Popolare di Bari. Come anticipato dal nostro giornale Jacobini si è dimesso lasciando la presidenza al nipote Vito Giannelli

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Popolare di Bari. Come anticipato dal nostro giornale Jacobini si è dimesso lasciando la presidenza al nipote Vito Giannelli
Popolare di Bari. Come anticipato
dal nostro giornale Jacobini si è
dimesso lasciando la presidenza al
nipote Vito Giannelli

                                           BARI – Il presidente della
Popolare di Bari Marco Jacobini in scadenza di mandato a fine anno si
è dimesso . Una decisione che arriva a tre giorni dopo la nomina del
nuovo Cda. Nella stessa seduta consiliare, Gregorio Monachino, si è
dimesso a sua volta dalla carica di direttore generale, venendo
nominato per cooptazione nel nuovo membro del consiglio di
amministrazione. La Banca ha ringraziato il presidente
dimissionario Jacobini e i “componenti del cda uscente per il lavoro
svolto“.

Al suo posto come domenica scorsa il nostro giornale aveva anticipato
è stato nominato il nipote Gianvito Giannelli. “Certo non resto
incollato alla poltrona” aveva dichiarato Jacobini al termine del
consiglio di amministrazione che aveva eletto il nuovo Cda. Da sempre
alla guida dell’istituto di credito barese, Marco Jacobini lascia
oggi la presidenza della banca in una crisi economica profonda e
pesante con una perdita è di 420 milioni) , che si è salvata salvato
soltanto da una Legge del Governo che grazie alla possibilità di
spostare alcune poste in bilancio, ha consentito di poter evitare il
“crack”.

La Banca Popolare di Bari è stata fondata negli anni Sessanta da Luigi
Jacobini, il padre dell’attuale presidente appena dimessosi Marco, e
contava su pochi soci. Marco Jacobini entra nel 1978 in banca ed 11
anni dopo, nel 1989 arriva alla guida comando . Con il passare degli
anni arrivano ai vertici anche i suo figli Luigi (attuale
vicedirettore generale) e Gianluca ( condirettore generale). La banca
cresce con 29 acquisizioni. Gli azionisti passano da 50 mila a 69 mila
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in pochi anni. I dipendenti crescono fino agli attuali 3 mila, con
centinaia di filiali in varie regioni.

La Popolare di Bari       aveva chiuso il bilancio con un rosso
profondissimo. Attorno a tutto questo le ispezioni della Consob ,
quella ancora in corso di Banca d’Italia, e le inchieste della Procura
di Bari, per truffa, false comunicazioni agli organi di vigilanza che
vede, a vario titolo, indagati alcuni vertici dell’istituto barese e
lo stesso Jacobini .

La Bpb è finita infatti al centro di alcuni fascicoli aperti dalla
Procura di Bari, con indagini complesse coordinate dal procuratore
aggiunto Roberto Rossi, come ad esempio quelle riguardanti alcuni fidi
milionari che la banca barese ha concesso ad aziende sull’orlo del
fallimento. Un altro filone delle indagine è incentrato sui prestiti
rilasciati a degli imprenditori con la condizione che una parte
fossero destinati all’acquisto di azioni della Bpb. Nel marzo scorso
la Procura barese ha fatto notificare a Marco Jacobini ed a Vincenzo
De Bustis (all’epoca dei fatto direttore generale)       un avviso di
conclusione delle indagini per un caso riguardante proprio l’acquisto
di titoli azionari.

Al via il progetto di educazione
finanziaria negli uffici postali di
Poste Italiane
ROMA – Poste Italiane ha dato      il via al progetto di Educazione
finanziaria negli uffici postali. Un programma di portata nazionale
nel segno delle politiche di inclusione e sostenibilità con
l’obiettivo di contribuire a migliorare le competenze dei cittadini in
materia economico-finanziaria e aumentarne la consapevolezza nelle
scelte di risparmio, investimento e conoscenza dei nuovi strumenti
finanziari nell’era digitale.
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Il calendario di incontri con gli esperti si è aperto il 16 maggio a
Roma nell’ufficio postale di via Marmorata. Nella prima fase del
progetto, che si svolgerà tra maggio e giugno, sono previsti altri
sette seminari di cui altri due a Roma e uno ciascuno a Napoli,
Palermo, Torino, Bologna e Treviso. Ciascun evento prevede tre giorni
di sessioni didattiche della durata di 30 minuti ciascuna. Al centro
degli interventi degli esperti finanziari di Poste Italiane le
questioni di macroeconomia e finanza finalizzate a dare ai cittadini
il giusto supporto nelle scelte di risparmio e investimento
responsabili.

L’iniziativa è aperta a tutti e prende spunto dagli studi di molte
istituzioni internazionali e nazionali (Ocse, Banca d’Italia, Consob,
Censis, S&P Global financial literacy survey) che segnalano un deficit
di conoscenza degli italiani nelle materie finanziarie rispetto ad
altri Paesi, con gli indicatori che collocano l’Italia tra l’ultimo e
il penultimo posto tra i Paesi del G20.

 Il gruppo Poste Italiane in questo quadro ha deciso di offrire il
proprio contributo di competenza all’interno delle strategie elaborate
dal Comitato sull’educazione finanziaria, istituito nell’agosto del
2017 dal Ministero dell’Economia e delle Finanze con l’obiettivo di
“promuovere e coordinare iniziative utili a innalzare tra la
popolazione la conoscenza e le competenze finanziarie, assicurative e
previdenziali e migliorare per tutti la capacità di fare scelte
coerenti con i propri obiettivi e le proprie condizioni”.

Il progetto Educazione finanziaria si muove quindi nel segno della
tradizionale attenzione di Poste Italiane alle esigenze del cittadino
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e in coerenza con la sua storica vocazione di azienda socialmente
responsabile che aderisce ai principi internazionali ESG, promossi
dall’Organizzazione delle Nazioni Unite.

Consob, Savona presidente: semaforo
verde.... (a rischio) dal Senato

                                            ROMA – Via libera alla
nomina di Paolo Savona alla presidenza della Consob, la commissione
che vigila sui mercati finanziari. E’ arrivato il parere favorevole
dalla Commissione Finanze del Senato sulla proposta di nominare l’ex
ministro all’Autorità , indicato dal Governo composto dalla Lega e
Movimento 5 Stelle . La decisione è arrivato con 12 voti a favore , 9
contro ed un astenuto, come ha reso noto la senatrice Laura Bottici
(M5s) al termine dei lavori della commissione

Dopo l’ufficializzazione della votazione, Fratelli d’Italia ha
chiamato in causa la presidente del Senato Elisabetta M. Casellati
segnalando che “il presidente Bagnai con il voto di oggi in
Commissione Finanze sul parere alla nomina del professor Savona alla
presidenza della Consob si è assunto una grande responsabilità“. A
sostenerlo è il senatore FdI, Andrea de Bertoldi.

Secondo Fratelli d’Italia, il voto della commissione al Senato
“rischia non soltanto di essere invalidato ma di esporre le future
decisioni della Commissione nazionale per le società e la Borsa al
rischio di ricorsi e di annullamenti, qualora venissero confermati i
dubbi di compatibilità del professor Savona con la nomina a presidente
Consob sulla base dei suoi incarichi pregressi. Dubbi che non sono
stati fugati e che proprio l’audizione della scorsa settimana del
professor Savona aveva rafforzato. Per questo avevo chiesto al
presidente Bagnai di soprassedere al voto e di audire enti pubblici ed
esperti della materia, al fine di verificare la sussistenza o meno di
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cause di incompatibilità. Cosa che purtroppo non è avvenuta”.

Savona in audizione avuta al Senato, ha ricorda come la Consob “non è
l’unica istituzione che presiede alla tutela del risparmio” e la
definisce una organizzazione “ben strutturata mi dicono con punte di
eccellenza“. “Ritengo che il Governo e il Parlamento – continuò Savona
– abbiano legali capaci di rispondere” ai dubbi sorti sulla
legittimità della nomina a presidente della Consob: se dovesse
arrivare un via libera “sarò orgoglioso” di assumere l’incarico,
“altrimenti non brigherò, come non ho brigato per mantenerlo. Dopo
aver ribadito di essere “sempre al servizio degli interessi del
Paese”, Savona aveva concluso : “Non sono assolutamente attaccato
all’incarico proposto, non mi resta che aspettare il giudizio“. E
circa la “potenziale influenza per le mie passate esperienze” di
governo, Savona ha contestato “che ci sono altri 4 membri in
commissione; non potrei mai far passare una delibera che no fosse
nell’interesse generale“. Infine, “quanto all’età, facendo i debiti
scongiuri. me la sento“.

La Procura di Bari sequestra altri
documenti alla BPB. La Consob
sanziona l'istituto e la quotazione
in Borsa diventa sempre più
lontana...
BARI – L’inchiesta della Procura sulla Banca Popolare di Bari
coordinata dal procuratore aggiunto Roberto Rossi si espande
attraverso nuovi sequestri di documentazioni, a conferma che
contrariamente a quanto sostenevano i vertici della Popolare di Bari,
l’indagine giudiziaria non è assolutamente arrivata a conclusione e
quindi difficilmente arriverà un’archiviazione. L’acquisizione dei
nuovi documenti è stata disposta dalla Procura , che negli ultimi mesi
ha approfondito i filoni investigativi relativi alle ipotesi di
truffa, ostacolo alla vigilanza, falso in bilancio e maltrattamenti.
Invece nel marzo scorso è stata definitivamente accantonata ed
archiviata dallo stesso procuratore Rossi l’ipotesi investigativa di
una regia comune che avrebbe organizzato le condotte illecite,
richiesta condivisa dal gip Francesco Pellecchia che ha disposto
l’archiviazione per quella ipotesi di reato e la restituzione degli
atti al pm.
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il procuratore aggiunto della Procura di Bari, Roberto Rossi

Nel fascicolo in questione risultano indagati dall’ agosto 2017 il
presidente Marco Jacobini; i due figli di Jacobini, Gianluca e Luigi;
l’ex direttore generale Vincenzo De Bustis ; il dirigente dell’area
contabilità e bilancio della Popolare, Elia Circelli, ed Antonio
Zullo a capo dell’ufficio Rischi . L’inchiesta venne avviata a seguito
della denuncia di un ex funzionario, che segnalò ai vertici
dell’istituto bancario barese delle irregolarità nell’acquisizione di
Banca Tercas, e per questo motivo sarebbe stato successivamente
“mobbizzato” e persino licenziato dai vertici della Banca Popolare di
Bari.
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Fu questa la molla che lo spinse a svelare agli inquirenti i segreti
della più grande banca pugliese, che a sua volta lo contro-denunciò,
ma nonostante lo squallido tentativo della BPB di difendersi
denunciando il proprio dipendente licenziato, l’inchiesta relativa
fatti avvenuti tra il 2013 e il 2016 non si è fermata ed è andata
avanti arricchendosi di ulteriori informazioni grazie alle evidenze
investigative della Guardia di Finanza e da alcune consulenze
acquisite.
I punti su cui si è concentrata la massima attenzione dei magistrati
inquirenti sono molto tecnici, ma anche collegati direttamente ai
danni lamentati da migliaia di piccoli azionisti, molti dei quali
hanno depositato denunce, altri sono stati ascoltati come persone
informate sui fatti. Per ora all’attenzione del procuratore Rossi c’è
la relazione redatta dai consulenti e dai militari della guardia di
finanza insieme agli ultimi atti recentemente acquisiti. La decisione
sul futuro della Popolare di Bari è racchiusa in queste carte.
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I vertici della Banca Popolare di Bari         lo sanno molto bene,
sopratutto dopo che sono stati sanzionati dalla Consob a pagare 2,6
milioni di euro , una decisione “pesante” che può cambiare gli
equilibri nel contenzioso in corso tra laPopolare e migliaia di
azionisti che hanno portato negli ultimi anni la banca in tribunale
per ottenere la restituzione dei propri soldi investiti, ma di fatto
“bruciati” dall’acquisto di azioni della Banca rivelatesi di fatto
invendibili. Il provvedimento della Consob è importante perché
all’origine di quelle sanzioni ci sono motivazioni molto gravi.
Il collegio della Consob ha stabilito infatti che i provvedimenti,
notificati ad almeno una ventina di persone, debbano essere pubblicati
sul Bollettino dell’Autorità. Le sanzioni comminate alla banca quale
“responsabile in solido” ammontano a circa 1,8 milioni sui 2,6
complessivi. I fatti per i quali sono state accertate le violazioni
(articoli 21 e 94 del Tuf) riguardano le modalità di determinazione
del prezzo degli aumenti di capitale (per complessivo valore di 330
milioni) varati dalla banca nel 2014 e nel 2015 e le omissioni di
informazioni in merito a queste modalità presenti nei prospetti
informativi.
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I passaggi più delicati, però chiamano in causa oltre a board,
collegio sindacale, il presidente Marco Jacobini e i manager Luigi e
Gianluca Jacobini, ma anche l’ex dg Vincenzo De Bustis riguardano la
“profilatura” dei clienti, ai quali secondo l’Autorità sono stati
venduti strumenti come titoli azionari, bond subordinati ma anche
proposti finanziamenti baciati    cioè finalizzati, all’acquisto delle
azioni della stessa banca), nonostante la loro propensione del rischio
in base alle normative vigenti al periodo risultasse bassa (a fine
2016 il 36,5% dei clienti, 29 mila, “presentava un portafoglio
inadeguato“).

Le contestazioni mosse dalla Consob hanno origine in buona parte a
seguito di una verifica ispettiva della Banca d’Italia, disposta nel
2016 anche per alcuni accertamenti condivisi con Consob. La vigilanza
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ha individuato almeno 10 finanziamenti baciati, che va chiarito non
sono vietati, ma l’Autority contesta il fatto che i soggetti ai quali
sono stati proposti non presentassero come scritto in precedenza un
profilo di rischio adeguato. Il “punto centrale” dell’istruttoria si è
soffermato sulla gestione degli ordini di vendita dei titoli della
Popolare di Bari, la cui compravendita sul mercato secondario avveniva
fino alla metà del 2017 attraverso un sistema di negoziazione interno,
su una piattaforma gestita dall’area finanza della stessa banca.

Oltre 200 esposti nel 2016 avevano segnalato in particolare, un
intervento tardivo della banca nell’inserire gli ordini di vendita
delle azioni. Si evidenziano “errori operativi che hanno portato a non
inserire ordini di vendita inviati per corrispondenza, posta
elettronica o consegnati a mano», si legge. L’istruttoria rivela
«carenze procedurali ed errori operativi” oltre alla “mancanza di
presidi che assicurino la certezza della data di ricezione della
disposizione di vendita” che con l’inserimento tardivo degli ordini ex
post fatti dagli uffici, non hanno consentito di rispettare la
priorità temporale con la quale invece erano pervenuti gli ordini.

                                           “Tale circostanza assume un
particolare rilievo per quegli ordini che hanno trovato esecuzione
successivamente alla delibera assembleare del 24 aprile 2016, che ha
ridotto il prezzo dell’azione da 9,53 a 7,5 euro” si legge nella
decisione della Consob, che spiega al riguardo che la banca barese
“ha riconosciuto a 5 clienti , per complessivi 41 mila euro, le
perdite subite per la mancata esecuzione della vendita in aste
antecedenti la diminuzione del prezzo azionario“. Viene citato il caso
della società di costruzioni Debar (del costruttore barese Domenico De
Bartolomeo presidente di Confindustria Bari) che è riuscita a ottenere
l’inserimento ex post di un ordine del valore di 4,1 milioni: questo
serviva a ridurre un finanziamento concessole dalla stessa Popolare di
Bari per 5,15 milioni di euro.
La lentezza nell’esecuzione degli ordini si è manifestata quando
migliaia di soci hanno cercato di liberarsi dei titoli. Il loro prezzo
era stato determinato ed indicato dalla Popolare di Bari    nel 2014, a
9,53 euro (nell’aumento venne applicato uno sconto del 6%,
attestandosi a 8,95 euro) senza informare gli investitori degli esiti
della valutazione di Deloitte. La società di consulenza aveva usato
tre metodologie per valutare la banca; quella sul confronto rispetto
ai multipli impliciti di altri aumenti di capitale aveva mostrato come
il range di valore si attestasse tra 7 e 8 euro. Ma, osserva la
Consob, di tutto questo il consiglio di amministrazione della Banca
non ha tenuto conto e peraltro nulla è stato indicato nei prospetti.

La lettera di dimissioni di Nava
dalla Consob
di Mario Nava

La questione legale della mia posizione amministrativa è stata decisa
e validata da ben quattro istituzioni, Commissione europea, Presidenza
del Consiglio, Presidenza della Repubblica e Corte dei Conti, e non
necessita miei commenti ulteriori. La questione è quindi solo
politica. La Consob è indipendente, ma non può essere isolata. Consob
deve poter lavorare non solo con le altre autorità indipendenti, ma
anche con le istituzioni politiche. Sono stato chiamato a questo
incarico in quanto esperto autorevole delle norme e dei regolamenti
finanziari europei che disciplinano il mercato italiano.

Sono stato chiamato con l’obiettivo di rilanciare il mercato e
rilanciare l’Autorità nelle sue funzioni di vigilanza e protezione del
risparmio e dell’investimento. Sono stato chiamato con l’obiettivo di
integrare la Consob meglio nei vari consessi europei e internazionali.
Ho accetto l’incarico con gioia e entusiasmo. Ora però queste mie
caratteristiche e questi obiettivi sembrano essere considerati un
insormontabile ostacolo.

La richiesta di dimissioni per “sensibilità istituzionale” da parte
dei quattro capigruppo di Camera e Senato dei due partiti di
maggioranza sono un segnale chiaro e inequivocabile di totale non
gradimento politico. Il non gradimento politico limita l’azione della
Consob in quanto la isola e non permette il raggiungimento degli
obiettivi sopra ricordati. Responsabilmente quindi, senza alcuna vena
polemica, e avendo come unico obiettivo l’interesse più alto
dell’Italia, rimetto con dispiacere le mie dimissioni da Presidente
della Consob informandone la Commissione ai sensi dell’articolo 4.3
del Regolamento Consob.

Sono certo che il mio sacrificio personale rasserenerà gli animi,
dimostrerà quanto tengo personalmente all’indipendenza di questa
Autorità al di là dei miei interessi personali, e permetterà al
Governo di indicare un Presidente con caratteristiche ad esso più
congeniali. Permettetemi solo di chiudere con alcuni ringraziamenti.
Voglio ringraziare il Personale della Consob che nella sua stragrande
maggioranza si è dimostrato di altissimo livello e dotato di
grandissima professionalità. In pochi mesi abbiamo intrapreso
tantissime azioni, in tema di vigilanza, di ispezioni, di sanzioni, di
tutela del consumatore, di cooperazione con la Banca d’Italia, di
riforme interne, di arbitro finanziario, in materia di cooperazione
internazionale e abbiamo impostato le sei priorità per il Piano
operativo 2019-2021, che mi auguro sarà portato avanti con
determinazione dal mio successore.

Voglio ringraziare tutti gli operatori di mercato che ho incontrato in
questo periodo, e che mi hanno dimostrato una grande voglia di ben
fare e agire in questo paese. Voglio ringraziare il Ministro Padoan e
il Presidente Gentiloni e soprattutto il Presidente della Repubblica
Sergio Mattarella per la fiducia riposta in me e per il loro costante
supporto e vicinanza durante questo periodo.

Grazie e auguri di buon lavoro a tutti
Mario Nava

CdG Nava ha compiuto tutta la sua carriera nella Commissione europea.
Dal maggio del 2016 è stato direttore per il monitoraggio del sistema
finanziario e gestione delle crisi presso la Direzione generale
dedicata ai servizi finanziari. In precedenza, dal 2009 al 2013, fu il
responsabile dell’unità Banche e Conglomerati Finanziari. Dal 2004 al
2009, guidò l’unità Infrastruttura dei Mercati Finanziari, sempre alla
Commissione europea.

Popolare di Bari. Il comitato degli
azionisti ottiene decisione
favorevole dall’ Arbitro per le
Controversie Finanziarie
ROMA – Con la decisione
n.138 del 5 dicembre, l’ Arbitro per le Controversie
Finanziarie istituito dalla Consob ha accertato e dichiarato che la
Banca Popolare di Bari ha violato alcuni obblighi nella vendita delle
azioni nei confronti di una cliente, difesa dall’Avv. Antonio Pinto.
Questo nonostante l’azionista avesse firmato vari documenti contenenti
dichiarazioni a se sfavorevoli. Ha altresì condannato la Banca
Popolare di Bari a risarcire parzialmente l’azionista per i danni
subiti a causa dell’inadempimento. L’ACF ha quantificato i danni in
una misura pari alla differenza fra il prezzo di acquisto e l’ultimo
valore delle azioni risultante dalla quotazione attuale di 6,30 euro.
Oltre ad interessi e rivalutazione monetaria. L’Acf non ha invece
accolto la domanda di invalidità del contratto di acquisto e quindi
l’azionista rimane titolare delle azioni.

                                           Il presidente del Comitato
Canio Trione ha sottolineato che è la prima decisione ottenuta dai
legali del Comitato degli azionisti della Banca Popolare di Bari ,
composto da sette associazioni di consumatori, Codici, Codacons,
Adusbef,    Adiconsum,    Unc,   Assoconsum     e  Confconsumatori.
“Auspichiamo che la banca assieme al Comitato pervenga al più presto
alla individuazione di soluzioni di “sistema”,che vadano incontro alle
richieste dell’intera platea dei risparmiatori-azionisti della banca.
Sforzo che, ove necessario, deve coinvolgere anche le Istituzioni
pubbliche.“
L’Avv. Vincenzo Laudadio (Adusbef) ha precisato che: “se la banca non
dovesse ottemperare alle decisioni dell’ACF, come Comitato proporremo
di fare quello che la legge ci consente, ossia chiedere a un
Tribunale, con un procedimento di cognizione sommaria ex art. 702 bis
c.p.c., di condannare la banca a risarcire quanto dovuto“.
L’Avv. Alessandro Amato (Codacons) chiede che la banca descriva al
Comitato ed agli azionisti l’operazione di cessione dei crediti
deteriorati, di cui il 5 dicembre sono stati divulgati sul sito BPB
alcuni termini, chiarendo meglio i contenuti dell’operazione e le
conseguenze sul prossimo bilancio.
Il Comitato degli azionisti della Banca Popolare di
Bari inoltre ha reso noto che la Corte Costituzionale ha fissato per
il prossimo 20 marzo 2018 l’udienza per la discussione sulla
costituzionalità della legge di conversione 3/2015 del D.L. 33/2015
sull’obbligo di trasformazione in SPA delle Banche Popolari con attivo
patrimoniale netto superiore ad 8 mld di euro e sulla relativa
compressione del diritto di recesso prevista dalle suddette norme,
ricorso che ha visto tra i promotori la stessa Adusbef.

Multe dell’Antitrust per 15,35
milioni alle società che
proponevano diamanti come
investimento

                                           ROMA -L’ Autorità per la
concorrenza ed il mercato, meglio nota come Antitrust ha reso noto che
“Le sanzioni irrogate sono state in un caso, pari complessivamente a
9,35 milioni (2 milioni per Idb, 4 milioni per Unicredit, 3,35 milioni
per Banco BPM) e nell’altro caso pari complessivamente a 6 milioni (1
milione per Dpi 3 milioni per Banca Intesa; 2 milioni per Mps). I
profili di scorrettezza riscontrati per entrambe le società hanno
riguardato le informazioni ingannevoli e omissive diffuse attraverso
il sito e il materiale promozionale dalle stesse predisposto in
merito: al prezzo di vendita dei diamanti, presentato come quotazione
di mercato, frutto di una rilevazione oggettiva pubblicata sui
principali giornali economici; all’andamento del mercato dei diamanti,
rappresentato in stabile e costante crescita; all’agevole
liquidabilità e rivendibilità dei diamanti alle quotazioni indicate e
con una tempistica certa; alla qualifica dei professionisti come
leader di mercato“.

L’ Autorità al termine delle due istruttorie ha sostenuto che in
realtà   “alla luce delle risultanze istruttorie è emerso che le
quotazioni di mercato erano i prezzi di vendita liberamente
determinati dai professionisti in misura ampiamente superiore al costo
di acquisto della pietra e ai benchmark internazionali di riferimento
(Rapaport e IDEX); l’andamento delle quotazioni era l’andamento del
prezzo di vendita delle imprese annualmente e progressivamente
aumentato dai venditori; e le prospettive di liquidabilità e
rivendibilità erano unicamente legate alla possibilità che il
professionista trovasse altri consumatori all’interno del proprio
circuito“.

                                           L’Antitrust ha inoltre,
accertato nelle due istruttorie che gli “istituti di credito,
principale canale di vendita dei diamanti per entrambe le imprese,
utilizzando il materiale informativo predisposto da Idb e Dpi,
proponevano l’investimento a una specifica fascia della propria
clientela interessata all’acquisto dei diamanti come un bene rifugio e
a diversificare i propri investimenti. In particolare sul ruolo delle
banche, il fatto che l’investimento fosse proposto da parte del
personale bancario e la presenza del personale bancario agli incontri
tra i due professionisti e i clienti, forniva ampia credibilità alle
informazioni contenute nel materiale promozionale delle due società,
determinando molti consumatori all’acquisto senza effettuare ulteriori
accertamenti”.

 L’Antitrust spiega di aver anche accertato “la violazione da parte di
Idb e Dpi dei diritti dei consumatori nei contratti in merito al
diritto di recesso e, per Idb, anche al foro competente in caso di
controversie“. Le istruttorie, svolte con la collaborazione della
Consob e con “accertamenti ispettivi” della Guardia di Finanza, sono
partite da una segnalazione di alcune associazioni di consumatori .

Indagati i vertici della Banca
Popolare di Bari: associazione per
delinquere, truffa, ostacolo
all’attività della Banca d’Italia e
false dichiarazioni alla Consob

                                          ROMA – Il top management
della Banca Popolare di Bari che annovera 70mila soci con      3.500
dipendenti, rischia seriamente di finire sotto processo a seguito di
nuova inchiesta della magistratura barese che riguarda anni di
gestione irregolare, bilanci in perdita, prestiti “allegri”… ed un
bilancio appesantito dalle recenti acquisizioni della Tercas, (l’ex-
Cassa di Risparmio di Teramo) con dietro le quinte una torbida storia
di maltrattamenti ed estorsione ai danni di un funzionario ritenuto
troppo solerte.

E’ conseguenza dalla nuova indagine affidata dalla Procura ai
finanzieri del Nucleo di polizia tributaria e che è già arrivata a un
primo passo non indifferente: per la prima volta il vertice del più
grande istituto di credito pugliese è finito nel registro degli
indagati e con accuse abbastanza serie. Indagati presidente Marco
Jacobini,     i   suoi    due   figli       ,   Gianluca     e   Luigi
Jacobini (rispettivamente condirettore generale e vicedirettore
generale), l’ex       direttore generale Vincenzo De Bustis,
precedentemente amministratore delegato del Monte dei Paschi di Siena
e della Deutsche Bank, il dirigente dell’ufficio rischi Antonio Zullo
del il responsabile della linea contabilità e bilancio Elia Circelli.

Con esclusione del solo De Bustis che è accusato soltanto di
“maltrattamenti“, tutti gli altri sono indagati per “associazione per
delinquere, truffa, ostacolo all’attività della Banca d’Italia” e
“false dichiarazioni nel prospetto informativo depositato alla
Consob”. Nei confronti di Marco Jacobini e dei suoi due
figli Gianluca (nella foto a lato) e Luigi anche i reati di “concorso
in maltrattamenti” ed “estorsione” . La vicenda seguita dal
procuratore aggiunto Roberto Rossi, si colloca un arco temporale che
va dal 2013 al 2016, quando sono state svelate tutte le irregolarità
nascoste nei bilanci dell’istituto di credito da una gola profonda :
un funzionario incaricato di mettere a posto i documenti delle
pratiche presso l’ufficio rischi, il quale sarebbe stato troppo,ligio
al dovere segnalando ai vertici della Banca tutte le irregolarità
emerse durante la sua attività di verifica e controllo.

Queste segnalazioni, che in buona parte erano relative alla fase
dell’acquisizione di Tercas, non sarebbero state gradite dal vertice
della Popolare di Bari , al punto che il ligio funzionario sarebbe
stato “mobbizzato” e successivamente licenziato in tronco. Azione di
forza questa che però non ha fermato il bancario ed ha sortito un
effetto contrario e negativo. Infatti il funzionario si è presentato
in Procura raccontando tutto quello che riteneva illecito, elencando
con minuzia e nel dettaglio numeri e fatti, prima di intraprendere
contro di loro un procedimento per mobbing.

                                          Lo scorso dicembre gli
investigatori della Guardia di Finanza di Bari       che già stavano
indagando da tempo sulle attività anomali della più grande banca di
Puglia, hanno reperito nuovo riscontri documentali a delle ipotesi
investigative di un’un’altra indagine già aperta coordinata dai pm
Lydia Giorgio e Federico Perrone Capano, emerse durante l’analisi
delle documentazioni sequestrate con l’ipotesi di reato (all’epoca dei
fatti, a carico di ignoti) per ostacolo alle funzioni delle autorità
pubbliche di vigilanza . Nello stesso periodo in cui il funzionario
svelata i retroscena delle operazioni creditizie della banca, i
finanzieri hanno perquisivato le tre sedi baresi, portando via
documenti utili a ricostruire “il rilascio di linee di credito, in via
diretta o indiretta, con l’acquisto di azioni“.

La Procura ritiene in merito alla precedente inchiesta che il vertice
della Popolare di Bari per agevolare alcuni grossi azionisti, gli
ordini di vendita dei titoli sarebbero stati inseriti manualmente
senza rispettare l’ordine cronologico e violando così il principio
della parità di trattamento dei soci: operazione questa in danno dei
piccoli azionisti. Una delle contestazioni riguarda la vendita, prima
che venissero deprezzate, delle 430mila azioni della Banca Popolare di
Bari contenute nel portafoglio della società barese Debar. Alla quale
– secondo l’accusa ipotizzata degli investigatori – sarebbe stato reso
possibile di poter vendere le azioni nell’asta interna del marzo 2016,
cioè   poco prima dell’assemblea dell’aprile successivo, quando le
stesse azioni subirono un tracollo e deprezzamento del 20 per cento
scendendo da 9,53 a 7,50 euro. Anche in questa inchiesta la Procura di
Bari ipotizza il reato di ostacolo alle attività degli organi di
vigilanza.

Gli inquirenti stanno svolgendo accertamenti anche sulle modalità
di acquisizione di Tercas, la ex Cassa di Teramo. Nel dicembre 2016
la banca era stata oggetto di una perquisizione nell’ambito
dell’inchiesta sul presunto ostacolo alle attività di Bankitalia. La
Banca Popolare Bari avrebbe dovuto trasformarsi in spa se il Consiglio
di Stato non avesse sospeso, appellandosi alla Consulta, la riforma
che eliminava il principio “una testa un voto” negli istituti con
oltre 8 miliardi di attivi.

La 1semestrale dell’ anno la Banca controllata dalla famiglia
Jacobini, non è stata una bella semestrale, che ha visto il
rallentamento la dinamica delle sofferenze lorde (-0,6% nei sei mesi),
mentre si confermano consistenti i livelli di copertura: 61,7% per le
sofferenze, 43% per i crediti deteriorati nel loro complesso.In
relazione ai dati reddituali, il margine di intermediazione, pari a
202 milioni, si contrae del 7,9% rispetto alla semestrale 2016, a
causa del persistere di un contesto di tassi bassi e conseguente
riduzione del margine di interesse, e del calo dell’apporto
dell’intermediazione sul portafoglio titoli, mentre beneficia di una
significativa crescita delle commissioni nette (+9,9%) Il Gruppo sta
completando una ulteriore operazione di cartolarizzazione di posizioni
a sofferenza, per un importo di circa 350 milioni, per la quale,
replicando la cessione del 2016, intende avvalersi della Garanzia
dello Stato (GACS). Cioè alla fine paga sempre “pantalone”…

È stata altresì contabilizzata la svalutazione integrale della quota
del Fondo Atlante investita nel salvataggio delle due banche venete
per una cifra pari a 23,6 milioni di euro In funzione di quanto sopra,
il risultato netto semestrale, inclusa la quota di pertinenza di
terzi, evidenzia una perdita di 2,6 milioni (2,3 milioni al netto
della quota dei terzi).
Immediatamente la stampa barese,
con in testa la Gazzetta del Mezzogiorno, di cui è bene ricordare la
Banca Popolare di Bari detiene in pegno il 30% delle azioni, ha alzato
le barricate difensive, sostenendo che “non può crollare: se ciò
accadesse, i danni per l’economia regionale sarebbero incalcolabili” ,
e che la Popolare di Bari “regge da sola un pezzo importante
dell’economia della città di Bari e della Puglia ed ha garantito
prestiti a migliaia fra imprese e famiglie“. L’istituto di credito
barese con una nota con riferimento alla notizia sull’indagine in
corso della magistratura barese coadiuvata dalla Guardia di Finanza si
difende : “Le dichiarazioni rancorose di un dipendente licenziato per
giusta causa è bene che siano oggetto di ogni approfondimento da parte
della Procura, per consentire poi alla Banca Popolare di Bari di agire
nei confronti dell’autore di tali inaccettabili propalazioni».

“Sia chiaro per la Banca contano solo i fatti, gli atti, i numeri, la
trasparenza delle procedure e, di conseguenza, la fiducia dei soci e
dei clienti – prosegue la nota – E’ così fortemente auspicabile che
gli accertamenti (a cui vi è ampia disponibilità a cooperare) siano
rapidi, per sostituire al clamore mediatico, la certezza della
correttezza dei comportamenti tenuti”.
Qualcuno non ha spiegato
qualcosa alla famiglia Jacobini, e cioè che quello che conta è il
rispetto delle norme di Legge, che è uguale per tutti e quindi
invocare la rapidità è sintomo di debolezza ed arroganza nello stesso
tempo. Le indagini hanno per legge dei loro tempi, e la Guardia di
Finanza deve poter lavorare serenamente, per tutelare gli azionisti ed
il mercato. che non sembrano molto entusiasti dell’operato della
vertice della banca e delle loro decisioni ed iniziative. Sono molti
piccoli azionisti che hanno aderito a un comitato di tutela gestito
dalle associazioni dei consumatori dopo che la Banca lo scorso anno ha
svalutato le azioni del 21% a 7,5 euro.

Confindustria invia ai suoi
vertici un elenco
di domande/risposte per limitare le
accuse di “Report”
di Marco Ginanneschi

ROMA – 19 dichiarazioni “confezionate” predisposte per rispondere ad
eventuali domande imbarazzanti sui gravi problemi economici e
patrimoniali del Gruppo Sole 24 Ore, un vademecum per “istruire” i
vertici confindustriali sulle accuse contenute nel servizio di Report,
( guarda QUI l’anticipazione di RAIPLAY )la trasmissione di inchiesta
di Rai Tre, che andrà in onda questa sera alla 21.30 su RAITRE sullo
“scandalo Sole 24 Ore” che evidenzierà pesanti responsabilità del suo
primo azionista, cioè CONFINDUSTRIA, la principale associazione di
industrie e imprese italiane

nella foto Marcella Panucci

La strategia di CONFINDUSTRIA è molto chiara: scaricare le
responsabilità sul management precedente ed allontanarle da quello in
carica e, soprattutto non coinvolgere CONFINDUSTRIA.

Venerdì scorso Marcella Panucci, il dg di Viale dell’Astronomia, come
ha scoperto “Report“,    ha inviato ai componenti     del Comitato di
Presidenza di CONFINDUSTRIA un documento che non lascia alcuno spazio
a possibili dubbi. Il documento recita testualmente: “Il seguente
documento può costituire un utile supporto per rispondere a eventuali
domande che potrebbero essere formulate in seguito alla messa in onda,
lunedì 24 aprile, del servizio di Report sul Gruppo 24 Ore“. Che vuol
dire: se vi verranno fatte da giornalisti delle domande analoghe, ecco
cosa dovete rispondere.

                                   Per    esempio,    se  qualche
giornalista dovesse chiedere conto dei motivi per cui Confindustria
che è il principale azionista del Sole 24 Ore non abbia proposto
misure di risanamento nel periodo in cui l’industriale lombardo Benito
Benedini ricopriva la carica di presidente del Gruppo 24 Ore e
Donatella Treu veniva nominata e riconfermata amministratore delegato
e , soprattutto nel momento in cui le criticità patrimoniali erano
già note ed inconfutabili evidenti, il documento inviato da Marcella
Panucci contiene le seguenti istruzioni:

    “I   membri    del   CdA   del    Sole   24   Ore   indicati
    da CONFINDUSTRIA si sono sempre attivamente adoperati per
    garantire la continuità operativa e l’autonomia editoriale
    della Società, agendo sempre nell’interesse della stessa sulla
    base delle informazioni disponibili. Le indagini sono comunque
    in corso e, ove dovessero emergere responsabilità rispetto
    alla situazione economica del Gruppo, Confindustria valuterà
    le iniziative da assumere”

Cioè la stessa risposta fornita a Giovanna Boursier, la giornalista
di Report che ha condotto l’inchiesta, da Vincenzo Boccia attuale
presidente di Confindustria.

Dopodichè si passa alla vicenda più che imbarazzante relativa alle
copie gonfiate e la Di Source Ltd, società di marketing prescelta per
la gestione della vendita degli abbonamenti online del Sole 24 Ore .
Su questo punto l’indicazione data dal direttore generale di
CONFINDUSTRIA è    quella di scaricare ogni      responsabilità sul
precedente management e di manifestare fiducia sul corso delle
indagini disposte dalla magistratura “che chiarirà tutti gli aspetti
legati a questa vicenda“. E se qualcche giornalista chiedesse
se esistono ulteriori rapporti economici tra il Gruppo 24 Ore ed il
Jordan Group, società legata alla Di Source ? La risposta indicata
preconfezionata è sempre la stessa: “Non mi risulta, la magistratura
chiarirà tutti gli aspetti legati a questa vicenda“. Cioè mentire
sapendo di mentire.

Il Sole 24 Ore è in una profonda crisi aziendale e gestionale sulla
quale sta cercando di far luce la magistratura milanese, che indaga
per “falso in bilancio” e falsificazione delle copie sia digitali che
cartacee le quali, invece di andare in edicola, in realtà venivano
mandate direttamente al macero. Nel registro de gli indagati della
magistratura al momento compaiono Roberto Napoletano sino a qualche
settimana da direttore del quotidiano di CONFINDUSTRIA,          l’ex
amministratore delegato Treu e l’ex Presidente del consiglio di
amministrazione Benedini.
L’ex direttore Napoletano è
stato investito dalla polemica anche per la scrittura privata,
stipulata il 3 febbraio 2015, ormai nota a tutti che in caso di
licenziamento senza giusta causa gli riconosceva un trattamento “di
favore” : una maxi-liquidazione accordata al giornalista in gran
segreto da Benedini, tenendo all’oscuro il Cda, gli azionisti e
collegio sindacale. Fra settembre e novembre 2016 si è mossa anche la
Consob, tenuta a vigilare in quanto il Sole è società quotata in
borsa, su segnalazione del collegio sindacale, ma, secondo l’autorità
di Vigilanza, “alla luce degli approfondimenti svolti, allo stato non
si ravvisano profili sanzionatori a carico dell’organo di controllo
della Società“, riferisce “Report“.

La ragione principale, secondo Consob, è la seguente:
“Benché la Scrittura privata sia stata conclusa dall’ex
    Presidente Benedini eccedendo i poteri conferiti in data 30
    aprile 2013 e in violazione del Regolamento Consob
    n.17221/2010 in materia di operazioni con parti correlate in
    quanto operazione con parte correlata che derogava alla
    politica sulle remunerazioni dell’Emittente, non sono emersi
    profili di possibile rilevanza sanzionatoria in capo al
    Collegio Sindacale poiché risulta che entrambi gli organi
    sociali non erano a conoscenza del suddetto documento”.

In pratica ed in poche parole, poichè si trattava di una scrittura
privata, e quindi tenuta in gran segreto, la Consob non intende
ritenere responsabile il Collegio sindacale né il Consiglio
d’amministrazione dell’accaduto.

Qualche domanda dovrebbe farsela anche il CSM, il Ministro di
Giustizia, e chiedersi: come mai nonostante gli esposti di azionisti
alla Procura di Milano, nessuno ha mai acceso i riflettori in passato
?
Esito indagine Consob sulla scrittura privata e la maxi-liquidazione
per Napoletano

CONSOB_Sole24Ore

Ecco cosa diceva Roberto Napolitano:

                      intervista del 26 novembre 2013

                   intervento a Capri del 20 ottobre 2015
8 anni di avvertimenti inascoltati. Il comunicato dei comitati di
redazioni delle testate giornalistiche del Gruppo 24Ore

Cari lettori, vi chiediamo pochi minuti di attenzione per comprendere
questi 8 anni di perdite, per un totale di 353 milioni; gli otto anni
peggiori della vita del Sole 24 Ore. Ecco alcuni stralci che
documentano come noi giornalisti del Sole, rispettando i principi che
ci guidano quotidianamente nel raccontarvi la realtà economica,
politica e finanziaria, in questi 8 anni abbiamo sottolineato, in
occasione dell’assemblea degli azionisti, la gravità crescente della
situazione chiedendo ripetutamente all’azionista di maggioranza,
ovvero a Confindustria, e all’azienda, provvedimenti coerenti con
quanto emergeva dai conti, opponendoci alla versione light che veniva
presentata (non abbiamo mai votato a favore del bilancio) e ai bonus
elargiti ai vertici aziendali nonostante il rosso preoccupante che
emergeva.

2009: -53,3 milioni

Negli ultimi 10 anni, secondo le analisi di Mediobanca, la nostra
società ha investito per linee esterne tramite acquisizioni 130,9
milioni di euro, al netto dell’investimento in Radio24. (…) La verità
è che le acquisizioni del passato sono servite per “comprare”
fatturato. Ma quei ricavi sono stati acquistati a carissimo prezzo,
con valutazioni molto elevate delle aziende acquisite. Oltretutto sono
state acquisite aziende procicliche nei periodi di culmine del ciclo
economico: il loro arretramento era inevitabile e difatti ora pesa sui
nostri conti. Eppure la società, nonostante questi pessimi risultati,
si intestardisce nell’idea di crescere attraverso le acquisizioni.

2010: -40,4 milioni
Per il secondo anno consecutivo, infatti, siamo qui a esprimere il
nostro parere su un bilancio pesantemente in rosso. Il 2010, che
doveva essere l’anno del rilancio dopo il disastroso 2009, si è chiuso
al contrario con una perdita di 40 milioni di euro: il Gruppo ha così
bruciato 92 milioni in due anni. Ve lo diciamo subito: noi bocciamo
questo bilancio, perché esprimiamo un parere fortemente critico sulla
gestione di questo Gruppo. Il verdetto dei numeri del resto è
impietoso: il margine operativo lordo, positivo per quasi 50 milioni
nel 2008, si è liquefatto. Le copie sono calate pesantemente,
attestandosi a 265mila, un’ulteriore pesante diminuzione rispetto alle
296mila di circa un anno fa; la pubblicità non dà segni di risveglio e
continua una   caduta   libera   anche   più   accentuata   rispetto   ai
concorrenti.

2011: -9,3 milioni
A questo proposito non possiamo far passare sotto silenzio la
decisione di corrispondere un bonus all’attuale amministratore
delegato. Non ne discutiamo la legittimità ma l’opportunità. Ci
chiediamo come non si avverta lo “scandalo” di usufruire di un premio
mentre i bilanci continuano ad essere chiusi in rosso e all’indomani
di un accordo che prevede il taglio delle retribuzioni dei propri
dipendenti, ammortizzato peraltro anche da un contributo pubblico. (…)
La situazione resta assai difficile. E la crisi profonda del sistema
economico, con un’ormai accertata recessione, ha immediate ricadute.
Solo sul fronte del quotidiano i ricavi pubblicitari sono calati di
quasi 8 milioni rispetto a un 2010 già assai critico. Va evidenziato
peraltro che System, la nostra concessionaria di pubblicità, ha fatto
un po’ peggio dei suoi concorrenti nel corso del 2011 e viste le
prospettive scoraggianti per tutto il settore nel 2012, il futuro
resta assai incerto.

2012: -48,4 milioni
Due esempi a loro modo cruciali. Sui due canali che più ci stanno a
cuore e che assicurano la redditività dell’attività editoriale: i
ricavi diffusionali e quelli pubblicitari. Su questi ultimi pesa certo
una recessione senza precedenti da cui non si intravede per ora
l’uscita e ragioni specifiche che hanno colpito il Sole 24 Ore più di
altre testate, la revisione della normativa sulla pubblicità legale e
finanziaria. Però, sul quotidiano, le performance sono assolutamente
deficitarie: a fronte di un calo degli investimenti pubblicitari sui
quotidiani stimato intorno al 17%, il calo dei ricavi della raccolta
del quotidiano è stato del 23% (19,5% a parità di perimetro) con un
crollo di quasi 20 milioni. E non pare che questi primi 3 mesi
dell’anno siano in miglioramento. Sui ricavi diffusionali, quelli che
più chiamano in causa la redazione, riteniamo di avere le carte in
regola. Alla prova dei fatti però e non per asserzione ideologica. Il
2012 è stato un anno di leggera flessione, intorno al 2,5, 3%. Meglio
del mercato.

2013: -76,1 milioni
La situazione si aggrava di anno in anno e stentiamo a intravedere
elementi di ottimismo. Anzi, se per un attimo volgiamo lo sguardo
all’indietro, il peso di scelte scriteriate fatte nel recente passato
continua a zavorrare i conti e a fare sentire conseguenze rilevanti
anche sul 2013. Solo due esempi, entrambi tratti dalla cronaca di
questi ultimi mesi di vita societaria: la vendita, conclusa per un
prezzo che la stessa azienda ha qualificato come “simbolico”, di
“Business Media”, un’avventura editoriale che sarebbe stato salutare
non intraprendere e che, a colpi di svalutazione, si è via via
ripercossa nel corso degli anni. E ancora la cessione dell’intera
divisione software. Cessione che permette certo la realizzazione di
una plusvalenza anche significativa, il cui impiego non può però
essere limitato al rimborso di un debito che in 12 mesi è schizzato a
quasi 40 milioni, ma deve corroborare anche investimenti sull’attività
editoriale, e che mette in evidenza come la strategia di
diversificazione che ha affascinato i vertici del gruppo, a ridosso
della quotazione, fosse destituita di fondamenta.

2014: -9.8 milioni
Eppure il robusto taglio dei costi (che ha toccato tutte le altre aree
di lavoro aziendale) non è bastato a riportare la gestione in
carreggiata. Neanche l’aumento dei ricavi editoriali (+1,4 milioni
solo per il quotidiano) è stato sinora sufficiente a invertire la
rotta. Perché? Ci sono stati gravissimi errori perpetrati fino a pochi
anni fa – contratti di acquisto, di fornitura e di affitto ai limiti
della responsabilità civile, se non oltre – che hanno prodotto effetti
tuttora perduranti, anche se attenuati; altri su cui non si è ancora
intervenuto a fondo. Qualche esempio: il gruppo ha una gestione duale
(poteri identici tra presidente e ad) che appare incomprensibile, e ha
perso da tempo figure organizzative (a cominciare dal direttore
generale dell’area editrice) indispensabili per un brand così
focalizzato come è oggi Il Sole 24 Ore. In una parola: esiste un
oggettivo problema di governance nel gruppo.

2015: -24 milioni
Nove anni di riduzione concordata dei salari – con misure di
contenimento delle retribuzioni che si sono di fatto strutturalizzate
– e di costante discesa dell’organico giornalistico non sono bastate a
riportare in linea di galleggiamento il conto economico del Gruppo,
dimostrando (se ce ne fosse ancora bisogno) che il problema di
sostenibilità non è certo nella componente che produce l’output
caratteristico dell’azienda e che tiene altissimo il brand commerciale
dell’intera galassia Sole. Se è vero che gli ultimi sette esercizi
hanno scontato la dissennata campagna di acquisizioni e di
contrattualistica dello scorso decennio – campagna più volte
stigmatizzata dall’assemblea dei giornalisti – è un fatto
incontrovertibile che la redazione aveva chiesto da lungo tempo (già
nello stato di crisi del 2012) la “rivoluzione digitale” che solo
negli ultimi due anni è stata poi sposata con convinzione – e seppur
ancora con risultati parziali – dai vertici aziendali e redazionali.

2016: -92 milioni

TOTALE: -353,3 MILIONI
Dal manifestarsi della perdita monstre dell’anno scorso (ma ahimè
coerente con l’andamento degli anni precedenti), sin dalla semestrale,
la redazione ha alzato ancora il livello di guardia, testimoniando a
più riprese e con più iniziative la sua estraneità non solo alla
scelte di cattiva gestione via via fatte, ma anche rispetto a quanto
stava e sta emergendo a più livelli, da quello amministrativo, Consob,
a quello penale, indagine della procura di Milano. Solo tre esempi: la
critica di una politica editoriale tesa alla massimizzazione delle
copie pur con marginalità negativa; un larghissimo voto di sfiducia al
direttore, ben prima della notizia della sua iscrizione tra gli
indagati; uno sciopero a oltranza proclamato per chiederne in via
ultimativa l’allontanamento, dopo che l’azionista era rimasto inerte
per troppi mesi.

Un’inerzia che però a oggi continua irresponsabilmente a protrarsi su
altri punti chiave per il futuro del Sole 24 Ore. A partire dalla
ricapitalizzazione. Annunciata per un importo già adesso da valutare
come insufficiente e a breve a rischio di inadeguatezza, l’operazione
è ancora del tutto ignota nel quando e anche nel come. Anzi, la
società ha comunicato di volersi avvalere di termini più ampi di
quelli statutari per l’assemblea che dovrà vararla. Sulle stesse
modalità non c’è visibilità: verrà tolto il limite del 2% al possesso
delle azioni, parteciperanno le banche che a loro volta ancora devono
dare una risposta sulla proroga chiesta dello stand still? A tutto
questo aggiungiamo un piano industriale sinora mai illustrato alla
redazione, malgrado le ripetute richieste, basato su massicci tagli
dei costi e su ricavi stimati piatti in 3 anni, e già, temiamo,
ottimistici, visti i primi segnali che arrivano dall’andamento del
2017 e una provvisorietà degli incarichi in ruoli chiave, interim sia
alla direzione del quotidiano sia alla concessionaria di pubblicità.
Un’incertezza che non può protrarsi ancora e che rischia di provocare
conseguenze irrimediabili.

Il Cdr del Sole 24 Ore

Il Cdr di Radiocor Plus

Il Cdr di Radio 24
La Banca Popolare di Bari va in
soccorso dei soci colpiti dal
crollo delle azioni
La Banca Popolare di Bari vara tre misure importanti, le prime tre da
quando è scoppiato il caso delle azioni della Bpb mostrando di voler
andare incontro a migliaia di azionisti che dall’aprile dello scorso
anno (quando un’assemblea dei soci la banca decise di ridurre il
prezzo per azione da 9,15 euro a 7,50 euro) hanno avuto difficoltà
nella vendita delle loro azioni per poter tornare in possesso del
denaro investito ed hanno intrapreso iniziative di tutela dei propri
soldi. Queste le tre iniziative: La sospensione dei mutui a privati e
aziende, un fondo di solidarietà ed mercato di scambio azionario
più ampio.

La Popolare di Bari non è quotata in Borsa, e pertanto la
compravendita delle proprie azioni viene effettuato in un mercato
interno all’istituto nel quale sinora è sempre stato ridotta le
possibilità di vendere le proprie azioni.

Marco Jacobini, Presidente della Banca
Popolare di Bari,

Il consiglio di amministrazione della banca che domenica prossima
terrà la propria assemblea dei soci azionisti che si svolgerà alla
Fiera del Levante per approvare il bilancio 2016 e nominare il nuovo
consiglio di amministrazione, ha deliberato per andare incontro ai
propri azionisti    di richiedere l’ammissione alla quotazione del
proprio titolo azionario sul sistema multilaterale di negoziazione Hi-
mtf (Multilateral Trading Facility: mercato per la negoziazione di
strumenti finanziari), il cui controllo e proprietà è riferibile ad
alcune delle principali istituzioni finanziarie, che è un mercato
secondario più grande dedicato agli azionisti delle banche non quota
il cui accesso è previsto entro il primo semestre dell’anno, in
ottemperanza alla direttiva Consob che richiede la più ampia
possibilità di scambi dei titoli sul mercato. Non appena possibile, la
Banca darà pronta comunicazione dell’ammissione a Hi-mtf, segmento
Order Driven, dei relativi dettagli tecnici e della data di inizio
delle negoziazioni.

Il progetto risale a qualche mese fa, su iniziativa della Banca
Popolare di Bari e nelle ipotesi inizialmente era prevista          la
possibilità che altre banche tra le quali le pugliesi Banca popolare
pugliese e Banca popolare di Puglia e Basilicata potessero entrare a
far parte di questo mercato. In attesa di entrare nel nuovo mercato,
il mercatino interno della Popolare di Bari verrà sospeso, in attesa
del prossimo giugno in cui si prevede l’avvio della quotazione sul
nuovo mercato. “Un passo importante – riporta un comunicato della
Banca – verso una maggiore liquidabilità del titolo in virtù della più
ampia potenzialità di partecipazione di soggetti al mercato“.

Sulla base del confronto aperto sin dallo scorso novembre con il
Comitato di tutela degli azionisti della Banca Popolare di Bari sono
previste le altre due operazioni concordate. La prima è relativa allo
stanziamento di un fondo sociale per andare incontro alle situazioni
di disagio di famiglie e imprese. “Praticamente – spiega Antonio
Pinto, presidente del comitato, – se la banca ha seguito le nostre
proposte, dovrebbe essere costituita una fondazione in grado di
acquistare le azioni da quegli azionisti che si trovano più in
difficoltà. Noi    abbiamo proposto come comitato di utilizzare la
soglia del reddito Isee dei 13mila euro. Quegli azionisti che avessero
un reddito sotto quella soglia potrebbero cedere le loro azioni alla
nuova Fondazione e così facendo potrebbero ritornare in possesso dei
soldi investiti“. Per varare questa operazione la Banca avrebbe
richiesto l’ autorizzazione alla Consob e deliberato ulteriori misure
“per attivare la sospensione delle rate di mutui e finanziamenti per
privati e aziende e/o l’allungamento del piano di ammortamento“.

La Banca ha già deliberato ulteriori misure per avviare la sospensione
delle rate di mutui e finanziamenti per privati e aziende o in
alternativa l’allungamento del piano di ammortamento
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