"PACEPACEPACEPACE AAAA VOI!VOI!VOI!VOI - DIOCESI DI CITTÀ DI CASTELLO
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Diocesi di Città di Castello Foglio di collegamento Notiziario mensile della Chiesa Tifernate Aprile 2022 Numero 148 Anno XIV “Pace a voi!” voi!” Nel Vangelo di Giovanni il Risorto apparendo agli apostoli impauriti e smarriti per tre volte dice loro: “Pace a voi” (Gv 20,19. 21. 26). Se Gesù non fosse risorto, sarebbe rimasta ancora vincente la logica della violenza (e della guerra) che si era scatenata in modo devastante contro di lui, vittima innocente e impotente. Vinceva anche su di lui, come sempre, il più forte, chi aveva più armi e il debole innocente soccombeva! Gesù vive la situazione peggiore di tutti: accetta il male che si abbatte su di lui, è percosso dagli uomini e abbandonato anche da Dio, ridotto a verme e non più uomo, uno di fronte al quale ci si copre la faccia… Insieme a Gesù un’infinità di fratelli e sorelle che vivono la tragedia infinita delle guerre, non solo in Ucraina ma in tutto il mondo di ieri e di oggi, con vittime, profughi, distruzioni e disastri incalcolabili. I nostri giorni di questo ci parlano con una insistenza terrificante che non accenna a finire. Molto più del disastro della pandemia. Il nostro Dio è passato dentro le tragedie della storia, prendendo su di sé ogni tipo di sofferenza che in quei tre giorni si è concentrata su di Lui in modo indescrivibile. Fosse finito in croce, magari arrabbiato e disperato, l’umanità non aveva che da rassegnarsi: è così da Caino e Abele fino ai nostri giorni. La storia non cambia, anzi… Ma Lui è risorto il terzo giorno! 1
In modo inatteso, incredibile, nonostante l’avesse predetto. Hanno faticato a credere, fatichiamo anche noi. Ma è così. È sicuro. La Pasqua è la festa per eccellenza, il rovesciamento ancora oggi della logica mondana che sembra dominare con prepotenza. Le prove sono proprio tante: Gesù è passato tra noi facendo solo il bene, ha preso su di sé il male, è salito in croce volontariamente per dare la vita per amore, il Padre lo ha sostenuto con la forza dello Spirito nella via crucis e il terzo giorno l’ha risuscitato! E’ questo il mistero pasquale, il cuore della nostra fede cristiana! Il Padre non è sceso a salvare il Figlio con un esercito forte che pure aveva, ma sostenendolo nel suo donarsi senza opporre resistenza e violenza, e l’ha risuscitato alla Vita non più esposta al limite, al male, alla Vita che coincide con l’Amore. Pace a voi! A tutti quelli che credono in me e seguono la mia via! – ripete Gesù. Pace non come la intende il mondo, come assenza da guerra, pace imposta dai prepotenti con la forza, ma la Pace che è la vittoria dell’Amore, umile, disarmato, ostinato. Ero sicuro che l'Onnipotenza dell'Amore divino avrebbe prevalso. E chi si mette dalla mia parte ne fa esperienza, come Maria, come i santi. La Pasqua 2022 sia la Pasqua della Pace del Risorto nel cuore di ogni uomo e nel mondo intero! Il Signore vi dia Pace! Come sapete, il 6 aprile compio 75 anni. Secondo le disposizioni canoniche ho già presentato al Santo Padre le mie dimissioni come vescovo di Città di Castello per raggiunti limiti di età. Sono e siamo perciò in attesa di quanto il Santo Padre deciderà per la nomina del successore. Abbiamo già avuto modo di parlare in varie situazioni sul futuro della Diocesi. Da parte mia ho cercato di far pervenire agli Organi competenti le osservazioni emerse dal presbiterio e dai laici. A questo punto invito cordialmente tutti ad un duplice impegno. Primo. Preghiamo e facciamo pregare perché il Signore, per l'intercessione della Madonna e dei nostri Santi Patroni conceda alla Chiesa Tifernate, che ha una lunga storia ecclesiale, sociale e culturale, doni il "buon pastore" che la continui a guidare nel tempo presente e futuro. Secondo. Dato che per noi cristiani questo non è semplicemente un momento amministrativo, mettiamoci in atteggiamento di umiltà, obbedienza e fede nell'accogliere colui che sarà inviato come guida apostolica della nostra Chiesa. Io vi ringrazio fin da subito del grande affetto, vicinanza e obbedienza che mi avete testimoniato in questi quasi 15 anni (dal 23 settembre 2007). Vi chiedo di fare altrettanto, e più, con chi mi succederà. Vi porto nel cuore e benedico! Domenico Cancian f.a.m., Vescovo 2
Suggerimenti per le celebrazioni liturgiche e Orientamenti per la Settimana Santa Pubblichiamo di seguito la Lettera della Presidenza CEI in merito alla fine dello stato di emergenza COVID- 19, contenente consigli e suggerimenti circa le celebrazioni liturgiche insieme agli Orientamenti per i riti della Settimana Santa. Il superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell’epidemia da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di emergenza (cfr DL 24 marzo 2022, n.24), offre la possibilità di una prudente ripresa. In seguito allo scambio di comunicazioni tra Conferenza Episcopale Italiana e Governo Italiano, con decorrenza 1° aprile 2022 è stabilita l’abrogazione del Protocollo del 7 maggio 2020 per le celebrazioni con il popolo. Tuttavia, la situazione sollecita tutti a un senso di responsabilità e rispetto di attenzioni e comportamenti per limitare la diffusione del virus. Condividiamo alcuni consigli e suggerimenti: • obbligo di mascherine: il DL 24/2022 proroga fino al 30 aprile l’obbligo di indossare le mascherine negli ambienti al chiuso. Pertanto, nei luoghi di culto al chiuso si acceda sempre indossando la mascherina; • distanziamento: non è obbligatorio rispettare la distanza interpersonale di un metro. Si predisponga però quanto necessario e opportuno per evitare assembramenti specialmente all’ingresso, all’uscita e tra le persone che, eventualmente, seguono le celebrazioni in piedi; • igienizzazione: si continui a osservare l’indicazione di igienizzare le mani all’ingresso dei luoghi di culto; • acquasantiere: si continui a tenerle vuote; • scambio di pace: è opportuno continuare a volgere i propri occhi per intercettare quelli del vicino e accennare un inchino, evitando la stretta di mano o l’abbraccio; • distribuzione dell’Eucaristia: i Ministri continueranno a indossare la mascherina e a igienizzare le mani prima di distribuire l’Eucaristia preferibilmente nella mano; • sintomi influenzali: non partecipi alle celebrazioni chi ha sintomi influenzali e chi è sottoposto a isolamento perché positivo al COVID-19; • igiene ambienti: si abbia cura di favorire il ricambio dell’aria sempre, specie prima e dopo le celebrazioni. Durante le stesse è necessario lasciare aperta o almeno socchiusa qualche porta e/o finestra. I luoghi sacri, comprese le sagrestie, siano igienizzati periodicamente mediante pulizia delle superfici con idonei detergenti; • processioni: è possibile riprendere la pratica delle processioni. Nella considerazione delle varie situazioni e consuetudini locali si potranno adottare indicazioni particolari. Il discernimento degli Ordinari potrà favorire una valutazione attenta della realtà e orientare le scelte. Orientamenti per la Settimana Santa 2022 Si esortino i fedeli alla partecipazione in presenza alle celebrazioni liturgiche limitando la ripresa in streaming delle celebrazioni e l’uso dei social media per la partecipazione alle stesse. A tal riguardo si segnala che i media della CEI – Tv2000 e Circuito radiofonico InBlu – trasmetteranno tutte le celebrazioni presiedute dal Santo Padre. Nello specifico, si offrono i seguenti orientamenti: 1. la Domenica delle Palme, la Commemorazione dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme sia celebrata come previsto dal Messale Romano. Si presti però attenzione che i ministri e i fedeli tengano nelle mani il ramo d’ulivo o di palma portato con sé, evitando consegne o scambi di rami. 2. il Giovedì Santo, nella Messa vespertina della “Cena del Signore”, per il rito della lavanda dei piedi ci si attenga a quanto prescritto ai nn. 10-11 del Messale Romano (p.138). Qualora si scelga di svolgere il rito della lavanda dei piedi si consiglia di sanificare le mani ogni voltae indossare la mascherina. 3. il Venerdì Santo, tenuto conto dell’indicazione del Messale Romano (“In caso di grave necessità pubblica, l’Ordinario del luogo può permettere o stabilire che si aggiunga una speciale intenzione”, n. 12), il Vescovo introduca nella preghiera universale un’intenzione “per quanti soffrono a causa della guerra”. L’atto di adorazione della Croce, evitando il bacio, avverrà secondo quanto prescritto ai nn. 18- 19, del Messale Romano (p. 157). 4. la Veglia pasquale potrà essere celebrata in tutte le sue parti come previsto dal rito. I presenti orientamenti sono estesi a seminari, collegi sacerdotali, monasteri e comunità religiose. 3
il vescovo informa • Sabato 2 aprile, come potete vedere più avanti, celebreremo i cinquant'anni di vita della nostra Caritas diocesana. Ringraziamo il Signore e tutti coloro che in questo mezzo secolo si sono adoperati per dare testimonianza evangelica dell'amore per i poveri come Gesù è venuto a insegnarci. Innumerevoli e significative sono state le attività svolte a vantaggio delle persone bisognose del nostro territorio, ma soprattutto è cresciuta la nostra sensibilità umana e cristiana per aiutare a superare povertà, disuguaglianze e anche ingiustizie. Partecipiamo alle celebrazioni di sabato 2 aprile e impegniamoci a continuare con più entusiasmo, anche e soprattutto per l'emergenza Ucraina, che stiamo cercando di affrontare in modo esemplare. • La Settimana Santa, specialmente il Triduo pasquale, è il centro dell'anno liturgico. Esorto il clero e tutte le persone impegnate nella pastorale a preparare nel modo migliore le celebrazioni liturgiche, le catechesi, la carità. Più avanti troverete un piccolo sussidio liturgico preparato dalla Conferenza Episcopale Italiana. Chiedo ai sacerdoti una particolare disponibilità per le confessioni. • La Messa Crismale, alla quale raccomando la partecipazione del clero (sacerdoti e diaconi), avrà luogo in cattedrale giovedì santo 14 aprile alle ore 10:30. Ognuno porti camice e stola bianca. Al termine della celebrazione, facendo la fila con ordine, si possono prendere gli oli benedetti. Si prega anche di depositare negli appositi cestini sia l’offerta per la Caritas - Emergenza Ucraina, sia l’offerta per la Terrasanta (è ormai tradizionale la colletta per la Chiesa madre di Gerusalemme che versa in condizioni economiche molto precarie a motivo della quasi assenza dei pellegrini). Dopo la celebrazione della Messa della "Cena del Signore", consiglierei un tempo prolungato di adorazione eucaristica all'altare della reposizione. Specialmente il giovedì santo, nelle celebrazioni e nell’adorazione eucaristica, ringraziamo Gesù per il dono dei sacramenti (significati negli oli), del sacerdozio e dell'eucaristia. È il momento in cui il clero rinnova le promesse di vivere il ministero come Gesù desidera. Preghiamo per i nostri sacerdoti e diaconi, per nuove vocazioni. Il Giovedì Santo è anche il giorno adatto per ricordare la nostra ordinazione sacerdotale. In modo particolare ringraziamo il Signore per il 60° di Don Pietro Bartolini, il 55° di Don Vinicio Zambri e Don Olimpio Cangi, il 50° mio e di Don Antonio Ferrini, il 40° di Don Livio Tacchini e il 20° di Don Adrian Barsan. • Il venerdì Santo è giorno di digiuno e di astinenza. Preghiamo per la pace nel mondo, specialmente in Ucraina. La via crucis del venerdì Santo può essere fatta sia all'esterno che in chiesa. Si può consigliare naturalmente di seguire la Via Crucis (attraverso TV 2000) guidata dal Papa in Piazza San Pietro alle ore 21.00. • Prepariamo nel modo migliore possibile la celebrazione della Veglia pasquale e della domenica di Pasqua perché la grazia del Signore risorto rinnovi profondamente la nostra vita. • La seconda Domenica di Pasqua è diventata per volontà di Giovanni Paolo II la Domenica della Divina Misericordia, assecondando la richiesta fatta dal Signore a Santa Faustina Kowalska. In fondo è la celebrazione del mistero pasquale in chiave di Amore e Misericordia. I testi liturgici sono particolarmente adatti per benedire e ringraziare la Santissima Trinità dell’immensa benevolenza nei nostri confronti, per i doni che Gesù crocifisso e risorto ha riversato su di noi: lo Spirito Santo, la pace, il perdono, la grazia, la missione. • Torno a raccomandare al clero (sacerdoti e diaconi) la partecipazione alla “due giorni” di formazione permanente del clero tifernate a Candeleto di Pietralunga da mercoledì 27 aprile ore 08:00 fino a giovedì 28 aprile ore 14:00. Ci aiuterà Don Giovanni Zampa a continuare il confronto e la riflessione a partire da quello che ci siamo detti nel ritiro del clero del 23 febbraio alla Madonna del Latte. Ecco il programma: 4
27 aprile: - dalle ore 8.00: colazione, Lodi, riflessione e condivisione in gruppo, pranzo; - 15.30: riflessione e condivisione in gruppo; messa al santuario della Madonna dei Rimedi, cena e serata di fraternità 28 aprile: - ore 8.00; Lodi-colazione-condivisione, conclusioni e pranzo. Si può prenotare sia la permanenza e il pernottamento (cosa augurabile), sia la presenza diurna. Conto sulla partecipazione di tutti. • L'ufficio problemi sociali e del lavoro ha organizzato tre incontri molto interessanti. Più avanti troverete l'informazione completa. Prego di partecipare, sia in presenza sia online, data anche l'importanza dei temi. • Invito a partecipare alla celebrazione in onore di Santa Caterina: venerdì 30 aprile ore 18:00 a San Domenico (vedi il programma più avanti). Ci aiuta ad approfondire la testimonianza ancora attuale di una grande santa la cui devozione è stata ed è molto presente nella nostra Chiesa diocesana. La spiritualità domenicana ha ispirato tanti santi/e, tra le quali S. Caterina e la nostra Santa Margherita. • Chiedo di sensibilizzare le persone nel destinare l'8×mille al sostentamento della Chiesa, dei sacerdoti e delle opere di carità. Abbiamo bisogno di questo sostegno economico per continuare il nostro servizio pastorale e caritativo. Più avanti trovate un commento al messaggio del Papa. Sollecito i parroci a far pervenire in Economato il bilancio parrocchiale relativo al 2020. agenda del mese APRILE 2022 - ore 17.30, Biblioteca Comunale di Città di Castello (G.Carducci). Il vescovo partecipa alla presentazione del libro “In tela d’imperatore” di Mino VENERDI' 1 S. UGO VESCOVO Lorusso. Anniversario dell’ordinazione sacerdotale di Padre Mihai Bogdan Agherasimoaia della parrocchia ortodossa rumena (2018). SABATO L’anniversario “50 anni di Caritas Diocesana”. 2 S. FRANCESCO DI P. Vedi più avanti il manifesto. LUNEDI' 94 4 S. ISIDORO VESCOVO Ann. morte di Don Luigi Guerri (2014). - ore 11.00, Salone Gotico del Museo Diocesano. Conferenza stampa: MARTEDI' presentazione dell’iniziativa “Pasqua tra Umbria e Toscana” VII Edizione 5 S. VINCENZO FERRER 2022. Anniversario dell’ordinazione sacerdotale di Radicchi don Fabio (1986). MERCOLEDI' Compleanno di S.E. Mons. Domenico Cancian. 6 S. GUGLIELMO, S. DIOGENE Anniversario della morte di Tofanelli mons. Fernando (2008). GIOVEDI' 7 S. ERMANNO VENERDI' - ore 18.30, Salone Gotico del Museo. Presentazione dell’intervento di 8 S. ALBERTO DIONIGI, S. restauro dell’affresco raffigurante la Madonna delle Grazie di Nemo WALTER Sarteanesi. - ore 17.00, Santa Maria Maggiore. Il vescovo celebra la Santa Messa per SABATO 9 S. MARIA CLEOFE l'Arma dei carabinieri, in onore della Virgo Fidelis, loro patrona. Compleanno di Bosi diac. Federico 5
DOMENICA - ore 10.30, Cattedrale. Il vescovo presiede la celebrazione della Messa con 10 LE PALME la benedizione delle Palme. MERCOLEDI' 13 S. MARTINO PAPA Anniversario della morte di Rosmini mons. Ferdinando (2007). - ore 10.30, Cattedrale. Messa Crismale presieduta dal vescovo con la partecipazione di tutto il clero diocesano. Pregheremo per il clero e per il dono di nuove vocazioni al ministero sacerdotale e diaconale. GIOVEDI' Durante la Messa ci sarà la presentazione delle offerte per la Caritas 14 S. ABBONDIO (l’emergenza Ucraina) e per la Terra Santa” (obbligatoria in ogni parrocchia). - ore 18.30, Cattedrale. Il vescovo celebra la Messa nella “Cena del Signore”. - ore 18.30. Cattedrale. Celebrazione della Passione del Signore e adorazione della Croce, presieduta dal vescovo. VENERDI' 15 S. ANNIBALE - ore 21.00, Da S. Maria Maggiore parte la Processione che terminerà nella Piazza della Cattedrale. Anniversario della morte di Pazzagli mons. Cesare (2018). SABATO - ore 21.30, Cattedrale. Il vescovo presiede la solenne “Veglia Pasquale” (la 16 S. LAMBERTO Veglia è unica per le parrocchie del Centro storico). Domenica di Pasqua. Risurrezione del Signore. DOMENICA 17 PASQUA DI RESURREZIONE - ore 10.30, Cattedrale. Messa del vescovo con la Benedizione Papale. Compleanno di Cangi mons. Olimpio e di Viti don Aldo. - ore 10.30, Montone. S. Messa del vescovo per la festa della “Sacra LUNEDI' 18 DELL'ANGELO Spina”. Anniversario della morte di Londei diacono Felice (2004). MARTEDI' 19 S. ERMOGENE MARTIRE MERCOLEDI' Anniversario dell’ordinazione sacerdotale di Dsilva Padre Ghonsalo Salvadar 20 S. ADALGISA VERGINE o.f.m.cap. (1996) GIOVEDI' 21 S. ANSELMO , S. SILVIO - ore 18.30, Sala Santo Stefano. Incontro promosso dall’Ufficio Problemi VENERDI' 22 S. CAIO sociali: “Creare e produrre: la cura del lavoro” Anniversario dell’ordinazione sacerdotale di Bruschi don Paolo (2007) SABATO 23 S. GIORGIO MARTIRE Onomastico di Mariotti don Giorgio e Fiorucci diac.Giorgio DOMENICA 24 D. IN ALBIS Anniversario della morte di Pellegrini mons. Giuseppe (2007) LUNEDI' 25 S. MARCO EVANGELISTA - Onomastico di Zangarelli diac. Marco ANNIV. LIBERAZIONE - ore 21.00 Madonna del Latte. Terzo approfondimento della Scuola di MARTEDI' Teologia. “Casa comune: ecologia, economia e politica interpellano la Chiesa 26 S. CLETO, S. MARCELLINO nel suo processo sinodale” . A cura di Tonio Dell’Olio, presidente della Pro MART. Civitate Christiana di Assisi. 27-28 aprile, Candeleto di Pietralunga: MERCOLEDI' 27 S. ZITA Formazione permanente del clero Compleanno di Mandrelli don Antonio e Polchi diac. Modesto - ore 18.00, San Domenico. Solenne Celebrazione in onore di Santa VENERDI' Caterina, patrona di Italia. 29 S. CATERINA DA SIENA - ore 18.30, Sala Santo Stefano. Incontro promosso dall’Ufficio Problemi sociali: “Patire e sentire: la cura della vita” 6
settimana santa - pasqua 2022 La Settimana in cui stare vicino alle ferite di Gesù L'entrata di Gesù a Gerusalemme non è solo un evento storico, ma una parabola in azione. Di più: una trappola d'amore perché la città lo accolga, perché io lo accolga. Dio corteggia la sua città (fede è la mia risposta al corteggiamento di Dio): viene come un Re mendicante (il maestro ne ha bisogno, ma lo rimanderà subito), così povero da non possedere neanche la più povera bestia da soma. Un Potente umile, che non si impone, si propone; come un disarmato amante. Benedetto Colui che viene. È straordinario poter dire: Dio viene. In questo paese, per queste strade, nella mia casa che sa di pane e di abbracci, Dio viene ancora, viaggiatore dei millenni e dei cuori. Si avvicina, è alla porta. La Settimana Santa dispiega, a uno a uno, i giorni del nostro destino; ci vengono incontro lentamente, ognuno generoso di segni, di simboli, di luce. In questa settimana, il ritmo dell'anno liturgico rallenta, possiamo seguire Gesù giorno per giorno, quasi ora per ora. La cosa più santa che possiamo fare è stare con lui: «uomini e donne vanno a Dio nella loro sofferenza, piangono per aiuto, chiedono pane e conforto. Così fan tutti, tutti. I cristiani invece stanno vicino a Dio nella sua sofferenza» (Bonhoffer). Stanno vicino a un Dio che sulla croce non è più "l'onnipotente" dei nostri desideri infantili, il salvagente nei nostri naufragi, ma è il Tutto- abbracciante, l'Onni-amante cha fa naufragio nella tempesta perfetta dell'amore per noi. Sono giorni per stare vicino a Dio nella sua sofferenza: la passione di Cristo si consuma ancora, in diretta, nelle infinite croci del mondo, dove noi possiamo stare accanto ai crocifissi della storia, lasciarci ferire dalle loro ferite, provare dolore per il dolore della terra, di Dio, dell'uomo, patire e portare conforto. La croce disorienta, ma se persisto a restarle accanto come le donne, a guardarla come il centurione, esperto di morte, di certo non capirò tutto, ma una cosa sì, che lì, in quella morte, è il primo vagito di un mondo nuovo. Cosa ha visto il centurione per pronunciare lui, pagano, il primo compiuto atto di fede cristiano: "era il Figlio di Dio"? Ha visto un Dio che ama da morire, da morirci. La fede cristiana poggia sulla cosa più bella del mondo: un atto d'amore perfetto. Ha visto il capovolgimento del mondo; Dio che dà la vita anche a chi gli dà la morte; il cui potere è servire anziché asservire; vincere la violenza non con un di più di violenza, ma prendendola su di sé. La croce è l'immagine più pura, più alta, più bella che Dio ha dato di se stesso. Sono i giorni che lo rivelano: "per sapere chi sia Dio devo solo inginocchiarmi ai piedi della Croce"(K. Rahner). padre Ermes Ronchi Le letture della messa della “Cena del Signore” ci aiutano a entrare nel cuore del mistero della redenzione. La prima lettura, tratta dal libro dell’Esodo, ci invita a rivivere la nostra liberazione dalla schiavitù. Per ordine del Signore, in ogni famiglia viene immolato un agnello, il quale verrà consumato insieme a pane azzimo e erbe amare. Il sangue dell’agnello sugli stipiti e sull’architrave delle case protegge il popolo dallo sterminio che 7
passa oltre, senza colpire le case degli ebrei. Nella celebrazione della Pasqua ebraica l’agnello immolato ricorda dunque la protezione dalla morte, le erbe amare la schiavitù del popolo d’Israele in Egitto e gli azzimi la sua redenzione. Tutti questi elementi rivivono nella Pasqua cristiana e nell’Eucarestia ma con un significato nuovo. Gesù è l’agnello immolato che consegna il suo corpo alla morte, perché la morte non abbia potere su di noi; il suo sangue sul legno della croce, come il sangue dell’agnello sugli stipiti e sull’architrave della casa, allontana lo sterminio e il suo corpo inchiodato sulla croce ci libera e ci redime dall’amarezza del nostro peccato. Nella seconda lettura Paolo ci trasmette questo dono immenso che lui stesso ha ricevuto dalla prima comunità cristiana. Il pane e il vino, corpo e sangue del Signore, ci nutrono di vita eterna nell’attesa del suo ritorno nella gloria. Il vangelo poi ci aiuta a comprendere l’immenso amore di Dio, che spogliandosi della sua divinità ha rivestito la nostra fragilità umana ed è divenuto servo in mezzo a noi. Gesù ci ha infatti amato fino alla fine dando la vita per noi sulla croce. Non c’è amore più grande di questo e questo anche noi siamo chiamati a vivere. Seguiamo dunque le orme del nostro Signore Gesù Cristo in questo Triduo Pasquale. Accogliamo il dono del suo infinito amore affinché, fortificati dallo Spirito Santo, anche noi possiamo donare la vita nel servizio, fino alla fine, santificando, glorificando e magnificando il nome del Padre con la nostra vita e con la nostra morte. La liturgia del Venerdì Santo ci invita ogni anno a contemplare la passione di nostro Signore Gesù Cristo. Alla luce di quanto è avvenuto nell’ultimo giorno della vita terrena di Gesù, così come ha fatto la prima comunità cristiana, rileggiamo la profezia di Is 52,13-53,12, da molti chiamata “quarto canto del Servo del Signore”. La profezia promette l’esaltazione di un uomo gradito a Dio ma condannato a morte dagli uomini. Sembra che tutto avvenga nel segno di un grande fraintendimento, un fraintendimento accettato dal servo che accoglie la sua pena senza ribellarsi, senza aprire bocca. Apparentemente non c’è nessun intervento di Dio per salvarlo, il giusto muore e viene sepolto. Il popolo poi apre gli occhi e rilegge la storia del Servo, si rende conto che non aveva capito niente ma ora tutto è chiaro. Quel Servo era Dio stesso che conduceva il popolo in un nuovo esodo (Is 52,11-12), il Signore ha snudato il suo braccio e ha fatto conoscere a tutti i popoli la sua salvezza, la salvezza del nostro Dio (Is 52,10), Gesù Cristo. Gesù ha accettato di entrare nel più grande fraintendimento della storia e di essere giudicato ingiustamente, e tutto ciò come atto di obbedienza e amore. La Domenica delle Palme i pellegrini venuti con lui a festeggiare la Pasqua a Gerusalemme gridavano Osanna, “Salva, ti prego”. Non sapevano quello che dicevano ma Gesù sapeva che doveva salvare il popolo dai suoi peccati morendo sulla croce, perché questo era scritto nel suo nome (Mt 1,21), perché questo era il disegno del Padre. Come ci spiega la seconda lettura, e come ci narra nel dettaglio il vangelo, la sofferenza di Gesù è un grande atto di obbedienza al Padre e di amore per noi. Stendendo le braccia sulla croce, Gesù compie ogni profezia in obbedienza al Padre e morendo appeso ad essa ci dona la vita. Alla scuola di Gesù e della Madre Addolorata, impariamo a obbedire nell’amore affrontando dolore e morte, per entrare con loro nella gioia e nella vita eterna. 8
La Parola di Dio della Veglia Pasquale ci dona la grazia di ripercorrere tutta la storia della salvezza e di comprendere il senso della nostra esistenza e dell’umanità intera a partire dalla risurrezione di Gesù di Nazareth. Passato il più lungo sabato della storia, le donne si dirigono verso il sepolcro per ungere il corpo morto del Signore. Non sanno che la notte appena trascorsa è una notte speciale, è la notte in cui Dio si è rivelato creando l’universo; è la notte nella quale il Signore si è rivelato ad Abramo come Dio amorevole e provvidente, che non ha bisogno di sacrifici umani; è una notte diversa da tutte le altre perché Dio si è rivelato come redentore facendo uscire il popolo di Israele libero dalla schiavitù dell’Egitto; è infine la notte nella quale il Messia, il nostro Signore Gesù Cristo, è tornato dalla morte alla vita, dall’umiliazione alla gloria, dalla tenebra alla luce. Per questo motivo le donne trovano la pietra rimossa dall’ingresso del sepolcro e al posto del cadavere di un uomo ricevono l’annuncio della risurrezione del Signore. Da quel mattino è stato necessario rileggere tutta la storia di Gesù di Nazareth e insieme ad essa, la storia dell’umanità intera. Nella lettera ai Romani Paolo ci spiega che attraverso il battesimo siamo morti e risorti a vita nuova, siamo stati liberati dalla schiavitù del peccato e abbiamo ricevuto la vita eterna in Cristo. Accogliamo con gioia e gratitudine questo dono immenso e abbandoniamo quanto appartiene all’uomo vecchio e alla schiavitù del peccato, siamo rinati con Cristo per l’eternità! Il sepolcro vuoto dove era deposto Gesù è da due millenni un luogo visitato da persone che portano nel cuore sentimenti diversi. C’è chi, come Maria di Magdala, non può accettare che tutto finisca con la morte delle persone che ci hanno amato; c’è chi entra nel sepolcro come Pietro e resta un po’ confuso, perché il corpo di Gesù non c’è più, ma al tempo stesso non può essere stato rubato perché i ladri non sistemano in modo ordinato i teli e il sudario prima di fuggire con un cadavere; c’è chi, come il discepolo amato, entra, vede, ricorda e crede. Il discepolo amato ricorda la Scrittura e la parola ascoltata dal Maestro e per questo motivo comprende e crede. La risurrezione di Gesù è l’evento che dona significato a tutta la nostra esistenza perché dice la nostra chiamata alla vita eterna. Per poter vedere, comprendere e credere tuttavia, è necessario avere sempre lo sguardo rivolto alla Scrittura e alla realtà che ci circonda, perché Dio continuamente comunica e ci dona vita. Maria Maddalena e Pietro incontreranno poi Gesù risorto e anche loro comprenderanno, crederanno e diventeranno testimoni della risurrezione. Nella prima lettura ci è dato un esempio di come il primo degli apostoli abbia rivisitato tutta la sua esperienza di incontro con Gesù di Nazareth, dal momento del battesimo nel Giordano al giorno nel quale il Risorto ha mangiato insieme a lui e agli altri discepoli. Pietro ha cercato, ha trovato, ha capito, ha creduto ed è diventato testimone della salvezza e del perdono per mezzo del nome di Gesù. Sorretti dalla testimonianza di Pietro, accogliamo l’invito di Paolo a fissare lo sguardo sulle cose di lassù, perché ormai la nostra vita è nascosta con Cristo in Dio! 9
Seconda domenica di Pasqua Come ricorda il Direttorio sulla Pietà popolare, connessa con l’ottava di Pasqua, in tempi recenti e a seguito dei messaggi della religiosa Faustina Kowalska, canonizzata il 30 aprile 2000, si è progressivamente diffusa una particolare devozione alla Misericordia Divina elargita da Cristo morto e risorto, che perdona il peccato e restituisce la gioia di essere salvati. Poiché la Liturgia della “Domenica II di Pasqua o della Divina Misericordia” – come viene ora chiamata – costituisce l’alveo naturale in cui esprimere l’accoglienza della misericordia del Redentore dell’uomo, si educhino i fedeli a comprendere tale devozione alla luce delle celebrazioni liturgiche di questi giorni di Pasqua. Infatti, “il Cristo pasquale è l’incarnazione definitiva della misericordia, il suo segno vivente: storico- salvifico e insieme escatologico. Nel medesimo spirito, la Liturgia del tempo pasquale pone sulle nostre labbra le parole del salmo: ‘Canterò in eterno le misericordie del Signore’ (Sal 89 [88], 2)”» (Direttorio su liturgia e pietà popolare, n. 154). *** La festa della Divina Misericordia è stata istituita da San Giovanni Paolo II che ha accolto il suggerimento di Santa Faustina Kowalska, la mistica polacca proclamata santa proprio nel corso dell'Anno Santo del 2000. “Desidero che la prima domenica dopo Pasqua sia la Festa della Mia Misericordia. Figlia mia, parla a tutto il mondo della Mia incommensurabile Misericordia! L'Anima che in quel giorno si sarà confessata e comunicata, otterrà piena remissione di colpe e castighi. Desidero che questa Festa si celebri solennemente in tutta la Chiesa" (Gesù a S. Faustina) La scelta della prima domenica dopo Pasqua ha senso teologico: indica lo stretto legame tra il mistero pasquale della Redenzione e la festa della Misericordia. Questo legame è sottolineato ulteriormente dalla novena che precede la festa e che inizia il Venerdì Santo. "All'umanità, che talora sembra smarrita e dominata dal potere del male, dell'egoismo e della paura, il Signore risorto offre in dono il suo amore che perdona, riconcilia e riapre l'animo alla speranza!" Queste le parole che san Giovanni Paolo II aveva scritto per la Domenica della Misericordia del 3 aprile 2005 e che non aveva potuto pronunciare perché qualche ora prima lasciava questo mondo. Papa Wojtyla era fermamente convinto che la misericordia "pone un limite al male con il potere della verità e dell'amore". L'Amore misericordioso o la divina misericordia è sicuramente uno dei temi che attraversa l’intero Magistero postconciliare. Collocandosi in questa linea, Papa Francesco ha indetto il Giubileo straordinario dedicato alla Misericordia (annunciato il 13 marzo 2015, ha avuto inizio il 29 novembre 2015 e si è concluso il 20 novembre 2016). La Redazione del Foglio di Collegamento augura a tutti una Santa Pasqua !!! 10
SDFT “Cesare Pagani” 1975 11
Scuola Diocesana di Formazione Teologica DOCENTE: PROF. SSA SUOR OMBRETTA PETTIGIANI* *è nata a Milano nel 1972. È una suora francescana missionaria di Gesù Bambino. Ha conseguito la licenza e il dottorato in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico. Insegna ebraico biblico ed esegesi dei libri profetici presso l’Istituto Teologico di Assisi. 8 MARZO 2022 - 10° INCONTRO “MORS TUA, VITA MEA. RELAZIONI FAMILIARI ED ESPERIENZA PASQUALE” Esaminiamo le relazioni familiari attraverso la Scrittura. L’esperienza comune è quella delle difficoltà nel vivere le nostre relazioni. L’idea di fondo è che la difficoltà con l’altro ci porta a volerlo “uccidere”. Noi pensiamo spesso di risolvere il conflitto con l’”omicidio”, tutte le volte in cui, in molti modi, tendiamo ad eliminare l’altro dalla nostra vita. Partiamo da Genesi 4, con la vicenda di Caino e Abele. Questo racconto sfocia nell’omicidio, ma più interessante è la dinamica sottile della vicenda. Potremmo dire che, nella vicenda di Caino e Abele, il peccato è a livello di fraternità. Nella Scrittura tutte le relazioni sono pensate come fraterne, anche quella del matrimonio e della relazione uomo-donna. Caino e Abele sono i primi fratelli, i primi figli di Adamo: due archetipi. La Scrittura da subito pone in risalto le differenze tra i due fratelli: nascono in due tempi diversi e fanno mestieri diversi (Caino il coltivatore, Abele l’allevatore). Nella narrazione Caino compare per primo: entrambi fanno un atto di culto, ma Dio, dice la Scrittura, gradisce l’offerta di Abele (primizie, simbolo di futuro) e non quella di Caino (frutti, simbolo di passato). “Dio vide l’offerta di Abele e non guardò quella di Caino”, dice il testo. Perché questa preferenza di Dio? Il testo non lo dice, e numerosi sono i tentativi di interpretazione. Introduciamo, nella nostra spiegazione il motivo dell’”elezione”: Dio sceglie quello che non conta, ciò che per il mondo è nulla, il secondo. Dio si compiace di aver attenzione per chi è svantaggiato, Dio dona a chi non ha nulla. È qui che scatta la tentazione della gelosia: Caino non comprende la logica di Dio e sprofonda nella tristezza e nell’invidia. Ogni volta che anche noi invidiamo qualcuno ci condanniamo alla tristezza. L’altro ci fa da specchio, e ci dà l’immagine di ciò che noi non siamo, di ciò che noi non abbiamo. Sta a noi scegliere se vivere così o se invece guardare l’altro come ricchezza. Caino vede Dio, nella propria invidia, come colui che commette un’ingiustizia. Spesso dentro di noi scatta questo identico meccanismo, e la storia di Caino è anche la nostra. Il testo di Caino e Abele ci interroga, Dio stesso interviene e interroga Caino per tentare di dissuaderlo e allontanarlo dalla sua tristezza. Dio ricorda a Caino che egli può scegliere di allontanarsi dall’invidia. L’uomo, dunque, può scegliere se agire bene o agire male, l’uomo può dominare il peccato, ed è Dio stesso a ricordare a Caino la sua dignità di uomo, dimostrando di avere nei suoi confronti più stima di quanta egli ne abbia di sé stesso. Caino, però, non ascolta la parola di Dio, e rimane prigioniero della propria tristezza. Decide di “eliminare il problema”. Al versetto 8 il testo scrive: “Caino parlò al fratello Abele”. Il suo discorso resta muto. La parola di Caino è malata, e dunque resta vuota. Caino uccide il fratello, e la sua esperienza è quella di chiunque crede che, nella relazione, il problema sia l’altro. Anche noi, nelle nostre esperienze, spesso viviamo questo stato, per poi comprendere che quelle situazioni dalle quali ci eravamo illusi di essere fuggiti si ripresentano. Questo “mors tua vita mea” è pertanto un’illusione: la morte del fratello non dà vita all’altro. Dio torna a parlare a Caino, e gli chiede dove sia il fratello. Caino risponde “Non so. Sono forse custode di mio fratello? L’altro non è affar mio”. Come in Genesi 3, l’essere umano tenta di deresponsabilizzarsi. È Dio a dire a Caino ciò che ha fatto, e gli dice “Sii tu maledetto dalla terra”. È dunque la terra stessa a maledire Caino, rivoltandosi contro colui che l’ha resa impura. La Bibbia parla del male come di qualcosa di cui 12
l’uomo non vuole prendere coscienza. Solo dopo la maledizione Caino comprende ciò che ha fatto (“troppo grande è la mia colpa”), e a questo punto Dio inverte la rotta, e lo protegge con un segno misterioso (“chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte”). Dio, dunque, rende più lieve la pena, Dio cerca sempre una strada affinché anche il peccatore possa vivere. Tutti noi, davanti a questa pagina, siamo chiamati a confrontarci con la violenza interiore, che ci abita e che la nostra libertà è chiamata a dominare. Questo testo ci mostra come sia la vita umana senza la Pasqua, cioè abbandonata a sé stessa. La Scrittura, inoltre, ci presenta per due volte Abramo, che si serve, in un certo senso, di sua moglie, definendola sua sorella, e riuscendo in questo modo a darla ad altri per salvarsi. Anche Sara del resto si servirà di Abramo quando vorrà un figlio, ma la Scrittura è molto sapiente nel mostrare come nessuno dei due tragga vantaggio dall’utilizzare l’altro come strumento, dimostrandoci come i nostri tentativi di usare l’altro non producano mai effetti di bene. E se decidessimo, nelle relazioni, di aderire alla logica di Gesù, alla logica del dare la vita per l’altro, del perdersi per l’altro, del perdono? Nell’Antico Testamento Giuseppe, nel suo vivere le relazioni fraterne, è decisamente la figura posta per risanare il peccato di Caino. Giuseppe ricuce gli strappi e mostra la fraternità riuscita. Il ruolo decisivo di Giuseppe, alla fine della storia, è quello di chi, perdonando, riconduce i fratelli alla verità e alla presa di coscienza di quello che è stato il loro gesto, affinché quel gesto non venga ripetuto. Giuseppe potrebbe vendicarsi dei fratelli, ma sceglie la logica della Pasqua. Sceglie, cioè, di fare un cammino di guarigione, per sé stesso e per i propri fratelli. Li spinge, anzitutto, a raccontare la propria storia, aiutandoli così a mettere a fuoco la verità. Li costringe poi ad andare a prendere Beniamino. I fratelli, ricordando, prendono coscienza della propria colpa, e di fronte a questo Giuseppe piange. Giuseppe, dunque, fa in modo che i fratelli si trovino nei suoi panni, rivivendo ciò che egli da vittima ha vissuto, ma fa anche sì che tutto questo produca un reale cambiamento e una reale fratellanza. Giuseppe sceglie di perdonare e di non ripagare il male con il male. Egli è dunque un uomo pasquale, che sotto molti aspetti vive come Gesù. Giuseppe è il simbolo della fratellanza vissuta nella forma più piena e bella e delle relazioni familiari che guariscono nel tempo. Leggiamo la prima lettera di Giovanni, capitolo 3, versetto 13: “In questo abbiamo conosciuto l’amore, nel fatto che egli ha dato la vita per noi, e noi la diamo per i nostri fratelli”. Chi riconosce questo e ne gode, chi è entrato in questa logica trova in sé la forza per vivere l’amore, quell’amore che non si limita a dare all’altro in base a quanto l’altro ci ha dato. Chi vive nella Pasqua di Gesù sa andare oltre. Anche San Paolo, nei suoi testi parenetici, parla spesso delle relazioni, esortando i cristiani a viverle nella logica di Gesù. In Efesini, 5,21-6,9 scrive: “Nel timore di Cristo siate sottomessi gli uni agli altri”. Certamente è un testo problematico, poiché si parla della relazione uomo-donna e della schiavitù in modi e forme inascoltabili e irricevibili per noi moderni. Non si considera, però, o si considera poco che questi sono prodotto, come del resto tutte le Scritture, di una cultura patriarcale e maschilista. Comprendere questo non significa in alcun modo difendere una tale cultura, ma solo contestualizzare e porre nella storia la Scrittura. Essa accetta i condizionamenti del tempo, ponendo tuttavia, al suo interno, anche dei correttivi. Questo testo, infatti, si legge dopo i Vangeli, e va letto alla luce del suo incipit chiarissimo: nel timore di Cristo siate sottomessi gli uni agli altri. Questo è il punto, e questa è l’ottica pasquale: porre l’altro prima di sé, gareggiare (verbo estremamente caro a Paolo) nello stimarci a vicenda, porre l’altro al di sopra. Vince, insomma, chi ama di più. Il modo in cui Paolo vede i ruoli in atto è secondario rispetto all’incipit. Tutti siamo resi uno in Cristo Gesù. 13
Scuola Diocesana di Formazione Teologica DOCENTE: Prof.ssa SIMONA SEGOLONI RUTA* *laica della diocesi di Perugia-Città della Pieve è sposata e ha quattro figli. Docente stabile di teologia sistematica all’Istituto teologico di Assisi, insegna Ecclesiologia, mariologia e trinitaria. Ha conseguito il dottorato presso la facoltà teologica dell’Italia centrale con uno studio sulla recezione del concilio nella teologia italiana. 11° INCONTRO - 15 MARZO 2022 “L’AMORE NEL MATRIMONIO: IL CAPITOLO IV DI AMORIS LAETITIA” Il quarto capitolo di Amoris Laetitia si occupa specificamente di amore nel matrimonio, in quanto, pur essendovi cenni anche ad altre relazioni familiari, il focus è sull’amore matrimoniale. Il primo dato degno di nota è che, quando Papa Francesco parla del matrimonio, non ne fornisce un’immagine ideale, né idealizzata, al contrario parte dal concreto vissuto. Il matrimonio, dunque, è trattato e visto nella sua quotidianità, nelle quotidiane fatiche, nei quotidiani fallimenti, nelle quotidiane opportunità e rinascite. Papa Francesco sa che le relazioni umane sono in continuo movimento, e lo tiene ben presente nella sua trattazione. Il secondo elemento su cui il Papa pone l’attenzione è che lo specifico cristiano all’interno di una relazione matrimoniale è costituito dall’amore, non da un modello sociale di famiglia. I modelli sociali, infatti, sono in continua evoluzione: l’attenzione va posta sull’amore cristiano e sul matrimonio come modalità concreta per vivere l’amore cristiano. Un altro elemento da premettere è che la famiglia e il matrimonio sono specificati come un modo per vivere l’amore cristiano, e ciò accade nei fatti. L’amore va vissuto nei fatti, e non in quelli “grandi”, ma nei piccoli gesti quotidiani, poiché sono questi che costruiscono una vita intera di relazione. Un ulteriore elemento degno di nota è che in Amoris Laetitia il Papa si occupa molto della sfera dei sentimenti, in quanto nel matrimonio essi occupano una porzione significativa. Tale impostazione è molto moderna: il Papa valorizza i sentimenti nell’intento di renderli armonici rispetto ai valori. Lo specifico della relazione matrimoniale è quello di essere “un’amicizia nella quale si condivide tutta la vita”. Tale categoria di “amicizia” permette di accettare che alcuni sentimenti possano, anche temporaneamente, modificarsi o venire meno. Ciò, però, non toglie che rimanga la “relazione di amicizia”, così che “le strade non sono più due, ma una sola”. Ultimo dato significativo per quanto attiene alla premessa è che Papa Francesco definisce la sessualità “un dono”, e pone l’attenzione sul fatto che essa è un “luogo” in cui ricevere piacere, in cui trarre dall’altro conferma del proprio essere amati. La sessualità, pertanto, è intesa anche come bisogno: questo elemento è molto importante, in quanto noi veniamo da retaggi culturali in base ai quali la sessualità è un dovere per le donne e una prestazione per gli uomini. Papa Francesco, invece, raffigura la sessualità come dono, come conferma, come bisogno, in una visione decisamente nuova e umanizzante. Nel commento che il Papa fa all’inno alla carità di San Paolo si avverte una concretizzazione profonda dell’amore cristiano. La carità, nella visione di Paolo, è il risultato del lasciarsi guidare dallo Spirito. La carità è paziente: il Papa ci ricorda che il verbo usato da Paolo (macrotimèin) non si riferisce alla sopportazione, quanto all’essere “lenti all’ira”. La pazienza, dunque, è la capacità di attendere, di aspettare. L’amore comporta un senso di compassione che conduce all’accettazione dell’altro per come è e non per come noi lo vorremmo. 14
La carità è benevola: il verbo greco usato indica il “fare qualcosa per il bene dell’altro”. Papa Francesco, insiste nel ribadire che la benevolenza è attiva, produce e fa il bene, si adopera concretamente affinché l’altro stia bene. La carità non è invidiosa: l’invidia ci fa essere tristi per il bene altrui. È un sentimento che non lascia all’altro la possibilità di essere felice. Il Papa ribadisce che, all’interno di una relazione matrimoniale, ognuna delle due parti trovi la propria strada verso la soddisfazione personale, così da non invidiare i traguardi dell’altro. La carità non si vanta e non si gonfia di orgoglio: la vanità è vanagloria, ansia di mostrarsi superiore all’altro. Questo atteggiamento, sottolinea il Papa, fa perdere nel lungo termine anche il contatto con la realtà e con una realistica immagine di sé. Inoltre porta al “soffocamento” dell’altro. La logica dell’amore cristiano non è quella di chi si sente superiore agli altri e ha bisogno di far sentire il proprio potere, ma quella per cui “chi vuole diventare grande tra voi si farà vostro servitore”. La carità non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira: il Papa traduce il “non mancare di rispetto” come “amabilità”, un atteggiamento gentile che non tratta l’altro con durezza. Il non cercare il proprio interesse, invece, ci invita ad avere un sano equilibrio tra l’amore verso noi stessi e quello verso gli altri. Si tratta di non essere egoisti, di non vedere l’altro come strumento. Non adirarsi e non tenere conto del male ricevuto è tradotto dal Papa come una mancanza di violenza interiore. Essa è un sentimento ben diverso dalla rabbia, la quale sopraggiunge, in molti casi anche giustamente, come di fronte alle ingiustizie. La violenza interiore, invece, è la non gestione della rabbia, che, non controllata, viene riversata sull’altro. Il non tenere conto del male ricevuto ha a che fare con il perdono. San Paolo ci invita a non ricordare il male che ci accade: dimenticarcene, infatti, permette a noi stessi e agli altri di ricominciare. Il perdono, quindi, è quasi un rimettere al mondo l’altro, concedendogli una nuova e seconda possibilità. La carità non gode dell’ingiustizia, ma si rallegra della verità: si allude, qui, alla capacità di rallegrarsi del bene e dei doni dell’altro. La carità tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta: il Papa ci invita a limitare il giudizio, e a custodire l’immagine dell’altro. Il “tutto crede” è tradotto dal Papa in uno sguardo contemplativo, che ci permette di vedere nell’altro la bellezza che Dio vede. Il “tutto spera” indica la speranza nell’altro, mentre il “tutto sopporta” richiama la decisione ferma di volere l’uno il bene dell’altro, a prescindere dalle varie circostanze della vita. Si tratta di una sorta di eroismo, di una decisione ferma e inamovibile di voler stare nella relazione. L’amore, dunque, è una decisione, concreta e quotidiana. Lo specifico del matrimonio è proprio “la più grande delle amicizie”, che consiste nel cercare il bene dell’altro e di fare di due strade una sola strada. Per poter durare tutta la vita tale amicizia deve essere molto dinamica, come lo siamo anche noi. C’è una dinamica continua in cui tutti gli aspetti variano. Di fermo rimane la cura l’uno dell’altro. In quest’ottica, anche le fatiche diventano parte della relazione, e dimostrano che la relazione d’amore è immersa nel nostro concreto vissuto. Il dialogo è importante, e il Papa, parlando del dialogo, insiste particolarmente sulla capacità di ascoltare l’altro, e anche la propria interiorità. Nutrire il proprio vissuto, infatti, nutre anche l’altro e conseguentemente la relazione. Un ultimo accenno è da riservare alla sessualità all’interno della relazione. La sessualità è una modalità specifica per amare ed essere amati. Da evitare è la manipolazione e la sottomissione dell’altro, poiché la sessualità è sana se e quando promuove la vita. Al numero 156 dell’Amoris laetitia il Papa ricorda di non interpretare in modo errato i passaggi della lettera paolina agli Efesini in cui Paolo parla di sottomissione. Nessuna sottomissione, infatti, è da accettare, se non il farsi piccoli l’uno per l’altro. Tra i coniugi la reciproca sottomissione è da intendersi nella connotazione specifica della “cura”, reciproca e responsabile. Sintesi a cura della Prof.ssa Valeria Baldicchi 15
CINQUANT’ANNI DI CARITAS DIOCESANA 16
Riflessioni sui cinquant’anni della Caritas diocesana di Castello Il 2 aprile 2022 la nostra Chiesa diocesana celebra i cinquant’anni di servizio Caritas. Il programma prevede diversi momenti per evocare volti e storie, racconti e testimonianze sull’attività svolta con grande intensità e creatività durante mezzo secolo di vita, investendo notevoli risorse, ma soprattutto ricevendo il beneficio della crescita della comunità cristiana. Lasciando ad altri il racconto dei servizi svolti, presento alcune riflessioni che mi sembrano utili. La Carità nel suo esercizio ottimale tocca le tre dimensioni antropologiche: i bisogni primari del corpo, la relazione tra le persone (filantropia/solidarietà) e l’amore divino, l’agape. La compresenza di tutte e tre queste dimensioni carica di significato umano e divino anche un piccolissimo gesto come quello del bicchiere d’acqua offerto a chi ha sete. In modo estremamente semplice, umile, senza alcuna esibizione, arriva al fratello un’attenzione, a volte anche un sorriso, una carezza che provengono dal Signore tramite l’uomo. E questo naturalmente lascia il segno indelebile. Altrimenti possiamo rimanere solo a livello di prestazione, erogazione di servizio o semplicemente solidarietà. Anche questo conta, ma non ha la valenza di un gesto umano che incarna niente di meno che l’Amore di Dio per l’uomo. La Carità vera è sempre reciproca. Chi dà nel modo giusto, si accorge che è molto più ciò che riceve dal povero. Chi dona è grato al povero che gli da occasione di uscire dal proprio egoismo. E chi riceve non sì sente umiliato e benedice il fratello. E’ posta una relazione di reciproco arricchimento. La carità non può essere “delegata”, né umanamente, né cristianamente. Tutti abbiamo bisogno di passare dall’egoismo all’amore con i fatti concreti, sporcandoci le mani personalmente, non dall’alto, ma alla pari, convinti che quel che abbiamo non è nostro, ma di tutti perché tutti i fratelli. La nostra Caritas diocesana su questo ha insistito: essa funziona nella misura in cui stimola e promuove la carità di tutti i cristiani. Per questo sono sorti i “Centri di ascolto” che nel territorio cercano di intercettare i bisogni delle persone, coinvolgendo tutti. La vita cristiana consiste nella fede che opera per mezzo della carità. Senza il rapporto d’amore col fratello non c’è rapporto con Dio. Per cui in una comunità cristiana dove ci fossero liturgie, catechesi, sacramenti, ma non ci fosse la carità, sarebbe inesistente. San Paolo dice: Senza la carità sono zero. Tutti siamo chiamati alla comunione con Dio che è Amore, per cui il lasciapassare per il paradiso sono le opere buone, a cominciare da quelle molto concrete e quotidiane che toccano i bisogni fisici (come dar da mangiare e bere), la vicinanza affettiva e l’aiuto spirituale. In questo modo la carità raggiunge tutto l’uomo come lo ama Dio. “Da questo vi riconosceranno che siete miei discepoli, se vi amate come io vi ho amato” (Gv 13, 34-35). + Domenico Cancian, vescovo Comunicato Caritas Prosegue intensamente l'accoglienza dei rifugiati ucraini da parte della Caritas Diocesana . Numerose già le persone ospitate ed altrettanto numerosi gli arrivi previsti. Commovente e proficuo per la relazione con loro l'incontro svoltosi venerdì sera 25 marzo presso la sala della Madonna del latte. La comunità tifernate si è rivelata particolarmente generosa mettendo a disposizione unità abitative e le proprie case. Proficua la collaborazione con la Comunità Educante per favorire l'inserimento scolastico e le attività ludiche, culturali e sportive per i giovani arrivati. Favorevole la cooperazione con i Comuni, la Prefettura di Perugia ed altri soggetti. La Caritas continua a sollecitare la donazione, in questo momento particolarmente difficile, in termini di disponibilità all'accoglienza, alla donazione economica dedicata che può essere effettuata su Iban: IT 03 P 03069 21610 00000 0086186 Intestato a: Confraternita di Maria SS del Rosario e a fornire disponibilità al volontariato, contattando i nostri uffici al numero 075.8553911. Non da meno si richiede di non fare mancare la preghiera perché la pace ritorni rapidamente. Equipe Caritas diocesana. 17
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