Sos specialisti in corsia in 5 anni saranno la metà Pediatria in affanno
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IL MESSAGGERO VENETO 11 MARZO 2019 In 2.400 lavorano nel sistema sanitario regionale: 1.200 verso la pensione Anche in Fvg si ricorre alle chiamate "a gettone" per tappare i buchi in organico Sos specialisti in corsia in 5 anni saranno la metà Pediatria in affanno Michela Zanutto UDINE. Entro cinque anni il numero dei medici specialisti in Friuli Venezia Giulia sarà dimezzato, mettendo a rischio i servizi. È l'allarme lanciato dai sindacati del settore, effetto di una mancata programmazione nazionale e di una sorta di calo delle "vocazioni". Pediatri, anestesisti e medici di emergenza urgenza, le professioni più a rischio.Il percorso per diventare medico specialista prevede sei anni di studio per la laurea (a numero chiuso), più altri cinque per la specializzazione. Il ministero stabilisce i posti messi a concorso, e le regioni possono aumentarli autofinanziandoli, ma le università che organizzano materialmente le lezioni hanno limiti di risposta. All'interno del Sistema sanitario regionale (Ssr) lavorano 2 mila 400 medici specialisti, si calcola che entro il 2023 una quota compresa fra il 40 e il 50 per cento andrà in pensione. E a questa emorragia si somma quella dei medici di famiglia, poco meno di un migliaio quelli in attività, circa un terzo se ne andrà in pensione entro il 2022. Un problema che si sta già affacciando nei nostri ospedali. Tant'è che anche in Friuli Venezia Giulia esiste il fenomeno del medico "a gettone": per lo più neopensionati che vengono richiamati in servizio per tappare i buchi. Meno di una cinquantina quelli attivi in regione, che però restituiscono tutta la drammaticità dell'emergenza. Si tratta di personale pagato dai 60 fino ai 90 euro l'ora, secondo il rapporto di due anni fa dell'Enpam, l'Ente previdenziale dei medici, con l'Eurispes. Stando a questo documento, nella sanità pubblica italiana lavorano 35 mila precari, dei quali 10 mila esterni retribuiti appunto "a gettone".«La mancanza di medici specialisti all'interno del Sistema sanitario naizonale e l'accelerazione del loro pensionamento sono realtà che stanno rapidamente assumendo i contorni di una vera emergenza nazionale, cui vanno posti correttivi rapidi e adeguati per evitare il collasso del sistema stesso». A lanciare l'allarme è l'Anaao Assomed, che ha condotto uno studio sul fabbisogno del personale medico per il periodo 2018-2025. «A fronte dell'indifferenza mostrata dai precedenti governi, invischiati in relazioni di potere costruite più sulla difesa di interessi autoreferenziali che su politiche di attenzione alle esigenze del Paese - si legge nel dossier -, la realtà inesorabilmente sta evidenziando, anno dopo anno, quanto fossero fondate le criticità rilevate, sostenute da molteplici fattori».Ma quanto impatterà quest'esodo sulle diverse specialità? «Proiettando al 2025 il numero di specialisti che potrebbero essere formati dalle scuole del ministero dell'Istruzione, considerato il numero totale di medici specialisti attivi nel Ssn (105 mila 310) e stimando i pensionamenti dal 2018 al 2025 in 52 mila 500 unità (circa il 50 per cento dell'attuale popolazione attiva), il risultato è una carenza di circa 16 mila 500 specialisti, mille e 200 su una popolazione di 2 mila 400 specialisti in Friuli Venezia
Giulia. La gran parte delle discipline analizzate andranno in deficit di specialisti, rischiando di impoverire la qualità dei servizi offerti dagli ospedali, ma per alcune di esse la carenza rispetto al numero di specialisti formati sarà maggiore, andando a costituire una vera e propria emergenza già nel breve termine». In particolare, secondo le proiezioni del sindacato, nel 2025 in Italia mancheranno 4 mila 180 medici d'emergenza urgenza, 3 mila 323 pediatri, mille 828 medici di medicina interna, mille 395 anestesisti, mille 274 chirurghi generali, 932 psichiatri, 709 specialisti in malattie dell'apparato cardiovascolare, 644 ginecologi, 604 specialisti in radiodiagnostica e 489 ortopedici. E questa è solo la "top ten" delle specialità affette da carenza. Il primo degli imputati per tale carenza è il cosiddetto "imbuto formativo" per il quale ogni anno si laureano circa 10 mila medici, ma il numero di contratti di formazione post lauream è pari, solo nel 2018, a circa 7 mila. Giovani medici laureati restano "tra color che son sospesi", destinati a ritentare l'ammissione alle scuole di specialità l'anno successivo o a lasciare il nostro Paese, regalando ad altre nazioni l'investimento per la loro formazione scolastica e universitaria pagata dallo Stato, vale a dire circa 150/200 mila euro per ciascun medico. l'assessore Riccardi: si cambi l'accesso alla professione «L'accesso alla professione va rivisto. E abbiamo già impostato un discorso in questo senso a Roma. Lo stesso ministro, Giulia Grillo, è d'accordo». Il vicepresidente con delega alla Salute, Riccardo Riccardi, conosce bene e da vicino la questione dell'emergenza medici. «Abbiamo già aumentato le borse di studio - aggiunge Riccardi -, ma il problema è che, oltre a esserci difficoltà per la disponibilità di posti, le capacità delle università di accogliere studenti sono limitate, e non coerenti con i fabbisogni che ci saranno». Così per il vicepresidente «l'aumento delle borse di studio, che abbiamo già messo in pratica, è una delle soluzioni, ma il problema vero è che va rivisto il meccanismo che consente al medico di essere abilitato». Siamo davanti a un'emergenza che riguarda l'intero Paese, «il ministro fa il medico nella vita quotidiana e abbiamo già affrontato personalmente la questione - spiega Riccardi -, quando lo abbiamo fatto ha detto di averne piena contezza. In questo Paese abbiamo buttato via il praticantato, ma l'affiancamento a chi svolge una certa professione vale più di un anno di università». la denuncia di anaao e cgil Fregonese: «Ormai siamo arrivati vicini al baratro» Michela Zanutto UDINE. «Siamo sull'orlo del baratro». È il monito di Valtiero Fregonese, segretario regionale dell'Anaao Assomed. «È la tendenza, perché guardo al vicino Veneto dove i concorsi delle aziende sanitarie non trovano candidati in numero sufficiente visto che i medici specialisti scarseggiano». Per Fregonese gli errori vanno ricercati «nella programmazione a livello regionale e nazionale, che non hanno tenuto conto delle dinamiche di uscita. Si calcola che circa il 15 per cento
degli interessati potrebbe usufruire di Quota 100, quindi è un tassello, ma in base alle età anagrafiche dovrebbe andare in pensione circa metà degli attuali medici in Italia. In Friuli Venezia Giulia almeno un migliaio di medici avrà maturato i requisiti per andare in pensione nei prossimi dieci anni, in questo modo il rischio è di dover chiudere le strutture». In questo senso le chiamate "a gettone" «sono dei tamponi temporanei, ma non sono la soluzione del problema - aggiunge Fregonese -. La questione è che va aumentato il numero di borse di studio a livello regionale e nazionale per medici specialisti». E Fregonese scende anche nello specifico: «Quando si parla di riconvertire il reparto di ortopedia di Spilimbergo, siamo davanti a una tendenza che si sta facendo sempre più evidente - rimarca il numero uno di Anaao Assomed -. La Regione potrebbe avere una possibilità aumentando il numero di borse specialistiche».D'accordo sull'emergenza anche Rossana Giacaz (Cgil). È lei a ricordare che il sistema sta facendo fronte all'emergenza chiedendo a chi è in organico sforzi aggiuntivi rispetto al normale monte orario lavorativo, «e quei turni vengono già pagati con risorse aggiuntive regionali. Insomma - aggiunge Giacaz -, c'è un sistema da mettere in sicurezza. Il caso tipico è quello dei pediatri, fra sei anni non ce ne saranno più. Servirebbe più dialogo con le università». Il presidente dell'Ordine dei medici di Udine, Maurizio Rocco, conosce il nodo dei contratti atipici. «Non vediamo una cosa di questo genere con grande favore perché i contratti dovrebbero essere in rapporto a quelli stabiliti, con tutte le tutele del caso. È vero però - argomenta Roco - che c'è una carenza di reperibilità di determinate fasce di specialisti, carenza che comincia a essere piuttosto pesante sia a causa dei pensionamenti sia per la mancata programmazione. Ma va cercata una soluzione seria, non un escamotage per tappare la falla». L'emergenza determina un ovvio peggioramento delle condizioni di lavoro di chi è in servizio, con l'aumento dei carichi individuali. «Numerosi medici hanno deciso di lasciare gli ospedali pubblici in favore del privato o a emigrare alla ricerca di soddisfazioni professionali ed economiche maggiori - ripetono dall'Anaao -. Il fenomeno, inizialmente marginale e "fisiologico", sta assumendo ora dimensioni preoccupanti, soprattutto in alcune regioni italiane». Ma lo spauracchio è rappresentato dall'emorragia dei pensionamenti, che «si prospetta in netto peggioramento nei prossimi anni per il superamento dello scalone previdenziale introdotto dalla riforma "Fornero". Secondo il sindacato dei medici, il tracollo rischia di subire un'ulteriore brusca accelerazione per l'approvazione nella legge di Bilancio 2019 dei provvedimenti mirati al suo superamento, come Quota 100 che prevede il pensionamento anticipato con 62 anni di età e 38 di contributi. «Attualmente - conclude Anaao - i dirigenti medici escono dal sistema con una età media di 65 anni. Nel 2018 è iniziata la quiescenza dei nati nel 1953. La curva dei pensionamenti raggiungerà il suo culmine entro il 2022 con uscite valutabili intorno a 6/7 mila ogni anno. Siamo di fronte a una popolazione professionale particolarmente invecchiata per il blocco del turnover. Dalla curva demografica si evince come l'emorragia di medici raggiungerà in Italia quota 52 mila entro il 2025. È evidente che non basteranno i giovani medici a sostituire i pensionamenti, per colpa dell'errata programmazione degli specialisti perpetrata negli anni e crollerà la qualità generale del sistema».
Impedito l'accesso a Facebook anche a chi si occupa della comunicazione L'assessore Callari costretto a intervenire: operazione non gestita al meglio Social vietati ai regionali poi la giunta fa dietrofront Viviana Zamarian UDINE. Uno stop ai social network disposto dalla direzione Funzione pubblica durato nemmeno 24 ore. L'inaspettato "blackout" ha infatti causato talmente tante proteste tra i dipendenti della Regione da costringere l'assessore alla Funzione pubblica Sebastiano Callari a fare retromarcia. Da un minuto all'altro giovedì pomeriggio - e in alcuni casi fino a venerdì mattina - il personale non ha potuto accedere a Facebook, Twitter e Instagram. Nemmeno quello degli uffici politici e addetto alla comunicazione che li utilizza quotidianamente per lavoro. Uno stop arrivato - a sorpresa, non essendo preceduto da alcuna circolare - per "monitorare" l'uso della Rete durante l'orario d'ufficio. Ma, dopo le lamentele dei dipendenti di Palazzo, Callari è subito intervenuto ammettendo che «l'operazione non è stata gestita al meglio e che per questo è stata interrotta». L'ha definito un «incidente di percorso» perché ad essere mancata «è stata la comunicazione agli stessi dipendenti mentre bisognava procedere per gradi e non così all'improvviso». «Tempo fa - afferma l'assessore - mi ero confrontato con la direzione per valutare l'utilizzo dei social tra i dipendenti ma non con l'intento di vietarli, perché ciò sarebbe assurdo dal momento che ognuno di noi ormai possiede uno smartphone da cui potervi accedere, ma per capire se effettivamente, soprattutto in certi settori, i processi di digitalizzazione di cui la Regione si sta servendo vengono utilizzati. Qualcuno ha ritenuto che questa sia stata una manovra per impedire Facebook ai dipendenti ma questa non era la vera intenzione». Tutto nasce dalla direttiva Brunetta del 2009 per la regolamentazione dell'uso di internet e delle e-mail da parte dei dipendenti pubblici. «Considerata quella direttiva - riferisce Callari - ho ritenuto di fare una verifica sull'utilizzo della Rete tra il personale. Appena sono stato informato dello stop e delle lamentele, ho subito chiesto che venisse riaperto l'accesso ai social. Successivamente il presidente Massimiliano Fedriga mi ha chiamato per avere dei chiarimenti in merito a che cosa era accaduto».Un provvedimento a sorpresa, dunque, che ha creato non pochi malumori tra i 3.700 dipendenti che già non avevano ben accolto l'appello di Francesco Forte, direttore centrale della Funzione pubblica e della semplificazione, ai dirigenti di controllare il personale davanti alle macchinette per evitare pause caffè troppo lunghe, la rivoluzione del badge da strisciare all'entrata e all'uscita dalle sedi, anche quelle periferiche, e la pubblicazione online della lista delle sanzioni disciplinari comminate dal 2017 (senza i nomi dei trasgressori). «Spendo una parola a favore del direttore Forte - riferisce Callari -. La nostra volontà è quella di dare un'immagine migliore dei dipendenti pubblici nei confronti dei cittadini. Ci sono stati casi di furbetti che hanno creato un'immagine negativa dei dipendenti e tutti gli altri, che sono la maggioranza, doverebbero per primi chiedere trasparenza e rispetto delle regole. Continueremo a monitorare la metodologia di lavoro del personale per capire se ci sono delle migliorie da apportare». Lo stop ai social non è stato dimenticato da Callari: «Ho già convocato gli uffici per la prossima settimana per capire dove è stato commesso l'errore».
Il caso Treppo Ligosullo spiegato dal sindaco Un anno fa le "nozze" tra i municipi lillipuziani La sopravvivenza dei piccoli comuni legata alle fusioni L'INTERVENTO LUIGI CORTOLEZZIS A distanza di un anno dalla nascita del nuovo comune di Treppo Ligosullo si sono concretizzate le aspettative e le progettualità del sistema di governo nato dalla fusione dei due municipi. Una novità accompagnata dalla volontà popolare condivisa dal rispetto di un'autonomia allargata e dalla consapevolezza delle difficoltà quotidiane del vivere in montagna.Un territorio che può dare, oltre a ricevere, essere artefice del proprio destino e protagonista delle sue potenzialità. È stata premiata così una scommessa volta al futuro, l'unica scelta quale opzione saggia e ragionevole. Gli ostacoli e le criticità devono essere affrontate prima che si trasformino in eventi irreversibili. I riconoscimenti non solo economici che abbiamo ricevuto e gli attestati di stima e di sprono a continuare su questa strada ci sono stati di enorme aiuto stimolando la futura attività programmatoria. Si sono elevati i servizi per i cittadini, ampliando le attività di prossimità e rafforzato le attenzioni alla persona, raccogliendo così le richieste di anziani e giovani. Abbiamo migliorato gli spazi di aggregazione, mantenuto i presidi ambulatoriali e quelli postali. La viabilità comunale è stata qualificata, monitorando nel contempo e ampliando costantemente il proprio patrimonio comunale, forestale e culturale. Siamo convinti di aver intrapreso la strada giusta.In sintesi, ecco i risparmi a vantaggio dei servizi diretti ai cittadini: meno spese per ricoprire i costi della macchina amministrativa; assestati i problemi di carenza del personale dei due enti; migliorati i servizi per i cittadini su tutto il territorio; ridotto il numero degli amministratori e le relative spese; dimezzato il costo dei revisori dei conti; dimezzati i costi di pianificazione edilizia e forestale.Grazie alla fusione anche il capitolo dei tributi locali è stato a vantaggio della popolazione: Imu al minimo di legge; Tasi non applicata; Tari applicata a riduzione con stanziamento comunale derivato dai fondi della fusione per 20.000 mila euro; le tariffe dei servizi a domanda individuale sono tra le più basse in assoluto (ad esempio mensa scolastica e scuolabus gratuito).Nel contempo non ci siamo chiusi entro i confini naturali del nuovo comune, siamo consapevoli che il confronto e la condivisione con altre realtà siano percorsi da intraprendere. Mi auguro che il prossimo appuntamento elettorale porti alla guida dei comuni persone capaci, competenti e consapevoli della dedizione e dei sacrifici a cui saranno chiamati. I nostri paesi e la Carnia tutta hanno bisogno di queste figure. La montagna deve essere vista con un occhio di riguardo, il dovuto riconoscimento degli ambiti montani fa parte do un progetto di riforma e non deve subire ad ogni ricambio legislativo uno stravolgimento dello stesso.Destinare risorse certe e sicure negli anni, affrontando con serietà e serenità gli annosi problemi del calo demografico, dello spopolamento, della fragilità del territorio, della debolezza del tessuto socio-economico della montagna, sono temi di assoluta urgenza che da troppo tempo aspettano invano risposte concrete.
10 MARZO 2019 La giunta sposta i 48 milioni di Cassa depositi e prestiti Zilli: «Interveniamo sul sistema salute e in montagna» I fondi di Pramollo a sanità, piste da sci e tutela ambientale Mattia Pertoldi udine. Partita chiusa. Anzi, sigillata a doppia mandata. Dopo la vittoria giudiziaria - con il Tar che ha dato ragione alla Regione in relazione alla decisione presa nella precedente legislatura di bloccare il progetto dell'impianto di collegamento tra Pontebba e il comprensorio sciistico di Pramollo- Nassfeld - adesso arriva il "cappello" della politica ad archiviare la vicenda.La giunta di centrodestra ha infatti deciso, nel corso della sua ultima seduta, di spostare i 48 milioni di euro del progetto congelati da anni, ma a questo punto liberi di essere impiegati in altri interventi sul territorio. «La Regione con questo denaro - ha spiegato l'assessore alle Finanze Barbara Zilli - mira a intervenire, oltre che sul sistema della salute, anche a favore della montagna». L'attuale giunta regionale, nello specifico, ha deciso di riconvertire l'operazione di prestito di Cassa depositi dividendo la spesa in due annualità: 44 milioni 665 mila 950 euro per l'anno in corso e 3 milioni 334 mila e 50 per il 2020.Entrando nel dettaglio degli stanziamenti si scopre che, come accade spesso in Friuli Venezia Giulia quando si riesce ad avere a disposizione un tesoretto extra, la fetta più grande dei 48 milioni di euro - e per l'esattezza stiamo parlando di 29 milioni 515 mila 150 tutti a valore sull'attuale esercizio finanziario - andrà a favore delle Aziende del sistema sanitario regionale per l'acquisizione di beni mobili e tecnologici. Non tocca questi livelli, ma è comunque corposo anche l'assegno che verrà destinato per il potenziamento e l'efficientamento del sistema irriguo regionale - 5 milioni e 98 mila euro -, così come quello - dal valore di 2 milioni 116 mila - per la realizzazione di interventi di manutenzione idraulica dei corsi d'acqua.Il dragaggio e il ripristino dell'argine del fiume Natissa, quindi, potrà contare su 400 mila euro quest'anno e ben 1 milione 745 mila il prossimo, mentre per i lavori di manutenzione straordinaria della sponda sinistra del Tagliamento, nel tratto in foce, saranno messi a disposizione 600 mila euro nel 2019 e 255 mila nel 2020. Significativo, inoltre, è il valore dei fondi messi a disposizione di PromoTurismoFvg. Complessivamente, infatti, parliamo di 3 milioni 470 mila 850 euro di cui 750 mila saranno spesi per il potenziamento degli impianti di innevamento, altrettanti per l'acquisto di mezzi speciali, 410 mila per l'integrazione di paravalanghe, 470 mila per le reti chiodate e 1 milione 90 mila 850 - scaglionati sui due anni - per le revisioni previste dalla legge per gli impianti di risalita in Friuli Venezia Giulia. Il Consorzio di bonifica pianura friulana, andando oltre, potrà disporre di 1 milione e 400 mila euro per una serie di interventi specifici e 1 milione e 300 mila per il potenziamento di impianti idrovori, mentre mezzo milione andrà utilizzato per opere di ripristino dei terrazzamenti sul costone carsico triestino. Una fetta non irrilevante di finanziamenti, infine, riguarderà anche una manciata di Comuni della Regione. Nella fattispecie stiamo parlando di San Daniele del Friuli che otterrà 80 mila euro per l'adeguamento del macello municipale, di Dignano - 200 mila euro nel 2019 e 600 mila nel prossimo per coprire i costi di recupero strutturale a favore della bachicoltura - e Cordenons cui andranno 720 mila per interventi riservati al sostegno delle Piccole e medie imprese e dell'artigianato locale. Critico, in ogni caso, il Pd.
«Siamo al solito metodo della giunta - ha detto la consigliera regionale ed ex assessore alle Infrastrutture Mariagrazia Santoro -: distribuzione tappabuchi oppure a caso, senza strategia, ma con una visione che non va oltre all'ordinario». stipendio di 135 mila euro FvgStrade, Fantelli raddoppia: anche dg udine. Tutto, probabilmente, si concretizzerà nel corso della prossima seduta di giunta regionale prevista per fine settimana: Raffaele Fantelli (nella foto), attuale presidente di FvgStrade, otterrà anche i compiti e i ruoli di direttore generale della Partecipata.Il manager Weissenfels, scelto dal centrodestra qualche mese fa al posto di Giorgio Damiani, rinuncerà all'indennità da 50 mila euro assegnati al momento della nomina e si vedrà riconoscere la stessa cifra, 135 mila euro lordi, dell'ex direttore generale Roberto Zianna, in pensione da inizio anno.A conti fatti, quindi, la Regione risparmierà qualcosa - appunto i 50 mila euro che sarebbero stati garantiti a un presidente diverso dal direttore generale -, ma certo all'interno del centrodestra non sono mancati i mal di pancia per la scelta di "raddoppiare" il ruolo del manager. Sia come sia la decisione, ormai, è stata presa e - al netto di sorprese - non si tornerà indietro: Fantelli sarà anche direttore generale affiancato in Cda da Ferruccio Anzit (in quota Forza Italia) e Cristiana Gallizia (Progetto Fvg). Il progetto di collegamento con il polo sciistico carinziano è stato ostacolato da numerosi problemi Dalle grandezze anni '90 all'ultima rinuncia Quel sogno di Pontebba durato decenni la storia Mattia Pertoldi È stato un sogno, quello di Pontebba, durato quasi un trentennio, ma che, evidentemente, non doveva trasformarsi in realtà. L'idea di creare un collegamento tra la cittadina friulana e il polo sciistico carinziano, infatti, risale addirittura al gennaio del 1990, praticamente 30 anni fa.Altra epoca, altri bilanci (della Regione), si dirà, ma resta il fatto che nel mese di settembre del 1994 è la giunta friulana, all'epoca guidata da Alessandra Guerra, a garantire l'ok per il progetto di telecabina interamente a carico, però, degli operatori di Nassfeld. Passano una manciata di mesi e nasce la "Pramollo srl", società mista italo-austriaca per la costruzione e la gestione della telecabina da Studena Bassa e degli altri impianti sul versante italiano. Addirittura, nel maggio del 1998, si annuncia l'avvio del cantiere per l'estate dell'anno successivo.Ovviamente, come ormai noto, nessuna "ruspa" comincia a muoversi dalle parti di Pontebba, nemmeno quando - siamo nell'aprile del 2001 - si (ri)annuncia il via libera ai lavori per l'estate del 2002 e nemmeno nel momento - correva il novembre 2003 - in cui l'avvio dei cantieri viene posticipato al 2004 con l'inaugurazione addirittura sbandierata per il 2005. Siamo in piena legislatura di Riccardo Illy, il centrosinistra governa la Regione e crede nel progetto al punto tale che a marzo 2006 il presidente garantisce un impegno da 16 milioni di euro confermato anche quando -
il mese successivo - Hypo Bank si ritira dal progetto. Tra novembre 2006 e marzo 2007, quindi, la Regione decide di puntare su un procedimento di project financing mentre firma l'accordo con il Comune di Pontebba per la realizzazione dell'opera.In piazza Unità, intanto, arriva Renzo Tondo che conferma l'interesse della Regione con un project financing in cui viene spiegato come l'impegno economico del Friuli Venezia Giulia sia di 44 milioni di euro, quello della Carinzia di 6 e quello dei privati di 20. Poi, a settembre 2011, Tondo alza la qualità di richieste e inserisce l'obbligo di fidejussione ventennale per i gestori dell'impianto e nel novembre dell'anno successivo l'allora sindaco Isabella De Monte annuncia l'apertura del cantiere per il 2015. Nuovo cambio della guardia in Regione e pure Debora Serracchiani non muta l'interesse per l'opera approvando uno stanziamento da 3,5 milioni per 20 anni che, al netto degli interessi, equivalgono a 48 milioni di euro. Il resto è storia recente. La Regione a dicembre 2017 procede con la revoca dell'interesse pubblico, la società che si era aggiudicata il project financing - la Doppelmayr Italia - chiede i danni, ma il Tar del Friuli Venezia Giulia respinge il ricorso spalancando, di fatto, le porte al cambio dei destinazione dei 48 milioni e mettendo la parola fine a ogni ambizione di Pontebba. L'appello delle personalità friulane giovedì in municipio Più confronto ad alti livelli per risolvere il sottofinanziamento «Come 50 anni fa vogliamo un ateneo capace di dialogare con il territorio» Giacomina Pellizzari Scendono in campo come più di mezzo secolo fa. All'epoca era in ballo l'istituzione dell'università friulana, oggi il suo sviluppo e il suo sottofinanziamento statale. Cinquanta personalità friulane, rappresentate dall'onorevole Giorgio Santuz, unite dalla volontà di promuovere e valorizzare il rapporto tra l'università e i territori del Friuli, giovedì, alle 17, nel salone del Popolo, presenteranno un nuovo manifesto per l'ateneo friulano. Il richiamo, perché di questo si tratta, arriva a ridosso della campagna elettorale per l'elezione del nuovo rettore dell'ateneo friulano.Come nel 2008, la comunità friulana chiede «la convocazione di una Conferenza congiunta tra l'università e i territori per avviare e consolidare un rapporto diretto e reciproco con le diverse componenti sociali e territoriali della regione». La Conferenza dovrà coinvolgere anche Pordenone e Gorizia. All'università chiedono «di recepire e confrontarsi con gli stimoli che arrivano dall'esterno e di valutare strategicamente le scelte da effettuare in futuro».Secondo i firmatari del documento, «negli ultimi anni la nostra università pare abbia manifestato un indebolimento della sua identità e, conseguentemente, della sua missione d'origine». Anche se negli anni rettori e professori hanno creato corsi, eventi e relazioni oltralpe, oggi «riesce difficile scorgere il prosieguo di molte delle attività sopramenzionate. Alcune - si legge nel documento - si sono trasformare in collaborazioni didattiche e scientifiche stabili ma solo su specifici progetti perdendo di vista, la portata e l'unicità strategica di cooperazione che avrebbero potuto aprire». Detta in altri termini non è stato fatto abbastanza. «Sussiste il timore - recita ancora il documento - che, nella dovuta ottemperanza a nuove linee ministeriali, la nostra università possa essersi, oltre misura, uniformata a un modello di ateneo generalista con conseguenze negative in termini di perdita di unicità valoriale e nel far emergere aree di eccellenza». A differenza del passato, però, il nuovo movimento per
l'università di Udine non chiude a Trieste. «Essere sul territorio e per il territorio, come università, si deve tradurre in strategie che arricchiscano l'ateneo e, al contempo, aprano prospettive a tutto il Friuli e all'intera regione in collaborazione con l'università di Trieste nel più vasto campo della portualità e delle relazioni internazionali». Non mancano le critiche al piano di razionalizzazione dei dipartimenti che, a loro avviso, rischia di mandare nel dimenticatoio il modello Friuli adottato nella ricostruzione post terremoto «e con esso la ricerca sull'antisismica, sulla difesa idrogeologica, sulle strategie per la prevenzione dei rischi e l'assetto del territorio, sul capitale sociale, sulle collaborazione multilivello, sulle lingue e le culture del Friuli». Tutto questo per dire che il "Patto università-territorio del Friuli" promosso nel 2008 dall'onorevole Arnaldo Baracetti, non è stato sufficientemente utilizzato e per promuovere il "CantiereFriuli", il progetto di ricerca triennale reso possibile dall'attività di volontariato fatta dai docenti. Non a caso i proponenti del nuovo manifesto chiedono di stabilizzare proprio il CantiereFriuli.A questa proposta segue «l'apertura di un confronto con i più alti livelli istituzionali del Paese» per risolvere l'annoso problema del sottofinanziamento statale. Ma non è ancora tutto perché i firmatari del documento chiedono che nell'affrontare questo problema l'università si ponga «come obiettivo principale sì il recupero delle risorse economiche ma anche un conseguente sforzo di riposizionamento, in termini di eccellenza, nelle classifiche nazionali perché questa è una delle condizioni di base degli stessi finanziamenti ministeriali».Ultima ma non per importanza la modifica dello Statuto per promuovere la cosiddetta "terza missione" attraverso la presentazione di un progetto al ministero. Facile immaginare che il documento sottoscritto anche dai sindaci di Udine, Pordenone e Gorizia, Pietro Fontanini, Alessandro Ciriani e Rodolfo Ziberna, sia destinato a far discutere. Giovedì il primo confronto per redigere poi un manifesto comune per i prossimi dieci anni. 9 MARZO 2019 A breve l'amministrazione potrebbe restare senza personale: stop ai servizi Nella stessa situazione gli altri quattro enti della Valcellina: siamo preoccupati Comuni ridotti all'osso Il sindaco di Erto e Casso: vietato nascere e morire Fabiano Filippin erto e casso. «Agli inizi del 2020 emetterò un'ordinanza per abolire tutti i certificati di legge, dallo stato famiglia a quello di residenza, e vieterò ai miei concittadini di nascere, morire e trasferirsi». La butta sul ridere il sindaco di Erto e Casso, Fernando Carrara, ma la situazione è grave: tra pochi mesi il municipio potrebbe restare senza dipendenti. In estate andrà in pensione lo storico tecnico Sergio De Filippo, mentre le sue colleghe lo seguiranno con il nuovo anno. Per legge un dipendente esodato può essere sostituito solo a partire dal successivo anno solare. Fino al 2021 il municipio potrebbe quindi risultare completamente sguarnito. «A quel punto in ufficio non resterà nessuno e non saremo più in grado di fornire alcun servizio», ha spiegato Carrara che ha già avvisato la Prefettura di Pordenone della potenziale paralisi della macchina burocratica.Ma la famigerata "quota 100" e la fuga dei pensionandi non spaventa solo Erto e Casso. Tutti e cinque i piccoli municipi della
Valcellina guardano con timore al futuro. «Rischiamo di bloccare anche i fondi della Protezione civile per i danni dal maltempo - ha spiegato Carrara -. Chi potrà mai occuparsi dei relativi iter? Gli assessori non hanno le competenze professionali per farlo. L'imminente riforma delle Uti e la loro possibile cancellazione dovrebbe farci poi entrare in cassa altre risorse economiche. Dovrebbe essere una festa, invece sarà una catastrofe perché non sapremo dove sbattere la testa con gli incartamenti». Di qui la provocazione dell'ordinanza per abrogare i certificarti rilasciati dal Comune, una sorta di monito alla politica perché sia «più attenta alle piccole realtà periferiche». «Non siamo Milano ma nemmeno Maniago o qualsiasi altra località di pianura con un numero relativamente alto di abitanti - ha concluso l'amministratore -. Pochi giorni fa abbiamo avuto in valle il sottosegretario Vannia Gava. Ho apprezzato molto le sue parole sulla montagna che va vissuta e non solo protetta. A quel punto l'ho invitata a darci una mano. Ne parli subito con il ministro Salvini e approvino una deroga almeno per quei municipi che, come il nostro, resistono da troppo tempo in mezzo a tempeste fiscali, burocratiche e economiche. Siamo stanchi, l'ho detto anche al Prefetto».Il primo cittadino della Val Vajont ha già ottenuto qualcosa dato che le due impiegate hanno rinviato l'uscita di qualche mese. «Sulla carta avrebbero potuto lasciare l'incarico già ad agosto insieme al tecnico ma a quel punto saremmo stati catapultati in un'emergenza epocale - è stato il messaggio finale -. In questo modo potremo almeno disporre di qualche mese di tempo per confrontarci con i paesi limitrofi e con la Regione su come affrontare il problema. Ma non sarà semplice: anche le realtà confinanti lamentano situazioni simili, con ovvie difficoltà a reperire qualcuno che si occupi contemporaneamente di due sedi».Ad Andreis il quadro appare del tutto analogo. Qui al momento c'è un solo funzionario in servizio e anche in questo caso si avvicina l'età della pensione. «Siamo preoccupati e lo abbiamo segnalato a chi di dovere perché spesso basta una banale influenza per dover tirar giù le serrande dell'anagrafe, ragioneria e settore tecnico», si è sfogato l'amministratore Romero Alzetta. Nella vicina Claut si è ricorsi a una speciale convenzione con l'Anci per analizzare le criticità della pianta organica ed individuare soluzioni alternative. Ormai le tradizionali associazioni di uffici non bastano più e spesso anche tra gli operai manutentori si registrano carenze. Tanto che in alcuni casi è il Parco naturale delle Dolomiti friulane a giungere in soccorso con speciali interventi di sistemazione del territorio. «È la dimostrazione che le Uti sono state sin dall'inizio un fallimento», ha tirato le somme il sindaco di Cavasso Nuovo e neo consigliere regionale Emanuele Zanon, uno dei fautori della guerra al Tar contro il riordino degli enti locali voluto dall'ex giunta Serracchiani. pocenia e palazzolo Primo cittadino tuttofare e riduzione dell'orario di apertura al pubblico Sindaco ragioniere, sindaco impiegato all'anagrafe, sindaco tuttofare. Quando i dipendenti in municipio sono solo due, uno all'ufficio anagrafe, l'altro all'ufficio tributi e segreteria, non resta altro che sedersi dietro allo sportello. È accaduto a Pocenia dove il primo cittadino, Sirio Gigante (nella foto), un anno fa, per fronteggiare la carenza di personale, ha chiuso gli uffici al pubblico nelle giornate di lunedì e
giovedì, solitamente aperti dalle 10.30 alle 12.30. Due anni fa il Comune di Pocenia aveva le risorse a disposizione, ma non gli spazi finanziari necessari per assumere. Da neo eletto è stato il primo problema affrontato dal sindaco.La scorsa estate, l'Uti Medio Friuli ha bandito un concorso per ragioniere, una figura che mancava anche nei comuni di Palazzolo dello Stella, Basiliano e Lestizza. Anche qui le difficoltà non mancavano, molti comuni friulani stanno utilizzando lo stesso tecnico o ragioniere per poche ore a settimana. trasaghis Manca l'amministrativo il bando di mobilità è andato deserto Se alla cronica carenza di personale aggiungi quota 100, nei piccoli comuni friulani è facile trovare uffici sguarniti. È il caso di Trasaghis dove il sindaco, Augusto Picco (nella foto), si trova a gestire un'emergenza senza precedenti.Nelle ultime ore una delle poche dipendenti gli ha comunicato la sua uscita di scena e il primo cittadino ha lanciato un grido d'allarme. L'ha fatto dopo aver aperto il bando di mobilità andato a buon fine solo per un operaio. La ricerca dell'impiegato è andata deserta. Nessuno si è reso disponibile a trasferirsi nel paese bagnato dal lago dei tre comuni. Inutile provare ad assumere perché anche se l'amministrazione ha le risorse per pagare un nuovo dipendente non può farlo fino al 2020. Anche in questo caso, quindi, il tema diventerà oggetto di campagna elettorale. il professor Pascolini «Il problema si risolve con aggregazioni di vallata» udine. Comuni senza ragionieri, tecnici e impiegati che non riescono a garantire i servizi alla comunità. La situazione viene monitorata anche dall'università di Udine. L'ateneo studia le soluzioni per rigenerare i vuoti. E la domandanon può che essere: qual è la ricetta per i comuni in difficoltà, fusione o collaborazione tra enti? «Il tema è centrale» risponde Mauro Pascolini, geografo e coordinatore dei Cantieri Friuli, convinto che da due piccoli comuni nasce uno più grande, ma non abbastanza per essere autonomo.Il professore guarda, invece, con interesse alle unioni di vallata create in Trentino dove «la fusione è stata fatta sulla logica dell'aggregazione territoriale di area vasta dove confluiscono più enti». Aggregazioni che consentono una migliore pianificazione anche urbanistica. «L'idea delle aggregazioni di vallata - continua Pascolini - era quella delle Uti che non hanno funzionato perché sono state calate dall'alto. Bisogna trovare formule di rappresentanza per tutelare l'identità», insiste citando l'esempio dell'unione tra Arzene e Valvasone. «I dati confermano la riuscita della fusione. La razionalizzazione delle spese ha consentito di indirizzare il bilancio. Avendo competenza primaria sugli enti territoriali, la Regione dovrebbe esprimere idee diverse dal ritorno delle Province».
rigolato Senza tecnico nè addetti i vincitori del concorso vogliono il trasferimento Non va meglio a Rigolato dove l'amministrazione guidata da Emanuela Gortan Cappellari (nella foto), si ritrova senza tecnico comunale, la ragioniera se ne è andata e l'impiegato ha raggiunto l'età pensionabile. Un problema noto da tempo tant'è che, fino a pochi mesi fa, nel comune carnico saliva la ragioniera di Venzone. Il problema sta diventando oggetto di scontro anche in consiglio comunale dove, come denuncia l'opposizione, non è mai stata vagliata la proposta dell'Anci per porre fine a questa situazione evidenziata pure dal revisore dei conti.In montagna il problema si evidenzia ulteriormente perché i vincitori di concorso appena possono chiedono il trasferimento. L'idea di andare ad abitare in quelle zone li spaventa. Va detto però che in Carnia molti comuni si sono consorziati da tempo per riuscire a garantire i servizi alle comunità. I più piccoli non ce la fanno e per evitare disagi collaborano con gli enti vicini. montenars Sandruvi: la Regione avrebbe dovuto dare l'ok alla fusione con Gemona «Mi manca il tecnico, il capo ragioneria, i vigili e l'addetto all'anagrafe. Faccio prima a dire chi ho piuttosto di fare l'elenco delle carenze». Il sindaco di Montenars, Claudio Sandruvi (nella foto), si è messo il cuore in pace: se va avanti così dovrà sedersi dietro alla scrivania degli ex dipendenti.Il primo cittadino è dispiaciuto anche perché nel passato mandato aveva tentato la fusione con Gemona. È saltata per 150 voti venuti meno proprio a Montenars. «La legge così come è fatta non va bene. Non si può dare la possibilità a un piccolo comune di decidere», afferma Sandruvi, secondo il quale la Regione avrebbe potuto decidere per la fusione. Invece, per rispettare il parere di Montenars, non ha dato il via libera all'unione con Gemona. Il progetto avrebbe consentito di razionalizzare la spesa dei servizi. Il direttore dell'Anci elenca le criticità delle istituzioni più piccole «Il sistema regge ancora grazie a sindaci e funzionari responsabili» «Ai 70 municipi in difficoltà forniamo noi gli impiegati Le assunzioni sono bloccate» l'intervista Giacomina Pellizzari «Nella fase elettorale le difficoltà storiche vengono evidenziate». Inizia così la riflessione del direttore dell'Anci Fvg, Alessandro Fabbro, sulle difficoltà dei Comuni che - ricorda - «hanno origini antiche e cause molteplici». Antiche perché stanno andando in pensione i dipendenti
assunti nel post terremoto. Persone che all'epoca si sono rivelate fondamentali alla realizzazione del modello Friuli. Resta il fatto che, in questo momento, settanta comuni sono in difficoltà per carenza di personale. «Le regole sul turnover sono stringenti, dipendono dal costo storico e da altri parametri».L'Anci assiste, infatti, «comuni in difficoltà che non hanno spazio per assumere. Altri a cui non mancano gli spazi bensì le risorse, altri ancora senza spazi per assumere e senza risorse e infine comuni con spazi e risorse che non riescono a bandire i concorsi». Il motivo è presto detto. «Prima di inserire nuovo personale nel Comparto unico, gli enti devono cercare qualcuno disposto a spostarsi, in mobilità. Accade frequentemente - continua Fabbro - che aprendo il bando di mobilità non si presenti nessuno». Spesso i dipendenti anche vincitori di concorsi tendono a spostarsi vicino a casa. Senza contare che pure l'avvio della macchina dei concorsi rischia di diventare un'impresa non tanto per motivi logistici come trovare una sala in grado di ospitare migliaia di candidati, quanto per indire i bandi. E quando si arriva alla stesura della graduatoria questa svanisce come neve al sole a seguito delle rinunce. «Nei concorsi - sottolinea Fabbro - l'ente si espone a possibili ricorsi senza contare che si rischia di avere sempre gli stessi partecipanti che poi scelgono il luogo più idoneo alle loro esigenze». A questo punto la domanda non può che essere: «Come si esce da questa situazione?». L'Anci offre supporto immediato a tutti i comuni che fanno richiesta. «La Regione - chiarisce il direttore - ci trasferisce le risorse per consentire ai Comuni di svolgere i servizi anche con personale esterno. Una misura, questa, pensata per rispondere all'emergenza». In alcuni casi l'Anci seleziona i ragionieri che già lavorano nei comuni e li manda a dare una mano agli enti in difficoltà. «Seguiamo una settantina dei 216 Comuni, tolti i grandi e i capoluoghi di provincia, la gran parte dei piccoli comuni ha chiesto un supporto». Fabbro lo chiarisce invitando gli enti in difficoltà a rivolgersi all'Anci per analizzare la situazione. L'associazione dei Comuni sta ragionando con la Regione su come supportarli anche nella redazione dei bandi di concorso. Con l'università, invece, sta stipulando accordi per la riqualificazione del personale. Il direttore dell'Anci è convinto che, nonostante le difficoltà, «il sistema regge perché si appoggia sulle spalle di sindaci e funzionari responsabili che lottano per mantenere i comuni». Ecco perché insiste a dire «risolviamo i problemi prima di pensare alle fusioni». La giunta ufficializzerà entro marzo la data unica con la tornata per le Europee Il 16 aprile scadrà il termine per la presentazione delle candidature locali Election day il 26 maggio si vota anche per 118 sindaci Luciano Patat UDINE. Il Friuli Venezia Giulia verso l'election day del 26 maggio tra Europee e Amministrative. La conferma ufficiale, però, arriverà entro il 27 marzo. A comunicarlo ieri alla giunta è stato l'assessore alle Autonomie locali, Pierpaolo Roberti, sottolineando che la tornata di primavera toccherà 118 Comuni, portando alle urne una platea di circa 331 mila elettori. Soltanto uno dei municipi interessati, Porcia, ha una popolazione superiore a 15 mila abitanti, dove, quindi, si svolgerà l'eventuale ballottaggio nella seconda domenica successiva, il 9 giugno. Il voto di primavera, inoltre, sarà anche la "prima volta" di Sappada alle comunali in Friuli Venezia Giulia.Per le elezioni amministrative, quindi, si va verso l'abbinamento con le europee nella giornata del 26 maggio. Quest'ultima è l'unica data utile
per lo svolgimento della tornata europea, con urne aperte dalle 7 alle 23, mentre le amministrative, in base all'articolo 5 della legge regionale 19 del 2013, devono tenersi in una domenica compresa tra il 15 aprile e il 15 giugno 2019. «Da quando la Regione ha acquisito la competenza in materia di elezioni degli organi degli enti locali - ha spiegato Roberti -, è sempre stata disposta la contemporaneità delle elezioni amministrative con le elezioni europee (anni 1999, 2004, 2009 e 2014), e ciò in ragione degli evidenti risparmi di spesa che ne discendono, nonché del minore disagio arrecato agli istituti scolastici che devono mettere a disposizione i propri locali per l'allestimento dei seggi». La fissazione della data delle elezioni municipali è di competenza della giunta - su proposta dell'assessore alle Autonomie locali - che deve provvedere non oltre il 60º giorno precedente a quello della votazione: in questo caso, appunto, il 27 marzo, dead line entro la quale l'esecutivo Fvg dovrà deliberare. «Posto che comunque vi è l'assoluta certezza sullo svolgimento delle elezioni europee il 26 maggio, sottoporrò - così Roberti - all'approvazione della giunta la deliberazione di fissazione della data delle Comunali in contemporaneo svolgimento con le elezioni europee prima della formale convocazione dei comizi a livello nazionale».E con la conferma dell'election day sarà certo anche il termine di presentazione delle candidature alle Amministrative, termine che cadrà a Pasquetta (22 aprile), quindi una giornata festiva. Tuttavia, proprio per evitare l'inconveniente, è già stata prevista in legge, nello specifico nel disegno di legge regionale 40, l'anticipazione di questo termine di una settimana: chi vorrà correre per una carica nei prossimi Consigli comunali dei 118 municipi al voto, quindi, avrà tempo fino al 16 aprile. Ma il Comune resta il principale punto di aggregazione Mentre al Governo si discute di "Autonomia", nella nostra Regione il tema principale è quello dell'ente che dovrà sostituire le Province. Sarebbe però opportuno non usare più questo termine che può indurre in equivoco. Le "vecchie" Province infatti sono state cancellate dal nostro Statuto nel 2016 mentre nel resto del Paese sono rimaste, sebbene ormai private di un ruolo significativo avendo perduto il carattere originario di articolazione primaria dello Stato centrale.È opinione diffusa che lo spazio rimasto in tal modo vuoto richieda la individuazione di una nuova "Comunità" autonoma, ad un tempo politica ed istituzionale, che si proietti sul territorio dei comuni chiamati a farne parte. A livello nazionale la strada sarà più lunga perché l'articolo 117 della Costituzione riserva allo Stato un amplissimo potere sulle autonomie locali, compresa la definizione delle funzioni fondamentali. Quanto al Fvg invece il problema è diverso non solo perché, come appena ricordato, le Province sono state definitivamente espunte dall'ordinamento, ma soprattutto perché la Regione autonoma ha competenza primaria sugli enti locali, il che dovrebbe consentire ad essa di intervenire anche nella fase della individuazione e del disegno dei nuovi enti intermedi e non solo in quella della assegnazione delle competenze. Ciò tuttavia presuppone, come si è detto all'inizio, che il percorso coinvolga l'intero sistema degli enti locali, cioè il relativo ordinamento perché così recita testualmente l'articolo 4 punto 1 bis dello Statuto.In altre parole esso appare consentire alla Regione di disegnare un nuovo ente intermedio, autonomo, che promani dalla potestà legislativa del Fvg sino a coinvolgere anche i Comuni che rappresentano il terminale simmetrico del sistema. Sui contenuti da affidare alle nuove Comunità il problema appare più semplice. Si tratta di dare risposta a due necessità principali: ridisegnare l'Ente Regione secondo il principio della sussidiarietà verticale e mettere a disposizione dei Comuni strutture di servizio essenziali per sollevarli
da adempimenti ai quali non riescono a provvedere autonomamente. Il richiamo alle esigenze dell'amministrazione locale non è inconferente dal momento che la complessità normativa e gli appesantimenti burocratici hanno precipitato i Municipi, soprattutto i più piccoli che sono anche i più numerosi, in una situazione insostenibile, imponendo ai sindaci eletti sacrifici al limite dell'eroismo. I Comuni in generale e quelli della nostra regione in particolare, anche se di pochi abitanti, non vanno però sacrificati in nome di un efficientismo che porterebbe all'annullamento di una eredità storica e sociale irrinunciabile.In una fase di progressivo disconoscimento dei valori identitari, il Comune di appartenenza rimane infatti il primo e il principale punto di aggregazione e la base di ogni relazione tra il singolo e l'universo pubblico. il confronto dell'afe Le future Province infiammano il dibattito E la Lega prende tempo Alessandro Cesare UDINE. Lo spunto per parlarne l'ha dato l'Associazione Friuli Europa (Afe), riunendo attorno a un tavolo politici di maggioranza e opposizione. A essere protagonista è stato il futuro assetto istituzionale della Regione, ormai non più determinato dagli equilibri territoriali e dalle compensazioni tra le sue diverse componenti, ma bisognoso di un ripensamento. E la visione contrastante tra maggioranza e opposizione è emersa in tutta la sua evidenza ascoltando gli interventi dei capigruppo di Pd e Lega, Sergio Bolzonello e Mauro Bordin. Il primo ha voluto tornare sulle Unioni territoriali intercomunali, le "famigerate" Uti affossate dalla giunta Fedriga e da molti Comuni: «Ci hanno accusato di aver distrutto l'assetto istituzionale senza una visione. Non è stato così - ha chiarito Bolzonello -, avremo anche sbagliato ad applicare la riforma, ma la visione c'era, e puntava a una Regione più snella con un rafforzamento dei Comuni». Il capogruppo dei dem è convinto che non si debbano dividere le diverse anime del Fvg: «Se pensiamo di tornare indietro alla contrapposizione tra Friuli e Trieste mettiamo già in conto di perdere Gorizia e Pordenone. Non dobbiamo immaginare una Regione per territori, ma una Regione territorio. Le Uti andavano individuate non sugli ambiti socio- assistenziali, ma sui sistemi socio economici esistenti. Da qui dovremmo ripartire».Diversa la visione di Bordin: «Abbiamo ereditato una situazione non facile, con una Regione "gonfia" di competenze e troppo burocratizzata, senza più Province e con Comuni allo stremo. Stiamo intervenendo ma ci vorrà tempo. Prima pensiamo a come garantire un servizio adeguato ai cittadini, poi ci occuperemo della delimitazione territoriale dei nuovi enti che saranno filtro tra cittadini e Regione». La discussione, introdotta dal vicepresidente di Afe, Sandro Fabbro, è stata lanciata da Giorgio Cavallo, che ha parlato di una Regione lontana dalla gente, «incapace di tenere insieme le mutate esigenze dei territori. Bisogna trovare una sintesi per tornare allo spirito che portò alla nascita del Friuli Venezia Giulia come Regione autonoma». Tra gli intervenuti, anche il coordinatore di Progetto Fvg, Ferruccio Saro: «Dobbiamo pensare a forme istituzionali che salvino le identità ma consentano un dialogo, anche economico, tra i diversi territori».
IL PICCOLO 11 MARZO 2019 L'assessore alla Sanità Riccardi replica agli attacchi della maggioranza «Dicono che c'è chi può fare meglio? Posso anche dedicarmi ad altro» «Il fuoco amico? C'è qualcuno che parla senza sapere cosa dice. Se vogliono vado via» L'INTERVISTA Marco Ballico «Stupito dal fuoco amico? Dopo 10 mesi, non più». Riccardo Riccardi è convinto di aver fatto sin qui un buon lavoro da assessore regionale alla Sanità e di poterlo completare al meglio in un 2019 che, dopo il riassetto della governance, servirà a definire la programmazione. Ma, di fronte alle critiche che arrivano dalla politica e dal sistema, non ci sta più. E si dice pronto perfino a lasciare l'incarico se solo vedesse venir meno la fiducia di Massimiliano Fedriga o della maggioranza. «Al momento non è così», osserva: «Ma, se mi diranno che c'è qualcuno che può fare meglio di me in quel settore, non servirà che mi mandino via. Me ne vado da solo».Assessore, l'attacca pure il suo partito.La sola novità è che, dopo tanti mesi, stavolta ho risposto.Lo ha fatto con più durezza alla coppia Stabile-Zalukar, sempre critica con la prima parte della sua riforma, e non solo. Che cosa li spinge? Stabile e Zalukar difendono le loro tesi. Ma mi pare sia pretestuoso contestare gli effetti di una riforma che, per adesso, riguarda solo l'assetto del modello di governo, mentre della pianificazione socio- sanitaria abbiamo appena iniziato a discutere. Le ragioni degli attacchi credo siano altre. Le immagina?Qualcuno si aspettava di poter entrare nel comitato dei saggi. Io, per Trieste, mi sono sentito di chiedere la disponibilità del professor Sinagra. C'è qualche retroscena legato alla più ampia sfera camberiana?Non lo voglio credere. E nemmeno lo rilevo. Antipatie personali oppure o no, ci sono mal di pancia anche in maggioranza. Progetto Fvg chiede un approfondimento sugli sviluppi della riforma, Giacomelli punge sulla gestione del 112. Non faccio l'assessore perché ho vinto un concorso. Se si fa avanti qualcun altro, gli consegno le chiavi. Se vuole farlo Bini, io posso prendere le Attività produttive. Se a Fratelli d'Italia non piace come lavoro, può venire Scoccimarro e io mi prendo l'Ambiente. Ma posso anche andare a fare altro davvero.Crede che le prossime amministrative siano uno dei motivi per cui la civica prova ad attaccare Forza Italia cercando di colpire un suo esponente di punta?A un collega che cerca di mettermi in difficoltà potrei rispondere in tanti modi, cercando anche le motivazioni, ma preferiscono non farlo. Una maggioranza non può essere una caserma, ma neanche un casino. Fui molto criticato per non aver partecipato a un convegno sulla manovra sblocca-cantieri organizzato da Progetto Fvg. Non ci andai non perché non fossi interessato, tanto più che ho la delega alla Protezione civile, ma solo per il dovuto rispetto all'assessore competente Pizzimenti, che non era stato invitato. Quando si sta in una squadra, bisogna avere il rispetto delle persone. Se saltano queste regole, si sa da dove si comincia, ma non dove si va a finire. Cito solo dei fatti, non ce l'ho con nessuno.
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