RASSEGNA STAMPA CGIL FVG - martedì 10 dicembre 2019
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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – martedì 10 dicembre 2019 (Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti) ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA (pag. 2) Divisi sul ritorno in corsia di colleghi medici in pensione (M. Veneto, 2 articoli) Pensioni, i sindacati in piazza: «Serve un sistema più equo» (Piccolo Trieste) Lavoro precario, storie a convegno e a teatro (M. Veneto) Permasteelisa in crisi: Serracchiani interroga (M. Veneto) La finanziaria arriva in aula. Pioggia di 198 emendamenti (Piccolo) Confindustria Alto Adriatico, lunedì il varo. La fusione Pordenone-Trieste è realtà (M. Veneto) Ocean apre la contesa sui servizi del porto di Bar (Piccolo) Ricerca e reclutamento donano quasi 21 milioni all'Università di Trieste (Piccolo, 2 articoli) A battesimo l'asse Fedriga-Riccardi-Bini (M. Veneto) CRONACHE LOCALI (pag. 9) Ferriera, a Roma il confronto sull'Accordo di programma (Piccolo Trieste) Guerra tra Acegas e i sindacati sullo sciopero bianco dei rifiuti (Piccolo Trieste) Mano nel macchinario che tritura i rifiuti. Operaio ferito a Sgonico (Piccolo Trieste) In aeroporto cominciano i lavori. Priorità? Sistemare le recinzioni (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Il Porto ingloba la banchina De Franceschi. Più spazi alla logistica per attrarre aziende (Piccolo Go-Mo) Partenza in sordina per le due navette tra stazione e ospedale (M. Veneto Udine) Sei badanti su dieci sono irregolari. I sindacati chiedono una sanatoria (M. Veneto Udine) Crac alla Giuliane: in dieci nei guai. A giudizio anche Midolini e Fadalti (M. Veneto Udine) Pensionati, presidio in Prefettura per chiedere una società più giusta (M. Veneto Pordenone) Unindustria, Agrusti torna imprenditore (M. Veneto Pordenone) 1
ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA Divisi sul ritorno in corsia di colleghi medici in pensione (M. Veneto) Maura Delle Case - Sindacati regionali di categoria divisi sul ritorno in corsia dei medici pensionati. Per il segretario Fvg di Anaao Assomed (associazione medici dirigenti), Valtiero Fregonese, è un errore la norma appena approvata dal Consiglio regionale che consente alle aziende sanitarie di richiamare in servizio, ancorché con contratti a tempo determinato, professionisti in quiescenza. Al contrario il collega di Cimo (Coordinamento italiano medici ospedalieri), Giulio Andolfato, saluta con favore l'apertura denunciando però una disparità: a suo giudizio la Regione avrebbe dovuto fare un passo in più e consentire ai medici ospedalieri, oggi "confinati" per legge (nazionale) nel perimetro della sanità pubblica, di lavorare anche nel privato convenzionato. Ma andiamo con ordine. E partiamo da Anaao Assomed, il più rappresentativo sindacato delle professioni mediche. A Fregonese abbiamo chiesto cosa pensi della norma che consente l'assunzione a tempo dei colleghi in pensione. «Cosa ne penso? Molto male. Questa Regione - ha attaccato Fregonese - deve decidere se vuole investire sui giovani oppure dare qualche contentino a destra e a manca, a qualche medico che ha finito ormai il suo ciclo lavorativo. Ricorrere ai pensionati non è la soluzione ai problemi del servizio sanitario, è semmai una scorciatoia facile e ingiustificata, che non potrà ovviare alla carenza di medici prevista fino al 2025». Anaao lo va ripetendo dal lontano 2011, da quando ha iniziato a diffondere report sull'emergenza. «Che le Regioni facciano le verginelle e improvvisamente, nel 2019, si rendano conto del problema è cosa che non sta né in cielo né in terra», rilancia il segretario snocciolando soluzioni alternative che vanno dal «permettere agli specializzandi di 4º e 5º anno di essere assunti dalle aziende sanitarie all'aumento delle borse di studio per le specializzazioni e ancora alla previsione di incentivi per i medici che vengano a lavorare in Regione come già fa la Valle d'Aosta».Di diverso avviso è il numero uno di Cimo. «Non abbiamo nessuna ostilità nei confronti dei colleghi che hanno raggiunto la pensione, riteniamo anzi siano un valore aggiunto per la sanità e tutti noi. Ci sono però due pesi e due misure - afferma Andolfato -. Un medico in quiescenza oltre alla pensione oggi può lavorare nel privato, viceversa i medici ospedalieri, per colpa del contratto firmato tra gli altri da Anaao Assomed, sono obbligati a una riduzione della retribuzione se vogliono aprire partita iva e comunque non possono lavorare nelle strutture convenzionate. In sostanza - continua Andolfato - mentre i medici in pensione possono avere paga doppia, quelli ospedalieri sono costretti a questa forma di schiavitù che è la causa primaria dei pochi medici in circolazione, molti infatti si licenziano o se ne vanno all'estero. Ne avevo parlato all'assessore regionale Riccardo Riccardi e al presidente Massimiliano Fedriga ritenendo che la Regione, in virtù della sua autonomia, potesse intervenire. E possa ancora farlo: ha liberalizzato l'assunzione dei pensionati, lo faccia - conclude - anche per l'accesso degli ospedalieri alle strutture private convenzionate». Personale sanitario tagliato dell'1,4%. Si scende in piazza Si sono dati appuntamento per questa mattina davanti al consiglio regionale i sindacati di categoria Fp-Cgil, Cisl-Fp, Flp-Uil e Fials per dire "no" al taglio dell'1,4% del personale sanitario previsto dal bilancio nazionale a carico del Friuli Venezia Giulia. Il presidio sarà anche l'occasione per chiedere all'assessore alla Salute, Riccardo Riccardi, la convocazione di un tavolo urgente «per discutere i tanti temi aperti - dichiara Luciano Bordin, segretario di Cisl Fvg -: dai nuovi assetti aziendali passando per liste d'attesa e accessi al pronto soccorso».M.D.C. 2
Pensioni, i sindacati in piazza: «Serve un sistema più equo» (Piccolo Trieste) Lorenzo Degrassi - Ritorno a un sistema più equo di rivalutazione delle pensioni, misure a sostegno dei pensionati con redditi medio-bassi e soprattutto la richiesta di una legge nazionale per i non autosufficienti. Sono i temi caldi che hanno portato i sindacati dei pensionati di Cgil, Cisl e Uil a organizzare ieri mattina anche un presidio sotto la Prefettura a Trieste. L'obiettivo è quello di rilanciare le richieste già al centro della manifestazione nazionale del 16 novembre e del precedente incontro con i parlamentari del Fvg. Centrale la rivalutazione: tra blocco e tagli alla perequazione, infatti, la perdita accumulata dai pensionati a partire dal 2012 in termini di mancato adeguamento all'inflazione supera i 40 miliardi di euro a livello nazionale (pari a più del 30% del potere d'acquisto) e un miliardo nel solo Fvg, dove sono quasi 150 mila i pensionati che ne hanno subito gli effetti. Uno degli obiettivi, come hanno ricordato i segretari della triplice Adriano Sincovich (Cgil - Spi), Pierangelo Motta (Cisl - Fnp) e Giuliano Folchi (Uil - Pensionati), oltre a una maggiore attenzione ai pensionati, è quello di promuovere la raccolta firme per una legge sui non autosufficienti. Una sottoscrizione che, a livello nazionale, è già vicina a quota 15 mila firme. Un provvedimento, questo, su cui è forte il pressing sindacale anche in Fvg, in considerazione degli elevati indici di invecchiamento della regione, dove tra gli over 65 i non autosufficienti sono oltre 100 mila, di cui 28 mila in condizioni di non autosufficienza totale. Oggi i sindacati confederali e delle categorie hanno organizzato un altro presidio, questa volta contro il taglio nazionale dell'1,4% della spesa per il personale sanitario. Appuntamento alle 10 in piazza Oberdan, sotto il Consiglio regionale. - Lavoro precario, storie a convegno e a teatro (M. Veneto) Storie di lavoro, sempre più spesso povero, precario, sottopagato, storie di migrazioni, viste sia con gli occhi di chi arriva sia con quelli di chi accoglie, storie di ieri e di oggi, vicine e lontane, tenute insieme dal filo comune dei diritti. Le racconteranno la Filcams Cgil del Fvg e i suoi ospiti, che animeranno un convegno in programma oggi, dalle 9.30 alle 14, al centro d'accoglienza Balducci di Zugliano, in occasione della Giornata internazionale dei Diritti umani. Tra gli altri interverranno don Pierluigi Di Piazza, presidente del centro Balducci, e Maria Grazia Gabrielli, segretaria generale della Filcams. Parteciperanno anche il segretario generale della Filcams Fvg Francesco Buonopane e Susanna Pellegrini, della segreteria regionale Cgil. A chiudere la giornata, al Palamostre di Udine alle 21, sempre su iniziativa della Filcams, lo spettacolo teatrale Dita di Dama, tratta dall'omonimo libro di Chiara Ingrao, che racconta le storie di un gruppo di operaie alla fine degli anni Sessanta. Ingresso libero. Permasteelisa in crisi: Serracchiani interroga (M. Veneto) «Il ministro dello Sviluppo economico convochi un tavolo alla presenza della dirigenza del gruppo Permasteelisa, dei sindacati e delle Regioni Veneto e Fvg, intervenendo così prima di ogni possibile decisione di cessione o chiusura, per salvaguardare la produzione e i posti di lavoro, anche dell'indotto». Indotto chui sono interessati il Sacilese e la Pedemontana. Lo chiede la deputata Debora Serracchiani con un'interrogazione al ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, dopo che la società leader Permasteelisa internazionale nei rivestimenti architettonici di edifici, di proprietà del gruppo giapponese Lixil Group, è stata messa sul mercato. La parlamentare dem chiede al ministro «se sia a conoscenza della situazione del gruppo Permasteelisa e se abbia attivato un'interlocuzione con la dirigenza». 3
La finanziaria arriva in aula. Pioggia di 198 emendamenti (Piccolo) Diego D'Amelio - La discussione sulla legge di stabilità comincia con una certezza e molti interrogativi aperti. La sicurezza sono i 198 emendamenti alla finanziaria e alla legge collegata alla manovra, depositati da giunta regionale, partiti di maggioranza e opposizione. Al momento, però, le proposte di modifica al testo sono tutte di portata assai relativa ed è dunque lecito attendersi una nuova infornata di emendamenti che tanto l'esecutivo quanto i singoli consiglieri potranno presentare entro la fine della discussione generale sul disegno di legge, che prenderà sicuramente l'intera giornata di oggi. Lecito domandarsi allora quali saranno le misure caratterizzanti immaginate dal presidente Massimiliano Fedriga, che al momento non scopre le carte ma che conferma di essere al lavoro su almeno un provvedimento bandiera riguardante la famiglia, la cui ufficializzazione avverrà nel corso dei lavori del Consiglio. Che qualcosa bolla in pentola lo scrive sui social il capogruppo della Lega Mauro Bordin, cominciando dal rivendicare le misure fin qui portate a casa dalla maggioranza. Bordin ricorda lo sconto sul trasporto scolastico extraurbano, i contributi fino a 600 euro per l'asilo nido dal secondo figlio in poi, i fondi per l'installazione di telecamere a circuito chiuso nelle scuole e le dotazioni economiche per gli arredi scolastici e l'informatizzazione. «E con il presidente Fedriga - conclude il leghista - si sta lavorando ad una nuova misura da inserire nei prossimi giorni nella legge di stabilità 2020. A breve novità importanti». La legge di stabilità 2020 pesa oltre 4 miliardi e già contiene alcuni punti caratterizzanti, come l'estensione alle tratte urbane dello sconto studenti sul trasporto pubblico e i contributi alla rottamazione per veicoli inquinanti. La posta più cospicua è però quella da 20 milioni, che servirà a dare gambe al progetto Noemix, che prevede il noleggio a lungo termine di veicoli elettrici da parte di enti pubblici e la realizzazione di colonnine di ricarica sul territorio. Altri 3,8 milioni saranno dedicati al fondo per la sicurezza urbana e per l'adozione di steward urbani, mentre 3 milioni verranno destinati all'installazione di sistemi di videosorveglianza negli asili. Come di consueto Salute e Protezione sociale assorbono la maggior parte del bilancio con 2,7 miliardi stanziati, cui si aggiungono 323 milioni per i Trasporti, 121 per Lavoro, formazione e famiglia, 725 per le Autonomie locali, 87 per le Attività produttive, 63 per le Risorse agroalimentari, 53 per Cultura e sport, 80 per l'Ambiente, 96 per il Patrimonio. Il Pd critica l'impianto del ddl con il segretario regionale Cristiano Shaurli: «Solo pochi giorni fa i sindacati hanno chiesto di essere ascoltati dalla giunta per far sentire le preoccupazioni dei lavoratori sulla situazione del comparto industriale, ma anche su tutta una serie di questioni sociali. La risposta è in questa finanziaria regionale, partorita senza un progetto di sviluppo complessivo né settoriale». Secondo Shaurli, «è grave che lo strumento per il rilancio dell'economia regionale, tanto nominato da Bini e Fedriga, dopo oltre un anno e mezzo sia ancora una legge del futuro, e che quindi in questa finanziaria non si vedano le poste di cui la nostra economia ha urgente bisogno. La giunta Fedriga è veloce quando si tratta di far propaganda, ma immancabilmente tardi sulle cose concrete». 4
Confindustria Alto Adriatico, lunedì il varo. La fusione Pordenone-Trieste è realtà (M. Veneto) Maurizio Cescon - In Veneto ci sono state fusioni ben più grandi (Venezia-Rovigo o Treviso-Padova tanto per fare i due esempi più significativi) che hanno dato vita a dei veri e propri colossi dell'associazionismo degli industriali, senza che nessuno degli attori protagonisti si strappasse le vesti. Il mondo globalizzato e le nuove sfide impongono anche nuovi modelli di gestione e così si prova ad adeguarsi. In Friuli Venezia Giulia, invece, l'unico patto di questo genere, quello tra Unindustria Pordenone e Trieste-Gorizia, ha suscitato un vespaio di polemiche. Il motivo? Udine è rimasta fuori dalla partita. E visto che la provincia udinese rappresenta, dal punto di vista economico e secondo tutti i principali indicatori (numero di aziende, occupati, export e fatturato) circa il 45% dell'intera economia del Friuli Venezia Giulia, ci si rende subito conto che il problema è di quelli rilevanti. La frattura è stata sancita in piena estate, sotto il sole d'agosto, e non sono certo bastati pochi mesi per sanarla. Anzi è stata fissata la data ufficiale del "matrimonio" tra la Destra Tagliamento e l'area giuliana: il 16 dicembre, lunedì prossimo, giorno in cui le assemblee delle due associazioni daranno formalmente il via a Confindustria Alto Adriatico, un'unica, corposa, realtà che potrà contare sulla partecipazione di oltre 1.300 imprese. Un processo, quello dell'integrazione Pordenone- Trieste, che era partito sottotraccia all'inizio di quest'anno, ma che appunto ha isolato Udine «per scelte e visioni diverse», dicono in riva al Noncello e in piazza Unità. Certo «la porta resta sempre aperta», aggiungono. Ma non sarà una mano tesa a convincere chi si è sentito, di fatto, messo all'angolo: solo il tempo lenisce certe ferite ed evidentemente i fatti sono ancora troppo recenti per essere messi alle spalle.Udine, in questi mesi, sicuramente non è stata con le mani in mano, anche se ufficialmente al momento continuerà la sua strada da sola. Anzi un anno fa, è stato fatto notare in ambienti imprenditoriali udinesi, è stata già costituita la Federazione degli industriali friulani, cioè l'alleanza con Confapi che porta in dote centinaia di aziende associate. Insomma la situazione è fluida e non sono esclusi colpi di scena in futuro, visto che la partita adesso si sposterà sull'ipotesi di una sola, grande, Confindustria del Nordest che possa far valere sui tavoli nazionali, sia politici che economici, un suo peso specifico importantissimo. Anche in questo caso Pordenone sembra partire un passo avanti agli altri, visto che il neo presidente di Confindustria Veneto Enrico Carraro, che controlla la Siap di Maniago, è pure socio di Unindustria. Ma da una eventuale super Confindustria tra Veneto, Friuli Venezia Giulia e magari Trentino, non potrebbe ovviamente restare fuori Udine.Forse allargando gli orizzonti delle alleanze, anche le incomprensioni dentro i confini del nostro territorio, potrebbero diluirsi. Non dimentichiamo che fino a un paio di anni fa era d'attualità l'ipotesi di creare la Confindustria unica regionale. Nel 2016 questo piano sembrava a un passo dalla realizzazione, con tanto di dichiarazioni pubbliche degli allora presidenti di Confindustria Udine (Matteo Tonon, al quale è subentrata nel frattempo Anna Mareschi Danieli) e Unindustria Pordenone (Michelangelo Agrusti, che è lo stesso di oggi). Però poi non se ne fece nulla e così oggi ci ritroviamo da una parte Pordenone e la Trieste-Gorizia guidata da Sergio Razeto, che dialogano sui temi dell'indotto della cantieristica, del mobile e della logistica, e Udine dall'altra. Una situazione che giocoforza dovrà essere superata. Intanto prima delle nozze con Trieste-Gorizia, Unindustria Pordenone festeggia l'adesione di altre 150 nuove aziende tra i suoi associati, che porta il numero complessivo a circa 900, mentre Confindustria Udine resta sopra i 700. La governance della Confindustria Alto Adriatico sarà resa nota entro la fine dell'anno e i diretti interessati giurano che sarà su base del tutto paritaria. Ma è chiaro che l'associazione guidata da Agrusti farà valere il suo peso specifico: è difficile ritenere infatti che Pordenone rinunci al massimo ruolo di vertice. 5
Ocean apre la contesa sui servizi del porto di Bar (Piccolo) Andrea Pierini - Una seconda concessione per la gestione dei servizi portuali nello scalo di Bar potrebbe spingere Ocean srl a trascurare gradualmente il mercato del Montenegro spostando gli investimenti verso altri paesi. Il governo ha accolto dopo più di un anno la richiesta del ministro dei Trasporti e affari marittimi Osman Nurkovic e novembre ha dato il via libera a una gara per aggiungere un altro operatore nonostante il calo delle navi passate dalle 752 del 2014 alle 592 del 2018, a novembre 2019 ne sono arrivate 542 a ulteriore conferma di una riduzione costante. A denunciare le pesanti ripercussioni è Erich Cossutta, presidente e socio di Ocean Montenegro e vicepresidente di Confindustria Est Europa, che anticipa anche l'intenzione di aprire un arbitrato a Londra dopo aver informato le istituzioni competenti montenegrine, la procura e l'Agenzia anticorruzione. «La decisione del ministero dei Trasporti del Montenegro di aprire a un nuovo concessionario locale - spiega Cossutta - è basata su dati errati visto che al momento il trend degli arrivi delle navi è in costante calo. Si tratta di una decisione grave perché dice agli investitori che il Montenegro è un Paese dove regna l'incertezza giudica. È inoltre una scelta contraria alle prassi e alle regole europee (il Montenegro ha fatto domanda di adesione nel 2008 e sono in corso i negoziati, ndr) e potrebbe mettere in pericolo la sicurezza della navigazione visto che non è stato indicato come dovrebbero operare i due concessionari». Ocean opera nello scalo di Bar dal 2010 a seguito della privatizzazione della Pomorski Poslovi con una concessione di 30 anni per il servizio di pilotaggio, ormeggio e dei rimorchiatori, attività svolta anche negli scali di Monfalcone, Porto Nogaro e Capodistria. Complessivamente il gruppo fattura oltre 50 milioni di euro ed è composto da 16 società che danno lavoro ad oltre 450 persone anche attraverso l'attività di agenzia marittima e la tutela e la salvaguardia dell'ambiente lungo le coste della Toscana. Nel mar Caspio invece il core business è la fornitura di servizi per le ditte che operano nell'estrazione offshore di petrolio e gas. A livello economico il Montenegro è un investimento marginale, ma strategico: «La decisione del ministero - spiega Cossutta - potrebbe danneggiare la cooperazione che abbiamo con il governo del Montenegro, Paese con il quale desideriamo continuare a lavorare sulla base delle buone pratiche commerciali e dei principi Ue. Come Ocean dobbiamo però fare una riflessione per capire se ha senso continuare a investire in un paese che sta facendo dei passi indietro importanti come testimonia questa seconda gara che non chiede le garanzie che erano state chieste nel 2010 aprendo le porte anche a gruppi locali senza alcuna esperienza ne capacità finanziaria. Siamo presenti - aggiunge - in tutti gli stati della dorsale balcanica, siamo un gruppo strutturato, dunque rinunciare a questo investimento non avrebbe ripercussioni importanti a livello economico». 6
Ricerca e reclutamento donano quasi 21 milioni all'Università di Trieste (Piccolo) Fabio Dorigo - L'università più premiata non è quella più remunerata. La "cifra" complessiva del Fondo di finanziamento ordinario (Ffo) per il 2019 è di 7,45 miliardi per gli atenei statali. La parte premiale di fondi statali viene distribuita: 3/5 sulla base della vecchia Vqr (Valutazione qualità della ricerca) 2011-2014, 1/5 sul reclutamento e 1/5 sull'applicazione dell'autonomia responsabile. Per l'anno in corso la quota "torta" premiale ammonta a circa 1,7 miliardi (il 24 per cento del totale).In termini assoluti, secondo la classifica pubblicata ieri dal Sole 24 Ore, vengono "premiate" La Sapienza di Roma (457,6 milioni), l'Alma Mater di Bologna (368,5) e la Federico II di Napoli (331,1). In percentuale invece salgono sul podio la veneziana Ca' Foscari (77,9 milioni), la Statale di Milano (267,8) e l'Università di Padova (281,1 milioni) che devono alla quota premiale, rispettivamente, il 33,3%, il 31,5% e il 31,1% dei fondi statali ricevuti. Praticamente un terzo dei fondi del finanziamento ordinario derivano dalla quota premiale. Uno schema che si ripete anche a livello regionale.In Friuli Venezia Giulia Trieste "incassa" 84,9 milioni contro i 71,3 di Udine, ma in percentuale l'incidenza dei fondi premiali si ferma al 24,8% per Trieste rispetto al 29,6% di Udine che occupa i piani alti della classifica del Sole 24 Ore. L'ateneo friulano è al decimo posto cono Pisa dietro l'Università dell'Insubria (Varese) e davanti a Bologna. Trieste, invece, è al 47.mo posto, al fondo della classifica, in coppia con Teramo dietro a Parma e davanti alla Sapienza di Roma, l'università più remunerata del Belpaese. «Il fondo premiale rappresenta una cospicua parte del nostro Ffo e ci colloca tra i primi dieci atenei considerando la percentuale sull'Ffo. Ci conforta e ci spinge a continuare nel lavoro di miglioramento delle nostre performance», commenta soddisfatto Roberto Pinton, rettore dell'Università degli Studi di Udine.Una classifica che non convince l'ateneo giuliano. «La modalità di costruzione dei fondi che arrivano dallo Stato è molto complessa», mette le mani avanti Roberto Di Lenarda, rettore dell'Università di Trieste. «Stiamo parlando di un sotto insieme che è quello della cosiddetta quota premiale. Si tratta di una quota percentuale che va crescendo e che tenderà progressivamente ad aumentare il suo peso: quest'anno era del 24,8% e il prossimo sarà attorno al 26% del finanziamento complessivo», spiega il rettore triestino che vede differenze con l'ateneo friulano: «Da un punto di vista assoluto tra noi e Udine la quota premiale è sostanzialmente identica. Noi abbiamo 20 milioni e 950 mila euro, mentre Udine ha 21 milioni e 100 mila euro. Una differenza di 150 mila euro». Stessi fondi premiali per Udine e Trieste nonostante la posizione opposta in classifica. Questioni di numeri. «A una stessa quota premiale corrisponde una percentuale diversa perché il Ffo è diverso - spiega il rettore di Trieste -. In termini assoluti il 29,6% di Udine vale il 24,8 di Trieste perché noi abbiamo altre entrate e il denominatore è più grande».La differenza tra i due atenei del Fvg si misura su cose che non rientrano nella quota premiale come per esempio i Dipartimenti di eccellenza: Trieste ne ha due e Udine uno solo. «Il problema - continua Di Lenarda - è che Trieste paga ancora l'effetto del Vqr 2010-2014. Si tratta della valutazione di ormai 10 anni fa. La nuova Vqr dovrebbe valutare in modo diverso la qualità della ricerca. Noi speriamo sarà migliorativo per Trieste». Meglio, insomma, scommettere sul futuro e sulle nuove linee guida dettata dal ministro Lorenzo Fioramonti. Il rating delle università sta per cambiare. Grazie alle nuove linee guida sulla valutazione della qualità della ricerca (Vqr) 2015-2019 emanate nei giorni scorsi dal Miur che puntano, da un lato, ad ampliare i prodotti "valutati" dall'Anvur (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca), dall'altro a premiare le sinergie nei progetti con i territori. Gli effetti, probabilmente, si scopriranno nel 2021 quando le novità andranno a regime. Mentre l'anno prossimo il quadro dovrebbe ricalcare quello del 2019. Doppio emendamento anti tagli alla Sissa. Ballano 500 mila euro testo non disponibile 7
A battesimo l'asse Fedriga-Riccardi-Bini (M. Veneto) Mattia Pertoldi - Esistono circostanze e occasioni, in politica, in cui più dei contenuti in sé pesano i protagonisti, la scenografia scelta e il contorno in cui avviene un determinato evento. Così quello che andrà in scena domani a Codroipo - ore 20 ai "Gelsi" - non sarà un semplice incontro politico organizzato a livello locale per discutere di legge di Stabilità e delle prospettive del Medio Friuli, ma qualcosa di più. Qualcosa in grado, plasticamente, di rendere l'idea di cioè che è mutato nel centrodestra, e in maggioranza, da un mesetto a questa parte.Attorno allo stesso tavolo, infatti, si ritroveranno il vicepresidente della Regione Riccardo Riccardi - uno che da quelle parti è guarda un po' di casa -, l'assessore alle Attività Produttive Sergio Bini e, al netto di impegni dell'ultimo minuto, il governatore Massimiliano Fedriga. Tre protagonisti per un istantanea in grado di certificare, meglio di ogni parola, la nuova architrave di alleanze createsi in Regione nel corso dell'autunno. Da quando, cioè, Bini ha deciso di aprire lo scontro, vincendolo, tutto interno a Progetto Fvg con Ferruccio Saro, ormai separato in casa e a cui manca soltanto la formalità statutaria per certificare l'addio al ruolo di coordinatore regionale del movimento.Una battaglia politica, quella di Bini, che l'assessore non avrebbe mai aperto senza la palese copertura garantita da Fedriga e che nel corso delle settimane - come non a caso ha notato un acuto analista dei fenomeni politici come Saro - ha riavvicinato, e di molto, il fondatore di Progetto Fvg a Riccardi. Ora, sostenere che il vicepresidente sia il grande ispiratore della rottura tra Bini e Saro è quantomeno eccessivo, ma che Riccardi non abbia giocato, in questa partita, un ruolo da comprimario sembra altrettanto evidente. Non tanto in ottica presente - leggasi il destino interno di un partito che non è certamente il suo -, quanto in prospettiva futura perché sia lui sia Bini vedono in maniera evidente la necessità di creare da qui al 2023 un blocco di centro, a sinistra della Lega, in grado di andare oltre a quell'esistente che si appresta a esaurire la propria funzione sociale (leggasi Forza Italia) oppure ha bisogno comunque di evolvere in qualcosa di nuovo (Progetto Fvg) senza però mettere in discussione la fiducia in Fedriga e, soprattutto, nella giunta che lo affianca.Certo, da qui a dire che il progetto attualmente in vitro possa trasformarsi in qualcosa di politicamente funzionale ce ne passa, ma intanto la coppia di assessori, con la sponda chiave del governatore, domani traccia un primo solco. Perché, come detto, a volte la cornice pesa, e pure parecchio. E pensare che due vecchi democristiani come Bini e Riccardi abbiano deciso casualmente di presentarsi assieme, affiancati da Fedriga, proprio a Codroipo, a una manciata di giorni dalla rottura ufficiale dentro Progetto Fvg diventa, come minimo, poco credibile. No, il messaggio che arriverà da Codroipo è pensato, ricercato ed espressamente voluto. È rivolto all'interno della maggioranza, senza dubbio, ma anche - se non soprattutto - all'esterno. Come a dire al Friuli Venezia Giulia, in estrema sintesi, che qualcosa, anzi molto, si è rimescolato nei corridoi di piazza Unità e che per l'immediato futuro sarà il caso, per tutti, di prenderne atto. 8
CRONACHE LOCALI Ferriera, a Roma il confronto sull'Accordo di programma (Piccolo Trieste) Diego D'Amelio - Il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli e Siderurgica Triestina accelerano sulla riscrittura dell'Accordo di programma (Adp) relativo alla riconversione della Ferriera di Servola. Rappresentanti del governo, della Regione, del Comune, dell'Autorità portuale e dell'azienda si ritroveranno stamani al Mise per aprire il confronto sulla bozza di Accordo apprestata in queste settimane dai tavoli tecnici e i cui contenuti poggiano al momento soprattutto sul nuovo business plan preparato dal gruppo Arvedi. Se ne discuterà a Roma, proprio nel giorno in cui i lavoratori dell'ex Ilva di Taranto manifesteranno sotto la sede del Mise. Siderurgica Triestina ha depositato nei giorni scorsi istanza formale di revisione dell'Adp stretto da ministero dell'Ambiente, Mise, Regione e Autorità portuale nel novembre 2014. Quel testo delineava i compiti della società e delle istituzioni pubbliche dopo il passaggio della proprietà da Lucchini-Severstal ad Arvedi, quando al centro furono poste le bonifiche e la copertura dei parchi minerali. Il nuovo Adp partirà dalla constatazione del cambio di scenario, depennando dunque la prevista realizzazione dei capannoni a copertura dei cumuli di carbon fossile e polvere di metallo necessari fino a questo momento per la produzione di ghisa. Con la chiusura di cokeria, agglomerato, altoforno e macchina a colare le coperture non saranno infatti più necessarie. Nella cosiddetta istanza di novazione dell'Adp, Siderurgica Triestina ha ribadito ancora una volta che la richiesta di dismissione dell'area a caldo è stata avanzata dalla Regione e richiamato il riconoscimento formale da parte dell'assessore all'Ambiente Fabio Scoccimarro dei grandi passi avanti registrati sul fronte della riduzione dell'impatto dello stabilimento a livello di inquinamento atmosferico e messa in sicurezza dei terreni. La proprietà ribadisce inoltre la necessità di ricevere «adeguato sostegno economico da parte pubblica» e proprio questo sarà uno dei nodi da sciogliere all'incontro di oggi. A margine della messa organizzata ieri in azienda a ricordo del manager Francesco Rosato, Scoccimaro ha sottolineato che «oggi dopo il lavoro prima sotto traccia e poi pubblico, siamo giunti all'imminente chiusura di un ramo dello stabilimento, quello impattante dal punto di vista ambientale, ma anche all'inizio di un percorso che porterà quell'area a essere un polo logistico di massimo rilievo per tutto il Paese. Ora senza fretta, nel rispetto degli impegni presi dalla giunta Fedriga e dal ministero dello Sviluppo economico, bisogna predisporre una modifica dell'Accordo di programma che verte sulla bonifica dell'area e riunire tutti i portatori d'interesse al tavolo, al fine di salvaguardare i posti di lavoro e investire sul futuro della città». Siderurgica ha intanto invitato i sindacati nazionali e provinciali a un incontro nel pomeriggio, dopo la conclusione del vertice al Mise. L'azienda intende infatti avviare il confronto sulle ricadute occupazionali dell'Adp, valutando la gestione dei lavoratori nei prossimi anni, l'accesso alla cassa integrazione, gli interventi sui singoli reparti e gli esiti della riqualificazione. L'assenza di alcune segreterie nazionali ha costretto tuttavia al rinvio di un appuntamento, che ha creato i malumori di Fiom e Fim. In un volantino affisso in fabbrica, le due sigle specificano di aver ricevuto la convocazione soltanto il 5 dicembre, evidenziando che l'incontro con i sindacati si sarebbe dovuto tenere a Trieste e non a Roma. Fiom e Fim confermano però la disponibilità al dialogo nei tempi e nelle sedi opportuni, sottolineando «l'importanza della condivisione da parte dei lavoratori di un piano industriale con al centro l'aspetto occupazionale oltre alla prospettiva industriale a medio-lungo termine». Diversa la posizione della Uilm, disponibile all'incontro romano. Per il sindacato, «l'azienda sta proseguendo velocemente verso un percorso di dismissione dell'area caldo: non possiamo restare a guardare l'evolversi degli eventi senza entrare nel merito della discussione, si rischierebbe di cominciare una trattativa quando ormai potrebbe essere troppo tardi per portare a casa tutte quelle garanzie di cui hanno bisogno i lavoratori della Ferriera». 9
Guerra tra Acegas e i sindacati sullo sciopero bianco dei rifiuti (Piccolo Trieste) Ormai volano gli stracci tra AcegasApsAmga e i sindacati. Anzi, visto il contesto, volano ortaggi e frutta. Le organizzazioni sindacali accusano l'azienda, con un comunicato della "rsu-ambiente", di mettere in scena «uno spettacolo poco dignitoso» in occasione del blocco degli straordinari nella raccolta dei rifiuti, deciso dalle sigle Cgil-Cisl-Uil-Fiadel dallo scorso 8 al prossimo 14 dicembre. Una sorta di induzione al crumiraggio, a giudizio della "rsu" di via Orsera. Perchè AcegasApsAmga avrebbe programmato i servizi di ieri l'altro domenica 8 «richiamando personale che era in ferie, lavoratori che attendono da mesi e mesi il livello contrattuale dovuto, colleghi che non hanno goduto il periodo giornaliero di riposo». L'azienda avrebbe così reperito - attacca il comunicato - «personale debole e ricattabile» per coprire il turno. Colleghi che - a giudizio dei sindacati - non possono rifiutarsi di lavorare per evitare di subire provvedimenti «intimidatori», tali da penalizzarli sul posto di lavoro. La nota riporta un paio di esempi di questi comportamenti, a cominciare dall'inconsueta presenza del direttore divisionale alle 5 di mattina, preoccupato - insiste ironicamente il comunicato - «dell'incolumità dei colleghi che montavano in servizio».«Inaccettabile» commenta ancora la "rsu" perchè «i lavoratori non possono subire nessuna forma di ricatto per essere costretti a svolgere il servizio straordinario durante uno stato di agitazione»: atti illeciti nei confronti delle maestranze - conclude la nota - saranno comunicati alla Direzione territoriale del lavoro.I sindacati hanno inoltre risposto alle dichiarazioni di AcegasApsAmga riguardo il blocco degli straordinari. In particolare, Cgil- Cisl-Uil e Fiadel spiegano che le ore di straordinario sono calate per tre motivi: perchè l'orario lavorativo è salito da 36 a 38 ore, perchè gli autisti si sono adeguati ai maggiori carichi lavorativi, perchè una parte del servizio, durante i quattro mesi estivi, viene appaltato a una ditta esterna «causa della carenza di organico». Ma sono invece in crescita - obiettano le quattro sigle - le ore straordinarie festive. Magr Mano nel macchinario che tritura i rifiuti. Operaio ferito a Sgonico (Piccolo Trieste) Ugo Salvini - Incidente sul lavoro, nel tardo pomeriggio di ieri, nelle vicinanze della Stazione ferroviaria di Prosecco. Vittima un operaio 23enne, K. A. le sue iniziali, originario del Bangladesh. Verso le 17 - all'interno dello stabilimento in cui lavora, insediato nel territorio comunale di Sgonico, a poche centinaia di metri, appunto, dalla Stazione ferroviaria di Prosecco, dov'è attiva la cosiddetta Cucina centralizzata della "Camst - La Ristorazione italiana", azienda che opera nel settore della ristorazione e delle mense - il giovane stava inserendo dei rifiuti nell'apposito apparecchio che serve a triturarli. Inavvertitamente, però, una mano del malcapitato è finita negli ingranaggi della macchina. Il giovane ha avuto un'immediata reazione, il che ha evitato che la mano fosse interamente risucchiata dal macchinario, bloccandone il movimento e scongiurando così guai peggiori. Subito, sul posto, sono intervenuti i Vigili del fuoco del distaccamento di Opicina, distante appena qualche chilometro, che hanno provveduto a liberare la mano del giovane dagli ingranaggi, e i sanitari del "118", che hanno prestato le prime cure all'operaio. L'uomo è stato successivamente trasportato all'ospedale di Cattinara per gli accertamenti del caso, mentre all'interno dello stabilimento sono rimasti, per i rilievi di legge, alcuni agenti del Commissariato di Sistiana e personale dell'Ispettorato del lavoro. Dai primi accertamenti effettuati al nosocomio, a quanto è dato sapere le conseguenze per K. A. non saranno gravissime: la mano, in altre parole, sarà salvata. Prima di poter avere la certezza di questo saranno in ogni caso necessari ulteriori esami, per verificare lo stato e la funzionalità delle dita. I testimoni del fatto hanno assicurato che il giovane stava abbastanza bene, un segnale confortante. La Camst è una cooperativa emiliana attiva dal '45 e nota in tutta Italia, e opera nel settore della ristorazione collettiva e commerciale, del catering e della fieristica, utilizzando diversi marchi. La sede principale è a Villanova di Castenaso, in provincia di Bologna, ma sono numerose le filiali commerciali. Dal giugno dello scorso anno ha aperto il ristorante self service Pizzeria Tavolamica, in zona industriale, in via Morpurgo, che ha 180 posti a sedere e offre 400 pasti al giorno. 10
In aeroporto cominciano i lavori. Priorità? Sistemare le recinzioni (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Francesco Fain - Ricapitalizzata la società consortile che gestisce l'aeroporto, cosa succederà adesso? Quali i passaggi per far sì che lo scalo possa decollare dopo tante (troppe) chiacchiere?Domande che un po' tutti, in città. si fanno. E alle quali cerca di dare risposta l'assessore comunale alle Società partecipate Dario Obizzi.«In questo momento, l'aumento di capitale l'ha effettuato solo il Comune di Gorizia: la cifra varia da 320 mila euro (che rimarrà tale se tutti i soci effettueranno, a loro volta, la ricapitalizzazione, ndr) a 600 mila euro con il nostro ente che, in quel caso, potenzierà ulteriormente la sua presenza nella società. Ora, sia sul sito web della Camera di commercio sia su quello del Comune, comparirà l'offerta e gli altri soci della Consortile avranno tempo quindici giorni per aderire o meno all'aumento di capitale - spiega Obizzi -. Nel frattempo, ripeto, il Comune ha già pronta la cifra massima che consente alla società di andare avanti e di proseguire nel suo progetto».Ma c'è un altro passaggio importante. La ricapitalizzazione può sbloccare il finanziamento di 2,1 milioni della Camera di commercio che può concretizzarsi solamente se di fronte ha una società non in crisi. E il Cda, si legge nel piano industriale, «ritiene che con la ricapitalizzazione e l'adozione delle attività ivi previste lo stato di crisi si possa considerare superato». Quindi, il peggio è superato. Quali, ora, le priorità? «Intanto, daremo vita - spiega Obizzi - a lavori minimali come le recinzioni e la divisione fra l'area destinata al volo e le zone circostanti. La Soprintendenza ci ha ammonito a stare attenti? Che il bene fosse tutelato non è affatto una novità. Peraltro, il Piano non prevede interventi sostanziali di modifica ma solamente una serie di ritinteggiature di alcune strutture per migliorare e renderle accessibili. Non sono previste rivoluzioni. Confermata, poi, l'intenzione di utilizzare la palazzina della torre di controllo per ospitare un bar-ristorante».Per permettere, poi, di ovviare ad alcuni aspetti inerenti la sicurezza del volo, per un generale risanamento della zona e per consentire il recupero del rapporto fra i cittadini con l'aeroporto, «è previsto - si legge ancora nel Piano industriale - un miglioramento graduale ma importante delle condizioni del verde del Duca d'Aosta». E si rammenta anche che «la principale peculiarità del piano consiste nel recupero di redditività ottenuto mediante le concessioni delle non poche strutture presenti in aeroporto, il cui attuale sottoutilizzo non consente il recupero dei costi di gestione, né ulteriori incrementi di redditività». 11
Il Porto ingloba la banchina De Franceschi. Più spazi alla logistica per attrarre aziende (Piccolo Go-Mo) Tiziana Carpinelli - C'è chi ha parlato ieri di svolta epocale, di primo vero passo nel porto unico giuliano- isontino. Di inedito, però, c'è stato anche l'asse Lega-Pd che ha portato con larga maggioranza (17 sì su 22 presenti; astenuti Greco, Furfaro, Maccarini; contrari Pin e Morsolin) all'approvazione della variante localizzata al piano regolatore del porto. Cum laude di Cisint, stando alla quale i dem «hanno pensato alla città e non all'ideologia». Ma nello stesso tempo suscitando se non l'irritazione, almeno lo scarso entusiasmo degli alleati a sinistra, con Morsolin (La Sinistra) a bocciare «l'ottimismo della volontà di Delbello» per prediligere «il pessimismo della ragione», che rileva un progetto «molto impattante», in grado di mutare in via radicale la geografia di Portorosega, di cui nulla si sa a proposito dell'armonizzazione con la riconversione di A2A. La variante localizzata, che entro il 31 dicembre dovrà essere adottata dal Comitato di gestione dell'Autorità di sistema portuale, delinea il nuovo perimetro del Piano regolatore dello scalo cittadino (seguiranno Vas, osservazioni e adozione definitiva, con conclusione dell'iter in Regione a fine estate 2020), richiedendo l'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali e consortili per il corretto azzonamento delle aree. Entrano a far parte del nuovo perimetro la banchina De Franceschi, attualmente in zona omogenea D1 e una porzione di area zonizzata come N1 dal Prgc vigente, e i siti interessati dalla realizzazione delle casse di colmata destinate a terminal multipurpose, cioè con più destinazioni, e ad area con funzioni ecologiche. Il perimetro è altresì rettificato dalla previsione di tombamento della darsena e dalla parziale demolizione di un tratto di banchina esistente. Una zona qui caratterizzata da una sorta di dente, dove l'escavo dovrebbe allinearsi parallelamente alla banchina. Escono invece dal nuovo ambito le aree su cui insiste la sede del Csem. La variante costituisce uno strumento per attuare rapidamente interventi decisivi (opere foranee) tesi a scongiurare il rischio stallo della filiera produttiva, come rimarcato dal Pd, disegnando nuovi spazi portuali. Ma per il grillino Pin «la logistica seppellirà la portualità». E per Furfaro più pragmaticamente sarebbe stato meglio avere «delucidazioni sui posti di lavoro compatibili con salute e ambiente». Soddisfazione invece di Cisint: «Finalmente la città avrà una nuova pianificazione (l'ultima risale al'79, ndr), che rilancerà gli investimenti in una realtà portuale già di respiro nazionale». Obiettivi: costruire opportunità di crescita economica e occupazionale, in sinergia con il contermine scalo internazionale triestino, che ha caratteristiche complementari a Portorosega, nel rispetto del principio di sostenibilità ambientale. Il sindaco ha altresì ribadito il ruolo fondamentale dei Comuni nel Comitato di gestione dell'Autorità di Sistema, inspiegabilmente esclusa dalla governance con la riforma Del Rio. «Un errore» ammesso anche dal dem Delbello, cui si può rimediare sostenendo l'emendamento (con i propri referenti governativi) fermo a Roma che invece potrebbe sancire l'ingresso di Monfalcone nell'organismo: operazione di cui il Pd si farà parte attiva. Questo perché «la piattaforma logistica regionale alto adriatica orientale può diventare il nodo di congiunzione marittimo e ferroviario di un enorme percorso circolare dall'estremo e vicino oriente alla mitteleuropa e al nordeuropa, divenendo così la leva di un grande sviluppo», preconizzato dal centrosinistra, sebbene sul punto Nicoli (Fi)abbia avuto da ridire. Cisint ha rimarcato infine che le risorse per la portualità - 4,5 milioni annui - oltre ai fondi regionali «arriveranno qui». Ma ai soldi vanno affiancate infrastrutture e nuovi insediamenti produttivi. 12
Partenza in sordina per le due navette tra stazione e ospedale (M. Veneto Udine) Alessandro Cesare - È stata una partenza in sordina quella delle due circolari, nord e sud, volute da Comune e Saf per avvicinare al centro storico residenti e turisti. Con la chiusura al traffico di via Mercatovecchio, infatti, l'amministrazione ha pensato a due tragitti alternativi con mini bus per collegare la zona della stazione da un lato, e quella dell'ospedale civile dall'altro. Pochi i passeggeri che hanno utilizzato, nel primo giorno di avvio, i due bus della circolare nord e di quella sud. Una ventina le corse attive ogni giorno, dalle 7 del mattino alle 19 circa, molte delle quali, ieri, hanno viaggiato completamente vuote. Ci vorrà del tempo per far conoscere le due linee e incrementare il numero di passeggeri, potendo così valutare nel concreto la sostenibilità del progetto. L'idea è di sperimentare il servizio almeno fino a marzo, decidendo poi se prolungarlo o sospenderlo. La circolare sud parte dalla zona della stazione (in viale Europa Unita 54) con una frequenza di mezz'ora tra una corsa e l'altra a partire dalle 7 del mattino fino alle 12, per riprendere dalle 15 alle 19.30. Ventuno corse giornaliere che attraversano viale Ungheria, piazza Patriarcato, via Manin, via Vittorio Veneto, via Aquileia, viale Leopardi e via Percoto. Un tragitto che dura 22 minuti e che permette a residenti e turisti di scendere a due passi dal centro storico, intercettando anche le fermate con tutte le altre linee della Saf per eventuali coincidenze. La circolare nord, invece, parte da via Pieri alle 7.35 con corse ogni mezz'ora fino alle 11.35 e poi dalle 14 alle 18.30, per un totale di 19 passaggi. Il bus in questo caso attraversa via Martignacco, via di Toppo, via Gemona, piazza San Cristoforo (questa è la fermata più a ridosso del centro storico), di nuovo su via Gemona, via San Daniele, piazzale Diacono, via Martignacco, via del Cotonificio per tornare in via Pieri. La percorrenza dell'intero tratto è di venti minuti. Poche le persone a bordo si diceva, forse anche perché il lunedì molti negozi sono chiusi e quindi l'attrattività del centro è minore. «C'è bisogno di tempo prima che la gente impari a conoscere queste nuove tratte», afferma uno degli autisti alla guida delle navette. Bus di dimensioni ridotte, con 10 posti a sedere e una trentina in piedi. Dello stesso avviso anche il vicesindaco, Loris Michelini: «Per poter valutare il gradimento del servizio è fondamentale che i cittadini siano informati di questa possibilità». Ecco perché servirà qualche settimana prima che le due circolari entrino a regime. Nel frattempo la Saf ha avviato una campagna di promozione per diffondere il più possibile tra i cittadini l'esistenza delle tratte denominate "Ti porto in centro". L'idea dell'amministrazione comunale è di facilitare il raggiungimento delle aree pedonali (quando sarà concluso l'intervento in via Mercatovecchio il cuore di Udine tornerà vietato alle automobili) attraverso una mobilità sostenibile, basata sull'utilizzo di mezzi pubblici di piccole dimensioni e con una frequenza piuttosto alta. «Su richiesta del Comune - commenta il vicepresidente Saf Massimiliano Marzin - abbiamo attivato queste due circolari che andranno a integrare, in particolare, l'offerta della linea 1. La sperimentazione degli scorsi mesi è avvenuta in maniera intermittente per i lavori in via Aquileia e in via Gemona, però i risultati sono stati discreti, anche in considerazione della concomitanza con il periodo estivo. Adesso partiamo in maniera più strutturata e ci aspettiamo un ottimo ritorno». 13
Sei badanti su dieci sono irregolari. I sindacati chiedono una sanatoria (M. Veneto Udine) Christian Seu - All'allargamento a Est dell'Unione europea, che ha interessato Paesi dai quali storicamente proviene la fetta più importante di lavoratori domestici, non è corrisposto l'atteso tracollo del sommerso. Sei badanti su dieci impiegate in Friuli lavorano in nero e un 2 per cento di queste sono addirittura irregolari sul territorio italiano. Un vulnus che accomuna il Fvg alle altre regioni d'Italia e che per essere sanato necessita di interventi legislativi strutturali. Come quelli chiesti dall'Assindatcolf, l'associazione nazionale dei Datori di lavoro domestico, che ieri ha presentato a palazzo D'Aronco il focus sul comparto contenuto nel Dossier statistico immigrazione elaborato dal Centro studi e ricerche Idos. i datiNel 2018 i lavoratori domestici regolarmente assunti e quindi censiti negli archivi dell'Inps erano 18.736, il 2,2 per cento del totale. Di questi, il 71,6 per cento risultavano essere stranieri: 13.408 (2.771 colf e 10.621 badanti). I restanti 5.328 italiani (2.044 colf e 3.280 badanti). Dei 18.736 lavoratori domestici regolari, 8.537 lavorano in provincia di Udine, il 45, 6 per cento del totale di quelli operativi in tutta la regione. «Un quarto della popolazione della nostra città è over 65 e quindi - ha indicato l'assessore comunale all'assistenza sociale, Giovanni Barillari - la richiesta di sostegno è in aumento costante». A Pordenone le badanti assunte con regolare contratto (e dunque "note" all'Inps) sono 3.721, a cui si aggiungono le 1.289 colf. est europaIl 58,5 arriva dall'Est europeo. «Il fatto che l'Unione europea si sia allargata verso Est ha permesso di regolarizzare molti di questi lavoratori e nell'arco di dieci anni il numero di assunti regolari è triplicato - analizza Gioacchino De Marco, referente dell'Assindatcolf di Udine -. Se per Ungheria, Slovenia e Croazia la situazione si è normalizzata, con le lavoratrici diventate comunitarie a tutti gli effetti, restano alcune criticità per le donne provenienti dalla Georgia che, anche in Friuli, sono moltissime». le contromisure«A fronte di una popolazione che tende sempre più strutturalmente all'invecchiamento - ha spiegato durante il convegno nel salone del Popolo Andrea Zini, vicepresidente Assindatcolf - abbiamo calcolato che nel 2025 la domanda di badanti aumenterà del 9 per cento. Da qui l'esigenza di avviare una programmazione dei flussi di ingresso di lavoratori non comunitari, che al contrario è ferma dal 2011». Assindatcolf stima che servirebbero 60 mila nuovi ingressi per lavoro domestico nell'arco dei due prossimi trienni. «Oltre a ciò - prosegue Zini - le istituzioni non possono far finta di non vedere i circa 200 mila non comunitari impiegati in Italia nel comparto domestico senza regolare titolo di soggiorno, e quindi anche in nero, che sono già presenti in Italia. Per loro è arrivato il momento di trovare una soluzione: la strada può essere quella di una sanatoria specificatamente dedicata ai non comunitari per regolarizzare il loro status giuridico, o quella di una procedura di emersione estesa a tutti gli occupati in nero del settore domestico, stimati - tra italiani e stranieri - in circa 1,2 milioni. Un'operazione che, in ogni caso, sanerebbe non solo gli inadempimenti amministrativi e previdenziali a carico dei datori di lavoro ma, nel caso dei lavoratori stranieri, anche il loro status giuridico irregolare», conclude il rappresentante sindacale. 14
Crac alla Giuliane: in dieci nei guai. A giudizio anche Midolini e Fadalti (M. Veneto Udine) Alessandra Ceschia - Bancarotta fraudolenta, semplice e ricorso abusivo al credito. Sono le ipotesi di reato contestate nell'ambito del fallimento della Giuliane Dmp di Mortesins di Ruda per la quale la procura di Udine ha indagato dieci persone.Il procedimento è approdato ieri davanti al giudice per l'udienza preliminare Daniele Faleschini Barnaba e si è chiuso per il 67enne di Fontanafredda Ivo Giovanni Carlot, presidente del consiglio di amministrazione fino al 22 ottobre 2014 con un patteggiamento a un anno e 10 mesi di reclusione, pena sospesa. Si andrà invece a dibattimento per definire le posizioni di sei indagati, tutti rinviati a giudizio. Il processo si aprirà il 20 febbraio per gli ex consiglieri Stefano Midolini, 56enne udinese difeso dell'avvocato Luca Ponti, Piero Fadalti 63enne di Sacile difeso dall'avvocato Marco Zucchiatti, Francesco Adami, 55enne di Vicenza, assistito dal legale Mario Calgaro, gli amministratori delegati Gianluca Pertile 53 anni di Zugliano, difeso dall'avvocato Paola Strada, Gianfranco Dalla Mora, 61enne di San Donà di Piave (avvocato Manola Faggiotto) e Renato Murer, 71enne di San Donà di Piave, sindaco effettivo dal 21 gennaio 2011 al 7 novembre 2014 (avvocato Renzo Fogliata). Accogliendo la richiesta dei difensori, il giudice ha pronunciato una sentenza di non luogo a procedere nei confronti di Giovanni Azzano Cantarutti, 70enne udinese difeso dall'avvocato Luca Ponti, Paolo Mocellin 73enne di Vicenza (avvocato Lorenzo Cudini), e Giancarlo Tamiozzo, 63enne di Thiene (avvocato Mario Calgaro). Con il fallimento della Dmp, decretato dal tribunale di Udine il 29 gennaio 2015 l'azienda che occupava 44 dipendenti nella produzione di solai e manufatti in cemento chiuse i battenti. Tre le ipotesi di reato contestate: innanzitutto quella della bancarotta semplice a carico di Carlot, Adami, Pertile, Dalla Mora, Tamiozzo, Mocellin e Murer perché, stando all'ipotesi dell'accusa illustrata dal pm Elisa Calligaris, adottando relative delibere o, nel caso del collegio sindacale, omettendo l'esercizio del controllo, aggravavano il dissesto omettendo di richiedere il fallimento della società nonostante questo si fosse evidenziato sin dal 2010. L'accusa di bancarotta fraudolenta era stata contestata perché, secondo la Procura, gli indagati esponevano nei bilanci chiusi al 31 dicembre del 2008 e del 2011 fatti materiali che non corrispondevano al vero. Così facendo avrebbero occultato il dissesto e conseguito una significativa riduzione delle perdite con concreta capacità ingannatoria in danno di terzi sulla reale consistenza patrimoniale della società e sulla prospettiva della continuità aziendale. A Carlot, Adami, Pertile e Dalla Mora venivano inoltre contestate le accuse di ricorso abusivo al credito con la sottoscrizione di contratti di finanziamento e di mutuo ipotecario dissimulando il dissesto e lo stato di insolvenza dell'azienda. 15
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