"This is it, folks": l'epilogo della parabola politica di Boris
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“This is it, folks”: l’epilogo della parabola politica di Boris Johnson e l’inizio di una nuova epoca di Giulia Caravale ** “I n Liz We Truss”. Questo uno dei tanti slogan che hanno accompagnato la campagna elettorale per la leadership del partito conservatore, conclusa il 5 settembre con l’elezione di Liz Truss, divenuta il giorno seguente la nuova Premier del Regno Unito. La Truss, con il 57% di voti - maggioranza meno ampia rispetto a quanto era stato previsto dai sondaggi - ha sconfitto il suo sfidante, l’ex Cancelliere dello Scacchiere Rishi Sunak. Mentre nelle votazioni di luglio il gruppo parlamentare le aveva preferito Sunak, gli iscritti al partito hanno scelto la Truss. La sua nomina a Primo ministro del Regno è stato l’ultimo impegno costituzionale della Regina Elisabetta, due giorni prima della sua scomparsa. Il 6 settembre la sovrana ha ricevuto nel castello di Balmoral sia il Premier uscente che ha rassegnato le proprie dimissioni, sia la Truss. Il 31 agosto Buckingham Palace aveva annunciato che - a differenza del passato – l’incontro con i Premier non si sarebbe svolto a Buckingham Palace, ma in Scozia. Sono temi su cui torneremo ampiamente nelle prossime Cronache costituzionali relative al periodo settembre-dicembre 2022. Il quadrimestre preso in esame in questa sede rappresenta, dunque, l’epilogo della parabola politica di Boris Johnson, il Primo Ministro che aveva condotto, nel dicembre 2019, il partito conservatore ad ottenere una delle più eclatanti vittorie elettorali degli ultimi trent’anni e che era riuscito a realizzare la Brexit. Nel luglio 2019 i Tories si erano affidati a “King Boris” proprio perché, all’epoca, appariva l’unico in grado di trattare con l’Europa e di superare lo stallo determinato dal debole Governo May. Ma, raggiunto l’obiettivo del tanto declamato “get Brexit done”, i numerosi scandali, l’assenza di una chiara visione politica anche per il futuro dei rapporti con l’Unione, la maldestra e incerta gestione dell’Irlanda del Nord, la crisi economica hanno messo in luce, ancora una volta, la natura effimera del successo e della gloria politica. Molti commentatori, già lo scorso anno, avevano evidenziato che l’elezione di Johnson a leader Contributo sottoposto a peer review. ** Professore ordinario di Diritto pubblico comparato – Sapienza Università di Roma. Cronache costituzionali dall’estero, maggio-agosto 2022 Nomos 2-2022 ISSN 2279-7238
2 del partito era stata così legata alla Brexit che, una volta ottenuto il risultato, sarebbe stato preferibile cambiare leader. Come noto, l’anno si era aperto con l’esplosione dello scandalo c.d. partygate a seguito della diffusione della notizia per cui, durante i periodi di maggiori restrizioni introdotte per contrastare la diffusione della pandemia, negli uffici governativi erano state organizzate alcune feste a cui avevano partecipato più di 100 persone, tra cui lo stesso Premier. Lo scandalo aveva messo in discussione la leadership di Johnson ed il comportamento del suo staff e aveva portato all’apertura di due inchieste parallele, una condotta da Sue Gray, second Permanent Secretary at the Department for Levelling Up e former Director General of Propriety and Ethics del Cabinet Office, l’altra da Scotland Yard. L’indagine di Scotland Yard si è conclusa il 19 maggio con l’accertamento della violazione della normativa all’epoca vigente e con la comminazione di multe al Premier e ad altre 83 persone coinvolte, tra cui il Cancelliere dello Scacchiere Rishi Sunak. L’indagine di Sue Gray aveva prodotto un primo rapporto a gennaio in cui era stato espresso soprattutto un giudizio morale negativo sul comportamento del Premier e del suo staff. Il report definitivo della Gray è stato pubblicato il 25 maggio. Esso ha preso in esame ben 16 eventi durante il lockdown, testimoniati da diverse fotografie, e ha rilevato l’evidente violazione delle regole Covid e dunque un grave fallimento di leadership e di giudizio da parte del Primo Ministro e del suo staff. A seguito della pubblicazione dei rapporti, Johnson si è rivolto ai Comuni, assumendosi la responsabilità dell’accaduto, ma chiarendo che non si sarebbe dimesso. Già in tale occasione la richiesta di dimissioni era venuta non solo dalle fila dell’opposizione, ma anche da alcuni esponenti dei conservatori. Nel corso del dibattito parlamentare i detrattori avevano evidenziato come il comportamento di Johnson e il suo considerarsi al di sopra delle regole da lui stesso imposte stava arrecando nocumento alle istituzioni, alla credibilità del partito, dell’Esecutivo e dell’amministrazione pubblica. La conferma della debolezza della posizione del Primo Ministro e del suo controverso rapporto con il Parlamento era emersa pure dal fatto che la Camera dei Comuni, già il 21 aprile, aveva deciso di autorizzare l’avvio di un’inchiesta parlamentare condotta dal Privileges Committee, relativa all’accusa mossa nei confronti di Johnson di oltraggio al Parlamento per aver deliberatamente mentito ai Comuni in merito agli incontri in violazione alla normativa Covid. Johnson si è difeso sostenendo di non aver mentito intenzionalmente, dato che aveva considerato gli incontri come riunioni di lavoro. L’inchiesta non si è ancora conclusa, ma senza dubbio ha contribuito a esacerbare gli umori interni ai conservatori. Il Comitato, presieduto dalla laburista Harriet Harman dopo il passo indietro di Chris Bryant che aveva espresso pubblicamente la propria opinione sull’accaduto, ha iniziato a lavorare il 29 giugno e ha raccolto prove e testimonianze fino al 29 luglio. Se Johnson venisse giudicato colpevole dal Comitato e condannato ad una sospensione dalle attività parlamentari superiore a 10 giorni potrebbe perdere, ai sensi del Recall Act 2015, il suo seggio di Uxbridge: sarebbe comunque ancora candidabile, ma dovrebbe sottoporsi ad una elezione suppletiva. Cronache costituzionali dall’estero, maggio-agosto 2022 Nomos 2-2022
3 Appare necessario evidenziare che, in questi mesi, tale inchiesta parlamentare ha suscitato diverse polemiche da un canto sul ruolo del Comitato e sulle sue competenze e dall’altro sull’opportunità di procedere con l’inchiesta dopo le dimissioni di Johnson. Il 21 luglio il Comitato ha presentato il documento Matter referred on 21 April 2022: proposed conduct of inquiry in cui ha descritto le procedure adottate, ha dichiarato che avrebbe garantito la segretezza delle testimonianze raccolte, che il Premier sarebbe stato ascoltato e che avrebbe parlato sotto giuramento. Nel documento il Comitato ha ribadito, poi, l’opportunità di procedere con l’inchiesta nonostante le dimissioni del Primo Ministro. In attesa di conoscere le conclusioni a cui perverrà nel corso dell’autunno si ricorda che lo stesso Comitato ha ritenuto opportuno intervenire, il 24 agosto, per chiarire le proprie funzioni, anche a seguito di quanto affermato da Vernon Bogdanor in un articolo pubblicato sul Daily Telegraph l’11 agosto, secondo il quale il Comitato non stava tenendo conto di un precedente del 1996 in cui alcuni ministri accusati di aver mentito al Parlamento erano stati assolti dall’accusa proprio perché non avevano avuto intenzione di “mislead this House and the country”. Molto interessanti sono apparse quindi le precisazioni del Comitato sul reato di “contempt of the House” che hanno aiutato a fare luce su alcune delle antiche tradizioni parlamentari inglesi. Riconosciuto e garantito dal Bill of Rights, il diritto collettivo del Parlamento di decidere sulle proprie procedure, sulla sua composizione e sugli affari interni senza ingerenze esterne, comporta che il Parlamento disponga dell’autorità di decidere sull’espulsione di un suo componente e di giudicare in merito alla violazione di uno specifico parliamentary privilege nel caso di contempt of parliament sospendendo il deputato ritenuto colpevole per alcune giornate. Come evidenziato dallo stesso Comitato, non si tratta di un reato comparabile con l’oltraggio alla Corte, tanto che le eventuali sanzioni comminate non sono paragonabili alle sanzioni penali. E’ comunque un campo di esclusiva competenza parlamentare in cui le Corti non possono intervenire e dove i precedenti sono fondamentali. Il Comitato ha difeso il proprio lavoro e ha concluso affermando che: “It is evident that Members of the Committee are being subjected to a sustained campaign of adverse comment, much of which is seriously misconceived. Debate and discussion is an important part of the democratic process but it is wrong to subject Committee members to inappropriate pressure or intimidation. Indeed the rules of the House require that the work of the Committee is not interfered with. At the end of its inquiry, the Committee will report its findings and recommendations. It is then for the House to decide what if anything to do”. Tornando alla dibattito interno al partito conservatore, appare dunque evidente che il malcontento per la guida del Premier durava da mesi e – come dicevamo - era stato anche accentuato dall’inchiesta del Comitato. Secondo le regole dei Tories per la sfiducia alla leadership occorre che 54 backbenchers del partito inviino una richiesta in tal senso al 1922 Committee. Tale soglia è stata raggiunta il 6 giugno: subito dopo la conclusione del lungo fine settimana di celebrazioni del giubileo di Platino, Graham Brady, Presidente del 1922 Committee, ha annunciato che erano state inviate le lettere necessarie per chiedere la sfiducia del leader. Lo stesso giorno Boris Johnson è stato quindi sottoposto a votazione all’interno del suo partito Cronache costituzionali dall’estero, maggio-agosto 2022 Nomos 2-2022
4 ottenendo 211 voti a favore (59%) e 148 contrari (41%). Un risultato che aveva evidenziato la profonda spaccatura presente nel gruppo, ma che - in linea teorica – avrebbe dovuto rafforzare temporaneamente il Premier dato che, secondo le regole del partito, per un anno non avrebbe potuto essere sottoposto ad un nuovo voto di sfiducia. Per qualche giorno era sembrato che Johnson fosse riuscito a sopravvivere, pur se un segnale evidente della perdita di consenso dei Tories era emerso, come vedremo meglio in seguito, in occasione delle due elezioni suppletive tenutesi il 23 giugno nelle quali il partito di Governo aveva perso entrambi i suoi seggi. Ma l’equilibrio si è definitivamente rotto con l’esplosione di un nuovo scandalo. Il 30 giugno, infatti, il deputy chief whip del partito Chris Pincher si è dimesso dopo che, in una serata ad alto tasso alcolico nel Carlton club tory a Londra, aveva molestato due giovani attivisti. Perché questo episodio ha avuto ripercussioni sulla tenuta dell’Esecutivo? Perché non era la prima volta che il deputato si comportava in questo modo e soprattutto perché il Premier, pur da tempo consapevole della fama di Pincher, non era mai intervenuto, anzi, lo aveva nominato deputy chief whip. Non solo. Il Premier aveva inizialmente provato a negare di essere a conoscenza delle abitudini di Pincher; poi, di fronte all’evidenza, si era scusato per quanto accaduto. L’ennesimo scandalo, l’assenza di trasparenza e le frequenti bugie, la superficialità e l’arroganza del comportamento del Primo Ministro, sommati alla confusione ideologica, tutti quegli elementi che negli anni – anche quando era giornalista – avevano rappresentato la cifra stilistica di Johnson, in questa occasione sono stati considerati non più tollerabili e hanno condotto, il 5 luglio, alle dimissioni dal Governo del Cancelliere dello Scacchiere Rishi Sunak e del Ministro della salute Sajid Javid. I due Ministri chiave dell’Esecutivo, nelle loro lettere di dimissioni, pur evidenziando entrambi i successi politici di Johnson e la loro costante lealtà politica, hanno dichiarato di aver perso la fiducia nella sua leadership. Nelle parole di Javid: “the country needs a strong and principled Conservative Party, and the Party is bigger than any one individual”. Dal canto suo Sunak ha dichiarato: “However, the public rightly expect government to be conducted properly, competently and seriously. I recognise this may be my last ministerial job, but I believe these standards are worth fighting for and that is why I am resignin”. Le decisioni di Sunak e Javid hanno generato un effetto domino e condotto alle dimissioni di una sessantina di altri esponenti dell’Esecutivo, anche tra quelli rimasti più fedeli in questi mesi. Una delegazione di Ministri ha dunque chiesto a Johnson di fare un passo indietro; il Premier ha provato a resistere e a sostituire i componenti dell’Esecutivo, ma il 7 luglio ha compreso che l’unica soluzione era quella di rassegnare le proprie dimissioni. Nel sistema costituzionale britannico, le rare crisi di governo che comportano la sostituzione di un Premier in carica non vengono, di solito, parlamentarizzate: tutto si svolge nell’ambito del partito di governo e delle proprie regole interne relative alla selezione del leader, senza coinvolgere la Camera dei Comuni. Anche la vicenda Johnson ha seguito questo schema, nonostante che la Camera dei Comuni abbia avuto l’occasione di esprimersi su un voto di fiducia il 18 luglio. Il voto di fiducia o la mozione di censura sono eventi rari nel Regno Unito, Cronache costituzionali dall’estero, maggio-agosto 2022 Nomos 2-2022
5 pur se nella storia recente Theresa May, all’inizio del 2019, era stata sottoposta ad un voto di sfiducia – superato senza problemi –presentato dal partito laburista durante la complessa crisi dell’approvazione dell’accordo di recesso. Le dimissioni di Boris Johnson hanno sollecitato il leader laburista Keir Starmer a presentare, il 12 luglio, una mozione di censura (secondo la formula: “That this House has no confidence in Her Majest’’s Government while the Rt Hon Member for Uxbridge and South Ruislip remains Prime Minister”), che il Governo ha deciso di non accogliere dato che faceva esplicito riferimento al Premier. La scelta dei conservatori aveva suscitato la protesta del partito di opposizione sia perché non trovava giustificazione nel manuale Parliamentary Practice di Erskine May, sia perché la stessa formula era stata utilizzata in una mozione precedente risalente al 1965. Così il Governo ha scelto di modificare il testo della mozione con uno nuovo: “That this House has confidence in Her Majesty’s Government”, trasformando la mozione di censura in una questione di fiducia, tranquillamente superata con 349 voti a favore e 238 contrari. In occasione del dibattito sulla fiducia, Johnson ha voluto ricordare i successi del suo partito, dalla vittoria alle elezioni del 2019, alla Brexit e alla gestione della vaccinazione per il Covid. Nel mese di luglio si è aperta quindi la corsa alla leadership. Come vedremo meglio in seguito, le regole interne al partito conservatore prevedono la possibilità di presentare la propria candidatura se sostenuti da un minimo di 20 deputati. La procedura stabilisce una prima fase in cui i deputati selezionano, attraverso una serie di elezioni, i due candidati più votati e una seconda in cui gli iscritti al partito scelgono il nuovo leader nel ballottaggio. I deputati, dopo cinque votazioni, hanno selezionato Sunak e Truss. Bisogna evidenziare che Sunak è risultato sempre il più votato in tutti e cinque i turni e che pertanto uno dei compiti che la Truss dovrà affrontare nei prossimi mesi sarà anche quello di convincere il proprio gruppo parlamentare e tentare di riunire il partito. La campagna elettorale per la scelta del nuovo leader è durata 7 settimane (si è conclusa il 2 settembre), durante le quali si sono svolti 12 “hustings”, incontri e confronti pubblici tra i due candidati in giro per il Paese. Questi si sono espressi, e spesso scontrati, su molte delle questioni che saranno al centro dell’agenda politica del prossimo Governo ed in particolare sulla crisi economica, sulla guerra e sulla questione dell’Irlanda del Nord. Si tratta di temi su cui indubbia è la competenza dei due deputati, dato la Truss era la ministra degli esteri del Governo Johnson e Sunak è stato, fino alle dimissioni di luglio, il Cancelliere dello Scacchiere. Merita evidenziare che la Truss aveva presentato il 13 giugno il controverso Northern Ireland Protocol Bill che consentirà al Regno Unito di disapplicare unilateralmente alcuni aspetti del Protocollo sull’Irlanda del Nord in evidente violazione del diritto internazionale. La presentazione del disegno di legge, come vedremo, ha suscitato la riapertura di una procedura di infrazione da parte dell’Unione europea, la viva preoccupazione della Repubblica irlandese e l’opposizione della maggioranza dell’Assemblea di Stormont, i cui lavori, dopo le elezioni del 5 maggio, sono paralizzati dall’ostruzionismo del Dup il quale ha affermato che non parteciperà al Governo nord irlandese fino a che non sarà modificato il Protocollo. La Truss ha difeso il disegno di legge sostenendo che esso non viola gli impegni internazionali e che è Cronache costituzionali dall’estero, maggio-agosto 2022 Nomos 2-2022
6 l’unica soluzione per la questione nord irlandese. Alcuni commentatori politici ritengono che proprio la presentazione di tale bill e la fermezza della posizione di contrapposizione all’Europa espressa dalla Truss abbiano garantito la vittoria della leadership alla Ministra degli esteri. E’ probabile allora che l’Unione europea avrebbe preferito Sunak, più moderato e meno disponibile allo scontro. Lo stesso atteggiamento di chiusura la nuova Premier lo ha espresso nei confronti dell’ipotesi di un nuovo referendum sull’indipendenza scozzese, questione che – ne parleremo meglio in seguito – è tornata nel vivo in questi mesi con la richiesta di un giudizio di reference alla Corte suprema sulla competenza in materia referendaria avanzata dall’Esecutivo scozzese. La Truss, ammiratrice della Thatcher e soprattutto delle sue idee liberiste, nel corso della campagna elettorale ha illustrato le scelte di politica economica che vorrà proporre al Paese (la stampa ha già coniato il termine “Trusseconomics”), che prevedono il taglio delle tasse, compreso l’annullamento dell’incremento dei contributi deciso dal Governo Johnson pochi mesi fa per sostenere l’aumento delle spese del sistema sanitario colpito dalla pandemia. Un taglio che si accompagnerà, inevitabilmente, con una riduzione dell’intervento dello Stato in economia e nell’erogazione dei servizi pubblici, con conseguenze preoccupanti per le classi meno abbienti. Negli anni della sua premiership Johnson ha tentato di imporre il rafforzamento dell’Esecutivo e la limitazione dei contro-poteri di Parlamento e Corti. Ma l’eccessiva personalizzazione della politica comporta frequentemente il rischio che gli scandali o gli errori della persona che ricopre la carica si riverberino pure sulle istituzioni, indebolendole. Bisogna vedere se una figura così divisiva come appare la Truss proseguirà nel solco tracciato dal suo predecessore e se riuscirà a fare uscire il partito dalla crisi in cui si trova, che è anche fisiologica dopo 12 anni di governo. Il Regno Unito sta vivendo con forte commozione, enorme partecipazione emotiva, rispetto per la tradizione e senso di comunità la fine di un epoca, la conclusione del regno di Elisabetta II che ha intimamente e profondamente definito il sentimento di identità nazionale. Un evento che porta naturalmente il Paese a riflettere sul proprio passato, a ripercorrere i cambiamenti degli ultimi decenni e a guardare al futuro con un ulteriore elemento di incertezza. ELEZIONI ELEZIONI AMMINISTRATIVE Il 5 maggio si sono tenute le elezioni amministrative in alcuni Councils. Deludente il risultato dei Tories che hanno perduto il controllo di 11 Councils e ottenuto 400 Councillors in meno. Della sconfitta non ha approfittato del tutto il partito laburista il quale, pur avendo conquistato cinque Councils in più, ha concentrato i propri successi soprattutto a Londra e nel sud dell’Inghilterra e meno nel resto del Paese. Senza dubbio un buon risultato, che i laburisti non ottenevano da tempo nelle amministrative, che evidenzia la crisi dei conservatori, ma certo non può garantire la vittoria al partito di Starmer alle prossime elezioni politiche. Pur consapevoli Cronache costituzionali dall’estero, maggio-agosto 2022 Nomos 2-2022
7 dei limiti di tali proiezioni, i dati delle amministrative, se rapportati alle politiche a livello nazionale, avrebbero portato il partito laburista ad ottenere il 35% dei voti, i conservatori il 30% e i liberal democratici al 19%. Il partito liberal democratico ha ottenuto 224 Councillors (189 in più rispetto al passato) e il controllo di 3 Councils. Di assoluto rilievo anche il risultato dei Verdi che hanno raddoppiato il numero dei loro consiglieri. A livello locale, in Scozia sia lo SNP sia il partito laburista hanno guadagnato il controllo di un Council in più. In Galles i laburisti hanno ottenuto la maggioranza in un Council in più rispetto alle precedenti elezioni, il Playd Cymru in 3 Councils in più, mentre il partito conservatore ha perso la maggioranza in uno dei Council vinti nel 2017. Sempre il 5 maggio gli elettori di Bristol hanno scelto, tramite referendum, di abolire la figura del sindaco direttamente eletto. L’attuale sindaco è il laburista Marvin Rees, il cui mandato scadrà nel 2024, quando sarà sostituito da un committee system. A Croydon, invece, è stato eletto per la prima volta un sindaco, il conservatore Jason Perry. BYELECTIONS Come abbiamo visto nell’introduzione, il 23 giugno si sono tenute le elezioni suppletive nei collegi di Wakefield e Tiverton and Honiton. Nel primo caso le elezioni sono state dovute al fatto che il deputato conservatore Imran Ahmad Khan era stato coinvolto un uno scandalo a sfondo sessuale ed era stato condannato a 18 mesi di carcere. Nel collegio di Tiverton and Honiton il seggio era vacante a seguito delle dimissioni di un altro deputato conservatore, Neil Parish, che aveva ammesso di aver guardato video pornografici in aula durante una seduta della Camera dei Comuni. Il partito conservatore ha perso entrambi i seggi: a Wakefield ha vinto Simon Lightwood candidato del partito laburista; a Tiverton and Honiton ha vinto Richard Foord, del partito liberal democratico. A seguito del deludente risultato il party chairman conservatore Oliver Dowden si è dimesso dall’incarico. La maggioranza del partito conservatore ai Comuni rimane comunque molto alta, 68 seggi. PARTITI PARTITO LABURISTA La crisi interna ai Tories, le dimissioni del Premier, la lunga attesa per l’elezione del nuovo leader e, soprattutto, la recessione economica in cui sta entrando il Paese appaiono aver rafforzato i laburisti che, in un sondaggio di YouGov del 20 agosto, risultano avere un vantaggio di addirittura 13 punti percentuale rispetto al partito di governo. In particolare sembrano essere tornati verso il Labour Party gli elettori delle tradizionali roccaforti che, alle elezioni del 2019, avevano invece preferito votare per i Conservatori. Si sta quindi sempre più dissolvendo quello che è stato definito il “long Corbyn”, la persistenza dell’effetto negativo sul partito della precedente leadership. C’è da dire anche che, dopo anni di Governi conservatori è fisiologico che l’elettorato britannico torni ad oscillare verso il partito di opposizione. Si ricorda che, in questi mesi, pure il leader laburista è stato sottoposto ad indagine per la presunta partecipazione ad un evento durante le restrizioni Covid. Il leader aveva dichiarato che si sarebbe dimesso nel caso in cui il proprio comportamento fosse stato giudicato lesivo Cronache costituzionali dall’estero, maggio-agosto 2022 Nomos 2-2022
8 della normativa, proprio per coerenza con quanto aveva sostenuto in questi mesi. L’inchiesta invece si è conclusa con l’archiviazione. PARTITO CONSERVATORE Come abbiamo visto nell’introduzione, il 7 luglio Boris Johnson si è dimesso da leader del partito aprendo così la corsa alla nuova elezione. Il sistema per la scelta del leader si compone di due fasi. Una prima in cui i candidati che hanno ottenuto sufficienti sottoscrizioni (minimo 20, soglia più alta rispetto al passato) sono sottoposti a votazione da parte dei deputati del gruppo parlamentare. Questa selezione serve a individuare i due candidati e dare il via alla seconda fase che coinvolge tutti i cittadini iscritti al partito – che sono circa 172.000 e che sono stati chiamati a scegliere il leader tra i due candidati. Hanno votato circa 142.000 iscritti. L’11 luglio il 1922 Committee ha approvato lo schema per le elezioni. Le candidature sono state presentate entro il 12 luglio e le votazioni sono iniziate il giorno seguente. Sono stati necessari cinque turni di voto per selezionare i due candidati tra gli 8 sfidanti che sono riusciti a presentarsi. In un primo momento questo numero era sembrato più elevato, ma l’ex Ministro della salute Sajid Javid, il Ministro dei trasporti Grant Shapps e il Sottosegretario agli esteri Rehman Chishti non hanno raggiunto la soglia necessaria per avanzare la loro candidatura. Una novità prevista in questa occasione è stata la previsione al primo turno di un’ulteriore soglia di 30 voti minimo per procedere nella corsa. Tale soglia non è stata raggiunta da Jeremy Hunt e Nadhim Zahawi che sono stati quindi esclusi dalla corsa. Dal secondo turno in poi è stato eliminato il candidato meno votato. Così il 14 luglio la candidata meno votata è risultata Suella Braverman; al terzo turno del 18 luglio è stato escluso Tom Tugendhat; al quarto, del 19 luglio, Kemi Badenoch. Al quinto e ultimo voto del 20 luglio l’ex Cancelliere dello Scacchiere Rishi Sunak ha ottenuto 137 voti, la Ministra degli Esteri Liz Truss 118, mentre l’ex Ministra della Difesa Penny Mordaunt 105. I due candidati più votati, Rishi Sunak che era risultato primo in tutti e cinque i turni, e Liz Truss sono stati dunque sottoposti a elezione da parte degli iscritti al partito. PARLAMENTO QUEENS’ SPEECH Il 10 maggio si è tenuto il Queen’s Speech senza la presenza della Regina Elisabetta, le cui funzioni sono state svolte dal figlio Carlo, il quale ha illustrato i 38 disegni di legge che il Governo intende approvare nel corso della prossima sessione parlamentare. Cinque di questi erano stati già esaminati nella precedente sessione senza tuttavia riuscire ad essere approvati. Il numero così elevato di bills - mai così alto dal 2005 - rappresenta, per molti commentatori politici, un problema, dato che naturalmente ridurrà il tempo necessario per l’analisi e l’esame dei progetti da parte del Parlamento. La preoccupazione è aumentata nei mesi successivi, a motivo del fatto che le dimissioni del Premier Johnson, la lunga procedura di elezione del nuovo leader e la ripresa delle attività dopo la pausa estiva rallentata dai giorni di lutto per la scomparsa della Regina e dalle conferenze di partito previste in autunno hanno lasciato il Paese in una sorta di limbo e rallentato le attività parlamentari. Cronache costituzionali dall’estero, maggio-agosto 2022 Nomos 2-2022
9 Pur se si tratta di bills concordati dall’intero partito conservatore e previsti nel manifesto elettorale del 2019 è anche probabile che la nuova Premier voglia apportare cambiamenti in corsa a tali progetti. Tra i principali obiettivi del Governo nella prossima sessione c’è quello di proseguire con il piano “levelling up”, che prevede una riduzione delle differenze territoriali attraverso una serie di investimenti e interventi locali. In proposito il Levelling up and Regeneration Bill, introdotto l’11 maggio, si prefigge di ridurre le disuguaglianze territoriali e di attribuire nuovi poteri alle autorità locali. Il progetto in questi mesi è stato criticato poiché, rispetto ai piani originari, risulta ridimensionato per la crisi economica. Inoltre alcuni Councils hanno stigmatizzato il bill perché permette la creazione di nuove “combined authorities” senza il coinvolgimento dei Councils interessati. In materia di trasporti interverrà il Transport Bill il cui obiettivo sarà quello di creare un’agenzia nazionale, la Great British Railways con lo scopo di regolamentare i trasporti su rotaia. Diversi i disegni di legge previsti che hanno a che fare con il digitale e il mondo dei social media: dalla precedente sessione parlamentare proviene l’Online Safety Bill introdotto l’11 maggio, che disciplinerà la regolamentazione della rete; il Data Reform Bill riformerà la normativa europea in materia; l’Electronic Trade Documents Bill favorirà la digitalizzazione delle pratiche burocratiche relative al commercio; il Product Security and Telecommunications Infrastructure Bill – anche questo proveniente dalla precedente sessione e sottoposto a prima lettura l’11 maggio - estenderà la copertura mobile 5G e introdurrà nuovi standard di sicurezza per i dispositivi digitali; il draft Digital Markets, Competition and Consumer Bill punterà a contrastare le false recensioni dei consumatori e ad aumentare la concorrenza tra le società di social media. In materia di sicurezza il Public Order Bill – che era stato bloccato ai Lords nella scorsa sessione ed è stato ripresentato l’11 maggio - attribuirà nuovi poteri alla polizia, ad esempio in materia di limitazione delle manifestazioni di protesta; il National Security Bill – presentato l’11 maggio - interverrà in materia di sicurezza e di segreto di Stato. In materia costituzionale il Brexit Freedoms Bill incrementerà i poteri dei ministri di modificare le retained eu laws. Si tratta di un disegno di legge molto controverso e che ha già suscitato polemiche, ma che non è stato presentato prima della pausa estiva. E’ stato introdotto il 22 giugno da Dominic Raab il Bill of Rights Bill, di cui parleremo più ampiamente in seguito, il cui scopo è riformare lo Human Rights Act 1998. Il principe Carlo ha anche fatto riferimento alla protezione del Good Friday Agreement, senza però menzionare il progetto di legge in materia. Il 13 giugno è stato presentato il controverso Northern Ireland Protocol Bill, di cui parleremo in seguito. Altri disegni di legge annunciati riguardano l’istruzione, il clima e l’ambiente e l’economia. Per quanto riguarda il Nord Irlanda, le cui istituzioni sono bloccate dopo le elezioni di maggio, Westminster esaminerà il Northern Ireland Troubles (Legacy and Reconciliation) Bill – presentato ai Comuni il 17 maggio – e l’Identity and Language (Northern Ireland) Bill – introdotto ai Lords il 25 maggio – il quale riconoscerà la lingua irlandese come lingua ufficiale nell’Irlanda del Nord. Nonostante la solida maggioranza parlamentare su cui si basa il Governo nelle precedenti sessioni non sono mancati episodi di dissenso e di contrasto interno al partito conservatore rispetto ai progetti presentati dall’Esecutivo. Cronache costituzionali dall’estero, maggio-agosto 2022 Nomos 2-2022
10 NORTHERN IRLAND PROTOCOL BILL Come abbiamo detto nell’introduzione, il Northern Ireland Protocol Bill è stato presentato da Liz Truss ai Comuni il 13 giugno, approvato il 20 luglio e inviato all’esame della Camera dei Lords il giorno seguente. Il 30 agosto il Sub-Committee on the Protocol on Ireland/Northern Ireland della Camera dei Lords ha avviato un inchiesta sul bill che sarà esaminato nei prossimi mesi dalla Camera alta. Come noto, a seguito della Brexit il Nord Irlanda è soggetta ad un regime diverso rispetto alla Gran Bretagna, dato che per evitare il confine interno all’isola, contrario all’accordo del Venerdì santo, i controlli sulle merci che dalla Gran Bretagna arrivano in Nord Irlanda e da lì sono immessi nel mercato sia interno che europeo, sono sottoposti a ispezioni e complessi adempimenti burocratici. Questa situazione ha contribuito ad esacerbare il clima di tensione tra le comunità nord irlandesi e ha portato alla caduta del Governo nord irlandese. La situazione di stallo politico non si è risolta con le elezioni dell’Assemblea di Stormont del 5 maggio, poiché il Dup si sta rifiutando di entrare nell’Esecutivo fino a che non sarà codificato il Protocollo. L’accordo di recesso ed il Protocollo sono direttamente applicati nel Regno Unito attraverso l’articolo 7A dell’European Union (Withdrawal) Act 2018. I nuovo disegno di legge presentato dalla Truss dispone, invece, che tale sezione non si applichi alle ‘excluded provisions’ del Protocollo. In sostanza il disegno di legge consente al Regno Unito di introdurre deroghe unilaterali al Protocollo in settori delicati, ad esempio in materia di controlli sanitari, di aiuti di Stato e nel riconoscimento del ruolo di arbitro alla Corte di Giustizia. Peraltro attribuisce ai Ministri la facoltà di prevedere anche ulteriori deroghe in modo da estendere la categoria di ‘excluded provisions’ alla maggior parte delle disposizioni previste dal Protocollo. Per quanto riguarda il controllo delle merci il bill individua due diverse corsie per i beni che arrivano dalla Gran Bretagna al Nord Irlanda: una green lane, priva di controlli, nel caso in cui le merci siano destinate al mercato nord irlandese; una red lane, in cui rimarrebbero i controlli e le procedure doganali previsti dal Protocollo, per le merci destinate al mercato comune dell’Unione. Per garantire l’omogeneità sul proprio territorio, il Regno Unito avrebbe la possibilità di derogare al disposto del Protocollo ed estendere all’Irlanda del Nord le stesse agevolazioni fiscali della Gran Bretagna, come le riduzioni dell’IVA o le regole in materia di aiuti di Stato. L’Unione teme che l’assenza di controllo potrebbe consentire al Regno Unito di abbassare gli standard sul lavoro, per ridurre i costi di produzione, generando pratiche di concorrenza sleale rispetto ai prodotti dell’Unione. Il bill consente, poi, al Regno Unito di raggiungere un altro degli obiettivi da tempo perseguiti, quello di sottrarsi alla giurisdizione della Corte di Giustizia dell’Unione europea in merito alle controversie relative all’applicazione dell’accordo di recesso e del Protocollo. Il disegno di legge dispone, infatti, che i giudici nazionali possano sentirsi svincolati dalle pronunce della Corte di Strasburgo. Intenzione del Governo, secondo quanto affermato dalla Truss, è quella di risolvere, attraverso questa legge, tutti i problemi e le difficoltà fino ad ora create dal Protocollo siglato nel 2019 dal Premier Johnson e proteggere al contempo il Good Friday Agreement. I deputati del Dup a Westminster hanno dato pieno sostegno al bill. La loro posizione, tuttavia, risulta minoritaria tra i partiti nord irlandesi. Il 13 giugno, infatti, la maggioranza dei deputati dell’Assemblea (52 su 90) ha sottoscritto una lettera in cui ha chiesto al Premier di non procedere oltre con la presentazione del testo. Il testo della lettera è il seguente: “Our parties Cronache costituzionali dall’estero, maggio-agosto 2022 Nomos 2-2022
11 collectively represent a majority inside the Northern Ireland Assembly and received a majority of votes cast in the recent Assembly election. We reject in the strongest possible terms your Government’s reckless new Protocol legislation, which flies in the face of the expressed wishes of not just most businesses, but most people in Northern Ireland. The Protocol is itself a product of the hard Brexit you personally championed and a withdrawal deal you personally signed. Whilst not ideal, the protocol currently represents the only available protections for Northern Ireland from the worst impacts of that hard Brexit. The Protocol also offers clear economic advantages to our region, and the opportunity for unique access to two major markets. The fact that you have removed this advantage from businesses in Great Britain, at a clear economic cost, does not justify doing the same to businesses in Northern Ireland. While we share a desire to see the arrangements work as smoothly as possible, the way to achieve this is through engagement with the European Union. It is clear that solutions are available and deliverable – as have already been delivered in the area of medicines – but this must be on the basis of trust and the rule of law rather than law breaking and unilateral abrogation of treaty obligations. It is also deeply frustrating that you and your ministers continue to misrepresent our desire to see smooth implementation as an endorsement of your Government’s reckless actions on the Protocol – it is categorically not. Finally, we strongly reject your continued claim to be protecting the Good Friday Agreement as your Government works to destabilise our region. To complain the Protocol lacks cross-community consent, while ignoring the fact that Brexit itself – let alone hard Brexit - lacks even basic majority consent here, is a grotesque act of political distortion. Your claims to be acting to protect our institutions is as much a fabrication as the Brexit campaign claims you made in 2016. The way to build trust and consent in our arrangements is to engage seriously with the EU on making them work, and to be honest with all parties about the inevitable consequences of leaving the Single Market and Customs Union. Sadly, trust and honesty are not words readily associated with you or your Government. We will resolutely oppose this reckless Bill and continue to promote post-Brexit solutions on the basis of trust and honesty”. Anche all’interno del partito conservatore non sono mancate le critiche al disegno di legge, tra l’altro da parte di Theresa May, di Julian Smith, ex Secretary of State for Northern Ireland, e dell’ex Attorney General Geoffrey Cox, i quali ritengono che il bill violi, in modo inequivocabile, il diritto internazionale, consentendo al Regno Unito di disapplicare unilateralmente parti del Protocollo. La Truss ha difeso il testo del bill ritenendolo conforme al diritto internazionale, dato che il Protocollo mette a rischio l’Accordo del Venerdì santo e l’equilibrio della regione e quindi è possibile invocare lo stato di necessità. Di opinione diversa appaiono sia l’Unione europea sia l’Irlanda, tanto che la Commissione europea il 15 giugno ha riaperto la procedura di infrazione già avviata nel marzo dello scorso anno,quando Johnson aveva deciso unilateralmente di estendere il periodo di grazia sui controlli dei prodotti agroalimentari, e poi sospesa; ne ha aggiunte, poi, altre due relative a ulteriori inadempienze del Regno. Cronache costituzionali dall’estero, maggio-agosto 2022 Nomos 2-2022
12 BILL OF RIGHTS BILL Annunciato, come abbiamo visto, nel Discorso della Corona, il Bill of Rights Bill è stato presentato da Dominic Raab il 22 giugno ai Comuni. La seconda lettura è prevista per il mese di settembre, ma il cambio di premiership potrebbe portare al ritiro del testo oggetto in questi mesi oggetto di molte polemiche. Come noto, sono anni che il partito conservatore propone di modificare lo Human Rights Act 1998 e sostituirlo con un Bill of Righs più tipicamente britannico. L’impatto della legge è stato sicuramente notevole tanto che appare molto condivisa la tesi di Vernon Bogdanor secondo cui la legge del 1998 e le leggi per la devolution approvate lo stesso anno rappresentino le colonne portanti della “nuova Costituzione Britannica”. Tali norme hanno favorito da parte del giudiziario l’esercizio di nuovi poteri che erano estranei alla tradizione sedimentata nei secoli. In ossequio alla teoria della sovranità parlamentare la legge non consente ai giudici di annullare le leggi del Parlamento reputate incompatibili con la Convenzione europea, ma solo di emanare una declaratoria di incompatibilità. E’ compito poi del Governo e del Parlamento intervenire per abrogare l’atto, o le single disposizioni, giudicate incompatibili. Il Governo ha presentato il nuovo bill come un atto destinato a ripristinare la sovranità parlamentare. Secondo i detrattori, invece, l’atto persegue solo l’obiettivo di rafforzare l’autorità e la discrezionalità dell’Esecutivo, in linea, del resto con il programma di questi anni del Premier Johnson che – dalle elezioni del 2019 – ha cercato di indebolire il potere di controllo del Parlamento, marginalizzando il suo ruolo e di rafforzare il potere normativo dell’Esecutivo. Il nuovo bill non si limita ad aggiornare il testo della legge del 1998, ma ne propone la sua abrogazione. Si tratta di un progetto che non sembra recepire le osservazioni mosse in questi anni dall’Independent Human Rights Act Review, a cui era seguita – dopo la pubblicazione di un consultation paper governativo, un nuovo esame da parte dell’Independent Human Rights Act Review Panel (IHRARP). Nel corso di queste analisi era emerso come opinione dominante fosse quella di procedere ad un ulteriore indagine sulla questione attraverso una fase di consultazione che avrebbe dovuto condurre ad una revisione del testo del 1998, non alla sua abrogazione. Il Governo ha invece deciso di presentare il disegno di legge senza prevedere un ulteriore esame pre legislativo, ritenuto invece indispensabile vista la delicatezza della materia. Peraltro, il 27 maggio i Presidenti di alcuni Comitati parlamentari – il Joint Committee on Human Rights, il Justice Committee e il Public Administration and Constitutional Affairs Committee dei Comuni, il Constitution Committee dei Lords – avevano inviato una lettera al Governo invitandolo a non presentare il testo senza averlo prima sottoposto ad attento scrutinio pre legislativo. Nella lettera si affermava: “We were therefore disappointed to note that the proposed ‘Bill of Rights’ has not been put forward for pre-legislative scrutiny, as was recommended by the Joint Committee on Human Rights in their recent report. We would urge the Government to reconsider. The Bill should be considered in draft by a Joint Committee be subject to pre- legislative scrutiny”. A questo appello si erano uniti anche 150 organizzazioni che avevano chiesto al Governo un attento esame parlamentare della delicata riforma. L’opportunità di sottoporre il testo ad ulteriore esame emerge, infine, dalla risposta al consultation paper governativo resa pubblica dal Governo il 22 giugno. Nella consultation response prevale la volontà di introdurre limitate modifiche al testo del 1998 e non la sua abrogazione, come peraltro suggerito nel giugno dello scorso anno dal rapporto The Government’s Independent Review of the Human Rights Act pubblicato dal Joint Committee on Human Rights. Cronache costituzionali dall’estero, maggio-agosto 2022 Nomos 2-2022
13 TENSIONI CON IL GOVERNO Molte le tensioni tra Governo e Parlamento in questi mesi come appare evidente dal fatto che Bernard Jenkin, presidente del Commons Liaison Committee, ha espresso più volte la preoccupazione per il poco rispetto del Governo nei confronti dei Select committees a cui non fornisce le informazioni necessarie per compiere il proprio lavoro di scrutinio o di cui rinvia le audizioni senza addurre motivazioni valide. Le tensioni sono forti anche con la Camera dei Lords, dove il Governo Johnson, nella sessione parlamentare appena conclusa, è stato sconfitto128 volte su 16 diversi disegni di legge e tre mozioni. Si tratta di numeri superiori rispetto al passato e che non piacciono certo ai conservatori che definiscono la Camera dei Lords come a ‘house of opposition’. GOVERNO ASILO Il 15 giugno la Corte europea dei diritti dell’uomo ha bloccato, a poche ore dalla partenza, il primo volo che avrebbe dovuto portare in Ruanda i richiedenti asilo entrati illegalmente nel Regno Unito. Sul volo erano presenti sette richiedenti asilo, uno dei quali aveva presentato ricorso. Il giorno precedente la Corte d’appello di Londra aveva respinto la richiesta di alcune ONG e aveva autorizzato il volo, anche se inizialmente il numero dei migranti era 130. L’Alta Corte di Londra avrebbe dovuto esprimersi sulla legalità del progetto governativo a luglio, ma la decisione è stata rinviata a dopo l’estate. MINISTERIAL CODE Il 24 maggio il Committee on Standards dei Comuni ha pubblicato il suo rapporto sulle proposte di revisione del Code of Conduct ministeriale. Nel rapporto il Comitato propone maggiore trasparenza sulle attività extra parlamentari dei deputati, rafforzamento delle regole sulle lobbies, un dibattito annuale ai Comuni per l’aggiornamento delle regole. Pure il Lords Conduct Committee ha proposto alcune modifiche al Code of Conduct della Camera, soprattutto in materia di libertà di espressione. Il Governo ha pubblicato una versione aggiornata del Ministerial Code a fine maggio. Il Governo non ha accolto molti dei suggerimenti che erano stati proposti, non ha previsto un incremento dei poteri dell’Independent Adviser on Ministers’ Interests, né ha deciso di dare veste legislativa al codice. Il 15 giugno Lord Geidt, Independent Adviser on Ministers’ Interests ha rassegnato le proprie dimissioni. Egli era in carica dal novembre 2020, quando anche il suo predecessore Alex Allan si era dimesso. Il giorno precedente, di fronte al Public Administration and Constitutional Affairs Committee dei Comuni Lord Geidt aveva espresso le sue difficoltà nell’esercitare il proprio ruolo di fronte alle violazioni del codice ministeriale in occasione del partygate. COVID Il Governo aveva deciso già lo scorso anno di avviare un’inchiesta pubblica sulla gestione del Covid i cui obiettivi e scopi sono stati approvati il 28 giugno. L’inchiesta, che sarà guidata Cronache costituzionali dall’estero, maggio-agosto 2022 Nomos 2-2022
14 dalla Baronessa Heather Hallett, riguarderà il modo in cui le quattro nazioni hanno gestito la pandemia e prenderà il via dal 2023. CORONA All’inizio del mese di giugno si è celebrato il giubileo di Platino per festeggiare i 70 anni di regno della Regina Elisabetta II. E’ il quarto giubileo della Regina, dopo quello d’argento nel 1977, quello d’oro nel 2002 e quello di diamante nel 2012. Il giubileo è stato anche un’occasione per riflettere sul futuro della monarchia e soprattutto sul futuro di alcuni dei 14 Paesi che ancora riconoscono la Regina come Capo di Stato. AUTONOMIE RELAZIONI INTERGOVERNATIVE Per rispondere all’esigenza, più volte manifestata dalle nazioni devolute, di prevedere un più efficiente sistema di relazioni intergovernative, nei mesi scorsi era stato raggiunto un accordo tra gli Esecutivi delle 3 nazioni devolute e di quello centrale per sostituire il Joint Ministerial Committee (JMC), organismo consultivo istituito dal 1999, con un sistema articolato sulla base di una struttura piramidale al cui vertice si colloca il “Prime Minister and Heads of Government Council” e al di sotto gli “Interministerial Standing Committees”. In questi mesi la nuova struttura ha iniziato a funzionare, con incontri, per ora, solo tra gli Interministerial Standing Committees. In questi mesi sono state rafforzate anche le relazioni interparlamentari grazie all’istituzione di un nuovo Interparliamentary forum che ha iniziato a lavorare a partire dal 22 febbraio. Nell’ambito delle relazioni intergovernative si ricorda che il 15 luglio il Common Frameworks Scrutiny Committee della House of Lords, istituito nel settembre 2020, ha pubblicato il rapporto Common frameworks: an unfulfilled opportunity?. Il rapporto appare molto interessante perché si focalizza sulle conseguenze della Brexit sull’assetto territoriale del Regno e sulla cooperazione e l’armonizzazione tra le nazioni del Paese. A tal fine il Comitato ha giudicato in modo estremamente positivo la definizione del Common Frameworks Programme stabilito nell’ottobre 2017 al fine di offrire un terreno di incontro tra le amministrazioni del Paese a seguito dell’uscita dall’Unione. In particolare il rapporto ha definito i “common frameworks” come “a unique and innovative mechanism for developing UK-wide policy by collaboration and consensus. They acknowledge the interdependence of policy between the administrations, but also the autonomy of each administration in its areas of competence”. I “common frameworks”, almeno in linea teorica, consentono al Regno Unito e ai Governi devoluti di individuare linee comuni nella definizione normativa di una materia, nell’ambito di quelle che sono state “rimpatriate” a seguito della Brexit, al fine di sanare le potenziali divergenze tra le nazioni. Il rapporto ha esaminato i 32 “common frameworks” definiti dal 2017, tra cui l’agricoltura, la qualità dell’aria, i pesticidi, la sicurezza alimentare. Sei di questi riguardano esclusivamente le relazioni tra Regno Unito e Nord Irlanda. Cronache costituzionali dall’estero, maggio-agosto 2022 Nomos 2-2022
15 Il rapporto ha evidenziato, al contempo, le criticità del sistema, denunciando l’assenza di coordinamento e di trasparenza. In particolare ha giudicato le due leggi United Kingdom Internal Market Act 2020 e Subsidy Control Act 2022 come una seria minaccia allo spirito di cooperazione e consenso. Le leggi sono state approvate, infatti, senza l’approvazione della legislative consent motion da parte dei parlamenti devoluti. INGHILTERRA Nuove forme di devoluzione di potere locale stanno interessando l’Inghilterra, soprattutto nell’ambito del nuovo piano del levelling-up del Governo Johnson. Nello York e North Yorkshire è stato deciso il 1° agosto di introdurre un sindaco direttamente eletto a partire dal 2024. Il piano prevede anche ingenti investimenti nei prossimi 30 anni. Il Governo Johnson aveva previsto la creazione di un Office for Local Government, ma non si sa se il progetto andrà in porto con la nuova amministrazione Truss. SCOZIA La First Minister Nicola Sturgeon ha annunciato la decisione del suo Governo di indire un referendum per l’indipendenza della Scozia. Il 14 giugno ha pubblicato Independence in the modern world. Wealthier, happier, fairer: why not Scotland? al fine di specificare la road map che dovrebbe portare alla richiesta di indipendenza. Nel documento ha anche rimarcato la debolezza economica del Regno Unito, per evidenziare che nel 2014 era stata proprio la debolezza economica della Scozia, rispetto a quella del Regno Unito, a condizionare il risultato del voto referendario. La Sturgeon di fronte al Parlamento ha voluto chiarire che la procedura relativa all’indizione del referendum dovrà essere conforme al diritto. Pertanto il 28 giugno, annunciando lo Scottish Independence Referendum Bill che fissa al 19 ottobre 2023 la data del referendum, ha comunicato sia di aver inviato una lettera al Primo Ministro per informarlo dei piani del Governo scozzese, sia di aver chiesto alla Lord Advocate for Scotland Dorothy Bain di rivolgersi alla Corte suprema per ottenere un giudizio di reference in forza del paragrafo 34, Schedule 6 dello Scotland Act 1998. Come noto, in Scozia la presentazione di un disegno di legge deve essere accompagnata dalla dichiarazione da parte del proponente secondo la quale il contenuto del progetto rientra nelle competenze del Parlamento di Holyrood. Nel caso dei disegni di legge governativi tale dichiarazione deve essere autorizzata dagli Scottish Law Officers. In questo caso la Lord Advocate Dorothy Bain ha deciso di non autorizzare la presentazione del disegno di legge se non fosse stata chiarita la questione della competenza da parte della Corte suprema. La richiesta sottoposta alla Corte è stata la seguente: “Does the provision of the proposed Scottish Independence Referendum Bill that provides that the question to be asked in a referendum would be ‘Should Scotland be an independent country?’ relate to reserved matters? In particular, does it relate to: (i) the Union of the Kingdoms of Scotland and England (para.1(b) of Schedule 5); and/or (ii) the Parliament of the United Kingdom (para.1(c) of Schedule 5?” (“the Question”). Se tale competenza non venisse riconosciuta al Parlamento di Holyrood sarebbe indispensabile ottenere una specifica devoluzione di poteri da parte di Westminster, un c.d. section 30 order, come avvenuto in occasione del referendum del 2014. L’accordo raggiunto dal Governo scozzese e dal Governo Cameron nel 2012 aveva previsto una concessione una tantum al Parlamento di Edimburgo del potere di indire un referendum. Lo stesso Esecutivo Cronache costituzionali dall’estero, maggio-agosto 2022 Nomos 2-2022
16 scozzese aveva considerato il referendum sull’indipendenza come “once in a generation opportunity”; tuttavia l’uscita dall’Unione europea ha modificato in modo radicale la realtà politico costituzionale e ha spinto lo Scottish National Party a chiedere un nuovo referendum a pochi anni dal precedente. Bisogna precisare che attualmente appare impossibile che, nel breve periodo, possa essere di nuovo utilizzata la procedura seguita per la consultazione del 2014: il Premier Johnson in questi anni ha sempre considerato irricevibile la richiesta del Governo scozzese e la nuova Premier Truss è apparsa ancor più rigida nella sua decisa opposizione al referendum. Consapevole di queste difficoltà, la First Minister Sturgeon ha quindi dichiarato che, nel caso in cui la Corte ritenesse l’indizione del referendum un potere non esercitabile dalla Scozia secondo quanto disposto dalle leggi della devolution, lo Scottish National Party considererà le elezioni per Westminster come una sorta di referendum: se il partito nazionalista dovesse ottenere un ottimo risultato questo verrebbe interpretato come un mandato da parte dell’elettorato scozzese per negoziare l’indipendenza con il Governo del Regno Unito. Si deve aggiungere che i partiti conservatore e laburista scozzese non condividono la scelta della Sturgeon e si oppongono in modo deciso ad un nuovo referendum. La Corte suprema non è obbligata a rilasciare i giudizi di reference. Nel 2020, ad esempio, aveva rifiutato di esprimersi su una richiesta proveniente dall’Attorney General del Nord Irlanda affermando che “This court must retain a discretion whether to deal with a reference on a devolution issue where that issue is to be raised in proceedings where the actual claimed incompatibility of the measure occupies centre stage, as opposed to its appearance via a side wind as here”. Dal canto suo il Governo britannico, rappresentato dall’Advocate General for Scotland Lord Stewart, ha ritenuto prematuro il ricorso di reference prima dell’approvazione della testo da parte del Parlamento scozzese, dato che il disegno di legge potrebbe essere anche profondamente emendato nel corso dell’esame parlamentare. Lo Scotland Act 1998 consente al Governo britannico, prima della promulgazione di una legge approvata dal Parlamento scozzese, di sottoporlo al controllo della Corte suprema che ne valuta l’eventuale disciplina ultra vires del testo, come successo in otto occasioni: per un bill approvato in Nord Irlanda (Damages (Asbestos- related Conditions) Bill (Northern Ireland), quattro dal Galles (Local Government Byelaws (Wales) Bill; Agriculture Sector (Wales) Bill; Recovery of Medical Costs for Asbestos Related Diseases (Wales) Bill; Law Derived from the European Union (Wales) Bill) e tre dalla Scozia (UK Withdrawal from the European Union (Legal Continuity) (Scotland) Bill; United Nations Convention on the Rights of the Child (Incorporation) (Scotland) Bill; European Charter on Local Self-Government (Incorporation) (Scotland) Bill). Il Governo britannico ha dichiarato di non aver dubbi sul fatto che lo Scotland Act riservi la materia costituzionale in via esclusiva al Regno Unito. Ed in effetti si tratta di una posizione condivisibile sul piano formale. Ma la prospettiva del Governo scozzese è diversa: esso ritiene che l’indizione di un referendum per l’indipendenza potrebbe rientrare nelle competenze del Parlamento scozzese in considerazione della natura del referendum nel Regno Unito, che è quella meramente consultiva. Una eventuale vittoria del sì, infatti, non comporterebbe in modo automatico l’indipendenza; non avendo il referendum dirette conseguenze giuridiche, la sua indizione potrebbe rientrare nelle competenze di Holyrood. Il Governo scozzese ha paragonato la consultazione per l’indipendenza al referendum Brexit e ha richiamato, per dare sostegno alla propria tesi, quanto affermato dalla Corte suprema nella sentenza Miller, secondo cui il referendum aveva un “great political significance”, ma “unless and until acted on by parliament, its force is political rather Cronache costituzionali dall’estero, maggio-agosto 2022 Nomos 2-2022
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