Memoria e storia pubblica: Resistenza in Italia e in Francia - Sissco
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Memoria e storia pubblica: Resistenza in Italia e in Francia di Patrizia Dogliani 1. Premessa In un breve intervento all’inizio degli anni novanta, pren- dendo spunto dalla pubblicazione dell’ormai fondamentale lavoro di Claudio Pavone, Una guerra civile (Torino 1991), Paul Ginsborg introduceva un interessante confronto tra l’Italia e la Francia sul periodo 1943-481. Il principale tema di discussione era altro rispetto a quello qui affrontato, ma al- cune domande finali sollevate da Ginsborg appaiono egual- mente utili, anche perché sul piano comparato non sono sta- te riprese in maniera compiuta neppure in occasione del ses- santesimo anniversario italiano della Liberazione. Ginsborg si soffermava essenzialmente sull’ultima fase della guerra, e poi sui primi anni chiave della ricostruzione politica e sociale dei due Paesi. Per condurre una compara- zione fra i due Paesi, era una scelta cronologica obbligata. Sino al 1943, infatti, i destini di Italia e Francia erano stati di- versi, come diverse saranno su alcuni temi le memorie: la lunga occupazione del Terzo Reich in Francia dal giugno 1940 avrebbe costituito un nucleo di memorie ben più com- plesso del corrispettivo italiano (una occupazione tedesca essenzialmente militare, feroce ma poco stanziale, e in alcu- ne zone del Sud neppure esistente). Si tratta di memorie che negli ultimi anni hanno affrontato il tema della coesistenza tra popolazione civile francese e occupante tedesco toccando questioni delicate quali il rapporto tra donne francesi e uo- mini tedeschi, la nascita di figli da questo incontro, e la inte- razione sul piano culturale ed artistico tra uomini e imprese 1 P. Ginsborg, Resistenza e riforma in Italia e in Francia, 1943-48, in «Ven- tesimo secolo», 5-6, 1992, pp. 297-319.
74 Filo rosso Dogliani, Memoria e storia pubblica 75 dello spettacolo e dell’editoria francesi e tedesche. Ben più Paesi, sul tema della democrazia, utili anche per quanto ri- estese furono in Francia la persecuzione e la deportazione guarda la nostra analisi sulla memoria pubblica della guerra degli ebrei, come conseguenza di un diverso, autoctono e e della lotta antifascista. profondo antisemitismo (da cui prese origine ed ispirazione Il primo elemento di diversità costituisce una specie di il regime di Vichy), ma anche della presenza di una comu- premessa: la scrittura di un progetto politico e di riforme in- nità ebraica (non solo francese ma di tutta la diaspora euro- dispensabili per «l’instaurazione di un’effettiva democrazia pea) molto più ampia e stratificata che in Italia. economica e sociale» e per la modernizzazione del Paese fat- Altri inoltre furono le modalità di trattamento, i tempi e i ta dalle forze politiche della Resistenza francese, raggruppa- destini della deportazione e della reclusione in Germania di te nel Conseil national de la Résistance, con la cosiddetta francesi, sia come prigionieri militari che come lavoratori ci- «carta del Cnr» del marzo 1944. Al contrario il Cln italiano vili per l’industria tedesca. Altra differenza con il caso italiano raggiunse un’unità di azione ma non produsse nessuna di- fu la precocità della Resistenza armata in Francia, peraltro chiarazione né tantomeno un programma autonomo d’in- composta in maniera eterogenea da molte componenti nazio- tenti. In Italia ogni decisione di riforma fu rinviata semplice- nali di immigrati e di rifugiati (dando anche in questo caso av- mente alla fine della guerra e alla Costituente, quando inve- vio ad una serie di querelles e affaires creati dalla difficile con- ce, come sostiene anche Ginsborg, il primo governo Bonomi vivenza tra quest’ultimi e la Resistenza francese). Occupazio- nel giugno 1944 aveva possibilità di intervenire con pieni ne tedesca e azione di Resistenza si mescolano quindi indi- poteri legislativi e, aggiungiamo noi, in un clima internazio- stintamente nella memoria francese in un periodo assai più nale ancora favorevole (con l’amministrazione americana lungo, dall’estate 1940 a quella di quattro anni dopo, mentre Roosevelt) ad un’azione autonoma italiana. Tutte le impor- in Italia la Resistenza costituisce un importante, ma breve sta- tanti riforme francesi furono realizzate fra l’agosto del 1944 gione di venti mesi, tra il settembre 1943 e l’aprile 1945. e il settembre 1946, allorché «il governo De Gaulle aveva A partire essenzialmente dal 1944 è però possibile con- poteri molto ampi, e le Assemblee costituenti francesi gode- durre un confronto serio, soprattutto per quanto riguarda vano di poteri legislativi, al contrario di quella italiana, la cui gli esiti democratici della lotta di liberazione nei due Paesi. maggiore funzione fu quella di preparare la Costituzione»3. Ginsborg rende merito all’Italia di avere con «l’opera istitu- Il progetto di riforma francese comportò una profonda tra- zionale dell’Assemblea costituente, combinata con una cul- sformazione e modernizzazione dell’amministrazione pub- tura antifascista profondamente radicata nel Centro e nel blica, con un ricambio delle élites dirigenziali in settori chia- Nord», gettato le basi per un periodo senza interruzioni di ve dell’amministrazione centrale dello Stato; cosa che in Ita- democrazia e di stabilità politica del Paese. Al contrario, la lia non accadde4. Quando si parla di epurazione nei due Pae- blanda riforma istituzionale che traghettò la Francia dalla si, occorre trattare del ricambio avvenuto nelle amministra- Terza alla Quarta Repubblica ipotecò la democrazia francese zioni pubbliche non solo con l’individuazione ad personam mettendola alla prova con la guerra d’Algeria, portandola di responsabilità politiche e penali, e dello sradicamento sull’orlo di una guerra civile risolta solamente da un difficile ideologico del fascismo, ma anche nel complesso di una tra- e complesso passaggio al regime repubblicano presidenziale sformazione di mentalità dell’intero quadro dirigenziale, e della Quinta Repubblica. Tuttavia, lo storico inglese sostiene della sua modernizzazione, cioè della sua messa a regime che il processo resistenziale italiano abbia fallito rispetto a con tempi e bisogni nuovi di ricostruzione. Ginsborg ricor- quello francese non nei termini di democrazia formale, bensì dava a giusto titolo un’osservazione molto pertinente dello nei suoi contenuti e soprattutto dal punto di vista delle mol- storico François Bédarida, a conclusione di un lavoro com- teplici forme di cittadinanza (civile, politica e sociale): «la parato sulle élites in Francia e in Italia: se nella Resistenza mia tesi è che per quanto riguarda la cittadinanza, nel perio- do 1944-46, i francesi abbiano fatto più strada, e più in fretta degli italiani»2. E qui inserisce tre aspetti di diversità tra i due 3 Ivi, p. 317. 4 Su questo tema si vedano le riflessioni condotte, mai poi non più riprese, dagli interventi in Le élites in Francia e in Italia negli anni quaranta, numero 2 Ivi, p. 303. monografico di «Italia contemporanea», 153, 1983.
76 Filo rosso Dogliani, Memoria e storia pubblica 77 esisteva un’é l i t e «nel senso originale del termine, cioè una Gaulle, poi contestata ma mai demolita. È sufficiente quindi élite in senso etico [...] della bravura, del coraggio, del valore che in Italia vengano meno i partiti garanti di questa memo- morale» (quella studiata da Pavone che non a caso sottotito- ria che un capo di governo estraneo a tale tradizione come la il suo libro «saggio storico sulla moralità nella Resisten- Silvio Berlusconi proponga, nel 1995, l’abolizione del 25 za»), al momento della ricostruzione «la pietra di paragone aprile come festa nazionale. non è più il valore personale o morale, ma la capacità tecnica Terzo fattore di diversità rilevato da Ginsborg è la geo- e la competenza»5. grafia: Gli studi successivi di Gérald Noiriel e di Jean-Olivier in Italia la Resistenza fu combattuta nelle regioni più industrializ- Baruch6 sull’amministrazione centrale francese hanno mo- zate del paese, mentre la presenza degli Alleati nel Mezzogiorno, e strato che i passaggi tra la Terza Repubblica e Vichy e tra Vi- soprattutto il carattere conservatore del Regno del Sud, facevano sì chy e la Quarta Repubblica sono stati molto complessi, con- che le zone più arretrate del paese risentissero molto meno del cambiamento. In Francia, al contrario, i Maquis erano forti pro- taminando il secondo e il terzo regime con le caratteristiche prio al Centro e al Sud, e la loro influenza ebbe necessariamente ri- politiche, ideologiche ed istituzionali dei precedenti. Se oggi flessi sulle prime elezioni nazionali, del 21 ottobre 1945, per l’As- abbiamo la convinzione che non vi sia stata una rottura net- semblea costituente. I comunisti, che avevano sempre avuto una ta tra la Quarta Repubblica e le precedenti, sembrano co- base tradizionale nella Francia mediterranea, allora si affermarono munque confermate le differenze della Francia rispetto anche in lontane aree rurali del Centro7. all’Italia circa le volontà e i tempi di attuazione delle rifor- Possiamo inoltre aggiungere che a lungo Roma, come me, e soprattutto per l’enfasi messa dal gruppo dirigente città capitale dello Stato nazionale, non ha condotto un ruo- francese sulle istituzioni statali come sedi di insediamento lo trainante e omogeneizzante per una memoria nazionale, del nuovo potere anziché, come avviene in Italia, sulla crea- come invece ha mostrato di fare Parigi sin dalla sua libera- zione di un nuovo sistema partitico. zione nell’agosto 1944. Il compito di costruire una memoria La seconda diversità risiede dunque nei tempi: da parte della seconda guerra mondiale è stato quindi delegato alle dei francesi, è evidente l’urgenza non solo di condurre rifor- aree locali, comunali come regionali. me, ma anche di insediare una memoria unica, diremmo Ricerche successive hanno modificato il panorama evoca- «monolitica» e pertanto incontestabile della Resistenza to da Ginsborg e lo hanno maggiormente problematizzato, all’occupazione tedesca del 1940-44. In Italia, invece, tutto si ma senza stravolgerlo. Ad esempio, in Italia lo studio delle muove più a rilento, ma soprattutto in ordine sparso tra le componenti dell’esercito del Sud, e l’appartenenza ad esso di diverse memorie delle forze politiche e militari che avevano uomini prevalentemente di provenienza centrale e meridio- operato nel Paese portando, come nella Costituente, alla nale, ha rivelato la costituzione di un altro tipo di memoria creazione di una memoria nazionale di compromesso, che patriottica, forse afascista, ma certamente costituente una supera indenne le difficoltà del 1947-48, e l’entrata nella più generale memoria nazionale. Oppure lo studio più at- guerra fredda, le divisioni organizzative tra le associazioni tento della geografia delle sinistre, in Italia come in Francia, partigiane, dei «volontari per la libertà», ma che poi naufra- come quello compiuto da Marc Lazar, ha rivelato una com- ga decenni dopo, all’inizio degli anni novanta, con la conclu- plessità di passaggi politici nei primi anni del dopoguerra, sione del sistema partitocratico che sorreggeva tale memoria insospettabile sino a poco tempo fa. Per la Francia, è ora di compromesso. Una memoria che non diviene mai real- chiaro che il notabilato locale ha costituito l’ossatura non mente una memoria nazionale forte ed indiscutibile, a diffe- solo delle scelte politiche elettorali ma anche della successiva renza di quella francese forgiata immediatamente da De articolazione delle memorie sul territorio8. L’assunto genera- 5 Ivi, p. 250. 7 Ginsborg, Resistenza e riforma cit., pp. 312-3. 6 G. Noiriel, Les origines républicaines de Vichy, Paris 1999; J.-O. Baruch, 8 Lo studio di M. Lazar, Maisons rouges, Paris 1992 era già presente a Gin- Servir l’Etat français. L’administration en France de 1940 à 1944, Prefazione di sborg. Segnaliamo anche uno dei pochi validi lavori comparati sul periodo: F. J.P. Azéma, Paris 1996; O. Wieviorka, Les orphelins de la république. Destinées D’Almeida, Histoire et politique, en France et en Italie: l’exemple des socialistes, des députés et sénateurs français 1940-1945, Paris 2001. 1945-1983, Roma 1998.
78 Filo rosso Dogliani, Memoria e storia pubblica 79 le di Ginsborg rimane quindi valido. Inoltre, la sensazione diversità di memorie resistenziali nelle regioni francofone e diffusa nel Sud d’Italia di essere stati liberati (o, per alcuni, di fiamminghe osserva anche i portatori di tali memorie, quindi essere stati occupati) dagli angloamericani, e non di essersi non solo l’oggetto, il tema della memoria pubblica, ma an- liberati dai nazifascismi con lotte, volontà e sacrifici, come si che i soggetti collettivi che contribuiscono a crearla: essen- avverte al Centro-nord, modifica profondamente l’insedia- zialmente le associazioni di ex combattenti, deportati, inter- mento della memoria pubblica, dei rituali civili, della monu- nati militari e civili. L’autore esclude dal confronto l’Italia ri- mentalistica, e in ultima istanza la formazione della demo- tenendo l’esperienza della doppia guerra (fascista e poi anti- crazia e della nuova cittadinanza partecipativa repubblicana. fascista) troppo anomala per essere inclusa a pieno titolo tra Per avviare nuove ricerche e riflessioni credo che sia op- quelle di Paesi occupati. Credo però che sia possibile rein- portuno ricorrere ad approcci comparati, per far risaltare sia trodurre l’Italia in tale comparazione non per l’esperienza di le similitudini che le profonde differenze e per meglio met- guerra, ma per quanto riguarda i soggetti collettivi operanti tere a fuoco le «vie nazionali». Inoltre, proprio sul piano nel dopoguerra. Poco è stato fatto sino ad ora per ricostruire comparato, l’Italia risulta sovente assente. Tra le più serie ra- l’organizzazione, la presenza e l’impatto sulla vita politica gioni di questa assenza, naturalmente, v’è la mancata cono- italiana del dopoguerra, e sulla memoria nazionale, proprio scenza linguistica dell’italiano, e quindi la difficoltà da parte delle associazioni partigiane, della massa di internati militari di storici stranieri non «italianisti» d’accesso alla nostra sto- e dei deportati nei campi di concentramento ritornati in pa- riografia (non tradotta) e ancor di più alle fonti. La storia tria nel dopoguerra; ad un silenzio dello Stato italiano contemporanea italiana continua ad essere analizzata, nell’immediato dopoguerra, ha fatto essenzialmente seguito all’estero, in base ai tre maggiori temi ritenuti di interesse in- un silenzio storiografico, rotto solo negli anni ottanta. ternazionale: il Risorgimento, il fascismo, l’Italia del secon- Tento qui di seguito di abbozzare un primo confronto tra do dopoguerra, con uno spiccato interesse, alcuni anni fa, le due politiche della memorie costruitesi nei due Paesi, con- circa l’«anomalia» del Partito comunista e delle sue radici sapevole della maggiore diffusione, ma anche della mia mag- gramsciane. Mentre oggi tramonta quest’ultimo tema, ne giore conoscenza personale, degli studi sul caso francese11. Le emerge un quarto, più generale, quella nostra religione civi- due cronologie nazionali percorrono binari pressoché paral- le, al momento del B u i l d i n g della nazione unitaria, ma anche leli sino agli anni ottanta. Nella mia descrizione ho privile- nella rinascita repubblicana9. L’Italia rimane però trascurata, giato, perché più dettagliata nei singoli passaggi ed anche più quasi assente, dall’analisi comparata di grandi eventi, movi- consolidata dalla storiografia, la cronologia francese, con- menti e fenomeni sociali, politici e delle mentalità collettive frontandola, per l’Italia, con una scansione individuata sia da dell’Europa contemporanea. Essa è quasi sempre esclusa da- studi precedenti sia dal recente lavoro di Filippo Focardi12. gli studi comparati sulla prima e seconda guerra mondiale, e sui dopoguerra; studi oggi ancor più necessari per compren- dere i fenomeni e percorsi della integrazione europea tra Ot- 2. L’insediamento di una memoria nazionale to e Novecento. Facciamo un esempio per tutti, apparente- mente marginale rispetto alle grandi storie sulla seconda L’insediamento di una memoria nazionale, tra il 1944 e il guerra mondiale e sulle sue conseguenze, ma significativo 1947, presenta molte analogie fra Italia e Francia. In entram- per quanto andiamo qui scrivendo: il libro di Pieter Lagrou sulla memoria patriottica in alcune ricostruzioni nazionali10. 11 Sul caso francese mi sono dilungata in un altro contributo in corso di pub- Si tratta di una ricerca esemplare perché, oltre a studiare la blicazione negli atti di un convegno internazionale sulla memoria della seconda guerra mondiale tenutosi a Trento nel dicembre 2004: La Seconda guerra mon- diale in Francia: complessità e ambiguità delle memorie, delle rappresentazioni e 9 Tra le migliori riflessioni su quest’ultimo tema, segnalo l’articolo di S. del dibattito dal 1945 ad oggi. Alcune parti di questo intervento sono qui riprese. Gundle, The ‘civic religion’ of the Resistence in post-war Italy, in «Modern 12 F. Focardi, La guerra della memoria. La Resistenza nel dibattito politico Italy», 5, november 2000, pp. 113-32. italiano dal 1945 a oggi, Bari-Roma 2005, individua prima degli anni ottanta 10 Cfr. la versione francese di P. Lagrou, Mémoires patriotiques et quattro fasi distinte: le origini, 1943-44; la crisi di un’interpretazione egemonica l’occupation nazie, Bruxelles-Paris 2003, apparsa l’anno precedente presso o monolitica, nel 1948-53; il rilancio di una narrazione tra il 1953 e il 1960; il Cambridge University Press con il titolo The Legacy of Nazi Persecution. confronto tra più interpretazioni, essenzialmente patriottica e «rossa» tra il Patriotic Memory and National Recovery in Western Europe, 1945-1965. 1961 e il 1978, passando per il 1968.
80 Filo rosso Dogliani, Memoria e storia pubblica 81 bi i Paesi inizia con il giugno 1944, corrispondente alla libe- va che le epurazioni collettive in settori economici e dell’am- razione di Roma e allo sbarco in Normandia due giorni più ministrazione centrale, periferica e nelle colonie furono un tardi e si protrae sino al 1947, all’uscita dei due principali fallimento, mentre solo il mondo della stampa e della cultura partiti comunisti occidentali, il Pci e il Pcf, dai governi fu effettivamente colpito con alcuni casi esemplari, grazie espressi dalle forze resistenziali all’indomani della guerra. In anche ad una campagna condotta esplicitamente dalle orga- Italia questa svolta coincide essenzialmente con la frattura nizzazioni di Resistenza. Alcuni intellettuali ed artisti com- tra partiti di sinistra e partiti centristi aventi come baricentro promessi con l’occupante tedesco e con Vichy, in particolare la Dc; analogamente in Francia tra le due anime principali nella propaganda nazista e antisemita, vengono condannati. della Resistenza e portatrici di memoria: la gaullista e le sini- Il processo più famoso fu quello che si svolse nei confronti stre, costituite dai comunisti del Pcf (che da solo nell’imme- di Robert Brasillach, giovane (nato nel 1909) e brillante nor- diato dopoguerra ottiene il sostegno di più di un quarto malista, divenuto portaparola della destra fascista negli anni dell’elettorato) e dai socialisti della Sfio (Sezione francese di Fronte popolare e poi dal 1937 redattore del giornale an- dell’Internazionale operaia). Questo blocco disomogeneo tisemita «Je suis partout», giornale che si mostrò critico per- ma ancora idealmente unito riceve alle elezioni del 1946 più sino nei riguardi di una politica considerata troppo modera- del 75% delle preferenze, ma non riesce a costruire «un par- ta del regime di Vichy nei confronti degli ebrei e dei demo- tito della Resistenza» che fosse espressione di quello che era cratici. Brasillach fu condannato a morte in un processo du- stato il Mln (Movimento di Liberazione Nazionale), dire- rato poche ore il 19 gennaio 1945 e, nonostante che molti in- zione politica del movimento resistenziale, e l’anno dopo tellettuali resistenti avessero firmato un appello lanciato da anch’esso, nel clima di guerra fredda, si dissolve. François Mauriac per sostenere la concessione della grazia Come le forze politiche, anche le memorie iniziano a di- da parte di De Gaulle, che la rifiutò decisamente, fu giusti- vidersi: da un lato comincia a tratteggiarsi una memorialisti- ziato il 6 febbraio14. ca comunista, del «partito dei 75.000 fucilati», e dall’altro La storica statunitense Alice Kaplan ha recentemente ri- quella gaullista, essenzialmente legata alle azioni militari costruito tale processo, superando una serie di difficoltà re- all’estero e all’interno del Paese. Si esprimono però ancora lative al reperimento delle fonti processuali. Due elementi alcune voci non schierate di protagonisti della lotta clande- risaltano dalla sua puntuale ricerca: il fatto che Brasillach stina. Nasce nel contempo anche una «storiografia della fosse stato giudicato colpevole in base alla sua azione di «in- epurazione» che cerca di accreditare il giudizio che la Resi- telligence avec l’ennemi», quindi di alto tradimento nei con- stenza in quanto tale sia stata solo un bagno di sangue e una fronti dello Stato francese sulla base dell’art. 75 dell’allora resa dei conti tra francesi posti ideologicamente su opposti vigente codice penale. La collaborazione del singolo con il fronti; polemica rinviata in Italia agli anni novanta. Tale nemico veniva immediatamente trattata come crimine men- strumentalizzazione è una delle conseguenze della intensa se tre ancora la giustizia francese mostrava ambiguità e perples- pur breve fase di punizione pubblica di individui, uomini e sità nei confronti della natura del servizio svolto da molti donne, che avevano intrattenuto rapporti sia affettivi che di per lo Stato di Vichy. Inoltre, l’antisemitismo propagandato affari con l’occupante tedesco (uomini trascinati ed insultati con convinzione ed entusiasmo da Brasillach non venne mai nelle strade, donne rapate nelle piazze e sulla soglia di casa) e menzionato come capo d’accusa, proprio perché i primi soprattutto dell’epurazione di «collaborazionisti». Ma è sta- processi d’epurazione non si interessarono alla questione to calcolato che solo il 4% dei sottoposti a processo per col- della Shoah; la Francia avrebbe atteso il 1964 per ratificare i laborazionismo (circa 160.000 istruttorie conclusesi nel di- principi sanciti a Londra nel 1945 sulla natura di crimini cembre 1948) siano stati condannati a morte, quasi tutti tra il «contro l’umanità» e proceduto solo negli anni ottanta e no- giugno 1944 e l’inizio del 194513. Rioux già nel 1980 osserva- vanta ad allestire processi esemplari contro cittadini tedeschi 13 Cfr. J.-P. Rioux, La France de la Quatrième République, vol. I, 1944- 1 9 5 2, Paris 1980, p. 56. Si veda anche Une poignée de misérables. L’épuration 14 P. Assouline, L’épuration des intellectuels, Bruxelles 1985; A. Kaplan, de la société française après la Seconde guerre mondiale, a cura di J.-O. Baruch, Intelligence avec l’ennemi. Le procès Brasillach, Paris 2001 (ed. inglese The Paris 2003. Collaborator, Chicago 2002).
82 Filo rosso Dogliani, Memoria e storia pubblica 83 e francesi macchiatisi di tali crimini (Klaus Barbie, Paul To u- l’amnistia concessa a soldati tedeschi dalle autorità militari vier, Maurice Papon). Interessante inoltre la ricostruzione italiane: amnistiare i tedeschi significava evitare di «guardare fatta da Kaplan dei nomi di intellettuali che firmarono ma in casa», di esplorare la vastità di crimini di guerra perpetrati soprattutto che non firmarono l’appello alla clemenza pro- anche da altri eserciti durante la seconda guerra mondiale, posto da François Mauriac: insieme a letterati ed accademici compreso quello italiano che aveva operato in area balcanica antifascisti e resistenti (Jean Paulhan, Albert Camus, Gusta- e nell’Egeo, evitando così di aprire pericolosi contenziosi ve Cohen, Jean-Jacques Bernard), tra i firmatari troviamo al- con nazioni con le quali stavano insorgendo frizioni politi- cuni che a quel tempo temevano di essere loro stessi sotto- che, ideologiche e sui territori, come con la Jugoslavia17. posti a processo per azioni minori di compromissione con il Al contrario, è consuetudine nella Francia moderna at- nemico (Arthur Honegger, Marcel Ayné, Jean Cocteau); tra tuare l’estirpazione delle radici di passati regimi attraverso coloro che rifiutarono di firmare (con convinzione Pablo Pi- processi esemplari. Vichy allestì, con quello che si ebbe a casso e André Gide) individuiamo anche alcuni che avrebbe- Riom tra il febbraio e l’aprile 1942, il tribunale per coloro ro nei decenni successivi animato discussioni in proposito, che erano stati considerati responsabili della sconfitta del tra questi Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir. 1940: Blum e Daladier. A sua volta la Quarta Repubblica Studi recenti mostrano che anche in Italia si svolse una portò sotto processo il maresciallo Pétain nel 1945, difeso prima epurazione; ma alla memoria dei più, in un confronto dallo stesso avvocato di Brasillach (Isorni), e come lui con- con la Francia, appare blanda, meno tempestiva e quindi dannato a morte, ma senza esecuzione immediata (Pétain sa- meno efficace soprattutto negli apparati dello Stato. In rebbe morto di vecchiaia in cattività nel 1951). Il corso gene- realtà, essa fu solamente meno esemplare di quella francese rale delle epurazioni e delle condanne non fu però dissimile (senza nomi di spicco), e soprattutto la giustizia fu resa vana da quello italiano. In Francia l’amnistia fu concessa in più molto presto dall’amnistia nei confronti degli italiani con- tappe, ma si concluse come in Italia nel 1953: l’estensione cessa dell’allora ministro della Giustizia Palmiro Togliatti il dell’amnistia ai condannati in contumacia fu concessa in no- 22 giugno 194615, seguita dai decreti di grazia firmati dal pre- vembre, mentre in Francia il suo iter legislativo si chiuse in sidente della Repubblica Luigi Einaudi tra il febbraio e il agosto. A differenza dell’Italia, però, l’amnistia fu contestata maggio 1951 nei confronti di militari tedeschi resisi colpevo- duramente, soprattutto nella sua ultima fase tra il 1951 e il li di crimini di guerra contro soldati e civili italiani16. Questi 1952 da circoli di resistenti, e per ragioni innanzitutto di atti insediarono nella memoria democratica la convinzione principio, poiché interessavano oramai l’1% dei condannati. di una debolezza nell’esercizio della giustizia da parte della Già nell’aprile 1946 infatti era stata emanata una prima Repubblica italiana. Questa convinzione è durata a lungo, amnistia generale per reati minori (mercato nero, propagan- sino a far emergere negli ultimi anni opinioni antitetiche: che da), nella quale nei due anni successivi vennero inclusi tutti l’epurazione sia stata sostituita da una «resa dei conti», da coloro che avevano meno di 21 anni d’età al momento degli un bagno di sangue indiscriminato ed illegale (tesi rinforzata atti (quindi molti giovani arruolati nelle organizzazioni di recentemente dalle ricostruzioni storiche romanzate di Vichy che non si erano macchiati di particolari atti di san- Giampaolo Pansa), oppure dalla cancellazione delle respon- gue), con il risultato che a seguito di una grande campagna sabilità individuali grazie ad un compromesso tra le parti trovato da Togliatti per giungere ad una «concordia nazio- nazionale per l’amnistia nel 1948 furono liberati circa il 70% nale». Analoga tesi, questa volta storiografica, è emersa circa dei condannati e di quanti erano in attesa di giudizio. In se- guito le corti di giustizia per tali crimini furono sciolte all’inizio del 1951, in una fase di campagna elettorale, duran- 15 Si vedano H. Woller, I conti con il fascismo. L’epurazione in Italia 1945- 1 9 4 8, Bologna 1997 (ed. tedesca del 1996) che aggiorna ma dissente dalle criti- te la quale le destre avevano messo esplicitamente in pro- che espresse, anche nel titolo italiano, dal libro di R.P. Domenico, Processo ai gramma il completamento degli atti di amnistia. Estrema- f a s c i s t i, Milano 1996 (ed. americana del 1991). Sempre sull’amnistia si veda an- che il recente lavoro di M. Franzinelli, L’amnistia Togliatti, 22 giugno 1946. Colpo di spugna sui crimini fascisti, Milano 2006. 17 Cfr. F. Focardi, La memoria della guerra e il mito del “bravo italiano”. 16 Nel 1951 rimanevano in carcere in Italia solo Herbert Kappler, condanna- Origine e affermazione di un autoritratto collettivo, in «Italia contemporanea», to per l’eccidio delle Fosse Ardeatine e Walter Reder, per quello di Marzabotto. settembre-dicembre 2000, pp. 393-9.
84 Filo rosso Dogliani, Memoria e storia pubblica 85 mente problematica per l’elaborazione della memoria collet- affaires, casi e scandali, di revisionismo storico e persino di tiva fu l’inclusione tra le categorie di amnistiati anche degli negazionismo; tra i più impegnati, un accademico d’origine alsaziani e dei loreni che erano stati arruolati nelle file ebraica, studioso dell’antichità: Pierre Vidal-Naquet20. dell’esercito e di reparti speciali del Terzo Reich. A loro fu Mentre Brasillach veniva considerato, breve tempo dopo riconosciuta, con la legge del 15 settembre 1948, l’attenuante la condanna, un «martire» per la destra e una «icona» per i della responsabilità collettiva e non individuale alla «colla- revisionisti francesi, si preannunciava con analoga rapidità borazione»; in sostanza non furono sottoposti a processo una letteratura negazionista «semiclandestina». Essa inizia a per tradimento ma furono considerati collaboratori contro circolare in Francia come in altri Paesi europei e negli Stati la loro volontà (e da allora chiamati i malgré-nous). Questo Uniti (grazie al precoce Institut for Historical Review), per comportò, come vedremo in seguito, un profondo e duratu- poi contrassegnare almeno quattro fasi di diffusione e ro scontro tra lo Stato francese e la comunità locale di Ora- propaganda, così come sono state tracciate da un recente dour, nel quale venne compiuto il più grande massacro di ci- lavoro di Valerie Igounet 21: l’immediato dopoguerra, gli anni vili in Francia, il 10 giugno 1944 (642 trucidati) ad opera di sessanta e settanta con l’articolarsi delle tesi negazioniste; poi reparti tedeschi dove prestavano servizio molti malgré- la terza e pubblica fase tra il 1878 e il 1986; e poi l’ultima ed n o us18. ancora vivace. Occorre però aggiungere per introdurre il Un’ultima strenua opposizione all’amnistia fu condotta secondo periodo preso in esame (quello del 1947-58) che da alcuni noti intellettuali, tra i quali Jean Cassou (1897- parallelamente al profilarsi in maniera semiclandestina di una 1986), che nel 1953 pubblicò La mémoire courte nelle Edi- teoria negazionista in Francia, i lavori sulla deportazione e lo tions de Minuit, in reazione all’amnistia a collaborazionisti sterminio, in Francia e altrove, erano estremamente scarsi. Se concessa dal primo ministro Antoine Pinay (primo capo di i primi lavori (tra testimonianza ed anticipazione di studi e di governo non emerso dall’esperienza resistenziale e che quin- riflessioni) di ebrei francesi sopravvissuti alla Shoah escono di segna la fine di un’epoca, nel marzo 1952) e come risposta nell’immediato dopoguerra per conto di un nascente Centre a distanza ad un altro intellettuale, Jean Paulhan, che con le de documentation juive, quale il lavoro di Georges Wellers, Lettres aux directeurs de la résistance, apparse presso la stes- De Drancy à Auschwitz (apparso a Parigi nel 1946), essi sa casa editrice nel 1949, aveva chiesto, tra i primi, una sorta rimangono senza continuità. Come senza seguito per anni, di «pace sociale» tra resistenti e vichynisti19. L’atto pubblico almeno in un ventennio di indifferenza sul tema, sono il libro di Jean Cassou, che nel 1949 era uscito dal Pcf contestando di Léon Poliakov, Le bréviare de la haine: le IIIe Reich et le l’allineamento filosovietico preso dal partito nei confronti j u i f s, del 1951 (tradotto in Italia da Einaudi nel 1955) e i del titoismo, anticipa due nuovi aspetti del dibattito pubbli- lavori apparsi in Gran Bretagna di Gerard Reitlinger, The co: il distaccarsi di molti intellettuali dalla linea egemonica Final Solution, del 1953 (tradotto nel 1962 da Il Saggiatore), e del Pcf (nel 1946 proprio Cassou era stato eletto presidente in Usa di Joseph Tanenbaum, Race and Reich (1956). del Comitato nazionale degli scrittori nato dalla Resistenza, Sarà poi soprattutto Raul Hilberg, ricercatore ebreo a quel tempo molto influenzato dal Pcf) e la nascita di una d’origine austriaca naturalizzato statunitense, con il suo im- saggistica storica e letteraria a forti valenze morali oltre che ponente lavoro tracciato tra il 1948 e il 1955, ma pubblicato politiche e centrata sull’analisi dei diversi aspetti della Fran- solamente nel 1961 per le grandi difficoltà incontrate dal cia nella seconda guerra mondiale; una letteratura capace di giovane storico sia nell’accademia che nel mondo ebraico indignarsi, controbattere, difendere il ricordo e soprattutto i statunitense e israeliano, ad aprire la strada a ricerche più principi morali, politici, ideali della Resistenza. La ritrovere- puntuali non solo sul sistema concentrazionario e di stermi- mo soprattutto negli anni ottanta ad esaminare i numerosi 20 P. Vidal-Naquet, Les assassins de la mémoire. «Un Eichmann de papier» 18 Per il complesso iter si legga S. Gacon, L’amnistie. De la Commune à la et autres essais sur le révisionisme, Paris 1987. Sul tema degli affaires si faccia ri- guerre d’Algérie, Paris 2002. ferimento anche a P. Dogliani, Tra guerre e pace. Memorie e rappresentazioni 19 Il testo è stato riedito recentemente, con una postfazione di J.-O. Baruch dei conflitti e dell’Olocausto nell’Occidente contemporaneo, Milano 2001. e J. Cassou, La mémoire courte, Paris 2001. 21 V. Igounet, Histoire du négationnisme en France, Paris 2000.
86 Filo rosso Dogliani, Memoria e storia pubblica 87 nio nazista, ma anche sulla memoria collettiva22. Hilberg era ed Europa nell’immediato dopoguerra. Occorre invece no- stato allievo a New York di Franz Neumann ed aveva rac- tare che in Italia la narrativa resistenziale apparve solo dopo colto dal maestro il grande insegnamento sulla struttura bu- l’aprile 1945 in una breve stagione nella quale giovani scrit- rocratica e disarticolata del mostruoso B e h e m o t h: lo Stato tori che avevano fatto la Resistenza (Italo Calvino primo tra nazista. Esemplare è l’autobiografia scritta da Hilberg, nella tutti, e poi Beppe Fenoglio) compiono i primi passi parten- quale egli descrive le difficoltà incontrate nell’approccio alle do dalla loro esperienza giovanile o altri, come il gruppo bo- fonti, consultate negli archivi federali statunitensi, per la lo- lognese attorno a Renata Viganò (l’autrice de L’Agnese va a ro massa ed anche per la loro complessità, rispetto a quelle morire) sperimentano una «letteratura resistenziale» in cir- consultate solo pochi anni prima dai suoi predecessori Po- coli letterari localizzati in alcune realtà urbane (Bologna co- liakov e Reitlinger che si basarono essenzialmente sui verbali me Roma o Firenze) e di breve durata. dei processi a Norimberga. Ciononostante Hilberg fu criti- Poco studiata sino ai giorni più recenti, la letteratura ita- cato per essersi attenuto essenzialmente alla documentazio- liana ha spiccate identità regionali, come ha recentemente ne tedesca, quindi a quella prodotta dai carnefici, e non dalle osservato Gabriele Pedullà offrendoci una bella antologia di vittime; tale critica aprì una pluriennale discussione sulla brani divisi per aree di esperienza e di scrittura, dove natu- complessa natura delle fonti utilizzabili per la ricostruzione ralmente spiccano le regioni Liguria, Piemonte, Veneto, del genocidio degli ebrei23. L’Italia rimane per lungo tempo Emilia Romagna, Toscana e città come la Milano di Vittorini alla periferia di questo dibattito di ricostruzione storica e e la Roma di Moravia25. Ci pare di capire che la letteratura memorialistica, come delle correnti revisioniste. Ciò che cir- italiana appaia ancora più esistenziale e generazionale di cola è essenzialmente una memoria interna «antagonista e quella francese, quest’ultima con pretese di riscatto nazio- rancorosa del neofascismo» che riflette sul tradimento della nal-patriottico ed anche di respiro europeo, con il suo co- monarchia, sul valore e la fedeltà dell’esercito italiano stante confronto con il nemico occupante. Di grande inte- nell’ambito dell’asse italo-tedesco e che inizia a costruire resse e auspice di futuri approfondimenti anche storiografici una memoria alternativa su Salò24. è il tentativo di classificazione dei narratori partigiani fatto Un altro confronto può essere condotto per questo pe- da Pedullà: gli scrittori dell’«io», quelli che interpretano la riodo sulla letteratura. Come in Italia tra il 1945 e il 1947, Resistenza come educazione civile e fase di passaggio indivi- occorre anche notare negli stessi anni in Francia la diffusio- duale; gli scrittori del «noi» per i quali la Resistenza, scrive ne di una letteratura resistenziale, che però oltralpe ha radici Pedullà, «coincide innanzitutto con la scoperta del gruppo» precedenti, nei romanzi e nei documenti letterari che circo- sia come comunità di eguali, che come progetto collettivo di lavano clandestini sotto l’occupazione, come il noto raccon- rifondazione della società. Infine gli scrittori del loro: to Le silence de la mer, scritto nel 1941 da Vercors, pseudo- «quanti, negli anni del dopoguerra, hanno vissuto e scritto nimo di Jean Bruller (classe 1902). Altro noto esempio sono costantemente sotto lo sguardo [...] dei compagni morti». le lettere di Albert Camus, Lettres à un ami allemand, scritte Soprattutto per questo terzo gruppo, Pedullà fornisce alcuni per la «Revue libre» e i «Cahiers de la Liberté» tra il 1943 e spunti non solo per una revisione di una recente «memoria l’inizio del 1944 e ripubblicate dall’editore Gallimard alla condivisa», per la quale l’offerta di una vita, soprattutto se Liberazione, nelle quali non solo si analizza il complesso giovane, dovrebbe far dimenticare i motivi e le aspirazioni di rapporto con l’occupante, come d’altronde aveva fatto Ve r- tale sacrificio e rendere tutto indistinto e in ultima istanza cors, ma anche i rapporti storici tra Francia e Germania e si patriottico, ma suggerisce implicitamente elementi di diffe- ipotizza quali essi sarebbero stati tra i due Paesi e tra Francia renziazione per quanto andremo scrivendo sul caso francese. Comunanza con i defunti non vuol dire affatto ideologia della 22 Il libro di R. Hilberg, La distruzione degli ebrei d’Europa, fu arricchito e bella morte: tutt’altro […] Consapevoli di ciò, i partigiani scrittori riedito in inglese nel 1985 e tradotto in italiano da Einaudi dieci anni dopo. si sono posti molto presto il problema di evitare che il ricordo di 23 Id., The Politics of Memory. Experiences of a Holocaust Researcher, 1994 coloro che non ce l’hanno fatta si tramutasse in un’astratta celebra- (da me consultato nell’ed. francese: La politique de la mémoire, Paris 1996). 24 Cfr. Focardi, La guerra della memoria cit., p. 19 e soprattutto F. Germi- naro, L’altra memoria. L’estrema destra, Salò e la Resistenza, Torino 1999. 25 Si vedano i Racconti della Resistenza, a cura di G. Pedullà, Torino 2005.
88 Filo rosso Dogliani, Memoria e storia pubblica 89 zione del pro patria mori. Solo oggi, forse ci rendiamo conto della Resistenza28. Apparentemente analoga è la situazione france- giustezza anche politica di questa scelta di fronte alla tendenza di se, dove sono i cippi e i monumenti comunali della grande un certo revisionismo di destra di equiparare i caduti di Salò ai partigiani in nome di un’etica (e di un’estetica) della bella morte26. guerra ad accogliere le prime cerimonie e le prime lapidi di ricordo dei caduti della Resistenza. Alcune grandi città si as- In Francia la letteratura è prima clandestina, nei quattro sumono in proprio l’iniziativa memoriale, come la capitale, anni di lunga occupazione del Paese, e poi post-resistenziale Parigi, che in occasione del primo decennale della sua libera- e si esprime in un arco temporale molto più vasto. Sempre in zione, nel 1954, segnala con lapidi i luoghi dei combattimen- Francia inoltre i due schieramenti profascista e vichysta e ti, e in essi i nomi dei caduti, nelle giornate dell’agosto 1944. quello antifascista e gaullista integrarono al loro interno Si nota però una svolta, rispetto all’Italia, nell’intervento sia molti intellettuali e operatori nel mondo della comunicazio- centrale che periferico negli anni sessanta (corrispondente al ne giornalistica e letteraria, dell’arte e dello spettacolo. Que- ritorno al potere di De Gaulle) e poi negli anni ottanta e no- st’ultimo settore era in grande fermento a Parigi, dove teatri, vanta con la realizzazione e in alcuni casi l’ampliamento (a luoghi di ritrovo, persino la produzione cinematografica ri- Mont-Mouchet in Auvergne e soprattutto a Mont Valérien, masero operanti, aperti ad un pubblico francese come ger- considerato il sito più importante della Resistenza nazionale manico, pur se sottoposti a controllo e partecipazione anche perché fu il principale luogo di esecuzione della condanna a finanziaria tedesca. All’indomani della guerra, due figure morte di resistenti dell’area parigina) di memoriali e di mu- quasi antitetiche ma ambedue d’ispirazione antifascista ani- sei della Resistenza. marono la discussione tra gli intellettuali e gli scrittori: il cat- tolico Mauriac sulle pagine de «Le Figaro» e il laico e pacifi- sta Albert Camus, redattore capo di «Combat» divenuto al 3. Francia 1947-58 momento della Liberazione uno dei quotidiani parigini più influenti. Sulle pagine del suo giornale Camus sostiene alla Un secondo periodo, tra il 1947-58, è tutto francese, e fine del 1944 che «la memoria delle vittime esclude il perdo- corrisponde all’uscita dalla direzione politica del Paese dei no [come] la giustizia proibisce ogni debolezza» e propugna due principali fondatori della memoria pubblica: il Pcf pri- una rivoluzione prima di tutto morale, repubblicana e socia- ma, nel 1947, e poi De Gaulle e i suoi più stretti collabora- lista che concili giustizia e libertà nella Francia del dopo- tori. Vengono così a crearsi memorie separate, sia nelle cele- guerra. Camus tende a generalizzare, ad universalizzare, brazioni che nelle pubblicazioni. Da una parte quella che è l’esperienza resistenziale, tenendosi a distanza dalle memo- stata chiamata da François Bédarida la «mémoire bunker, rie ingessate comunista e gaullista, nella sua produzione let- ossifiée et surcodée» del Pcf, veicolata dalla stampa comu- teraria a partire dal romanzo La peste (1945)27. nista che vede in alcune pagine della autobiografia del se- Questo primo periodo è inoltre caratterizzato in Italia da gretario Maurice Thorez, Fils du peuple (apparsa quasi si- una prima ondata di monumenti alla Resistenza: statue, cip- multaneamente nel 1950 nelle Éditions sociales a Parigi e pi, lapidi voluti e realizzati in maniera autonoma dalle co- nelle Edizioni di cultura sociale di Roma) l’interpretazione munità locali e soprattutto dalle associazioni partigiane. Solo di un partito che da solo ha sostenuto ampia parte della Re- in occasione del centenario dell’Unità d’Italia, nel 1961, lo sistenza interna offrendo il maggior numero di martiri. Stato interviene direttamente nel discorso resistenziale, sen- Dall’altra la memoria gaullista (il colonnello Passy, Jacques za però interferire nella promozione locale, che riprende con impeto in occasione del trentennale dalla Liberazione, con 28 Si vedano: L. Galmozzi, Monumenti alla libertà. Antifascismo, Resistenza l’intervento delle regioni e soprattutto grazie ad un nuovo e pace nei monumenti italiani dal 1945 al 1985, Milano 1986; P. Dogliani, I mo- numenti e le lapidi come fonti, in Storia d’Italia nel secolo ventesimo. Strumenti discorso che limita il numero di nuovi monumenti e proget- e fonti, a cura di C. Pavone, vol. II, Istituti, musei e monumenti, bibliografia e ta invece parchi della pace e luoghi ricreativi dedicati alla periodici, associazioni, finanziamenti per la ricerca, pubblicazioni degli Archivi di Stato, Saggi 87, Roma 2006, pp. 261-75; Monumenti alla Resistenza. Bologna e il suo territorio, saggio introduttivo a La premiata Resistenza. Concorsi d’arte 26 Ivi, p. XXI. nel dopoguerra in Emilia-Romagna, a cura di O. Piraccini, G. Serpe e A. Sibilia 27 Camus et la politique, a cura di J. Guérin, Paris 1987. (introduzione di E. Raimondi), Bologna 1995, pp. 21-38.
90 Filo rosso Dogliani, Memoria e storia pubblica 91 Soustelle) sintetizzata dalle Mémoires de guerre (1954) del trasforma l’8 maggio in giornata festiva nazionale «costitui- generale stesso che rende la Resistenza un fatto militare gui- sce il versante ricordo di una politica di perdono elaborata dato da coloro che avevano seguito il suo appello londinese tra il 1952 e il 1954» sfociata nella legge del 24 luglio 1953 del 18 giugno 1940 per una France libre. In mezzo a loro sull’amnistia dei collaboratori. Una terza e duplice lettura una memorialistica «indipendente» poco appariscente e interviene negli anni settanta: il presidente Valéry Giscard rappresentativa, mentre, come nel caso italiano di Roberto d’Estaing, nel 1975, cancella l’8 maggio dal calendario delle Battaglia (che pubblica da Einaudi nel 1953 il primo lavoro festività in nome della costruzione di un avvenire europeo di ricostruzione storica dei mesi della Resistenza), inizia ti- attorno all’asse franco-tedesco; al contrario, andato al potere midamente a fare i primi passi una prima ricostruzione sto- il socialista Mitterrand nel 1981, l’8 maggio ritorna ad essere riografica guidata a Henri Michel. Michel, militante sociali- giornata festiva con forte enfasi sui valori di pace, di coesi- sta e resistente del Var, segretario della Commissione di sto- stenza, dei diritti umani30. ria dell’occupazione e della Liberazione creata il 20 ottobre È interessante notare, sempre nell’ambito del nostro con- 1944, è destinato a divenire «la figura dominante» della sto- fronto, che sebbene richiesta a più riprese dalle associazioni riografia della Resistenza almeno sino all’inizio degli anni di combattenti e di deportati in Francia non sia mai stata in- settanta. staurata una giornata specifica dedicata alla Resistenza. In Altrettanto timidamente la Quarta Repubblica tenta una un primo momento sembrò emergere la data del 18 giugno, sua celebrazione moderata e poco militante della Resistenza, nella quale, nel 1940, De Gaulle aveva chiamato i francesi a che culmina con l’anno 1953: l’anno dell’amnistia definitiva resistere all’occupazione. In effetti tale data fu fastosamente ma anche della legge che indice l’8 maggio festa nazionale. celebrata dal 1960, per tutto quel decennio gaullista, al Mé- Vi è una netta differenza con il nostro 25 aprile. La festa ita- morial de la France combattente sul monte Valérien, ma liana si impone sin dal 1946, grazie al governo De Gasperi, eclissò come l’homme du 18 juin con il 1968. Come prima su proposta del comunista allora sottosegretario alla presi- del 1958, nuovamente la festa della Resistenza ritorna a di- denza Giovanni Amendola, come «festa della nazione de- sperdersi attorno a decine di luoghi e di date che ricordano mocratica ricondotta non all’anniversario della cessazione in provincia fatti d’arme, deportazioni ed eccidi, e attorno a della guerra – il 2 maggio – ma al ricordo dell’insurrezione memorie che ancora recano divisioni, conflitti, riti ed ideo- generale proclamata dal Comitato di Liberazione naziona- logie diverse. A riprova, è stato notato che la Resistenza non le», e pertanto festa democratica ed antifascista – ancor pri- ha trovato ospitalità come «luogo» reale o immaginario nei ma della istituzione della festa del 2 giugno, il 25 aprile si volumi su Les lieux de mémoire dedicati alla Francia da poneva come festa fondante il nuovo Stato, con l’auspicio Pierre Nora tra il 1984 e il 1993, a differenza di quanto è av- che potesse «per ampiezza e tradizioni ricord[a r e] il 14 lu- venuto nei volumi italiani curati da Mario Isnenghi31. glio francese»29. L’8 maggio francese ricevette invece diverse Notiamo anche un’altra coincidenza per l’anno 1953 tra interpretazioni ed ebbe un percorso assai complesso. Imme- Francia ed Italia: in ambedue i Paesi questo anno, oltre al diatamente De Gaulle diede della capitolazione tedesca in completamento dell’iter delle amnistie, segna il momento tale data una lettura di vittoria dell’esercito francese, inter più critico e «basso» nella memoria pubblica della Resisten- pares tra quelli alleati, che pone termine ad una guerra dura- za. A differenza di quella francese, però, tra il 1948 e il 1953 ta trent’anni (1914-44) contro l’esercito tedesco. Per questo la Resistenza italiana viene addirittura messa in stato di ac- De Gaulle nel 1945 continuò a privilegiare la vittoria più cusa e criminalizzata, con procedimenti e processi a carico di completa e meno contraddittoria come festa nazionale: quel- ex partigiani. In ambedue i Paesi, comunque, il discorso ce- la dell’11 novembre (1918) rispetto a quella dell’8 maggio lebrativo perde fiato, si orienta sulla concordia nazionale, (1945). La Quarta Repubblica potenzia invece una lettura «democratico cristiana» e trasforma il concetto di capitola- 30 Si vedano di S. Barcellini: La commémoration du 8 mai 1945, un combat zione in quello di armistizio. La legge del 20 marzo 1953 che entre Histoire et Mémoire, in «Historiens et Géographes», 348, pp. 1995 e la vo- ce 8 mai 1945, in Dictionnaire historique de la Résistance, Paris 2006, pp. 995-6. 31 A. Ballone, La Resistenza, in I luoghi della memoria. Strutture ed eventi 29 M. Ridolfi, Le feste nazionali, Bologna 2003, pp. 200 sgg. dell’Italia unita, a cura di M. Isnenghi, Roma-Bari 1997, pp. 401-38.
92 Filo rosso Dogliani, Memoria e storia pubblica 93 viene gestito dai partiti centristi; in Italia essenzialmente dal- to, come Michel, in Jean Moulin. La figura di Jean Moulin la Democrazia cristiana che cerca di neutralizzare il poten- emerge come la più adatta a rappresentare nel luogo più sa- ziale «sovversivo» della memoria resistenziale delle sinistre, cro della religione civile della nazione, dove vengono con- in nome di valori morali e genericamente patriottici, del ri- servati, onorati ed esposti i corpi dei personaggi più illustri: cordo da coltivare essenzialmente negli animi e nel silenzio il Panthéon, l’intero esercito dei martiri della Resistenza. In delle coscienze ed anche di un appello più generale alla «pa- un primo momento quattro resistenti erano stati evidenziati cificazione» tra italiani32. da una attenta selezione, tra i quali Pierre Brossolette, il resi- stente di formazione umanistica e normaliana che aveva co- struito, da Londra, il primo discorso epico (pronunciato il 4. De Gaulle e la memoria della Resistenza 18 giugno 1943) sul sacrificio per la patria e per la liberazio- ne del Paese, per poi cadere anch’egli pochi mesi dopo, nel Il ritorno di De Gaulle al potere impone in Francia un marzo 1944: «si potrebbe dire che il resistente Brossolette ha terzo periodo: 1958-69. La memoria pubblica torna ad essere identificato con il suo sangue l’oratore Brossolette»33. Mou- egemonizzata dai gaullisti, e contrastata dalla sola memoria lin viene però meglio identificato come l’uomo sintesi della comunista, sempre più chiusa negli ambienti interni al partito Resistenza, non il capo bensì il primus inter pares: l’uomo di e ai militanti. Sul piano storiografico, la Resistenza diviene De Gaulle, l’uomo delle istituzioni della Terza Repubblica tema di ricerche universitarie, ma anche in questo ambiente che non si piegano al collaborazionismo (era stato giovane e fortemente influenzate dalle tesi gaulliste che vedono la brillante prefetto), l’uomo della organizzazione e della lotta Resistenza francese essenzialmente diretta e subordinata alla clandestine, l’uomo e il mediatore politico, infine il torturato direzione di Londra. Simili visioni si esprimono, ad esempio, e il trucidato dopo la cattura da parte dei nazisti. Il 19 di- nella prima these d’état sull’argomento, sostenuta da Henri cembre 1964 il suo corpo viene traslato al Panthéon, seguito Michel alla Sorbona nel 1962 in presenza di molti autorevoli idealmente da un popolo di ombre che ottiene con lui la re- protagonisti della Resistenza: Les courants de pensée de la surrezione, grazie all’onore che tributa loro la nazione e alla Résistance; riassunta poi dal primo «Que sais-je» (collana di luce sotto la quale il ricordo e la riconoscenza dei francesi li ampia diffusione) sulla «France libre» del 1963 e dal volume pone. A Moulin, Andrè Malraux dedica il più importante Jean Moulin l’unificateur sempre di Michel del 1964. Al dei suoi discorsi tenuti come ministro della Cultura, ripren- confronto, il Pcf mantiene salde la sua memoria «alternativa» dendo ed ampliando la retorica resistenziale inaugurata e e, come è stata successivamente definita, una sua militante praticata durante la guerra da Brossolette. La traslazione di datcha storiografica comunista. Escono in questi anni le Jean Moulin assume quindi molteplici significati grazie an- memorie di Jacques Duclos e soprattutto l’opera collettiva che alla sapiente regia di Malraux, ministro ma anche tra i Le Parti communiste français dans la Résistance (Paris 1967). più noti scrittori francesi del tempo, precocemente antifasci- Sempre in quegli anni i gaullisti procedono ad una opera- sta negli anni del Fronte popolare, volontario nella guerra zione di grande valore simbolico: la ricerca di un nome che civile spagnola, poi divenuto compagnon e fedele collabora- rappresenti tutti gli eroi caduti per la Liberazione. Al con- tore di De Gaulle. Alcuni sostengono (tra questi ancora L. trario della prima guerra mondiale, per la quale il sacrificio Douzou)34 che l’orazione per Moulin abbia valso anni dopo, di centinaia di migliaia di caduti veniva sintetizzato negli nel 1996, allo stesso Malraux l’onore di essere sepolto a suo onori portati al corpo di soldat inconnu, la lotta di Resisten- za, per la quale sono stati tutti identificati e selezionati i 33 L. Douzou, La Résistance française: une histoire périlleuse. Essai combattenti, ha bisogno di un altrettanto conosciuto e rico- d ’ h i s t o r i o g r a p h i e, Paris 2005, p. 29. Il libro contiene anche un’ampia bibliografia finale alla quale si rinvia per i riferimenti storiografici qui fatti, ma nosciuto personaggio che li rappresenti. Tale héros éponyme non riportati in nota. viene identificato dai gaullisti, e da storici accorsi in loro aiu- 34 Id., La Résistance française en quête d’un héros éponyme (1942-1996), in La France démocratique (combats, mentalités, symboles). Mélanges offerts à Maurice Agulhon par Ch. Charle, J. Lalouette, M. Pigenet, A.-M. Sohn, Paris 32 Sul periodo 1948-53 considerato di «crisi della ‘‘narrazione egemonica’’ 1998; Id., Les morts de la Résistance, in Autour des morts. Mémoire et identité, antifascista» ancora Focardi, La guerra della memoria cit., pp. 19-32. a cura di O. Dumoulin e F. Thelamon, Rouen 2001, pp. 409-17.
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