Liceo Lorenzo Federici Giornalino Scolastico, A.S. 2018/19 XI numero, Dicembre 2018 XI numero, Dicembre 2018

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Liceo Lorenzo Federici Giornalino Scolastico, A.S. 2018/19 XI numero, Dicembre 2018 XI numero, Dicembre 2018
Liceo Lorenzo Federici
LiceoGiornalino
      L. FedericiScolastico, A.S. 2018/19
A.S.XI
    2018/19
       numero, Dicembre 2018
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XI numero, Dicembre 2018
Liceo Lorenzo Federici Giornalino Scolastico, A.S. 2018/19 XI numero, Dicembre 2018 XI numero, Dicembre 2018
SOMMARIO

EDITORIALE
Pag.5/ Editoriale                       di Alessandro Loda e Teresa Mazza

VITA AL LICEO:
Pag.7/Perché proprio Serendipity?                   di Melissa Longianese
Pag.9/Il mondo è bello perché… avariato?!                 di Dafne Bellini

ATTUALITÀ:
Pag.12/ Mtendere, pace.                                di Letizia Sanchioni
Pag.15/Phobia                           di Alessandro Rota e Sorana Vartic

CULTURA:
Pag.18/La musica e i suoi benefici di Arianna Colonetti e Michela Vacis

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SOMMARIO

Pag.20/La solitudine dei numeri uno                           di Anita Galezzi
Pag.24/Tra le righe di…                                  di Anstasija Piazzoni
Pag.26/L’inverno: tra miti e stelle                         di Alessio Lamera

INTERVISTE:
Pag.28/What’s up world?                di Ilaria Vitali e Francesca Maragoni
INIZIATIVE:
Pag.32/Poesia                                           Commissione poesia

Copertina a cura di: Miriam Saladino
Fumetti a cura di: Elia Gondola
Impaginazione a cura di: Elisa Mazzoleni , Chiara Beretta ,Christian Annoni e
Alice Beretta
Correzione a cura di:Teresa Mazza, Giorgia Papillo ,Daniele Bena e Marco Allieri
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La Redazione

                                            Alessandro Loda

                      Vitali Ilaria        Teresa Mazza             Elisa Mazzoleni

         Francesca Maragoni                Alessio Lamera                    Letizia Sanchioni

  Arianna Colonetti       Sorana Vartic     Melissa Langianese   Michela Vacis       Alessandro Rota

   Gondola Elia          Dafne Bellini         Sara Arboldi      Giorgia Papillo      Anastasija Piazzoni

Christian Annoni         Daniele Bena        Alice Belotti           Marco Allieri                Chiara Beretta

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EDITORIALE
              Di Alessandro Loda e Teresa Mazza

Ciao ragazzi, siamo Alessandro e Teresa, due vostri compagni di quinta.
Quest’anno l’arduo compito di coordinare il giornalino è passato a noi!
In redazione ci sono nuovi volti e tanta voglia di fare. Questo numero è
come un “passaggio di testimone” per noi, molti dei ragazzi qui scrivo-
no, controllano o impaginano per la prima volta.
Veniamo a noi. Ce ne rendiamo conto: nemmeno iniziare un editoriale
è facile. Il tema che abbiamo in testa però c’è ben chiaro: la rappresen-
tanza. Abbiamo tutti sentito delle numerose difficoltà a formare persi-
no delle liste negli ultimi anni, e la cosa ci rattrista un po’. Ogni elezione
la stessa storia, con nessuno che nemmeno sogna di fare il rappresen-
tante di classe.
L’atteggiamento è sempre lo stesso:
“ci penserà qualcun altro dai”, “Io ho già da fare altro...” “Vorrei avere
il tempo, ma…”;
una vera e propria forma di “anomia” generale.
Sia chiaro, non siamo dei nostalgici che rimpiangono gli anni del ’68 e
dell’Autunno Caldo, ma vedere certe cariche così sottovalutate è un
vero peccato. Se da un lato però da parte di alcuni c’è la voglia di
mettersi in gioco, dall’altro mancano gli strumenti per farlo al meglio.
Di per sé, spesso nemmeno le informazioni necessarie vengono assimi-
late come dovrebbero… Un esempio? Sorprendentemente il grosso dei
nostri studenti non ha ancora chiara la figura della consulta. Per quan-
to fondamentale, questo ruolo non è ancora ricoperto da nessuno
quest’anno.
Un rappresentante dovrebbe essere qualcuno che non s’accontenta
mai, propositivo nel miglioramento di un complesso, che sì funziona,
ma che porta con sé ancora numerosi problemi, come quello dei pull-
man. Osare, sognare dovrebbe essere il motore di ogni rappresentan-
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EDITORIALE
             Di Alessandro Loda e Teresa Mazza

te, da quello di classe, di prima, che non sa nemmeno come sia finito
lì, a quello d’istituto. In Italia capita però che le ali in certe occasioni
vengano tarpate. Questo è uno degli aspetti di una scuola che vive
troppi argomenti ed iniziative come tabù, e che spesso finisce impan-
tanata nella sua stessa burocrazia. Quella scuola in cui il distacco fra
chi la vive nelle aule e nei corridoi ogni giorno e chi sta ai suoi vertici è
troppo ampio. Questo non fa altro che demotivare ed alimentare l’in-
differenza verso la rappresentanza, da ambo le parti.
Ci piace pensare ai nostri insegnanti non solo come professori, ma an-
che come maestri di vita. Crescendo, saremo chiamati più volte a rap-
presentare e rappresentarci. Un concetto fondamentale che però non
sembra essere chiaro a tutti: chi fa pesare un ruolo come quello del
rappresentante, che investe certe ore nella sua attività, c’è. Sono pochi
quelli che hanno a cuore di vedere i propri alunni “tentare l’impresa”.
Dilaga così fra i ragazzi un fenomeno tristemente comune: quello di
sentirsi lasciati soli in questo percorso. Senza un faro, navigare in ac-
que sconosciute porta veramente a poco; arrivare ad un cambiamento
in meglio diventa difficile. Signori e signore, non ci sembra d’essere al
timone del Titanic.
Il ruolo del rappresentante necessita di un progetto preciso e solido da
parte della scuola, un vero investimento di una figura coordinatrice
che ancora manca. Crediamo che portare a bordo dell’USS Federici un
quartiermastro proveniente dalla fila dei professori potrebbe essere
un inizio.
Ci sembra di aver detto tutto! Grazie a chi ha letto fino in fondo. Grazie
a chi darà giustizia a tutte le ore di lavoro spese dalla redazione, leg-
gendo queste pagine. Grazie a chi, ogni giorno, ha il coraggio di
mettersi in gioco. Buona Lettura!

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VITA AL LICEO
                    Di Melissa Longianese

PERCHÉ PROPRIO SERENDIPITY?
In italiano la “serendipità” non è una parola usuale. Molte persone
non ne conoscono il significato, per questo voglio chiarirvi le idee.
Avete presente quando cercate disperatamente in camera la circolare
senza la quale non potrete andare in gita scolastica e nel mentre vi
                                           “imbattete" in quella fa-
                                           mosa verifica che erava-
                                           te sicuri di aver riconse-
                                           gnato alla profe 2 anni
                                           fa? Ecco, la serendipità è
                                           questo. È la scoperta di
                                           cose o risultati inaspetta-
                                           ti durante la ricerca di
                                           qualcosa di totalmente
                                           diverso rispetto alle
aspettative con le quali si era partiti.
Personalmente sono molto legata a questa parola. L'ho scoperta gra-
zie ad una canzone inglese,“my serendipity”, la quale parla di questo
ragazzo che ha paura di sognare cose che non può avere, ma che, da
quando incontra “la sua lei”, diventa un sognatore.
Userei questa parola anche per descrivere le invenzioni nate per caso
nel corso dei secoli, ad esempio Cristoforo Colombo quando scoprì
l'America.
Una volta scoperto questo nuovo termine, facendo qualche curiosa
ricerca, ho trovato un articolo di Focus, in cui veniva raccontato un
esperimento compiuto da dei ricercatori italiani i quali hanno voluto
dimostrare che quando osserviamo qualcosa, senza aspettative, di-
ventiamo più bravi a vedere anche quello che di solito non riusciamo
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                     Di Melissa Longianese

dell'attenzione su uno schermo e hanno osservato che se gli stimoli
“facili” da vedere venivano presentati in modo imprevedibile, senza
una regolarità, i volontari miglioravano nel percepire anche quelli
“difficili”.
Questa parola, così difficilmente udibile nella quotidianità, cela den-
tro di sé una profondità di significato veramente sconvolgente.
Ora che avete chiaro il significato di questa splendida parola potete
sbizzarrirvi a ricondurre la serendipità a situazioni accadute fin ora
nella vostra vita!

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VITA AL LICEO
                          Di Dafne Bellini

IL MONDO E' BELLO PERCHE'... AVARIATO?!
Belli, brutti;
Grandi, piccini;
Strani, stranissimi...
In questi cinque anni di liceo ne ho viste di ogni e ho scovato in ogni
angolo della scuola diversi "tipi da liceo", ognuno con delle proprie ca-
ratteristiche!
È proprio vero che il mondo è bello perché è vario... o avariato?!

DECA? NO, GRAZIE!
Poniamo l’attenzione su coloro che sperperano il loro patrimonio in
cappuccini e caffè: infatti nel giro di cinque ore hanno svuotato il loro
portafoglio, tanto che si sono pure indebitati per le monetine che i di-
stributori hanno fregato. “Deca? No, grazie!” È il loro motto: niente
decaffeina, solo caffeina pura, niente zucchero, caffè amaro, come la
vita. Questi studenti si svegliano solo con una media di sei/sette caffè
a mattina, per poi consumarne altri cinque durante la giornata. Se so-
lo potessero farebbero l’endovena di caffeina!

VETERANI E SEMPRE AL TOP
Ai primi si collegano i veterani. Sì, perché i veterani sono una catego-
ria a parte, sono i capisaldi, il fondamento di questa scuola... Sto pro-
prio parlando dei ragazzi di quinta, dei quali la sottoscritta fa parte. In
un certo senso, noi tutti ci sentiamo a casa e girovaghiamo per i corri-
doi conoscendo ogni angolo, ricordando i momenti passati coi libri in
mano per studiare l'ultima pagina prima di un compito in classe. Noi,
che dobbiamo convivere con l'ansia per la maturità, per i test d'in-
gresso di settembre; noi che viviamo le domeniche sere con le
cuffiette alle orecchie per alleviarci l'arrivo dell'imminente lunedì...

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VITA AL LICEO
                          Di Dafne Bellini

INSOMMA, siamo quella categoria di gente che va a spasso con l'an-
sia, le paranoie e la cartella pesantissima per affrontare ogni giorno i
sessantatré scalini che ci separano dalla piccionaia, dato che hanno
pensato bene di farci traslocare fino al terzo piano! Almeno, abbiamo
il diritto di indebitarci a causa dei caffè!

L’IMPANICATO
Tutti, e dico tutti, abbiamo l’amico "impanicato" in classe. È colui che
ti chiama ad ogni ora del giorno per avere ogni tipo di conferma: “ma
hai studiato?”, “ma oggi c’è l’interrogazione?”, “i volontari ci sono? O
estrae?”, “se estrae sono fregato”, “l’ultimo paragrafo non era da fare,
vero?”. Avrà pure questo difetto perenne, ma il suo più grande talen-
to è quello di trasmettere la propria ansia a tutti, mentre dissimula i
tic nervosi, che sfociano dalla gamba tremolante, all’occhio a inter-
mittenza. L’impanicato è quella persona che è stata sveglia tutta
notte per studiare, da bravo filosofo che è “sa di non sapere”, e poi,
all’interrogazione si alza in piedi e dice “mi scusi prof, ma mi giustifi-
co”.

L’ORATORE
Noi lo conosciamo come l’eroe della classe. Sì, ci salva dalle disgrazie,
perché con pochissime parole è capace di far perdere al prof un’ora
di lezione discutendo su argomenti, alla fin della fiera, utili quanto un
5 messo per motivarti. La sua responsabilità non è affatto da prende-
re sotto gamba: l’oratore è attento ogni giorno all’umore del profes-
sori, alle frasi giuste per ammaliarlo e far spostare la verifica e per
convincerlo a organizzare interrogazioni programmate.
L’eroe c’è sempre e non possiamo farne a meno.

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VITA AL LICEO
                          Di Dafne Bellini

IL CAMALEONTE
Non è una specie in via di estinzione, anzi, i camaleonti continueran-
no ad affollare la foresta. La loro filosofia è “se non lo guardo, lui non
vede me”, e guarda caso l’interrogazione la scampano sempre! Come
quando il prof entra in classe dicendo “bene ragazzi, oggi interrogo” e
il camaleonte, non si sa come, ha già la mano alzata per andare in ba-
gno. Bah...

NON HO STUDIATO NIENTE... E INVECE.
Di tipi strani ce ne sono talmente tanti da poter scrivere un libro inte-
ro, ma vorrei porre l’attenzione su quelle persone che alla domanda:
“Ma senti, ma tu come sei messo con lo studio? Io sono proprio fre-
gato per la verifica!” rispondono: “Anche io! La verifica mi andrà ma-
lissimo, ieri non ho proprio studiato”
E poi... proprio nel momento della consegna delle verifiche... voi alze-
rete con gloria un 6-, che nemmeno voi sapete da dove possa essere
arrivato perché supera ogni vostra aspettativa, ma loro alzeranno il
foglio e voi vedrete quel magico 8... Menomale che non avevano stu-
diato...

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ATTUALITA
                       Di Letizia Sanchioni

                                  MTENDERE,
                                  PACE.
                                  In un momento così delicato per l’I-
                                  talia, dove la questione dell’immi-
                                  grazione di persone provenienti per
                                  la maggior parte dal continente afri-
                                  cano è una tra le più discusse, ho
                                  deciso, l’Agosto scorso, di mettere
                                  da parte pregiudizi e terrore e vede-
                                  re finalmente come si sta a “casa lo-
                                  ro”.
                                  Mi sono ritrovata in missione in un
                                  paesino sperduto nel Malawi, Kan-
kao, così piccolo e sconfinato che a cercarlo su Google Maps non esi-
ste nemmeno. Senza corrente, in un luogo dove il sole tramonta alle
17:00 e dove, se sei fortunato, riesci a vedere la strada con la luce lu-
nare.
La prima sera ero tristissima, non avevo dormito durante il viaggio e
non sapevo a cosa sarei andata incontro. A tavola abbiamo mangiato
alla luce di due candele, mi veniva da piangere…in che posto ero capi-
tata? Ce l’avrei fatta a rimanere lì per un mese?
Con me c’erano due ragazze che non conoscevo ma con le quali ho
avuto la fortuna di condividere le mie prime tre settimane e con cui
ho avuto delle esperienze fortissime.
Quel piccolo pezzo di Africa mi ha conquistata dopo poco, non credo
che riuscirò ad esprimere mai abbastanza come io mi sia sentita e
quanto ora io mi senta ricca, completa e sicuramente maturata.

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ATTUALITA
                       Di Letizia Sanchioni

In primo luogo mi trovavo in un orfanatrofio, circondata da una ma-
rea di “marmocchi” dagli 0 ai 3 anni, che mi coccolavano dalla matti-
na alla sera e non smettevano mai di sorridermi, nonostante la loro
condizione. La loro stanza era il mio piccolo paradiso terrestre e
quando sono andata via avrei tanto voluto portarli tutti con me. La
comunicazione non era difficile: anche se loro parlavano in Chicewa,
la lingua locale derivante dall’inglese, con i gesti, qualche parola in-
glese e il mio scarso tentativo di imparare il loro linguaggio riusciva-
mo a comprenderci.
Le famiglie composte da un minimo di
20 persone vivono in capanne vera-
mente piccole fatte di legno, paglia e,
per i più ricchi, mattoni. La possibilità
di lavorare in Malawi è minima. Non ci
sono molte opportunità o fonti di risor-
sa se non per le miniere di diamanti,
ormai depredate anni fa, e l’agricoltura
durante i periodi meno secchi dell’an-
no. I villaggi sono invasi da polvere,
terra, capre e cani; i bambini vivono
tutti insieme e sempre in giro per la
strada scalzi, chiedendo ai passanti del-
le “sweety” (caramelle).
I luoghi più terrificanti sono però gli ospedali, dove la prima cosa a cui
ho pensato è stata: “qui se entri sano ne esci malato!”. Sale parto in
pessime condizioni, con macchie di sangue sulle pareti e sui materas-
si (se ci sono), aghi delle siringhe che vengono cambiati ogni 20/30
persone, farmacie sporche con farmaci scaduti e talvolta sommersi da

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ATTUALITA
                       Di Letizia Sanchioni

formiche. La maggior parte della gente contrae l’HIV, le malattie e le
morti sono all’ordine del giorno. In Malawi il rischio di incontrare lun-
go la propria strada dei serpenti è altissimo, ho imparato infatti tutti i
“trucchi” per liberarmi dal veleno in poco tempo, per evitare di mori-
re in giovane età.
Da come viengono descritti, il Malawi, l’Africa, sembrano un inferno,
ma posso assicurare che non lo è stato per me.
Nonostante la grande miseria la gente è felice, colorata, sempre pron-
ta a ballare e festeggiare, non ti negano mai il saluto e un sorriso sin-
cero.
In quel luogo ho ritrovato la mia anima, l’mtendere (in chicewa: la pa-
ce) più assoluta come non avevo mai provato prima e la chimwemwe
(la gioia) di poter stare in mezzo alla natura senza pensieri inutili e og-
getti superflui. Mi sono riscoperta e sono cambiata in meglio, trovan-
do la mia vera essenza e il coraggio di dedicarla agli altri.
E quindi bisogna essere temerari, aprire il cuore, cancellare i pregiudi-
zi e lasciare che un po’ di Africa entri dentro di noi.

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ATTUALITA
             Di Alessandro Rota e Sorana Vartic

PHOBIA
Che siate amanti di film horror o persone facilmente impressionabili,
la paura è un sentimento inevitabile, ed è la prima risposta del nostro
organismo in situazioni sgradevoli o minacciose. Permette di ricono-
scere i pericoli e di catalogarli a seconda del grado di allerta. Pensia-
mo, ad esempio, di aver dimenticato a casa il gas acceso: se non pro-
vassimo paura di quello che potrebbe accadere continueremmo a
passeggiare per Piazza Vecchia imperterriti. In alcuni casi la paura
stessa è autoindotta: tutte quelle volte che guardiamo un film dell’or-
rore, o saliamo sulle delle giostre preferite, non stiamo facendo altro
che terrorizzarci con le nostre stesse mani. Lo scopo? Lo “specialista
dello spavento”, Margee Kerr, dell’Università di Pittsburgh, ritiene che
il vero motivo per cui ci piace provar paura sia discostarci per qualche
secondo dai nostri pensieri quotidiani e liberare la mente.
La fobia è invece una paura irrazionale che persiste nel tempo. Tra
quelle ritenute patologiche abbiamo:
•   Psicopatofobia: La paura di perdere il controllo sul proprio com-
    portamento motorio, verbale o anche mentale, al punto di impaz-
    zire. I soggetti che presentano questo tipo di fobia tendono a co-
    stanti ricerche di rassicurazioni e continue visite specialistiche. Gli
    studenti che han sperimentato un 3 ne san qualcosa.
•   Aerofobia: La paura di volare, secondo le statistiche più diffusa tra
    le donne che tra gli uomini. Forse per questo certe prof evitano
    questi spostamenti in gita?
•   Agorafobia: La paura degli spazi aperti o ambienti non familiari.
    Inoltre è spessoè associata ad attacchi di panico, disturbo ossessi-
    vo-compulsivo. Mi ricorda il primo giorno da primina.

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ATTUALITA
              Di Alessandro Rota e Sorana Vartic

•   Patofobia: La paura di soffrire di malattie gravi e difficilmente gua-
    ribili. L’individuo, quindi, presenta un meticolosa ricerca di chiari-
    mento su qualsiasi apparente sintomo, anche se poco significante.
    Menomale che mia madre era solo un po’ ipocondriaca.
•   Cherofobia: La paura della felicità è una fobia meno diffusa, ca-
    ratterizzata dal temere di vivere esperienze positive e di gioia, la
    causa di tali paure potrebbe essere dovuto ad una credenza inte-
    riore secondo la quale, quando una persona diventa felice, suben-
    trerà sicuramente un evento negativo come punizione della gioia
    dell’ individuo oppure pensare che la propria felicità sia un male
    per sé e per gli altri. Qualcuno qui guarda X Factor?
Ecco le più strane e bizzarre fobie documentate:
1. Numerofobia: la paura dei numeri. Ai numerofobici sono caldamen-
te sconsigliati università di matematica, fisica, ingegneria.
2. Arachibuytrofobia: una paura unicamente statunitense: il timore
del soffocare nel deglutire il burro d’arachidi. Ora capisco perché in Ita-
lia non lo vendano.
3. Hippopotomonstrosesquipedaliofobia: la paura delle lunghe paro-
le. Chiedo scusa a tutti i lettori che soffrono di questa fobia dopo aver
letto il termine (se ci sono riusciti).
4. Papafobia: proprio così, la paura di Papa Francesco o più in generale
di ogni oggetto o persona strettamente legata al Vaticano. La sintoma-
tologia si traduce nella istantanea sudorazione, vertigini, difficoltà re-
spiratorie, nausea.
5. Singenesofobia: la paura dei parenti. Ora avete una scusa per evita-
re il cenone di Natale.

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ATTUALITA
             Di Alessandro Rota e Sorana Vartic

6. Assimetrifobia: questa fobia accomuna molti dei perfezionisti e
amanti dell’ordine (sì, sto proprio parlando di te). Si tratta della paura
di vedere le cose non allineate simmetricamente.
7. Anatidaephobia: la paura che un’anatra, un’oca, un cigno o una pa-
pera ti stia guardando. Il volatile in questione può essere nascosto
ovunque: dietro un cespuglio, dietro un albero o perfino sotto al tuo
letto. Evitate assolutamente le gite al lago, in campagna o a casa di un
amico infame che nasconde la sua papera domestica sotto al divano.
8. Cenosillicaphobia: la paura del rimanere con il boccale di birra vuo-
to. Sì, proprio di birra. Secondo molti è meglio prevenire che curare
con un barile sempre a portata di mano.

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CULTURA
            Di Arianna Colonetti e Michela Vacis

LA MUSICA E I SUOI BENEFICI
Quante volte noi ragazzi troviamo nella musica le nostre emozioni, i
nostri sentimenti, le nostre parole e la sfruttiamo quindi per comuni-
care al mondo cosa succede veramente dentro di noi? Ecco, questo
perché già qualcuno aveva provato le nostre stesse emozioni e aveva
pensato alle nostre stesse parole. Spesso per staccare dalla monoto-
nia della vita quotidiana ci basta infilare le cuffie, alzare il volume al
massimo e, con una qualsiasi melodia, estraniarci dal resto del mon-
do. Qualunque emozione proviamo la musica è in grado di amplificar-
la perché per ognuna c'è un gene-
re musicale adatto. Ma perché la
musica porta tutti questi benefici?
Secondo vari studiosi il linguaggio
musicale contiene elementi re-
gressivi e trasformativi che posso-
no facilitare alcuni processi men-
tali accompagnandoli nella loro
evoluzione e trasformazione.
È stato dimostrato che la musica
agendo sul sistema nervoso pro-
duce reazioni di tipo muscolare,
cardiaco, respiratorio ed ormona-
le, con evidenti ricadute sul piano emozionale. Chi di noi non si sente
meglio ascoltando una musica che ama o cantando le parole di una
canzone? Ora il potere della musica è riconosciuto anche dagli esper-
ti di medicina e di salute: in questi casi si parla di musicoterapia, ossia
un metodo speciale di psicoterapia che utilizza appunto vari tipi di
musica ed attività musicali e, con questi mezzi di comunicazione non
verbale, cerca di esercitare un influsso terapeutico sul paziente.
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CULTURA
            Di Arianna Colonetti e Michela Vacis

Robert Zatorre, uno dei massimi esperti di neurobiologia della musica
nonché uno dei fondatori del laboratorio canadese di ricerca “Brain,
Music and Sound”, ha studiato i meccanismi neuronali di percezione
musicale scoprendo una netta differenza neurofisiologica fra l'antici-
pazione e l'esperienza emotiva dell'ascolto. La musicoterapia si rivela
particolarmente utile nel caso di pazienti affetti da disturbi motori o
da demenza e di bambini con capacità speciali: dal momento che atti-
va quasi tutte le regioni del cervello, la musica serve soprattutto per
recuperare attività linguistiche e motrici.
La musica insomma costituisce un modo particolare di esprimersi, un
rifugio dai problemi e allo stesso tempo spesso può aiutare a curare
una malattia o a farci sviluppare una determinata abilità, perciò noi la
consideriamo “un'ancora di salvezza”. Infine, come disse Bob Dylan, il
bello della musica è che quando ti colpisce non senti dolore.

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CULTURA
                         Di Anita Galezzi

LA SOLITUDINE DEI NUMERI UNO
Ti sei mai sentito fuori posto? Hai mai avuto delle intuizioni che tu
definiresti geniali, ma che gli altri hanno scartato? Beh questo non si-
gnifica che tu sia un genio, ma magari sei sulla buona strada. Tuttavia
non bisogna commettere l’errore di considerare ogni narcisista un ta-
lento solo perché si è autoproclamato “essere superiore”. Al contra-
rio, molto spesso, nel corso della storia, le persone nate con capacità
fuori dal comune, hanno vissuto lontano dagli altri, e avrebbero ri-
nunciato al loro piedistallo pur di avere qualcuno accanto che li ve-
desse semplicemente come degli esseri umani. In fondo, bisogna te-
nere presente che anche i geni, dotati di un’intelligenza che ha del
soprannaturale, sono pur sempre persone. In questo senso, il cinema
ci viene ancora una volta in soccorso, mostrandoci delle realtà di vita
diverse dalla nostra, facilitando a noi la comprensione. Diverse pelli-
cole hanno affrontato, con storie differenti, la solitudine in cui spesso
incorrono i geni, persone invidiate da tutti per le loro abilità.
Una di queste è THE GIFTED-IL DONO DEL TALENTO (2017). Il film in
questione ha come protagonista una bambina, Mary Adler, che a soli
7 anni ha già divorati libri e libri di mate-
matica. Mary vive in una piccola cittadina
marittima in Florida, insieme al giovane
zio Frank, dopo che sua madre, altra ma-
tematica geniale, si è suicidata. Mary è
consapevole del suo talento e proprio per
questo fa fatica a relazionarsi con i suoi
coetanei che definisce “stupidi”. A turba-
re la vita quotidiana dei due è Evelyn,
madre di Frank e

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CULTURA
                          Di Anita Galezzi

                            nonna della piccola. Evelyn vorrebbe otte-
                            nere la custodia di Mary ma “solo per far
                            rinchiudere Mary in una stanza a discutere
                            con matematici russi per il resto della vita”,
                            proprio come aveva fatto con la madre di
                            Mary. La battaglia legale per la custodia sa-
                            rà lunga e sofferta, soprattutto per la prota-
                            gonista, la quale è molto legata allo zio.
                            Questo film pone al centro la sofferenza
                            della piccola Mary, la sua difficoltà nell’es-
                            sere “una saputella che non piace a nessu-
                            no”, invece che una semplice bambina de-
                            siderosa di giocare con degli amichetti per
tutto il giorno.
Altra storia difficile è quella narrata in A BEAUTIFUL MIND (2001),
biografia dell’economista John Nash, premio Nobel nel 1994. Egli fu
una fra le menti più brillanti del XX secolo, ma la sua carriera fu osta-
colata dalla schizofrenia paranoide da cui era affetto. John fa fatica a
distinguere tra realtà e ciò che esiste solo nella sua mente. In questo
estratto del film i coetanei di John, conoscendo il suo particolare tipo
di approccio con il mondo femminile, lo sfidano a chi riuscirà a con-
quistare la ragazza bionda più bella del bar. Ed è qui che John fa vale-
re la sua genialità, introducendo quella che sarebbe poi diventata la
“teoria dei giochi”. Per lui, la strategia migliore è che ciascuno ci provi
solo con le amiche della bionda, poiché sono tante quanti loro. In-
fatti, nel caso in cui la bionda, abituata al meglio, dica di no a tutti, le
sue amiche a quel punto non diranno mai di sì, perché a nessuno pia-
ce essere un ripiego. Nella moderna economia la tesi secondo cui “il
risultato migliore si ottiene facendo il meglio per se stessi e per il
gruppo” è ormai una regola di base.
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CULTURA
                         Di Anita Galezzi

Per concludere il viaggio attraverso la solitudine dei geni mi sento di
dover aggiungere una delle figure visionarie da me più amate: Vin-
cent van Gogh. La storia legata al mistero che avvolge la sua morte è
stata recentemente narrata nel primo film interamente dipinto a ma-
no: LOVING VINCENT (2017). Il film ripercorre in modo originalissimo
gli ultimi mesi di vita del padre dell’arte moderna, narrati al giovane
protagonista investigatore dai più importanti individui che hanno
attraversato la vita di Vincent. Il pittore olandese condensava dentro
di sé una gamma infinita di personalità. Visse un’infanzia infelice,
con genitori che provavano una sorta di avversione verso di lui. Per
tutta la sua vita, Vincent alternò periodi di serenità a vere e proprie
crisi di identità, sentendosi schiacciato dal mondo e dalle sue richie-
ste nei suoi confronti, un eterno adolescente insomma. Nonostante
durante tutta la sua vita il fratello Theo sia riuscito a vendere solo
uno degli oltre 800 quadri di Vincent, il pittore “si è sempre impegna-
to molto per dimostrare che valeva qualcosa”. La pittura fu così il suo
rifugio, anche se non bastò a salvarlo dalla morte, avvenuta, si crede,
per suicidio.
Per concludere, tutte queste personalità, pur
eccellendo in campi diversi del sapere uma-
no, hanno tutte un comune denominatore: la
solitudine, effetto quasi inevitabile per chi
annuncia una verità nuova, scomoda. La con-
dizione in cui vivono gli esseri umani più in-
telligenti non è sempre così invidiabile, ma in
fondo la colpa è di chi li etichetta come
“strambi” solo perché diversi…non è forse
mai capitato anche a noi di farlo?

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CULTURA
                        Di Anita Galezzi

Ecco allora che ci appare cosa sia davvero un genio: qualcuno in gra-
do di andare contro la direzione del gregge e divenire lui stesso pa-
store per guidarci verso una visione migliore delle cose… “qualcuno
che sia come un cielo stellato: che possiamo guardare senza mai com-
prendere del tutto”.

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CULTURA
                      Di Anstasija Piazzoni

TRA LE RIGHE DI...

A distanza di un anno dal suo primo ed indimenticabile successo a
livello nazionale “Bianca come il latte, rossa come il sangue”, nel
2011 Alessandro d’Avenia torna in pista con un nuovo romanzo de-
dicato a noi studenti del liceo.
“Cose che nessuno sa” è quel genere di libro per cui entri in libreria,
lo vedi nuovo di zecca poggiato su uno degli scaffali, decidi che non
fa per te e passi avanti. Tanti pensano “non è il mio genere”, “ha
troppe pagine”, o, per i ragazzi, “è roba da ragazze”. Crediamo sem-
pre di riuscire a conoscere chi o cosa ci sta davanti con uno sguardo,
e tante volte così facendo sprechiamo occasioni imperdibili. Io stes-
sa, lo ammetto, quando l’ho iniziato ero titubante, perché pur essen-
do una lettrice accanita, non mi sembrava il genere di libro che va ol-
tre le aspettative che propongono trama e copertina. Mi sbagliavo.
In questo romanzo, d’Avenia non porge su un piatto d’argento una
soluzione a quelli che gli adulti chiamano, guardandoci dall’alto in
basso, ‘i piccoli problemi del liceo’, ma li affronta uno alla volta, sen-
za sdrammatizzarli o definirli insignificanti. Non usa la classica sfac-
ciataggine dei romanzi che cercano di farci sentire fortunati mo-
strandoci gente che sta peggio di noi, magari puntando a risvegliare
un vago senso di colpa per come esageriamo le nostre difficoltà quo-
tidiane. Non è nulla di ciò. È una storia di amicizia, di fatica, di talen-
to, di amore e famiglia: in fondo il liceo è tutto questo, ancora prima
di essere un edificio con quattro mura in cui acquisire le nozioni di

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CULTURA
                      Di Anstasija Piazzoni

cultura generale. È la vita di una ragazza che, proprio mentre sta per
compiere uno dei passi che fanno più paura, quello di ingresso nel
mondo delle superiori, si trova catapultata in un’esistenza che non
sente più sua, senza avere al suo fianco il sostegno che per lei era
sempre stato fondamentale: quello del padre, che per la prima volta
sembra averla delusa.
D’Avenia, che prima di essere scrittore è innanzitutto professore, ve-
de questa realtà ogni giorno davanti ai suoi occhi: in questo romanzo
ci conduce nel nostro stesso mondo, in cui ritroviamo tutte le paure e
i sogni che ci accompagnano nelle nostre giornate. Senza darci rispo-
ste, inonda di una luce totalmente nuova le domande che a volte
sembrano non lasciarci respirare: “che cosa sono qui a fare?”; “e se
lasciassi tutto, se andassi via?”.
Confusione e malinconia sono solo due delle mille emozioni che si in-
trecciano in un groviglio indistricabile. E quando la voglia di scappare
dalla realtà supererà la paura di sfuggire alle regole ci sentiremo dav-
vero così liberi come immaginiamo?

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CULTURA
                          Di Alessio Lamera

L’INVERNO: TRA MITI E STELLE
Ave a tutti voi, ragazzi e ragazze del Federici, in queste righe vi raccon-
terò le bellezze del cielo invernale, al fine di stupire la ragazza più cari-
na che conoscete, magari invitandola a una romantica passeggiata al
chiaro di luna. Quelli intellettuali fanno subito colpo, no?
Fin dai tempi degli antichi greci, gli uomini hanno tracciato linee imma-
ginarie per rappresentare eroi e animali mitologici nella volta celeste.
Delle ottantotto costellazioni ufficiali di oggi, già quarantotto erano sta-
te riconosciute dall’astronomo egizio Tolomeo.
L’inverno è dominato da alcune delle più famose costellazioni, come
Cassiopea, Pegaso od Orione, che conosciamo sicuramente per nome,
ma che forse non siamo mai riusciti a individuare. Pegaso, il più famo-
so dei cavalli alati, è visibile già dal mese di novembre, sopra alla co-
stellazione zodiacale dei pesci. Si riconosce per le sue quattro stelle
principali allineate a formare un quadrato immaginario. Il destriero è
seguito a nord-est dalla costellazione di Andromeda, moglie dell’anti-
co eroe greco Perseo. Per chiudere questa sfilata di costellazioni ecco
Cassiopea, caratterizzata dalla sua forma a
“W”, che chiude il cielo del nord, affiancata
dal Grande carro.
A dominare dicembre e tutti i mesi invernali
a venire, risplenderà la costellazione di Orio-
ne, con la sua famosa cintura, formata dalle
tre stelle Alnitak, Alnilam e Mintaka, allinea-
te all’equatore celeste (ovvero la linea dello
zodiaco). Orione, il cacciatore dagli occhi di-
vini che cacciava le sue prede a fianco del fe-
dele cane Sirio, oggi una stella a sud-est della
cintura.
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CULTURA
                         Di Alessio Lamera

Più a sud di Sirio si può trovare la prua della costellazione Argo, la nave
guidata da Giasone, che condusse gli argonauti fino alla Colchide. Pur-
troppo Argo è l’unica costellazione riconosciuta da Tolomeo che oggi
non è inclusa in quelle ufficiali, ma a noi non serve certo un’autorizza-
zione della NASA per poter disegnare tra le stelle e far rivivere anche
questo mito, dico bene?
Orione è spesso ricordato anche perché provava piacere ad
“infastidire” le Pleiadi, le bellissime sorelle, compagne di Artemide, la
dea cacciatrice. Questa, irritata dal comportamento del cacciatore, de-
cise di ucciderlo. (Ora, ragazzi, mi raccomando, però, di non incuriosire
MAI troppo una ragazza al culto di Artemide perché potrebbe decidere
di unirsi alle ancelle e ripudiare per sempre qualsiasi forma di vita ma-
schile). Le Pleiadi in cielo ci appaiono come un raggruppamento di stel-
le nella costellazione del Toro, situata a nord-ovest di Orione.
Se la donzella ancora vi ascolta, ricordatele della costellazione di Per-
seo, uno degli eroi più celebri della mitologia, fra il Toro e Cassiopea. Si
distingue soprattutto in estate per le famosissime stelle cadenti, le Per-
seidi, visibili tra la fine di luglio e la metà di agosto anche a occhio nu-
do.
Ebbene purtroppo siamo giunti al termine di questa passeggiata tra le
stelle e il passato, ma il divertimento è all’inizio. Le costellazioni non
sono altro che linee immaginarie tracciate tra le stelle, e chiunque tra
di noi può decidere di inventarne una. Certo non sarà ufficiale, ma po-
trete vantarvi dicendo:
«Vedi quella stella più rossa? È la punta della costellazione del Caccia-
vite, l’ho inventata io!». Il cielo non è certo un limite, è un orizzonte da
espandere e da cui possiamo sempre imparare, semplicemente guar-
dando, come dall’alba dei tempi.

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INTERVISTE
            Di Ilaria Vitali e Francesca Maragoni

WHAT’S UP WORLD?
Trascorrere un anno in un paese che non si conosce è una di quelle
esperienze che non può far altro che aiutare ad aprire la mente a
nuove realtà e culture. E’ sicuramente una sfida ardua. Abbiamo
quindi deciso di chiedere a coloro che hanno avuto il coraggio di ab-
bandonare la loro vita in Italia per iniziarne una nuova in un altro sta-
to, come hanno vissuto questo periodo di tempo e come sono matu-
rati grazie alle esperienze che hanno compiuto.

In quale paese hai trascorso il tuo anno all’estero?
Pietro: Roermond, Limburgo, Paesi Bassi;
Martina: Stati Uniti, più precisamente in Oregon;
Michele: Garden City, Kansas, Stati Uniti;
Simona: Il mio anno all’estero si è svolto in Ungheria. Nella seconda
città più grande, Debrecen, nell’estremo est;
Arianna: Sono stata in Massachusetts, Stati Uniti.

Com’è stato il percorso “pre-partenza”?
Arianna: Il percorso “pre-partenza” è stato frenetico e strano. Non
avevo la piena consapevolezza di ciò a cui stavo andando incontro o
di cosa avrei dovuto affrontare. Ho cercato, però, di godermi il più
possibile gli ultimi giorni in Italia con i miei amici e familiari.
Pietro: Quasi nullo ad essere sincero. In teoria avrei dovuto seguire
delle lezioni di olandese; in pratica non sapevo assolutamente nulla di
quella lingua al mio arrivo, ritrovandomi, a dover imparare da zero
una lingua che pare un misto tra ostrogoto e arabo-fenicio.

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INTERVISTE
            Di Ilaria Vitali e Francesca Maragoni

Simona: Il percorso “pre-partenza” l’ho vissuto con tranquillità. Ov-
viamente ci sono stati momenti di tensione, l’ansia e la paura prima
che uscissero i risultati, i mille dubbi e incertezze durante i corsi di
preparazione, ma il desiderio di partire e fare nuove esperienze era
molto maggiore e mi spingeva a fronteggiare ogni problema per rag-
giungere i miei obiettivi.

Perché hai deciso di fare questa esperienza?
Michele: In realtà sono stato spinto verso questa esperienza da altre
persone, tanto che inizialmente non ero convinto completamente di
quello che stessi facendo, ma alla fine del mio percorso avevo costrui-
to un rapporto fantastico con la mia famiglia ospitante e ho capito
quanto questa esperienza fosse stata bella.
Martina: Ho sempre avuto il desiderio di studiare all’estero per qual-
che mese, ma non avevo mai considerato l’idea di farlo durante le su-
periori finché ho conosciuto una ragazza che aveva vissuto quest’e-
sperienza. Sapevo sarebbe stata una sfida, ma ero convinta che ne sa-
rebbe valsa la pena e infatti così è stato.

C’è stato qualcosa che ti ha deluso?
Pietro: La delusione più grande, forse, è stata rendersi conto che la
mia permanenza in Olanda non sarebbe stata infinita (oltre a vari 0 in
matematica e francese).
Simona: Sinceramente l’unica cosa che non mi aspettavo era proprio
la destinazione, quindi appena me l’hanno comunicata ero molto de-
lusa e insoddisfatta. Ho deciso comunque di partire, senza alcuna
aspettativa. Ciò ha fatto si che una volta arrivata avessi la possibilità
di fare scoperte in positivo e avere continue sorprese.
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INTERVISTE
            Di Ilaria Vitali e Francesca Maragoni

Qual è la cosa più insolita che ti è stata chiesta?
Simona: Durante questa esperienza non mi hanno chiesto e non mi
sono accadute cose strane. Certamente ho vissuto cose fuori dal nor-
male dal mio punto di vista, ma che per la cultura ungherese sono co-
muni. Per esempio, persone che mi offrivano carne fritta alle nove di
mattina o che mangiavano pasta con la marmellata. Un’altra cosa
particolare è l’alcol, io non sono abituata a bere, invece in Ungheria
hanno questo alcolico tradizionale chiamato palinka (45-50% vol) che
bevono in ogni situazione. Spesso se avevo mal di pancia mi davano
quello da bere per farmi passare il dolore.
Pietro: La cosa più strana che mi è stata chiesta: andare a fare il ba-
gno in mare con 15ºC sotto zero.

E la cosa più strana che ti è capitata?
Pietro: La cosa più “strana” che mi sia capitata è stata rimanere bloc-
cato su un’isola con dei miei amici, dopo 4 giorni di vacanza, per via
di uno sciopero.
Arianna: La cosa più strana? Negli Stati Uniti lanciano gli spaghetti sul
muro per capire se sono cotti. Se rimangono attaccati al muro sono
pronti, se cadono no. Ma assaggiarli no?
Martina: Ero arrivata da pochi giorni quando mi sono ritrovata a inse-
guire una pecora cercando di catturarla per poi riportarla alla stalla
da dove era scappata. È stato a dir poco scioccante.

In che modo pensi di essere cresciuto attraverso questa esperienza?
Arianna: La crescita personale è inevitabile quando si ha tanto tempo
per se' stessi. È bellissimo vedere la differenza caratteriale che c’è tra
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INTERVISTE
           Di Ilaria Vitali e Francesca Maragoni

tra l’inizio e la fine dell’esperienza; si impara a badare alla propria
persona con indipendenza, si riesce ad apprezzare ciò che si ha e ciò
che ti circonda;
Michele: Sicuramente è un'esperienza che ti mette alla prova sotto
molteplici aspetti, che possono essere la propria capacità di adattarsi
a situazioni diverse, di superare i problemi in modo autonomo e di
integrarsi in una società con cultura e modi di fare differenti dalla
propria.

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INIZIATIVE
                                 Commissione poesia
C’E’ QUALCOSA DI BELLO DA LEGGERE OGGI
La Commissione poesía propone agli allievi del Federici dei POMERIGGI CULTURALI. Sarebbe a
dire? Sarebbe a dire del tempo prezioso in cui fare insieme CULTURA , cioè coltivare un po’ la
nostra interiorità e la nostra dimensione sociale, dato che la poesia e la letteratura si occupano
proprio di questo. Umberto Eco, grande intellettuale da non molto scomparso, sottolineava che
il lettore ha la possibilità di vivere più vite oltre alla propria e , dunque, chi se la sente di rifiuta-
re un’offerta come questa , cioè un modo gratuito di prolungare la propria esistenza o, certa-
mente, di renderla più intensa?
Abbiamo scelto una modalità un po’ nuova rispetto agli anni scorsi e,così, abbiamo deciso di
intitolarli C’E’ QUALCOSA DI BELLO DA LEGGERE OGGI, per riconoscere la centralità al testo
letterario in sè, di cui i relatori saranno solo il medium, un canale dentro cui farlo risuonare .
Noi ci aspettiamo che voi cogliate questa opportunità, perchè vi sappiamo curiosi e aperti al
confronto e , per questo, eccovi il memento del calendario:

MERCOLEDI 9 GENNAIO 2019, ORE 13.30-15 : UNA SERENA INQUIETUDINE. DIALOGO CON I TE-
STI DI ATTILIO BERTOLUCCI ( a cura del prof. Bressan)
VENERDI 18 GENNAIO 2019 : PRIMITIVI E TITANI: IL FUTURISMO RUSSO (a cura della prof.ssa
Normanno)
VENERDI 25 GENNAIO 2019 , ORE 13.30-15 : “DUE PAROLE E MEZZO SU MIGUEL HERNAN-
DEZ”                ( a cura del prof. Villa )
MARTEDI 29 GENNAIO 2019 , ORE 13.30-15 : ALLA SCOPERTA DI NOI STESSI ATTRAVERSO
“NARCISO E BOCCADORO” di HERMAN HESSE (a cura di Luca Benis 5CS)
MARTEDI 12 FEBBRAIO 2019, ORE 13.30-15 : LA PAROLA “FINE” DI UNA DONNA GIA’ MORTA.
Lettura del romanzo E’ STATO COSI’ di NATALIA GINZBURG (a cura della prof.ssa Cortinovis)
LUNEDI 25 FEBBRAIO 2019, ORE 13.30-15.30 : “Posso scrivere i versi più tristi questa notte..”:
LA POESIA APPASSIONATA DI PABLO NERUDA          (a cura della prof.ssa Cortinovis)
MARTEDI 5 MARZO 2019, ORE 13.30-15 : PROIEZIONI DELL’AN-
TICO NELLA POESIA ITALIANA DEL ‘900        ( a cura del
prof. Cornali)
Ce n’è davvero per tutti i gusti…… e allora : gustiamoli! Carpe
diem!
La Commissione
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