METODICA DI LAVORO - DIAMAGNETOTERAPIA L'importanza di un approccio terapeutico evolutivo
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DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO METODICA DI LAVORO DIAMAGNETOTERAPIA L’importanza di un approccio terapeutico evolutivo: - nel dolore acuto - nel dolore cronico - nei processi infiammatori acuti - nei processi infiammatori cronici 1
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO INDICE PREMESSA 1. MECCANISMI DI AZIONE ...................................................................pg.5 2. OBIETTIVI DELLA TERAPIA DIAMAGNETICA .....................................pg.6 3. CONTROINDICAZIONI .......................................................................pg.7 4. DIAMAGNETIC COMPLEX CREAM ...................................................pg.8 5. PREPARAZIONE DEL PAZIENTE – Domande Frequenti ....................pg.9 6. FUNZIONI OPERATIVE del DISPLAY .................................................pg.10 7. APPROCCIO BASE ALLA METODICA ................................................pg.16 8. EFFETTO DIAMAGNETICO: DRENAGGIO LINFATICO.......................pg.18 9. BIOSTIMOLAZIONE ENDOGENA .....................................................pg.22 10. PAIN CONTROL MODELLI APPLICATIVI ………….............................pg.28 11. COME LEGGERE LE VARIAZIONI DI IMPEDENZA............................pg.42 12. IMPIANTO MOLECOLARE...............................................................pg.47 13. TECNICA IN FASE DINAMICA E STATICA .......................................pg.49 14. LINEE GUIDA OPERATIVE ……………………………………………….………..pg.50 2
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO PREMESSA La riabilitazione nelle fasi post traumatiche o anche post operatorie resta un problema costantemente aperto e con necessità di evoluzione. Il pubblico più esposto alle necessità riabilitative sono molte con particolare attenzione agli anziani, i disabili, ma anche i giovani sportivi. La necessità maggiore diventa l’utilizzo di tecnologie innovative e mirate ad interventi esclusivi sulle patologie adeguandosi alle variazioni che esse possono assumere durante la fase traumatica e post traumatica. La Diamagnetoterapia effettuata esclusivamente con CTU Mega 18, ha una capacità di interazione diretta con i principali meccanismi biologici corporei per una efficacia terapeutica ed efficienza metodologica molto superiore alle tecnologie fisiche convenzionali. La DIAMAGNETOTERAPIA® È una Terapia non invasiva e totalmente indolore È una Terapia evolutiva adattabile alle complessità della patologia stessa È una tecnica di intervento applicabile nel post trauma o nelle fasi post chirurgiche È una tecnica che permette di intervenire sulla cute lesa (piaghe da decubito, piede diabetico, ferite da post intervento) senza necessità di contatto diretto con la cute È una tecnica che permette di intervenire in caso di immobilizzazione prolungata (direttamente su bendaggi, tutori, gesso), in presenza di mezzi di sintesi senza necessità di contatto diretto con la cute È una tecnica che permette di impiantare farmaci senza l’utilizzo di aghi o corrente elettrica con enorme vantaggio per il paziente in termini di confort e ripetibilità dell’intervento. 3
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO 1. MECCANISMI DI AZIONE ed EFFETTI PRIMARI Effetto diamagnetico Sulla Matrice Extracellulare : Nell’Intracellulare: - Drenaggio linfatico con conseguente - Stimolazione del sistema immunitario disintossicazione dei tessuti incrementando la capacità del sistema di difesa - Trasporto di nutrienti e metaboliti per - Azione defibrosante stimolare il metabolismo intra ed - Ossigenazione e rigenerazione dei tessuti extracellulare - Stimolazione della produzione di ATP - Alcalinizzazione con conseguente ripristino - Riduzione dei radicali liberi del terreno fisiologico - Riduzione del dolore e delle infiammazioni - Riduzione delle infiammazioni Biostimolazione endogena selettiva I tessuti cellulari producono e sono reattivi ai segnali Tessuto vasale – muscolatura liscia elettrici con bande di frequenze ampie e specifiche. La Muscolatura scheletrica variazione di gradiente di campo magnetico possibile Tessuto nervoso a conduzione lenta con la CTU Mega 18 e la particolare conformazione Tessuto nervoso a conduzione veloce dell’onda emessa permettono di generare un segnale Tessuto osseo – cartilagineo elettrico della complessità di banda affine ai diversi Tessuto articolare – legamentoso – tendineo tessuti che tende a normalizzare le loro funzioni Tessuto cutaneo elettriche permettendo un processo di guarigione significativo e qualitativamente importante. Impianto molecolare Pain control - Manuale I farmaci che possono essere veicolati sono tutti Intervento selettivo sul dolore Acuto e sul quelli che presentano principi attivi con proprietà dolore Cronico diamagnetica o principi attivi disciolti in acqua (o gel) che funge da vettore per il trasporto delle molecole negli strati di tessuto La parametrizzazione è effettuata sulla base della profondità di impianto, dimensione molecolare e velocità di trasferimento. 4
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO 2. OBIETTIVI DELLA TERAPIA DIAMAGNETICA a. Controllare il dolore Acuto e il dolore Cronico; b. Ridurre edema e infiammazione già in fase acuta, immediatamente post trauma e post operatorio; c. Indurre e stimolare la riparazione di tessuti osteoarticolari- cartilaginei/ tendineo - legamentosi anche in fase cronica e /o degenerativa; d. Accelerare i processi riparativi dei tessuti muscolari e vasali in fase acuta e/o cronica; e. Eseguire terapia farmacologia nei pazienti i cui l’infiltrazione o l’elettroveicolazione rappresentano un limite applicativo e funzionale; f. Agevolare i processi riparativi anche in fase di immobilizzazione o in presenza di mezzi di sintesi; g. Stimolare il tessuto nervoso intervenendo in modo selettivo sui meccanismi elettrici indotti. 5
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO 3. CONTROINDICAZIONI Alcune avvertenze di base: NON USARE IN CASO DI - donne in gravidanza; - soggetti con tubercolosi; - soggetti con diabete giovanile; - malattie virali (in fase acuta); - soggetti con cardiopatie gravi; - soggetti affetti da tumori in atto; - soggetti con aritmie gravi o portatori di pacemaker; - portatori di protesi ferromagnetiche non RM compatibili (se presenti sull’area dove deve essere eseguita la terapia); - soggetti con infezioni acute, epilettici (salvo diverse prescrizioni mediche). La maggior parte delle controindicazioni sono indicate in via cautelativa per la tutela a rischi potenziali. 6
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO 4. DIAMAGNETIC COMPLEX CREAM - Il campo magnetico non necessita di mezzi per la trasmissione energetica; - La Diamagnetic Complex Cream viene utilizzata per il trasferimento del segnale elettrico durante il processo di lettura delle variazioni di impedenza tessutale; - Il prodotto fornito è un dispositivo medico di Classe I non invasivo; - Non deve essere sostituito con un prodotto similare; - Risponde a requisiti di conducibilità elettrica; - Non si elettrolizza anche a forti densità di corrente; - Presenta Valori di pH compatibili con le caratteristiche tecniche e di materiale degli elettrodi usati; - Garantisce un lento assorbimento; - Ha un controllato valore di viscosità cinematica e dinamica; - La viscosità ed integrità strutturale della crema si mantiene fino a temperature puntuali molto superiori a 40°C. 7
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO 5. PREPARAZIONE DEL PAZIENTE – Domande Frequenti È necessario rimuovere ogni oggetto metallico al paziente e all’operatore per eseguire e subire il trattamento? No. Vanno eventualmente rimossi oggetti metallici al paziente per motivi igienici È necessaria una preparazione della cute specifica del paziente per eseguire l’impianto molecolare? È consigliato che la cute sia pulita ma non vi è necessità di specifici trattamenti Come si procedere se non si conosce la natura ferromagnetica o meno di una protesi impiantata in un’area dove deve essere eseguita la terapia? Deve essere eseguita una semplice proceduta che prevede, con macchina avviata secondo il protocollo impostato, un lento avvicinamento alla zona ove presente la protesi metallica che verificare un eventuale stato di inadeguatezza. Tale stato si riconosce perché viene avvertito dal paziente una sorta di formicolio esattamente nel punto in cui è presente la protesi. Se dovesse verificarsi questo evento bisogna mantenersi ad una distanza di circa 15 cm rispetto alla posizione della protesi. E’ possibile eseguire il trattamento di Pompa Diamagnetica su bambini? Non vi sono controindicazioni all’utilizzo della terapia diamagnetica si bambini 8
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO 6. FUNZIONI OPERATIVE a DISPLAY ❶ ❷ ❸ ❹ ❶ ❷ ❸ ❹ Trasferimento Effetto Biostimolazione Controllo del dolore in di principi attivi diamagnetico endogena / controllo fase cronica del dolore 9
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO Effetto diamagnetico Quantità di Energia prevenzione processi processi processi mantenimento infiammatori infiammatori infiammatori cronici sub-acuti acuti Frequenza di ripetizione edema edema edema post- organizzato molle traumatico in fase acuta Indica un valore percentuale della movimentazione liquidi nel Obiettivi prevalenti: comparto extracellulare durante il trattamento. - Drenaggio Può assumere rilevanza nel caso -Azione anti-infiammatoria di trattamento di edemi bilaterali. Nota: quando viene eseguito un trattamento di linfodrenaggio in presenza di linfedema o trauma molto esteso è utile controllare i parametri di Intra ed extra cellulare secondo questa procedura: nella zona distale rispetto alle stazioni linfonodali e per agire sui capillari: Intra 100% extra 60% nella zona prossimale alle stazioni linfonodali e nell’interazione su vasi di calibro maggiore: Intra 80% extra 100 % 10
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO Bio - stimolazione endogena Gradiente di Campo/Intensità di stimolazione mantenimento Cronico Sub-acuto Acuto M.Scheletrica F. Nervose Ossa Tendini mieliniche Cartilagini Legamenti F. Nervose Condizioni Articolazioni M. Vasale fibrotiche A-mieliniche M. Viscerale Cute CONTROLLO Ferite DEL DOLORE Ispessimenti IN FASE tissutali ACUTA E SUB- ACUTA Obiettivi prevalenti: -Recupero funzionale e strutturale dei tessuti impegnati nel danno -Stimolazione e accelerazione del processo di guarigione NOTA: è consigliato ‘utilizzo dell’elettrodo a tronco di cono per posizionarlo in modo più specifico sui punti dove si vuole ottenere il maggior controllo del dolore 11
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO Impianto molecolare Profondità Dimensione molecolare Velocità di trasferimento Obiettivo prevalente: -Permettere il trasferimento di molecole di principi attivi senza utilizzo di aghi o corrente Questa barra indica la % di trasferimento di elettrica principio attivo avvenuto sulla base della parametrizzazione di profondità/ dimensione molecolare/frequenza Premendo il tasto RESET la barra si svuota ed è possibile eseguire un nuovo tasferimento Nota: 1. Prima di eseguire il protocollo di impianto molecolare è suggerito fare alcuni minuti di spostamento liquidi (intra 80% - extra 80%) con radiofrequenza capacitiva, se la cute si presenta integra. 2. La profondità è selezionata sulla base del tratto anatomico e del danno 3. Per la dimensione molecolare consultare la lista proposta nelle pagine successive 4. La frequenza di ripetizione è dipendete dall’area in cui si intende eseguire il trattamento. Per aree piccole e concentrate è suggerito utilizzare la frequenza massima. Per aree medio grandi ove si intende distribuire il principio attivo è utile parametrizzare una frequenza 3/4 5. Per il trasferimento in aree piccolissime, puntiformi è suggerito utilizzare il puntale a tronco di cono. Per le aree estese è possibile utilizzare indistintamente qualsiasi elettrodo si ritenga utile. 12
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO Manuale Energia trasferita Gradiente di campo Obiettivo prevalente: -Dolore cronico 13
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO Regolazione dei parametri di RF Selezione piastra neutra singola o doppia Metodica a doppia placca di ritorno per ottenere: • Bilanciamento energetico Con bilanciamento energetico si intende una erogazione simmetrica delle radiofrequenze, • Espansione dell’area di energizzazione L’espansione dell’area da energizzare consente di monitorare in modo efficiente grandi aree del corpo. • Uniformità di erogazione Regolazione della frequenza LF= bassa frequenza maggiore profondità HF= alta frequenza più superficiale Obiettivo prevalente: Regolazione della potenza -Lettura delle variazioni di impedenza e valutazione della reattività tessutale Registrazione delle variazioni di impedenza Nota IL SEGNALE A RADIOFREQUENZA VIENE UTILIZZATO PER IL MONITORARE LA REATTIVITA’ TESSUTALE IN TEMPO REALE PER TUTTA LA DURATA DEL TRATTAMENTO Diventa uno strumento fondamentale sia in fase acuta che in fase cronica Fondamentale nella gestione del dolore Va utilizzato solo su cute integra Il segnale a RF oltre alla funzione di feedback può essere unito alle fasi di Effetto Diamagnetico e Stimolazione endogena per generare l’effetto « push & pull»; Per rendere più funzionale il processo di drenaggio linfatico; Quando è necessario vascolarizzare e reidratare i tessuti prima della fase di stimolazione endogena per migliorare la mobilità articolare; Per aumentare l’effetto antalgico 14 ed antinfiammatorio nei tessuti con lesioni ed in fase acuta; Per migliorare la permeabilità cutanea prima della fase di impianto molecolare
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO 7. APPROCCIO BASE ALLA METODICA FASE ACUTA NOTE alla fase A: - EFFETTO DIAMAGNETICO: il trattamento è eseguito con manovre dinamiche (non solo direttamente sul punto in cui è presente il danno ma anche nelle aree circostanti), lente e prevalentemente lineari seguendo linee linfatiche e punti di scarico linfonodali. - BIOSTIMOLAZIONE ENDOGENA: il trattamento è eseguito prevalentemente sull’area in cui è presente il danno in modalità statica o dinamica, selezionando il tessuto danneggiato - PAIN CONTROL: trattamento eseguito sui punti di residuo dolore in modalità statica . NOTE alla fase B: - BIOSTIMOLAZIONE ENDOGENA: il trattamento è eseguito in modalità dinamica sull’area in cui è presente il danno , selezionando il tessuto danneggiato primario ed eventualmente quelli secondari - EFFETTO DIAMAGNETICO: il trattamento è eseguito con manovre dinamiche sull’area danneggiata e nelle zone limitrofe, lente e prevalentemente lineari seguendo linee linfatiche e punti di scarico linfonodali. - PAIN CONTROL: trattamento eseguito sui punti di residuo dolore in modalità statica . 15
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO FASE SUB ACUTA NOTE alla fase A: - EFFETTO DIAMAGNETICO: il trattamento è eseguito con manovre dinamiche (non solo direttamente sul punto in cui è presente il danno ma anche nelle aree circostanti), lente e prevalentemente lineari seguendo linee linfatiche e punti di scarico linfonodali. - PAIN CONTROL: trattamento eseguito sui punti di maggior dolore in modalità statica . - BIOSTIMOLAZIONE ENDOGENA: il trattamento è eseguito prevalentemente sull’area in cui è presente il danno in modalità statica o dinamica, selezionando il tessuto danneggiato prevalentemente NOTE alla fase B: - PAIN CONTROL: trattamento eseguito sui punti di maggior dolore in modalità statica . - BIOSTIMOLAZIONE ENDOGENA: il trattamento è eseguito in modalità dinamica sull’area in cui è presente il danno , selezionando il tessuto danneggiato primario e quelli secondari - EFFETTO DIAMAGNETICO: il trattamento è eseguito con manovre dinamiche sull’area danneggiata e nelle zone limitrofe, lente e prevalentemente lineari seguendo linee linfatiche e punti di scarico linfonodali. FASE CRONICA NOTE alla fase A: - PAIN CONTROL: trattamento eseguito sui punti di maggior dolore in modalità dinamica . - BIOSTIMOLAZIONE ENDOGENA: il trattamento è eseguito prevalentemente sull’area in cui è presente il danno in modalità statica o dinamica, selezionando il tessuto danneggiato prevalentemente - EFFETTO DIAMAGNETICO: il trattamento è eseguito con manovre dinamiche (non solo direttamente sul punto in cui è presente il danno ma anche nelle aree circostanti), lente e prevalentemente lineari seguendo linee linfatiche e punti di scarico linfonodali. NOTE alla fase B: - EFFETTO DIAMAGNETICO: il trattamento è eseguito con manovre dinamiche sull’area danneggiata e nelle zone limitrofe, lente e prevalentemente lineari seguendo linee linfatiche e punti di scarico linfonodali. - PAIN CONTROL/MANUALE: trattamento eseguito sui punti di maggior dolore in modalità dinamica . - BIOSTIMOLAZIONE ENDOGENA: il trattamento è eseguito in modalità dinamica sull’area in cui è presente il danno selezionando il tessuto danneggiato primario e quelli secondari 16
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO 8. EFFETTO DIAMAGNETICO: DRENAGGIO LINFATICO - Approfondimento - L’acqua è il costituente principale dell’organismo; il contenuto in acqua del corpo umano corrisponde al 60-65 % del peso corporeo nell’uomo e al 55-60% nella donna. La quantità di acqua totale tende a diminuire con l’età; nel bambino e nell’adolescente, infatti, l’acqua totale costituisce una quota maggiore. L’acqua totale è distribuita in due compartimenti: - Intracellulare - Extracellulare intravasale extravasale/interstiziale Il volume di questi compartimenti è determinato in gran parte dalla pressione osmotica dei suoi soluti. In condizioni normali il volume dei diversi compartimenti è mantenuto entro ben determinati valori, anche se c’è uno scambio costante, dalla pressione osmotica dei vari soluti (proteine plasmatiche, Na+, K+). Le membrane biologiche, infatti, si comportano come delle membrane semipermeabili. Lo scambio di liquido tra plasma sanguigno e liquido interstiziale è regolato dalla legge di Starling. Legge di Starling: la quantità di liquido che filtra all’esterno all’estremità arteriolare dei capillari equivale all’incirca alla quantità di liquido che viene riassorbita all’estremità venulare. Secondo l’ipotesi di Starling, infatti, il bilancio normale dei liquidi è mantenuto da due gruppi opposti di forze: 1) Quelle che causano USCITA di liquido dal letto vascolare: a. pressione idrostatica intravasale b. pressione osmotica del liquido interstiziale 2) Quelle che causano ENTRATA di liquido nel letto vascolare: a. pressione osmotica delle proteine plasmatiche (pressione oncotica) Questo è vero per circa il 90% del liquido. Il restante 10% viene drenato dai vasi linfatici per poi tornare nel circolo sanguigno. 17
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO Quando la pressione idrostatica non è più bilanciata dalla pressione colloido-osmotica si verifica un'ostruzione linfatica, aumenta la permeabilità vascolare e si verifica un accumulo di liquido negli interstizi che, se non risolto, provoca edema (dal greco οίδημα, gonfiore) . Gli edemi costituiscono una delle complicazioni più comuni dei traumi, specie quando questi abbiano interessato o direttamente o per vicinanza un distretto articolare. Insorgono sia primitivamente ed indipendentemente dall'eventuale trattamento, alle volte già poche ore dopo il trauma, sia in un secondo tempo dopo la rimozione dell'eventuale apparecchio di immobilizzazione e sono sempre caratterizzati da una scarsa tendenza alla risoluzione spontanea. Dal punto di vista clinico gli edemi post-traumatici investono gli arti specie nei segmenti distali e nelle parti declivi, dorso della mano e del piede, spazi retro e sottomalleolari Il primo stadio dell’edema è quello che segue a breve distanza la tumefazione iperemica indotta dal trauma. Il passaggio dal tumore post-traumatico allo stato di edema è per lo più graduale: la consistenza dei tessuti diminuisce, la cute diviene pallida, fredda, lucida, talora subcianotica; il normale profilo dell'arto è mutato, le salienze ossee sono ridotte o scomparse, l'aumento dei diametri segmentari dell'arto può essere anche notevole; siamo cioè in presenza del cosiddetto edema molle, ove il dito che palpa lascia la classica impronta a scodella. Dopo 30-40 giorni ( secondo stadio) l'aspetto clinico della regione edematosa è già differente: la cute appare sempre lucida, ma più biancastra, fredda, di consistenza lardacea al taglio. La compromissione dei tessuti paraostali è causa di ipersensibilità dolorosa alla pressione, in particolar modo là ove è minore lo spessore dei tessuti molli interposti fra scheletro e cute (malleoli, cresta tibiale, dita, epifisi distale del radio dell'ulna). A tale sintomatologia dolorosa concorrono di solito anche turbe della calcificazione scheletrica (alisteresi diffusa, atrofia lacunare epi-metafisaria) che con la stasi circolatoria hanno stretti rapporti di interdipendenza reciproca. Il terzo stadio è caratterizzato, infine, da una consistenza duro-elastica dei tessuti edematosi: cute e sottocutaneo appaiono infiltrati, sclerotici, non più sollevabili in pliche, scarsamente scorrevoli sui piani sottostanti. L'arto è uniformemente ingrossato, pallido, poco dolente ma funzionalmente deficitario per una diminuzione anche notevole della forza muscolare e per una rigidità più o meno accentuata delle sue articolazioni, specie di quelle direttamente interessate dall'edema. 18
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO Il liquido interstiziale degli edemi post-traumatici è inizialmente un trasudato, con peso specifico inferiore a quello del plasma e del siero e con un contenuto minimo di proteine e di elementi morfologici. [M. PASQUALI-LASAGNI] Col tempo tuttavia questo trasudato è soggetto a progressive modifiche fisico-chimiche che rendono meno evidente la sua distinzione da un essudato. Essenzialmente si osserva un aumento degli elementi corpuscolati, specie dei linfociti, e del contenuto proteico (RONDONI): la costituzione del liquido interstiziale viene cioè ad essere direttamente influenzata dal complesso di quelle alterazioni di tipo reattivo che il persistere dello stato edematoso determina nei tessuti. In questi difatti il prolungato stimolo meccanico della pressione idrica interstiziale e l'insorgere di disturbi metabolici cellulari ipossiemici, secondari al protrarsi della stasi umorale, sono fonte di particolari alterazioni locali a carattere degenerativo. « Le fibre connettive ed elastiche si rigonfiano, modificando le loro affinità tintoriali, si frammentano, scompaiono; le cellule si dilatano, presentano vacuoli endoprotoplasmatici e finiscono per subire una degenerazione ialina e grassa » [USTIG e GALEOTTI]. Il circolo vizioso edema-alisteresi-edema, una volta instaurato, è di difficile risoluzione e può facilmente assumere una notevole importanza nosologica, costituendo una sindrome clinica post-traumatica a se stante e ad evoluzione del tutto indipendenti dal trauma iniziale, alla base della quale trovarsi appunto una perturbazione della normale idrodinamica capillare e tissurale. Come espressione più grave di questa particolare condizione nosologica possiamo considerare l'atrofia di SuDEck. La terapia degli edemi post-traumatici ha assunto uno sviluppo ed una importanza notevoli da quando sono stati evidenziati i rapporti di questi con le rigidità articolari ed è stata posta in luce la possibilità di prevenire, curando tempestivamente la alterazione circolatoria, molte limitazioni funzionali residue negli arti traumatizzati. Attualmente tale terapia può considerarsi senz'altro un elemento indispensabile nel trattamento delle lesioni traumatiche degli arti. Gli obiettivi immediati che essa si pone sono, essenzialmente: A) La normalizzazione del tenore idrico dei tessuti edematosi; B) La normalizzazione dello squilibrio vasomotorio che è alla base del ristagno liquido tissurale. In altri termini: efficace drenaggio dei liquidi in eccesso nei tessuti e contemporaneo allontanamento o neutralizzazione di quelle cause meccaniche, nervose, chimiche ecc. che sono responsabili degli spasmi o della paralisi vasale, dell'aumento della permeabilità capillare, dell‘eccessiva idrofilia dei tessuti. 19
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO EFFETTO DIAMAGNETICO: DRENAGGIO LINFATICO - Linee guida di riferimento - 20
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO 9. BIOSTIMOLAZIONE ENDOGENA - Approfondimento - La Membrana cellulare presenta dei valori di potenziale ben definiti: a livello delle cellule ossee ed epiteliali riscontriamo un valore attorno ai – 70 mV (milliVolt); a livello delle fibrocellule muscolari un valore attorno ai – 80 mV; a livello delle cellule nervose un valore attorno ai – 90 mV. La Cellula (quindi i tessuti e gli organi in quanto costituiti da Cellule) che si ammala subisce una depolarizzazione, l’equilibrio ionico si altera, perde la sua riserva di energia. Il Potenziale di membrana scende da valori normali 70 mV a 50-55 mV fino a perdere tensione al di sotto dei 30 milliVolt e morire (Necrosi). L’obiettivo del trattamento è agire ripolarizzando le strutture Cellulari prive di forza vitale, riducendo la catena degli eventi infiammatori. EFFETTI: -Orientamento degli Spin, degli Atomi e degli Elettroni. La formazione di forze di Lorentz con creazioni di ioni e l’orientamento secondo le linee di forza; -Azione sulle Membrane cellulari, sul campo elettromagnetico delle Membrane, con modificazione e conformazione dei polimeri costituenti la Membrana; -Effetto sui radicali liberi, sugli oligoelementi e sulle sostanze ferromagnetiche presenti nella cellula, sugli acidi nucleici accelerazione delle azioni enzimatiche. La Cellula, come una batteria, ha una carica elettrica: all’interno di segno Negativo ed all’esterno di segno Positivo. Tali cariche sono disposte lungo la Membrana. Ne deriva che la Cellula possegga un campo elettrico e soprattutto un Campo Magnetico proprio. Il meccanismo Interstiziale consiste nell’azione biologica, scientificamente dimostrata, delle onde elettromagnetiche a livello delle molecole proteiche presenti nel tessuto connettivo ( e quindi in tutto il corpo ). Il collagene rappresenta la struttura proteica interessata dall’ effetto biofisico e biologico del campo magnetico. Il collagene, formato da proteine particolari come la Prolina e l’Idrossiprolina, costituisce il 9% di tutto il nostro corpo. Le proteine contenute nel collagene presente tra le cellule si comportano come calamite elementari. Queste proteine sono dotate di proprieta’ piezoelettriche ed agiscono come cristalli liquidi che trasformano una energia fisica in eventi elettrochimici. Quando le proteine sono sollecitate da un campo magnetico, iniziano una rotazione micrometrica, ritornando alla posizione originale quando il campo si interrompe. L’effetto TISSUTALE si esplica nei confronti della concentrazione di Ossigeno nei tessuti; infatti l’Emoglobina ferromagnetica, viene attivata nelle sedi di applicazione terapeutica, attraverso il richiamo dei campi magnetici, con effetto simile alla ossigenoterapia iperbarica. Il rilassamento della muscolatura determinato per effetto del campo magnetico contribuisce a sua volta a migliorare la microcircolazione, le fibre lisce si rilassano e si produce un effetto di vasodilatazione, il rilascio di endorfine contribuisce ad elevare la soglia del dolore, ed una leggera iperemia produce un effetto antinfiammatorio. 21
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO BIOSTIMOLAZIONE ENDOGENA - Il controllo dell’infiammazione L'infiammazione, o flogosi, è un meccanismo di difesa non specifico innato, che costituisce una risposta protettiva, seguente all'azione dannosa di agenti fisici, chimici e biologici, il cui obiettivo finale è l'eliminazione della causa iniziale di danno cellulare o tissutale, nonché avviare il processo riparativo. Caratteristiche generali L'infiammazione consiste in una sequenza dinamica di fenomeni che si manifestano con una intensa reazione vascolare. Questi fenomeni presentano caratteristiche relativamente costanti, nonostante l'infinita varietà di agenti lesivi, in quanto non sono determinati soltanto dall'agente lesivo, quanto soprattutto dalla liberazione di sostanze endogene: i mediatori chimici della flogosi. I fenomeni elementari, che costituiscono la risposta infiammatoria, comprendono vasodilatazione e aumento di permeabilità, che portano al passaggio di liquidi dal letto vascolare al tessuto leso (edema) ed infiltrazione leucocitaria nell'area di lesione. L'infiammazione serve, dunque, a distruggere, diluire e confinare l'agente lesivo, ma allo stesso tempo mette in moto una serie di meccanismi che favoriscono la riparazione o la sostituzione del tessuto danneggiato. Clinicamente, i segni cardine dell'infiammazione sono: arrossamento, tumefazione, calore della parte infiammata, dolore alterazione funzionale (rubor, tumor, calor, dolor, functio laesa). Sono manifestazioni delle modificazioni tissutali che consistono in: vasodilatazione, aumento della permeabilità dei capillari, stasi circolatoria, infiltrazione leucocitaria (con marginazione, rotolamento e adesione sulla superficie endoteliale di leucociti attraverso l'espressione di molecole di adesione, fase finale di extravasazione leucocitaria attraverso l'endotelio, chemiotassi per risposta dei leucociti presenti nello spazio interstiziale agli agenti chemiotattici, i quali li indirizzano verso la sede del danno). L'infiammazione viene classificata secondo un criterio temporale in infiammazione acuta e infiammazione cronica. Quest'ultima può poi essere distinta secondo un criterio spaziale in diffusa (infiammazione cronica interstiziale) oppure circoscritta (infiammazione cronica granulomatosa). Generalità L'infiammazione acuta è una risposta immediata e precoce a uno stimolo lesivo. È una reazione vascolare e cellulare al danno tissutale. Si caratterizza per: modificazioni vascolari; passaggio dei leucociti dal letto capillare al tessuto leso; migrazione dei leucociti all'interno del tessuto soggetto al processo flogistico, in seguito a stimoli chemiotattici. Queste fasi portano alla formazione di un essudato, fluido ricco di sostanze proteiche e cellule, con la finalità di contrastare, nell'area lesa, l'agente lesivo. 22
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO Stimoli lesivi Le infiammazioni acute sono scatenate da diverse tipologie di stimoli lesivi. Le infezioni, di qualsiasi tipo, sono uno degli stimoli più comuni per l'insorgenza dell'infiammazione, spesso le tossine prodotte dai patogeni sono una delle cause principali di infiammazione. I recettori TLR (Toll-like receptors) sono in grado di riconoscere organismi estranei (non-self) e scatenare la risposta immunitaria con conseguente infiammazione. La risposta immunitaria è un'altra causa principale di infiammazione. Essa può avvenire in seguito all'infezione da parte di un organismo patogeno con rilascio di sostanze proinfiammatorie (citochine, leucotrieni.) ma in condizioni patologiche può essere anche diretta verso cellule self facendo insorgere una malattia autoimmune; spesso questa tipologia di malattia determina infiammazione cronica. In alternativa, si possono avere risposte immunitarie non regolate ed eccessive che oltre ad uccidere i patogeni arrecano danno anche alle cellule circostanti. La necrosi, a differenza dell'apoptosi, provoca pressoché in tutti i casi infiammazione acuta nei tessuti circostanti poiché rilascia numerose molecole proinfiammatorie quando libere al di fuori della cellula, come per esempio ATP ed acido urico. L'ipossia tramite il rilascio di HIF-1α (Hypoxia Induced Factor-1α) da parte delle cellule che subiscono una forte riduzione dell'apporto di ossigeno. Tale proteina agisce quale fattore di trascrizione per proteine pro- infiammatorie o coinvolte nell'infiammazione come VEGF (Vascular Endothelial Growth Factor). I corpi estranei di tutti i tipi possono indurre infiammazione a causa di lesioni tissutali o infezioni. Segni cardinali di infiammazione acuta rubor: arrossamento dovuto all'aumento di sangue nell'area tumor: rigonfiamento dovuto all'edema calor: aumento della temperatura in seguito all'ipertermia e ad un aumento del metabolismo cellulare dolor: dolore per alterazioni biochimiche locali functio laesa: inibizione della funzionalità dell'area colpita (specie se si tratta di un'articolazione) a causa del dolore e degli squilibri indotti dai meccanismi facilitatori dell'infiammazione (es. edema) sull'integrità delle strutture infiammate. Aumento della Permeabilità vascolare Altro segno distintivo dell'Infiammazione acuta è l'aumento della Permeabilità vascolare a livello del microcircolo nell'area di lesione, dando luogo alla fuoriuscita di essudato, attraverso 5 meccanismi: Danno diretto da agente patogeno => endotelio distrutto e Membrana Basale (MB) lassa; è una risposta immediata e mantenuta a lungo in tutti i tipi di vasi, fino a riparazione del danno. Tipo Istamina => contrazione delle cellule endoteliali + disgiunzione delle unioni intercellulari; è immediata e transitoria per azione degli stessi mediatori che favoriscono la VD arteriolare, oltre a sostanze 23
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO propriamente patogene, come l'endotossina, che stimola i fattori complemento (es: C5a), che a loro volta stimolano l'aumento della permeabilità, rinforzando la risposta flogistica. Lesione da Leucociti (o "Capillare tardiva") => per extravasazione leucocitaria, durante la transepitelizzazione dei leucociti, e la secrezione di ulteriori mediatori cellulari e proteolitici; la risposta è tardiva e prolungata. Inoltre, essendo principalmente a carico della componente capillare, il protrarsi del processo infiammatorio altera il normale equilibrio di scambi gassosi e idrici tra interstizio e microcircolo tale da produrre, insieme ad elementi di cui sopra e altri, la classica istolesività associata alla flogosi. Transcitosi(o citopempsi) aumentata => aumento della mobilità delle caveole transmembranarie, via preferenziale del plasma, favorendo il passo di materiale idrosolubile attraverso la MB. Neoangiogenesi => formazione di nuovi abbozzi vascolari durante la riparazione tissutale, delicati e facilmente emorragici fino alla formazione di nuove unioni intercellulari. L'essudato è una miscela di liquidi plasmatici ricchi di proteine plasmatiche e/o cellule (per lo più infiammatori, come neutrofili e mononucleati, ma anche eritrociti), fuoriuscita dai vasi, per l'aumento della permeabilità capillare e iperemia attiva, ai tessuti o alle cavità sierose). Questo provoca edema infiammatorio. L'aumento della permeabilità è contemporaneo alla vasodilatazione che porta ad un aumento della massa di sangue presente e la pressione che esso esercita sulle pareti con aumento della permeabilità. L'aumento della pressione idrostaticae aumento della pressione colloido-osmotica determinano: - dilatazione delle arteriole (aumento del flusso di liquidi verso l'esterno), - apertura del letto capillare, - dilatazione venulare che porta ad un aumento del flusso di liquidi verso l'esterno. Risposte di fase acuta Se l'infiammazione è particolarmente intensa o interessa un'area molto estesa di tessuto possono instaurarsi le cosiddette risposte di fase acuta, che comprendono: Fenomeni produttivi e riparativi Si tratta di processi stimolati dai mediatori infiammatori che portano alla completa 'restitutio ad integrum' del tessuto danneggiato qualora quest'ultimo sia capace di rigenerarsi o alla deposizione di una cicatrice di fibrina e tessuto connettivo qualora il danno sia a carico di un tessuto nobile. In tutti i casi si osservano fenomeni di neoangiogenesi. 24
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO Infiammazione cronica L'infiammazione cronica è un processo flogistico di lunga durata in cui coesistono l'infiammazione attiva, la distruzione tissutale e i tentativi di riparazione. Le infiammazioni croniche possono derivare da una persistenza degli antigeni flogogeni in seguito ad un'infiammazione acuta non completamente risolta; è possibile che tali agenti non siano raggiungibili da parte dei sistemi di difesa, oppure che le sostanze litiche non siano in grado di digerirli. L'indice di cronicità dell'infiammazione è dato dalla quantità di tessuto di granulazione che è stato formato dai fibroblasti e dal livello della linfocitosi sviluppatasi. È tuttavia più frequente che un'infiammazione cronica nasca già cronica: questo genere di reazione vede una prevalenza dei fenomeni cellulari (richiamo chemiotattico di cellule infiammatorie) su quelli vascolari (iperemia), che sono talvolta assenti. I granulociti neutrofili sono sempre meno coinvolti man mano che la cronicizzazione è più spiccata, mentre il tessuto di granulazione, l'angiogenesi e l'accumulo degli altri leucociti caratterizzano anche le infiammazioni croniche. Eziologia Infezioni persistenti (ad es. tubercolosi, sifilide..) Esposizione prolungata ad agenti tossici (silicosi, cirrosi, aterosclerosi...) Reazioni autoimmuni e di ipersensibilità Caratteristiche patogenetiche Infiltrazione di cellule mononucleate macrofagi, linfociti, plasmacellule Distruzione o necrosi tissutale,indotta soprattutto dalle cellule infiammatorie Tentativi di riparazione del tessuto danneggiato: angiogenesi e fibrosi (deposizione di connettivo) Ruolo del macrofago Il macrofago è il protagonista dell'infiammazione cronica e la sua attivazione può avvenire in maniera: Immune: il linfocita T attivato agisce sul monocita macrofago che attiva il macrofago. Non immune: endotossine, fibronectina e altri mediatori agiscono sul monocita macrofago... I prodotti rilasciati dai macrofagi attivati sono: Enzimi: proteasi neutre (elastasi, collagenasi..) e idrolisi acide (lipasi acida, fosfatasi acida). Proteine plasmatiche: componenti del complemento e fattori della coagulazione. Specie reattive dell'O2: radicale ossidrile, perossido di idrogeno. Metaboliti dell'acido arachidonico: leucotrieni, prostaglandine. Fattori di crescita Citochine Ossido nitrico (porta a fibrosi e danno tissutale) Durante l'infiammazione cronica i macrofagi si accumulano per un reclutamento continuo di monociti dal 25
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO circolo, per proliferazione locale dei macrofagi residenti e per loro immobilizzazione nel tessuto infiammato, dovuta al potente richiamo chemiotattico. Altre cellule caratteristiche dell'infiammazione cronica Linfociti B (plasmacellule) che producono anticorpi diretti contro antigeni presenti nella sede dell'infiammazione, o contro componenti tissutali modificati. Linfociti T Mastociti Eosinofili Tipologie di infiammazione cronica Infiammazione cronica suppurativa Interviene in seguito a mancata rimozione dell'agente causale. Il pus, formato dai leucociti morti durante il processo infiammatorio, si accumula in cavità che possono essere: preesistenti: in questo caso la patologia prende il nome di empiema, che si può verificare a carico del pericardio (piopericardio), del peritoneo (pioperitoneo), delle capsule articolari (pioartro) ecc. neoformate: la reazione infiammatoria causa distruzione di parte del parenchima di un organo pieno, formando una cavità ripiena di pus che prende il nome di ascesso. Infiammazione granulomatosa È un tipo particolare di reazione infiammatoria cronica caratterizzata dall'accumulo di macrofagi attivati: questi vengono sovrastimolati dalla persistenza dell'agente lesivo e si gonfiano, assumendo l'aspetto di cellule epitelioidi. Spesso le cellule epitelioidi si fondono tra di loro e formano le cellule giganti tipo Langhans, che possono contenere fino a 20 nuclei. Le possibili cause dello sviluppo di un granuloma sono: Corpi estranei asettici (fibre, spine, schegge) Non viventi a struttura organica: olii, paraffine, cellulose, carragenine Non viventi a struttura inorganica: talco, berillio, amianto (asbestosi), limatura di ferro (siderosi nera), ossido di ferro (siderosi rossa), cristalli di silice pura come cristoballite e trimidite (silicosi). Parassiti: tenia echinococco (cisti ripiene di liquido e di tenie nel fegato, nel cervello e nel polmone), filaria, schistosomi, leishmania tropica e tripanosomi. Batteri: bacillo di Koch (tubercolosi), bacillo di Hansen (lebbra), treponema pallido (sifilide), krebsiella, mallomyces mallei. Virus: linfoadenite da graffio di gatto e linfogranuloma venereo. Miceti: granuloma actinomicotico. 26
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO Granulomi da corpi estranei Detti anche granulomi asettici per l'assenza di agenti biologici al loro interno, si sviluppano quando il materiale è troppo massiccio per poter essere fagocitato oppure quando la sua composizione non permette ai macrofagi di eliminarlo mediante i loro sistemi di degradazione (per esempio, in caso di inalazione di particelle di asbesto, quarzo o limatura di ferro). Le cellule epitelioidi e le cellule giganti di Langhans circondano il corpo estraneo aderendo alla sua superficie e isolandolo dall'ambiente circostante, pur non riuscendo ad eliminarlo. Granulomi immunologici Detti anche granulomi settici, sono caratterizzati dalla persistenza dell'organismo o di sue parti non digerite e da una risposta immunitaria mediata da linfociti T. L'esempio più comune consiste nel granuloma tubercolare. 10. GESTIONE DEL TRATTAMENTO Pain Control Premessa Gli stimoli algogeni (dolorifici, nocicettivi) sono percepiti come tali a livello della corteccia cerebrale, dopo essere stati elaborati. Come tutti gli stimoli, anche quelli "dolorifici" passano prima il midollo spinale o l'equivalente nucleo discendente del V paio di nervi cranici per il capo, quindi il talamo dove vengono integrati e smistati. • Una parte, la principale, giunge alla corteccia somatoestetica primaria e crea la base della sensazione. • Un'altra parte si porta nel sistema limbico, dove la sensazione, confrontata con i ricordi (inconsci), influisce sul comportamento e sull'umore. • Infine questa via si interfaccia con la corteccia prefrontale, e la sensazione dolore assume sfumature comportamentali legate alla personalità. In un approccio generale a questo contesto si possono riconoscere nel cervello due strutture fondamentali, entrambe coinvolte nella sensazione del dolore: • La corteccia cerebrale (neocortex) e Il sistema limbico La corteccia cerebrale gestisce gli eventi coscienti e cioè: • i processi cognitivi; le attività pianificate; i movimenti intenzionali. I segnali algogeni (come tutti i segnali sensoriali) raggiungono la corteccia tramite il talamo. Dai nuclei Ventro Postero Laterali talamici le informazioni vanno alla corteccia somestesica primaria (area presilviana), dove seguono le integrazioni della sensibilità generale. La percezione cosciente del dolore ha luogo quindi unicamente nella corteccia cerebrale: al 'dolore puro' della corteccia somestetica primaria vengono aggiunte le sfumature emotive da parte della corteccia cerebrale prefrontale. Sistema limbico e dolore Il sistema limbico è una rete di neuroni che formano anse intorno alla parte interna dell'encefalo, mettendo in connessione l'ipotalamo con la corteccia cerebrale e con altre strutture. Sempre a partire dal talamo, per mezzo delle vie centrali talamo-limbiche, i segnali algogeni raggiungono il sistema limbico, dove vengono elaborati come elementi emotivi e inconsci. Le più importanti stazioni per l'elaborazione dei segnali 27
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO algogeni sono: • L'ippocampo, che ha un ruolo centrale nella formazione e nell'elaborazione della memoria a breve termine • L'ipotalamo, che controlla fra l'altro l'ipofisi e quindi lo stato ormonale dell'organismo • L'amigdala, che stabilizza l'umore e regola l'aggressività e il comportamento sociale La proiezione dei segnali algogeni al sistema limbico è la base per l'effetto che ha il dolore sullo stato d'animo (il dolore rende irrequieti e tristi). Tuttavia, il sistema limbico influenza anche la percezione cosciente del dolore (chi è euforico o sotto choc non sente dolore) e viceversa (chi è ipocondriaco o ansioso sente in modo accentuato anche minimi dolori). CONTROLLO DEL DOLORE GESTIONE DEL Pain Control in fase Acuta GESTIONE DEL Pain Control in fase Cronica - Linee guida - - Linee guida - Il trattamento è eseguito direttamente Il trattamento va eseguito sull’area in cui il sull’area in cui il dolore è avvisato dal paziente in dolore si sviluppa oltre che nella zona in cui modo prevalentemente statico utilizzando il viene avvisato dal paziente in modo puntale stretto nel caso in cui fossero presenti prevalentemente statico utilizzando il puntale punti specifici e circoscritti di dolore, oppure il stretto nel caso in cui fossero presenti punti puntale ampio per dolore diffuso. specifici e circoscritti di dolore, oppure il puntale ampio per dolore diffuso. Teoria del cancello L’obiettivo consiste nello sviluppare frequenze elettriche indotte da campo magnetico, che attivano fibre nervose di grosso diametro riducendo la percezione del dolore. Stimolando le fibre nervose con impulsi di frequenza appropriata si possono neutralizzare gli impulsi del dolore, i quali non giungendo al nostro cervello non verranno percepiti. Allo stesso tempo, questi impulsi stimolano il nostro corpo a produrre sostanze che hanno gli stessi effetti della morfina, completando l’azione analgesica inducendo la scomparsa della sintomatologia dolorosa. 28
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO PAIN CONTROL CON POMPA DIAMAGNETICA CTU MEGA 18 MODELLI APPLICATIVI 29
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO DOLORE MECCANICO 30
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO DOLORE INFIAMMATORIO 31
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO DOLORE NEUROPATICO 32
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO DOLORE NEUROPATICO 33
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO DOLORE NEUROPATICO 34
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO DOLORE ARTICOLARE 35
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO DOLORE CAPSULARE 36
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO DOLORE LEGAMENTOSO 37
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO DOLORE OSSEO 38
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO DOLORE BORSISTICO 39
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO DOLORE MUSCOLARE 40
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO L’IMPORTANZA DI EFFETTUARE UNA TERAPIA EVOLUTIVA … 41
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO 11. COME LEGGERE LE VARIAZIONI DI IMPEDENZA - Linee guida - Si definisce IMPEDENZA la tendenza di un circuito a opporsi al passaggio di una corrente elettrica alternata. L'impedenza (Z) è il risultato del rapporto fra la tensione (V) e l'intensità di corrente (I) in uno stesso circuito. Z = V / I. E’ espressa in Ohm. IL VALORE DI IMPEDENZA BIOLOGICA dei TESSUTI - Le proprietà elettriche dei tessuti non eccitabili hanno una rilevante importanza per un grande numero di fenomeni bioelettrici. Esse infatti determinano i cammini del flusso della corrente attraverso il corpo. - Uno dei campi per i quali è strettamente necessaria una approfondita conoscenza delle proprietà elettriche dei tessuti biologici è la dosimetria elettromagnetica. Essa consiste nella simulazione di esposizioni a sorgenti elettromagnetiche e nel calcolo dei campi interni a strutture biologiche esposte (cfr. Tecnologie per la Terapia). - Modelli anatomici umani e animali ad alta risoluzione sono oggi disponibili grazie a sofisticate tecniche di imaging. L’uso di tali modelli per la dosimetria elettromagnetica richiede che ai vari tessuti siano assegnate le relative proprietà elettriche, per tutte le frequenze alle quali il modello è esposto. Il Potenziale di membrana - Tutte le cellule viventi possiedono e mantengono una concentrazione di ioni diversa tra l’interno della cellula ed i liquidi extracellulari. - Liquidi extracellulari à elevata concentrazione di Na+ e Cl- - Liquidi intracellulari à elevata concentrazione di K+ - Gli ioni positivi sono presenti in lieve eccesso nel lato esterno della membrana, mentre quelli negativi all’interno. Questo squilibrio produce tra le due parti una differenza di carica elettrica che genera il potenziale di membrana. - Il potenziale di membrana a riposo si mantiene attorno ai valori medi di circa -70mV (tale valore differisce a seconda del tipo di cellula). Il modello elettrico usato da Fricke nel 1920 è ancora oggi considerato una buona approssimazione per descrivere le proprietà elettriche della cellula sottoposta alla al passaggio di energia elettrica fino a diversi MHz. 42
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO L’IMPEDENZA dei TESSUTI BIOLOGICI LE STRUTTURE CELLULARI I liquidi intracellulari ed extracelullari sono soluzioni ioniche e sono rappresentati da un certo valore di conducibilità. La membrana cellulare è un sottile film composto da un doppio strato lipidico, è parzialmente permeabile ai lipidi ed alle molecole d’acqua ma è quasi impermeabile agli ioni. La sua conducibilità è quindi molto bassa e si può considerare come un buon dielettrico (= isolante). Pertanto, la struttura formata dal mezzo extracellulare, il doppio strato lipidico e il mezzo intracellulare è un sistema conduttore-isolante-conduttore che si comporta come una Fig 1 Schematizzazione dei modelli elettrici della cellula e di un tessuto proposti da Fricke. capacità. I FATTORI FISIOLOGICI INFLUENZANO IN VALORE LE PROPRIETA’ ELETTRICHE PASSIVE DEI TESSUTI DELL’IMPEDENZA dei TESSUTI Lo studio della proprietà elettrica passiva* dei Qualsiasi cambiamento fisiologico nel tessuto tessuti biologici è uno strumento di analisi per la comporta cambiamenti nelle proprietà dielettriche ricerca biomedica e per la pratica medica. Dal del tessuto stesso. momento che diversi tipi di tessuti presentano La temperatura influisce sulla mobilità degli ioni diversa conduttività, è facile immaginare che esso come conseguenza del cambiamento di viscosità possa essere applicato per caratterizzare i tessuti. del fluido extra-cellulare. La tabella in Fig 3, usata nei modelli numerici per le simulazioni di trattamenti eletroporativi, dà La variazione del numero di molecole d’acqua un’idea di come ogni tipo di tessuto possa essere immagazzinate nel tessuto (come in caso di identificato da un valore di conducibilità. Edema), la presenza di grasso sono fattori che influiscono sulla conducibilità. Una classificazione dei tessuti in base ai loro valori di conducibilità sarebbe interessante per la IL VALORE DELL’IMPEDENZA dei TESSUTI diagnosi delle patologie. Purtroppo, anche se questa idea è nata molto tempo fa, solo alcuni L’impedenza elettrica, per la sua estrema variabilità, in significativi risultati sono stati ottenuti fino ad ora. senso assoluto ha poco significato. Infatti, a meno che non ci si trovi di fronte a valori all’estremo della scala, Per Proprietà Elettrica Attiva si intende la Capacità cioè bassissimi o altissimi, normalmente non si può di generare cariche elettriche, come il tessuto giungere ad alcuna conclusione. L’impedenza invece nervoso. assume valore diagnostico quando subisce variazioni. (misurare l’impedenza su un arto affetto da patologia e confrontandolo con il contro laterale sano, è possibile darle significato; altresì può essere significativo il tempo entro il quale durante la terapia si ottengono variazioni di impedenza) 43
DIAMAGNETOTERAPIA – METODICA DI LAVORO L’IMPEDENZA L’impedenza è il canale attraverso cui l’energia viene trasferita ai tessuti cellulari. Se l’impedenza di un singolo tessuto non coincide con quella del dispositivo si generano dispersioni indesiderate. L’impedenza del tessuto varia da punto a punto dipendendo da molteplici fattori sia elettrici che fisiologici. I tessuti non grassi sono altamente conduttivi, contenendo acqua ed elettroliti, e oppongono una limitata resistenza. I tessuti grassi, ossei e comunque con limitato contenuto idrico oppongono maggiore resistenza al passaggio della corrente. La membrana cellulare, data la sua peculiare struttura chimica, ha un comportamento diverso: essa contempla infatti un doppio strato fosfolipidico non conduttivo, posto tra due strati di molecole proteiche, conduttive. Il doppio strato fosfolipidico rende le cellule elementi reattivi che “trattengono all'interno le cariche”, ovvero si comportano come condensatori, quando ad esse viene applicata tale corrente elettrica alternata. L’impedenza elettrica, per la sua estrema variabilità, in senso assoluto ha poco significato. Infatti, a meno che non ci si trovi di fronte a valori all’estremo della scala, cioè bassissimi o altissimi, normalmente non si può giungere ad alcuna conclusione. L’impedenza invece assume valore diagnostico quando subisce variazioni. (misurare l’impedenza su un arto affetto da patologia e confrontandolo con il contro laterale sano, è possibile darle significato; altresì può essere significativo il tempo entro il quale durante la terapia si ottengono variazioni di impedenza) Il vantaggio nella CTU Mega 18 è che la corrente utilizzata è la stessa che si utilizza per la lettura dell’impedenza; ciò significa che non si inietta altra corrente all’interno del tessuto e che l’impedenza letta sarà solamente quella dei tessuti sottoposti a terapia. Paragonando un tessuto umano attraversato dalla corrente a un tubo che trasporta acqua, si può dire che la quantità di acqua trasportata nell’unità di tempo simboleggia la corrente e la velocità dell’acqua rappresenta la tensione; il diametro del tubo è, invece, l’impedenza (un tubo di piccolo diametro rappresenta un’alta impedenza cioè una resistenza al flusso, mentre un tubo di grosso diametro ha una bassa impedenza e cioè una resistenza bassa al flusso). L’impedenza dipende da molteplici fattori: il diametro dell’elettrodo, la pressione che si esercita su di esso, se si tratta di un elettrodo capacitivo o resistivo, la quantità ed il tipo di crema conduttrice, il tipo di tessuto biologico, la distanza tra la placca di ritorno ed elettrodo attivo, il posizionamento della placca di ritorno. IL VALORE DELL’IMPEDENZA dei TESSUTI L’impedenza, quindi, non è mai costante e soprattutto si modifica moltissimo durante le varie manovre. 44
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