VOGLIAMO DARE UN SENSO AL COVID-19 - Le alunne e gli alunni delle classi terze della Scuola Secondaria di primo grado "Amerigo Vespucci", per ...
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VOGLIAMO DARE UN SENSO AL COVID-19 “ Le alunne e gli alunni delle classi terze della Scuola Secondaria di primo grado “Amerigo Vespucci”, per l’Esame di Stato, diventano “storici” al tempo del coronavirus. ”
“Ringrazio ed esprimo profonda gratitudine a Sergio Staino,tra i più grandi interpreti della satira politica in Italia. Disegnando la copertina di questo lavoro ha ricordato, a tutti noi,l’importanza dell’amore per l’altro che ci sta davanti”. DS Maria Salvia IC Amerigo Vespucci Vibo Marina
VOGLIAMO DARE UN SENSO AL COVID-19 “ Le alunne e gli alunni delle classi terze della Scuola Secondaria di primo grado “Amerigo Vespucci”, per l’Esame di Stato, diventano “storici” al tempo del coronavirus. ”
SOMMARIO 11 Introduzione Luigi Berlinguer 13 Contributi: Direttore Generale USR Calabria Maria Rita Calvosa Silvio Greco Padre Laurent Mazas 19 Capitolo 1. “Il mostro” che ha sconvolto le nostre vite: il Covid-19 31 Capitolo 2. Coronavirus e conseguenze sociali economiche e ambientali 51 Capitolo 3. Noi da soli non esistiamo 63 Capitolo 4. La forza della speranza e della solidarietà. 78 Riflessioni Docenti IC “Amerigo Vespucci” Vibo Marina 79 Conclusioni e ringraziamenti della dirigente scolastica Maria Salvia 80 Presidente CdA Diemmecom Gruppo Editoriale DomenicoMaduli 81 Elenco alunni
Luigi BERLINGUER “La Scuola è la mia casa, aperta tutto il giorno tutto l’anno e tutta la vita”. So che questo è il vostro sentire cari alunni di questa meravigliosa Scuola, l’Amerigo Vespucci. Una Scuola che ha i suoni e i colori del mare. Stiamo facendo tutti un grande sacrificio, ma quello più alto lo state pagando voi, i più giovani. Fermo restando che le misure adottate per il contenimento del virus sembrano severe, ma sono assolutamente corrette e vanno rispettate. Sebbene la classe virtuale non possa sostituire quella reale, perché a scuola, tra i banchi c’è l’impegno, ma anche la gioia di stare insieme e la curiosità culturale ,in questo lungo periodo ha consentito di non perdere il contatto e continuare a rendere il suo servizio. Con questo lavoro avete superato il limite della mancanza della presenza e siete diventati un potente stimolo all’intelligenza, al coraggio e alla creatività didattica. Conosco da tempo e da vicino la vostra scuola per via di una fertile affinità intellettuale con la vostra Preside, Maria Salvia, conosco i vostri docenti, persone illuminate e appassionate. Tutti insieme inseguono i vostri talenti con didattiche innovative e spesso originali, sono attenti osservatori della vostra armoniosa crescita, in parole semplici vi amano e vi sostengono. Questa è la scuola per tutti. 11
CONTRIBUTI
Direttore Generale Ufficio Scolastico Regionale per la Calabria Maria Rita Calvosa Il lavoro racconta emozioni e sentimenti che ha fatto vivere agli studenti, nelle loro apparenti fragilità pre-adolescenziali, il contesto pandemico che il mondo sta vivendo; apparenti soltanto però, perché la narrazione di ciò che è stato, nei momenti di maggiore “buio sociale” e di ciò che sarà nel futuro di ciascuno di noi, dimostra chiaramente la consapevolezza di quanto si sta vivendo, della sua esatta collocazione spazio-temporale, di contesto e di analisi dei dati, statistici e mediatici; mostra, cioè, quanto i ragazzi abbiano interiorizzato ciò che hanno vissuto e che stanno ancora vivendo, con tutto il carico di emozioni, positive e negative, della loro giovane età, ma anche la certezza, per tutti, di quanto la tragica situazione globale causata dal COVID19, segnerà in maniera indelebile il futuro di ciascuno, e dei nostri ragazzi in particolare. In tale senso e in tale contesto, la DAD e la tecnologia digitale in generale sono divenuti strumento necessario ed insostituibile per esorcizzare la realtà, per affrontarla con la giusta e consapevole attenzione e poterla elaborare, ciascuno secondo il proprio genio creativo, dinamicamente proteso alla ricerca di non facili soluzioni: nulla è , nulla è stato e nulla sarà facile d’ora in poi, ma l’intero lavoro suggerisce la necessità di rivedere la scala di valori in ciascuno di noi, di riorganizzare il proprio sistema di vita, dando priorità a quanto, il COVID19, ha mostrato essere davvero importante come il rapporto con gli altri, il dono prezioso che è la famiglia, il valore della solidarietà sociale e del rispetto dell’altro, il senso profondo della nostra vita e della sua inevitabile, quanto indispensabile ed indissolubile, interrelazione con quella degli altri. L’analisi e la descrizione di quanto accaduto, espressa dai ragazzi con riflessioni ed icone di grande e profonda sensibilità, mette a fuoco una situazione globale che ha innescato nuovi ed 13
inevitabili sistemi di comunicazione e di interscambi culturali ed intellettuali; nella scuola, in particolare, sono stati sperimentati nuovi strumenti metodologico-didattici e reinventate situazioni di apprendimento che hanno permesso comunque di non interrompere il percorso formativo, affinché i cancelli e le serrande del diritto allo studio non venissero chiusi, ma, nella loro intrinseca capacità di trasformarsi, continuassero a percorrere le strade verso la conoscenza e l’acquisizione di competenze e abilità, per rendere i ragazzi e le ragazze che affollano le nostre aule di scuola, “uomini in erba” alla ricerca di sé stessi prima di affrontare il mondo delle professioni e del lavoro. La ricerca del sé, della propria umanità e del proprio essere, diventa con questo lavoro digitale, un valore di crescita armoniosa e di consapevolezza della propria capacità di espressione e di giudizio sulle situazioni della vita e del contesto sociale in cui ciascuno è immerso, contesto mai come prima d’ora, globalizzato e totalizzante nella sua forza centripeta che, nelle relazioni umane e nell’Uomo, ritrova la sua direzione ideale e concreta, fatta di mutuo-aiuto e condivisione di ansie, paure e turbamenti ma, altrettanti sentimenti positivi e speranze per un futuro che riparte verso nuovi orizzonti ed obiettivi, valoriali soprattutto, nel rispetto dell’umanità insita e ritrovata in e da ciascuno di noi tutti…certamente, umanità insita e ritrovata dagli studenti della Scuola Superiore di I grado dell’IO “A. Vespucci” di Vibo Marina, come l’e-book ampiamente dimostra. La scuola calabrese ha molte eccellenze e il lavoro degli studenti dell’IC “A. Vespucci” di Vibo, rappresenta un lodevole esempio di quanto la DAD comunque ha saputo produrre, nonostante le difficili, quanto improvvise, condizioni di lavoro che il lock-down ha imposto; meritevoli di grande apprezzamento risultano, pertanto, sia l’oculata e pregiata guida dei docenti, sia la straordinaria, quanto responsabile, promozione dirigenziale della dott.ssa Maria Salvia, protesa sempre verso obiettivi innovativi e creativi; l’e-book infatti rappresenta, per contenuti e per forma espressiva prescelta, il miglior risultato in termini di vicinanza e accompagnamento per tutti gli studenti dell’istituzione scolastica, nel periodo buio che la scuola, soprattutto, ha attraversato a causa del “nemico invisibile” chiamato “COVID19”. 14
Silvio Greco Cari studenti dell’ Amerigo Vespucci di Vibo Marina, stiamo vivendo una Pandemia che è stata provocata da un piccolissimo virus che è stato denominato COVID19. Un virus non appare per caso. In natura vive nascosto in una specie detta “serbatoio”, con il quale convive senza arrecargli danno perché con questo si è coevoluto. Dove alta è la biodiversità, dove numerose sono le specie, dove gli equilibri non sono intaccati, il virus prosegue la sua vita nascosto. Quando l’azione dell’uomo sconvolge gli equilibri degli ecosistemi naturali, mettendo in difficoltà l’ospite “serbatoio”, il virus salta di specie ( in inglese spillover) e ne trova una nuova, non adattata alla sua presenza, e questa specie nuova si trasforma in ospite di “amplificazione”, ed il virus è libero di replicarsi. Ed ecco che è pronto per il salto verso altre specie. La causa principale degli spillover e, quindi, delle esplosioni di malattie emergenti, risiede nell’alterazione degli ecosistemi naturali determinata da comportamenti dell’uomo, quali: la deforestazione, la costruzione di strade, muri e infrastrutture senza valutazione di impatto, l’aumento del terreno agricolo, dei pascoli e degli allevamenti intensivi, che riconvertono e impoveriscono ampi spazi prima ricchi di biodiversità, la caccia alla fauna selvatica, le attività minerarie, gli insediamenti urbani (in continua crescita e contemporanea diminuzione dei sistemi igienici), il consumo di suolo, l’inquinamento, e, tanto altro ancora. Tutte queste attività va aggiunto, portano al dato più preoccupante: i cambiamenti climatici. Le foreste tropicali sono ambienti ricchi di vita e altamente complessi. Ospitano milioni di specie di cui ancora ignoriamo la presenza, tra questi molti patogeni e parassiti, quali virus, batteri, funghi, protisti. Quando alteriamo gli equilibri dell’ecosistema tutto ciò che lo compone cambia. Così anche gli ospiti abituali dei virus, quali scimmie, oppure pipistrelli, insetti ma anche piante, subiscono cambiamenti, e, così, i virus devono trovare il modo di non estinguersi. Non è il virus a disturbare noi, siamo noi che disturbiamo il 15
delicato equilibrio in cui vive. Vi é un’intima interconnessione tra uomini e animali, tra uomini e natura, e dunque, evoluzione ed ecologia, sono le chiavi per comprendere, anche, le pandemie. Ciascuno di noi ha la grande responsabilità di fare in modo che i propri comportamenti siamo compatibili e rispettosi dell’ambiente in cui viviamo. L’uomo deve cambiare approccio per evitare il prossimo spillover. Deve, invece, che inseguire la malattie, evitare che si manifesti, come ci dicono virologi ed ecologi. Per fare questo bisogna salvaguardare gli ecosistemi, ripristinare la biodiversità e gli equilibri ecologici. Il rispetto della “cascata trofica” diminuisce e equilibra le specie “amplificatrici”, salvaguardando le specie “serbatoio” che sono li loro habitat. I ricercatori parlano di “One Health”, per spiegare che la salute dell’uomo e quella della natura sono strettamente connesse, e che non esiste futuro per l’umanità se non all’interno di un Pianeta sano. 16
Padre Laurent Mazas Il silenzio è assordante. Non solo in Vaticano… in tutta la Città Eterna… in tutto il mondo colpito dalla pandemia. Da solo sul Sagrado deserto della Basilica San Pietro bagnato dalla pioggia, Papa Francesco – siamo il 27 marzo 2020 – prega davanti al Crocifisso miracoloso di San Marcello e l’immagine della Salus Populi Romani. Non era mai successo a nessun Pontefice nella storia di ritrovarsi a celebrare da solo nella gigantesca piazza San Pietro. Quasi in un soffio, umile e dolce, dà voce all’umanità, implorando Dio di donare “salute ai corpi e conforto ai cuori, e di non lasciarci in balia della tempesta”. Mentre il mondo “impaurito e perso” si richiude in se stesso, il Pastore oggi senza gregge chiama ciascuno a ripensare alle sue priorità e a riagganciarsi alla fede: “Il buio si è impadronito delle nostre vite. Ci si è “ritrovati impauriti e smarriti”. C’è nella preghiera di papa Francesco, un passaggio che fa pensare ai pensieri dei ragazzi presentati in questo capitolo intitolato “La forza della speranza e della solidarietà”, del paragrafo “La solitudine del Papa è la nostra solitudine… e infine ne usciremo tutti insieme”. Dice: “ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, fragili e disorientati”, allo stesso tempo “importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme”. Infatti, “le nostre sono tessute e sostenute da persone comuni – solitamente dimenticate – che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né nelle grandi passerelle dell’ultimo show: medici, infermieri e infermiere, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo”. I ragazzi fanno parte di questo popolo troppo spesso dimenticato. Dimostrano di saper resistere alla tempesta, di essere capaci di remare insieme agli altri quando la direzione presa dagli adulti è quella di un porto felice, di un mondo di luce e di gioia. 17
18 Capitolo I
IL MOSTRO CHE HA SCONVOLTO LE NOSTRE VITE: IL COVID-19 Che paura, è arrivato il mostro! Il Mostro? Ma i mostri non si incontrano solo nelle fiabe? Quando eravamo piccoli i nostri incubi erano pieni di orchi e ombre che vedevamo brancolare nel buio della nostra stanza. Ci svegliavamo chiamando mamma e papà che arrivavano a consolarci e rassicurarci, e ritornavamo a dormire certi della realtà che ci circondava. Appunto, certi! Perché la certezza, mentre scriviamo i pensieri che ci affollano la mente, è svanita, lasciando il posto ad un futuro che non riusciamo più a progettare. Chi ci ha tolto tutto questo? TU MOSTRO! Non quello delle nostre fiabe, ma quello della nostra realtà, che adesso non è l’orco di turno, ma tu virus, tu CORONAVIRUS. Le pandemie ci dicono qualcosa sul nostro essere umani in un mondo che abbiamo profondamente modificato e che stiamo portando all’estinzione. Siamo storditi dal susseguirsi degli eventi, non abbiamo mai provato uno shock del genere perché questo virus ci ha tolto ogni punto di riferimento, ogni parola. Siamo come sospesi su una nuvola, protagonisti impotenti di un domani che non sappiamo nemmeno se sapremo vivere. Abbiamo dovuto cambiare le nostre abitudini più semplici, cambiare la nostra vita, riprogettarla chiusi nelle mura di casa che sono diventate la nostra scuola, la nostra palestra, il nostro tempo libero tra una videochiamata e l’altra con gli amici. 19
Abbiamo dovuto imparare a conoscerlo, sapere chi è SAR-CoV 2, COVID-19 portatore di febbre, tosse, polmonite e morte. “Lavatevi bene le mani, disinfettate tutto, proteggetevi con le mascherine, rimanete a casa”, questo abbiamo sentito e continuiamo a sentire tutti i giorni attraverso i mass-media. C’è la pandemia! Non ci possiamo abbracciare, baciare, stringere la mano perché il veicolo del virus siamo noi. Ha messo e continuerà a mettere l’intera umanità di fronte alla propria fragilità, alla sofferenza e alla morte, insinuandosi prepotentemente nelle nostre vite. E’ arrivato, non cercato, non aspettato, non voluto. Ha cominciato a colpire i più indifesi. Ha fermato il mondo, ci ha immobilizzato come delle statue ad assistere allo scorrere del tempo dietro una finestra, impauriti da quello che il giorno dopo ci avrebbe riservato, ibernati dalle nostre paure perché i prossimi contagiati potremmo essere noi. Proprio questo ci ha fatto apprezzare quello che prima davamo per scontato. 20
Il covid-19 è un nemico invisibile dal quale possiamo solo difenderci, è la natura che prende il sopravvento. In un’epoca in cui costruiamo barriere per tenere lontani i diversi, noi siamo diventati gli altri, i diversi. Abbiamo guardato ai Cinesi, popolo dal quale è partito il contagio, come agli appestati da isolare e, poi, siamo diventati, con grande stupore, il loro riflesso. Ritorniamo col pensiero a quando le pandemie le abbiamo studiate sui libri di scuola, a quella a noi più vicina, alla Spagnola di cui abbiamo visionato immagini durante le nostre lezioni di storia che assomigliano tragicamente al nostro presente. Probabilmente il male degli altri non ci riguarda fin quando non ci tocca personalmente. 21
Questo ci dovrebbe fare diventare meno egoisti e più empatici, in un mondo che ha perso l’armonia e il cuore. Vorremmo che nessuno si dimenticasse quanto sta succedendo solo perché tu, mostro, non sei andato a fargli visita, che uscisse l’essenza positiva di ognuno di noi visto che ci hai regalato altro tempo, prezioso possiamo dire, per apprezzare ancora l’unicità della vita, la sua autentica essenza, il suo valore profondo e incomparabile. Ti diciamo grazie perché ci hai insegnato che niente ci è dovuto, ma siamo dei privilegiati, nati nel posto giusto, in quella fetta del mondo dove i bambini giocano ancora, non soffrono la sete e la fame, dove l’istruzione è un nostro diritto. Siamo in attesa della fine, in attesa della riapertura totale, ma, soprattutto, della riapertura delle nostre menti, dei nostri cuori, delle nostre prospettive. In questo momento possiamo solo affermare: “Work in progress”. 22
Viviamo ormai interconnessi, in un “villaggio globale”: informazioni che circolano nello stesso istante in ogni parte del mondo, merci trasportate ovunque, decisioni politiche e/o economiche del governo di un Paese che hanno, all’istante, conseguenze in tutte le altre nazioni, virus anche mortali che in meno di trentasei ore si diffondono in ogni angolo del pianeta e lo stravolgono! Oggi, solo oggi, dopo un lungo “assopimento” sembriamo risvegliarci e ci chiediamo: In che mondo stiamo vivendo? In un film? No… Niente più che nel reale! Questa esperienza, nella sua tragicità, ha prodotto come un affinamento dei sensi che ci ha aiutato a cogliere aspetti fondamentali della nostra vita i quali, nella normalità dei tempi passavano inosservati; uno di questi aspetti riguarda certamente la presa di coscienza del fatto che la salute, quella di ciascuno di noi, non possa essere pensata come un bene privato, ma abbia, piuttosto, tutte le caratteristiche di un bene comune globale e, come tale, rende tutti uniti e fragili. La salute, dobbiamo capirlo, è il bene primario della vita! 23
Ovunque si sta combattendo un’estenuante battaglia contro questo mostro invisibile! Ogni nazione ha reagito a modo suo cercando di salvaguardare le proprie popolazioni: scuole, chiese, bar, ristoranti, pizzerie, pasticcerie, negozi di ogni tipo chiusi (come in Italia). Distanziamento sociale e ingressi controllati nei supermercati. La Gran Bretagna, addirittura, ha inizialmente esortato a seguire la strategia dell’. Non è stato facile per noi non poter svolgere le cose che si era abituati a fare ogni giorno: uscire liberamente, andare a scuola, incontrarsi con i compagni, le professoresse; dover vivere sempre con la paura che qualcuno a noi caro potesse ammalarsi. Casa nostra era ormai diventata una prigione. Ma nello stesso tempo vedevamo qualcuno che non rispettava le norme date, che sembrava non capire che più si agiva male, maggiore era il rischio per tutti noi. Vogliamo rientrare a scuola! E ci tormenta il pensiero di cosa faremo il primo giorno di “scuola superiore” con la Didattica a Distanza. Noi, i nostri nuovi compagni, li vogliamo conoscere di persona, non tramite uno schermo! 24
Siamo consapevoli che la malattia è parte integrante della storia dell’umanità, ma mai avremmo immaginato una tale catastrofe nel mondo odierno, caratterizzato dai tanti progressi medici e scientifici! La pandemia ha sorpreso i vari sistemi sanitari e ci ha fatto capire che nessuno è immune dalla malattia, che nessuno si salva da solo e che la salute dovrà essere interesse collettivo. Il mondo deve comprendere gli errori commessi, così da mettere al primo posto i valori della solidarietà e cooperazione internazionali. Abbiamo capito che il mondo ha bisogno di ricerca scientifica, di sistemi sanitari all’altezza, di uomini e di donne di buona volontà che siano disponibili a lavorare con competenza per il bene comune, abbiamo compreso che bisogna superare gli egoismi nazionali … speriamo lo capiscano anche i “grandi” della Terra. E… forse, un esempio al mondo potremmo darlo proprio Noi, i ragazzi, insieme fiduciosi nel futuro, pronti sempre a creare ponti e ad unirci in un unico coro. 25
“Ma il cielo è sempre più blu” “Il cielo è sempre più blu” […] Chi suda, chi lotta, chi mangia una volta Chi gli manca la casa, chi vive da solo, Chi prende assai poco, chi gioca col fuoco […] Questo ritornello ci risuona ancora nelle orecchie, sì, perché né l’Italia né il mondo sono voluti restare da soli. “Apriamo le finestre, usciamo sui balconi e suoniamo insieme anche se lontani”, questo era il messaggio che circolava sui social, momenti per sentirsi tutti più vicini nella lotta al terribile mostro. Questo perché durante i primi giorni di quarantena in tutto il mondo sono state promosse una serie di iniziative come risposta all’isolamento, esorcizzando la paura e facendo nascere sentimenti di unità e fratellanza fra gli uomini. 26
Lo stesso scopo hanno avuto i flashmob nati sui social e le videoconferenze di gruppo che si sono trasformate in nuove forme di assembramento e socializzazione. L’intero Pianeta, privo di contatto fisico, ha utilizzato il digitale, cosicchè i social sono diventati i nostri abbracci, ci hanno consentito di non toccarci, ma almeno di vederci, di provare emozioni anche a distanza. Nel mondo nuovi modi di relazionarsi stanno nascendo in questi giorni difficili e, anche tacitamente, si stanno consolidando in noi, nei rapporti personali, nel lavoro, nella scuola e in tutti gli aspetti della vita dell’uomo. In un mondo ferito, un piccolo esserino di non più di qualche milionesimo di centimetro ci ha violentemente separati e l’informatica ci sta unendo in un universo artificiale portando scuole e uffici nelle nostre case. Case che sono diventate palcoscenico di un’umanità ritrovata, di valori riscoperti, di un’antica tradizione fatta di profumi, di sapori, di storie, di ricordi e di condivisione che la vita frenetica ci aveva rubato. 27
E allora, in giorni nei quali riflettere è d’obbligo, proviamo a scrivere pagine nuove, a contagiarci con parole che abbiano un senso, proviamo a scoprire una diversa visione di noi stessi. Questa pandemia ha fatto sì che ogni popolo reagisse mettendo in campo le proprie risorse e, anche in tale circostanza, gli Italiani si sono distinti per la loro generosità e creatività: il mondo della moda ha convertito la sua produzione in camici e mascherine, da maschere subacquee sono stati ricavati respiratori per le terapie intensive, maschere protettive realizzate da stampanti 3D, o, ancora, gel igienizzanti prodotti da scuole e distribuiti gratuitamente o confezionati da industrie di prodotti alcolici. Tante altre cose potremmo dire a dimostrazione del fatto che l’intelletto, il cuore e la sensibilità diventano le migliori armi con le quali combattere questo mostro. 28
Ad orchestrare ogni cosa ci sono sempre e comunque le persone, dipende tutto da noi, anche se, inevitabilmente, la pandemia lascerà i suoi segni. Ci sarà un prima e un dopo, ci sarà un nodo temporale che non si scioglierà più, è vero, ma noi saremo sempre pronti a cantare: “MA IL CIELO È SEMPRE PIÙ BLU” 29
30 Capitolo II
CORONAVIRUS E CONSEGUENZE SOCIALI, ECONOMICHE E AMBIENTALI Il virus tanta gente L’inverno è finito e la primavera è arrivata, ma nessuno si sta portando via passeggia per le strade, nessuno per questo visita parchi e giardini, non ci sono bambini che trascorrono è importante che io il loro tempo all’aria aperta, resti a casa mia. nessuno gode della bellezza dei colori, dei profumi del mare e di tutto ciò che la natura è La primavera solita offrici in questo periodo intanto è arrivata dell’anno. Intorno a noi c’è tanto silenzio, sofferenza, ma nessuno può paura. Tante persone deboli uscire per una e indifese vivono situazioni camminata. veramente drammatiche. Sofferenza, paura, dolore questi i sentimenti che abbiamo nel cuore. 31
Gli anziani, per esempio, sono da soli, nella continua paura del contagio, proprio loro che sono la memoria del nostro Paese, che hanno vissuto il dramma delle guerre (molti come partigiani), che hanno sofferto la fame e contribuito alla ricostruzione dell’Italia. Ora “Hanno paura, paura di morire da soli”, in casa, negli ospedali o nelle tante RSA, trasformate in una trappola quando il contagio ha cominciato a diffondersi. Le RSA spesso sono state lasciate “sole”, nessuno si è preoccupato di tutelarle. La cosa più tragica e difficile da comprendere è perché gli ospedali abbiano trasferito pazienti covid nelle case di riposo, proprio tra gli anziani che, invece, avrebbero dovuto essere protetti. Così facendo è stato tolto loro il diritto di combattere e la possibilità di vincere questa battaglia, senza poter vedere un’ultima volta i propri cari e senza poter ricevere da loro un sorriso, una parola di conforto o solo un semplice sguardo. 32
L’angoscia di tanti anziani, la loro solitudine si evince chiaramente dalle parole strazianti di addio scritte da un nonno ai nipoti poco prima di morire, parole che testimoniano tutto il disagio e la sofferenza causati dalla poca considerazione e dal disinteresse che sempre più spesso li circonda: “Da questo letto senza cuore scelgo di scrivervi cari miei figli e nipoti… Comprendo di non avere più tanti giorni dal mio respiro... Non volevo dirvelo sapendo quanto avrete sofferto nel lasciarmi dentro questa bella “prigione dorata”… Sembra che qui non manchi niente ma non è così… manca la cosa più importante, la vostra carezza,” Mi è mancato l’odore della mia casa, il vostro profumo, i sorrisi,… La mia dignità di uomo è stata già uccisa… Prima del coronavirus c’è un’altra cosa ancora più grave che uccide: l’assenza del più minimo rispetto per l’altro. 33
Gli anziani sono fragili, meritano di trascorrere gli ultimi anni della loro vita in tranquillità, circondati dall’affetto dei loro cari. Un tempo avere gli anziani in casa era un privilegio, essi erano mentori a cui chiedere consiglio, maestri di vita, oggi vengono considerati solo un peso di cui disfarsi, un intralcio. Bisognerebbe rivalutare il ruolo degli anziani nella società, considerarli ciò che realmente sono: un’enorme ricchezza da tenere vicino per la loro saggezza, per i loro insegnamenti e, soprattutto, per il loro calore umano. Non rinchiudiamo i nostri anziani in “prigioni dorate”, come don Oreste Benzi definisce le case di riposo, ma teniamoli con noi e prendiamocene cura. 34
Pensare agli anziani, ai nostri nonni, alla loro solitudine ci rattrista molto, soprattutto in questo momento in cui ci sentiamo fragili, “imprigionati” e derubati di quella fase della nostra vita che dovrebbe essere vissuta alla ricerca della libertà che si può trovare in un’amicizia, in un amore, in un’avventura o semplicemente vivendo le nostre giornate all’aria aperta. Eravamo liberi e spensierati, ma ad un tratto boom! Tutto è finito, ogni nostra certezza è crollata, tutto si è sgretolato, come se intorno a noi fosse disceso il buio, ci sentiamo catapultati in un’altra vita, quello che sta succedendo non è normale, tutto sembra così irreale. Alcuni di noi vivono quest’isolamento lontani dai propri familiari rimasti bloccati nelle città in cui lavorano costretti in un’altra regione, completamente soli con se stessi. e questo accresce ancora di più quella tristezza che spesso ci accompagna in questi giorni. Noi giovani ci scopriamo molto fragili, ci lasciamo travolgere dai pensieri che nella nostra mente riescono a farsi avanti tutti insieme; le emozioni ci sconvolgono, ci fanno esplodere spesso nel pianto. Un semplice ricordo, una riflessione, una foto, una canzone sono sufficienti a suscitare in noi il panico totale. Spesso non dimostriamo il nostro malessere, perché noi adolescenti cerchiamo di imitare i grandi anche se, molte volte, ci viene voglia di far emergere il nostro lato infantile che però cerchiamo di nascondere per non sembrare dei bambini. 35
Abbiamo l’età in cui il mondo si allarga, in cui la sola casa ci sta stretta ed è proprio in casa che stiamo trascorrendo tutto il nostro tempo. Ci mancano gli amici… eccome se ci mancano… Anche la scuola ci manca da morire. Ci mancano i bei momenti passati con i compagni, tutte le risate, le marachelle e, perché no, anche le sgridate. Per farci coraggio diciamo a noi stessi che dobbiamo tener duro perché prima o poi tutto questo finirà. Questa pandemia è una prova per noi ragazzi, ci sta facendo scoprire quanto siamo vulnerabili e pieni di paura, ci sta facendo riflettere sui valori importanti della vita, sul grande dono della libertà che non può essere data per scontata, sull’enorme valore di un sorriso o di un abbraccio, su quanto inestimabile sia il nostro tempo e quanto importante sia investirlo bene, sull’importanza degli affetti, sulla vera forza della nostra vita: i nostri genitori e i nonni. Ritroveremo la libertà e nulla sarà come prima. Sarà tutto migliore, non daremo davvero nulla per scontato e apprezzeremo di più tutto ciò che ci viene dato, non ci lamenteremo più per le sciocchezze e vivremo più intensamente ogni attimo. 36
Anche le donne vittime di violenza stanno vivendo un momento difficile; si sono ritrovate in casa, in quarantena, con i mariti violenti, con i loro carnefici vivendo una quotidianità oppressiva e tormentata. Si sentono sole e fragili, sono spaventate, vivono un doppio dramma dovendo gestire da un lato la paura della violenza e dall’altro la paura di contrarre un virus ancora sconosciuto. I casi di violenza dall’inizio della pandemia sono aumentanti, ma molte donne hanno preferito sopportare e non denunciare. È difficile chiedere aiuto quando si sa di essere controllate notte e giorno. Forse pensano che sia impossibile fuggire da casa quando l’invito è proprio quello di rimanere a casa. I detenuti, anche loro tra gli “ultimi’ della società, sono fragili e indifesi. Sono preoccupati per i loro cari e per l’emergenza del sovraffollamento nelle carceri italiane, poiché il contagio si potrebbe diffondere con estrema facilità visto che lo spazio ristretto delle celle rende impossibile rispettare tutte quelle misure di protezione necessarie per contenere la diffusione del virus. Temono di essere abbandonati, poiché sono in tanti ad essere convinti che ciò che accade ai carcerati sia giusto, ma tra di loro potrebbero esserci degli innocenti e, sicuramente, ci sono tanti bambini che ora si trovano in carcere con le mamme detenute e che rischiano di essere contagiati. Certamente i detenuti devono pagare per le colpe che hanno commesso, ma devono comunque essere tutelati e rispettati perché hanno dei diritti e una dignità che non va calpestata per nessun motivo. 37
Questa grave emergenza riguarda chiunque, anche coloro che spesso sono dimenticati da tutti. Privati della loro dignità e di tutti i loro punti di riferimento sono anche i senza tetto. Molti dormitori sono chiusi e i vari gruppi di volontari hanno dovuto riorganizzarsi. Per le strade non c’è nessuno a cui chiedere un aiuto, tanti accorgimenti come lavare le mani o curare la propria igiene, necessari per contrastare il contagio, per i senza fissa dimora diventano un problema. “Quando si dorme per strada si è meno uguali e più esposti degli altri”. Di fronte ad un’Italia tutta chiusa certamente i senzatetto si sentono soli, esclusi e abbandonati, sanno che saranno relegati ai margini della società più del solito perché tutti sono spaventati. Hanno paura, sono consapevoli del rischio che corrono e temono di ammalarsi da soli senza potersi rivolgere a nessuno. Abbandonati e indifesi si sentono i “nuovi poveri”, disoccupati, piccoli commercianti o artigiani che hanno dovuto chiudere e tutti coloro che, già prima che accadesse tutto questo, vivevano in condizioni economiche precarie. All’inizio certamente hanno utilizzato i pochi risparmi che avevano da parte, ora però non hanno più nulla su cui contare, sono disperati; diventa difficile anche assicurare il pranzo o la cena. 38
Stare in casa è difficile, ma lo è ancora di più se non hai nulla da mangiare. Molti di loro rischiano di diventare un facile bersaglio della mafia. Infatti, la preoccupazione di portare del cibo sulle tavole e di riuscire a guadagnare almeno l’essenziale potrebbe farli cadere nella trappola della criminalità organizzata, pronta a offrire aiuti immediati con la distribuzione di beni, oltre che con concessioni di denaro. Anche coloro che non hanno mai vissuto nell’illegalità, che non l’hanno mai accettata ora potrebbero vederla come l’unica soluzione ai loro problemi, l’unico modo per riuscire a sopravvivere. Anche gli usurai approfitteranno del coronavirus facendo entrare in un tunnel senza fine tanti disperati. Tutto ciò potrebbe rendere più forte la mafia e annullare tanti successi ottenuti fino a questo momento. 39
Questo dimostra come l’emergenza sanitaria si sia abbattuta sull’economia mondiale con una forza distruttiva devastante. Le misure di contenimento e contrasto per limitare la diffusione del virus hanno determinato un blocco di quasi tutte le attività produttive ed i fatturati di molte aziende sono crollati a picco. L’economia è come una ruota che gira. Qualcosa è conseguenza di qualcos’altro: mia madre vende un vestito e mi dà del denaro per comprare un gelato, io compro il gelato e il gelataio usa i miei soldi per pagare la sua spesa. Come in un cerchio, tre individui grazie al denaro hanno potuto vivere: la mia famiglia, il gelataio e il negoziante. Ma in questo momento non c’è possibilità che l’economia giri perché siamo costretti a stare in casa. Le fabbriche sono chiuse come tutti gli esercizi commerciali. Strutture sportive, piscine, palestre, scuole di danza sono in difficoltà: devono pagare l’affitto e le manutenzioni senza avere alcuna entrata. 40
Tutto il tessuto economico sta risentendo dei contraccolpi di questo periodo. Tanti piccoli imprenditori, artigiani, professionisti, solitamente inseriti in un circuito economico dinamico e virtuoso, si trovano in ginocchio. Inoltre la sussistenza di un’importante fascia di popolazione strettamente legata all’attività quotidiana è in pericolo. Per “l’universo sommerso dei lavoratori in nero” questa chiusura equivale alla fine di ogni entrata. Non possono assolutamente sostenersi né possono essere aiutati, se non attraverso la solidarietà, perché non sono lavoratori regolari, anche se spesso non per scelta, ma per necessità. Tutto questo non fa altro che aumentare il loro senso di sfiducia nella vita e nella società con conseguenze spesso drammatiche. Bisognerebbe, invece, prevedere per loro aiuti concreti e questo non deve essere inteso come una legalizzazione del “lavoro in nero”, che va assolutamente condannato, ma solo come il desiderio di aiutare chi si trova in grande difficoltà, di “rendere gli invisibili meno invisibili”. Un settore particolarmente colpito è quello del turismo che costituisce una fonte di entrata molto importante per l’economia di un Paese e offre un elevato numero di posti di lavoro. 41
Tutti si chiedono come sarà la prossima estate. Le premesse non sono buone. Tantissimi ristoratori e albergatori non riusciranno a riaprire, non si aspettano turisti, perché gran parte delle prenotazioni sono state cancellate. Anche da noi in Calabria la situazione non è facile, dato che nella nostra bellissima regione il settore economico più importante è proprio il turismo. La Nostra Calabria fra mare, cucina e cultura riuscirà a venire fuori da questa difficile situazione Il futuro comunque resta incerto perché fino a quando il virus sarà in circolazione non si potrà dar nulla per scontato. L’unico modo per ottenere una ripresa economica significativa è evitare di erigere barriere per proteggere le rispettive economie e cooperare a livello globale. Questa cooperazione però allo scoppio della pandemia non c’è stata. 42
Infatti quando l’emergenza coronavirus sembrava appartenere solo al nostro Paese e c’era un bisogno vitale di mascherine e respiratori, il governo italiano ha chiesto aiuto all’UE, ma nessuno ha mosso un dito; il resto d’Europa è rimasto a guardare, si è preoccupato solo di proteggersi. A scuola ci hanno insegnato che l’Unione Europea è nata per rafforzare la cooperazione economica e garantire agli Stati che ne fanno parte un futuro fondato su valori comuni fondamentali quali la pace, la tutela dei diritti umani e, naturalmente, la solidarietà reciproca. Quello che è successo non è stato un segno di solidarietà europea Nessuno è sembrato preoccuparsi davvero di agire in un’ottica di sostegno reciproco e cooperazione. Forse tutti hanno avuto paura di trovarsi senza scorte se i contagi si fossero moltiplicati all’improvviso. Certo ci siamo sentiti traditi da chi non doveva far altro che darci un aiuto, in virtù del patto di solidarietà che lega gli Stati dell’Unione. 43
L’UE avrebbe dovuto soccorrere l’Italia che le dona lustro con la cultura, l’arte, la musica ma, soprattutto, avrebbe dovuto aiutarla perché gli italiani, con il loro grande cuore, sono sempre i primi ad accorrere in aiuto di uno Stato amico. Ciò che conta veramente, comunque, è che alla fine gli Stati dell’UE si siano scusati e la solidarietà europea e la collaborazione sono arrivate. “C’è voluto tempo perché tutti capissero che dobbiamo proteggerci a vicenda per proteggere noi stessi” ha detto la Presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen. Le sue parole ci hanno fatto molto piacere e hanno allontanato da noi quel senso di amarezza e delusione provato all’inizio. L’Europa, riconoscendo i propri errori, ha compiuto un gesto importante di fronte a tutto il mondo, ed è proprio da qui che bisogna ripartire, per una rinascita collettiva dell’Unione Europea più solida e più consapevole di prima. In questa grande tragedia che stiamo vivendo emerge un solo aspetto positivo, la rinascita della natura che si sta riappropriando di tutti quegli spazi di cui l’uomo si è impossessato per costruire enormi palazzi, grattacieli e industrie. Da diverso tempo ormai la comunità scientifica ci mette in guardia dai cambiamenti climatici e dai gravi danni arrecati al Pianeta. 44
La nostra prepotenza, il nostro senso di onnipotenza ha causato la distruzione di interi habitat naturali. Tutti gli animali vivevano in tranquillità sulla Terra, finché l’uomo non ha deciso di perseguire i propri interessi, distruggendo tutto ciò che gli si presentava davanti. Nei mari e negli oceani pullulava la vita, oggi abbiamo isole di plastica e rifiuti. Poi, da un giorno all’altro, questo terribile virus ha cambiato tutto, ha modificato le nostre abitudini. L’isolamento sociale, il limitato spostamento di mezzi e persone, la diminuzione delle attività produttive, lo stop alla pesca, hanno diminuito l’inquinamento ambientale. Le nostre vite sono state completamente stravolte, ma la natura ha ripreso a respirare, come non accadeva da decenni. Tutto sta ritornando alle origini, a quando il Pianeta non era in mano alle speculazioni spregiudicate dell’uomo. 45
La natura sembra rinata: il cielo delle grandi città non è più grigio e offuscato dai fumi dello smog, l’aria è più pulita, i fiumi, i laghi, i mari si sono ripopolati e le acque sono tornate cristalline in più di un luogo. Anche gli arbusti ed i fiori sono sbocciati tra i sanpietrini, visto che non c’è nessuno che li calpesta. I pesci nuotano in libertà, gli squali si spingono indisturbati dentro i nostri porti, i delfini scorrazzano liberi e felici, saltano fuori dall’acqua cristallina per poi rituffarsi immediatamente un attimo dopo, i coralli stanno pian piano riprendendo i loro colori. 46
Anatre, cinghiali, stambecchi passeggiano I cigni ritornano a per le strade senza essere disturbati dal nuotare tra i canali viavai umano. di Venezia. Le anatre sguazzano nelle fontane delle città deserte. Anche nel nostro territorio, Vibo Marina, gli animali sono ritornati a vivere la loro vita, come le oche che passeggiano beate sulla strada solitaria. Sembra quasi che la Natura si prenda gioco di noi uomini costretti in casa, mentre gli animali si godono le città deserte. Sembra di stare allo zoo, ma uno zoo particolare, gli animali fuori e noi in gabbia. 47
Madre Natura sta dimostrando tutta la sua forza ricordandoci che su questo Pianeta noi siamo ospiti temporanei, spesso invadenti, ineducati ed irrispettosi. Non possiamo fare tutto ciò che vogliamo. La nostra vita dovrebbe seguire la “saggezza del buon vivere” diffusa tra i popoli dell’antichità che consisteva non semplicemente nel vivere bene, ma nel vivere in armonia con la Terra. Basterebbe veramente poco per salvaguardare il nostro Pianeta e proteggere la sua e la nostra salute. Basta inquinare. Fermiamo la folle corsa di sfruttamento delle risorse ambientali che noi uomini, ormai senza regole, siamo abituati a fare. 48
Sarebbe veramente bello se questa tempesta che si è abbattuta su di noi fosse la prima, grande occasione per tornare sui nostri passi e cambiare rotta, affinché sia possibile prevenire, piuttosto che reagire a conseguenze catastrofiche per l’intera umanità. Forse questa complicata situazione può trasformarsi davvero in una grande opportunità di ripensare le nostre abitudini e le nostre vite. Giriamo pagina: impariamo a rispettare la natura. 49
50 Capitolo III
NOI DA SOLI NON ESISTIAMO Sogno o son desto? Corro a vedere se qualche strana navicella spaziale Nessuna parola ha fatto atterraggio nel mio potrà mai spiegare giardino.. Niente di tutto la strana sensazione questo, il pianto, il trambusto, che in men che non la voce assordante del silenzio si dica ha travolto mi riportano alla realtà, corsie d’ospedali, suono di sirene, e rubato la mia luci, bagliori e l a tranquilla esistenza, netta consapevolezza di essere immagini di omini parte di un tutto. Le certezze verdi, bardati di lasciano il posto alle fragilità, tutto punto, goffe alla precarietà dell’esistenza, creature dal passo riscopriamo la necessità di affidarci agli altri, impariamo lesto e a volte incerto a chiedere aiuto, i tempi e claudicante. dell’esistenza si dilatano e aspettiamo fiduciosi il responso dell’oracolo. 51
Dalla lampada di Aladino verrà mai fuori quel famigerato vaccino o qualche strumento strepitoso capace di donare il respiro a chi ne è stato privato, da questo insignificante, minuscolo e camaleontico virus? Ed ecco che in nostro aiuto arrivano loro, i veri eroi del momento, non ha importanza la loro provenienza, la lingua, il colore della pelle, le tanto avverse opinioni circa ideologie politiche e religiose, causa di conflitti tra gli uomini. 52
Improvvisamente, sono, siamo tutti uguali, sono loro pronti ad armarsi e partire, non c’è tempo per pensare, pronti all’attacco, alto il capo, fedeli al giuramento di Ippocrate, lasciano tutto alle loro spalle, affetti, cari, casa, famiglia, e corrono incontro alla morte, desiderosi di dare la vita. Mai nessuno avrebbe pensato che i medici, coloro i quali hanno sempre saputo dirci come comportarci e curarci, si sarebbero trovati anch’essi in difficoltà nel trovare un antidoto capace di abbattere quel mostro invisibile. Anno 2020 di un tranquillo marzo pazzerello, parte il conto alla rovescia, la quarantena diviene obbligatoria. Tutti vengono chiamati a dare una mano. Gli ammalati diventano centinaia, migliaia e gli operatori sanitari sono stremati. In un attimo tutto si ferma, tutto si perde e si affrontano le ore e i giorni nell’ansia e nella paura. Guardo all’interno di una finestra del reparto di terapia intensiva di un ospedale al tempo del covid 19, il mio sguardo si perde, non trovo volti, non vedo colori, non vedo altro che tristezza dolore e morte. È un continuo correre contro il tempo per strappare una vita alla morte. Non esistono più turni, il tempo si è fermato inesorabile. 53
Sono giorni che guardo dietro quel vetro e mi rendo conto di come tutti questi camici bianchi non hanno più una casa, una vita normale. Sui loro volti, tolte le mascherine troviamo i segni di tutte le ore di lavoro, lo strazio di tutte quelle morti che creano ancora più ansia e paura. È una situazione dall’aspetto più che surreale quella che stiamo vivendo. Molti dei nostri soldati hanno perso, stanno perdendo e sfortunatamente, perderanno ancora la vita, senza poter ricevere parole di conforto affetto e amore dai loro cari, ma pronti a stringere una mano e a fare una carezza, a chi esala l’ultimo respiro. Sono loro i veri eroi, dalle mille maschere, loro che al momento giusto, hanno deposto la loro armatura, hanno suonato e cantato, hanno rotto il silenzio cupo e tenebroso che toglieva il respiro e la speranza. Li abbiamo visti piangere, gioire, accompagnare ogni persona guarita come fosse un trofeo da mostrare, con disarmante semplicità. Forse un giorno diventerò anch’io uno di loro, e tornando indietro con i miei ricordi ripenserò a chi ho guardato con ammirazione, a chi ho affidato le mie paure, le mie incertezze, a chi mi ha insegnato che non bisogna mai demordere. Penso ai tanti operatori sanitari che sono morti, senza fare rumore, in silenzio, caduti sul campo di battaglia, portando via con sé le loro storie, i loro volti, il loro coraggio. Continueranno a vivere, a sorridere, a respirare, accompagnando l’umanità in questo viaggio avventuroso e intricato, personaggi di un libro dalla trama apocalittica, e noi ci ritroviamo a non essere altro che spruzzi di inchiostro, lettere che si confondono tra loro, stampate su di esso, soffocati da una trama intricata e un finale sconosciuto. Non ci rimane che voltare pagina e continuare a scrivere la nostra storia. 54
Noi che mai avremmo immaginato che quel giorno di marzo sarebbe stato il nostro ultimo giorno di scuola, parlo di quella vera, fatta di abbracci, profumi, sguardi, suoni. Un ultimo saluto nell’incertezza del domani, nella speranza di rivederci dopo qualche giorno, giusto il tempo per riprenderci dal famigerato covid. Pensavamo che una pausa ci avrebbe rinfrancati e qualche giorno a casa sarebbe stato un vero toccasana, avremmo dormito un po’ di più, si sa la primavera concilia il sonno, insomma, in vista degli esami avremmo preparato armi e bagagli per affrontare il tanto temuto nemico. I giorni passavano inesorabili e i nostri insegnanti fedeli al motto “la scuola non si ferma” tempestivamente si sono attrezzati di tutto punto e via con le lezioni online, un fiume in piena. 55
“Mio Dio mi son detta ma questi non riposano mai!” Molto probabilmente avevano intuito e visto, quello che ai nostri occhi era sconosciuto, mai saremmo rientrati, mai avremmo ripreso ciò che era nostro, il disordine lasciato sotto i banchi che diventavano sempre più piccoli e scomodi per noi, le sedie cigolanti, personalizzate da un nome o un simbolo, le corse lungo le scale, gli incontri festosi in aula magna, momento magico per noi. Niente di tutto questo. Siamo stati travolti da sigle, link, codici, app.. insomma un incubo. La sveglia ha continuato a suonare, ma non abbiamo più aperto la porta di casa, ci siamo limitati ad accendere un monitor, tolta la maglia del pigiama, una veloce spazzolata ai capelli e via con le lezioni. Il suono del buongiorno non è stato più lo stesso, manca l’anima, la condivisione, quell’inconfondibile odore di carta e di pizzette unte, gli sguardi furtivi della compagna di cui mi ero innamorato. Manca tutto, l’essenza della scuola, quella vera. Un muro ci separa 56
dalla cucina, tra storia e matematica l’intervallo assicurato è il siparietto tragicomico di mamma e papà, tra schiamazzi, rumore di aspirapolvere, centrifughe e trita carne la mattinata prosegue. La scuola non si ferma e noi siamo lì, sorriso pronto, telecamera accesa, prove tecniche d’audio e voglia di evadere. Sospinti dal vento della libertà, i nostri pensieri volano altrove, si perdono, assaporano il gusto delle cose perdute, ritornano nell’aula colorata e accogliente che con cura avevamo tappezzato di disegni. Ecco il suono della campanella, musica soave per le nostre orecchie, e l’imperscrutabile sguardo della collaboratrice, affettuosa ma tanto polemica, che accompagna ogni nostro spostamento. E intanto i giorni scorrono, e un mondo virtuale ci ha travolti, annientati, e noi incartati in questo involucro fragile e vuoto, abbiamo capito e apprezzato quello che consideravamo scontato, abbiamo rimpianto ogni attimo, ogni piccolo momento che ci ha accompagnati in questi tre anni. Ci siamo chiesti che fine avesse fatto quel nostro compagno, famoso per i suoi reiterati ritardi, ora continua a non venire a lezione, abbiamo detto qualche parola in più durante i nostri incontri via web, ma la prof ci ha invitati a non trarre conclusioni non è tempo di polemiche, ora è il momento dell’accoglienza e dei sorrisi. E i giorni passano e noi sempre lì in attesa di tempi migliori, le voci si sovrappongono, il video impazzisce, il nostro buongiorno è diventato sempre più flebile, portati dalle onde, trasportati dal vento della speranza, siamo pronti ad abbattere ostacoli e muri, i nostri sogni non li spegnerà nessuno, il mondo fuori ci aspetta! 57
Un mondo in difficoltà, bisognoso di persone disposte a donare e donarsi totalmente, in assoluta gratuità e generosità. Abbiamo riscoperto l’importanza dell’amare l’altro, colto l’essenziale che spesso è invisibile agli occhi e al cuore degli uomini, confinati e isolati su un lontanissimo pianeta, padroni assoluti del proprio ego. Ma se per ogni fine c’è un nuovo inizio, riappropriamoci del nostro tempo, per conoscere e aprirci all’altro, diamoci quella grande unica e irripetibile opportunità che spalanca le porte del cuore e apre la finestra sul mondo, che mai come adesso ha bisogno d’aiuto. Abbiamo imparato che la povertà non ha voce, perché soffocata dalla vergogna, non ha gambe perché la fame l’ha indebolita, ma rimane per sempre dignitosa. Il covid ha minato la solidità delle certezze, tanti hanno perso il lavoro, e si sono accentuate le disuguaglianze sociali. 58
Non siamo stati indifferenti di fronte a ciò, ci siamo dati la nostra opportunità, abbiamo riscoperto la gioia di dare, la necessità di guardare in un’unica direzione, che porta alla meta sperata, ovvero, la riscoperta della relazione con l’altro, la certezza che da soli non siamo nulla. C’è bisogno di tutto, cibo, medicine, strumenti di lavoro, ma, soprattutto, c’è bisogno d’amore. Si sono mobilitati in tanti, gruppi di volontari, associazioni varie e gente comune hanno camminato insieme, nel rispetto reciproco. In un momento in cui lo sconforto la faceva da padrone, l’efficienza e la gioia hanno guidato i passi dei tanti volontari, tra essi molti nostri idoli, cantanti, attori e influencer, che per una volta è proprio il caso di dirlo ci hanno dato un esempio positivo, spingendoci a riflettere sulle tante criticità emerse dall’emergenza sanitaria. Donare, parola che riassume in sé la forza della vita e che in questo periodo, segnato dall’isolamento, dal vuoto e dal dolore ha trionfato sull’egoismo sterile e arrogante. La macchina degli aiuti è partita incurante dei pericoli e delle congetture, spesso vuote e prive di ogni fondamento, in aiuto delle persone senza dimora, ha prestato vicinanza ai tanti disabili o a bambini autistici privati della loro quotidianità , ha fornito consulenze sanitarie, consegne a domicilio, sostegno per i più vulnerabili, raccolta computer da donare alle scuole e nonostante la difficoltà del momento, ci hanno ricordato quanto importante è donare il sangue. Strano ci siamo detti in quei giorni in cui le nostre mamme si arrabbiavano anche se mettevamo il naso fuori dalla finestra, era consentito uscire per dare il sangue. Ne valeva la pena! Chissà la vita di quante persone è legata a quel gesto che nella sua semplicità ridà la speranza. Questa è la logica dell’amore! E come rimanere indifferenti di fronte al miracolo dell’amore, anche noi nel nostro piccolo abbiamo contribuito a portare un sorriso a chi ne era stato privato, un piccolo gesto di gentilezza che la nostra scuola ha voluto fare a chi era in difficoltà. 59
Basta poco per riaccendere un sorriso, frazione di un attimo e le certezze attecchiscono su un terreno inaridito dalla mancanza di tutto, cibo, vestiti, un tablet che in quel momento ti toglie dall’isolamento e ti dà la possibilità di continuare a sperare in un mondo migliore. Solo donando possiamo ritrovare la nostra unità, insieme si può andare incontro al futuro che ci aspetta e ognuno di noi può trasformare anche l’evento più brutto in una nuova e strabiliante opportunità. Questa è la logica del dare senza aspettarsi nulla in cambio. Lungo le strade del mondo tante sono le persone che hanno necessità di ogni cosa, non basta l’elemosina, non è dignitosa, manca la solidarietà vera, il riconoscimento dei 60
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