STAGIONE ARTISTICA 2019/20 - Teatro Chiabrera
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ncora una volta la stagione del Teatro Chiabrera offre una programmazione di alto profilo, presentando in particolare testi contemporanei o del Novecento senza dimenticare le importanti ricorrenze che cadono in questa stagione: dal recital leopardiano di Gabriele Lavia per il bicentenario de “L’Infinito” ai 250 anni dalla nascita di Beethoven, omaggiato in quattro concerti nel 2020, anno in cui si ricorda, con Vittorio Sgarbi, anche il quinto centenario della scomparsa di Raffaello. Ci attende, dunque, una stagione che, celebrando la letteratura contemporanea, il cinema d’autore e i grandi maestri dell’arte e della musica saprà, ne siamo certe, trovare il gradimento degli appassionati e attrarre nuovi spettatori. Un sentito ringraziamento, come sempre, va alla Direzione e a tutto il pubblico che sostiene l’attività del Teatro applaudendo gli artisti ospiti del palcoscenico cittadino. IL SINDACO DI SAVONA Ilaria Caprioglio L’ASSESSORE ALLA CULTURA Doriana Rodino
stagione artistica si articola in quattro rassegne per sessantacinque rappresentazioni. Il programma della prosa comprende quattordici titoli con il consueto interscambio tra teatro, cinema e televisione e la “circolarità” di molti degli interpreti tra i tre mondi, da Alessio Boni a Vinicio Marchioni, da Giuseppe Zeno ad Ambra Angiolini, da Luisa Ranieri a Massimiliano Gallo, da Ale & Franz a Stefania Rocca e la presenza di alcune significative figure del teatro italiano, da Gabriele Lavia a Geppy Gleijeses, da Moni Ovadia a Leo Gullotta unitamente a due protagonisti, su lati opposti, del dibattito culturale nazionale quali Michele Serra e Vittorio Sgarbi. Tanti i testi di autori contemporanei da Peter Shaffer a Johnna Adams, da Terence Rattigan a Mark Haddon nella riscrittura di Simon Stephens, da Maurizio De Giovanni a Francesco Niccolini nel libero adattamento del “Don Chisciotte” cervantino e a Leo Muscato che scompone e ricrea il “Romeo e Giulietta” shakespeariano mentre Gabriele Lavia resta saldamente ancorato ai “Canti” leopardiani. Due gli omaggi al cinema con cammini inversi: “Amadeus”, universalmente noto per il film di Milos Forman, è in realtà partito dal testo teatrale di Peter Shaffer mentre “I Soliti Ignoti”, grande classico del cinema italiano di Mario Monicelli, è la prima riscrittura teatrale della sceneggiatura di Monicelli, Cecchi D’Amico, Age & Scarpelli. Apre la stagione “Don Chisciotte” nell’adattamento di Francesco Niccolini del celebre romanzo di Cervantes, con drammaturgia e regia a più mani a partire da quelle del protagonista Alessio Boni in un’inedita coppia con un Sancho assai singolare, l’attrice turca Serra Yilmaz, nota per le sue partecipazioni a film di Ferzan Özpetek. Lo spettacolo, vero successo della scorsa stagione, riesce in due ore a trasmettere il senso del romanzo e delle sue inesauste domande sui confini della fantasia e dell’ideale etico. “Amadeus” è la pièce teatrale scritta nel 1978 dal drammaturgo inglese Peter Shaffer e diventata film di grande successo nel 1984 per la regia di Milos Forman. Non interessato alla verità storica (inesistenti i contrasti con Salieri, leggendario l’avvelenamento di Mozart, ecc.) il testo si interroga, piuttosto, sulla “gratuità” e inesprimibilità del genio e la sua inarrivabilità da parte di chi possiede “solo” il talento. Questa edizione, che si avvale della presenza non comune di un padre e figlio nella vita reale, Geppy Gleijeses (Salieri) e Lorenzo (Mozart), con i suoi possibili riverberi interpretativi, è affidata alla regia di un cineasta di fama internazionale quale Andrej Konchalovskij. “Pensaci, Giacomino!”, tra i testi pirandelliani (1916) non troppo frequentati, mancava dal 1994 (protagonista Ernesto Calindri). Eppure l’acre denuncia del perbenismo e bigottismo di una società dell’apparenza non sembra proprio così lontana. E la lotta, prima solitaria, del professor Toti, un Leo Gullotta ammirevole tra ironia e drammaticità, per far comprendere al giovane Giacomino i reali valori della vita e quindi portarlo ad assumere le sue responsabilità di uomo e padre, dischiude una speranza finale così rara nel pensiero dello scrittore agrigentino. Un inedito appuntamento con la grande tradizione del cinema italiano è la prima versione teatrale, a cura di Antonio Grosso e Pier Paolo Piciarelli, della sceneggiatura di Mario Monicelli, Suso Cecchi D’Amico e Age & Scarpelli, de “I Soliti Ignoti”, film del 1958 di Mario Monicelli entrato nella storia del costume. Toccherà alla regia di Vinicio Marchioni, anche protagonista con Giuseppe Zeno, il compito non facile di governare la sua “banda” mantenendosi in equilibrio tra divertimento e sentimento, tra fedeltà e novità. Con “The Deep Blue Sea”, un testo dell’inglese Terence Rattigan del 1952 molto rappresentato nel Regno Unito (anche nel 2016 al National Theatre londinese), Luca Zingaretti e Luisa Ranieri hanno scelto, lo scorso anno, di tornare a teatro lui nelle vesti di produttore e regista e lei in quelle della protagonista. Il
“profondo mare blu” è quello nel quale Hester rischierà di inabissarsi per amore dopo aver lasciato la confortevole della scomparsa, con Raffaello e Michele Serra che con disincantata ironia, parlando della sua quotidiana “bottega condizione di moglie dell’“upper middle class”. Che cosa, ciascuno di noi, è disposto a sacrificare per un (nuovo) di scrittura”, disegna un vitale affresco della nostra contemporaneità. Per l’operetta Corrado Abbati riprende “Il amore? Ancora una volta il “femminile” saprà dare la risposta. Maurizio De Giovanni, assai noto per la serie del pipistrello” di Johann Strauss figlio, uno dei massimi capolavori “danubiani” secondo per allestimenti alla sola “Vedova Commissario Ricciardi e de “I bastardi di Pizzofalcone”, ha scritto la sua prima commedia, “Il silenzio grande”, e l’ha allegra”, al quale affianca, per il centenario, la toscana “Acqua cheta” di Giuseppe Pietri, mentre Stefano Giaroli si affidata alla regia di Alessandro Gassmann. Lo spettacolo ha debuttato al recente Napoli Festival con Massimiliano misura, per la prima volta, con la rara “Una notte a Venezia” anch’essa di Johann Strauss figlio. Due gli appuntamenti Gallo nei panni dello scrittore Valerio e Stefania Rocca in quelli della moglie. Uno scrittore che non pubblica più con il Balletto di Milano, il natalizio “Schiaccianoci” čajkovskiano e un percorso originale e stimolante lungo il niente da vent’anni, chiuso in una stanza foderata di libri in una casa troppo grande che, ormai, tocca vendere. La Novecento francese, da quello anteguerra con l’immancabile Boléro alla Parigi degli anni cinquanta degli vita dei figli che irrompe con la loro richiesta di ascolto, una fedele e protettiva cameriera, una moglie che cerca di chansonniers, da Brel alla Piaf ad Aznavour in una fresca e seducente coreografia che ha valso ad Adriana Mortelliti comunicare. Ma, come rivelerà il colpo di scena finale, il “grande silenzio” è quello che ammutolisce le famiglie, ne il Premio Danza Rieti. La stagione musicale, particolarmente importante, affianca pianisti e formazioni cameristiche separa i sentimenti e rende incapaci di dirsi in tempo quello che sarebbe stato, invece, necessario. “Nati sotto di rango internazionale con la dovuta attenzione alla ricorrenza nel 2020 dei 250 anni dalla nascita di Beethoven ed contraria stella” è una riscrittura originale del “Romeo e Giulietta” shakespeariano realizzata oltre dieci anni fa da un programma Mozart-Salieri in congiunzione con le rappresentazioni di “Amadeus”. Per Beethoven si avrà la Leo Muscato, anche regista, e ampiamente lodata dalla critica negli allestimenti precedenti. Sette vecchi comici possibilità di ascoltare tre sinfonie in assai diverse forme: la Sofia Sinfonietta, titolato complesso bulgaro, eseguirà girovaghi, al maschile secondo lo spirito elisabettiano, capitanati ora da Ale & Franz, si incaricano di recitare la con l’organico consueto la Sinfonia n. 3 “Eroica”, successivamente I Solisti di Zagabria, formazione storica con tour “dolorosa storia” a tutti ben nota, e nonostante il rubarsi o perdere le battute, i suggerimenti intempestivi, i piccoli in tutto il mondo in oltre sessanta anni di attività, con la stella croata Martina Filjak, Premio Cleveland, Viotti e Canals, battibecchi, le gelosie e le ripicche, il racconto che procede pur comicamente involontario, approda all’“autenticità” eseguiranno la Sinfonia n. 1 nella trascrizione per archi realizzata dal loro primo violino Sreten Krstić (già del teatro e si consegna alla commozione. “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” di Mark Haddon è stato, “konzertmeister” dei Münchner Philharmoniker) e il Concerto n. 3 per pianoforte ed infine uno dei più celebri e longevi fin dal suo apparire nel 2003, un best seller mondiale. Nel 2013 è stato oggetto di una fortunata riscrittura teatrale duo pianistici europei, Bruno Canino ed Antonio Ballista, proporranno (come nel 1985!) la Sinfonia n. 9 nella da parte di Simon Stephens (sette Laurence Olivier Awards, in scena ancora lo scorso anno a Londra) soprattutto trascrizione per due pianoforti di Franz Liszt. A completare l’omaggio a Beethoven, Vitaly Pisarenko, pianista russo- per la capacità drammaturgica di distribuire ai vari personaggi il racconto che nel romanzo è affidato alla sola voce ucraino, ora londinese, Premio Liszt 2008 eseguirà a contrasto le sonate “Tempesta” e “Chiaro di luna” oltre all’amato del protagonista. Lo scorso anno il Teatro dell’Elfo, con la regia di Elio De Capitani e Ferdinando Bruni arricchita dei ungherese e Chopin. Molto originale ed accattivante il programma di Giuseppe Albanese, già ospite con orchestra, video di Francesco Forgia, ne ha realizzata un’edizione apprezzatissima anche dal pubblico più giovanile grazie alla in un “invito alla danza” da Weber alla “Coppelia” di Delibes, dalla Suite de “Lo Schiaccianoci” čajkovskiano a quella presenza di uno straordinario Daniele Fedeli. L’indagine di Christopher, quindicenne con la Sindrome di Asperger, de “L’uccello di fuoco” di Stravinskij fino a “La Valse” di Ravel. A seguire le date di “Amadeus”, Camerata Ducale e partendo dalla morte del cane Wellington arriverà a chiarire un mistero molto più importante che gli consentirà, grazie ai suoi amati numeri, un accomodamento con la realtà prossima ventura. Alla stagione “maggiore” si aggiunge, Guido Rimonda, con il suo Stradivari “Le noir”, sono impegnati in un programma mozartiano che prende per mano come sempre, un ciclo di spettacoli assai diversi tra loro per temi e forme espressive. Gabriele Lavia torna mettendosi il pubblico dalla “Serenata Notturna” al Concerto n. 3 per violino e che include un omaggio, contenuto ma significativo, “a servizio” dei “Canti” di Leopardi, nel bicentenario de “L’Infinito”, in un percorso che mette in luce la sua profonda allo “sconfitto” Antonio Salieri. Aprono e chiudono la stagione gli appuntamenti più significativi: in coda tornano le conoscenza critica ed adesione alla poetica dell’autore marchigiano mentre Lucilla Giagnoni porta a compimento “Quattro Stagioni” di Vivaldi, assenti dal 1993, con Gli Incogniti della violinista francese Amandine Beyer, uno dei la sua “esalogia” con “Magnificat” ultima tappa di una ricerca sulla forza generatrice del Femminile partita dalla gruppi più importanti a livello internazionale nell’interpretazione barocca pluripremiato dalla critica discografica dantesca “Vergine Madre” (che, per l’occasione, sarà replicata in testa al dittico) e che ha attraversato, tra i tanti, specializzata; in testa un altro dei concerti dei “maestri” del pianoforte che hanno caratterizzato ogni anno le stagioni, Omero e Sofocle, “Apocalisse” e Shakespeare, S. Francesco d’Assisi e Collodi, Cervantes e Ariosto. Spetta ad il russo Arcadi Volodos in un programma “colto” che intreccia musica e letteratura tra la “Humoreske” di Schumann Ambra Angiolini e Ludovica Modugno cercare di sciogliere “Il nodo” (2012) dell’americana Johnna Adams, un testo che richiama Jean Paul e il Liszt dei Sonetti del Petrarca, del mito di Ero e Leandro e dei Fioretti di S. Francesco. a due molto urticante e per niente consolatorio sulla responsabilità degli educatori (genitori, insegnanti) nel tempo del web e dei social mentre Moni Ovadia con la sua “band” celebra i venticinque anni di “Oylem Goylem” in una nuova incursione tra musica klezmer e l’indomabile “witz” ebraico proprio nel Giorno della Memoria. Chiudono il IL DIRETTORE DEL TEATRO programma due proposte “eccentriche” e di universi opposti: Vittorio Sgarbi ora alle prese, per il quinto centenario Roberto Bosi
Indice Calendario pag. 17 Teatror agazzi 2020 pag. 23 Teatro 19-20-21 Novembre, ore 21 (turni A-B-C) “DON CHISCIOTTE” di Francesco Niccolini da Miguel De Cervantes Saavedra pag. 27 25 Novembre, ore 21 (turno D) “LAVIA DICE LEOPARDI” da Giacomo Leopardi pag. 29 3-4-5 Dicembre, ore 21 (turni A-B-C) 4-5 Dicembre, ore 10.30 (studenti) “AMADEUS” di Peter Shaffer pag. 31 10 Dicembre, ore 21 (turno D) “L’AMACA DI DOMANI” di Michele Serra pag. 33 17-18-19 Dicembre, ore 21 (turni A-B-C) Lo spazio ideale in cui ritrovare equilibrio, energia, bellezza e armonia “PENSACI, GIACOMINO!” di Luigi Pirandello pag. 35 interiore. Nel cuore della città, il luogo dove dedicarsi completamente alla cura della propria persona, dal benessere psicofisico alla bellezza, 8-9-10 Gennaio, ore 21 (turni A-B-C) per coltivare e mantenere, giorno dopo giorno, salute e relax. “I SOLITI IGNOTI” di Grosso-Piciarelli da Monicelli-Cecchi D’Amico-Age & Scarpelli pag. 37 L A N UOVA STAGION E DEL BE N ESSE R E . 15 Gennaio, ore 21 (turno D) “IL NODO” di Johnna Adams pag. 39 CORSO BIGLIATI, 7 · PASSEGGIATA DEGLI ARTISTI 21-22-23 Gennaio, ore 21 (turni A-B-C) ALBISSOL A MARINA (SV) “THE DEEP BLUE SEA” di Terence Rattigan pag. 41 INFORM A ZIONI E PRENOTA ZIONI: 019 484626 · 347 4438343 SPA@LIDOSPARESORT.COM · LIDOSPARESORT.COM
Realizziamo soluzioni su misura. Contattaci per un preventivo. 27 Gennaio, ore 21 (turno D) FABBRICA “DIO RIDE” di Moni Ovadia pag. 43 3-4-5 Febbraio, ore 21 (turni A-B-C) “IL SILENZIO GRANDE” di Maurizio De Giovanni pag. 45 PORTE, FINESTRE 11 Febbraio, ore 21 (fuori abbonamento) 12-13 Febbraio, ore 11 (studenti) SERRANDE, CANCELLI “VERGINE MADRE” progetto di Lucilla Giagnoni 13 Febbraio, ore 21 (fuori abbonamento) “MAGNIFICAT” progetto di Lucilla Giagnoni pag. 47 24-25-26 Febbraio, ore 21 (turni A-B-C-D) LE PORTE PIU’ BELLE “NATI SOTTO CONTRARIA STELLA - ROMEO & GIULIETTA” di Leo Muscato da W. Shakespeare pag. 49 9-10-11 Marzo, ore 21 (turni A-B-C) 10-11 Marzo, ore 10.30 (studenti) “LO STRANO CASO DEL CANE UCCISO A MEZZANOTTE” di Simon Stephens dal romanzo di Mark Haddon pag. 51 23 Marzo, ore 21 (turno D) “RAFFAELLO” di Vittorio Sgarbi pag. 53 NOVITA’ Musica E Balletto PORTA BASCULANTE 23 Novembre, ore 21 ARCADI VOLODOS, pianoforte pag. 57 A MOLLE CON SPALLE RIDOTTE 7 Dicembre, ore 21 CAMERATA DUCALE / GUIDO RIMONDA, violino e direttore pag. 59 14 Dicembre, ore 21 (fuori abbonamento) Località Rio Basco, 18 A BALLETTO DI MILANO “Lo Schiaccianoci”, musiche di P. I. Čajkovskij pag. 61 Stella (SAVONA) 7 Gennaio, ore 21 CONSULTA IL NOSTRO SHOP ON LINE SOFIA SINFONIETTA ORCHESTRA / SVILEN SIMEONOV, direttore pag. 63 www.fracchiasrl.it
18 Gennaio, ore 21 GIUSEPPE ALBANESE, pianoforte pag. 65 8 Febbraio, ore 21 VITALY PISARENKO, pianoforte pag. 67 29 Febbraio, ore 21 I SOLISTI DI ZAGABRIA / MARTINA FILJAK, pianoforte pag. 69 7 Marzo, ore 21 (fuori abbonamento) BALLETTO DI MILANO “La vie en rose... Boléro” canzoni di Aznavour, Brel, Montand, musiche di M. Ravel pag. 71 14 Marzo, ore 21 BRUNO CANINO, pianoforte / ANTONIO BALLISTA, pianoforte pag. 73 28 Marzo, ore 21 GLI INCOGNITI / AMANDINE BEYER, violino solista e direzione pag. 75 Operetta 13 Dicembre, ore 21 “IL PIPISTRELLO” di Johann Strauss (figlio) pag. 79 17 Gennaio, ore 21 “UNA NOTTE A VENEZIA” di Johann Strauss (figlio) pag. 81 21 Febbraio, ore 21 “L’ACQUA CHETA” di Giuseppe Pietri pag. 83 Informazioni Gener ali pag. 85 Teatro dell’Oper a Giocosa / Orchestr a Sinfonica di Savona pag. 89
Calendario 19-20-21 Novembre, ore 21 “DON CHISCIOTTE” di Francesco Niccolini da Miguel de Cervantes 23 Novembre, ore 21 ARCADI VOLODOS, pianoforte 25 Novembre, ore 21 “LAVIA DICE LEOPARDI” da Giacomo Leopardi 3-4-5 Dicembre, ore 21 “AMADEUS” di Peter Shaffer 4-5 Dicembre, ore 10.30 7 Dicembre, ore 21 CAMERATA DUCALE / GUIDO RIMONDA, direttore e violino 10 Dicembre, ore 21 “L’AMACA DI DOMANI” di Michele Serra 17 13 Dicembre, ore 21 “IL PIPISTRELLO” di Johann Strauss (figlio) 14 Dicembre, ore 21 BALLETTO DI MILANO “Lo schiaccianoci”, musiche di Pëtr Il’ič Čajkovskij 17-18-19 Dicembre, ore 21 “PENSACI, GIACOMINO!” di Luigi Pirandello 7 Gennaio, ore 21 SOFIA SINFONIETTA ORCHESTRA / SVILEN SIMEONOV, direttore 8-9-10 Gennaio, ore 21 “I SOLITI IGNOTI” di Grosso-Piciarelli da Monicelli-Cecchi D’Amico-Age & Scarpelli 15 Gennaio, ore 21 “IL NODO” di Johnna Adams 17 Gennaio, ore 21 “UNA NOTTE A VENEZIA” di Johann Strauss (figlio) 18 Gennaio, ore 21 GIUSEPPE ALBANESE, pianoforte 21-22-23 Gennaio, ore 21 “THE DEEP BLUE SEA” di Terence Rattigan
27 Gennaio, ore 21 “DIO RIDE” di Moni Ovadia 3-4-5 Febbraio, ore 21 “IL SILENZIO GRANDE” di Maurizio De Giovanni 8 Febbraio, ore 21 VITALY PISARENNKO, pianoforte 11 Febbraio, ore 21 “VERGINE MADRE” di Lucilla Giagnoni 12-13 Febbraio, ore 11 13 Febbraio, ore 21 “MAGNIFICAT” di Lucilla Giagnoni 19 21 Febbraio, ore 21 “L’ACQUA CHETA” di Giuseppe Pietri 24-25-26 Febbraio, ore 21 “NATI SOTTO CONTRARIA STELLA” di Leo Muscato da W. Shakespeare 29 Febbraio, ore 21 I SOLISTI DI ZAGABRIA / MARTINA FILJAK, pianoforte 7 Marzo, ore 21 BALLETTO DI MILANO “La vie en rose... Boléro” canzoni di Aznavour, Brel, Piaf, Montand, musiche di Maurice Ravel 9-10-11 Marzo, ore 21 “LO STRANO CASO DEL CANE UCCISO A MEZZANOTTE” di Simon Stephens 10-11 Marzo, ore 10.30 14 Marzo, ore 21 BRUNO CANINO, pianoforte / ANTONIO BALLISTA, pianoforte 23 Marzo, ore 21 “RAFFAELLO” di Vittorio Sgarbi 28 Marzo, ore 21 GLI INCOGNITI / AMANDINE BEYER, violino solista e direzione
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Realizziamo soluzioni su misura. Contattaci per un preventivo. Teatror agazzi 2020 FABBRICA PORTE, FINESTRE 18 Febbraio, ore 9.30 e ore 10.45 2 Aprile, ore 10 SERRANDE, CANCELLI LA BARACCA di Bologna “Le Quattro Stagioni” testo e regia di Bruno Cappagli e Silvia Traversi GIALLO MARE MINIMAL TEATRO di Empoli “Per un attimo” Dal Big Bang alla torta della mamma di Margherita Hack e Vania Pucci musiche di Antonio Vivaldi ricomposte da Max Richter regia di Vania Pucci e Lucio Diana INDICATO PER LE SCUOLE ELEMENTARI INDICATO PER IL SECONDO CICLO ELEMENTARE E LE PRIME DUE CLASSI DELLA SCUOLA MEDIA 3 Marzo, ore 9.30 e ore 10.45 COMPAGNIA STILEMA di Torino 17 Aprile, ore 9.30 e ore 10.45 “Di qua e di là” Storia di un piccolo muro FONDAZIONE TEATRO RAGAZZI E GIOVANI di Torino testo e regia di Silvano Antonelli “In viaggio con il Piccolo Principe” INDICATO PER LE SCUOLE MATERNE E IL PRIMO CICLO DELLA SCUOLA ELEMENTARE testo e regia di Luigina Dagostino INDICATO PER LE SCUOLE ELEMENTARI 5 Marzo, ore 10 23 TEATRO GIOCO VITA di Piacenza 23 Aprile, ore 10 “Annibale. Memorie di un elefante” TEATRO CITTÀ MURATA di Como progetto, drammaturgia e regia di Nicola Cavallari “Chiamatemi Cirano!” INDICATO PER IL SECONDO CICLO ELEMENTARE E LE PRIME DUE CLASSI DELLA liberamente ispirato a “Cyrano di Bergerac” di Edmond Rostand SCUOLA MEDIA testo e regia di Stefano Andreoli INDICATO PER LA QUARTA E QUINTA ELEMENTARE E LA SCUOLA MEDIA 25-26 Marzo, ore 10 TEATRO NAZIONALE DI GENOVA/ FONDAZIONE TEATRO RAGAZZI E GIOVANI di Torino 29 Aprile, ore 9.30 e ore 10.45 “Peter Pan” TEATRO GIOCO VITA di Piacenza drammaturgia di Giorgio Scaramuzzino, Pasquale Buonarota, “Il più furbo” Disavventure di un incorreggibile lupo Alessandro Pisci dall’opera di Mario Ramos regia di Giorgio Scaramuzzino adattamento teatrale di Enrica Carini e Fabrizio Montecchi INDICATO PER LE SCUOLE ELEMENTARI regia e scene di Fabrizio Montecchi INDICATO PER LE SCUOLE MATERNE E IL PRIMO CICLO ELEMENTARE 27 Marzo, ore 9.30 e ore 10.45 Località Rio Basco, 18 A ACCADEMIA PERDUTA/ROMAGNA TEATRI di Forlì Stella (SAVONA) “Pinocchio” di Marcello Chiarenza regia di Claudio Casadio CONSULTA IL NOSTRO SHOP ON LINE INDICATO PER LE SCUOLE MATERNE E IL PRIMO CICLO DELLA SCUOLA ELEMENTARE www.fracchiasrl.it
24 Teatro 2019/20
19-20-21 Novembre, ore 21 (turni A-B-C) NUOVO TEATRO SRL in coproduzione con FONDAZIONE TEATRO DELLA TOSCANA ALESSIO BONI/SERRA YILMAZ “DON CHISCIOTTE” adattamento di Francesco Niccolini liberamente ispirato al romanzo di Miguel De Cervantes Saavedra drammaturgia di Roberto Aldorasi, Alessio Boni, Marcello Prayer e Francesco Niccolini con Marcello Prayer e con Francesco Meoni, Pietro Faiella, Liliana Massari, Elena Nico, Nicolò Diana (Ronzinante) scene di Massimo Troncanetti costumi di Francesco Esposito luci di Davide Scognamiglio musiche di Francesco Forni regia di ALESSIO BONI, ROBERTO ALDORASI E MARCELLO PRAYER “Chisciotti e cavalieri erranti, sparpagliati per il mondo o chiusi dentro le mura, sono sempre gli stessi, quelli di un tem- po, quelli di oggi e quelli di domani, savi e pazzi, eroi e insensati. Non sono venuti al mondo per vivere meglio o peggio. Quando l’universo nella solitudine si abbandona alle proprie miserie, loro pronunciano parole di giustizia, d’amore, di bellezza e di scienza. Chi si rende volontariamente schiavo non maledice l’esistenza.” (Fernando Arrabal, “Uno schiavo 27 chiamato Cervantes”) Chi è pazzo? Chi è normale? Forse chi vive nella sua lucida follia riesce ancora a compiere atti eroici. Di più: forse ci vuole una qualche forma di follia, ancor più che il coraggio, per compiere atti eroici. La lucida follia è quella che ti permette di sospendere, per un eterno istante, il senso del limite: quel “so che dobbiamo morire” che spoglia di senso il quotidiano umano, ma che solo ci rende umani. L’animale non sa che dovrà morire: in ogni istante è o vita o morte. L’uomo lo sa ed è, in ogni istante, vita e morte insieme. Emblematico in questo è Amleto, coevo di Don Chisciotte, che si chiede: chi vorrebbe faticare, soffrire, lavorare indegnamente, assistere all’insolenza dei potenti, alle premiazioni degli indegni sui meritevoli, se tanto la fine è morire? Don Chisciotte va oltre: trascende questa consapevolezza e combatte per un ideale etico, eroico. Un ideale che arricchisce di valore ogni gesto quotidiano. E che, involontariamente, l’ha reso immortale. È forse folle tutto ciò? È meglio vivere a testa bassa, inseriti in un contesto che ci precede e ci forma, in una rete di regole pre-determinate che, a loro volta, ci determinano? Gli uomini che, nel corso dei secoli, hanno osato svincolarsi da questa rete - avvalendosi del sogno, della fantasia, dell’immaginazione - sono stati spesso considerati “pazzi”. Salvo poi venir riabilitati dalla Storia stessa. Dopotutto, sono proprio coloro che sono folli abbastanza da credere nella loro visione del mondo, da andare controcorrente, da ribaltare il tavolo, che meritano di essere ricordati in eterno: tra gli altri, Galileo, Leonardo, Mozart, Che Guevara, Mandela, Madre Teresa, Steve Jobs e, perché no, Don Chisciotte. (Alessio Boni) “E io dico che Don Chisciotte e Sancho vennero al mondo affinché Cervantes potesse narrare la loro storia e io spiegarla e commentarla, o meglio, affinché Cervantes la raccontasse e la spiegasse e io la commentassi. Può raccontare, spiegare e commentare la tua vita, mio caro Don Chisciotte, soltanto chi è stato contagiato dalla tua stessa follia di non morire. Allora, intercedi in mio favore, o mio signore e padrone, affinché la tua Dulcinea del Toboso, ormai disincantata dalle frustate di Sancho, mi conduca mano nella mano all’immortalità del nome e della fama. E se la vita è sogno, lasciami sognare per sempre!“ (Miguel de Unamuno, “Vita di Don Chisciotte e Sancho”) Foto: Lucia De Luise TEATRO
25 Novembre, ore 21 (turno D) EFFIMERA SRL GABRIELE LAVIA “LAVIA DICE LEOPARDI” Lavia «dice Leopardi»: dice, perché non legge né interpreta, ma riversa sul pubblico, in un modo assolutamente personale nella forma e nella sostanza, le più intense liriche leopardiane, da “A Silvia” a “Il passero solitario”, da “Il Canto notturno di un pastore errante dell’Asia” a “La sera del dì di festa”. Leopardi soggiornò a Pisa nove mesi fra il 1827 e il 1828, dove sembrò rinascere, e ritrovare un equilibrio che lo portò a stemperare di nuovo nella dolcezza dell’intuizione poetica il di- sincanto e l’amarezza delle “Operette morali”. L’attore e regista vuole rendere omaggio al poeta, al suo soggiorno pisano, a quella sua nuova voglia di sondare la parola e il suono in un momento della sua esistenza che si tramutò in esaltante creatività artistica. “Le poesie di Leopardi sono talmente belle e profonde che basta pronunciarne il suono, non ci vuole altro. Da ragazzo volli impararle a memoria, per averle sempre con me. Da quel momento non ho mai smesso di dirle. Per me dire Leopardi a una platea significa vivere una straordinaria ed estenuante esperienza. Anche se per tutto il tempo dello spettacolo rimango praticamente immobile, ripercorrere quei versi e quel pensiero equivale per me a fare una maratona restando fermo sul posto”. (Gabriele Lavia) 29 Foto: Filippo Manzini TEATRO
3-4-5 Dicembre, ore 21 (turni A-B-C) 4-5 Dicembre, ore 10.30 (studenti) GITIESSE ARTISTI RIUNITI in collaborazione con FONDAZIONE TEATRO DELLA TOSCANA GEPPY GLEIJESES/LORENZO GLEIJESES “AMADEUS” di Peter Shaffer con Giulio Farnese e Gianluca Ferrato regia di ANDREI KONCHALOVSKIJ “Amadeus” è la storia di una feroce gelosia Il dramma racconta il presunto tentativo, senza fondamento storico, del compositore italiano Antonio Salieri di distruggere la reputazione, e non solo, dell’odiato avversario Wolfgang Amadeus Mozart. Per l’ultima rielaborazione della leggenda romantica, già raccolta da Puskin e messa in musica da Nikolaj Rimskij-Korsakov, secondo la quale Wolfgang Amadeus Mozart, artista puro, genio innato, sarebbe stato vittima del geloso Antonio Salieri, Peter Shaffer ha fatto del musicista italiano non tanto un rivale del giovane salisburghese, almeno per quanto riguarda il successo, quanto piuttosto un moralista che possiede lo sterile talento del critico. Salieri ha infatti promesso a Dio una vita intemerata in cambio dell’eccellenza musicale, ma il suo mondo crolla davanti alla scoperta dei doni che sono stati concessi a una creatura in apparenza turpe e lasciva, doni della cui portata egli è il solo a rendersi conto. Il suo gesto vuole essere pertanto una sorta di grandiosa 31 vendetta privata contro Dio che si è preso beffa di lui, ma neanche compiendola riuscirà a passare alla Storia. Dopo aver conosciuto fin dalla prima londinese del 1978 il maggior successo della sua carriera, Peter Shaffer (Liverpool 1924-Cork 2016) ha continuato a riscrivere il testo di “Amadeus”, che fu profondamente modificato per l’edizione americana, diretta, come quella inglese, da Peter Hall, e quindi per la successiva ripresa londinese del 1981. Nel 1984 arriva il trionfo inter- nazionale del film omonimo, diretto da Milos Forman. La figura portante dello spettacolo è Salieri, interpretato da Geppy Gleijeses, uno dei più grandi attori italiani. Salieri ammira il genio ed il respiro immortale delle “partiture senza nemmeno una correzione” di Mozart, ma coglie l’occasione dell’insuccesso del rivale per infliggergli un lungo calvario esistenziale, fisico e morale, fino a provocarne la morte. Salieri non è visto come un uomo perfido ma come un uomo disperato. Mozart, interpretato da Lorenzo Gleijeses (vincitore del premio UBU nel 2006 come “Nuovo attore emergente”, diretto in passato da registi del calibro di Ejmuntas Nekrosius, Nikolaj Karpov, Alfredo Arias, Julia Varley e Eugenio Barba) è ingenuo e rigido nelle sue convinzioni e prigioniero del proprio genio. Se il personaggio di Mozart risulta essere frutto di uno scherzo della natura, quello di Salieri, ieri come oggi, ha purtroppo valenza universale. Mediocri di tutto il mondo - ora e sempre - vi assolvo tutti. Amen TEATRO
10 Dicembre, ore 21 (turno D) SPA LIVE in collaborazione con TEATRI UNITI MICHELE SERRA “L’AMACA DI DOMANI” Considerazioni in pubblico alla presenza di una mucca di e con Michele Serra scene e costumi di Barbara Bessi luci di Cesare Accetta regia di ANDREA RENZI Scrivere ogni giorno, per ventisette anni, la propria opinione sul giornale, è una forma di potere o una condanna? Un esercizio di stile o uno sfoggio maniacale, degno di un caso umano? Bisogna invidiare le bestie, che per esistere non sono condannate a parlare? Le parole, con le loro seduzioni e le loro trappole, sono le protagoniste di questo monologo teatrale comico e senti- mentale, impudico e coinvolgente nel quale Michele Serra apre allo spettatore la sua bottega di scrittura. Le persone e le cose trattate nel corso degli anni - la politica, la società, le star vere e quelle fasulle, la gente comune, il costume, la cultura - riemergono dal grande sacco delle parole scritte con intatta vitalità e qualche sorpresa. Dipanando la matassa della propria scrittura, Michele Serra fornisce anche traccia delle proprie debolezze e delle proprie manie. Il vero bandolo, 33 come per ogni cosa, forse è nell’infanzia. Il finale, per fortuna, è ancora da scrivere. Foto: Laura Pietra TEATRO
17-18-19 Dicembre, ore 21 (turni A-B-C) ENFI TEATRO/TEATRO STABILE DI CATANIA LEO GULLOTTA “PENSACI GIACOMINO!” di Luigi Pirandello lettura drammaturgica e regia di FABIO GROSSI con Liborio Natali, Rita Abela, Federica Bern, Valentina Gristina, Gaia Lo Vecchio, Marco Guglielmi, Valerio Santi e con Sergio Mascherpa scene e costumi di Angela Gallaro Goracci musiche di Germano Mazzocchetti luci di Umile Vainieri “Pensaci, Giacomino!” nasce in veste di novella nel 1910, debutta a Roma nel 1916 in una versione teatrale in dialetto siciliano con la Compagnia di Angelo Musco e viene pubblicata in lingua nel 1917. Tutti i ragionamenti, i luoghi comuni, gli assiomi pirandelliani sono presenti in questa opera. Un testo di condanna, condanna di una società becera e ciarliera, dove il gioco della calunnia, del dissacro e del bigottismo e sempre pronto ad esibirsi. La storia racconta di una fanciulla che, rimasta incinta del suo giovane fidanzato, non sa come poter portare avanti la gravidanza. Il professore Toti pensa di poterla aiutare chiedendola in moglie e così autorizzandola a vivere della sua pensione il giorno che lui non ci sarà più. Naturalmente la società civile si rivolterà contro questa decisione anche a discapito della piccola creatura che, nel frat- 35 tempo, è venuta al mondo. Finale pirandelliano pieno di amara speranza, dove il giovane Giacomino prenderà coscienza del suo essere, del suo essere uomo, del suo essere padre e andrà via da quella casa che lo tiene prigioniero, per vivere la sua vita con il figlio e con la giovane madre. Da qui si desume quanto tutto questo possa far esprimere il pensiero pirandelliano nei confronti di una società che allora era misogina, opportunista e becera. Racconta di uno Stato patrigno nei confronti dei propri cittadini, soprattutto nei confronti della casta degli insegnanti, sottopagati e bistrattati. Gran bella qualità del Premio Nobel di Agrigento nel prevedere il futuro e, come raccontava Giovan Battista Vico, i corsi e ricorsi storici, cioè nulla cambia nulla si trasforma: ancora oggi si veste dei soliti cenci, unti e bisunti. Una società quindi letta con la mostruosità di giganti opprimenti, presenti, determinanti, dequalificanti. TEATRO
8-9-10 Gennaio, ore 21 (turni A-B-C) GLI IPOCRITI MELINA BALSAMO VINICIO MARCHIONI/GIUSEPPE ZENO “I SOLITI IGNOTI” adattamento teatrale di Antonio Grosso e Pier Paolo Piciarelli dalla sceneggiatura di Mario Monicelli, Suso Cecchi D’Amico, Age & Scarpelli con Augusto Fornari, Salvatore Caruso, Vito Facciolla, Antonio Grosso, Ivano Schiavi, Marilena Anniballi scene di Luigi Ferrigno costumi di Milena Mancini luci di Giuseppe D’Alterio regia di VINICIO MARCHIONI La commedia è la prima versione teatrale del mitico film di Mario Monicelli, uscito nel 1958 e diventato col tempo un clas- sico imperdibile della cinematografia italiana e non solo. Le gesta maldestre ed esilaranti di un gruppo di ladri improvvisati sbarcano sulle scene rituffandoci nell’Italia povera ma vitale del secondo dopoguerra. L’adattamento è fedele alla meravi- gliosa sceneggiatura originale senza rinunciare a trovate di scrittura e di regia per rendere moderna quell’epoca lontana. “Ci sono dei film che segnano la nostra vita e ‘I soliti Ignoti’ per me è uno di questi. Come uomo mi sono divertito e com- mosso di fronte alle peripezie di questo gruppo di scalcinati ladri. Come attore mi sono esaltato davanti alla naturalezza con cui recitano mostri sacri come Mastroianni e Gassman. Come regista ho amato il perfetto equilibrio con cui Monicelli 37 rende un argomento drammatico in modo leggero. Così l’idea di curare l’adattamento teatrale del film mi ha immedia- tamente conquistato. È una storia bella e necessaria, che ci parla del presente immergendoci nel passato. La povertà del dopoguerra è una piaga che resiste ancora oggi, sebbene in altre forme, in tante zone d’Italia. Vorrei restituire sulla scena l’urgenza sentita dai personaggi di superare la miseria che li affligge, insieme alla vitalità indistruttibile e alla magia di un’Italia passata verso la quale proviamo nostalgia e tenerezza. Spero che gli spettatori possano uscire dal teatro con gli stessi sentimenti che provo io dopo una visione del film: divertiti, commossi e perdutamente innamorati di quei perso- naggi indimenticabili. Adattare un classico è sempre una sfida rischiosa e difficile. Ma sono le sfide che vale la pena vivere, insieme ai miei compagni di strada.” (Vinicio Marchioni) Foto di Marchioni: Valeria Mottaran; foto di Zeno: Azzurra Primavera TEATRO
15 Gennaio, ore 21 (turno D) GOLDENART PRODUCTION/SOCIETÀ PER ATTORI AMBRA ANGIOLINI/LUDOVICA MODUGNO “IL NODO” di Johnna Adams musiche di Mauro Di Maggio e Luna Vincenti scene di Maria Spazzi costumi di Erika Carretta disegno luci di Roberta Faiolo regia di SERENA SINIGAGLIA Un’aula di una scuola pubblica. È l’ora di ricevimento per una insegnante di una quinta classe elementare. È tesa, ha la testa altrove, è in attesa di una telefonata che non arriva mai. Al colloquio si presenta inaspettatamente la madre di un suo allievo. Vuole parlarle, ma non sarà un dialogo facile. Suo figlio alcuni giorni prima è stato sospeso, è tornato a casa pieno di lividi e lei vuole a tutti i costi capire il perché. È stato vittima di bullismo o forse lui stesso è stato un molestatore... forse l’insegnante l’ha trattato con asprezza... Sciogliere questo nodo, cercare la verità è l’unica possibilità a cui aggrapparsi. Perché, come conse- guenza del fatto, il figlio ha commesso qualcosa di tremendo, di irreparabile. E solo un confronto durissimo tra le due donne potrà dare un senso al dolore, allo smarrimento e al loro reciproco, soffocante senso di colpa. “Il Nodo” è ambientato in una classe di quinta elementare della scuola pubblica di Lake Forest, piccolo centro abitato nei dintorni di Chicago. Ma attenzione: il “dove” non è importante, importante è il “quando” e soprattutto il “perché”. Quali sono le respon- sabilità educative dei genitori e quali quelle delle istituzioni nei confronti dei figli? Di chi è la colpa se i nostri figli si trasformano in vittime o carnefici? Com’è possibile che si possa scatenare una violenza tale da indurre un ragazzo o una ragazza ad ucci- 39 dersi? Dove sbagliamo? Chi sbaglia? Di chi è la responsabilità? “Il Nodo” non è semplicemente un testo teatrale sul bullismo, è soprattutto un confronto senza veli sulle ragioni intime che lo generano. Osa porsi le domande assolute come accade nelle tragedie greche, cerca le cause e non gli effetti. Ed è questo aspetto ad attrarmi di più. Oggi abbiamo le piattaforme digitali per raccontare storie, per denunciare fatti e azioni rilevanti. Dunque a cosa serve nello specifico il teatro? Serve a mettere a nudo, nella sintesi e nell’intensità che lo contraddistinguono, le più profonde contraddizioni dell’uomo, le ragioni ultime del suo agire. Heather Clark e Corryn Fell non sono solo l’insegnante e la madre di Gidion. Il loro conflitto racchiude in sé tutti noi come singoli individui e tutti noi come società. E ci pone di fronte alle nostre responsabilità: per ogni ragazzo ferito, umiliato, ma anche per chi umilia e ferisce, siamo noi ad essere sconfitti, come individui e come società, nostra è la responsabilità, nostra è la pena e il dolore. La madre e l’insegnante di Gidion combattono per salvare se stesse dal baratro della colpa e forse per cercare un senso ad una morte tanto orribile. Nel frastuono e nel clamore della loro battaglia non si accorgono che solo una voce resta muta e lontana: quella del figlio. Il nodo gordiano è un nodo che non puoi districare se non tagliandolo di netto. La metafora del titolo è dunque molto chiara: esistono conflitti che non possono più essere sciolti, ma solo recisi. E dunque: non bisognerebbe mai trovarsi in circostanze tanto estreme da risultare irrecuperabili. Educare la generazione di domani è la più sacra, la più alta responsabilità umana. Trascurarla è un atto gravissimo che porta ineluttabilmente ad altrettante gravissime conseguenze. Eppure viviamo in una società dove i genitori troppo spesso difendono ad oltranza i loro figli, difendendo in realtà nient’altro che se stessi. Una società dove gli insegnanti sono sottopagati e poco, pochissimo considerati. Una società che ha rovesciato il principio cardine non solo dell’educazione ma anche del buon vivere sociale: il rispetto dei ruoli. Spesso si dice che non esistono più maestri. Il punto è, a mio avviso, che non esistono più allievi. Haether e Corryn sono due figure tragiche che si fronteggiano, il campo di battaglia è la classe, il tempo è quello dell’ora dei colloqui e per l’esattezza dalle 14.45 alle 16.15. Un’ora e mezza di attacchi, difese, strategie, accordi sperati e immediatamente traditi, senza sosta. Una grande prova d’attore. Ambra Angiolini e Ludovica Modugno combatteranno per noi, sul palco, questa battaglia nella speranza che si possa tornare a parlarsi con senso di responsabilità e di rispetto. Perché parlarsi è meglio che combattersi, sempre. (Serena Sinigaglia) Foto di Ambra Angiolini: Cosimo Buccolieri TEATRO
21-22-23 Gennaio, ore 21 (turni A-B-C) ZOCOTOCO SRL LUISA RANIERI “THE DEEP BLUE SEA” di Terence Rattigan e con (in o.a.) Maddalena Amorini, Giovanni Anzaldo, Alessia Giuliani, Flavio Furno, Aldo Ottobrino, Luciano Scarpa scene di Carmelo Giammello costumi di Chiara Ferrantini luci di Pietro Sperduti musiche di Manù Bandettini regia di LUCA ZINGARETTI Sir Terence Mervyn Rattigan, (1911-1977) è uno dei più popolari drammaturghi inglesi del Novecento. Nasce a Londra, nel quartiere di South Kensington, da una famiglia di estrazione protestante. Suo nonno era Sir William Henry Rattigan; suo padre, Frank, era un diplomatico. Non stupisce, quindi, che i suoi lavori siano ambientati in quella che potremmo definire la “upper middle class”. Sir Rattigan si definiva un “omosessuale inquieto” e un outsider. Nelle sue pièce amava trattare “problemi di frustrazione sessuale, relazioni fallite e adulteri” e rappresentare un mondo di repressioni e reticenze. “The Deep Blue Sea” è una pièce sulle infatuazioni e gli innamoramenti che sconvolgono mente e cuore; l’amore folle che tutto 41 travolge, a cominciare dal più elementare rispetto di se stessi. Cosa siamo capaci di fare per inseguire l’oggetto del nostro amore? E com’è possibile che, pur di raggiungerlo, siamo disposti a sacrificare qualunque cosa? È una storia di strade perse e ritrovate, di fatalità e indeterminatezze che risolvono, ma, soprattutto, una storia sulla casualità delle vite umane. Rattigan disegna personaggi di potenza straordinaria e forza assoluta. In mezzo a loro emerge, come una regina, la pro- tagonista, Hester Collyer Page, che incarna l’essenza stessa della capacità di amare, resistere e rinascere delle donne. La storia, che si svolge durante l’arco di un’unica giornata, inizia con la scoperta, da parte dei suoi vicini di appartamento, del fallito tentativo di Hester Collyer di togliersi la vita con il gas. La donna ha lasciato il marito, facoltoso e influente giudice dell’Alta Corte, perché innamorata del giovane Freddie Page: un contadino, ex pilota della Raf, ormai dedito all’alcool. La relazione, nata sull’onda della passione e della sensualità, si è, però, andata raffreddando. Le difficoltà economiche (Freddie è da tempo disoccupato) e le differenze di età e ceto hanno logorato il rapporto, lasciando Hester sfinita e disperata. Lo shock per il tentato di suicido di Hester e la discussione che ne segue non migliorano le cose. A complicare il tutto, nel pomeriggio, arriva la notizia che Freddie ha, finalmente, trovato lavoro come collaudatore di aerei: dovrà, però, trasferirsi in South Carolina. Alla fine della giornata, grazie all’intercessione di Mr. Miller (un inquilino del palazzo, ex dottore, radiato dall’albo per ragioni sconosciute) Hester, per continuare a vivere, sarà costretta a prendere una decisione particolarmente difficile. Questi due reietti, emarginati dalla società per il loro eccessivo “amare”, si scopriranno legati da una curiosa e commovente solidarietà. Foto: Anna Camerlingo TEATRO
27 Gennaio, ore 21 (turno D) CORVINO PRODUZIONI/CTB CENTRO TEATRALE BRESCIANO MONI OVADIA “DIO RIDE” di Moni Ovadia e Stage Orchestra: Maurizio Dehò, violino, Luca Garlaschelli, contrabbasso, Albert Florian Mihai, fisarmonica, Paolo Rocca, clarinetto, Marian Serban, cymbalon luci di Cesare Agoni e Sergio Martinelli scene, costumi ed elaborazione immagini di Elisa Savi progetto audio di Mauro Pagiaro regia di MONI OVADIA Una zattera in forma di piccola scena approdava in teatro venticinque anni fa (“Oylem Goylem”, ospitato in città nel 1999). Trasportava sei vagabondi, cinque musicanti e un narratore di nome Simkha Rabinovich. A chi sentiva il desiderio di ascoltare, Simkha raccontava storie di una gente esiliata, ne cantava le canzoni, canti tristi e allegri, luttuosi e nostalgici, di quel popolo che illuminò e diede gloria alla diaspora. I musicanti lo accompagnavano con i loro strumenti e con lui rievocavano le melodie che quel mondo - fatto di comunità grandi, piccole e piccolissime - aveva creato per vivere le feste, le celebrazioni e i riti di passaggio. Dopo un quarto di secolo di erranza, Simkha Rabinovich e i suoi compagni di strada, ritornano per continuare la narrazione di quel popolo sospeso fra cielo e terra in permanente attesa, per indagarne 43 la vertiginosa spiritualità con lo stile che ha permesso loro di farsi tramite di un racconto impossibile eppure necessario, rapsodico e trasfigurato, fatto di storie e canti, di storielle e musiche, di piccole letture e riflessioni alla ricerca di un divino ineffabile presente e assente, vivo e forse inesistente, padre e madre, redentore che chiede di essere redento nel cammino di donne, uomini e creature viventi verso un mondo di giustizia e di pace. Foto: Umberto Favretto TEATRO
3-4-5 Febbraio, ore 21 (turni A-B-C) DIANA OR.I.S. MASSIMILIANO GALLO “IL SILENZIO GRANDE” di Maurizio De Giovanni con Stefania Rocca, Monica Nappo e con Paola Senatore, Jacopo Sorbini scene di Gianluca Amodio costumi di Mariano Tufano disegno luci di Marco Palmieri suono di Paolo Cillerai elaborazioni video di Marco Schiavoni musiche originali di Pivio & Aldo De Scalzi regista assistente Emanuele Maria Basso regia di ALESSANDRO GASSMANN Scrittore napoletano di fama internazionale, Maurizio De Giovanni, autore di numerosi libri di successo, dalla serie de “Il Commissario Ricciardi” fino a “I bastardi di Pizzofalcone”, si volge al teatro per la prima volta con un’inedita commedia in due atti. 45 “L’incontro con Maurizio De Giovanni è stato, nella mia carriera recente, portatore di novità importanti e di progetti che mi hanno appassionato. In “Qualcuno volò sul nido del cuculo” il suo adattamento mi ha permesso di portare quella storia che trasuda umanità nell’Italia del 1982, conferendole un’immediatezza ed una riconoscibilità ancora più efficaci per il nostro pubblico, regalando allo spettacolo un successo straordinario. Ho poi approfondito la mia conoscenza dell’uma- nità raccontata da De Giovanni interpretando l’ispettore Lojacono nella fortunatissima serie televisiva, giunta alla seconda stagione, de “I bastardi di Pizzofalcone”. Quando in una pausa pranzo con Maurizio parlammo de “Il silenzio grande”, vidi l’idea nascere lì in pochi minuti. Ebbi subito la sensazione che, nelle sue mani, un tema importante come quello dei rap- porti familiari, del tempo che passa, del luogo dove le nostre vite scorrono e mutano negli anni, ovvero la casa, avrebbe avuto un’evoluzione emozionante e sorprendente. Immagino uno spettacolo dove le verità che i protagonisti si dicono, a volte si urlano o si sussurrano, possano fare riconoscere dove, come sempre accade anche nei momenti più drammatici, possano esplodere risate, divertimento, insomma la vita. Questa è una delle funzioni che può avere il teatro: raccontarci come siamo, potremmo essere o anche quello che saremmo potuti essere. Al suo interno questa storia racchiude anche grandissime sorprese, misteri che solo un grande scrittore di gialli come Maurizio De Giovanni avrebbe saputo maneggiare con questa abilità e che la rendono davvero un piccolo classico contemporaneo. Per rendere al meglio, il teatro necessita di attori che aderiscano in modo moderno ai personaggi e penso che Massimiliano Gallo, con il quale ho condiviso set e avventure cinematografiche, sia oggi uno degli attori italiani più efficaci e completi. È stata per me una grande gioia dirigerlo in un personaggio per lui ideale. Questo facciamo a teatro, o almeno ci sforziamo di fare, cerchiamo disperatamente la verità, e confidiamo nella vostra voglia di crederci.” (Alessandro Gassmann) Foto: Manuela Giusto TEATRO
11 Febbraio, ore 21 (fuori abbonamento) 12-13 Febbraio, ore 11 (studenti) TPE TEATRO PIEMONTE EUROPA LUCILLA GIAGNONI “VERGINE MADRE” Canti, commenti e racconti dalla “Divina Commedia” di Dante Alighieri progetto di Lucilla Giagnoni collaborazione ai testi di Marta Pastorino musiche originali di Paolo Pizzimenti scene e luci di Lucio Diana e Massimo Violato 13 Febbraio, ore 21 (fuori abbonamento) CTB CENTRO TEATRALE BRESCIANO LUCILLA GIAGNONI “MAGNIFICAT” progetto di Lucilla Giagnoni collaborazione al testo Maria Rosa Patanè musiche originali di Paolo Pizzimenti luci e video di Massimo Violato “Come artista il mio compito dovrebbe essere interrogare e interrogarmi, più che dare risposte. Ogni mio spettacolo è 47 il tentativo di dare una risposta alle domande lasciate aperte dallo spettacolo precedente per porre sempre nuove do- mande. Per questo un filo lega tutti i miei lavori, da quando, nel settembre del 2001, alla visione delle “Torri gemelle”, ho maturato lo spettacolo “Vergine Madre”, il primo della “Trilogia della Spiritualità”, fino a quest’ultimo che chiude la “Trilogia dell’Umanità”, “Magnificat”. Da “Vergine Madre” a “Magnificat”: il filo rosso è una preghiera che, forse, porta una risposta. I grandi testi su cui ho lavorato, dalla Divina Commedia alla Bibbia, ci parlano dell’essere umano come una creatura man- cante, desiderante, facendoci intuire che qualcosa in questo nostro mondo è stato trascurato, abbandonato e, alla fine, esiliato. Perciò ne sentiamo la mancanza. In “Vergine Madre” dicevo che sentiamo nostalgia di Dio. Non so cosa sia ciò che chiamiamo Dio. Ma ora so che c’è una forza vitale, capace di generare e perciò divina, che è anche parte di noi, di cui sentiamo la mancanza, a cui è molto difficile dare un nome, ma che possiamo chiamare il “Femminile”. Che cosa sia questo “Femminile” lo spiega bene Dante nelle terzine della preghiera/poesia alla Vergine del XXXIII Canto del Paradiso, l’ultimo della Commedia: “Vergine madre, figlia del tuo figlio, umile e alta più che creatura”. Il “Femminile” è quella forza che può fare l’impossibile, unire gli opposti, dare armonia ai contrari. Figlia e Madre, è relazione, nel bene e nel male. Terra è Humus, da cui la parola Homo, e non invece Donna che viene da Domina, Signora, quasi a compensare con un titolo ciò che non è. O non è ancora. Come non è che Homo, Humus, conosca e pratichi l’Humilitas, l’umiltà, cioè l’essere in armonia con la Terra. E così, dopo l’invito alla lode, al rendere grazie e alla cura, è proprio l’umiltà ciò a cui ci chiama il “Cantico delle creature”: “Laudate e benedicete mi signore e rengraziate e serviateli cum grande Humilitate”. Ma l’umiltà, insieme alla lode, al ringraziamento, al servizio è tra le prime parole di una preghiera/poesia ancora più antica: il “Magni- ficat”: “L’anima mia magnifica il signore e il mio spirito esulta in Dio mio salvatore perché ha guardato l’umiltà della sua serva”. Proprio perché Serva è Signora e Regina. Vergine, Madre. “D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata”. Felice cioè “grande” in greco. Forse, questa è una risposta: le Generazioni, cioè la Storia, cioè il nostro agire, dovranno d’ora in poi riconoscere tutto questo. Solo se dalla Terra riemergerà il “Femminile”, ci sarà una possibilità per tutti di futura convivenza, non solo nella sopravvivenza, ma nella beatitudine, cioè nella felicità.” (Lucilla Giagnoni) Foto: Massimo Pincapost TEATRO
24-25-26 Febbraio, ore 21 (turni A-B-C-D) ENFI TEATRO ALE & FRANZ “NATI SOTTO CONTRARIA STELLA - ROMEO & GIULIETTA” drammaturgia di Leo Muscato da William Shakespeare con Eugenio Allegri, Marco Gobetti, Marco Zannoni, Roberto Zanisi e la partecipazione straordinaria di Paolo Graziosi musiche di Dario Buccino scene e costumi di Carla Ricotti disegno luci di Alessandro Verazzi regia di LEO MUSCATO “I veri protagonisti del nostro spettacolo, non sono i personaggi dell’opera, ma sette vecchi comici girovaghi che si pre- sentano al pubblico per interpretare la dolorosa storia di Giulietta e del suo Romeo. Sanno bene che è una storia che già tutti conoscono, ma loro vogliono raccontarla osservando il più autentico spirito elisabettiano. Sono tutti uomini e ognuno di loro interpreta più personaggi, anche quelli femminili. Il fatto è che le buone intenzioni non si sposano con le loro effettive capacità (o modalità) di stare in scena. Rivali e complici allo stesso tempo, da un lato si rubano le battute, dall’altro si aiutano come meglio possono. Convinti di essere dei bravi attori, non si rendono conto che, quando sono in palcoscenico, non riescono neanche a dissimulare i loro rapporti personali fatti di invidie, ripicche, alleanze, riappacifica- 49 zioni. A volte, le intenzioni dei personaggi si confondono con le loro, provocando una serie di azioni e reazioni a catena che, in una dimensione meta-teatrale assolutamente involontaria, finiscono per massacrare la storia dell’esimio poeta! Presi singolarmente, sembrano avanzi di teatro; messi insieme, formano una compagnia tragica, involontariamente co- mica, quindi doppiamente tragica. Ma loro non lo sanno! Forse qualcuno lo immagina, ma preferisce non approfondire. Succede un miracolo però: nonostante tutto, la storia di Romeo e Giulietta vince su ogni cosa. In un modo o nell’altro, questi Comici riescono a raccontare la storia dei due giovani amanti, e arrivano a farlo anche se loro “giovani” non lo sono più da tanto tempo. E in un modo o nell’altro riescono pure a far commuovere. Forse perché dalla loro goffaggine traspare una verità che insinua un forte dubbio: quello che, in questa storia, più di chiunque altro, sono proprio loro quelli… Nati sotto contraria stella.” (Leo Muscato) Foto: Yasuko Kageyama TEATRO
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