Memoria e storia pubblica: Resistenza in Italia e in Francia - Sissco

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Memoria e storia pubblica:
                Resistenza in Italia e in Francia
                            di Patrizia Dogliani

                                1. Premessa

    In un breve intervento all’inizio degli anni novanta, pren-
dendo spunto dalla pubblicazione dell’ormai fondamentale
lavoro di Claudio Pavone, Una guerra civile (Torino 1991),
Paul Ginsborg introduceva un interessante confronto tra
l’Italia e la Francia sul periodo 1943-481. Il principale tema di
discussione era altro rispetto a quello qui affrontato, ma al-
cune domande finali sollevate da Ginsborg appaiono egual-
mente utili, anche perché sul piano comparato non sono sta-
te riprese in maniera compiuta neppure in occasione del ses-
santesimo anniversario italiano della Liberazione.
    Ginsborg si soffermava essenzialmente sull’ultima fase
della guerra, e poi sui primi anni chiave della ricostruzione
politica e sociale dei due Paesi. Per condurre una compara-
zione fra i due Paesi, era una scelta cronologica obbligata.
Sino al 1943, infatti, i destini di Italia e Francia erano stati di-
versi, come diverse saranno su alcuni temi le memorie: la
lunga occupazione del Terzo Reich in Francia dal giugno
1940 avrebbe costituito un nucleo di memorie ben più com-
plesso del corrispettivo italiano (una occupazione tedesca
essenzialmente militare, feroce ma poco stanziale, e in alcu-
ne zone del Sud neppure esistente). Si tratta di memorie che
negli ultimi anni hanno affrontato il tema della coesistenza
tra popolazione civile francese e occupante tedesco toccando
questioni delicate quali il rapporto tra donne francesi e uo-
mini tedeschi, la nascita di figli da questo incontro, e la inte-
razione sul piano culturale ed artistico tra uomini e imprese

    1
      P. Ginsborg, Resistenza e riforma in Italia e in Francia, 1943-48, in «Ven-
tesimo secolo», 5-6, 1992, pp. 297-319.
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dello spettacolo e dell’editoria francesi e tedesche. Ben più          Paesi, sul tema della democrazia, utili anche per quanto ri-
estese furono in Francia la persecuzione e la deportazione             guarda la nostra analisi sulla memoria pubblica della guerra
degli ebrei, come conseguenza di un diverso, autoctono e               e della lotta antifascista.
profondo antisemitismo (da cui prese origine ed ispirazione                Il primo elemento di diversità costituisce una specie di
il regime di Vichy), ma anche della presenza di una comu-              premessa: la scrittura di un progetto politico e di riforme in-
nità ebraica (non solo francese ma di tutta la diaspora euro-          dispensabili per «l’instaurazione di un’effettiva democrazia
pea) molto più ampia e stratificata che in Italia.                     economica e sociale» e per la modernizzazione del Paese fat-
    Altri inoltre furono le modalità di trattamento, i tempi e i       ta dalle forze politiche della Resistenza francese, raggruppa-
destini della deportazione e della reclusione in Germania di           te nel Conseil national de la Résistance, con la cosiddetta
francesi, sia come prigionieri militari che come lavoratori ci-        «carta del Cnr» del marzo 1944. Al contrario il Cln italiano
vili per l’industria tedesca. Altra differenza con il caso italiano    raggiunse un’unità di azione ma non produsse nessuna di-
fu la precocità della Resistenza armata in Francia, peraltro           chiarazione né tantomeno un programma autonomo d’in-
composta in maniera eterogenea da molte componenti nazio-              tenti. In Italia ogni decisione di riforma fu rinviata semplice-
nali di immigrati e di rifugiati (dando anche in questo caso av-       mente alla fine della guerra e alla Costituente, quando inve-
vio ad una serie di querelles e affaires creati dalla difficile con-   ce, come sostiene anche Ginsborg, il primo governo Bonomi
vivenza tra quest’ultimi e la Resistenza francese). Occupazio-         nel giugno 1944 aveva possibilità di intervenire con pieni
ne tedesca e azione di Resistenza si mescolano quindi indi-            poteri legislativi e, aggiungiamo noi, in un clima internazio-
stintamente nella memoria francese in un periodo assai più             nale ancora favorevole (con l’amministrazione americana
lungo, dall’estate 1940 a quella di quattro anni dopo, mentre          Roosevelt) ad un’azione autonoma italiana. Tutte le impor-
in Italia la Resistenza costituisce un importante, ma breve sta-       tanti riforme francesi furono realizzate fra l’agosto del 1944
gione di venti mesi, tra il settembre 1943 e l’aprile 1945.            e il settembre 1946, allorché «il governo De Gaulle aveva
    A partire essenzialmente dal 1944 è però possibile con-            poteri molto ampi, e le Assemblee costituenti francesi gode-
durre un confronto serio, soprattutto per quanto riguarda              vano di poteri legislativi, al contrario di quella italiana, la cui
gli esiti democratici della lotta di liberazione nei due Paesi.        maggiore funzione fu quella di preparare la Costituzione»3.
Ginsborg rende merito all’Italia di avere con «l’opera istitu-         Il progetto di riforma francese comportò una profonda tra-
zionale dell’Assemblea costituente, combinata con una cul-             sformazione e modernizzazione dell’amministrazione pub-
tura antifascista profondamente radicata nel Centro e nel              blica, con un ricambio delle élites dirigenziali in settori chia-
Nord», gettato le basi per un periodo senza interruzioni di            ve dell’amministrazione centrale dello Stato; cosa che in Ita-
democrazia e di stabilità politica del Paese. Al contrario, la         lia non accadde4. Quando si parla di epurazione nei due Pae-
blanda riforma istituzionale che traghettò la Francia dalla            si, occorre trattare del ricambio avvenuto nelle amministra-
Terza alla Quarta Repubblica ipotecò la democrazia francese
                                                                       zioni pubbliche non solo con l’individuazione ad personam
mettendola alla prova con la guerra d’Algeria, portandola
                                                                       di responsabilità politiche e penali, e dello sradicamento
sull’orlo di una guerra civile risolta solamente da un difficile
                                                                       ideologico del fascismo, ma anche nel complesso di una tra-
e complesso passaggio al regime repubblicano presidenziale
                                                                       sformazione di mentalità dell’intero quadro dirigenziale, e
della Quinta Repubblica. Tuttavia, lo storico inglese sostiene
                                                                       della sua modernizzazione, cioè della sua messa a regime
che il processo resistenziale italiano abbia fallito rispetto a
                                                                       con tempi e bisogni nuovi di ricostruzione. Ginsborg ricor-
quello francese non nei termini di democrazia formale, bensì
                                                                       dava a giusto titolo un’osservazione molto pertinente dello
nei suoi contenuti e soprattutto dal punto di vista delle mol-
                                                                       storico François Bédarida, a conclusione di un lavoro com-
teplici forme di cittadinanza (civile, politica e sociale): «la
                                                                       parato sulle élites in Francia e in Italia: se nella Resistenza
mia tesi è che per quanto riguarda la cittadinanza, nel perio-
do 1944-46, i francesi abbiano fatto più strada, e più in fretta
degli italiani»2. E qui inserisce tre aspetti di diversità tra i due       3
                                                                             Ivi, p. 317.
                                                                           4
                                                                             Su questo tema si vedano le riflessioni condotte, mai poi non più riprese,
                                                                       dagli interventi in Le élites in Francia e in Italia negli anni quaranta, numero
     2
         Ivi, p. 303.                                                  monografico di «Italia contemporanea», 153, 1983.
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esisteva un’é l i t e «nel senso originale del termine, cioè una                   Gaulle, poi contestata ma mai demolita. È sufficiente quindi
élite in senso etico [...] della bravura, del coraggio, del valore                 che in Italia vengano meno i partiti garanti di questa memo-
morale» (quella studiata da Pavone che non a caso sottotito-                       ria che un capo di governo estraneo a tale tradizione come
la il suo libro «saggio storico sulla moralità nella Resisten-                     Silvio Berlusconi proponga, nel 1995, l’abolizione del 25
za»), al momento della ricostruzione «la pietra di paragone                        aprile come festa nazionale.
non è più il valore personale o morale, ma la capacità tecnica                         Terzo fattore di diversità rilevato da Ginsborg è la geo-
e la competenza»5.                                                                 grafia:
    Gli studi successivi di Gérald Noiriel e di Jean-Olivier                           in Italia la Resistenza fu combattuta nelle regioni più industrializ-
Baruch6 sull’amministrazione centrale francese hanno mo-                               zate del paese, mentre la presenza degli Alleati nel Mezzogiorno, e
strato che i passaggi tra la Terza Repubblica e Vichy e tra Vi-                        soprattutto il carattere conservatore del Regno del Sud, facevano sì
chy e la Quarta Repubblica sono stati molto complessi, con-                            che le zone più arretrate del paese risentissero molto meno del
                                                                                       cambiamento. In Francia, al contrario, i Maquis erano forti pro-
taminando il secondo e il terzo regime con le caratteristiche                          prio al Centro e al Sud, e la loro influenza ebbe necessariamente ri-
politiche, ideologiche ed istituzionali dei precedenti. Se oggi                        flessi sulle prime elezioni nazionali, del 21 ottobre 1945, per l’As-
abbiamo la convinzione che non vi sia stata una rottura net-                           semblea costituente. I comunisti, che avevano sempre avuto una
ta tra la Quarta Repubblica e le precedenti, sembrano co-                              base tradizionale nella Francia mediterranea, allora si affermarono
munque confermate le differenze della Francia rispetto                                 anche in lontane aree rurali del Centro7.
all’Italia circa le volontà e i tempi di attuazione delle rifor-                       Possiamo inoltre aggiungere che a lungo Roma, come
me, e soprattutto per l’enfasi messa dal gruppo dirigente                          città capitale dello Stato nazionale, non ha condotto un ruo-
francese sulle istituzioni statali come sedi di insediamento                       lo trainante e omogeneizzante per una memoria nazionale,
del nuovo potere anziché, come avviene in Italia, sulla crea-                      come invece ha mostrato di fare Parigi sin dalla sua libera-
zione di un nuovo sistema partitico.                                               zione nell’agosto 1944. Il compito di costruire una memoria
    La seconda diversità risiede dunque nei tempi: da parte                        della seconda guerra mondiale è stato quindi delegato alle
dei francesi, è evidente l’urgenza non solo di condurre rifor-                     aree locali, comunali come regionali.
me, ma anche di insediare una memoria unica, diremmo                                   Ricerche successive hanno modificato il panorama evoca-
«monolitica» e pertanto incontestabile della Resistenza                            to da Ginsborg e lo hanno maggiormente problematizzato,
all’occupazione tedesca del 1940-44. In Italia, invece, tutto si                   ma senza stravolgerlo. Ad esempio, in Italia lo studio delle
muove più a rilento, ma soprattutto in ordine sparso tra le                        componenti dell’esercito del Sud, e l’appartenenza ad esso di
diverse memorie delle forze politiche e militari che avevano                       uomini prevalentemente di provenienza centrale e meridio-
operato nel Paese portando, come nella Costituente, alla                           nale, ha rivelato la costituzione di un altro tipo di memoria
creazione di una memoria nazionale di compromesso, che                             patriottica, forse afascista, ma certamente costituente una
supera indenne le difficoltà del 1947-48, e l’entrata nella                        più generale memoria nazionale. Oppure lo studio più at-
guerra fredda, le divisioni organizzative tra le associazioni                      tento della geografia delle sinistre, in Italia come in Francia,
partigiane, dei «volontari per la libertà», ma che poi naufra-                     come quello compiuto da Marc Lazar, ha rivelato una com-
ga decenni dopo, all’inizio degli anni novanta, con la conclu-                     plessità di passaggi politici nei primi anni del dopoguerra,
sione del sistema partitocratico che sorreggeva tale memoria                       insospettabile sino a poco tempo fa. Per la Francia, è ora
di compromesso. Una memoria che non diviene mai real-                              chiaro che il notabilato locale ha costituito l’ossatura non
mente una memoria nazionale forte ed indiscutibile, a diffe-                       solo delle scelte politiche elettorali ma anche della successiva
renza di quella francese forgiata immediatamente da De                             articolazione delle memorie sul territorio8. L’assunto genera-

     5
      Ivi, p. 250.                                                                     7
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     6
      G. Noiriel, Les origines républicaines de Vichy, Paris 1999; J.-O. Baruch,       8
                                                                                        Lo studio di M. Lazar, Maisons rouges, Paris 1992 era già presente a Gin-
Servir l’Etat français. L’administration en France de 1940 à 1944, Prefazione di   sborg. Segnaliamo anche uno dei pochi validi lavori comparati sul periodo: F.
J.P. Azéma, Paris 1996; O. Wieviorka, Les orphelins de la république. Destinées    D’Almeida, Histoire et politique, en France et en Italie: l’exemple des socialistes,
des députés et sénateurs français 1940-1945, Paris 2001.                           1945-1983, Roma 1998.
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le di Ginsborg rimane quindi valido. Inoltre, la sensazione                          diversità di memorie resistenziali nelle regioni francofone e
diffusa nel Sud d’Italia di essere stati liberati (o, per alcuni, di                 fiamminghe osserva anche i portatori di tali memorie, quindi
essere stati occupati) dagli angloamericani, e non di essersi                        non solo l’oggetto, il tema della memoria pubblica, ma an-
liberati dai nazifascismi con lotte, volontà e sacrifici, come si                    che i soggetti collettivi che contribuiscono a crearla: essen-
avverte al Centro-nord, modifica profondamente l’insedia-                            zialmente le associazioni di ex combattenti, deportati, inter-
mento della memoria pubblica, dei rituali civili, della monu-                        nati militari e civili. L’autore esclude dal confronto l’Italia ri-
mentalistica, e in ultima istanza la formazione della demo-                          tenendo l’esperienza della doppia guerra (fascista e poi anti-
crazia e della nuova cittadinanza partecipativa repubblicana.                        fascista) troppo anomala per essere inclusa a pieno titolo tra
    Per avviare nuove ricerche e riflessioni credo che sia op-                       quelle di Paesi occupati. Credo però che sia possibile rein-
portuno ricorrere ad approcci comparati, per far risaltare sia                       trodurre l’Italia in tale comparazione non per l’esperienza di
le similitudini che le profonde differenze e per meglio met-                         guerra, ma per quanto riguarda i soggetti collettivi operanti
tere a fuoco le «vie nazionali». Inoltre, proprio sul piano                          nel dopoguerra. Poco è stato fatto sino ad ora per ricostruire
comparato, l’Italia risulta sovente assente. Tra le più serie ra-                    l’organizzazione, la presenza e l’impatto sulla vita politica
gioni di questa assenza, naturalmente, v’è la mancata cono-                          italiana del dopoguerra, e sulla memoria nazionale, proprio
scenza linguistica dell’italiano, e quindi la difficoltà da parte                    delle associazioni partigiane, della massa di internati militari
di storici stranieri non «italianisti» d’accesso alla nostra sto-                    e dei deportati nei campi di concentramento ritornati in pa-
riografia (non tradotta) e ancor di più alle fonti. La storia                        tria nel dopoguerra; ad un silenzio dello Stato italiano
contemporanea italiana continua ad essere analizzata,                                nell’immediato dopoguerra, ha fatto essenzialmente seguito
all’estero, in base ai tre maggiori temi ritenuti di interesse in-                   un silenzio storiografico, rotto solo negli anni ottanta.
ternazionale: il Risorgimento, il fascismo, l’Italia del secon-                          Tento qui di seguito di abbozzare un primo confronto tra
do dopoguerra, con uno spiccato interesse, alcuni anni fa,                           le due politiche della memorie costruitesi nei due Paesi, con-
circa l’«anomalia» del Partito comunista e delle sue radici                          sapevole della maggiore diffusione, ma anche della mia mag-
gramsciane. Mentre oggi tramonta quest’ultimo tema, ne                               giore conoscenza personale, degli studi sul caso francese11. Le
emerge un quarto, più generale, quella nostra religione civi-                        due cronologie nazionali percorrono binari pressoché paral-
le, al momento del B u i l d i n g della nazione unitaria, ma anche                  leli sino agli anni ottanta. Nella mia descrizione ho privile-
nella rinascita repubblicana9. L’Italia rimane però trascurata,                      giato, perché più dettagliata nei singoli passaggi ed anche più
quasi assente, dall’analisi comparata di grandi eventi, movi-                        consolidata dalla storiografia, la cronologia francese, con-
menti e fenomeni sociali, politici e delle mentalità collettive                      frontandola, per l’Italia, con una scansione individuata sia da
dell’Europa contemporanea. Essa è quasi sempre esclusa da-                           studi precedenti sia dal recente lavoro di Filippo Focardi12.
gli studi comparati sulla prima e seconda guerra mondiale, e
sui dopoguerra; studi oggi ancor più necessari per compren-
dere i fenomeni e percorsi della integrazione europea tra Ot-                                   2. L’insediamento di una memoria nazionale
to e Novecento. Facciamo un esempio per tutti, apparente-
mente marginale rispetto alle grandi storie sulla seconda                               L’insediamento di una memoria nazionale, tra il 1944 e il
guerra mondiale e sulle sue conseguenze, ma significativo                            1947, presenta molte analogie fra Italia e Francia. In entram-
per quanto andiamo qui scrivendo: il libro di Pieter Lagrou
sulla memoria patriottica in alcune ricostruzioni nazionali10.                            11
                                                                                             Sul caso francese mi sono dilungata in un altro contributo in corso di pub-
Si tratta di una ricerca esemplare perché, oltre a studiare la                       blicazione negli atti di un convegno internazionale sulla memoria della seconda
                                                                                     guerra mondiale tenutosi a Trento nel dicembre 2004: La Seconda guerra mon-
                                                                                     diale in Francia: complessità e ambiguità delle memorie, delle rappresentazioni e
     9
        Tra le migliori riflessioni su quest’ultimo tema, segnalo l’articolo di S.   del dibattito dal 1945 ad oggi. Alcune parti di questo intervento sono qui riprese.
Gundle, The ‘civic religion’ of the Resistence in post-war Italy, in «Modern              12
                                                                                             F. Focardi, La guerra della memoria. La Resistenza nel dibattito politico
Italy», 5, november 2000, pp. 113-32.                                                italiano dal 1945 a oggi, Bari-Roma 2005, individua prima degli anni ottanta
     10
        Cfr. la versione francese di P. Lagrou, Mémoires patriotiques et             quattro fasi distinte: le origini, 1943-44; la crisi di un’interpretazione egemonica
l’occupation nazie, Bruxelles-Paris 2003, apparsa l’anno precedente presso           o monolitica, nel 1948-53; il rilancio di una narrazione tra il 1953 e il 1960; il
Cambridge University Press con il titolo The Legacy of Nazi Persecution.             confronto tra più interpretazioni, essenzialmente patriottica e «rossa» tra il
Patriotic Memory and National Recovery in Western Europe, 1945-1965.                 1961 e il 1978, passando per il 1968.
80                                                                 Filo rosso       Dogliani, Memoria e storia pubblica                                        81

bi i Paesi inizia con il giugno 1944, corrispondente alla libe-                     va che le epurazioni collettive in settori economici e dell’am-
razione di Roma e allo sbarco in Normandia due giorni più                           ministrazione centrale, periferica e nelle colonie furono un
tardi e si protrae sino al 1947, all’uscita dei due principali                      fallimento, mentre solo il mondo della stampa e della cultura
partiti comunisti occidentali, il Pci e il Pcf, dai governi                         fu effettivamente colpito con alcuni casi esemplari, grazie
espressi dalle forze resistenziali all’indomani della guerra. In                    anche ad una campagna condotta esplicitamente dalle orga-
Italia questa svolta coincide essenzialmente con la frattura                        nizzazioni di Resistenza. Alcuni intellettuali ed artisti com-
tra partiti di sinistra e partiti centristi aventi come baricentro                  promessi con l’occupante tedesco e con Vichy, in particolare
la Dc; analogamente in Francia tra le due anime principali                          nella propaganda nazista e antisemita, vengono condannati.
della Resistenza e portatrici di memoria: la gaullista e le sini-                   Il processo più famoso fu quello che si svolse nei confronti
stre, costituite dai comunisti del Pcf (che da solo nell’imme-                      di Robert Brasillach, giovane (nato nel 1909) e brillante nor-
diato dopoguerra ottiene il sostegno di più di un quarto                            malista, divenuto portaparola della destra fascista negli anni
dell’elettorato) e dai socialisti della Sfio (Sezione francese                      di Fronte popolare e poi dal 1937 redattore del giornale an-
dell’Internazionale operaia). Questo blocco disomogeneo                             tisemita «Je suis partout», giornale che si mostrò critico per-
ma ancora idealmente unito riceve alle elezioni del 1946 più                        sino nei riguardi di una politica considerata troppo modera-
del 75% delle preferenze, ma non riesce a costruire «un par-                        ta del regime di Vichy nei confronti degli ebrei e dei demo-
tito della Resistenza» che fosse espressione di quello che era                      cratici. Brasillach fu condannato a morte in un processo du-
stato il Mln (Movimento di Liberazione Nazionale), dire-                            rato poche ore il 19 gennaio 1945 e, nonostante che molti in-
zione politica del movimento resistenziale, e l’anno dopo                           tellettuali resistenti avessero firmato un appello lanciato da
anch’esso, nel clima di guerra fredda, si dissolve.                                 François Mauriac per sostenere la concessione della grazia
    Come le forze politiche, anche le memorie iniziano a di-                        da parte di De Gaulle, che la rifiutò decisamente, fu giusti-
vidersi: da un lato comincia a tratteggiarsi una memorialisti-                      ziato il 6 febbraio14.
ca comunista, del «partito dei 75.000 fucilati», e dall’altro                           La storica statunitense Alice Kaplan ha recentemente ri-
quella gaullista, essenzialmente legata alle azioni militari                        costruito tale processo, superando una serie di difficoltà re-
all’estero e all’interno del Paese. Si esprimono però ancora                        lative al reperimento delle fonti processuali. Due elementi
alcune voci non schierate di protagonisti della lotta clande-                       risaltano dalla sua puntuale ricerca: il fatto che Brasillach
stina. Nasce nel contempo anche una «storiografia della                             fosse stato giudicato colpevole in base alla sua azione di «in-
epurazione» che cerca di accreditare il giudizio che la Resi-                       telligence avec l’ennemi», quindi di alto tradimento nei con-
stenza in quanto tale sia stata solo un bagno di sangue e una                       fronti dello Stato francese sulla base dell’art. 75 dell’allora
resa dei conti tra francesi posti ideologicamente su opposti                        vigente codice penale. La collaborazione del singolo con il
fronti; polemica rinviata in Italia agli anni novanta. Tale                         nemico veniva immediatamente trattata come crimine men-
strumentalizzazione è una delle conseguenze della intensa se                        tre ancora la giustizia francese mostrava ambiguità e perples-
pur breve fase di punizione pubblica di individui, uomini e                         sità nei confronti della natura del servizio svolto da molti
donne, che avevano intrattenuto rapporti sia affettivi che di                       per lo Stato di Vichy. Inoltre, l’antisemitismo propagandato
affari con l’occupante tedesco (uomini trascinati ed insultati                      con convinzione ed entusiasmo da Brasillach non venne mai
nelle strade, donne rapate nelle piazze e sulla soglia di casa) e                   menzionato come capo d’accusa, proprio perché i primi
soprattutto dell’epurazione di «collaborazionisti». Ma è sta-                       processi d’epurazione non si interessarono alla questione
to calcolato che solo il 4% dei sottoposti a processo per col-
                                                                                    della Shoah; la Francia avrebbe atteso il 1964 per ratificare i
laborazionismo (circa 160.000 istruttorie conclusesi nel di-
                                                                                    principi sanciti a Londra nel 1945 sulla natura di crimini
cembre 1948) siano stati condannati a morte, quasi tutti tra il
                                                                                    «contro l’umanità» e proceduto solo negli anni ottanta e no-
giugno 1944 e l’inizio del 194513. Rioux già nel 1980 osserva-
                                                                                    vanta ad allestire processi esemplari contro cittadini tedeschi
      13
         Cfr. J.-P. Rioux, La France de la Quatrième République, vol. I, 1944-
1 9 5 2, Paris 1980, p. 56. Si veda anche Une poignée de misérables. L’épuration        14
                                                                                           P. Assouline, L’épuration des intellectuels, Bruxelles 1985; A. Kaplan,
de la société française après la Seconde guerre mondiale, a cura di J.-O. Baruch,   Intelligence avec l’ennemi. Le procès Brasillach, Paris 2001 (ed. inglese The
Paris 2003.                                                                         Collaborator, Chicago 2002).
82                                                                      Filo rosso        Dogliani, Memoria e storia pubblica                                         83

e francesi macchiatisi di tali crimini (Klaus Barbie, Paul To u-                          l’amnistia concessa a soldati tedeschi dalle autorità militari
vier, Maurice Papon). Interessante inoltre la ricostruzione                               italiane: amnistiare i tedeschi significava evitare di «guardare
fatta da Kaplan dei nomi di intellettuali che firmarono ma                                in casa», di esplorare la vastità di crimini di guerra perpetrati
soprattutto che non firmarono l’appello alla clemenza pro-                                anche da altri eserciti durante la seconda guerra mondiale,
posto da François Mauriac: insieme a letterati ed accademici                              compreso quello italiano che aveva operato in area balcanica
antifascisti e resistenti (Jean Paulhan, Albert Camus, Gusta-                             e nell’Egeo, evitando così di aprire pericolosi contenziosi
ve Cohen, Jean-Jacques Bernard), tra i firmatari troviamo al-                             con nazioni con le quali stavano insorgendo frizioni politi-
cuni che a quel tempo temevano di essere loro stessi sotto-                               che, ideologiche e sui territori, come con la Jugoslavia17.
posti a processo per azioni minori di compromissione con il                                   Al contrario, è consuetudine nella Francia moderna at-
nemico (Arthur Honegger, Marcel Ayné, Jean Cocteau); tra                                  tuare l’estirpazione delle radici di passati regimi attraverso
coloro che rifiutarono di firmare (con convinzione Pablo Pi-                              processi esemplari. Vichy allestì, con quello che si ebbe a
casso e André Gide) individuiamo anche alcuni che avrebbe-                                Riom tra il febbraio e l’aprile 1942, il tribunale per coloro
ro nei decenni successivi animato discussioni in proposito,                               che erano stati considerati responsabili della sconfitta del
tra questi Jean-Paul Sartre, Simone de Beauvoir.                                          1940: Blum e Daladier. A sua volta la Quarta Repubblica
    Studi recenti mostrano che anche in Italia si svolse una                              portò sotto processo il maresciallo Pétain nel 1945, difeso
prima epurazione; ma alla memoria dei più, in un confronto                                dallo stesso avvocato di Brasillach (Isorni), e come lui con-
con la Francia, appare blanda, meno tempestiva e quindi                                   dannato a morte, ma senza esecuzione immediata (Pétain sa-
meno efficace soprattutto negli apparati dello Stato. In                                  rebbe morto di vecchiaia in cattività nel 1951). Il corso gene-
realtà, essa fu solamente meno esemplare di quella francese                               rale delle epurazioni e delle condanne non fu però dissimile
(senza nomi di spicco), e soprattutto la giustizia fu resa vana                           da quello italiano. In Francia l’amnistia fu concessa in più
molto presto dall’amnistia nei confronti degli italiani con-                              tappe, ma si concluse come in Italia nel 1953: l’estensione
cessa dell’allora ministro della Giustizia Palmiro Togliatti il                           dell’amnistia ai condannati in contumacia fu concessa in no-
22 giugno 194615, seguita dai decreti di grazia firmati dal pre-                          vembre, mentre in Francia il suo iter legislativo si chiuse in
sidente della Repubblica Luigi Einaudi tra il febbraio e il                               agosto. A differenza dell’Italia, però, l’amnistia fu contestata
maggio 1951 nei confronti di militari tedeschi resisi colpevo-                            duramente, soprattutto nella sua ultima fase tra il 1951 e il
li di crimini di guerra contro soldati e civili italiani16. Questi                        1952 da circoli di resistenti, e per ragioni innanzitutto di
atti insediarono nella memoria democratica la convinzione
                                                                                          principio, poiché interessavano oramai l’1% dei condannati.
di una debolezza nell’esercizio della giustizia da parte della
                                                                                              Già nell’aprile 1946 infatti era stata emanata una prima
Repubblica italiana. Questa convinzione è durata a lungo,
                                                                                          amnistia generale per reati minori (mercato nero, propagan-
sino a far emergere negli ultimi anni opinioni antitetiche: che
                                                                                          da), nella quale nei due anni successivi vennero inclusi tutti
l’epurazione sia stata sostituita da una «resa dei conti», da
                                                                                          coloro che avevano meno di 21 anni d’età al momento degli
un bagno di sangue indiscriminato ed illegale (tesi rinforzata
                                                                                          atti (quindi molti giovani arruolati nelle organizzazioni di
recentemente dalle ricostruzioni storiche romanzate di
                                                                                          Vichy che non si erano macchiati di particolari atti di san-
Giampaolo Pansa), oppure dalla cancellazione delle respon-
                                                                                          gue), con il risultato che a seguito di una grande campagna
sabilità individuali grazie ad un compromesso tra le parti
trovato da Togliatti per giungere ad una «concordia nazio-                                nazionale per l’amnistia nel 1948 furono liberati circa il 70%
nale». Analoga tesi, questa volta storiografica, è emersa circa                           dei condannati e di quanti erano in attesa di giudizio. In se-
                                                                                          guito le corti di giustizia per tali crimini furono sciolte
                                                                                          all’inizio del 1951, in una fase di campagna elettorale, duran-
        15
             Si vedano H. Woller, I conti con il fascismo. L’epurazione in Italia 1945-
1 9 4 8, Bologna 1997 (ed. tedesca del 1996) che aggiorna ma dissente dalle criti-        te la quale le destre avevano messo esplicitamente in pro-
che espresse, anche nel titolo italiano, dal libro di R.P. Domenico, Processo ai          gramma il completamento degli atti di amnistia. Estrema-
f a s c i s t i, Milano 1996 (ed. americana del 1991). Sempre sull’amnistia si veda an-
che il recente lavoro di M. Franzinelli, L’amnistia Togliatti, 22 giugno 1946.
Colpo di spugna sui crimini fascisti, Milano 2006.                                             17
                                                                                                  Cfr. F. Focardi, La memoria della guerra e il mito del “bravo italiano”.
        16
             Nel 1951 rimanevano in carcere in Italia solo Herbert Kappler, condanna-     Origine e affermazione di un autoritratto collettivo, in «Italia contemporanea»,
to per l’eccidio delle Fosse Ardeatine e Walter Reder, per quello di Marzabotto.          settembre-dicembre 2000, pp. 393-9.
84                                                                  Filo rosso       Dogliani, Memoria e storia pubblica                                                85

mente problematica per l’elaborazione della memoria collet-                          affaires, casi e scandali, di revisionismo storico e persino di
tiva fu l’inclusione tra le categorie di amnistiati anche degli                      negazionismo; tra i più impegnati, un accademico d’origine
alsaziani e dei loreni che erano stati arruolati nelle file                          ebraica, studioso dell’antichità: Pierre Vidal-Naquet20.
dell’esercito e di reparti speciali del Terzo Reich. A loro fu                             Mentre Brasillach veniva considerato, breve tempo dopo
riconosciuta, con la legge del 15 settembre 1948, l’attenuante                       la condanna, un «martire» per la destra e una «icona» per i
della responsabilità collettiva e non individuale alla «colla-                       revisionisti francesi, si preannunciava con analoga rapidità
borazione»; in sostanza non furono sottoposti a processo                             una letteratura negazionista «semiclandestina». Essa inizia a
per tradimento ma furono considerati collaboratori contro                            circolare in Francia come in altri Paesi europei e negli Stati
la loro volontà (e da allora chiamati i malgré-nous). Questo                         Uniti (grazie al precoce Institut for Historical Review), per
comportò, come vedremo in seguito, un profondo e duratu-                             poi contrassegnare almeno quattro fasi di diffusione e
ro scontro tra lo Stato francese e la comunità locale di Ora-                        propaganda, così come sono state tracciate da un recente
dour, nel quale venne compiuto il più grande massacro di ci-                         lavoro di Valerie Igounet 21: l’immediato dopoguerra, gli anni
vili in Francia, il 10 giugno 1944 (642 trucidati) ad opera di                       sessanta e settanta con l’articolarsi delle tesi negazioniste; poi
reparti tedeschi dove prestavano servizio molti malgré-                              la terza e pubblica fase tra il 1878 e il 1986; e poi l’ultima ed
n o us18.                                                                            ancora vivace. Occorre però aggiungere per introdurre il
    Un’ultima strenua opposizione all’amnistia fu condotta                           secondo periodo preso in esame (quello del 1947-58) che
da alcuni noti intellettuali, tra i quali Jean Cassou (1897-                         parallelamente al profilarsi in maniera semiclandestina di una
1986), che nel 1953 pubblicò La mémoire courte nelle Edi-                            teoria negazionista in Francia, i lavori sulla deportazione e lo
tions de Minuit, in reazione all’amnistia a collaborazionisti                        sterminio, in Francia e altrove, erano estremamente scarsi. Se
concessa dal primo ministro Antoine Pinay (primo capo di                             i primi lavori (tra testimonianza ed anticipazione di studi e di
governo non emerso dall’esperienza resistenziale e che quin-                         riflessioni) di ebrei francesi sopravvissuti alla Shoah escono
di segna la fine di un’epoca, nel marzo 1952) e come risposta                        nell’immediato dopoguerra per conto di un nascente Centre
a distanza ad un altro intellettuale, Jean Paulhan, che con le                       de documentation juive, quale il lavoro di Georges Wellers,
Lettres aux directeurs de la résistance, apparse presso la stes-                     De Drancy à Auschwitz (apparso a Parigi nel 1946), essi
sa casa editrice nel 1949, aveva chiesto, tra i primi, una sorta                     rimangono senza continuità. Come senza seguito per anni,
di «pace sociale» tra resistenti e vichynisti19. L’atto pubblico                     almeno in un ventennio di indifferenza sul tema, sono il libro
di Jean Cassou, che nel 1949 era uscito dal Pcf contestando                          di Léon Poliakov, Le bréviare de la haine: le IIIe Reich et le
l’allineamento filosovietico preso dal partito nei confronti                         j u i f s, del 1951 (tradotto in Italia da Einaudi nel 1955) e i
del titoismo, anticipa due nuovi aspetti del dibattito pubbli-                       lavori apparsi in Gran Bretagna di Gerard Reitlinger, The
co: il distaccarsi di molti intellettuali dalla linea egemonica                      Final Solution, del 1953 (tradotto nel 1962 da Il Saggiatore), e
del Pcf (nel 1946 proprio Cassou era stato eletto presidente                         in Usa di Joseph Tanenbaum, Race and Reich (1956).
del Comitato nazionale degli scrittori nato dalla Resistenza,                              Sarà poi soprattutto Raul Hilberg, ricercatore ebreo
a quel tempo molto influenzato dal Pcf) e la nascita di una                          d’origine austriaca naturalizzato statunitense, con il suo im-
saggistica storica e letteraria a forti valenze morali oltre che                     ponente lavoro tracciato tra il 1948 e il 1955, ma pubblicato
politiche e centrata sull’analisi dei diversi aspetti della Fran-                    solamente nel 1961 per le grandi difficoltà incontrate dal
cia nella seconda guerra mondiale; una letteratura capace di                         giovane storico sia nell’accademia che nel mondo ebraico
indignarsi, controbattere, difendere il ricordo e soprattutto i                      statunitense e israeliano, ad aprire la strada a ricerche più
principi morali, politici, ideali della Resistenza. La ritrovere-                    puntuali non solo sul sistema concentrazionario e di stermi-
mo soprattutto negli anni ottanta ad esaminare i numerosi
                                                                                          20
                                                                                             P. Vidal-Naquet, Les assassins de la mémoire. «Un Eichmann de papier»
     18
        Per il complesso iter si legga S. Gacon, L’amnistie. De la Commune à la      et autres essais sur le révisionisme, Paris 1987. Sul tema degli affaires si faccia ri-
guerre d’Algérie, Paris 2002.                                                        ferimento anche a P. Dogliani, Tra guerre e pace. Memorie e rappresentazioni
     19
        Il testo è stato riedito recentemente, con una postfazione di J.-O. Baruch   dei conflitti e dell’Olocausto nell’Occidente contemporaneo, Milano 2001.
e J. Cassou, La mémoire courte, Paris 2001.                                               21
                                                                                             V. Igounet, Histoire du négationnisme en France, Paris 2000.
86                                                                   Filo rosso       Dogliani, Memoria e storia pubblica                                            87

nio nazista, ma anche sulla memoria collettiva22. Hilberg era                         ed Europa nell’immediato dopoguerra. Occorre invece no-
stato allievo a New York di Franz Neumann ed aveva rac-                               tare che in Italia la narrativa resistenziale apparve solo dopo
colto dal maestro il grande insegnamento sulla struttura bu-                          l’aprile 1945 in una breve stagione nella quale giovani scrit-
rocratica e disarticolata del mostruoso B e h e m o t h: lo Stato                     tori che avevano fatto la Resistenza (Italo Calvino primo tra
nazista. Esemplare è l’autobiografia scritta da Hilberg, nella                        tutti, e poi Beppe Fenoglio) compiono i primi passi parten-
quale egli descrive le difficoltà incontrate nell’approccio alle                      do dalla loro esperienza giovanile o altri, come il gruppo bo-
fonti, consultate negli archivi federali statunitensi, per la lo-                     lognese attorno a Renata Viganò (l’autrice de L’Agnese va a
ro massa ed anche per la loro complessità, rispetto a quelle                          morire) sperimentano una «letteratura resistenziale» in cir-
consultate solo pochi anni prima dai suoi predecessori Po-                            coli letterari localizzati in alcune realtà urbane (Bologna co-
liakov e Reitlinger che si basarono essenzialmente sui verbali                        me Roma o Firenze) e di breve durata.
dei processi a Norimberga. Ciononostante Hilberg fu criti-                                Poco studiata sino ai giorni più recenti, la letteratura ita-
cato per essersi attenuto essenzialmente alla documentazio-                           liana ha spiccate identità regionali, come ha recentemente
ne tedesca, quindi a quella prodotta dai carnefici, e non dalle                       osservato Gabriele Pedullà offrendoci una bella antologia di
vittime; tale critica aprì una pluriennale discussione sulla                          brani divisi per aree di esperienza e di scrittura, dove natu-
complessa natura delle fonti utilizzabili per la ricostruzione                        ralmente spiccano le regioni Liguria, Piemonte, Veneto,
del genocidio degli ebrei23. L’Italia rimane per lungo tempo                          Emilia Romagna, Toscana e città come la Milano di Vittorini
alla periferia di questo dibattito di ricostruzione storica e                         e la Roma di Moravia25. Ci pare di capire che la letteratura
memorialistica, come delle correnti revisioniste. Ciò che cir-                        italiana appaia ancora più esistenziale e generazionale di
cola è essenzialmente una memoria interna «antagonista e                              quella francese, quest’ultima con pretese di riscatto nazio-
rancorosa del neofascismo» che riflette sul tradimento della                          nal-patriottico ed anche di respiro europeo, con il suo co-
monarchia, sul valore e la fedeltà dell’esercito italiano                             stante confronto con il nemico occupante. Di grande inte-
nell’ambito dell’asse italo-tedesco e che inizia a costruire                          resse e auspice di futuri approfondimenti anche storiografici
una memoria alternativa su Salò24.                                                    è il tentativo di classificazione dei narratori partigiani fatto
    Un altro confronto può essere condotto per questo pe-                             da Pedullà: gli scrittori dell’«io», quelli che interpretano la
riodo sulla letteratura. Come in Italia tra il 1945 e il 1947,                        Resistenza come educazione civile e fase di passaggio indivi-
occorre anche notare negli stessi anni in Francia la diffusio-                        duale; gli scrittori del «noi» per i quali la Resistenza, scrive
ne di una letteratura resistenziale, che però oltralpe ha radici                      Pedullà, «coincide innanzitutto con la scoperta del gruppo»
precedenti, nei romanzi e nei documenti letterari che circo-                          sia come comunità di eguali, che come progetto collettivo di
lavano clandestini sotto l’occupazione, come il noto raccon-                          rifondazione della società. Infine gli scrittori del loro:
to Le silence de la mer, scritto nel 1941 da Vercors, pseudo-                         «quanti, negli anni del dopoguerra, hanno vissuto e scritto
nimo di Jean Bruller (classe 1902). Altro noto esempio sono                           costantemente sotto lo sguardo [...] dei compagni morti».
le lettere di Albert Camus, Lettres à un ami allemand, scritte                        Soprattutto per questo terzo gruppo, Pedullà fornisce alcuni
per la «Revue libre» e i «Cahiers de la Liberté» tra il 1943 e                        spunti non solo per una revisione di una recente «memoria
l’inizio del 1944 e ripubblicate dall’editore Gallimard alla                          condivisa», per la quale l’offerta di una vita, soprattutto se
Liberazione, nelle quali non solo si analizza il complesso                            giovane, dovrebbe far dimenticare i motivi e le aspirazioni di
rapporto con l’occupante, come d’altronde aveva fatto Ve r-                           tale sacrificio e rendere tutto indistinto e in ultima istanza
cors, ma anche i rapporti storici tra Francia e Germania e si                         patriottico, ma suggerisce implicitamente elementi di diffe-
ipotizza quali essi sarebbero stati tra i due Paesi e tra Francia                     renziazione per quanto andremo scrivendo sul caso francese.
                                                                                             Comunanza con i defunti non vuol dire affatto ideologia della
     22
       Il libro di R. Hilberg, La distruzione degli ebrei d’Europa, fu arricchito e      bella morte: tutt’altro […] Consapevoli di ciò, i partigiani scrittori
riedito in inglese nel 1985 e tradotto in italiano da Einaudi dieci anni dopo.           si sono posti molto presto il problema di evitare che il ricordo di
    23
       Id., The Politics of Memory. Experiences of a Holocaust Researcher, 1994          coloro che non ce l’hanno fatta si tramutasse in un’astratta celebra-
(da me consultato nell’ed. francese: La politique de la mémoire, Paris 1996).
    24
       Cfr. Focardi, La guerra della memoria cit., p. 19 e soprattutto F. Germi-
naro, L’altra memoria. L’estrema destra, Salò e la Resistenza, Torino 1999.              25
                                                                                              Si vedano i Racconti della Resistenza, a cura di G. Pedullà, Torino 2005.
88                                                                  Filo rosso   Dogliani, Memoria e storia pubblica                                           89

     zione del pro patria mori. Solo oggi, forse ci rendiamo conto della         Resistenza28. Apparentemente analoga è la situazione france-
     giustezza anche politica di questa scelta di fronte alla tendenza di        se, dove sono i cippi e i monumenti comunali della grande
     un certo revisionismo di destra di equiparare i caduti di Salò ai
     partigiani in nome di un’etica (e di un’estetica) della bella morte26.
                                                                                 guerra ad accogliere le prime cerimonie e le prime lapidi di
                                                                                 ricordo dei caduti della Resistenza. Alcune grandi città si as-
    In Francia la letteratura è prima clandestina, nei quattro                   sumono in proprio l’iniziativa memoriale, come la capitale,
anni di lunga occupazione del Paese, e poi post-resistenziale                    Parigi, che in occasione del primo decennale della sua libera-
e si esprime in un arco temporale molto più vasto. Sempre in                     zione, nel 1954, segnala con lapidi i luoghi dei combattimen-
Francia inoltre i due schieramenti profascista e vichysta e                      ti, e in essi i nomi dei caduti, nelle giornate dell’agosto 1944.
quello antifascista e gaullista integrarono al loro interno                      Si nota però una svolta, rispetto all’Italia, nell’intervento sia
molti intellettuali e operatori nel mondo della comunicazio-                     centrale che periferico negli anni sessanta (corrispondente al
ne giornalistica e letteraria, dell’arte e dello spettacolo. Que-                ritorno al potere di De Gaulle) e poi negli anni ottanta e no-
st’ultimo settore era in grande fermento a Parigi, dove teatri,                  vanta con la realizzazione e in alcuni casi l’ampliamento (a
luoghi di ritrovo, persino la produzione cinematografica ri-                     Mont-Mouchet in Auvergne e soprattutto a Mont Valérien,
masero operanti, aperti ad un pubblico francese come ger-                        considerato il sito più importante della Resistenza nazionale
manico, pur se sottoposti a controllo e partecipazione anche                     perché fu il principale luogo di esecuzione della condanna a
finanziaria tedesca. All’indomani della guerra, due figure                       morte di resistenti dell’area parigina) di memoriali e di mu-
quasi antitetiche ma ambedue d’ispirazione antifascista ani-                     sei della Resistenza.
marono la discussione tra gli intellettuali e gli scrittori: il cat-
tolico Mauriac sulle pagine de «Le Figaro» e il laico e pacifi-
sta Albert Camus, redattore capo di «Combat» divenuto al                                                     3. Francia 1947-58
momento della Liberazione uno dei quotidiani parigini più
influenti. Sulle pagine del suo giornale Camus sostiene alla                         Un secondo periodo, tra il 1947-58, è tutto francese, e
fine del 1944 che «la memoria delle vittime esclude il perdo-                    corrisponde all’uscita dalla direzione politica del Paese dei
no [come] la giustizia proibisce ogni debolezza» e propugna                      due principali fondatori della memoria pubblica: il Pcf pri-
una rivoluzione prima di tutto morale, repubblicana e socia-                     ma, nel 1947, e poi De Gaulle e i suoi più stretti collabora-
lista che concili giustizia e libertà nella Francia del dopo-                    tori. Vengono così a crearsi memorie separate, sia nelle cele-
guerra. Camus tende a generalizzare, ad universalizzare,                         brazioni che nelle pubblicazioni. Da una parte quella che è
l’esperienza resistenziale, tenendosi a distanza dalle memo-                     stata chiamata da François Bédarida la «mémoire bunker,
rie ingessate comunista e gaullista, nella sua produzione let-                   ossifiée et surcodée» del Pcf, veicolata dalla stampa comu-
teraria a partire dal romanzo La peste (1945)27.                                 nista che vede in alcune pagine della autobiografia del se-
    Questo primo periodo è inoltre caratterizzato in Italia da                   gretario Maurice Thorez, Fils du peuple (apparsa quasi si-
una prima ondata di monumenti alla Resistenza: statue, cip-                      multaneamente nel 1950 nelle Éditions sociales a Parigi e
pi, lapidi voluti e realizzati in maniera autonoma dalle co-                     nelle Edizioni di cultura sociale di Roma) l’interpretazione
munità locali e soprattutto dalle associazioni partigiane. Solo                  di un partito che da solo ha sostenuto ampia parte della Re-
in occasione del centenario dell’Unità d’Italia, nel 1961, lo                    sistenza interna offrendo il maggior numero di martiri.
Stato interviene direttamente nel discorso resistenziale, sen-                   Dall’altra la memoria gaullista (il colonnello Passy, Jacques
za però interferire nella promozione locale, che riprende con
impeto in occasione del trentennale dalla Liberazione, con                             28
                                                                                          Si vedano: L. Galmozzi, Monumenti alla libertà. Antifascismo, Resistenza
l’intervento delle regioni e soprattutto grazie ad un nuovo                      e pace nei monumenti italiani dal 1945 al 1985, Milano 1986; P. Dogliani, I mo-
                                                                                 numenti e le lapidi come fonti, in Storia d’Italia nel secolo ventesimo. Strumenti
discorso che limita il numero di nuovi monumenti e proget-                       e fonti, a cura di C. Pavone, vol. II, Istituti, musei e monumenti, bibliografia e
ta invece parchi della pace e luoghi ricreativi dedicati alla                    periodici, associazioni, finanziamenti per la ricerca, pubblicazioni degli Archivi
                                                                                 di Stato, Saggi 87, Roma 2006, pp. 261-75; Monumenti alla Resistenza. Bologna
                                                                                 e il suo territorio, saggio introduttivo a La premiata Resistenza. Concorsi d’arte
     26
          Ivi, p. XXI.                                                           nel dopoguerra in Emilia-Romagna, a cura di O. Piraccini, G. Serpe e A. Sibilia
     27
          Camus et la politique, a cura di J. Guérin, Paris 1987.                (introduzione di E. Raimondi), Bologna 1995, pp. 21-38.
90                                                                     Filo rosso   Dogliani, Memoria e storia pubblica                                           91

Soustelle) sintetizzata dalle Mémoires de guerre (1954) del                         trasforma l’8 maggio in giornata festiva nazionale «costitui-
generale stesso che rende la Resistenza un fatto militare gui-                      sce il versante ricordo di una politica di perdono elaborata
dato da coloro che avevano seguito il suo appello londinese                         tra il 1952 e il 1954» sfociata nella legge del 24 luglio 1953
del 18 giugno 1940 per una France libre. In mezzo a loro                            sull’amnistia dei collaboratori. Una terza e duplice lettura
una memorialistica «indipendente» poco appariscente e                               interviene negli anni settanta: il presidente Valéry Giscard
rappresentativa, mentre, come nel caso italiano di Roberto                          d’Estaing, nel 1975, cancella l’8 maggio dal calendario delle
Battaglia (che pubblica da Einaudi nel 1953 il primo lavoro                         festività in nome della costruzione di un avvenire europeo
di ricostruzione storica dei mesi della Resistenza), inizia ti-                     attorno all’asse franco-tedesco; al contrario, andato al potere
midamente a fare i primi passi una prima ricostruzione sto-                         il socialista Mitterrand nel 1981, l’8 maggio ritorna ad essere
riografica guidata a Henri Michel. Michel, militante sociali-                       giornata festiva con forte enfasi sui valori di pace, di coesi-
sta e resistente del Var, segretario della Commissione di sto-                      stenza, dei diritti umani30.
ria dell’occupazione e della Liberazione creata il 20 ottobre                           È interessante notare, sempre nell’ambito del nostro con-
1944, è destinato a divenire «la figura dominante» della sto-                       fronto, che sebbene richiesta a più riprese dalle associazioni
riografia della Resistenza almeno sino all’inizio degli anni                        di combattenti e di deportati in Francia non sia mai stata in-
settanta.                                                                           staurata una giornata specifica dedicata alla Resistenza. In
    Altrettanto timidamente la Quarta Repubblica tenta una                          un primo momento sembrò emergere la data del 18 giugno,
sua celebrazione moderata e poco militante della Resistenza,                        nella quale, nel 1940, De Gaulle aveva chiamato i francesi a
che culmina con l’anno 1953: l’anno dell’amnistia definitiva                        resistere all’occupazione. In effetti tale data fu fastosamente
ma anche della legge che indice l’8 maggio festa nazionale.                         celebrata dal 1960, per tutto quel decennio gaullista, al Mé-
Vi è una netta differenza con il nostro 25 aprile. La festa ita-                    morial de la France combattente sul monte Valérien, ma
liana si impone sin dal 1946, grazie al governo De Gasperi,                         eclissò come l’homme du 18 juin con il 1968. Come prima
su proposta del comunista allora sottosegretario alla presi-                        del 1958, nuovamente la festa della Resistenza ritorna a di-
denza Giovanni Amendola, come «festa della nazione de-                              sperdersi attorno a decine di luoghi e di date che ricordano
mocratica ricondotta non all’anniversario della cessazione                          in provincia fatti d’arme, deportazioni ed eccidi, e attorno a
della guerra – il 2 maggio – ma al ricordo dell’insurrezione                        memorie che ancora recano divisioni, conflitti, riti ed ideo-
generale proclamata dal Comitato di Liberazione naziona-                            logie diverse. A riprova, è stato notato che la Resistenza non
le», e pertanto festa democratica ed antifascista – ancor pri-                      ha trovato ospitalità come «luogo» reale o immaginario nei
ma della istituzione della festa del 2 giugno, il 25 aprile si                      volumi su Les lieux de mémoire dedicati alla Francia da
poneva come festa fondante il nuovo Stato, con l’auspicio                           Pierre Nora tra il 1984 e il 1993, a differenza di quanto è av-
che potesse «per ampiezza e tradizioni ricord[a r e] il 14 lu-                      venuto nei volumi italiani curati da Mario Isnenghi31.
glio francese»29. L’8 maggio francese ricevette invece diverse                          Notiamo anche un’altra coincidenza per l’anno 1953 tra
interpretazioni ed ebbe un percorso assai complesso. Imme-                          Francia ed Italia: in ambedue i Paesi questo anno, oltre al
diatamente De Gaulle diede della capitolazione tedesca in                           completamento dell’iter delle amnistie, segna il momento
tale data una lettura di vittoria dell’esercito francese, inter                     più critico e «basso» nella memoria pubblica della Resisten-
pares tra quelli alleati, che pone termine ad una guerra dura-                      za. A differenza di quella francese, però, tra il 1948 e il 1953
ta trent’anni (1914-44) contro l’esercito tedesco. Per questo                       la Resistenza italiana viene addirittura messa in stato di ac-
De Gaulle nel 1945 continuò a privilegiare la vittoria più                          cusa e criminalizzata, con procedimenti e processi a carico di
completa e meno contraddittoria come festa nazionale: quel-                         ex partigiani. In ambedue i Paesi, comunque, il discorso ce-
la dell’11 novembre (1918) rispetto a quella dell’8 maggio                          lebrativo perde fiato, si orienta sulla concordia nazionale,
(1945). La Quarta Repubblica potenzia invece una lettura
«democratico cristiana» e trasforma il concetto di capitola-                             30
                                                                                            Si vedano di S. Barcellini: La commémoration du 8 mai 1945, un combat
zione in quello di armistizio. La legge del 20 marzo 1953 che                       entre Histoire et Mémoire, in «Historiens et Géographes», 348, pp. 1995 e la vo-
                                                                                    ce 8 mai 1945, in Dictionnaire historique de la Résistance, Paris 2006, pp. 995-6.
                                                                                         31
                                                                                            A. Ballone, La Resistenza, in I luoghi della memoria. Strutture ed eventi
     29
          M. Ridolfi, Le feste nazionali, Bologna 2003, pp. 200 sgg.                dell’Italia unita, a cura di M. Isnenghi, Roma-Bari 1997, pp. 401-38.
92                                                                 Filo rosso      Dogliani, Memoria e storia pubblica                                               93

viene gestito dai partiti centristi; in Italia essenzialmente dal-                 to, come Michel, in Jean Moulin. La figura di Jean Moulin
la Democrazia cristiana che cerca di neutralizzare il poten-                       emerge come la più adatta a rappresentare nel luogo più sa-
ziale «sovversivo» della memoria resistenziale delle sinistre,                     cro della religione civile della nazione, dove vengono con-
in nome di valori morali e genericamente patriottici, del ri-                      servati, onorati ed esposti i corpi dei personaggi più illustri:
cordo da coltivare essenzialmente negli animi e nel silenzio                       il Panthéon, l’intero esercito dei martiri della Resistenza. In
delle coscienze ed anche di un appello più generale alla «pa-                      un primo momento quattro resistenti erano stati evidenziati
cificazione» tra italiani32.                                                       da una attenta selezione, tra i quali Pierre Brossolette, il resi-
                                                                                   stente di formazione umanistica e normaliana che aveva co-
                                                                                   struito, da Londra, il primo discorso epico (pronunciato il
           4. De Gaulle e la memoria della Resistenza                              18 giugno 1943) sul sacrificio per la patria e per la liberazio-
                                                                                   ne del Paese, per poi cadere anch’egli pochi mesi dopo, nel
    Il ritorno di De Gaulle al potere impone in Francia un                         marzo 1944: «si potrebbe dire che il resistente Brossolette ha
terzo periodo: 1958-69. La memoria pubblica torna ad essere                        identificato con il suo sangue l’oratore Brossolette»33. Mou-
egemonizzata dai gaullisti, e contrastata dalla sola memoria                       lin viene però meglio identificato come l’uomo sintesi della
comunista, sempre più chiusa negli ambienti interni al partito                     Resistenza, non il capo bensì il primus inter pares: l’uomo di
e ai militanti. Sul piano storiografico, la Resistenza diviene                     De Gaulle, l’uomo delle istituzioni della Terza Repubblica
tema di ricerche universitarie, ma anche in questo ambiente                        che non si piegano al collaborazionismo (era stato giovane e
fortemente influenzate dalle tesi gaulliste che vedono la                          brillante prefetto), l’uomo della organizzazione e della lotta
Resistenza francese essenzialmente diretta e subordinata alla                      clandestine, l’uomo e il mediatore politico, infine il torturato
direzione di Londra. Simili visioni si esprimono, ad esempio,                      e il trucidato dopo la cattura da parte dei nazisti. Il 19 di-
nella prima these d’état sull’argomento, sostenuta da Henri                        cembre 1964 il suo corpo viene traslato al Panthéon, seguito
Michel alla Sorbona nel 1962 in presenza di molti autorevoli                       idealmente da un popolo di ombre che ottiene con lui la re-
protagonisti della Resistenza: Les courants de pensée de la                        surrezione, grazie all’onore che tributa loro la nazione e alla
Résistance; riassunta poi dal primo «Que sais-je» (collana di                      luce sotto la quale il ricordo e la riconoscenza dei francesi li
ampia diffusione) sulla «France libre» del 1963 e dal volume                       pone. A Moulin, Andrè Malraux dedica il più importante
Jean Moulin l’unificateur sempre di Michel del 1964. Al                            dei suoi discorsi tenuti come ministro della Cultura, ripren-
confronto, il Pcf mantiene salde la sua memoria «alternativa»                      dendo ed ampliando la retorica resistenziale inaugurata e
e, come è stata successivamente definita, una sua militante                        praticata durante la guerra da Brossolette. La traslazione di
datcha storiografica comunista. Escono in questi anni le                           Jean Moulin assume quindi molteplici significati grazie an-
memorie di Jacques Duclos e soprattutto l’opera collettiva                         che alla sapiente regia di Malraux, ministro ma anche tra i
Le Parti communiste français dans la Résistance (Paris 1967).                      più noti scrittori francesi del tempo, precocemente antifasci-
    Sempre in quegli anni i gaullisti procedono ad una opera-                      sta negli anni del Fronte popolare, volontario nella guerra
zione di grande valore simbolico: la ricerca di un nome che                        civile spagnola, poi divenuto compagnon e fedele collabora-
rappresenti tutti gli eroi caduti per la Liberazione. Al con-                      tore di De Gaulle. Alcuni sostengono (tra questi ancora L.
trario della prima guerra mondiale, per la quale il sacrificio                     Douzou)34 che l’orazione per Moulin abbia valso anni dopo,
di centinaia di migliaia di caduti veniva sintetizzato negli                       nel 1996, allo stesso Malraux l’onore di essere sepolto a suo
onori portati al corpo di soldat inconnu, la lotta di Resisten-
za, per la quale sono stati tutti identificati e selezionati i                            33
                                                                                               L. Douzou, La Résistance française: une histoire périlleuse. Essai
combattenti, ha bisogno di un altrettanto conosciuto e rico-                       d ’ h i s t o r i o g r a p h i e, Paris 2005, p. 29. Il libro contiene anche un’ampia
                                                                                   bibliografia finale alla quale si rinvia per i riferimenti storiografici qui fatti, ma
nosciuto personaggio che li rappresenti. Tale héros éponyme                        non riportati in nota.
viene identificato dai gaullisti, e da storici accorsi in loro aiu-                       34
                                                                                              Id., La Résistance française en quête d’un héros éponyme (1942-1996), in
                                                                                   La France démocratique (combats, mentalités, symboles). Mélanges offerts à
                                                                                   Maurice Agulhon par Ch. Charle, J. Lalouette, M. Pigenet, A.-M. Sohn, Paris
     32
        Sul periodo 1948-53 considerato di «crisi della ‘‘narrazione egemonica’’   1998; Id., Les morts de la Résistance, in Autour des morts. Mémoire et identité,
antifascista» ancora Focardi, La guerra della memoria cit., pp. 19-32.             a cura di O. Dumoulin e F. Thelamon, Rouen 2001, pp. 409-17.
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