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Lettera al Presidente della Repubblica Federale di Germania Pregiatissimo Presidente della Repubblica Federale di Germania Frank-Walter Steinmeier In queste ore siamo rattristati per il recente orribile attentato antisemita avvenuto ad Halle in Germania e restiamo sgomenti davanti alla tragedia che si sta consumando con l’operazione militare della Turchia nel Nordest della Siria contro i curdi siriani. Proprio a partire dalla complessità della situazione attuale che alcuni descrivono come “geopolitica del caos”, sentiamo la necessità di rivolgerci a lei su una questione che lega i nostri due popoli. Nei suoi ultimi interventi in Italia ha messo, infatti, in evidenza il peso delle vicende storiche che hanno legato il nome “tedesco”, senza aggettivi di appartenenza, alle stragi consumate sulla popolazione italiana dopo l’ambiguo armistizio dell’8 settembre 1943. È certamente necessario non dimenticare l’abisso del male scatenato da una serie complessa di responsabilità e così ristabilire il senso di umanità e fraternità che lei giustamente richiama nei suoi discorsi. La memoria viva ci aiuta a comprendere il momento presente che vede una azienda italiana (la Rwm Italia) controllata dalla multinazionale tedesca Rheinmetall Defence, costruire ed inviare componenti di bombe d’aereo utilizzate nel conflitto in corso nello Yemen. Il recente stop del parlamento italiano a tali transazioni commerciali, denunciate da settori della società civile anche nell’assemblea dei soci della società con sede a Monaco di Baviera, ha comportato l’annuncio di un forte ridimensionamento del personale addetto nello stabilimento
italiano, in un territorio che già vive gli effetti di una crisi economica di lunga durata. La mano che oggi dobbiamo disarmare è quella che pone il dilemma tra l’occupazione finalizzata all’invio di armi pesanti all’Arabia Saudita e la povertà per carenza di lavoro in una regione ricca di bellezza e dignità. Consideriamo irricevibile la tesi di chi giustifica il concorso nella fornitura di armi ai Paesi in guerra perché altrimenti altri lo farebbero al nostro posto. Crediamo sinceramente di poter condividere con lei l’esigenza di escogitare tutti i modi possibili per uscire da tale contraddizione che mina alle fondamenta l’ideale di un’Europa capace di essere promotrice di pace nella giustizia. A livello internazionale e dentro le mura del Vecchio continente. Tante sono le risorse che possono trarci fuori da questa logica del ricatto che ci umilia come esseri umani che si indignano per le stragi orrende di un recente passato e rimuovono lo sguardo dalle tragedie dei nostri giorni dove si bombardano impunemente anche scuole e ospedali. Poco dopo la fine del secondo conflitto mondiale, una donna del popolo, Lucia Pisapia Apicella, che viveva facendo la fruttivendola al mercato, rimase inorridita dallo scempio che si consumava sui resti di tanti giovani tedeschi morti nel tentativo di fermare l’avanzata degli anglo americani nel periodo seguente allo “sbarco di Salerno” del settembre 1943. Lucia, chiamata poi in Germania “Mutter der Toten”, riuscì a dare sepoltura a oltre 700 corpi di soldati, agevolandone l’identificazione, perché considerati giustamente unici e irripetibili nella loro dignità umana. Possiamo, Presidente Steinmeier, partire da questa memoria di bene possibile per costruire una vera unità europea come da lei auspicato assieme al nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Come ha detto con grande consapevolezza, lo scorso 25 agosto, a Fivizzano, davanti ai discendenti delle vittime di quel
paese toscano, «Non dobbiamo dimenticare, per evitare che le nostre coscienze tornino a farsi sedurre e a oscurarsi». Roma 14 ottobre 2019 Andrea Goller e Rosalba Poli, Movimento dei Focolari Italia Giovanni Paolo Ramonda, Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII Susanna Camusso, Cgil Marco Piccolo, Fondazione Finanza Etica Alfio Nicotra, Un Ponte per… Silvio Minnetti, Movimento Politico per l’Unità Mao Valpiana, Movimento Nonviolento Maurizio Certini, Centro internazionale studenti Giorgio La Pira Firenze Laila Simoncelli, Nicoletta Dentico, Carlo Cefaloni, Maria Bencivenni, Stefano Biondi, Claudio Paravati, Daniela Notarfonso, Alfredo Scognamiglio, Raffaele Natalucci, Domenico Palermo, Alessio Lanfaloni Vedi anche articolo su Città Nuova Insieme si vince Nell’internato dove abito come studente ci eravamo divisi i compiti di come e quando pulire la cucina comune. Uno di noi, che non lo faceva mai, si giusti cava dicendo che aveva molto da studiare, e un giorno confidò a un altro studente che certi
lavori non li faceva neanche in famiglia, gurarsi farli con degli estranei! La cosa continuò per qualche settimana. Ma è amore anche aiutare il prossimo a responsabilizzarsi. Per cui una sera ci siamo seduti e insieme abbiamo parlato del fatto che avevamo dei doveri e che non era giusto che qualcuno lavorasse di più. La reazione dell’interessato è stata violenta, anche perché si sentiva accusato. Ma abbiamo cercato di rassicurarlo, dicendoci pronti a fare sempre noi la sua parte… Quella serata “nella verità” ci ha resi più fratelli. Da allora il nostro compagno non solo ha cominciato a lavare i piatti quando era il suo turno, ma spesso lo faceva anche quando sapeva che qualcuno aveva da preparare un esame. Insieme si vince. (tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno V, n.4, luglio-agosto 2019) Antonio il barbone La festa paesana veniva disturbata da un barbone ubriaco che gridava e imprecava. Non potevo rimanere inerte. Riuscii a calmarlo un po’ e lo convinsi a farsi accompagnare in auto nella baracca dove abitava. Era quasi mezzanotte. Antonio (così si chiamava) divenne molto loquace, mi raccontò di quando anche lui aveva una bella famiglia, lavorava la ceramica ed era un artista apprezzato. «Vieni – mi disse –, ti mostro cosa so fare!». Ci trasferimmo in un capanno diroccato, il suo atelier di un tempo. Era un incanto vedere con quanta
maestria modellava l’argilla… A fasi alterne però aveva eccessi d’ira, e quando tentai di accomiatarmi da lui arrivò addirittura a minacciarmi con una pistola. Mi affidai a Dio e la pace scesa in me forse contagiò anche Antonio, che mentre salivo in auto mi si fece vicino, commosso: «Scusa, Adriano, non lasciarmi anche tu… Sai che non ho nessuno…». Giorni dopo Antonio moriva in seguito a un incidente stradale. Alla notizia, mi prese un nodo alla gola, ma subito avvertii che mi era vicino più che mai: come dentro di me. (tratto da Il Vangelo del Giorno, Città Nuova, anno V, n.4, luglio-agosto 2019) Gruppi di raccordo Punti di vista n. 47 «Appassionati dello squilibrio», non equilibristi; «cristiani capaci di sognare, desiderosi di sperimentare cose nuove», non gente rassegnata; «rabdomanti che trovano falde d’acqua in terreni aridi», non persone statiche. Sono alcune delle caratteristiche indicate dal vicario del papa a Roma, il card. De Donatis, in una lettera indirizzata ai suoi sacerdoti, in cui spiega come una priorità la creazione in ogni parrocchia di «équipe pastorali» da cui dipende l’attuazione di quel «processo di conversione e rinnovamento» avviato in diocesi. Quale il ruolo di queste équipe? Essere custodi del Fuoco, della comunione, del cammino; «accompagnare la comunità nella fase di ascolto del “grido della città”». Una sorta di… gruppo di raccordo, visto che siamo a Roma, che faciliti il “viaggio” quotidiano e l’intreccio delle vite dei suoi abitanti. Senza
paura dei possibili errori. È ancora De Donatis, infatti, che ricorda la preferenza di papa Francesco per una Chiesa accidentata piuttosto che malata di autoreferenzialità. Rosalba Poli e Andrea Goller Responsabili del Movimento dei Focolari in Italia Fonte: Rivista Città Nuova n. 10/2019 pag. 49 Associazione: “Insieme per il Bene Comune”, nascita e sviluppi 7 ottobre 2018:Una data importante! Nasce nella città di Vibo Valentia l‘associazione “IBC” – Insieme per Il Bene Comune. Lo scopo dell’associazione è quello di promuovere e diffondere, ad ogni livello ed in ogni campo della vita sociale, una cultura della Pace e dell’Unità tra le persone e tra i popoli, con particolare attenzione al mondo giovanile e nell’ottica di uno sviluppo integrale della persona umana.Essa si ispira allo spirito del Movimento del Focolari e desidera contribuire alla diffusione, in ogni ambito della società, dell’idea del mondo unito,
promuovendo lo spirito della fraternità universale. Tale scopo potrà essere perseguito attraverso ogni opera azione o iniziativa che sia direttamente o indirettamente strumentale al suo raggiungimento. L’associazione è nata grazie anche al Convegno tenutosi a Vibo il 12 giugno 2018 dal titolo “Elogio dell’autosovversione di Vibo Valentia” alla presenza dell’Economista, storico del pensiero economico e professore ordinario di economia politica all’università LUMSA di Roma Prof. Luigino Bruni. Infatti, in una sala gremita alla presenza di circa 300 persone, dell’allora Sindaco di Vibo, Dott. Costa, e vari Consiglieri ed assessori comunali, il professore Bruni ha spiegato con parole semplici quello che è necessario attuare per fare una “rivoluzione d”amore” e cercare di cambiare dal di dentro il proprio modo di agire. Notando la massiccia partecipazione di pubblico, cosa molto difficile in una realtà come Vibo, lo stesso sindaco ci ha spronato ad organizzare ulteriori convegni a sfondo sociale, ai quali avrebbe partecipato con enorme piacere, chiedendoci in particolare di organizzare un convegno sul gioco d’azzardo ormai diventato una vera e propria piaga sociale. Anche una Banca nazionale, avendo apprezzando la riuscita dell’evento, ci ha promesso un contributo di 5.000,00 euro nel caso in cui avessimo organizzato altri eventi interessanti l’intera collettività. E proprio in quest’ottica che il 30 novembre 2018 alla presenza di 250 giovani appartenenti a classi delle Scuole secondarie di II grado abbiamo organizzato un convegno molto apprezzato dal titolo “Insieme, nella legalità, per una società libera dall’azzardo”. Tale convegno, organizzato in collaborazione con la società di comunicazione scientifica TAXI 1729, ha teso a dimostrare agli studenti, usando la matematica, in una forma coinvolgente e divertente, che è quasi impossibile vincere al gioco e che i danni provocati dal gioco d’azzardo sono spesso irreparabili.
Dal marzo 2019 al giugno 2019, l’associazione ha organizzato presso l’Ordine dei Dottori Commercialisti di Vibo Valentia più incontri, in diretta via streaming dal Polo Lionello Bonfanti di Loppiano, vicino Firenze, aventi ad oggetto un corso di formazione tendente ad inculcare un nuovo modo di fare economia, “l’Economia di Comunione”. Da ultimo, in occasione delle elezioni comunali avvenute in concomitanza con le elezioni europee, sempre a Vibo Valentia l’IBC ha pensato di rendersi parte attiva organizzando con altre 2 associazioni, l’associazione “Condividiamo” e l’associazione “Centro Servizi per il volontariato” un incontro con la cittadinanza, alla presenza dei quattro candidati alla carica di sindaco; tutti i candidati a sindaco hanno accolto con piacere l’invito e sono rimasti stupefatti della folta partecipazione del pubblico che, in silenzio e senza faziosità, ha ascoltato con interesse dapprima i Presidenti delle 4 associazioni, che hanno introdotto i lavori, e poi coloro i quali sono spontaneamente intevenuti senza però dare giudizi e senza sottolineare le cose negative della città ma, al contrario, facendo proposte concrete di miglioramento della stessa. Alla fine dei lavori, si è proposto ai 4 candidati alla carica di Sindaco di rivedersi prima delle consultazioni elettorali affinchè prendessero impegni per la città. E’ nato così l’idea di proporre un patto per la città da sottoporre all’attenzione di tutti i candidati a sindaco, a consigliere comunale ed alla cittadinanza. Ma da dove cominciare? cosa scrivere? Vi assicuro, non è stato semplice lavorare con tutte le associazioni ma, man mano che ognuna di esse apportava il proprio contributo, ci si rendeva conto dell’occasione e della bellezza di condivedere le proprie idee senza prevaricare quelle degli altri, anzi facendo spazio alle idee degli altri, rinunciando alla propria; è stata un’esperienza
di forte comunione fra tutti. Ma proprio quando si era già stilata la bozza definita da inviare ai candidati affinchè ne avessero contezza e decidessero di firmarla totalmente oppure parzialmente oppure di non firmarla affatto, perchè non condivisibile, e si era già fissato l’incontro con i candidati e la cittadinanza, ecco che un’altra associazione ha chiesto di aggregarsi per dare il proprio contributo, l’associazione “Libera” – contro le mafie -. Ognuna delle associazioni coinvolte umanamente sentiva di dovere dire che ormai era troppo tardi e che non ci sarebbe stato il tempo di ritoccare nulla, ma, sempre nell’ottica di dare spazio all’altro e di far sentire pertanto importante anche l’altro, mettendo da parte i propri egoismi, ha accolto subito con gioia la proposta dell’associazione aggregatasi. Ma quale impegno era contenuto nel patto? In esso ciascun candidato a sindaco avrebbe dovuto assumere impegni programmatici, etici, democratici e concreti, nei confronti degli altri candidati e nei confronti della cittadinanza tutta, impegnandosi, fra l’altro: – a gestire con trasparenza e correttezza il denaro pubblico; – ad ascoltare la parte avversaria con atteggiamento costruttivo e non distruttivo a prescindere dal ruolo di maggioranza e/o di opposizione; – a promuovere e sostenere l’utilizzazione ai fini sociali dei beni confiscati alle mafie; – a contrastare con proposte concrete il dilagare della povertà adottando azioni reali di contrasto; ma anche i cittadini si dovevano impegnare a partecipare alla vita democratica della città anche nel caso in cui avesse vinto la coalizione per la quale non si era votato ed inoltre si dovevano impegnare a non chiedere favori e privilegi personali o di categoria ma di ricercare sempre la relazione
tra il proprio problema ed i bisogni della Comunità. Come si può immaginare, tale patto, se firmato e soprattutto se rispettato da tutti, era davvero un modo di andare contro corrente, di non sottostare alle logiche del proprio partito di appartenenza. E’ così e successo!!! Ogni candidato a sindaco ha firmato il patto approvandolo e condividendolo in pieno. In una sala gremita in ogni ordine di posti, con tanta gente anche in piedi, si spera sia partito un nuovo modo di fare politica a Vibo, come già in altre parti d’Italia ed anche in Calabria, come a Cutro e Castrolibero dove i rispettivi sindaci Salvatore e Giovanni hanno cominciato ormai da tempo a dare la propria vita per i loro cittadini senza compromessi e liberi da condizionamenti. La mia esperienza di Cappellano del carcere Ho prestato il servizio come “cappellano del carcere” per sette anni, poi per seri motivi familiari ho chiesto la sostituzione, tuttavia faccio ancora parte della “Cappellania del carcere” e cerco di andare una volta la settimana. All’inizio avevo espresso il desiderio di potermi impegnare, oltre che in parrocchia, in qualche servizio caritativo diretto. Il Vescovo aveva apprezzato questa disponibilità e mi aveva fatto presente una necessità riguardante il carcere. Infatti aveva già chiesto ad altri sacerdoti e non riusciva a trovare un nuovo cappellano. Dopo aver parlato con altri collaboratori (un Frate francescano, un diacono sposato e altri ex cappellani) ho accettato questo incarico.
Questa esperienza non è stata facile, prima di tutto per il pesante “sovraffollamento” (si è arrivati a più di 1.000 detenuti, più del doppio di oggi; in dodici metri quadrati si trovavano stipati quattro reclusi). Ovvio il “malessere” generale e i vari problemi di violenza che scaturivano da questa forzata convivenza. È da sfatare l’idea che in carcere ci siano solo “delinquenti”! Sì, ci sono anche persone che hanno scelto degli stili di vita sbagliati, ma la maggior parte sono persone afflitte da varie “povertà”! Povertà materiali, ma anche di educazione, di affetti (quanta solitudine c’è in carcere!), povertà a livello psicologico (tanti hanno problemi mentali e “dipendenze” di vario tipo che portano a compiere tanti errori). Tante volte mi son chiesto: «Se mi fossi trovato al loro posto, in quell’ambiente sociale, in quella famiglia, in quella situazione di povertà … chissà come avrei agito anch’ io!?». Ci sono persone che giustamente sono in carcere, ed è un bene che siano state fermate. Ma ce ne sono tante altre che avrebbero bisogno di un aiuto diverso. La maggioranza è composta da giovani! Il carcere dovrebbe offrire spazio al recupero della persona, cerca di farlo attraverso il lavoro, la scuola e varie attività promosse da figure professionali come educatori, assistenti sociali, psicologi e volontari … grazie al Cielo ci sono varie associazioni di volontari, ma le varie attività sono sempre insufficienti rispetto ai bisogni. Le persone detenute possono usufruire anche di permessi e misure alternative al carcere … Queste servono per il loro recupero in vista di un reinserimento positivo nella società. La detenzione non deve essere solo punitiva, ma anche riabilitativa, deve aiutare cioè le persone a non ricadere più negli sbagli fatti. Ho visto giovani che, facendo delle esperienze di servizio, a contatto per esempio con i disabili, o facendo dei lavori socialmente utili, hanno iniziato nuovi percorsi di vita. Ci sono 3 passi della Sacra Scrittura che mi hanno illuminato in questo servizio di “Cappellano del Carcere”:
1. Il capitolo 25 di Matteo: “Ero in carcere e tu mi hai visitato”: Non aspettavo soltanto in ufficio i detenuti che facevano richiesta di parlare, ma cercavo di andare a “visitare” tutti nelle loro celle, senza distinzione di nazionalità, di religione … o di reato commesso. La visita consisteva nel salutare, dare la mano, interessarsi della famiglia, nel chiedere se avessero bisogno di qualcosa (soprattutto telefonate o messaggi per le famiglie: il Cappellano infatti tante volte è l’unico collegamento con la famiglia). Piccoli gesti, che aiutavano le persone a tirare fuori la parte migliore di sé stessi, quell’umanità che tutti abbiamo dentro di noi. Ad esempio un detenuto nigeriano che era in massimo isolamento perché aveva dato fuoco alla cella ed era considerato pericoloso. Un giorno, anche se sconsigliato da tutti, vado davanti alla sua cella. Ascolto per più di mezz’ora il suo rabbioso sfogo contro tutto e contro tutti. Alla fine con semplicità gli chiedo: “Posso fare qualcosa per te?”. Quel ragazzo nigeriano si è per un attimo calmato e mi ha confidato che doveva esser nato in quei giorni suo figlio. Quindi mi dà il numero di cellulare della sua compagna slovena. Esco dal carcere (dentro non si può assolutamente portare il cellulare) e telefono a questa ragazza che mi conferma la nascita del figlio, e dà qualche informazione del bambino. Ritorno dentro, faccio i complimenti al neo papà e racconto quello che mi ha detto la mamma. Da quel giorno quel ragazzo è completamente cambiato ed è diventato una persona nuova. 2. Luca cap. 4: nella sinagoga di Nazaret Gesù legge Isaia: “Mi ha mandato a proclamare ai prigionieri la liberazione …” È la libertà che passa attraverso una confessione liberatrice (preceduta da molti colloqui di preparazione) e dall’ascolto della Parola di Dio (ogni sabato mattina si meditava insieme
con un gruppo “internazionale” la Parola di Dio della domenica, e si preparavano insieme delle Preghiere dei fedeli in varie lingue). Una libertà che si può sperimentare anche nel fare dei piccoli gesti di amore e di solidarietà in un ambiente così duro e ruvido come il carcere. 3. Genesi cap. 4: la figura di Caino. Prima Dio fa prendere coscienza a Caino del male fatto (“la voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!”). Poi però dà a Caino un“segno” di protezione, per proteggerlo dalle vendette. Quindi Caino ha un figlio, Enoc, e fonda una città. Noi di solito ci fermiamo al fratricidio, ma Dio dà la possibilità anche a Caino di un domani, di avere un figlio e di dare un contributo positivo alla società diventando fondatore di una città. Una persona veramente cambia, quando sente il bisogno di assumersi le sue responsabilità e di riparare al male fatto facendo del bene. È importante dare la possibilità alle persone detenute di sentirsi utili, di riscattarsi facendo cose buone. M. S: Ottobre 2019 “Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato” (2 Tm 1,14).
L’apostolo Paolo scrive a Timoteo, suo “figlio nella fede” (1), con cui ha condiviso la sua attività evangelizzatrice ed al quale ha affidato la comunità di Efeso. Sentendosi vicino alla morte, Paolo lo incoraggia in questo impegnativo compito di guida. Timoteo infatti ha ricevuto un “bene prezioso”, cioè il contenuto della fede cristiana, così come gli apostoli lo hanno trasmesso, ed ha la responsabilità di comunicarlo a sua volta, fedelmente, alle generazioni successive. Per Paolo ciò significa proteggere e far risplendere il dono ricevuto, disposto anche a dare la vita per diffondere la lieta notizia che è il Vangelo. “Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato”. Paolo e Timoteo hanno ricevuto lo Spirito Santo come luce e garanzia per il loro insostituibile compito di pastori ed evangelizzatori. Attraverso la loro testimonianza e quella dei loro successori, l’annuncio del Vangelo è arrivato fino a noi. Allo stesso modo, ogni cristiano ha la sua “missione” nella propria comunità sociale e religiosa: costruire una famiglia unita, educare i giovani, impegnarsi nella politica e nel lavoro, prendersi cura delle persone fragili, illuminare la cultura e l’arte con la sapienza del Vangelo vissuto, consacrare la vita a Dio per il servizio dei fratelli. Anzi, secondo le parole di papa Francesco ai giovani, «[…] ogni uomo e donna è una missione […]»(2). Il mese di ottobre 2019 è stato proclamato dalla Chiesa Cattolica “Mese missionario straordinario”. Può essere anche per noi l’occasione di rinnovare consapevolmente l’impegno a testimoniare la nostra fede, con il cuore aperto e dilatato dall’amore evangelico che genera accoglienza, incontro e dialogo (3).
“Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato”. Ogni cristiano è “tempio” dello Spirito Santo, che permette di scoprire e custodire i “beni preziosi” che gli sono affidati, per farli crescere e metterli al servizio di tutti. Il primo di questi “tesori” è la fede nel Signore Gesù. Occorre che noi cristiani la risvegliamo e la nutriamo con la preghiera, per poi comunicarla attraverso la testimonianza della carità. Racconta J. J., un sacerdote ordinato da poco: «Mi è stata affidata la cura dei fedeli di una grande chiesa cattolica in una metropoli brasiliana. L’ambiente sociale è molto difficile e spesso le persone che incontro non hanno una identità religiosa definita; per questo partecipano sia alla messa che ad altre antiche cerimonie tradizionali. So di essere responsabile di trasmettere la fede cristiana nella fedeltà al Vangelo, ma desidero anche che tutti si sentano accolti in parrocchia. Ho pensato che, per valorizzare le radici culturali di queste persone, la celebrazione della messa poteva essere più festosa ed animata da strumenti musicali tipici delle loro culture. È una sfida impegnativa, ma che rende tutti felici perché, invece di dividere la comunità, ci unisce in ciò che abbiamo in comune: la fede nel Dio che ci dona la gioia». “Custodisci, mediante lo Spirito Santo che abita in noi, il bene prezioso che ti è stato affidato”. Un altro tesoro inestimabile che abbiamo ricevuto da Gesù stesso è la sua parola, che è parola di Dio. Questo dono «[…] comporta da parte nostra una grande responsabilità […]. Dio ci ha dato la sua parola perché noi la facessimo fruttificare. Egli vuole vedere attuata nella nostra vita e nella nostra azione nel mondo quella trasformazione profonda, di cui essa è capace. […]. Come vivremo allora la Parola di vita di questo mese? Amando la parola di Dio,
cercando di conoscerla sempre meglio e soprattutto mettendola in pratica con sempre maggiore generosità, in modo che essa diventi realmente il nutrimento base della nostra vita spirituale, il nostro maestro interiore, la guida della nostra coscienza, il punto di riferimento incrollabile di tutte le nostre scelte e di tutte le nostre azioni. […] Nelle coscienze c’è tanto smarrimento e confusione, tutto tende a relativizzarsi e ad annebbiarsi. Vivendo la parola di Dio non solo saremo muniti contro questo grave pericolo ma, secondo la significativa espressione di Gesù (cf Mt 5,15-16), diventeremo delle lampade accese, le quali con la loro luce aiuteranno anche gli altri ad orientarsi ed a ritrovare il retto cammino» (4). Letizia Magri ______________________________________________________________ __________ 1 1Tm 1,2. 2 Cf. FRANCESCO, Messaggio per la giornata missionaria mondiale 2018. 3 Per maggiori informazioni, vedi www.october2019.va. 4 C. Lubich, Parola di Vita ottobre 1991, in eadem, Parole di Vita, a cura di Fabio Ciardi (Opere di Chiara Lubich 5, Città Nuova, Roma, 2017), p. 486. Parola di Vita Ottobre 2019 1 file(s) 141.26 KB Scarica volantino ESPERIENZE SULLA PAROLA DI VITA
AUDIO http://www.focolaritalia.it/wp-content/uploads/2019/09/Parola- di-vita-ottobre-2019.mp3 Tutte le trasmissioni radio con esperienze Video in diverse lingue Parola di vita per bambini Parola di vita ragazzi Cantiere Ragazzi per l’Unità fra i monti del tarvisiano CANTIERE MONDO UNITO RAGAZZI 11-17 ANNI CAMPOROSSO (TARVISIO – UDINE) 3-7 LUGLIO 2019 Fra i monti del tarvisiano, a un’ora da Udine e a due passi dall’Austria, dal 3 al 7 luglioabbiamo vissuto un bellissimo “cantiere” con 46 ragazzi dagli 11 ai 17 anni provenienti da tutto il Friuli Venezia Giulia. La generosità e l’entusiasmo dei 14 adulti pronti a donare tempo, energie, capacità…sono stati il motore e la base sicura che ha permesso ai ragazzi, a tutti noi, di agire molto concretamente come cittadini attivi, rendendo piùbelli “angoli bui” del territorio: con nel cuore un “segno matematico” come motto della giornata, il “time-out”
a mezzogiorno, con guanti, carriole, badili, zappette e rastrelli,un gruppo ha risistemato un sentiero e trasformato quasi in un giardino una collinetta attorno ad un faggio secolare meta di turisti, un altro gruppo ha ripristinato le tombe di uno storico cimitero austro- ungarico (con caduti della prima guerra mondiale), distrutte da un’alluvione. E poi gite alla scoperta della bellissima natura con laghi, torrenti, monti maestosi, giochi di squadra, momenti di svago per stare insieme e conoscersi, uno sguardo sul mondo ascoltando intensamente la testimonianza di un giovane che era appena tornato dalla Bolivia, la visita alla “Baita dell’alpin”, costruita dal nonno di Marco Aquini, con tutta la ricchezza di valori e di Vangelo vissuto che traspariva anche grazie alla forte testimonianza di Marco stesso e di alcuni di noi. Il tutto in un clima gioioso, sereno, in cui l’undicenne stava a suo agio col diciassettenne e col settantenne! Giorni che ci sembra abbiamo portato tanti frutti: hanno potuto partecipare 10 ragazzi del posto, paese di montagna dove da anni non si facevano iniziative per i ragazzi e dove c’era isolamento e chiusura; con la sola nostra presenza siamo riusciti a mobilitare l’intero paese, che ci ha inaspettatamente aperto braccia e cuore, forse vedendo che volevamo sinceramente solo fare qualcosa di bello con loro e per loro, per la loro terra. Ragazzi, genitori, viceparroco, alcuni catechisti, suore, istituzioni civili, famiglie hanno compiuto un atto di fiducia verso di noi e ne è nato un rapporto di reciprocità nella stima e nella cordialità. Sembra che la parrocchia, con le parole espresse nell’omelia dal vice-parroco durante la messa solenne, abbia ricevuto uno
stimolo e una spinta ad aprirsi e a iniziare cose nuove per i ragazzi. Significativo e inaspettato il dono di una statua in ceramica della Madonna del vicino Santuario del Monte Lussari, meta di tanti pellegrini di varie nazioni. Il Consorzio “Vicinia” che ci ha permesso di ripristinare il sentiero ha usato tutte le forme possibili per ringraziarci: una targa in legno affissa lungo il sentiero a testimonianza del lavoro fatto, una pergamena scritta a mano consegnata a ciascun ragazzo con un grazie personale. Anche i gestori del cimitero austro- ungarico hanno voluto farsi presenti con una targa di ringraziamento in tedesco. Citiamo questi riconoscimenti per esprimere la bellezza e la preziosità dei rapporti che sono nati. Ancora frutti: un ragazzo di Camporosso era così felice di stare al cantiere che non voleva partire per le vacanze con la famiglia (prima che finisse il cantiere); un ragazzo timido che all’inizio stava per ritirarsi dal cantiere, ha poi trovato “il suo posto” sentendosi libero di esprimersi senza sentirsi giudicato: ha giocato sereno con tutti, ha partecipato al programma, ha aiutato in cucina. Un ragazzo ha accettato di fare un servizio superando un suo limite evidente; un altro che non parlava con la mamma da tempo, le ha telefonato per raccontarle cosa stava facendo al cantiere. Tutti sono stati felici di lavorare a contatto con la natura, hanno conosciuto nuove persone, hanno rafforzato rapporti già iniziati, si sono molto divertiti; tutti desiderano rifare l’esperienza. Un animatore così si è espresso: “Questo cantiere ha lasciato un segno indelebile in tutti i ragazzi … A differenza di altri
cantieri, qui i ragazzi hanno dato testimonianza (questa è maternità spirituale). Non possiamo più abbandonare Camporosso e Valbruna. Sono super contento. Evviva”. Ci sembra di poter dire di aver portato un seme di unità e speranza e di aver colorato con l’amore qualche angolo buio delle nostre terre. Stefania e Franco Loppiano – Alcuni eventi dell’anno
LINK PER IL CALENDARIO COMPLETO Summer school 2019: “Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza
comune” Siamo Lisa e Sara Maria, due giovani del Movimento dei Focolari ed abbiamo partecipato alla summer school organizzata dall’Ufficio Nazionale per l’Ecumenismo e il Dialogo Interreligioso della CEI che si è tenuta a Monte Sole (Marzabotto – Bologna) dal 5 all’8 settembre 2019, in collaborazione con COREIS, UCOII e CII. Il titolo della summer school era “Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune” e il programma ripercorreva alcuni punti del Documento di Abu Dhabi quali fratellanza umana, tutela dell’ambiente e identità religiosa. Gli argomenti trattati sono stati i più vari, dall’immigrazione alla guerra, dalla tutela dell’ambiente a come conciliare giustizia e perdono. È stato bellissimo vedere una cinquantina di ragazzi tra i venti e i trent’anni, con varie sfumature di colore della pelle, di origini diverse, ma tutti con accenti italianissimi, dal nord al sud, pronti a rimboccarsi le maniche per il Paese in cui viviamo, mantenendo uno sguardo allargato a tutta l’umanità. Il gruppo era molto vivace e tutti avevano voglia di intervenire e dire la loro. Non ci sono mai stati momenti di silenzio, senza interventi o senza domande. Quello che più ci ha colpito è quella che ha fatto notare un ragazzo musulmano: al di fuori degli interventi degli esperti, si è parlato poco di religione; non si è quasi mai parlato di dialogo ma lo si è proprio vissuto, sia in sala che nella quotidianità,
condividendo le stanze, i pasti e tutti i momenti di ‘svago’. Negli incontri fatti in “piccoli” gruppi tutti avevano ben chiara la problematica che si stava affrontando e cercavano di mettere in rilievo criticità, possibili soluzioni, personali o collettive. L’impressione è stata una bellissima gioventù italiana, pronta a vivere per migliorare ciò che li circonda. Ci ha fatto tanto bene sperimentarlo!! Aiuta ricordarsi le bellissime e silenziose persone che esistono ed operano il bene, al di là delle tragedie dei telegiornali. Visitare insieme i luoghi dell’eccidio di Monte Sole, guidati dai formatori della Scuola di Pace, ed ascoltare insieme la testimonianza di un sopravvissuto alla strage è stato commovente. L’impressione era che tutti volessero custodire quella memoria, farne tesoro, per costruire un mondo migliore. Siamo tornate a casa con la consapevolezza e la “chiamata” ad un rinnovato impegno a portare anche noi,il nostro Carisma dell’unità, ovunque saremo e nel dialogo interreligioso in particolare, chiedendo a Dio di indicarci la via! Lisa e Sara Maria La Summer School è un’iniziativa promossa dall’Ufficio Nazionale per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso (UNEDI) della CEI in collaborazione con la Comunità Religiosa Islamica Italiana (CO.RE.IS.), l’Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia (UCOII) e la Confederazione Islamica Italiana (CII). Lo scopo dell’iniziativa è duplice: a. quello di riunire da tutta Italia giovani cristiani e
musulmani in età universitaria, per un’attività di formazione, riflessione, scambio sui temi centrali dell’identità religiosa specifica a ciascuno e del rapporto di questa identità con la comunità civile alla quale tutti apparteniamo. b. far si che questo progetto pilota possa incoraggiare la promozione di iniziative simili nelle regioni italiane. La seconda edizione della Summer School, si è svolta nel contesto particolare di Monte Sole (Marzabotto – BO) si concentrava su tre piste del documento di Abu Dhabi firmato congiuntamente da Papa Francesco a il Grande Imam di Al-Azhar Aḥmad Muḥammad Aḥmad al-Ṭayyib: 1. la fratellanza umana alla prova della guerra, 2. la fratellanza sperimentata nel comune impegno per la tutela dell’ambiente, 3. la capacità di collegare credenti di religioni diverse. Sui passi di Gesù – Video I Ragazzi per l’Unità dell’Emilia Romagna presentano un video che sintetizza l’esperienza vissuta quest’estate in Terra Santa. Una settimana per sintonizzare mente, cuore, mani sui passi di Gesù. http://www.focolaritalia.it/wp-content/uploa ds/2019/09/Sui-passi-di-Gesù.mp4
Insieme per fare goal! “Sono sorpreso e curioso. Ieri ho visto come il rumore di alcuni tamburi può diventare ritmo e musica. Oggi non so cosa aspettarmi eppure so che quella di stasera sarà una profonda esperienza spirituale, perché con la musica si fa sempre un’esperienza spirituale”. A pronunciare queste parole è il vescovo di Ascoli Piceno, monsignor Giovanni D’Ercole. Sul palco dopo pochi minuti entreranno in scena le artiste del Gen Verde con uno spettacolo acustico. Quasi due ore di musica e danza che spaziano dal ritmo latino americano ad una dolce ninna nanna per ricordare tutte le persone che perdono la vita nelle acque del Mediterraneo. Quello di Ascoli Piceno potrebbe essere uno dei tanti concerti del Gen Verde. La differenza questa volta la fa il pubblico con un ascolto attento e profondo. “Tutto merito del rapporto costruito ieri durante i workshop”, spiega l’artista coreana Beatrice facendo riferimento all’attività svolta il giorno precedente con i giovani del Movimento diocesano della città marchigiana. E infatti oltre 100 giovani hanno avuto modo di conoscere e lavorare per un giorno intero con il GenVerde: un’occasione speciale per esprimere la propria creatività e i propri talenti e in alcuni casi scoprirne anche dei nuovi. Un solo giorno eppure eccezionale il lavoro finale presentato nella parrocchia Santi Simone e Giuda. I laboratori di danza, canto, teatro e percussione hanno permesso di vivere in prima persona una delle esperienze più forti che vive il Gen Verde e che ha
tramutato inmusica con la canzone “Io credo nel noi”. E questa è stata la grande sfida lanciata al mattino spronando i ragazzi presenti a non fermarsi dinanzi alle difficoltà che avrebbero incontrato durante la giornata, ma credendo profondamente che la performance finale sarà frutto di una squadra, di un gruppo dove tutti insieme, ognuno col proprio talento, si arriva a fare goal. E sembra che la partita col Gen Verde sia stata assolutamente vincente. Entusiasta Dina Amici, presidente della cooperativa Melograno che ha promosso la presenza Gen Verde ad Ascoli: “il nostro obbiettivo è cercare di offrire un luogo e uno spazio ai tanti giovani della nostra città che spesso non sanno dove andare e cosa fare. Ci sembra che l’arte sia lo strumento per eccellenza per veicolare messaggi positivi da indirizzare ai tanti adolescenti in difficoltà nel nostro territorio e per questo abbiamo pensato che un valido contributo alla nostra proposta educativa potesse arrivare dal lavoro svolto assieme al Gen Verde”. A sostenere questo progetto con entusiasmo e laboriosità anche i tanti giovani e non del Movimento diocesano di Ascoli che promuovono nel loro agire quotidiano esperienze di fraternità in parrocchia e in tutta la società civile. Il concerto termina, le luci si spengono e resta stampata una realtà: la fraternità universale è possibile. Come sostiene monsignor D’Ercole la musica ha permesso a tutti di fare una profonda esperienza spirituale. Le aspettative allora non sono
state deluse, anzi. Ora c’è solo da portare questa esperienza nella realtà di tutti i giorni, anche quando l’entusiasmo sarà scemato. Tiziana Nicastro Creare rapporti Punti di vista n. 46 Mentre il Paese è alle prese con un nuovo delicato avvio, dopo una partita a scacchi per la costituzione di un nuovo governo guardiamo con particolare speranza all’esperienza di un gruppo di giovani italiani che hanno condiviso una tappa del loro percorso di crescita umana e spirituale con alcuni coetanei di vari Paesi del Medio Oriente. Gambe in spalla sono andati in Giordania, Paese che ospita oltre 715 mila rifugiati (a fronte dei 189 mila dell’Italia) posizionandosi, insieme al Libano, in vetta alla classifica del rapporto abitanti/rifugiati (Report Unhcr). Hanno messo da parte comodità, schemi, visioni predefinite. Aperti allo scambio e all’amicizia. Ne sono tornati enormemente arricchiti, con un altro senso della condivisione dei beni, della giustizia sociale, della costruzione della pace. Ci insegnano che il segreto per crescere non è chiudersi, ma aprirsi. Non è solo risolvere i propri problemi a uno a uno, ma pensare a chi è più nel bisogno. Non è isolarsi, ma creare relazioni. È in questa prospettiva, dando priorità alla vita, alimentando le reti, che vorremmo vivere i prossimi mesi, sapendo che il bene del Paese crescerà in proporzione alla nostra generosità.
Rosalba Poli e Andrea Goller Responsabili del Movimento dei Focolari in Italia Fonte: Rivista Città Nuova n. 9/2019 pag. 49 “Andate avanti!” 3 SETTEMBRE 2019 – FONTE: MOVIMENTO DEI FOCOLARI Fiducia, apertura, gratitudine sono le parole con le quali la Presidente dei Focolari Maria Voce e il Copresidente Jesús Morán sintetizzano l’incontro avuto con Papa Francesco durante l’udienza privata del 2 settembre 2019. “Portate avanti le profezie di Chiara” è stato l’incoraggiamento del Pontefice. Maria Voce: Siamo appena usciti dall’udienza con il Papa. È stato un incontro bellissimo, di una cordialità straordinaria. Gli avevamo portato in regalo il libro di Chiara sui Collegamenti, che lui ha apprezzato, ha guardato con cura, e anche una icona della Madonna che si chiama “Gioia di tutti gli afflitti”. E a lui è molto piaciuto il titolo e anche l’icona, perché diceva che non l’aveva mai conosciuta, e che vedere queste persone – che si vedeva che soffrivano, che andavano dalla Madonna – gli ha fatto venire in mente la pagina ultima del Manzoni sul lazzaretto, dove tutti i lebbrosi pregano la Madonna, invocano la Madonna in questa loro afflizione. Ma tutto l’incontro è stato improntato ad una grande fiducia, ad una grande apertura, lui continuava a dire: “Andate avanti, andate avanti”, l’avrà ripetuto mille volte. Ha ringraziato per il bene che facciamo e si sentiva che era veramente contento di vederci. E: “Pregate per me”. Allora gli abbiamo assicurato che
preghiamo. A un certo punto gli ho detto: “Ma tutti pregano oggi, perché tutto il Movimento sa che siamo qui con lei e tutti pregano per questo incontro, non solo i cattolici, ma tutti”. E lui allargava le braccia come a comprendere tutti quelli che pregavano, anche gli altri. È stato molto bello. Jesús Morán: Molto bello. Credo sia stato all’insegna dell’amore reciproco, perché lui continuava a dirci: “Vi ringrazio per quello che fate, andate avanti”, e noi continuavamo a dirgli: “Noi sosteniamo quello che lei fa; noi difendiamo il suo pensiero”. Io ho pensato subito a quell’esperienza di Chiara quando è andata da Paolo VI, che Paolo VI le ha detto: “Qui è tutto possibile”. Davvero lì è tutto possibile. Dopo bisogna vedere concretamente, però lui ci ha detto: “Andate avanti, portate avanti le profezie di Chiara”. Perché poi abbiamo parlato di tante cose anche concrete. Maria Voce: Ci ha espresso ancora una volta il suo dispiacere nel vedere che ci sono nazionalismi, che ci sono ostacoli alla pace, che ci sono conflitti anche fra i nostri; lui diceva: “Anche nel seno della Chiesa (ci sono) alcuni che pensano diversamente. Ma possibile che non impariamo niente della storia? Io ho pianto – diceva –, io piango nel sentire certe affermazioni contro la pace e contro la comprensione reciproca”. Poi ci ha detto una cosa che ci è sembrata molto bella, diceva che certe volte è meglio chiedere perdono che chiedere permesso, che bisogna magari sbagliare per poi chiedere perdono; tante volte è meglio fare questo. Jesús Morán: Era molto addolorato perché certe contrapposizioni continuano a provocare morti. Dice: “Ma possibile che non abbiamo imparato dopo guerre sanguinose che abbiamo vissuto”? Parlando dell’Europa lo abbiamo visto preoccupato. Gli abbiamo illustrato la Mariapoli Europea. Come prima cosa abbiamo parlato del Centenario di Chiara, e lui lo
ha apprezzato, ha sentito che non è che lo facciamo come una commemorazione, ma perché sentiamo che il Carisma di Chiara è veramente attuale. Maria Voce: Una cosa che abbiamo sentito è che lui ha molto a cuore i sacerdoti, i religiosi e i vescovi, nel senso proprio di dire: aiutateci in questi campi. Cantieri Ragazzi per l’unità – Estate 2019 In un’epoca in cui l’attenzione alla tutela dei minori ci mette più all’erta e chiede forze maggiori e più qualificate, l’offerta verso il benessere e la formazione integrale dell’adolescente non solo non retrocede, ma anzi si intensifica. Il Movimento dei Focolari in Italia continua ad offrire questi spazi, ricreativi, formativi e di impegno sociale nel territorio, caratterizzati da una crescente mobilità e scambi internazionali come quello in Terra Santa dei ragazzi dell’Emilia Romagna e l’esperienza con gli adolescenti della Grecia a Roma che hanno restituito la visita sulla scia di un’amicizia coltivata nel tempo con attività nella città e la partecipazione insieme al 1 maggio a Loppiano. Cantieri in Albania; Clusone (BG) (https://www.flest.it/2019/08/il-mondo-e-come-un-fiore-se-lo-t rascuri.html), Bardolino sul Garda (http://focolareliguria.altervista.org/asse-verona-genova-cant iere-ragazzi-per-lunita-la-zonetta-unita-diventa-realta/); Polonia (Cantiere in Polonia alla Mariapoli Fiore insieme ad un gruppo di ragazzi di un oratorio di Milano); Roma; Frosinone; Genzano; Cittadella Faro (cantiere tra ragazzi del Veneto e della Croazia con la partecipazione di qualche
ragazzo della Sicilia, Piemonte e Trentino); Emilia Romagna (Cantiere in zona e gruppo di ragazzi in Terra Santa https://www.focolare.org/news/2019/08/19/cambiare- prospettiva/); Palermo (https://soundcloud.com/radiopace/persone-e-avvenimenti-guardo -la-mia-citta-campus-sociale-e-interculturale-a-palermo); Friuli Venezia Giulia (un cantiere all’insegna dell’ecologia e della sostenibilità ambientale); Veneto, Umbria (cantiere diurno ecologico); Carloforte, Sardegna (ragazzi e giovani insieme); Ancona (Gomiti Creativi); Mormanno in Calabria. www.teens4unity.org Agosto in città In agosto l’arte di una delle tante città italiane, sature di bellezza, è restituita alla consapevolezza dei residenti dalla folla di turisti che cercano, con il naso all’insù, inesistenti indicazioni, attendono autobus che si fanno aspettare un po’ troppo, chiedono informazioni, timidamente, a qualche passante dall’inglese stentato. Le stesse città in cui le stazioni ferroviarie, più di altri luoghi, portano i segni di evidenti contraddizioni: negozi di marchi famosi, eccellenze, raffinati ristoranti e a pochi passi mercatini arraffati, bancarelle “tutto a un euro”, sottopassaggi occupati da senza fissa dimora. I sensi, soprattutto la vista e l’olfatto, sono buoni navigatori, consigliano di non percorrere mai quei pochi metri per non avvicinarsi alle strade più sgradevoli e pericolose della bella città. Un po’ di coraggio comunque ripaga, subito, e libera da confini tirati su troppo presto. Offre un possibilità di conoscenza più approfondita e completa il quadro globale,
libera dalla paura o almeno l’attenua. E ce ne vuole per scoprire quelle tre aule vicino ad un maleodorante sottopassaggio della stazione che richiamano ogni giorno una piccola folla etnicamente variopinta. L’indirizzo non è riportato su nessun social media. E’ un passaparola: chi ha la necessità di imparare la lingua italiana per tentare di trovare un lavoro o tenersi quello che con difficoltà ha racimolato, sa di poter andare lì da lunedì a venerdì in qualsiasi periodo dell’anno, anche in agosto. Si formano classi improvvisate di pakistani, indiani, bangla, venezuelani, cinesi, colombiani, peruviani, russi, bulgari, siriani, nigeriani, elenco che potrebbe non finire mai e che cambia nelle percentuali seguendo l’andamento delle politiche migratorie nazionali e internazionali. Gli insegnanti sono per lo più pensionati, volontari molto attivi e motivati, coordinati da quattro studentesse del servizio civile che assicurano competenza e continuità. Mi sono unita a loro un anno fa, al ritorno nella “mia” città nel periodo delicato dell’inizio del pensionamento, e non solo dal lavoro. C’è un’età in cui scopri con sorpresa ciò che già sarebbe ovvio aver acquisito: quello che sei e che fai non è determinante, puoi essere felicemente sostituita, non presenti più caratteristiche interessanti che suggeriscono di investire su di te, nell’ambiente lavorativo, in quello associativo e oltre. Quando l’atmosfera interiore rischia di diventare depressiva, da “resa dei conti”, da “fissa” persecutoria, un po’ di coraggio non può mancare, quello che ripaga subito. Proprio in agosto ho più tempo per immergermi in quel pezzetto di mondo negato della mia grande città e subito quelle persone a cui cerco di insegnare italiano si rivelano un’ancora di salvezza per ricostruire il presente da abitare senza sospetti, fiduciosamente. Vedo declinarsi in storie concrete le grandi narrazioni politiche, cerco di ascoltare perché ogni piccolo fatto spiega più di mille insostenibili dibattiti. I miei attentissimi alunni mi restituiscono la mia lingua, musicale e accogliente, che sulla loro bocca risuona di assonanze immaginate, di storie d’amore, di dolorose odissee.
Una lingua che dissolve nella mia anima il rancore e mi costringere a non sottrarmi alla “salvezza” di questo presente, complesso, spesso ingiusto, ma che nasconde la bellezza inaspettata di uomini e donne che si incontrano, si riconoscono, rischiano per condividere il mondo in una città. Ada Corsi Un campus a Bologna nel segno del “Noi” Cittadinanza attiva, solidarietà, formazione. Il patrimonio di una esperienza di impegno civile promossa dai Giovani per un mondo unito nei quartieri Cirenaica e Pilastro della città felsinea. «È stata proprio ‘na botta de vita di quelle notevoli» mi conferma Etta, la vivace fondatrice dell’associazione Il Cerchio, che sotto il ponte di Via Libia è nata e si è sviluppata per combattere il razzismo, accogliendo soprattutto giovani migranti. Etta si riferisce al rapporto costruito nei giorni precedenti con i giovani partecipanti del Campus promosso dai Giovani per un mondo unito.Essendo infatti lo slogan dell’associazione “C’è una sola identità: la comune umanità”, non poteva che risuonare empaticamente con la forte motivazione dei giovani provenienti da dieci regioni italiane, decisi a costruire un “noi” e a cambiare concretamente la realtà circostante. L’impegno per i migranti è fondamentale in questo periodo storico, come ha testimoniato direttamente, in un incontro organizzato nello stesso Campus, don Mattia Ferrari, giovane
prete bolognese, che ha partecipato alle iniziative della nave della ONG “Mediterranea” impegnata nell’operazione di salvataggio di persone nel Mar Mediterraneo. Parlando da sacerdote ha detto di aver imparato la generosità e la gratuità dagli attivisti umanitari che si definiscono “non credenti”. Un esempio che rimanda alla parabola evangelica del “buon” Samaritano. Ma cosa è un Campus come quello organizzato in un settimana (dal 20 al 28 luglio) dell‘estate 2019 a Bologna? Essenzialmente un’esperienza di impegno civile, in cui, dopo aver individuato le necessità di un territorio marginalizzato a livello sociale, si cerca di intervenire in modo continuativo, soprattutto attraverso la costruzione di rapporti. Precedenti esperienze del genere sono state promosse dai Giovani per un Mondo Unito a Siracusa, Roma e Torino. Il tema dominante del percorso emiliano è stato quello che della Legalità declinato nel significato più profondo e completo come “Legalità del noi” da Giuseppe Gatti, sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, attualmente sotto scorta, intervenuto in un momento aperto alla città durante il campus, assieme al giornalista del tg3 Gianni Bianco. Per sconfiggere le mafie occorre, infatti, combattere l’isolamento in cui si trova chi ne è vittima, e costruire una comunità, in cui le relazioni siano solide. Occorre quindi superare l’omertà, per passare dalla legalità verticale, tipica dei regimi totalitari e della criminalità organizzata, a quella circolare. leggi tutto Fonte: Città Nuova – di Emanuele Pugliese
Settembre 2019 «Confortatevi a vicenda e siate di aiuto gli uni agli altri» (1Ts 5,11). L’apostolo Paolo scrive alla comunità cristiana da lui fondata nella città di Tessalonica. Non può più tornare da loro, perché è dovuto fuggire da lì, a causa di gravi difficoltà e persecuzioni. Tuttavia, attraverso le sue lettere, continua ad accompagnare la loro vita con amore ed anzi li loda per la costanza e la perseveranza nella fede. Sono diventati testimoni esemplari! Paolo conosce gli interrogativi profondi di questa comunità, le loro domande esistenziali: cosa ci aspetta dopo la morte? Se il Signore tornerà presto, come prepararci adeguatamente alla Sua venuta definitiva? Paolo non risponde con precetti da applicare, ma piuttosto professa nuovamente la sua fede: Gesù ha dato la sua vita per amore di tutta l’umanità ed è risorto, aprendo a tutti gli uomini la strada verso la Vita. Per prepararsi al Suo ritorno, Paolo consiglia di vivere secondo il Vangelo nella quotidianità, continuando a lavorare onestamente ed a costruire una comunità fraterna: «Confortatevi a vicenda e siate di aiuto gli uni agli altri». Paolo lo ha sperimentato in prima persona: il Vangelo fa germogliare il seme di bontà che Dio ha messo nel cuore umano. È un seme di speranza, che cresce nell’incontro personale e quotidiano con l’amore di Dio e fiorisce
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