Strumento o sogno Il messaggio pubblicitario dell'automobile in Europa e Usa 1888-1978 - AISA - Associazione Italiana per la Storia dell'Automobile

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Strumento o sogno
Il messaggio pubblicitario dell’automobile
       in Europa e Usa 1888-1978
      AISA - Associazione Italiana per la Storia dell’Automobile

                     MONOGRAFIA AISA 84
                                  1
Strumento o sogno
Il messaggio pubblicitario dell’automobile
       in Europa e Usa 1888-1978
              AISA - Associazione Italiana per la Storia dell’Automobile
                                          in collaborazione con
                   CMAE ·Club Milanese Automotoveicoli d’Epoca
                             Milano · Hotel Melia, 29 novembre 2008

             Testi di Aldo Zana

    2        Il sogno che non muore all’alba
             Lorenzo Boscarelli

    3        Pubblicità: di cosa stiamo parlando

    4        Automobile e Pubblicità: le strane gemelle

    7        Case history - Cadillac, il sogno americano

    8        Case history - Creatività, quanti delitti in tuo nome

    10       Case history - L’eterno femminino

    13       L’Europa tra le due guerre

    15       L’Italietta del Duce

    19       1945-1978 - Cambia il mondo

    23       Bibliografia selezionata

    La conferenza Aisa cui questa Monografia si riferisce, è stata completata dagli interventi
    di Maurizio Badiani, direttore creativo esecutivo di Expansion, già responsabile della pub-
    blicità Renault nella filiale italiana di Publicis, e di Enrico Portalupi. Il primo ha trattato
    il tema della pubblicità televisiva, commentando spot, impossibili da trasferire in pagine
    a stampa. Quanto presentato dal secondo è in gran parte contenuto in questo fascicolo.

                              MONOGRAFIA AISA 85

                                                   1
Il sogno che non muore all’alba
                                                                Lorenzo Boscarelli

T    utti abbiamo sognato qualche automobile! Per
     definizione lo hanno fatto gli appassionati, mille
e mille volte, ma anche tutti coloro che hanno potuto
                                                                                Come ha scritto Michele Rizzi, pubblicitario citato
                                                                                da Aldo Zana nel suo testo: “La pubblicità è l’arte di
                                                                                rende-re vere le cose semplicemente affermando che
immaginare di salirvi, al volante o come passeggeri.                            lo sono”.
Infatti, l’automobile è un simbolo di tante situazioni                          Quindi, sono la forza e l’abilità dell’affermazione che
esistenziali: ricchezza, dominio, bellezza, divertimen-                         fanno la differenza, mentre la sostanza dell’oggetto
to. Può interpretare una gamma estesissima di imma-                             che viene presentato è un dato complementare. Se
ginari individuali e collettivi.                                                questo è vero per un detersivo o un pannolino, per
Tutto questo si riscontra nei messaggi pubblicitari                             i quali non è facilissimo evocare sogni inebrianti, lo
dell’automobile, che con la loro evoluzione ci mostra-                          è tanto di più per un oggetto intrigante come l’auto-
no come siano mutati l’oggetto e i bisogni (concreti                            mobile.
o immaginari, spontanei o indotti, poco importa) che                            Guardando queste immagini pubblicitarie ci divertia-
quell’oggetto evoca ed è chiamato a soddisfare.                                 mo due volte: nell’osservarle come tali e nell’assapo-
Questa carrellata affascinante sulla pubblicità nell’au-                        rare la realizzazione delle promesse che ci fanno, cioè
tomobile, che ci intrattiene su quasi novant’anni di                            il possesso di un oggetto del desiderio e tutto ciò che
comunicazione e, spesso, di bellezza formale e intelli-                         possiamo vagheggiare ne derivi.
genza inventiva, è anche una parte della storia del se-                         Nella pubblicità infatti, al contrario di quel che diceva
co-lo passato, del modo in cui chi lo ha attraversato ha                        il titolo di un vecchio film, non capita mai che i sogni
nutrito aspirazioni, ha vissuto emozioni, ha, appunto,                          muoiano all’alba, perché il prossimo sogno è già pron-
sognato con l’automobile quale protagonista.                                    to a trascinarci verso nuove mete.

Lorenzo Boscarelli, presidente Aisa e studioso di storia dell’automobile.

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Pubblicità: di cosa stiamo parlando

L    o spunto per trattare questo tema è venuto dalla
     conferenza Aisa di Enrico Portalupi il 28 marzo
1992. Il suo è stato un lavoro pioneristico, basato su di
                                                                bilitare il mondo del commercio. Fa parte della più
                                                                grande opera di rigenerazione e redenzione dell’uma-
                                                                nità”. Certamente enfatiche, queste parole centravano
una ricerca documentale molto approfondita, se pure             la grande importanza che la pubblicità aveva nella so-
limitata al Corriere della Sera. Ha prodotto, oltre alla        cietà americana, la più affluente al mondo.
relazione pubblicata nella Monografia Aisa 14, un cor-          Già negli anni Dieci del secolo scorso: “Il lusso non
pus documentale di grande interesse e valore.                   è mai stato democratizzato così tanto e reso marca-
Portalupi aveva sviluppato il tema della pubblicità             ta-mente più visibile, così pubblico e così articolato
quale rappresentazione del progresso dell’automobile            come attraverso la pubblicità. ... L’apparenza del bene
nel periodo 1920-1940 e aveva, giustamente, parlato             era diventata importante quanto la funzione”.(1)
più di automobili che di pubblicità. Queste pagine,             Queste poche parole sintetizzano i temi portanti del
al contrario, si focalizzano sulla pubblicità: parlano          nostro discorso:
dell’automobile per mostrare come la pubblicità abbia           •  L’automobile è un “lusso” in quanto non indispen-
“venduto” questo prodotto e i valori a esso collegati.             sabile alla vita.
Intendono fornire una visione necessariamente sin-              •   La pubblicità l’ha resa uno strumento necessario,
tetica, certamente incompleta, di come, nel periodo                mirando ai singoli gruppi (se non i singoli individui)
considerato (1888-1978), l’automobile sia stata l’ar-              della società.
chetipo dell’evoluzione di aspirazioni, necessità, abi-         •  La pubblicità ha fatto del design una necessità e ha
tudini di persone, società e Paesi. In una prospettiva             sostenuto la segmentazione di prodotto e mercato.
temporale coerente con la definizione di auto storica,          Un bravo pubblicitario italiano, Michele Rizzi, ha ope-
queste pagine si fermano agli anni Settanta, la decade          rato nel 1987 una sintesi ancora più spinta: “La pub-
peggiore del secondo dopoguerra, quello della prima             blicità è l’arte di rendere vere le cose semplicemente
grande crisi del petrolio, che ha iniziato a mettere in         affermando che lo sono”.(2)
discussione l’automobile e il modello di vita e società         Nello stesso anno, Vittorio Ghidella, ingegnere, allo-
da essa generato e sostenuto.                                   ra alla guida di Fiat Auto, raccontava la sua visione
Quella decade ha anche portato il predominio della              dell’automobile: “È un cocktail di matematica e psi-
televisione quale supporto fondamentale della pubbli-           cologia collettiva, di progettazione e di feeling, cioè
cità: la stampa, fino allora praticamente unico mezzo           sensazioni”.(3)
di comunicazione, è stata confinata in un ruolo margi-          Parole d’oro, per di più pronunciate da un top mana-
nale, sussidiario alla televisione.                             ger industriale, forse l’ultimo che in Fiat ha avuto una
                                                                visione chiara e completa del fare e vendere automo-
Promesse mantenute. O no?                                       bili. Evidente il riconoscimento del peso della pubbli-
Dopo 120 anni di pubblicità, l’industria automobilisti-         cità e della comunicazione nel costruire il successo di
ca è entrata in una profonda crisi, che sta obbligando          marca e prodotto.
a ripensare l’intero concetto di autoveicolo e del suo
utilizzo quotidiano. Verrebbe quindi da chiedersi a
cosa siano serviti gli enormi investimenti in pubbli-
cità (che continuano) se il consumatore non compera
più e non sa nemmeno più che cosa sta acquistando.
Nonostante tutto, la pubblicità (come l’automobile) è
una delle colonne portanti del mondo moderno. Lo
aveva già scritto l’ignoto speechwriter del presidente
degli Stati Uniti Calvin Coolidge in un discorso da-
                                                                1. Schudson, Michael. Advertising: The Uneasy Persuasion. Its Dubious
vanti al Congresso nel maggio 1926, rivolgendosi a un           Impact on American Society. New York, Basic Books 1986.
gruppo di pubblicitari in visita: “La pubblicità agisce         2. Rizzi, Michele. La pubblicità è una cosa seria. Milano, Sperling
sul lato spirituale del commercio. È un grande potere           &Kupfer 1987.
... che vi dà la grande responsabilità di ispirare e no-        3. Intervista a Giorgio Bocca, La Repubblica, 27 giugno 1987.

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Automobile e Pubblicità: le strane gemelle

I   l 5 agosto 1888 è una delle tante date che si posso-
    no fissare per la “nascita” dell’automobile: è quella
del primo viaggio fuori porta (documentato) con un
                                                                La Winton Motor Carriage, uno dei 181 produttori
                                                                di automobili attivi negli Usa tra il 1893 (prima auto
                                                                pro-dotta da Charlese Frank Dureya a Springfield,
veicolo semovente.                                              Massachusetts) e il 1927 (anno in cui ben 136 di
Cäcilie Bertha Ringer, moglie di Karl Benz dal 1872,            questi produttori avevano già chiuso), sintetizzava il
prese i due figli Eugen, 15 anni, e Richard, 14 anni,           vantaggio competitivo sul Scientific American del 30
e uno dei primi tricicli a motore Modell 3 fabbricati           settembre 1899 con una headline(5) che è proprio uno
dal marito nella piccola officina di Mannheim e puntò           schiocco: “Basta con la frusta!” enfatizzato dal punto
verso Pforzheim, da sua madre. Ci arrivò, al termine            esclamativo finale. La Oakman Motor Vehicle, uno
di 90 km percorsi tra l’alba e il tramonto. Pochi gior-         dei tanti pionieri, nello stesso anno alzava il tono: non
ni dopo, ripartì con i figli verso Mannheim e tornò a           solo le sue auto-mobili non puzzavano (con evidente
casa: l’affidabilità del nuovo veicolo sulle lunghe di-         riferimento ai cavalli e ai loro scarichi biodegradabili,
stanze era dimostrata.                                          ma sgradevoli), ma erano anche “silenziose, attraenti,
Un altro elemento fondamentale di questa avventu-               semplici, economiche”. Soprattutto: “affidabili”.
ra fu la dimostrazione che l’automobile poteva essere           Proprio l’affidabilità fu il primo valore veicolato dalla
guidata da una donna: un fatto che divenne foriero di           pubblicità. Sull’affidabilità si costruì anche la reputa-
scelte e decisioni fondamentali per lo sviluppo dell’au-        zione del produttore, quella che nel gergo pubbli-
tomobile, della pubblicità e della società tutta.               citario, infarcito di termini americani (la pubblicità
Il 12 settembre dello stesso anno, Karl Benz portò il           l’hanno inventata loro), si chiama “brand value”, cioè
suo triciclo a motore a un’esposizione di arti e mestie-        valore della marca.
ri a Monaco e, il 22 e 23, lo mise a disposizione dei
futuri clienti per una prova su strada.                         Obiettivo: cliente
È comprovato da un ritaglio di un giornale locale, il           Nel 1902, la Oldsmobile iniziò la pubblicità della “Cur-
cui nome è stato dimenticato nei decenni, miracolosa-           ved Dash”, prima automobile prodotta in serie: 600
mente conservato nell’Archivio Storico Daimler-Benz.            esemplari nel 1901, 2.500 nel 1902, 4.000 nel 1903. Il
È la prima pubblicità, anzi il primo pubbliredaziona-           messaggio diventò più sofisticato: la body-copy(6) era
le(4) automobilistico della storia: dimostra che automo-        “tecnica” in quanto parlava di consumi e insisteva sui
bile e pubblicità sono nate assieme.                            vantaggi della silenziosità e dell’abolizione delle puzze
Mentre l’automobile intraprendeva il suo veloce svi-            animali. Il claim(7) era intrigante: “Pioniere degli auto-
luppo tecnico, le pubblicità di fine 19-esimo secolo si         veicoli a benzina nell’uso pratico di tutti i giorni”. La
trasformavano ancora più rapidamente.                           sua promessa(8) era forte in quanto offriva affidabilità
                                                                piena e senza pensieri.
Il vantaggio competitivo
Il primo messaggio della pubblicità americana at-
torno al 1900 è stato il vantaggio competitivo dell’au-         4. Pubbliredazionale. Pagina a pagamento di aspetto simile a quelle re-
tomobile rispetto al mezzo di trazione che dominava             dazionali con le quali vuole confondersi. Di solito, il testo è predominante
le strade di allora: il cavallo. La realtà americana po-        rispetto alle immagini.
                                                                5. Headline. In italiano, “titolo”, cioè la frase in testa al soggetto (di
trebbe sembrare arretrata rispetto a quella europea: il
                                                                solito, chiamato “inserzione”) pubblicitario. La regola vuole che sia l’ele-
paragone insistito con il cavallo faceva sembrare più           mento più visibile, assieme all’art.
primitiva anche la pubblicità, mentre in Europa si              6. Bodycopy. In italiano “testo”, cioè le parole presenti nell’inserzione
puntava già ai valori intrinseci e unici dell’automobile,       pubblicitaria, che spiegano e illustrano la “promessa” (vedi).
dimenticando quanto c’era stato prima.                          7. Claim. Solitamente alla base dell’inserzione o in chiusura della
In realtà, quei primi pubblicitari Usa stavano già par-         bodycopy, sintetizza la promessa (vedi) oppure caratterizza il prodotto
lando al potenziale acquirente del loro prodotto e lo           o la marca: in quest’ultima accezione, viene normalmente ripetuto anche
facevano con il suo linguaggio, partendo dalla base             per anni.
                                                                8. Promessa. Traduzione pedissequa dell’inglese “promise”: indica i
comune di conoscenza. Veniva così sanzionato il pas-            vantaggi per il consumatore che acquista un certo prodotto. Di solito, è
saggio definitivo dal cavallo al cavallo vapore.                evidenziata nel claim (vedi) o nella baseline (vedi).

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L’impostazione grafica era geniale: il profilo della vet-       Europa:
tura veniva inserito in un tondo (simbolo di perfezio-          belle automobili, brutta pubblicità
ne) che copriva le fronde di un albero. Veniva così             Intanto in Europa, dove l’automobile era stata inven-
rispettata la regola più elementare della pubblicità di         tata, nascevano riviste specializzate e la “réclame” era
prodotto: mostrare il prodotto da “vendere”. A fianco           tutta autoreferenziata: ciascuno proclamava la supe-
del claim, con un taglio audace e ancora oggi attuale,          riorità del proprio prodotto. Aziende quali Renault
era ripetuto il disegno del veicolo, guidato da una don-        e Peugeot avevano validi motivi per affermarlo e lo
na, con un’altra donna quale passeggero.                        scrivevano impunemente nella poca pubblicità che si
Iniziava qui la seconda fase dell’evoluzione della pub-         con-cedevano in quegli anni.
blicità: il focus dal prodotto-automobile si spostava al        Altri, come Marchand di Piacenza o Lanza, pioniere
cliente. Il messaggio subliminale della Oldsmobile era          di Torino, cercavano il cliente: non avevano gloria o
che se una donna sapeva guidare un’automobile, allo-            fascino da offrire, ma un autoveicolo onesto, robusto,
ra potevano farlo tutti: veniva esplicitato, con valore         forse anche affidabile. Nessun volo creativo: il mes-
promozionale, quanto Bertha e Karl Benz avevano già             saggio era ancora quello dell’imbonitore sulla pubbli-
fatto, ma non comunicato. Iniziava la segmentazione             ca piazza o del contatto fortuito, in cui si parlava del
del target(9), cioè la pubblicità non si limitava a dire        più e del meno e, magari, si vendevano automobili.
al cliente dove avrebbe potuto trovare un’autovettu-            Contrariamente all’America, in Europa l’automobile
ra, ma gli diceva dove trovare quella particolare au-           era più sviluppata della pubblicità, ancora balbettante.
tovettura e quali vantaggi e soddisfazioni ne avrebbe           Qualche cifra aiuta a comprendere differenze e tra-
ricavato.                                                       sformazioni. Nel 1903, metà delle auto circolanti in
La pubblicità della Columbia Automobiles nel 1901 si            tutto il mondo erano in Francia: 30.200. In Italia era-
distingueva per uno dei primi utilizzi del “testimonial”        no 1.300 e negli Usa 11.300.
in pubblicità: si tratta di citare un personaggio famoso        Undici anni dopo, alla vigilia della prima guerra mon-
quale prova della bontà del prodotto. In questo caso,           diale nel 1914, la Francia aveva rallentato vistosamen-
l’endorser (così si definisce in inglese questo tipo di         te la diffusione dell’automobile attestandosi a 45.000
personaggio) era la Regina Alessandra d’Inghilterra. La         unità. In Italia, le auto circolanti erano aumentate di
pubblicità riferiva che Sua Maestà: “si è espressa con          oltre 12 volte a circa 16.000 esemplari.
estrema soddisfazione nei confronti di questa vettura”.         Nel 1914, le strade degli Stati Uniti erano percorse da
La singolarità di citare una regina nell’America demo-          2.300.000 autovetture, senza contare i veicoli commer-
cratica e repubblicana era giustificata dalla presenza          ciali. L’esplosione dell’automobile negli Usa reggeva
commerciale di questa marca in Gran Bretagna e an-              su due pilastri: la pubblicità e la Ford T, presentata nel
che in Francia. La Columbia iniziò con le auto elettri-         1908 con un prezzo in rapida discesa grazie ai nuovi
che nel 1897 e chiuse nel 1910.                                 sistemi produttivi: da $ 950 nel 1908 a $ 450 nel 1916.
Henry Ford recepì subito questa trasformazione epo-             Il prezzo medio dell’automobile era sceso a $ 866 nel
cale. Nel 1903, anno di fondazione dell’azienda, as-            1913 da $ 2.129 nel 1908.
segnò al direttore commerciale James Couzens la re-
sponsabilità della pubblicità e un budget di $ 13.500.          Prodotto di massa
Non era molto, dato che una Model A si vendeva a $              ma a ciascuno la sua auto
2.000.                                                          Da prodotto di classe, l’automobile era diventata pro-
Couzens lavorò da subito con le agenzie di pubblici-            dotto di massa, ma di una massa segmentata (“tar-
tà di Charles H. Fuller e O. J. Mulford. Nel 1907, E.           gettizzata”, come dicono i pubblicitari), alla quale la
LeRoy Pellettier venne chiamato a dirigere il nuovo             pubblicità si rivolgeva con messaggi personalizzati
ufficio pubblicità Ford. Nasceva il primo claim, ripe-          sempre più mirati ed efficaci. Possiamo collocare al
tuto per anni: “Watch the Ford go by”. In America, la           1906 l’anno in cui la pubblicità americana entrò defi-
pubblicità si avvicinava a una precoce maggiore età,            nitivamente nell’età adulta.
l’automobile non ancora.                                        L’impostazione della pagina pubblicitaria diventò
Nel 1903, la Studebaker, allora a Indianapolis, dove            quella che ancora oggi è canonica: headline in cima
aveva iniziato a produrre carri da trasporto nel 1852,          alla pagina, art (cioè la parte con l’illustrazione) sopra
si poteva permettere di lanciare il claim: “Un’auto-
mobile con una reputazione dietro di sé”. Quell’au-
tomobile era elettrica e “quindi unisce la superiorità
                                                                9. Target. Il linguaggio della pubblicità ha preso molto dal gergo militare
costruttiva con la facilità operativa”. La baseline(10)
                                                                (per esempio, si parla di “campagna” pubblicitaria): con questa parola si
parlava diretta-mente alla pancia del cliente: “Può es-         indica il gruppo, più o meno omogeneo, di consumatori ai quali si rivolgo-
sere utilizzata in qualunque giorno dell’anno da qual-          no il prodotto e la sua pubblicità.
siasi membro della famiglia. Nessun pericolo. Nessun            10. Baseline. Quasi sinonimo di claim, ma – di solito – legato a headline
rumore. Nessuna preoccupazione”.                                e promessa e valido solo per quella determinata inserzione o campagna.

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la bodycopy, claim, baseline e indirizzi al piede. Il rap-        Emissioni Zero, la USP sommersa
porto tra art e bodycopy è la sezione aurea.                      Fino al 1914, le energie alternative per la propulsione
Già nel primo decennio del secolo, la pubblicità ame-             delle automobili erano la normalità: le quote di merca-
ricana produsse soggetti affascinanti nel trattamen-              to dei veicoli elettrici e a vapore, cioè a emissioni zero,
to grafico, particolarmente efficaci nel messaggio                non erano affatto perdenti rispetto a quelli a benzi-
subliminale in aggiunta a quello esplicito del testo.             na. Il vapore aveva ancora molto da dire: la White di
Il mercato Usa era unico al mondo, impensabile da                 Cleveland, Ohio, la raccontava tutta in bodycopy sac-
trapiantare in Europa, nonostante la cosiddetta Belle             centi, intrise di linguaggio aulico che, però, finivano
Epoque: numerosità e segmentazione del target, rivi-              piattamente con l’indicazione del prezzo. La parola
ste illustrate a colori, diecine di migliaia di quotidiani        “Steamer” per indicare il veicolo a vapore richiamava
e periodici locali con grande influenza. La pubblicità            immagini di navi di ferro, massicce e lente. Alla fine
della marca poteva essere affiancata e amplificata da             degli anni Dieci, c’erano ben altre automobili europee,
quella dei dealer, cioè i venditori presenti nelle diverse        in vendita anche negli Stati Uniti, che potevano più
località, a contatto con il cliente. I dealer evidenziava-        correttamente appropriarsi l’headline di: “Auto più di
no gli elementi più concreti della decisione di acquisto          lusso sul mercato”.
e della trattativa commerciale: prezzo, servizio, pros-           Un altro produttore di breve vita, Boston Automobile
simità, credibilità del venditore. Il produttore si riser-        di Bar Harbor, Massachusetts, non dimostrò grande
vava il presidio del valore della marca e della tecnica           creatività nella pubblicità delle sue auto a vapore. Nel
insita nel prodotto.                                              1899, lanciò su Scientific American il modello “Stan-
Art e bodycopy su scambiavano il ruolo da protagoni-              dard” magnificando le doti di semplicità ed eleganza,
sta nel comunicare il messaggio al target giusto.                 come facevano tutti. In realtà, su quest’ultimo punto
Nel segmento superiore del mercato dominavano le                  ci sarebbe parecchio da discutere.
“Tre P”: Packard, Peerless, Pierce-Arrow: erano in                Le auto elettriche avevano il loro punto di forza nella
competizione anche nella raffinatezza, distinzione,               semplicità di avviamento e guida, caratteristiche vin-
unicità della loro comunicazione pubblicitaria.                   centi con il target femminile. Un esempio è fornito
Però, nonostante l’eccellenza di prodotto e pubblicità,           da una bella campagna multisoggetto della Baker nel
solo la prima è sopravvissuta agli anni Venti per poi             1916. Però, nonostante la pubblicità sulle riviste più
entrare in crisi alla fine degli anni Quaranta, tentare un        sofisticate, l’azienda chiuse proprio quell’anno.
rilancio attraverso il merger con la Studebaker e chiu-           Un secolo fa, non esistevano nemmeno le parole per
dere definitivamente nel 1958. La Peerless nel 1931               esprimere concetti quali emissioni zero, inquinamen-
convertì gli impianti alla produzione di una delle birre          to, sostenibilità ambientale: per questo le USP(11) del-
più famose: la Carling Black Label. La Pierce-Arrow               la pubblicità per le auto a vapore ed elettriche hanno
venne assorbita dalla Studebaker nel 1928.                        dovuto aspettare fino a oggi. E non è detto che sa-
Con la Ford T nacque, negli anni Dieci, l’industria de-           ranno vincenti, tanto più che vengono spinte da una
gli accessori per personalizzare un’auto uguale a milio-          comunicazione quasi sempre soprattono, senza ragio-
ni di altre. L’offerta era enorme, di tutti i prezzi:l a F.       namenti corretti sulla vera dimensione dell’impronta
H. Lawson Company di Cincinnati, Ohio, comunica-                  energetica totale.
va il messaggio già nell’headline: “Nascondi la Ford”.
La Nathan Novelty Manufacturing Co. di NewYork
City offriva un’ampia gamma di accessori in tela per
sedili e tappetini. C’erano anche una culla da appen-
dere e una borsa per gli attrezzi: tutto coordinato. Lo
stile dell’inserzione era quello tipico dei cataloghi del-
le vendite per corrispondenza, uno strumento che ha
fatto grande il commercio negli Usa. Nella stessa de-
cade, abbreviata dal paio d’anni di guerra anche per gli
Usa, automobili e pubblicità seguirono percorsi paral-
leli di rapida evoluzione. In dieci anni, la Oldsmobile
passò dalla Curved Dash alla Defender del 1912, da
un trabiccolo di legno a una vera automobile come
verrà intesa per molti anni a seguire. La Defender era
posizionata in un segmento di mercato più basso di
quello tradizionale della marca. Le preoccupazioni del            11. USP-Unique Selling Proposition. Concetto codificato dalla pubbli-
management e del marketing appaiono evidenti già                  cità degli anni Trenta per indicare le caratteristiche e le prestazioni del
nella headline e sono ripetute nella bodycopy. Il nome            prodotto che lo rendono unico rispetto alla concorrenza e, per questo, da
stesso è negativo: chi si difende, non conquista.                 acquistare.

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Case history
                       Cadillac: il sogno americano

Q     uella che è stata la marca con il posizionamento
      più elevato nella storia dell’automobile ha avu-
to origini modeste. Fondata nel 1899 a Detroit, passò
                                                                utilizzano messaggi grafici astratti o di valore univer-
                                                                sale: l’automobile marcata Cadillac, invece, diventava
                                                                il contenitore di tutti i valori di qualità, era la sintesi
brevemente a Henry Ford nel 1901 e a Henry Leland               del raggiungimento delle aspirazioni più elevate, era
nel 1902, un produttore di utensileria industriale.             il simbolo del piacere e dell’appagamento.
Auto inizialmente di nessun fascino particolare, le             Negli anni Cinquanta, le ambientazioni delle pagine
Cadillac iniziarono a distinguersi nel 1905 con il pri-         pubblicitarie si facevano più astratte, ma sempre più
mo modello con motore 4 cilindri. Visto il know-                potenti nel passare il messaggio del massimo del me-
how del proprietario, furono le prime a utilizzare              glio. Il logo veniva presentato come un gioiello tem-
lavorazioni di estrema precisione, che permettevano             pestato di diamanti. Le persone erano coppie ricche,
di scambiare i pezzi tra esemplari diversi dello stesso         felici, vestite da gran sera.
modello: allora, era una caratteristica rivoluzionaria.         Il meglio di questo linguaggio si trova nel soggetto
Nel 1908, William Durant (una delle figure più im-              per l’inverno 1955: un capolavoro di sintesi ed emo-
portanti nella storia dell’automobile, fondatore del-           zione.
la General Motors), acquistò la Cadillac e ne fece la           Davanti all’albero di Natale, un lui in smoking da
marca aspirazionale del gruppo, al top di una gamma             gransera, che assomiglia a Cary Grant, offre alla sua
che rispondeva a tutte le esigenze del mercato.                 lei, una Marilyn Monroe angelicata, le chiavi della
Nel 1915, venne montato sulle Cadillac il primo mo-             nuova Cadillac, ovviamente in un cofanetto porta-
tore V-8 commerciale al mondo. Negli anni Venti,                gioielli. Nella parte inferiore della pagina, splende
iniziò la politica di marketing del “Model Year”, cioè          una Cadillac allungata e pinnata, in attesa davanti alla
del modello nuovo o rinnovato ogni anno. La marca               porta di casa. Headline, bodycopy, claim, brand sono
fu anche una delle prime, in ambito GM, a essere cu-            concentrati in sei parole (in inglese) che suonano: “Il
rata nel design da Harley Earl, l’inventore dello stile         Natale che non dimenticheranno mai! Cadillac”.
e del design automobilistico.                                   Con gli anni Sessanta, l’obiettivo venne raggiunto:
La Cadillac sopravvisse agli anni Trenta con un posi-           Cadillac non aveva più bisogno di paragoni superla-
zionamento sempre più elevato e veicoli di grandis-             tivi o ambientazioni affascinanti. Era auto-referen-
sima qualità, tra i quali la serie con il motore V-16,          ziata come il meglio assoluto.
un capolavoro di meccanica. I volumi di produzione,             Una pubblicità del 1962 esplicitava questo concet-
però, erano diventati minimali.                                 to: “Oggi, di ogni oggetto di massima qualità si dice
Passata la seconda guerra mondiale, la Cadillac lan-            che è una Cadillac”. Chi comperava una Cadillac non
ciò nei modelli 1948 il segno stilistico delle pinne al         acquistava solo un’automobile, ma uno stile di vita
termine dei parafanghi posteriori. In breve, diventa-           e uno status sociale. Ovviamente al top per distin-
rono lo stilema inconfondibile della marca e crearo-            guersi da tutti.
no una moda destinata a durare un quarto di secolo.             Questa storia di successo, costruita in 40 anni
La pubblicità iniziò negli anni Trenta a costruire le           conprodotti eccellenti e una comunicazione sublime,
fondamenta del mito Cadillac. Era basata su illustra-           iniziò ad andare in crisi alla fine degli anni Settanta:
zioni di grande qualità, con forte capacità di emo-             cambiava la società, cambiava l’automobile. Il con-
zionare: il disegno “tirava” le forme in lunghezza a            cetto Cadillac venne progressivamente emarginato
sottolinearne l’armonia, nonostante le grandi dimen-            dalla nuova realtà sociale e di mercato. È comunque
sioni dell’auto.                                                merito della pubblicità avere costruito un valore di
La bodycopy si restringeva per lasciare spazio all’il-          brand così elevato che Cadillac resiste ancora, nono-
lustrazione.                                                    stante un prodotto banalizzato. Ed è ben triste per
Unica, nell’evoluzione del messaggio pubblicitario,             un simile marchio ritrovarsi a fine 2008 a essere pro-
era la presenza preponderante del prodotto (l’auto-             mosso quale vincitore di un oscuro trofeo per l’auto
mobile) nell’art. Di solito, nella pubblicità di brand si       usata che conserva il più alto valore.

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Case history
            Creatività, quanti delitti in tuo nome

L     a lista delle pubblicità sbagliate nel tono di voce,
      nel messaggio, nell’art, fuori target, incompren-
sibili, gratuite, brutte, ingiustificate, irritanti è lunga
                                                                  “Dal vecchio ceppo la nuovissima gemma” recita la
                                                                  bodycopy, persino ridicola nella sua banalità. Questo
                                                                  trattamento ginecologico di un pezzo di metallo ri-
quanto quella della pubblicità buona, ben mirata, in-             sulta urtante.
telligente, gradevole, efficace.                                  Forse, il creativo avrà invece pensato che se Venere
Il giudizio sulla singola inserzione varia anche con la           era nata dal mare, vergine e nuda, radiosa nella sua
cultura dei tempi e, a posteriori, diventa facile boc-            bellezza botticelliana, una grande Itala poteva ben
ciare quasi tutto. Ma ci sono brutture che tali riman-            farlo violando, nudo chassis, un solido tronco morto.
gono nei secoli: figlie di un certo momento storico,              La OM, che pure negli anni Venti ci ha lasciato pub-
sociale, culturale e di mercato o frutto di una creati-           blicità intelligenti, usò Mercurio quale testimonial:
vità irreparabilmente deviante.                                   dio alato e quindi veloce, ma, soprattutto, dio dei
Alla prima categoria appartiene una delle tante pagi-             ladri. Si vede che a Brescia se l’erano dimenticati.
ne pubblicitarie che la Daimler-Benz, come tutte le               Ancora peggiore, nei primi anni Trenta, la rappre-
altre grandi imprese tedesche, era costretta a pubbli-            sentazione grafica di una headline della Magneti Ma-
care sui fogli del partito nazista. L’idea creativa, l’uo-        relli(12): “Ficcatevelo bene in testa”. Il cranio di uno
mo e la sua opera, era politicamente corretta ed era              sventurato con lineamenti lombrosiani si trova sulla
geniale l’utilizzo della stella Mercedes quale volante            traiettoria di un martello, mosso da forze divine, che
per guidare verso traguardi superiori e dominanti                 gli conficca un chiodone nell’occipite. Una simile
grazie a “Wille und Tat”, volontà e azione.                       oscenità avrebbe dovuto convincere automobilisti
Il risultato, oggi, ci appare agghiacciante e dimostra            riottosi a utilizzare accessori dell’azienda sotto la mi-
il totale asservimento dell’azienda al regime nazista,            naccia della body-copy: “La vostra auto non sarà mai
come effettivamente fu.                                           perfetta senza Magneti Marelli”.
Al genere diametralmente opposto dell’allegra follia              In quegli stessi anni, i gestori della reclame allaMa-
creativa appartiene la pubblicità della Renault 4CV,              gneti Marelli soffrivano probabilmente di una qual-
l’utilitaria a motore posteriore che ridiede le ruote ai          che turba mentale perché hanno prodotto quello che
francesi dopo la seconda guerra mondiale. A metà                  può essere considerato il soggetto pubblicitario più
anni Cinquanta, quel modello era in fase declinan-                tragicamente sbagliato incontrato nella ricerca per
te e Renault, sempre innovativa nel messaggio pub-                questa pubblicazione.
blicitario, investì nel rilancio delle vendite lasciando          L’art illustra una giovane popputa nel costume cio-
mano libera ai creativi e sdoganandone il risultato,              ciaro di un secolo prima, quale già allora si vedeva
qualunque esso fosse.                                             soltanto nelle cartoline antropologiche: mani sui
Ecco che la denominazione fiscale “quatre chevaux”                fianchi in modo più volgare che ammiccante, bocca
fornì lo spunto per mettere quattro cavalli in poltro-            aperta. Sullo sfondo, due paesini arroccati in cima ai
na, comodi e caldi come se fossero a bordo dell’auto.             colli per sfuggire ai barbari e alla malaria. Questa im-
Geniale, nella sua simpatica ambiguità, la baseline:              magine, che tutto convoglia meno della sensazione di
“Les 4 chevaux sont confortables”. Possiamo così                  modernità, serviva a promuovere la tromba elettrica.
perdonare la rappresentazione del riscaldamento                   La bodycopy, che inglobava l’headline, era il frutto
della 4CV con una lingua di fuoco che dal moto-                   dell’asservimento al “compra italiano” voluto dal re-
re scorre sotto i sedili: immediato il legame con la              gime fascista, della decisione di risparmiare creando
fiamma del caminetto davanti al quale sono seduti in              una pubblicità contemporaneamente di brand e pro-
relax i quattro cavalli, ma non certo rassicurante per            dotto, dell’intervento di un comitato o di un padrone
gli umani utenti della vettura.
Per apprezzare i misfatti creativi bisogna conosce-
re la lingua: un sovracampionamento di brutture
realizzate in Italia è quindi giustificabile. L’Itala, nel        12. Questa opera ha considerato solo la pubblicità delle automobili, tra-
1926, presentò un telaio espulso dai resti di quello              lasciando veicoli commerciali, glorie sportive, accessori. La citazione della
che fu un grande albero per puntare verso il cielo.               pubblicità Magneti Marelli è giustificata dall’eccezionalità degli esempi.

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che deve aver castrato la proposta di un qualche cre-
ativo già un po’ “fuori” di suo. Leggiamo: “Il suono
melodioso e potente della Tromba Elettrica “Marel-
li” si spande nell’aria come la voce affascinante che
sgorga dalla gola calda di una bella italiana che canta
al sole”. Per rappresentare l’Italia oleografica manca-
va solo il mandolino. O che, invece, le associazioni
“donna-tromba” e “gola-calda” celassero qualche
doppio senso inconfessabile?

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Case history
                                  L’eterno femminino

E’      dai tempi che Bertha (Benz) guidava il triciclo a
        motore del marito che la donna è protagonista
della pubblicità dell’automobile. E il 14 febbraio 1926
                                                                 poca, ma indossano anche vestagliette multicolori. Il
                                                                 copy non contiene nessun richiamo all’art. La baseline
                                                                 è impegnativa: “Quando verranno costruite auto mi-
l’automobile stessa, in Italia, è diventata femmina,             gliori... Buick le costruirà”. Il claim non lascia dubbi:
dopo essere stata di sesso ambiguo per i suoi primi              “Buick, la migliore”.
40 anni.                                                         La pubblicità presentava tutto un fiorire di giovani
Lo stabilì Gabriele D’Annunzio in una lettera al se-             donne sempre più sofisticate: non erano solamente
natore Giovanni Agnelli per ringraziarlo del dono                strumentali al messaggio, ma anche rappresentazio-
(pesantemente sollecitato) di un’auto Fiat: “... La              ne di potenziali acquirenti. La donna era diventata il
sua macchina mi fa risolvere la questione del sesso              soggetto-oggetto della pubblicità dell’automobile.
già dibattuta. L’automobile è femminile. Questa ha la            La sintesi migliore si trova in una pubblicità della
grazia, la snellezza, la vivacità di una seduttrice; ha,         Mercedes-Benz, che pure non aveva mai brillato per
inoltre, una virtù ignota alle donne: la perfetta obbe-          levità di messaggi e prodotti: nel 1929, una splendida
dienza. Ma, per contro, delle donne ha la disinvolta             illustrazione dell’Atelier Hans Neumann presentò una
levità nel superare ogni scabrezza. ...”                         bella signora drappeggiata in un abito seducente ed
Donna e automobile sono accoppiate per sempre nel-               elegante, che sognava a occhi aperti guardando il cielo
la pubblicità attraverso messaggi che sintetizzano la            notturno sulla balconata di quella che appare una villa
moda e lo spirito dei tempi, la cultura e il posiziona-          patrizia nella quale è in corso una festa. Lassù, tra una
mento del brand, il valore del prodotto, il target.              miriade di astri, brillava la stella più luminosa di tutte.
La prima pin-up della pubblicità automobilistica può             Manco a dirlo, era a tre punte bordate da un cerchio: il
essere la dama in nero, gonne fino a terra, che presen-          logo Mercedes. Il testo, come nelle pubblicità-capola-
tava l’ultimo modello della Jewel nel 1907. La marca si          voro, è minimale: “La stella del suo desiderio”. La ba-
prestava a un facile gioco di significati, ben sfruttato         seline, sotto la piccola icona di un coupé della marca,
nell’headline: solo una donna poteva essere soave e              era altrettanto essenziale: “Mercedes-Benz”.
credibile nel dire: “È qui ed è un gioiello”. La body-           Questa immagine delicata e intrigante, oltretutto poco
copy, molto tecnica, era invece noiosa fino all’elenca-          allineata a quel periodo tormentato nella storia della
zione di ogni accessorio e del prezzo.                           Germania, è stata pubblicata sulla retrocopertina del
Dell’Oldsmobile 1902 si è già parlato. Va notato come,           periodico “Das Motor”, che, in quella posizione, of-
fino al 1914, la donna venisse abitualmente rappresen-           friva il colore agli inserzionisti.
tata quale gran dama, endorser(13) e soggetto di grandi          Più famosa e anche meno ortodossa è la pagina del-
automobili. L’emancipazione femminile seguita alla               la “Ragazza in rosso”, pensata più come poster che
prima guerra mondiale portò alla ribalta una donna               inserzione pubblicitaria da Cucuel e Offelsmeyer nel
più giovane, disinvolta, vestita alla moda, non necessa-         1928.
riamente da gran sera. Oggi, la moda degli anni Venti            L’equilibrio verticale del disegno è perfetto e mette in
ci sembra mortificare il corpo femminile ma, allora,             risalto i due elementi che lo compongono: la ragaz-
certe gonne sformate, costumi da bagno simili a mute             za in tuta rossa (con i pantaloni!) e stella Mercedes
da grandi profondità, calottine che uccidevano ogni              sul petto e la Typ-S il cui frontale compariva dietro il
capigliatura, apparivano il massimo del sexy. Lo dimo-           muro cui si appoggiava la ragazza ammiccante. Il testo
stra una bella pagina della Benz, apparsa, tradotta, in          era ridotto a una sola parola composta: “Mercedes-
più Paesi, nelle quali l’automobile è ridotta a un mo-           Benz” e tanto bastava.
dellone abbracciato teneramente da una giovanissima              Forse, la sublimazione dell’accoppiamento donna-
e bella ragazza.
Qualche timido tentativo di scoprire un po’ di epider-
mide si nota persino nei puritani Stati Uniti: un sog-
getto della campagna Buick 1926-1927 presenta due                13. L’endorser è chi presta il suo nome o il suo status sociale esemplifica-
ragazze sull’orlo di una piscina bordata di rosa. Non            tivo per affermare il valore di un prodotto. Rispetto al testimonial (vedi),
solo hanno i costumi da bagno supercoprenti dell’e-              l’endorser si riferisce esplicitamente al prodotto presentato dalla pubblicità.

                                                            10
automobile si trova in un soggetto della campagna                 Tra la fine degli anni Venti e i primi anni Trenta, Gino
Duesenberg 1934-1935, quando l’azienda era vicina                 Pestelli produsse anche pagine pubbliredazionali pub-
alla chiusura. Erano gli anni peggiori della Depressio-           blicate settimanalmente sul Corriere della Sera. Il ti-
ne e la proposta commerciale Duesenberg era ormai                 tolo era banale: “La pagina della Fiat”, ma i contenuti
incongruente con i tempi.                                         e l’impaginazione erano intelligenti, convincenti, inte-
L’impostazione della pubblicità è audace: nessun ac-              ressanti. La pagina spiccava nel grigiore del giornale e
cenno all’automobile e al marchio, ma solo una he-                nel piattume di notizie selezionate dalla censura, com-
adline-claim che recita: “Lei guida una Duesenberg”.              pilate da pennivendoli normalizzati e omologati.
L’illustrazione di Paul Gerding presenta una signora              Queste pagine Fiat, per il valore di grafica e contenuti,
elegantissima e bellissima (molto somigliante all’at-             meriterebbero uno studio approfondito.
trice Carole Lombard) che guarda lontano, sognando                Accanto a listini prezzi e titoli roboanti, filtravano
nel palco di un teatro mentre sul retro sfumano due               pezzi e illustrazioni intriganti: il 9 giugno 1929, Du-
gentiluomini.                                                     dovich illustrò uno strano testo intitolato “Lanciatrice
                                                                  d’auto”. Il discorso la prendeva alla lontana, ma poi
Gino Pestelli                                                     arrivava al messaggio chiave: “Chi paga l’automobile
la total communication Fiat                                       è generalmente un uomo, ma chi la vuole e la sceglie
Persino il regime fascista, maschio e corrusco, abdicò            è quasi sempre una donna. E’ alle signore e signorine
alla presenza femminile nella pubblicità dell’automo-             che la vettura deve innanzitutto piacere; ed è per pia-
bile. Si deve alla professionalità e al coraggio di Gino          cere alle signore che l’automobile muta forma e colo-
Pestelli, ottimo giornalista, condirettore della Stampa,          re, crea la linea, si arricchisce di accessori confortevoli,
iniziatore dell’Ufficio Stampa e Pubblicità della Fiat            rinnova a ogni stagione la sua toilette”. Forse, questo
nel 1929, tutta una serie di smarcamenti dall’autocen-            testo, felice sintesi della complessa identità donna-
sura e dall’ortodossia della comunicazione asservita              automobile, è di Massimo Bontempelli (1878-1960),
alle veline del Minculpop (Ministero della Cultur Po-             scrittore importante, capace di innovare e uscire dagli
polare), che stabiliva a priori cosa e come comunicare.           schemi. In quegli anni, fu chiamato da Pestelli a scri-
Con Pestelli collaborò, fin dagli inizi, Maria Rubiolo,           vere articoli e libri dedicati alle auto Fiat: “arte ap-
la mitica “Tota Maria” che fu la mamma e la corruttri-            plicata” la chiamavano allora. Oggi, ci appare come
ce di un paio di generazioni di giornalisti dell’automo-          un programma antesignano di quella che si definisce
bile, quando dominò con guanto di velluto in mano di              “total communications”, cioè utilizzo coordinato e
ferro l’Ufficio Stampa Fiat.                                      combinato di supporti e strumenti diversi e sinergici
Grandi illustratori quali Marcello Dudovich e Pino Co-            per promuovere un prodotto.
dognato prestarono la loro arte a pagine pubblicitarie in
cui la presenza femminile era un po’ forzata, ma funzio-          Anni Quaranta: la nuova donna
nale al prodotto da promuovere. Allora, la condizione             Nel 1946, in America, comparve un nuovo archetipo
femminile in Italia era subalterna e la donna ghettizzata         della simbiosi donna-automobile: la casalinga, giova-
nella funzione della riproduzione. Ci appare oggi au-             ne madre di famiglia, emancipata tanto da guidare la
dace l’immagine della ragazza con il fez che sventola             propria auto, ma completamente stupida quando si
(controvento) il tricolore senza stemma nella pubblicità          arriva-va alla tecnica. Era il cliente perfetto: beveva
di lancio della Fiat Ardita, 1933, un nome macho e fa-            tutto quanto le veniva propinato dalla pubblicità e dai
scista. L’automobile non c’è, sublimata in un volante             venditori che le erano più vicini.
e un segno di carboncino. L’headline, nella versione al           Il messaggio era comunque raffinato e intelligente, a
tratto per i quotidiani, è fulminante, se pure con un for-        dimostrazione della piena maturità raggiunta dai pub-
te sapore di regime: “Ardita esce e conquista”. Anche la          blicitari americani. Una pagina della Ford nel 1946 ne
ragazza potrebbe chiamarsi Ardita e il suo sventolare la          fornisce un esempio. Il trattamento di art e copy è leg-
bandiera ci fa pensare a una sicura conquistatrice.               gero, quasi fumettistico. Suscita attenzione e simpatia.
Dudovich, nel 1934, realizzò il suo più celebre mani-             E poi, la giovane casalinga-target è chiamata niente-
festo per il lancio della Balilla e ne firmò anche una            meno che Mrs. America, signora America. È la stes-
versione al tratto, utilizzata sui quotidiani. Il claim           sa donna che, per 5 anni, ha lavorato in fabbrica, si
“Eleganza della signora”, nulla ha a che vedere con il            è arruolata nelle Ausiliarie, ha atteso il ritorno degli
prodotto e il messaggio, ma giustifica quella figuretta           uomini dalla guerra. Adesso, forte della sua indipen-
svelta ed elegante, che sembra andarsene per la sua               denza non più coatta, vuole restare libera e ampliare il
strada incurante della nuova Balilla che le sta a fianco.         proprio orizzonte: l’automobile è uno degli strumenti
Si dice che Dudovich avesse disegnato una gamba un                base per realizzare queste aspirazioni.
po’ troppo scoperta da un malizioso colpo di vento,               Non aveva importanza che l’auto offerta fosse un
poi censurata dalla Fiat: il segno del drappeggio sem-            modello del 1940 in quanto non c’era ancora stato il
bra confermarlo.                                                  tempo per riconvertire gli stabilimenti alle automobili,

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dopo cinque anni dedicati alle produzioni belliche.             giori interpreti e continua con pesanti sconfinamenti
Alla signora America interessava come utilizzare la             nel cattivo gusto. Qualche rara eccezione appare sor-
sua Ford, non se fosse innovativa o riciclata. Non              prendente: un esempio è una pagina Maserati degli
voleva nemmeno sapere che cosa la facesse muovere               anni Settanta, bella come un quadro. Una signora mo-
e perché. Comparve un claim destinato a fare molta              derna, ma con metà viso coperto da una veletta nera
strada e spingere l’acquisto di milioni di Ford: “The-          un po’ demodé, che la rende sexy e misteriosa, guar-
re’s a Ford in your future”.                                    dava il lettore mentre la parte inferiore della pagina
                                                                astraeva la Maserati nel solo marchio del tridente.
Banale, volgare, talvolta bella                                 Una prova di come l’eterno femminino venga svilla-
Da allora, la presenza femminile nella pubblicità si ba-        neggiato in Italia senza nemmeno la leggerezza dell’i-
nalizza. Per uscire dalla routine, i pubblicitari hanno         ronia, può essere fornita da due pagine della BMW
seguito lo spirito dei tempi e cavalcato la progressiva         Italia comparse sulla Repubblica il 16 e 18 febbraio
liberalizzazione dei costumi, sguazzando nell’inarre-           2005, ben oltre il limite temporale di questo docu-
stabile stimolo a scoprire sempre più epidermide. La            mento. L’automobile era citata solo in una brochure
casalinga emancipata ha lasciato la scena a bambole             che copriva il viso di chi, tra lui e lei, stava sotto. L’am-
aggressive, provocanti, anche volgari, che relegano             bientazione era il letto sfatto di un qualsiasi motel a
l’automobile al ruolo di comprimaria.                           ore, l’headline greve e banale come tutto il resto: “The
È una situazione ben nota, che in Italia ha avuto i peg-        ultimate attraction”.

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L’Europa tra le due guerre

I  l ventennio tra le due guerre del secolo scorso va
   inquadrato, ai fini del nostro tema, con qualche
statistica su produzione e parco circolante. Nel 1937,
                                                                 le commesse belliche. Una simile riconversione non
                                                                 poteva che fallire, visti i presupposti.
                                                                 In Germania, la sola Daimler-Benz ha saputo racco-
in Italia circolavano 271.200 automobili;1.720.000               gliere e valorizzare una buona documentazione sulla
in Francia; 1.100.000 in Germania (ma questo dato                pubblicità, mentre sono andati in gran parte distrutti
comprende anche i veicoli commerciali); 1.834.000 in             gli archivi delle altre marche (Opel, Ford, Auto-Union)
Gran Bretagna(14). Negli Usa, due anni dopo (1939)               e le raccolte complete delle pubblicazioni motoristi-
circolavano 31.010.000 veicoli, di cui 26,2 milioni au-          che di quegli anni. La pubblicità Mercedes presentava
tomobili.                                                        picchi di innovazione e creatività, come già riportato
Una grande marca quale Alfa Romeo produceva po-                  nel capitolo dedicato all’eterno femminino. La base
che diecine di automobili; la Mercedes-Benz nel 1937             era però pesante come le sue automobili. Con un mar-
raggiunse il suo massimo produttivo a 25.895 unità,              chio già famoso appare incomprensibile l’investimen-
circa il 9% della produzione totale tedesca.                     to pubblicitario per auto prodotte in quantità mini-
Gli investimenti pubblicitari in Europa, di conseguen-           mali, rivolte a una clientela essenzialmente straniera.
za, non potevano essere particolarmente importanti,              Una campagna, caratterizzata dalle lettere dell’alfabe-
al contrario degli Stati Uniti. La Francia spiccava al-          to, venne dedicata, nel 1930, alle auto più esclusive
lora sulla scena europea grazie all’acume di marketing           della marca: il Tipo S e le sue versioni SS e SSK. In
di André Citroën (1878-1935), che riuscì a portare al            otto anni, tra il 1926 e il 1934 ne vennero prodotti
top la sua marca grazie alla qualità e all’innovazione           379 esemplari, quasi tutti esportati. L’impostazione
costante del prodotto, ma anche attraverso una co-               di queste pagine era moderna, di scuola americana,
municazione ben più avanti dei tempi e di qualsiasi              pur non rispettando la regola della sezione aurea tra
concorrente.                                                     art e copy. Geniale il legame visivo tra headline, che
Il suo obiettivo di marketing, attraverso la comunica-           cambiava con ogni lettera dell’alfabeto, e la baseline,
zione, era semplice: fare entrare il marchio (e le auto)         altrettanto evidente, che era sempre Mercedes-Benz.
Citroën nel Dna del mercato, rivolgendosi ai clienti             Il brand appariva attraverso la stella atre punte, ormai
potenziali fin da piccoli. Quando lanciò la linea degli          icona consolidata.
splendidi Jouéts Citroën (modelli in scala ridotta, in           Altrettanto improbabile il prodotto, ma ancora più
lamierino) il suo razionale fu che le prime tre parole di        bella la pubblicità del 1931 in cui un’immensa Merce-
ogni bambino fossero: “Papa, Maman, Citroën”.                    des scoperta è disegnata sullo sfondo di rami in fiore
Nel 1926, le Citroën in circolazione in Francia erano            ed edifici in stile mediterraneo. Non compare nessuna
circa un terzo del totale. André spostò il focus della           figura femminile. Il testo è ridotto al minimo, sempli-
pubblicità sul marchio: il “Double Chevron” si im-               ce sostegno del disegno: “In primavera con una Mer-
pose da solo, senza magnificare il prodotto. Nel frat-           cedes”. È innegabile che il messaggio passava.
tempo (1922), la Farman ci ha tramandato un esem-                L’altro grande produttore europeo, la Gran Bretagna,
pio da manuale di pubblicità autoreferenziata, cioè              raggiunse il massimo volume produttivo a 305.000 au-
condizionata dall’approccio che viene chiamato, in               tomobili nel 1939. Il prodotto era a misura dei clienti
managerese, “inside out”(15). Farman aveva una certa             nazionali, tecnicamente più arretrato rispetto ai con-
automobile da vendere, costruita come piaceva all’a-             correnti del continente. La pubblicità, invece, recepi-
zienda, e la imponeva al cliente potenziale: prendere o
lasciare. Non solo, basava credibilità e immagine sulle
glorie del passato: era stato il più grande costruttore
di aeroplani durante la prima guerra mondiale dopo               14. Lorenzo Boscarelli: Progressi della motorizzazione e società italiana.
essere stato un pioniere del volo. Ma di queste glorie           Monografia Aisa 58, 7 giugno 2003.
al cliente non interessava nulla.                                15. Il contrario dell’approccio “inside out” si definisce “outside in” e si-
L’automobile, imponente e troppo costosa, era dise-              gnifica, in sintesi, produrre ciò che vuole il mercato. Quest’ultimo approc-
                                                                 cio caratterizza pressoché tutta la pubblicità Usa già all’inizio del secolo
gnata sullo sfondo di officine che apparivano immen-             scorso. Diventa regola per le marche automobilistiche europee a partire
se. In realtà, altro non era se non un tentativo dispe-          dagli anni Novanta, in risposta ai giapponesi. Ma, ancora oggi, questa
rato di riconversione industriale, una volta terminate           regola trova moltissime eccezioni in Europa.

                                                            13
va ’influsso positivo d’oltre-Atlantico e offriva pagine          intenso si lamentava di avere speso 4 pence (cioè, il
intelligenti, mirate, efficaci, spesso intrise del miglior        prezzo di una birra) per cambiare un pezzo. Conclu-
humor britannico.                                                 deva dicendo che aveva appena acquistato un’altra
In maggio 1935, la Austin uscì con una pagina com-                Austin, ben sperando che non gli costasse in manu-
plessa, ma graficamente perfetta, in cui la bodycopy              tenzione come quella vecchia.
era trattata in modo quasi pittorico grazie all’utilizzo          Il claim era intrigante e impegnativo: “Comperi un’au-
di caratteri diversi, armonizzati con il Garamond (il             tomobile, ma investi in un’Austin”. La baseline appa-
più classico ed elegante tra i caratteri tipografici) del         ri-va orgogliosamente patriottica: “Compra un’auto-
testo principale. Era la storia di un tale che pensava            mobile costruita in Gran Bretagna”.
di avere acquistato un’auto che non gli costasse nulla            L’auto sarà stata quella che era, ma questa pubblicità
in manutenzione e che, invece, dopo sei anni di uso               era veramente intelligente.

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L’Italietta del Duce

L    a pubblicità dell’automobile nell’Italia degli anni
     Venti e Trenta cercava di sfuggire alla normalizza-
zione che il regime fascista voleva imporre a tutti e su
                                                                 o presunta, di esercizio erano il tema dominante anche
                                                                 della pubblicità Fiat: le rate venivano presentate quale
                                                                 “regalo principesco” che mamma Fiat faceva agli aspi-
tutta la comunicazione. Alternava picchi di creatività e         ranti automobilisti. E così, tramite la consociata Sava,
geniale posizionamento competitivo a pagine o “man-              si faceva padrona anche del debito dei propri clienti.
chettes” (come si definivano allora i piccoli formati)
allineate al più squallido conformismo di un Paese po-           Il regalo di Natale, in ritardo, di mam-
vero, ignorante, imbonito dalla propaganda roboante.             ma Fiat
Per meglio appoggiare il tema della pubblicità, inqua-           A fine 1928, comparve una pubblicità Fiat invero sin-
driamo gli estremi temporali con il numero delle auto-           golare. L’atmosfera era natalizia, ma di un Natale nor-
mobili in circolazione in Italia:                                dico, strano per il Paese d’o Sole.
– 1922 (anno in cui il fascismo prese il potere) 62.000;         L’auto portava sul predellino un carico di regali desti-
– 1939 (ultimo anno prima dell’entrata in guer-                  nati alla casetta, sepolta nella neve, che si vedeva sul-
ra)390.000.                                                      lo sfondo del bel disegno al tratto. Questa inserzione
                                                                 usciva sul Corriere della Sera il 29 dicembre: un Bab-
Il mercato “aperto” degli anni Venti                             bo Natale all’italiana, cioè in ritardo, che, però, porta-
Negli anni Venti, la pubblicità mostrava una varietà di          va: “Doni che producono ricchezza”.
messaggi originati dalle marche più diverse: espressio-          La bodycopy si sdoppiava in due percorsi: per il “ri-
ne di un periodo in cui la Fiat era soltanto una delle           sparmiatore” e il “produttore” (clamoroso svarione
opzioni tra le quali l’automobilista poteva scegliere.           per indicare il commerciante o l’imprenditore, cioè il
La Fiat stava mettendo a punto il Lingotto, allora la            cliente produttore del proprio reddito, non il fabbri-
fabbrica automobilistica più grande e nuova d’Eu-                cante di automobili).
ropa, per produrre una quantità di automobili che le             Ai primi, veniva offerta una 509 a rate. Non solo, Fiat
garantisse, anche nei volumi produttivi, la posizione            li allettava con un investimento innovativo: i Buoni
domi-nante insita nel suo Dna.                                   Fruttiferi Sava, quotati alla Borsa Valori di Torino.
Con il Lingotto a regime, grazie a Ugo Gobbato, la               Offrivano un rendimento del 6,50% anticipato ed
Fiat rilanciò le azioni monopolistiche piegando al suo           erano garantiti dalle cambiali firmate dai clienti. Oggi,
tornaconto la brutalità insita nello stato totalitario.          questi Buoni Fruttiferi li chiameremmo “derivati”: la
All’inizio degli anni Trenta, rimase praticamente sola           loro tossicità era piuttosto alta, correlati come erano
nel mercato italiano: la concorrenza, italiana e stranie-        alla solvibilità incontrollabile dei sottoscrittori delle
ra, era scomparsa. Alfa Romeo, Bianchi, Lancia erano             cambiali con la stessa Sava.
tollerate, inscatolate in nicchie di mercato che non in-         L’accerchiamento del povero automobilista era com-
taccavano il dominio Fiat.                                       pleto: guidava una Fiat, pagava le cambiali alla Fiat,
Questa trasformazione del mercato si rifletteva nella            finanziava la Fiat tramite i buoni che garantiva con le
pubblicità. Una delle marche italiane di vita effimera           proprie cambiali per gli acquisti a rate.
e volumi irrisori, la Fod (Fonderie Officine De Bene-            L’offerta al produttore, invece, era del tutto normale:
detti), iniziò a produrre automobili nel 1925 a Torino           pagamento di un anticipo sostanzioso e poi 24 rate
e chiuse nel 1927 dopo avere costruito, pare, circa 500          abbastanza impegnative.
esemplari. In questi tre anni, pubblicò pagine a colori          L’insistenza su prezzo e rateazioni era condivisa dalla
che magnificavano il “value for money”, cioè il valore           Lancia, che presentava la Lambda nel 1926.L’imposta-
che si acquistava con quell’automobile. L’art era espli-         zione grafica della pagina pubblicitaria era bella: mo-
cita, ma non volgare: mentre una mano sventolava 14              strava l’esterno e l’interno dell’auto fornendo molte
biglietti da 1.000 lire (quanti ne servivano per compe-          informazioni in modo semplice e chiaro. La bodycopy
rare la vettura), l’altra mano lasciava cadere una mone-         era squallidamente concreta. Il fregio che contornava
ta da 20 e una da 5 centesimi direttamente nella Fod.            la pagina cercava vanamente di nobilitare quella che
Come spiegava la bodycopy, breve, ma chiara, 25 cen-             era un’espressione prototipale della mancanza di fan-
tesimi erano quanto si spendeva nell’uso giornaliero.            tasia, creatività, emozione che caratterizza-va le mar-
L’insistenza sul prezzo di vendita e l’economicità, vera         che torinesi.

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