RASSEGNA STAMPA CGIL FVG - martedì 10 dicembre 2019

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RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – martedì 10 dicembre 2019

(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)

ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA (pag. 2)
Divisi sul ritorno in corsia di colleghi medici in pensione (M. Veneto, 2 articoli)
Pensioni, i sindacati in piazza: «Serve un sistema più equo» (Piccolo Trieste)
Lavoro precario, storie a convegno e a teatro (M. Veneto)
Permasteelisa in crisi: Serracchiani interroga (M. Veneto)
La finanziaria arriva in aula. Pioggia di 198 emendamenti (Piccolo)
Confindustria Alto Adriatico, lunedì il varo. La fusione Pordenone-Trieste è realtà (M. Veneto)
Ocean apre la contesa sui servizi del porto di Bar (Piccolo)
Ricerca e reclutamento donano quasi 21 milioni all'Università di Trieste (Piccolo, 2 articoli)
A battesimo l'asse Fedriga-Riccardi-Bini (M. Veneto)
CRONACHE LOCALI (pag. 9)
Ferriera, a Roma il confronto sull'Accordo di programma (Piccolo Trieste)
Guerra tra Acegas e i sindacati sullo sciopero bianco dei rifiuti (Piccolo Trieste)
Mano nel macchinario che tritura i rifiuti. Operaio ferito a Sgonico (Piccolo Trieste)
In aeroporto cominciano i lavori. Priorità? Sistemare le recinzioni (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Il Porto ingloba la banchina De Franceschi. Più spazi alla logistica per attrarre aziende (Piccolo Go-Mo)
Partenza in sordina per le due navette tra stazione e ospedale (M. Veneto Udine)
Sei badanti su dieci sono irregolari. I sindacati chiedono una sanatoria (M. Veneto Udine)
Crac alla Giuliane: in dieci nei guai. A giudizio anche Midolini e Fadalti (M. Veneto Udine)
Pensionati, presidio in Prefettura per chiedere una società più giusta (M. Veneto Pordenone)
Unindustria, Agrusti torna imprenditore (M. Veneto Pordenone)

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ATTUALITÀ, REGIONE, ECONOMIA

Divisi sul ritorno in corsia di colleghi medici in pensione (M. Veneto)
Maura Delle Case - Sindacati regionali di categoria divisi sul ritorno in corsia dei medici pensionati. Per il
segretario Fvg di Anaao Assomed (associazione medici dirigenti), Valtiero Fregonese, è un errore la norma
appena approvata dal Consiglio regionale che consente alle aziende sanitarie di richiamare in servizio,
ancorché con contratti a tempo determinato, professionisti in quiescenza. Al contrario il collega di Cimo
(Coordinamento italiano medici ospedalieri), Giulio Andolfato, saluta con favore l'apertura denunciando
però una disparità: a suo giudizio la Regione avrebbe dovuto fare un passo in più e consentire ai medici
ospedalieri, oggi "confinati" per legge (nazionale) nel perimetro della sanità pubblica, di lavorare anche nel
privato convenzionato. Ma andiamo con ordine. E partiamo da Anaao Assomed, il più rappresentativo
sindacato delle professioni mediche. A Fregonese abbiamo chiesto cosa pensi della norma che consente
l'assunzione a tempo dei colleghi in pensione. «Cosa ne penso? Molto male. Questa Regione - ha attaccato
Fregonese - deve decidere se vuole investire sui giovani oppure dare qualche contentino a destra e a
manca, a qualche medico che ha finito ormai il suo ciclo lavorativo. Ricorrere ai pensionati non è la
soluzione ai problemi del servizio sanitario, è semmai una scorciatoia facile e ingiustificata, che non potrà
ovviare alla carenza di medici prevista fino al 2025». Anaao lo va ripetendo dal lontano 2011, da quando ha
iniziato a diffondere report sull'emergenza. «Che le Regioni facciano le verginelle e improvvisamente, nel
2019, si rendano conto del problema è cosa che non sta né in cielo né in terra», rilancia il segretario
snocciolando soluzioni alternative che vanno dal «permettere agli specializzandi di 4º e 5º anno di essere
assunti dalle aziende sanitarie all'aumento delle borse di studio per le specializzazioni e ancora alla
previsione di incentivi per i medici che vengano a lavorare in Regione come già fa la Valle d'Aosta».Di
diverso avviso è il numero uno di Cimo. «Non abbiamo nessuna ostilità nei confronti dei colleghi che hanno
raggiunto la pensione, riteniamo anzi siano un valore aggiunto per la sanità e tutti noi. Ci sono però due
pesi e due misure - afferma Andolfato -. Un medico in quiescenza oltre alla pensione oggi può lavorare nel
privato, viceversa i medici ospedalieri, per colpa del contratto firmato tra gli altri da Anaao Assomed, sono
obbligati a una riduzione della retribuzione se vogliono aprire partita iva e comunque non possono lavorare
nelle strutture convenzionate. In sostanza - continua Andolfato - mentre i medici in pensione possono
avere paga doppia, quelli ospedalieri sono costretti a questa forma di schiavitù che è la causa primaria dei
pochi medici in circolazione, molti infatti si licenziano o se ne vanno all'estero. Ne avevo parlato
all'assessore regionale Riccardo Riccardi e al presidente Massimiliano Fedriga ritenendo che la Regione, in
virtù della sua autonomia, potesse intervenire. E possa ancora farlo: ha liberalizzato l'assunzione dei
pensionati, lo faccia - conclude - anche per l'accesso degli ospedalieri alle strutture private convenzionate».
Personale sanitario tagliato dell'1,4%. Si scende in piazza
Si sono dati appuntamento per questa mattina davanti al consiglio regionale i sindacati di categoria Fp-Cgil,
Cisl-Fp, Flp-Uil e Fials per dire "no" al taglio dell'1,4% del personale sanitario previsto dal bilancio nazionale
a carico del Friuli Venezia Giulia. Il presidio sarà anche l'occasione per chiedere all'assessore alla Salute,
Riccardo Riccardi, la convocazione di un tavolo urgente «per discutere i tanti temi aperti - dichiara Luciano
Bordin, segretario di Cisl Fvg -: dai nuovi assetti aziendali passando per liste d'attesa e accessi al pronto
soccorso».M.D.C.

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Pensioni, i sindacati in piazza: «Serve un sistema più equo» (Piccolo Trieste)
Lorenzo Degrassi - Ritorno a un sistema più equo di rivalutazione delle pensioni, misure a sostegno dei
pensionati con redditi medio-bassi e soprattutto la richiesta di una legge nazionale per i non autosufficienti.
Sono i temi caldi che hanno portato i sindacati dei pensionati di Cgil, Cisl e Uil a organizzare ieri mattina
anche un presidio sotto la Prefettura a Trieste. L'obiettivo è quello di rilanciare le richieste già al centro
della manifestazione nazionale del 16 novembre e del precedente incontro con i parlamentari del Fvg.
Centrale la rivalutazione: tra blocco e tagli alla perequazione, infatti, la perdita accumulata dai pensionati a
partire dal 2012 in termini di mancato adeguamento all'inflazione supera i 40 miliardi di euro a livello
nazionale (pari a più del 30% del potere d'acquisto) e un miliardo nel solo Fvg, dove sono quasi 150 mila i
pensionati che ne hanno subito gli effetti. Uno degli obiettivi, come hanno ricordato i segretari della triplice
Adriano Sincovich (Cgil - Spi), Pierangelo Motta (Cisl - Fnp) e Giuliano Folchi (Uil - Pensionati), oltre a una
maggiore attenzione ai pensionati, è quello di promuovere la raccolta firme per una legge sui non
autosufficienti. Una sottoscrizione che, a livello nazionale, è già vicina a quota 15 mila firme. Un
provvedimento, questo, su cui è forte il pressing sindacale anche in Fvg, in considerazione degli elevati
indici di invecchiamento della regione, dove tra gli over 65 i non autosufficienti sono oltre 100 mila, di cui
28 mila in condizioni di non autosufficienza totale. Oggi i sindacati confederali e delle categorie hanno
organizzato un altro presidio, questa volta contro il taglio nazionale dell'1,4% della spesa per il personale
sanitario. Appuntamento alle 10 in piazza Oberdan, sotto il Consiglio regionale. -

Lavoro precario, storie a convegno e a teatro (M. Veneto)
Storie di lavoro, sempre più spesso povero, precario, sottopagato, storie di migrazioni, viste sia con gli occhi
di chi arriva sia con quelli di chi accoglie, storie di ieri e di oggi, vicine e lontane, tenute insieme dal filo
comune dei diritti. Le racconteranno la Filcams Cgil del Fvg e i suoi ospiti, che animeranno un convegno in
programma oggi, dalle 9.30 alle 14, al centro d'accoglienza Balducci di Zugliano, in occasione della Giornata
internazionale dei Diritti umani. Tra gli altri interverranno don Pierluigi Di Piazza, presidente del centro
Balducci, e Maria Grazia Gabrielli, segretaria generale della Filcams. Parteciperanno anche il segretario
generale della Filcams Fvg Francesco Buonopane e Susanna Pellegrini, della segreteria regionale Cgil. A
chiudere la giornata, al Palamostre di Udine alle 21, sempre su iniziativa della Filcams, lo spettacolo teatrale
Dita di Dama, tratta dall'omonimo libro di Chiara Ingrao, che racconta le storie di un gruppo di operaie alla
fine degli anni Sessanta. Ingresso libero.

Permasteelisa in crisi: Serracchiani interroga (M. Veneto)
«Il ministro dello Sviluppo economico convochi un tavolo alla presenza della dirigenza del gruppo
Permasteelisa, dei sindacati e delle Regioni Veneto e Fvg, intervenendo così prima di ogni possibile
decisione di cessione o chiusura, per salvaguardare la produzione e i posti di lavoro, anche dell'indotto».
Indotto chui sono interessati il Sacilese e la Pedemontana. Lo chiede la deputata Debora Serracchiani con
un'interrogazione al ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli, dopo che la società leader
Permasteelisa internazionale nei rivestimenti architettonici di edifici, di proprietà del gruppo giapponese
Lixil Group, è stata messa sul mercato. La parlamentare dem chiede al ministro «se sia a conoscenza della
situazione del gruppo Permasteelisa e se abbia attivato un'interlocuzione con la dirigenza».

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La finanziaria arriva in aula. Pioggia di 198 emendamenti (Piccolo)
Diego D'Amelio - La discussione sulla legge di stabilità comincia con una certezza e molti interrogativi
aperti. La sicurezza sono i 198 emendamenti alla finanziaria e alla legge collegata alla manovra, depositati
da giunta regionale, partiti di maggioranza e opposizione. Al momento, però, le proposte di modifica al
testo sono tutte di portata assai relativa ed è dunque lecito attendersi una nuova infornata di
emendamenti che tanto l'esecutivo quanto i singoli consiglieri potranno presentare entro la fine della
discussione generale sul disegno di legge, che prenderà sicuramente l'intera giornata di oggi. Lecito
domandarsi allora quali saranno le misure caratterizzanti immaginate dal presidente Massimiliano Fedriga,
che al momento non scopre le carte ma che conferma di essere al lavoro su almeno un provvedimento
bandiera riguardante la famiglia, la cui ufficializzazione avverrà nel corso dei lavori del Consiglio. Che
qualcosa bolla in pentola lo scrive sui social il capogruppo della Lega Mauro Bordin, cominciando dal
rivendicare le misure fin qui portate a casa dalla maggioranza. Bordin ricorda lo sconto sul trasporto
scolastico extraurbano, i contributi fino a 600 euro per l'asilo nido dal secondo figlio in poi, i fondi per
l'installazione di telecamere a circuito chiuso nelle scuole e le dotazioni economiche per gli arredi scolastici
e l'informatizzazione. «E con il presidente Fedriga - conclude il leghista - si sta lavorando ad una nuova
misura da inserire nei prossimi giorni nella legge di stabilità 2020. A breve novità importanti». La legge di
stabilità 2020 pesa oltre 4 miliardi e già contiene alcuni punti caratterizzanti, come l'estensione alle tratte
urbane dello sconto studenti sul trasporto pubblico e i contributi alla rottamazione per veicoli inquinanti. La
posta più cospicua è però quella da 20 milioni, che servirà a dare gambe al progetto Noemix, che prevede il
noleggio a lungo termine di veicoli elettrici da parte di enti pubblici e la realizzazione di colonnine di ricarica
sul territorio. Altri 3,8 milioni saranno dedicati al fondo per la sicurezza urbana e per l'adozione di steward
urbani, mentre 3 milioni verranno destinati all'installazione di sistemi di videosorveglianza negli asili. Come
di consueto Salute e Protezione sociale assorbono la maggior parte del bilancio con 2,7 miliardi stanziati,
cui si aggiungono 323 milioni per i Trasporti, 121 per Lavoro, formazione e famiglia, 725 per le Autonomie
locali, 87 per le Attività produttive, 63 per le Risorse agroalimentari, 53 per Cultura e sport, 80 per
l'Ambiente, 96 per il Patrimonio. Il Pd critica l'impianto del ddl con il segretario regionale Cristiano Shaurli:
«Solo pochi giorni fa i sindacati hanno chiesto di essere ascoltati dalla giunta per far sentire le
preoccupazioni dei lavoratori sulla situazione del comparto industriale, ma anche su tutta una serie di
questioni sociali. La risposta è in questa finanziaria regionale, partorita senza un progetto di sviluppo
complessivo né settoriale». Secondo Shaurli, «è grave che lo strumento per il rilancio dell'economia
regionale, tanto nominato da Bini e Fedriga, dopo oltre un anno e mezzo sia ancora una legge del futuro, e
che quindi in questa finanziaria non si vedano le poste di cui la nostra economia ha urgente bisogno. La
giunta Fedriga è veloce quando si tratta di far propaganda, ma immancabilmente tardi sulle cose concrete».

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Confindustria Alto Adriatico, lunedì il varo. La fusione Pordenone-Trieste è realtà (M. Veneto)
Maurizio Cescon - In Veneto ci sono state fusioni ben più grandi (Venezia-Rovigo o Treviso-Padova tanto per
fare i due esempi più significativi) che hanno dato vita a dei veri e propri colossi dell'associazionismo degli
industriali, senza che nessuno degli attori protagonisti si strappasse le vesti. Il mondo globalizzato e le
nuove sfide impongono anche nuovi modelli di gestione e così si prova ad adeguarsi. In Friuli Venezia Giulia,
invece, l'unico patto di questo genere, quello tra Unindustria Pordenone e Trieste-Gorizia, ha suscitato un
vespaio di polemiche. Il motivo? Udine è rimasta fuori dalla partita. E visto che la provincia udinese
rappresenta, dal punto di vista economico e secondo tutti i principali indicatori (numero di aziende,
occupati, export e fatturato) circa il 45% dell'intera economia del Friuli Venezia Giulia, ci si rende subito
conto che il problema è di quelli rilevanti. La frattura è stata sancita in piena estate, sotto il sole d'agosto, e
non sono certo bastati pochi mesi per sanarla. Anzi è stata fissata la data ufficiale del "matrimonio" tra la
Destra Tagliamento e l'area giuliana: il 16 dicembre, lunedì prossimo, giorno in cui le assemblee delle due
associazioni daranno formalmente il via a Confindustria Alto Adriatico, un'unica, corposa, realtà che potrà
contare sulla partecipazione di oltre 1.300 imprese. Un processo, quello dell'integrazione Pordenone-
Trieste, che era partito sottotraccia all'inizio di quest'anno, ma che appunto ha isolato Udine «per scelte e
visioni diverse», dicono in riva al Noncello e in piazza Unità. Certo «la porta resta sempre aperta»,
aggiungono. Ma non sarà una mano tesa a convincere chi si è sentito, di fatto, messo all'angolo: solo il
tempo lenisce certe ferite ed evidentemente i fatti sono ancora troppo recenti per essere messi alle
spalle.Udine, in questi mesi, sicuramente non è stata con le mani in mano, anche se ufficialmente al
momento continuerà la sua strada da sola. Anzi un anno fa, è stato fatto notare in ambienti imprenditoriali
udinesi, è stata già costituita la Federazione degli industriali friulani, cioè l'alleanza con Confapi che porta in
dote centinaia di aziende associate. Insomma la situazione è fluida e non sono esclusi colpi di scena in
futuro, visto che la partita adesso si sposterà sull'ipotesi di una sola, grande, Confindustria del Nordest che
possa far valere sui tavoli nazionali, sia politici che economici, un suo peso specifico importantissimo. Anche
in questo caso Pordenone sembra partire un passo avanti agli altri, visto che il neo presidente di
Confindustria Veneto Enrico Carraro, che controlla la Siap di Maniago, è pure socio di Unindustria. Ma da
una eventuale super Confindustria tra Veneto, Friuli Venezia Giulia e magari Trentino, non potrebbe
ovviamente restare fuori Udine.Forse allargando gli orizzonti delle alleanze, anche le incomprensioni dentro
i confini del nostro territorio, potrebbero diluirsi. Non dimentichiamo che fino a un paio di anni fa era
d'attualità l'ipotesi di creare la Confindustria unica regionale. Nel 2016 questo piano sembrava a un passo
dalla realizzazione, con tanto di dichiarazioni pubbliche degli allora presidenti di Confindustria Udine
(Matteo Tonon, al quale è subentrata nel frattempo Anna Mareschi Danieli) e Unindustria Pordenone
(Michelangelo Agrusti, che è lo stesso di oggi). Però poi non se ne fece nulla e così oggi ci ritroviamo da una
parte Pordenone e la Trieste-Gorizia guidata da Sergio Razeto, che dialogano sui temi dell'indotto della
cantieristica, del mobile e della logistica, e Udine dall'altra. Una situazione che giocoforza dovrà essere
superata. Intanto prima delle nozze con Trieste-Gorizia, Unindustria Pordenone festeggia l'adesione di altre
150 nuove aziende tra i suoi associati, che porta il numero complessivo a circa 900, mentre Confindustria
Udine resta sopra i 700. La governance della Confindustria Alto Adriatico sarà resa nota entro la fine
dell'anno e i diretti interessati giurano che sarà su base del tutto paritaria. Ma è chiaro che l'associazione
guidata da Agrusti farà valere il suo peso specifico: è difficile ritenere infatti che Pordenone rinunci al
massimo ruolo di vertice.

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Ocean apre la contesa sui servizi del porto di Bar (Piccolo)
Andrea Pierini - Una seconda concessione per la gestione dei servizi portuali nello scalo di Bar potrebbe
spingere Ocean srl a trascurare gradualmente il mercato del Montenegro spostando gli investimenti verso
altri paesi. Il governo ha accolto dopo più di un anno la richiesta del ministro dei Trasporti e affari marittimi
Osman Nurkovic e novembre ha dato il via libera a una gara per aggiungere un altro operatore nonostante
il calo delle navi passate dalle 752 del 2014 alle 592 del 2018, a novembre 2019 ne sono arrivate 542 a
ulteriore conferma di una riduzione costante. A denunciare le pesanti ripercussioni è Erich Cossutta,
presidente e socio di Ocean Montenegro e vicepresidente di Confindustria Est Europa, che anticipa anche
l'intenzione di aprire un arbitrato a Londra dopo aver informato le istituzioni competenti montenegrine, la
procura e l'Agenzia anticorruzione. «La decisione del ministero dei Trasporti del Montenegro di aprire a un
nuovo concessionario locale - spiega Cossutta - è basata su dati errati visto che al momento il trend degli
arrivi delle navi è in costante calo. Si tratta di una decisione grave perché dice agli investitori che il
Montenegro è un Paese dove regna l'incertezza giudica. È inoltre una scelta contraria alle prassi e alle
regole europee (il Montenegro ha fatto domanda di adesione nel 2008 e sono in corso i negoziati, ndr) e
potrebbe mettere in pericolo la sicurezza della navigazione visto che non è stato indicato come dovrebbero
operare i due concessionari». Ocean opera nello scalo di Bar dal 2010 a seguito della privatizzazione della
Pomorski Poslovi con una concessione di 30 anni per il servizio di pilotaggio, ormeggio e dei rimorchiatori,
attività svolta anche negli scali di Monfalcone, Porto Nogaro e Capodistria. Complessivamente il gruppo
fattura oltre 50 milioni di euro ed è composto da 16 società che danno lavoro ad oltre 450 persone anche
attraverso l'attività di agenzia marittima e la tutela e la salvaguardia dell'ambiente lungo le coste della
Toscana. Nel mar Caspio invece il core business è la fornitura di servizi per le ditte che operano
nell'estrazione offshore di petrolio e gas. A livello economico il Montenegro è un investimento marginale,
ma strategico: «La decisione del ministero - spiega Cossutta - potrebbe danneggiare la cooperazione che
abbiamo con il governo del Montenegro, Paese con il quale desideriamo continuare a lavorare sulla base
delle buone pratiche commerciali e dei principi Ue. Come Ocean dobbiamo però fare una riflessione per
capire se ha senso continuare a investire in un paese che sta facendo dei passi indietro importanti come
testimonia questa seconda gara che non chiede le garanzie che erano state chieste nel 2010 aprendo le
porte anche a gruppi locali senza alcuna esperienza ne capacità finanziaria. Siamo presenti - aggiunge - in
tutti gli stati della dorsale balcanica, siamo un gruppo strutturato, dunque rinunciare a questo investimento
non avrebbe ripercussioni importanti a livello economico».

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Ricerca e reclutamento donano quasi 21 milioni all'Università di Trieste (Piccolo)
Fabio Dorigo - L'università più premiata non è quella più remunerata. La "cifra" complessiva del Fondo di
finanziamento ordinario (Ffo) per il 2019 è di 7,45 miliardi per gli atenei statali. La parte premiale di fondi
statali viene distribuita: 3/5 sulla base della vecchia Vqr (Valutazione qualità della ricerca) 2011-2014, 1/5
sul reclutamento e 1/5 sull'applicazione dell'autonomia responsabile. Per l'anno in corso la quota "torta"
premiale ammonta a circa 1,7 miliardi (il 24 per cento del totale).In termini assoluti, secondo la classifica
pubblicata ieri dal Sole 24 Ore, vengono "premiate" La Sapienza di Roma (457,6 milioni), l'Alma Mater di
Bologna (368,5) e la Federico II di Napoli (331,1). In percentuale invece salgono sul podio la veneziana Ca'
Foscari (77,9 milioni), la Statale di Milano (267,8) e l'Università di Padova (281,1 milioni) che devono alla
quota premiale, rispettivamente, il 33,3%, il 31,5% e il 31,1% dei fondi statali ricevuti. Praticamente un
terzo dei fondi del finanziamento ordinario derivano dalla quota premiale. Uno schema che si ripete anche
a livello regionale.In Friuli Venezia Giulia Trieste "incassa" 84,9 milioni contro i 71,3 di Udine, ma in
percentuale l'incidenza dei fondi premiali si ferma al 24,8% per Trieste rispetto al 29,6% di Udine che
occupa i piani alti della classifica del Sole 24 Ore. L'ateneo friulano è al decimo posto cono Pisa dietro
l'Università dell'Insubria (Varese) e davanti a Bologna. Trieste, invece, è al 47.mo posto, al fondo della
classifica, in coppia con Teramo dietro a Parma e davanti alla Sapienza di Roma, l'università più remunerata
del Belpaese. «Il fondo premiale rappresenta una cospicua parte del nostro Ffo e ci colloca tra i primi dieci
atenei considerando la percentuale sull'Ffo. Ci conforta e ci spinge a continuare nel lavoro di miglioramento
delle nostre performance», commenta soddisfatto Roberto Pinton, rettore dell'Università degli Studi di
Udine.Una classifica che non convince l'ateneo giuliano. «La modalità di costruzione dei fondi che arrivano
dallo Stato è molto complessa», mette le mani avanti Roberto Di Lenarda, rettore dell'Università di Trieste.
«Stiamo parlando di un sotto insieme che è quello della cosiddetta quota premiale. Si tratta di una quota
percentuale che va crescendo e che tenderà progressivamente ad aumentare il suo peso: quest'anno era
del 24,8% e il prossimo sarà attorno al 26% del finanziamento complessivo», spiega il rettore triestino che
vede differenze con l'ateneo friulano: «Da un punto di vista assoluto tra noi e Udine la quota premiale è
sostanzialmente identica. Noi abbiamo 20 milioni e 950 mila euro, mentre Udine ha 21 milioni e 100 mila
euro. Una differenza di 150 mila euro». Stessi fondi premiali per Udine e Trieste nonostante la posizione
opposta in classifica. Questioni di numeri. «A una stessa quota premiale corrisponde una percentuale
diversa perché il Ffo è diverso - spiega il rettore di Trieste -. In termini assoluti il 29,6% di Udine vale il 24,8
di Trieste perché noi abbiamo altre entrate e il denominatore è più grande».La differenza tra i due atenei
del Fvg si misura su cose che non rientrano nella quota premiale come per esempio i Dipartimenti di
eccellenza: Trieste ne ha due e Udine uno solo. «Il problema - continua Di Lenarda - è che Trieste paga
ancora l'effetto del Vqr 2010-2014. Si tratta della valutazione di ormai 10 anni fa. La nuova Vqr dovrebbe
valutare in modo diverso la qualità della ricerca. Noi speriamo sarà migliorativo per Trieste». Meglio,
insomma, scommettere sul futuro e sulle nuove linee guida dettata dal ministro Lorenzo Fioramonti. Il
rating delle università sta per cambiare. Grazie alle nuove linee guida sulla valutazione della qualità della
ricerca (Vqr) 2015-2019 emanate nei giorni scorsi dal Miur che puntano, da un lato, ad ampliare i prodotti
"valutati" dall'Anvur (Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca), dall'altro a
premiare le sinergie nei progetti con i territori. Gli effetti, probabilmente, si scopriranno nel 2021 quando le
novità andranno a regime. Mentre l'anno prossimo il quadro dovrebbe ricalcare quello del 2019.
Doppio emendamento anti tagli alla Sissa. Ballano 500 mila euro
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A battesimo l'asse Fedriga-Riccardi-Bini (M. Veneto)
Mattia Pertoldi - Esistono circostanze e occasioni, in politica, in cui più dei contenuti in sé pesano i
protagonisti, la scenografia scelta e il contorno in cui avviene un determinato evento. Così quello che andrà
in scena domani a Codroipo - ore 20 ai "Gelsi" - non sarà un semplice incontro politico organizzato a livello
locale per discutere di legge di Stabilità e delle prospettive del Medio Friuli, ma qualcosa di più. Qualcosa in
grado, plasticamente, di rendere l'idea di cioè che è mutato nel centrodestra, e in maggioranza, da un
mesetto a questa parte.Attorno allo stesso tavolo, infatti, si ritroveranno il vicepresidente della Regione
Riccardo Riccardi - uno che da quelle parti è guarda un po' di casa -, l'assessore alle Attività Produttive
Sergio Bini e, al netto di impegni dell'ultimo minuto, il governatore Massimiliano Fedriga. Tre protagonisti
per un istantanea in grado di certificare, meglio di ogni parola, la nuova architrave di alleanze createsi in
Regione nel corso dell'autunno. Da quando, cioè, Bini ha deciso di aprire lo scontro, vincendolo, tutto
interno a Progetto Fvg con Ferruccio Saro, ormai separato in casa e a cui manca soltanto la formalità
statutaria per certificare l'addio al ruolo di coordinatore regionale del movimento.Una battaglia politica,
quella di Bini, che l'assessore non avrebbe mai aperto senza la palese copertura garantita da Fedriga e che
nel corso delle settimane - come non a caso ha notato un acuto analista dei fenomeni politici come Saro -
ha riavvicinato, e di molto, il fondatore di Progetto Fvg a Riccardi. Ora, sostenere che il vicepresidente sia il
grande ispiratore della rottura tra Bini e Saro è quantomeno eccessivo, ma che Riccardi non abbia giocato,
in questa partita, un ruolo da comprimario sembra altrettanto evidente. Non tanto in ottica presente -
leggasi il destino interno di un partito che non è certamente il suo -, quanto in prospettiva futura perché sia
lui sia Bini vedono in maniera evidente la necessità di creare da qui al 2023 un blocco di centro, a sinistra
della Lega, in grado di andare oltre a quell'esistente che si appresta a esaurire la propria funzione sociale
(leggasi Forza Italia) oppure ha bisogno comunque di evolvere in qualcosa di nuovo (Progetto Fvg) senza
però mettere in discussione la fiducia in Fedriga e, soprattutto, nella giunta che lo affianca.Certo, da qui a
dire che il progetto attualmente in vitro possa trasformarsi in qualcosa di politicamente funzionale ce ne
passa, ma intanto la coppia di assessori, con la sponda chiave del governatore, domani traccia un primo
solco. Perché, come detto, a volte la cornice pesa, e pure parecchio. E pensare che due vecchi democristiani
come Bini e Riccardi abbiano deciso casualmente di presentarsi assieme, affiancati da Fedriga, proprio a
Codroipo, a una manciata di giorni dalla rottura ufficiale dentro Progetto Fvg diventa, come minimo, poco
credibile. No, il messaggio che arriverà da Codroipo è pensato, ricercato ed espressamente voluto. È rivolto
all'interno della maggioranza, senza dubbio, ma anche - se non soprattutto - all'esterno. Come a dire al
Friuli Venezia Giulia, in estrema sintesi, che qualcosa, anzi molto, si è rimescolato nei corridoi di piazza
Unità e che per l'immediato futuro sarà il caso, per tutti, di prenderne atto.

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CRONACHE LOCALI

Ferriera, a Roma il confronto sull'Accordo di programma (Piccolo Trieste)
Diego D'Amelio - Il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli e Siderurgica Triestina accelerano
sulla riscrittura dell'Accordo di programma (Adp) relativo alla riconversione della Ferriera di Servola.
Rappresentanti del governo, della Regione, del Comune, dell'Autorità portuale e dell'azienda si
ritroveranno stamani al Mise per aprire il confronto sulla bozza di Accordo apprestata in queste settimane
dai tavoli tecnici e i cui contenuti poggiano al momento soprattutto sul nuovo business plan preparato dal
gruppo Arvedi. Se ne discuterà a Roma, proprio nel giorno in cui i lavoratori dell'ex Ilva di Taranto
manifesteranno sotto la sede del Mise. Siderurgica Triestina ha depositato nei giorni scorsi istanza formale
di revisione dell'Adp stretto da ministero dell'Ambiente, Mise, Regione e Autorità portuale nel novembre
2014. Quel testo delineava i compiti della società e delle istituzioni pubbliche dopo il passaggio della
proprietà da Lucchini-Severstal ad Arvedi, quando al centro furono poste le bonifiche e la copertura dei
parchi minerali. Il nuovo Adp partirà dalla constatazione del cambio di scenario, depennando dunque la
prevista realizzazione dei capannoni a copertura dei cumuli di carbon fossile e polvere di metallo necessari
fino a questo momento per la produzione di ghisa. Con la chiusura di cokeria, agglomerato, altoforno e
macchina a colare le coperture non saranno infatti più necessarie. Nella cosiddetta istanza di novazione
dell'Adp, Siderurgica Triestina ha ribadito ancora una volta che la richiesta di dismissione dell'area a caldo è
stata avanzata dalla Regione e richiamato il riconoscimento formale da parte dell'assessore all'Ambiente
Fabio Scoccimarro dei grandi passi avanti registrati sul fronte della riduzione dell'impatto dello stabilimento
a livello di inquinamento atmosferico e messa in sicurezza dei terreni. La proprietà ribadisce inoltre la
necessità di ricevere «adeguato sostegno economico da parte pubblica» e proprio questo sarà uno dei nodi
da sciogliere all'incontro di oggi. A margine della messa organizzata ieri in azienda a ricordo del manager
Francesco Rosato, Scoccimaro ha sottolineato che «oggi dopo il lavoro prima sotto traccia e poi pubblico,
siamo giunti all'imminente chiusura di un ramo dello stabilimento, quello impattante dal punto di vista
ambientale, ma anche all'inizio di un percorso che porterà quell'area a essere un polo logistico di massimo
rilievo per tutto il Paese. Ora senza fretta, nel rispetto degli impegni presi dalla giunta Fedriga e dal
ministero dello Sviluppo economico, bisogna predisporre una modifica dell'Accordo di programma che
verte sulla bonifica dell'area e riunire tutti i portatori d'interesse al tavolo, al fine di salvaguardare i posti di
lavoro e investire sul futuro della città». Siderurgica ha intanto invitato i sindacati nazionali e provinciali a
un incontro nel pomeriggio, dopo la conclusione del vertice al Mise. L'azienda intende infatti avviare il
confronto sulle ricadute occupazionali dell'Adp, valutando la gestione dei lavoratori nei prossimi anni,
l'accesso alla cassa integrazione, gli interventi sui singoli reparti e gli esiti della riqualificazione. L'assenza di
alcune segreterie nazionali ha costretto tuttavia al rinvio di un appuntamento, che ha creato i malumori di
Fiom e Fim. In un volantino affisso in fabbrica, le due sigle specificano di aver ricevuto la convocazione
soltanto il 5 dicembre, evidenziando che l'incontro con i sindacati si sarebbe dovuto tenere a Trieste e non
a Roma. Fiom e Fim confermano però la disponibilità al dialogo nei tempi e nelle sedi opportuni,
sottolineando «l'importanza della condivisione da parte dei lavoratori di un piano industriale con al centro
l'aspetto occupazionale oltre alla prospettiva industriale a medio-lungo termine». Diversa la posizione della
Uilm, disponibile all'incontro romano. Per il sindacato, «l'azienda sta proseguendo velocemente verso un
percorso di dismissione dell'area caldo: non possiamo restare a guardare l'evolversi degli eventi senza
entrare nel merito della discussione, si rischierebbe di cominciare una trattativa quando ormai potrebbe
essere troppo tardi per portare a casa tutte quelle garanzie di cui hanno bisogno i lavoratori della Ferriera».

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Guerra tra Acegas e i sindacati sullo sciopero bianco dei rifiuti (Piccolo Trieste)
Ormai volano gli stracci tra AcegasApsAmga e i sindacati. Anzi, visto il contesto, volano ortaggi e frutta. Le
organizzazioni sindacali accusano l'azienda, con un comunicato della "rsu-ambiente", di mettere in scena
«uno spettacolo poco dignitoso» in occasione del blocco degli straordinari nella raccolta dei rifiuti, deciso
dalle sigle Cgil-Cisl-Uil-Fiadel dallo scorso 8 al prossimo 14 dicembre. Una sorta di induzione al crumiraggio,
a giudizio della "rsu" di via Orsera. Perchè AcegasApsAmga avrebbe programmato i servizi di ieri l'altro
domenica 8 «richiamando personale che era in ferie, lavoratori che attendono da mesi e mesi il livello
contrattuale dovuto, colleghi che non hanno goduto il periodo giornaliero di riposo». L'azienda avrebbe così
reperito - attacca il comunicato - «personale debole e ricattabile» per coprire il turno. Colleghi che - a
giudizio dei sindacati - non possono rifiutarsi di lavorare per evitare di subire provvedimenti «intimidatori»,
tali da penalizzarli sul posto di lavoro. La nota riporta un paio di esempi di questi comportamenti, a
cominciare dall'inconsueta presenza del direttore divisionale alle 5 di mattina, preoccupato - insiste
ironicamente il comunicato - «dell'incolumità dei colleghi che montavano in servizio».«Inaccettabile»
commenta ancora la "rsu" perchè «i lavoratori non possono subire nessuna forma di ricatto per essere
costretti a svolgere il servizio straordinario durante uno stato di agitazione»: atti illeciti nei confronti delle
maestranze - conclude la nota - saranno comunicati alla Direzione territoriale del lavoro.I sindacati hanno
inoltre risposto alle dichiarazioni di AcegasApsAmga riguardo il blocco degli straordinari. In particolare, Cgil-
Cisl-Uil e Fiadel spiegano che le ore di straordinario sono calate per tre motivi: perchè l'orario lavorativo è
salito da 36 a 38 ore, perchè gli autisti si sono adeguati ai maggiori carichi lavorativi, perchè una parte del
servizio, durante i quattro mesi estivi, viene appaltato a una ditta esterna «causa della carenza di
organico». Ma sono invece in crescita - obiettano le quattro sigle - le ore straordinarie festive. Magr

Mano nel macchinario che tritura i rifiuti. Operaio ferito a Sgonico (Piccolo Trieste)
Ugo Salvini - Incidente sul lavoro, nel tardo pomeriggio di ieri, nelle vicinanze della Stazione ferroviaria di
Prosecco. Vittima un operaio 23enne, K. A. le sue iniziali, originario del Bangladesh. Verso le 17 - all'interno
dello stabilimento in cui lavora, insediato nel territorio comunale di Sgonico, a poche centinaia di metri,
appunto, dalla Stazione ferroviaria di Prosecco, dov'è attiva la cosiddetta Cucina centralizzata della "Camst -
La Ristorazione italiana", azienda che opera nel settore della ristorazione e delle mense - il giovane stava
inserendo dei rifiuti nell'apposito apparecchio che serve a triturarli. Inavvertitamente, però, una mano del
malcapitato è finita negli ingranaggi della macchina. Il giovane ha avuto un'immediata reazione, il che ha
evitato che la mano fosse interamente risucchiata dal macchinario, bloccandone il movimento e
scongiurando così guai peggiori. Subito, sul posto, sono intervenuti i Vigili del fuoco del distaccamento di
Opicina, distante appena qualche chilometro, che hanno provveduto a liberare la mano del giovane dagli
ingranaggi, e i sanitari del "118", che hanno prestato le prime cure all'operaio. L'uomo è stato
successivamente trasportato all'ospedale di Cattinara per gli accertamenti del caso, mentre all'interno dello
stabilimento sono rimasti, per i rilievi di legge, alcuni agenti del Commissariato di Sistiana e personale
dell'Ispettorato del lavoro. Dai primi accertamenti effettuati al nosocomio, a quanto è dato sapere le
conseguenze per K. A. non saranno gravissime: la mano, in altre parole, sarà salvata. Prima di poter avere la
certezza di questo saranno in ogni caso necessari ulteriori esami, per verificare lo stato e la funzionalità
delle dita. I testimoni del fatto hanno assicurato che il giovane stava abbastanza bene, un segnale
confortante. La Camst è una cooperativa emiliana attiva dal '45 e nota in tutta Italia, e opera nel settore
della ristorazione collettiva e commerciale, del catering e della fieristica, utilizzando diversi marchi. La sede
principale è a Villanova di Castenaso, in provincia di Bologna, ma sono numerose le filiali commerciali. Dal
giugno dello scorso anno ha aperto il ristorante self service Pizzeria Tavolamica, in zona industriale, in via
Morpurgo, che ha 180 posti a sedere e offre 400 pasti al giorno.

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In aeroporto cominciano i lavori. Priorità? Sistemare le recinzioni (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
Francesco Fain - Ricapitalizzata la società consortile che gestisce l'aeroporto, cosa succederà adesso? Quali i
passaggi per far sì che lo scalo possa decollare dopo tante (troppe) chiacchiere?Domande che un po' tutti,
in città. si fanno. E alle quali cerca di dare risposta l'assessore comunale alle Società partecipate Dario
Obizzi.«In questo momento, l'aumento di capitale l'ha effettuato solo il Comune di Gorizia: la cifra varia da
320 mila euro (che rimarrà tale se tutti i soci effettueranno, a loro volta, la ricapitalizzazione, ndr) a 600
mila euro con il nostro ente che, in quel caso, potenzierà ulteriormente la sua presenza nella società. Ora,
sia sul sito web della Camera di commercio sia su quello del Comune, comparirà l'offerta e gli altri soci della
Consortile avranno tempo quindici giorni per aderire o meno all'aumento di capitale - spiega Obizzi -. Nel
frattempo, ripeto, il Comune ha già pronta la cifra massima che consente alla società di andare avanti e di
proseguire nel suo progetto».Ma c'è un altro passaggio importante. La ricapitalizzazione può sbloccare il
finanziamento di 2,1 milioni della Camera di commercio che può concretizzarsi solamente se di fronte ha
una società non in crisi. E il Cda, si legge nel piano industriale, «ritiene che con la ricapitalizzazione e
l'adozione delle attività ivi previste lo stato di crisi si possa considerare superato». Quindi, il peggio è
superato. Quali, ora, le priorità? «Intanto, daremo vita - spiega Obizzi - a lavori minimali come le recinzioni
e la divisione fra l'area destinata al volo e le zone circostanti. La Soprintendenza ci ha ammonito a stare
attenti? Che il bene fosse tutelato non è affatto una novità. Peraltro, il Piano non prevede interventi
sostanziali di modifica ma solamente una serie di ritinteggiature di alcune strutture per migliorare e
renderle accessibili. Non sono previste rivoluzioni. Confermata, poi, l'intenzione di utilizzare la palazzina
della torre di controllo per ospitare un bar-ristorante».Per permettere, poi, di ovviare ad alcuni aspetti
inerenti la sicurezza del volo, per un generale risanamento della zona e per consentire il recupero del
rapporto fra i cittadini con l'aeroporto, «è previsto - si legge ancora nel Piano industriale - un
miglioramento graduale ma importante delle condizioni del verde del Duca d'Aosta». E si rammenta anche
che «la principale peculiarità del piano consiste nel recupero di redditività ottenuto mediante le concessioni
delle non poche strutture presenti in aeroporto, il cui attuale sottoutilizzo non consente il recupero dei
costi di gestione, né ulteriori incrementi di redditività».

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Il Porto ingloba la banchina De Franceschi. Più spazi alla logistica per attrarre aziende (Piccolo Go-Mo)
Tiziana Carpinelli - C'è chi ha parlato ieri di svolta epocale, di primo vero passo nel porto unico giuliano-
isontino. Di inedito, però, c'è stato anche l'asse Lega-Pd che ha portato con larga maggioranza (17 sì su 22
presenti; astenuti Greco, Furfaro, Maccarini; contrari Pin e Morsolin) all'approvazione della variante
localizzata al piano regolatore del porto. Cum laude di Cisint, stando alla quale i dem «hanno pensato alla
città e non all'ideologia». Ma nello stesso tempo suscitando se non l'irritazione, almeno lo scarso
entusiasmo degli alleati a sinistra, con Morsolin (La Sinistra) a bocciare «l'ottimismo della volontà di
Delbello» per prediligere «il pessimismo della ragione», che rileva un progetto «molto impattante», in
grado di mutare in via radicale la geografia di Portorosega, di cui nulla si sa a proposito dell'armonizzazione
con la riconversione di A2A. La variante localizzata, che entro il 31 dicembre dovrà essere adottata dal
Comitato di gestione dell'Autorità di sistema portuale, delinea il nuovo perimetro del Piano regolatore dello
scalo cittadino (seguiranno Vas, osservazioni e adozione definitiva, con conclusione dell'iter in Regione a
fine estate 2020), richiedendo l'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali e consortili per il
corretto azzonamento delle aree. Entrano a far parte del nuovo perimetro la banchina De Franceschi,
attualmente in zona omogenea D1 e una porzione di area zonizzata come N1 dal Prgc vigente, e i siti
interessati dalla realizzazione delle casse di colmata destinate a terminal multipurpose, cioè con più
destinazioni, e ad area con funzioni ecologiche. Il perimetro è altresì rettificato dalla previsione di
tombamento della darsena e dalla parziale demolizione di un tratto di banchina esistente. Una zona qui
caratterizzata da una sorta di dente, dove l'escavo dovrebbe allinearsi parallelamente alla banchina. Escono
invece dal nuovo ambito le aree su cui insiste la sede del Csem. La variante costituisce uno strumento per
attuare rapidamente interventi decisivi (opere foranee) tesi a scongiurare il rischio stallo della filiera
produttiva, come rimarcato dal Pd, disegnando nuovi spazi portuali. Ma per il grillino Pin «la logistica
seppellirà la portualità». E per Furfaro più pragmaticamente sarebbe stato meglio avere «delucidazioni sui
posti di lavoro compatibili con salute e ambiente». Soddisfazione invece di Cisint: «Finalmente la città avrà
una nuova pianificazione (l'ultima risale al'79, ndr), che rilancerà gli investimenti in una realtà portuale già
di respiro nazionale». Obiettivi: costruire opportunità di crescita economica e occupazionale, in sinergia con
il contermine scalo internazionale triestino, che ha caratteristiche complementari a Portorosega, nel
rispetto del principio di sostenibilità ambientale. Il sindaco ha altresì ribadito il ruolo fondamentale dei
Comuni nel Comitato di gestione dell'Autorità di Sistema, inspiegabilmente esclusa dalla governance con la
riforma Del Rio. «Un errore» ammesso anche dal dem Delbello, cui si può rimediare sostenendo
l'emendamento (con i propri referenti governativi) fermo a Roma che invece potrebbe sancire l'ingresso di
Monfalcone nell'organismo: operazione di cui il Pd si farà parte attiva. Questo perché «la piattaforma
logistica regionale alto adriatica orientale può diventare il nodo di congiunzione marittimo e ferroviario di
un enorme percorso circolare dall'estremo e vicino oriente alla mitteleuropa e al nordeuropa, divenendo
così la leva di un grande sviluppo», preconizzato dal centrosinistra, sebbene sul punto Nicoli (Fi)abbia avuto
da ridire. Cisint ha rimarcato infine che le risorse per la portualità - 4,5 milioni annui - oltre ai fondi regionali
«arriveranno qui». Ma ai soldi vanno affiancate infrastrutture e nuovi insediamenti produttivi.

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Partenza in sordina per le due navette tra stazione e ospedale (M. Veneto Udine)
Alessandro Cesare - È stata una partenza in sordina quella delle due circolari, nord e sud, volute da Comune
e Saf per avvicinare al centro storico residenti e turisti. Con la chiusura al traffico di via Mercatovecchio,
infatti, l'amministrazione ha pensato a due tragitti alternativi con mini bus per collegare la zona della
stazione da un lato, e quella dell'ospedale civile dall'altro. Pochi i passeggeri che hanno utilizzato, nel primo
giorno di avvio, i due bus della circolare nord e di quella sud. Una ventina le corse attive ogni giorno, dalle 7
del mattino alle 19 circa, molte delle quali, ieri, hanno viaggiato completamente vuote. Ci vorrà del tempo
per far conoscere le due linee e incrementare il numero di passeggeri, potendo così valutare nel concreto la
sostenibilità del progetto. L'idea è di sperimentare il servizio almeno fino a marzo, decidendo poi se
prolungarlo o sospenderlo. La circolare sud parte dalla zona della stazione (in viale Europa Unita 54) con
una frequenza di mezz'ora tra una corsa e l'altra a partire dalle 7 del mattino fino alle 12, per riprendere
dalle 15 alle 19.30. Ventuno corse giornaliere che attraversano viale Ungheria, piazza Patriarcato, via
Manin, via Vittorio Veneto, via Aquileia, viale Leopardi e via Percoto. Un tragitto che dura 22 minuti e che
permette a residenti e turisti di scendere a due passi dal centro storico, intercettando anche le fermate con
tutte le altre linee della Saf per eventuali coincidenze. La circolare nord, invece, parte da via Pieri alle 7.35
con corse ogni mezz'ora fino alle 11.35 e poi dalle 14 alle 18.30, per un totale di 19 passaggi. Il bus in
questo caso attraversa via Martignacco, via di Toppo, via Gemona, piazza San Cristoforo (questa è la
fermata più a ridosso del centro storico), di nuovo su via Gemona, via San Daniele, piazzale Diacono, via
Martignacco, via del Cotonificio per tornare in via Pieri. La percorrenza dell'intero tratto è di venti minuti.
Poche le persone a bordo si diceva, forse anche perché il lunedì molti negozi sono chiusi e quindi
l'attrattività del centro è minore. «C'è bisogno di tempo prima che la gente impari a conoscere queste
nuove tratte», afferma uno degli autisti alla guida delle navette. Bus di dimensioni ridotte, con 10 posti a
sedere e una trentina in piedi. Dello stesso avviso anche il vicesindaco, Loris Michelini: «Per poter valutare il
gradimento del servizio è fondamentale che i cittadini siano informati di questa possibilità». Ecco perché
servirà qualche settimana prima che le due circolari entrino a regime. Nel frattempo la Saf ha avviato una
campagna di promozione per diffondere il più possibile tra i cittadini l'esistenza delle tratte denominate "Ti
porto in centro". L'idea dell'amministrazione comunale è di facilitare il raggiungimento delle aree pedonali
(quando sarà concluso l'intervento in via Mercatovecchio il cuore di Udine tornerà vietato alle automobili)
attraverso una mobilità sostenibile, basata sull'utilizzo di mezzi pubblici di piccole dimensioni e con una
frequenza piuttosto alta. «Su richiesta del Comune - commenta il vicepresidente Saf Massimiliano Marzin -
abbiamo attivato queste due circolari che andranno a integrare, in particolare, l'offerta della linea 1. La
sperimentazione degli scorsi mesi è avvenuta in maniera intermittente per i lavori in via Aquileia e in via
Gemona, però i risultati sono stati discreti, anche in considerazione della concomitanza con il periodo
estivo. Adesso partiamo in maniera più strutturata e ci aspettiamo un ottimo ritorno».

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Sei badanti su dieci sono irregolari. I sindacati chiedono una sanatoria (M. Veneto Udine)
Christian Seu - All'allargamento a Est dell'Unione europea, che ha interessato Paesi dai quali storicamente
proviene la fetta più importante di lavoratori domestici, non è corrisposto l'atteso tracollo del sommerso.
Sei badanti su dieci impiegate in Friuli lavorano in nero e un 2 per cento di queste sono addirittura irregolari
sul territorio italiano. Un vulnus che accomuna il Fvg alle altre regioni d'Italia e che per essere sanato
necessita di interventi legislativi strutturali. Come quelli chiesti dall'Assindatcolf, l'associazione nazionale
dei Datori di lavoro domestico, che ieri ha presentato a palazzo D'Aronco il focus sul comparto contenuto
nel Dossier statistico immigrazione elaborato dal Centro studi e ricerche Idos. i datiNel 2018 i lavoratori
domestici regolarmente assunti e quindi censiti negli archivi dell'Inps erano 18.736, il 2,2 per cento del
totale. Di questi, il 71,6 per cento risultavano essere stranieri: 13.408 (2.771 colf e 10.621 badanti). I
restanti 5.328 italiani (2.044 colf e 3.280 badanti). Dei 18.736 lavoratori domestici regolari, 8.537 lavorano
in provincia di Udine, il 45, 6 per cento del totale di quelli operativi in tutta la regione. «Un quarto della
popolazione della nostra città è over 65 e quindi - ha indicato l'assessore comunale all'assistenza sociale,
Giovanni Barillari - la richiesta di sostegno è in aumento costante». A Pordenone le badanti assunte con
regolare contratto (e dunque "note" all'Inps) sono 3.721, a cui si aggiungono le 1.289 colf. est europaIl 58,5
arriva dall'Est europeo. «Il fatto che l'Unione europea si sia allargata verso Est ha permesso di regolarizzare
molti di questi lavoratori e nell'arco di dieci anni il numero di assunti regolari è triplicato - analizza
Gioacchino De Marco, referente dell'Assindatcolf di Udine -. Se per Ungheria, Slovenia e Croazia la
situazione si è normalizzata, con le lavoratrici diventate comunitarie a tutti gli effetti, restano alcune
criticità per le donne provenienti dalla Georgia che, anche in Friuli, sono moltissime». le contromisure«A
fronte di una popolazione che tende sempre più strutturalmente all'invecchiamento - ha spiegato durante il
convegno nel salone del Popolo Andrea Zini, vicepresidente Assindatcolf - abbiamo calcolato che nel 2025
la domanda di badanti aumenterà del 9 per cento. Da qui l'esigenza di avviare una programmazione dei
flussi di ingresso di lavoratori non comunitari, che al contrario è ferma dal 2011». Assindatcolf stima che
servirebbero 60 mila nuovi ingressi per lavoro domestico nell'arco dei due prossimi trienni. «Oltre a ciò -
prosegue Zini - le istituzioni non possono far finta di non vedere i circa 200 mila non comunitari impiegati in
Italia nel comparto domestico senza regolare titolo di soggiorno, e quindi anche in nero, che sono già
presenti in Italia. Per loro è arrivato il momento di trovare una soluzione: la strada può essere quella di una
sanatoria specificatamente dedicata ai non comunitari per regolarizzare il loro status giuridico, o quella di
una procedura di emersione estesa a tutti gli occupati in nero del settore domestico, stimati - tra italiani e
stranieri - in circa 1,2 milioni. Un'operazione che, in ogni caso, sanerebbe non solo gli inadempimenti
amministrativi e previdenziali a carico dei datori di lavoro ma, nel caso dei lavoratori stranieri, anche il loro
status giuridico irregolare», conclude il rappresentante sindacale.

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Crac alla Giuliane: in dieci nei guai. A giudizio anche Midolini e Fadalti (M. Veneto Udine)
Alessandra Ceschia - Bancarotta fraudolenta, semplice e ricorso abusivo al credito. Sono le ipotesi di reato
contestate nell'ambito del fallimento della Giuliane Dmp di Mortesins di Ruda per la quale la procura di
Udine ha indagato dieci persone.Il procedimento è approdato ieri davanti al giudice per l'udienza
preliminare Daniele Faleschini Barnaba e si è chiuso per il 67enne di Fontanafredda Ivo Giovanni Carlot,
presidente del consiglio di amministrazione fino al 22 ottobre 2014 con un patteggiamento a un anno e 10
mesi di reclusione, pena sospesa. Si andrà invece a dibattimento per definire le posizioni di sei indagati,
tutti rinviati a giudizio. Il processo si aprirà il 20 febbraio per gli ex consiglieri Stefano Midolini, 56enne
udinese difeso dell'avvocato Luca Ponti, Piero Fadalti 63enne di Sacile difeso dall'avvocato Marco
Zucchiatti, Francesco Adami, 55enne di Vicenza, assistito dal legale Mario Calgaro, gli amministratori
delegati Gianluca Pertile 53 anni di Zugliano, difeso dall'avvocato Paola Strada, Gianfranco Dalla Mora,
61enne di San Donà di Piave (avvocato Manola Faggiotto) e Renato Murer, 71enne di San Donà di Piave,
sindaco effettivo dal 21 gennaio 2011 al 7 novembre 2014 (avvocato Renzo Fogliata). Accogliendo la
richiesta dei difensori, il giudice ha pronunciato una sentenza di non luogo a procedere nei confronti di
Giovanni Azzano Cantarutti, 70enne udinese difeso dall'avvocato Luca Ponti, Paolo Mocellin 73enne di
Vicenza (avvocato Lorenzo Cudini), e Giancarlo Tamiozzo, 63enne di Thiene (avvocato Mario Calgaro). Con il
fallimento della Dmp, decretato dal tribunale di Udine il 29 gennaio 2015 l'azienda che occupava 44
dipendenti nella produzione di solai e manufatti in cemento chiuse i battenti. Tre le ipotesi di reato
contestate: innanzitutto quella della bancarotta semplice a carico di Carlot, Adami, Pertile, Dalla Mora,
Tamiozzo, Mocellin e Murer perché, stando all'ipotesi dell'accusa illustrata dal pm Elisa Calligaris,
adottando relative delibere o, nel caso del collegio sindacale, omettendo l'esercizio del controllo,
aggravavano il dissesto omettendo di richiedere il fallimento della società nonostante questo si fosse
evidenziato sin dal 2010. L'accusa di bancarotta fraudolenta era stata contestata perché, secondo la
Procura, gli indagati esponevano nei bilanci chiusi al 31 dicembre del 2008 e del 2011 fatti materiali che
non corrispondevano al vero. Così facendo avrebbero occultato il dissesto e conseguito una significativa
riduzione delle perdite con concreta capacità ingannatoria in danno di terzi sulla reale consistenza
patrimoniale della società e sulla prospettiva della continuità aziendale. A Carlot, Adami, Pertile e Dalla
Mora venivano inoltre contestate le accuse di ricorso abusivo al credito con la sottoscrizione di contratti di
finanziamento e di mutuo ipotecario dissimulando il dissesto e lo stato di insolvenza dell'azienda.

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