sennò addio per sempre. Quando Di Maio scala il Movimento, lui diventa la sua ombra. Scivolando alle spalle di Conte – con cui condivide un incidente di curriculum: il vantato master americano in Economia è stato smentito dall’università di Winchester – appena l’asse pentaleghista si salda sul nome del professore. A cui Casalino scrive il suo primo discorso da capo del governo incaricato. Vergato poco prima di salire al Quirinale nella sede romana della Casaleggio, dove ha il domicilio l’altro dioscuro del futuro premier: Pietro Dettori (sopra nella foto con Luigi Di Maio) . Destinato, lui, alla guida dell’Ufficio di Presidenza: nessun atto, decreto, mail o missiva potrà entrare o uscire senza che l’ex dipendente della srl meneghina lo veda.
Figlio di un imprenditore sardo amico di Casaleggio senior, entra in azienda grazie alla sua abilità coi social. Il passaggio al blog di Grillo viene naturale: è Dettori a scrivere i post più virulenti. Alla morte di Gianroberto, il figlio Davide lo vuole con sé nell’Associazione Rousseau, ma sarà l’uscita dell’eurodeputato David Borrelli a consentirgli la promozione a socio della piattaforma che gestisce le votazioni più importanti (da ultimo, l’accordo Lega-5S), i dati degli iscritti, le leggi condivise con i cittadini. Un fortino di dati e informazioni che dà un grande potere a chi lo controlla. E che ora si trasferisce armi e bagagli nel cuore dello Stato. Dove approderà anche Maria Chiara Ricciuti, altra pedina fondamentale dello staff di Di Maio, che di Conte sarà il capo dell’ufficio stampa. Maria Chiara Ricciuti Trentenne romana ma di origini abruzzesi, “giornalista fuori tempo e fuori epoca” si definisce lei, ha lavorato per anni per l’Italia dei Valori, la prima forza politica ad avvalersi dei servigi della Casaleggio Associati. Con lei, vestale dell’agenda di Conte, sbarcherà a Palazzo Chigi pure un’altra fedelissima del capo politico: Cristina Belotti, 29 anni, già responsabile Comunicazione del M5S in Europa (abbandonata dopo lo scandalo sui rimborsi truccati) e già in prima linea nel tour per le Regionali siciliane. La Rete del premier è pronta. Dalla regia di Milano è tutto, a voi la linea.
*opinione tratta da Rep: Fake news ? No “fake programma” del M5s ! Ecco i documenti che provano come il programma del M5s è stato cambiato ROMA – “La versione del programma elettorale attualmente disponibile sul sito del movimento è completamente diversa da quella che c’era a febbraio”. La scoperta è di Luciano Capone, che in un’inchiesta pubblicata oggi sul Foglio spiega: “Qualcuno al vertice del partito, probabilmente Di Maio che ne è il capo politico, con il placet di Davide Casaleggio che attraverso l’ Associazione Rousseau gestisce il sito, ha sostituito il programma votato dagli iscritti con un altro completamente differente. ‘In Italia è nato il primo e unico programma politico basato sulla partecipazione e sulla democrazia diretta online grazie al Sistema Operativo Rousseau‘ , si legge sul sito del M5s. Ma non è così“. Ecco il confronto tra i 24 capitoli del “nuovo” programma pentastellato e i 20 “vecchi” capitoli. Non solo molti punti sono stati modificati e sostanzialmente stravolti, ma quattro dei nuovi documenti sono file completamente inediti e dunque non votati dalla base grillina: si tratta di quattro capitoli del programma aggiunti dopo le elezioni e mai votati dagli iscritti sulla piattaforma Rousseau.
Quasi tutti i capitoli sono stati scaricati da una versione del sito del 7-12 marzo. Ciò vuol dire che tra la “foto istantanea” dell’1-2 febbraio e quella del 7-12 marzo i programmi sono stati sostituiti. Non siamo in grado di sapere esattamente quando, se poco prima o poco dopo le elezioni. Ma la sostanza non cambia di tanto: è stato fatto di nascosto, in tanti casi con modifiche sostanziali e senza avvisare militanti ed elettori. Questo è il link dove si può vedere il calendario del sito, ogni data segnalata con un cerchio colorato corrisponde a una “fotografia” diversa del sito. In questo modo vengono registrate tutte le modifiche (è un po’, come dice il nome “wayback machine“, una specie di macchina del tempo). Di tutti
questi documenti ce n’è solo uno, il “programma Affari Costituzionali”, che non siamo riusciti a trovare dal link originale dal sito del M5s, ma da un altro sito di attivisti. La data riportata nel nome di ogni file corrisponde alla data in cui – secondo la “fotografia” dell’Internet Archive – era presente sul sito. AFFARI COSTITUZIONALI La prima versione e la versione modificata AGRICOLTURA La prima versione e la versione modificata AMBIENTE La prima versione e la versione modificata BANCHE La prima versione e la versione modificata BENI CULTURALI La prima versione e la versione modificata DIFESA La prima versione e la versione modificata DIGITAL PA (NON ERA PRESENTE NELLA PRIMA VERSIONE E NON È STATO VOTATO DAI MILITANTI) ENERGIA La prima versione e la versione modificata ESTERI Qui i dettagli FISCO La prima versione e la versione modificata GIUSTIZIA La prima versione e la versione modificata IMMIGRAZIONE La prima versione e la versione modificata LAVORO Qui i dettagli SALUTE La prima versione e la versione modificata SCUOLA La prima versione e la versione modificata SICUREZZA La prima versione e la versione modificata SPORT (NON ERA PRESENTE NELLA PRIMA VERSIONE E NON È STATO VOTATO DAI MILITANTI) SVILUPPO ECONOMICO La prima versione e la versione modificata TELECOMUNICAZIONI La prima versione e la versione modificata TRASPORTI La prima versione e la versione modificata TURISMO La prima versione e la versione modificata
UNIONE EUROPEA (NON ERA PRESENTE NELLA PRIMA VERSIONE E NON È STATO VOTATO DAI MILITANTI) UNIVERSITÀ E RICERCA La prima versione e la versione modificata *inchiesta del quotidiano IL FOGLIO Casaleggio Leaks. I documenti segreti sulla truffa della democrazia grillina di Claudio Cerasa* Lo ripetiamo perché forse qualcuno ancora non se ne è reso conto. Dunque. In Italia esiste un partito guidato da un comico di nome Beppe Grillo, diretto da un ologramma di nome Luigi Di Maio, eterodiretto dal capo di una srl privata di nome Davide Casaleggio che si candida ad applicare in tutta Italia il modello Raggi facendo leva su tre messaggi chiari e definiti: noi siamo il partito della trasparenza, noi siamo il partito della legalità, noi siamo il partito della democrazia diretta. Su questo partito, la classe dirigente italiana ha scelto da tempo di non farsi troppe domande, ha scelto di coprirsi gli occhi di fronte ai profili di incostituzionalità e ha scelto di voler considerare solo un puro fenomeno di folclore la presenza, in questo movimento, di un soggetto non eletto da nessuno che attraverso un’associazione privata di nome Rousseau controlla la vita democratica e le attività di un movimento senza che questo movimento possa avere alcun tipo di controllo sulle attività del suo controllore: il signor Davide Casaleggio. La democrazia del Movimento 5 stelle, come è noto, è governata dall’Associazione Rousseau, di cui Davide Casaleggio è presidente,
tesoriere e amministratore unico. Ma mentre Casaleggio ha il potere di governare i dati degli iscritti di Rousseau, le procedure di votazione dei candidati del movimento, le scelte delle proposte da presentare in Parlamento, i soldi versati oggi dagli iscritti e domani dai parlamentari (300 euro al mese, con il risultato che un partito nato per abolire il finanziamento pubblico dei partiti finanzierà con i soldi pubblici incassati dai parlamentari un’associazione privata), al contrario il movimento non può indicare i vertici, non può influenzare le decisioni, non può avere contezza di quali siano le regole interne, la gestione delle risorse finanziarie e le procedure per entrare in Rousseau. Beppe Grillo e Davide Casaleggio Nessuna trasparenza, come è stato costretto ad ammettere ieri nel corso di una trasmissione televisiva il simpatico deputato grillino Danilo Toninelli, che proprio mentre il Foglio pubblicava online, in esclusiva, lo statuto dell’associazione Rousseau ha sostenuto che lo scoop del Foglio, sullo statuto Rousseau, fosse “una mera invenzione, perché non esiste alcuno statuto Rousseau”. Ehm… Mossi da un senso di vicinanza profonda nei confronti dell’onorevole Toninelli oggi offriamo al deputato del Movimento 5 stelle un’altra storia che gli elettori grillini meriterebbero di conoscere e che riguarda una vicenda stranamente non rilanciata nelle ultime settimane dai solitamente molto prolifici onorevoli grillini: la genesi del provvedimento del Garante della privacy contro l’Associazione Rousseau, accusata di violazioni nel trattamento dei dati personali dell’Associazione Rousseau. Quello che tutti sapete è che lo scorso 2 gennaio il Garante per la privacy ha reso noto il suo ammonimento. Quello che nessuno sa è come il garante è arrivato a quell’ammonimento. Ve lo raccontiamo.
Per raccontarvi cosa è successo prima del 2 gennaio bisogna partire da qui: cosa si è scoperto durante i mesi in cui si è lavorato per studiare gli eventuali illeciti commessi da Rousseau nel trattamento dei dati personali degli iscritti alla sua piattaforma (150 mila iscritti, anche se quelli realmente attivi dovrebbero essere circa un terzo). Nel provvedimento del Garante, pubblicato il 21 dicembre 2017, erano presenti alcuni rimandi a diversi allegati omessi nel provvedimento. Così ci siamo incuriositi e l’8 gennaio abbiamo mandato allo stesso Garante, ai sensi del d.lgs n. 97 del 2016, una “richiesta di accesso civico agli atti relativi all’indagine del garante sulla così detta piattaforma Rousseau e al provvedimento del 21 dicembre 2017, in particolare per acquisire i verbali delle operazioni compiute e le istanze e le altre segnalazioni pervenute al garante, nonché ogni altro elaborato, analisi o rapporto prodotto dall’ufficio”. Il garante ha fatto le sue verifiche (incredibilmente, nessuno prima del Foglio lo aveva chiesto) e il 30 gennaio ci è stato consegnato un plico con tutta la documentazione. E tra i vari file allegati ci sono spunti utili per capire perché sui tre messaggi forti del Movimento 5 stelle – noi siamo il partito della trasparenza, noi siamo il partito della legalità, noi siamo il partito della democrazia diretta – c’è qualcosa che non torna e che anche l’onorevole Toninelli merita di conoscere. La prima notizia riguarda il tema della trasparenza (e il Garante della Privacy poi deciderà se si tratta anche di un tema che sconfina nella non legalità). Il 2 gennaio i giornali hanno riportato le accuse del garante della privacy sul tema degli “illeciti nel trattamento dei dati degli utenti” e sul voto elettronico “non anonimo”. Basta sfogliare le carte però per capire che in realtà sono gli stessi legali di Davide Casaleggio il 5 ottobre 2017 a riconoscere che i gestori della piattaforma Rousseau sono consapevoli che il voto non risponde ai criteri di segretezza e che può essere tracciato. Sentite qui: “A specifica domanda dei verbalizzanti, la parte (Casaleggio) ha fatto presente che sussiste la possibilità teorica di ricondurre, tramite altre informazioni disponibili nel sistema, il voto espresso all’identità del votante, possibilità che tuttavia non è mai stata utilizzata”. E a conferma di questa consapevolezza gli avvocati ammettono che i
gestori di Rousseau stanno studiando “delle soluzioni basate su tecnologia blockchain, che consentirebbe di pervenire ad una certificazione dei voti espressi, rispettando la segretezza del voto”. Cosa che finora, ammettono gli avvocati di Casaleggio, non è stata garantita. Potrebbe bastare questo per farsi qualche domanda sulla truffa della democrazia diretta, ma nel dossier del garante della privacy si trova qualche considerazione in più. Una è in un rapporto, finora inedito, di trentaquattro pagine, depositato il 29 novembre 2017 presso l’archivio del Garante per la protezione dei dati personali, e che è così intitolato: “Note sugli aspetti di sicurezza relativi alle piattaforme on line gestite dalla Casaleggio & Associati S.r.l per conto di Giuseppe Piero Grillo, dell’Associazione Rousseau e del Movimento 5 stelle”. I più attenti tra voi avranno notato che già in questa presentazione c’è una notizia: al contrario di quello che sostiene Davide Casaleggio, che il 2 gennaio ha dato mandato ai suoi legali di “riservarsi il diritto di procedere in qualsiasi sede giudiziale, sia penale che civile, nei confronti di tutti coloro che in modo mendace e in mala fede continueranno intenzionalmente e pubblicamente a confondere la predetta società (la Casaleggio Associati) con l’Associazione Rousseau, il garante della privacy afferma che anche Rousseau “è gestita” non da Davide Casaleggio come persona fisica ma direttamente dalla Casaleggio Associati. E per capire perché questa affermazione è formulata senza proposizioni dubitative conviene arrivare alla fine dell’articolo. Garante Privacy M5S Torniamo alla privacy. Cosa dice il rapporto del garante su Rousseau? Due cose. Ci dice che anche nell’unico campo in cui il Movimento 5 stelle avrebbe potuto mostrare la sua competenza i gestori della piattaforma che governa la democrazia diretta del movimento hanno dato prova di straordinaria non competenza. Esempio numero uno. La piattaforma Rousseau è stata realizzata con un sistema che si chiama “Cms Movable Type Enterprise Versione 4.31-en”. Ma questa versione, scrive il garante, concetto già espresso nel provvedimento del 21 dicembre, ha un problema: “E’ affetta da obsolescenza tecnica”. E che significa obsolescenza tecnica? Significa che ogni versione di quel sistema con radice pari a 4.3 scadeva il 31 dicembre del 2013 e oltre quella data, scrive il garante, “non sono più rilasciati aggiornamenti di sicurezza”. Dunque: il movimento che vuole sostituire la democrazia rappresentativa con la democrazia diretta ha costruito un sistema che potenzialmente dà a chi dirige la democrazia la possibilità di controllare ciò che fanno i suoi iscritti e lo ha fatto servendosi di un sistema “artigianale” (definizione del Garante) che già cinque anni fa era da buttare nel cestino. Lo diciamo noi? No. Lo dice ancora il
garante. Pagina 16: “Il sistema adottato non consentiva di imporre delle policy efficaci relativamente alla qualità delle password, ammettendo l’uso di password banali, facilmente esposte alla decifrazione e ad attacchi. In particolare, si fa presente che tale limitazione comporta, laddove presente, che un qualsiasi utente applicativo o sistemistico del sistema operativo, anche con profili di minor rilievo ma che abbia accesso in sola lettura ai database delle password, solitamente registrate in forma cifrata, possa acquisirle nella forma in cui sono e condurre in modalità on line attacchi brute force sulle password, che, se fruttuosi, consentiranno in un secondo tempo l’effettuazione di accessi abusivi con l’utilizzo in chiaro delle credenziali tecnicamente correte, senza causare alcun allarme sul sistema attaccato”. Basta questo? No, non basta. Passaggio ulteriore che consigliamo a Danilo Toninelli, da sottolineare con la matita blu: “L’incertezza sulla effettiva resilienza del sistema di votazioni elettroniche, l’impossibilità di verificare a posteriori la liceità dei trattamenti svolti, l’impossibilità di accertare l’unicità del voto espresso, nonché l’incertezza sulla sua autenticità e, infine, il rischio anche solo sul piano astratto che sia possibile controllare e ricostruire le preferenze espresse dai votanti a causa della mancanza di anonimato, caratterizzando il sistema Rousseau, nella sua componente di voto elettronico, quale interessante sperimentazione di uno strumento di interazione e partecipazione politica, del tutto privo, tuttavia, di quei requisiti di sicurezza informatica e di protezione dei dati personali, che dovrebbero caratterizzare un vero e proprio sistema di e-voting”. E perché il sistema di e-voting non è sicuro? Lo spiega il garante a pagina 23: “I voti espressi tramite le funzionalità di e-voting offerte dalla piattaforma vengono archiviati, storicizzati e restano imputabili a uno specifico elettore anche successivamente alla chiusura delle operazioni di voto, consentendo elaborazioni a ritroso con, in astratto, la possibilità di profilare costantemente gli
iscritti, sulla base di ogni scelta o preferenza espressa tramite il sistema operativo”. Ci si potrebbe anche fermare qui se non fosse che tra i documenti consegnati al Foglio dal Garante della Privacy c’è un elemento ulteriore che ci permette di mettere a fuoco il vero “burattinaio “del Movimento 5 stelle, l’uomo che gestendo da remoto la democrazia diretta offre agli elettori l’illusione di poter contare quando in realtà il sistema realizzato da Casaleggio & Co. non fa altro che alimentare un bluff politico in cui la democrazia diretta è diretta nel senso che c’è qualcuno che può dirigerla dall’alto. E così, come abbiamo raccontato ieri con lo statuto dell’Associazione Rousseaupubblicato da Luciano Capone, sappiamo con certezza che Casaleggio, da presidente, tesoriere e amministratore unico di Rousseau, attraverso Rousseaucontrolla i dati, controlla i soldi, controlla di fatto il partito teleguidato dalla sua associazione privata e potenzialmente può controllare anche i candidati (anche se certamente non l’ha mai fatto, come hanno detto al garante della privacy i suoi avvocati). Ma sappiamo anche altro. E sappiamo che al contrario di quello che ha affermato il numero uno della Casaleggio Associati in realtà tra l’Associazione Rousseau e la srl fondata da Gianroberto Casaleggio esiste una simmetria che meriterebbe di essere approfondita come nota anche il Garante in un passaggio della relazione su Rousseau (“I rapporti tra Movimento, Associazione, Società e lo stesso titolare del trattamento Giuseppe Piero Grillo sono meritevoli di un approfondimento che esula però dalle finalità del presente rapporto”). La simmetria non la si deduce solo dal fatto che la sede di Rousseau è la stessa della Casaleggio Associati (via Morone 6, Milano). Ma la si deduce anche da un dettaglio che forse è sfuggito allo stesso garante.
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