Teddy il primo bilancio intangibile del "pronto moda"
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Valutazione Teddy il primo bilancio intangibile del “pronto moda”1 di Andrea Gasperini* e Valeria Novellini**, in collaborazione con Tiziana D’Amico***, Paolo Bigotto**** e Renata Saragoni***** E la moda è… “pronto”! Sembra essere finito il tempo in cui “l’abito faceva il monaco”. I nuovi giovani preferiscono indossare capi alla moda, assecondare nuovi capricci, farsi invadere dai colori a patto che la spesa non sia eccessiva. Una sorta di democrazia del vestirsi ma nella dittatura di chi è in grado di proporre collezioni ogni due settimane: una settimana per i tempi tecnici della produzione e tre giorni per la produzione all’ingrosso. Altri tre giorni per il dettaglio e in due settimane si è sul mercato con una nuova collezione. È questo quello che oggi si intende per pronto moda, una filosofia che si sta dimostrando vincente anche sul piano dei bilanci di fine anno. L’errore più comune, si lamentano i protagonisti di questa nuova tendenza, è quello di identificare il pronto moda con abbigliamento a basso costo. Si può essere “prontisti” producendo e commercializzando sia capi costosi sia capi economici. E se, fino a qualche anno fa, il pronto moda realizzava capi considerati di bassa qualità, ora le cose sono cambiate. I “value drivers” del pronto moda si rifanno alla velocità, alla prontezza di organizzare i campionari, all’attenzione maniacale nel produrre quello che il mercato richiede in quel determinato momento. Anche gli spagnoli di Inditex (principale marchio Zara), gli svedesi di H&M, e i francesi di Pimkie adoperano il sistema del pronto moda e il loro successo ha ridato dignità a quella moda che ogni due settimane mette nei negozi nuove collezioni con prodotti a basso prezzo, avvalorando la bontà del sistema. Un’occhiata al settore. “La distribuzione in Italia ha subito un cambiamento radicale negli ultimi quindici anni - ci spiega Giovanni Mannucci, Partner responsabile del segmento Moda Lusso di Deloitte - Basti pensare che nell’ ‘89 il mercato della moda vedeva per il 77% negozi indipendenti; questa percentuale nel 2005 scenderà a circa il 46% e tendenzialmente è destinata a scendere ancora. La Gran Bretagna, con riferimento al medesimo arco temporale, ha modificato solo di poco questa percentuale, dal 16% al 15% del 2005, una quota particolarmente bassa”. Il cambiamento nel nostro Paese è stato obbligato. “L’Italia è stata costretta a farlo - spiega Mannucci, - un po’ perché per molti anni aprirsi il negozio multimarca era diventata un’alternativa all’impiego: i dipendenti si 1 La sintesi di questo articolo è stata pubblicata nel n. 56 della rivista Aiaf (numero di ottobre 2005). Si precisa inoltre che nell’articolo, frutto di una riflessione e di un lavoro comune, la sezione “E la moda è … pronto!” è da attribuirsi a Tiziana D’Amico, la sezione “Evoluzione del Bilancio dell’intangibile” a Paolo Bigotto e la sezione “Il giudizio degli analisti del team di Aiaf – Mission Intangibles” ad Andrea Gasperini e Valeria Novellini (N.d.r.). * Socio Aiaf dal 1993, Coordinatore del gdl “Mission Intangibles” Aiaf; Responsabile Area Fidi Banca Leonardo SpA, Milano (andreagasperini@tiscali.it). ** Socio Aiaf dal 1991, membro del gdl “Mission Intangibles” Aiaf; Analista Finanziario Il Sole 24 Ore SpA, Milano (valeria.novellini@ilsole24ore.com). *** Giornalista freelance. **** Manager Summit-IMM. ***** Direttore Amministrativo Teddy SpA e Responsabile Bilancio Intangibile. 17
trasformavano in imprenditori con iniziative di questo tipo. E anche la legge italiana non è riuscita a intervenire a sostegno di una maggiore evoluzione della grande distribuzione. Senza dimenticare la mentalità tipica dell’imprenditore italiano, che non ha mai gradito allargare la propria compagine sociale ad altri investitori”. In Italia, comunque esistono numerose altre catene di dimensioni medio-piccole come Piazza Italia, Ciao Ciao, Mela Blu, Onyx. Ma il vero successo è quello che hanno saputo cogliere i concorrenti svedesi e spagnoli. I negozi H&M, per esempio, crescono a ritmo vertiginoso: oggi se ne contano più di mille nelle zone più esclusive delle principali città di tutto il mondo, di cui molti a gestione diretta. I ricavi nel 2004 hanno raggiunto quasi i sette miliardi con una crescita dell’11% rispetto all’anno precedente. Gli spagnoli di Inditex controllano invece oltre 2.300 negozi in 54 paesi con una mezza dozzina di insegne. La formula prevalente è sempre quella della gestione diretta. Il fatturato è cresciuto nel 2004 del 23%, raggiungendo oltre i cinque miliardi e mezzo. Terranova è invece una realtà snella e un retailer puro. La produzione è in outsourcing e non gestisce i negozi, in quanto se la gestione diretta garantisce un miglior contatto con il consumatore tuttavia comporta rilevanti investimenti immobiliari, e quindi un maggior rischio. Un’altra grande catena in Italia in grado di competere con le insegne straniere è Benetton, la società veneta che punta all’affiliazione e gestione di megastores. Benetton oggi però risente fortemente dell’aggressività dei concorrenti, con un contenimento dei ricavi e dei margini dovuto, secondo gli analisti, a una strategia di prezzi più alta e a un prodotto non sempre aggiornato. Teddy SpA e il pronto moda. Il pronto moda è un sistema di lavoro, basato sulla velocità di riassortimento, che può declinarsi nella produzione, nella vendita sia all’ingrosso e sia al dettaglio. Teddy completa la filiera, partendo dalla produzione, passa per la vendita all’ingrosso e arriva alla distribuzione al dettaglio nei negozi con il marchio Terranova, quasi tutti in franchising con la formula del conto vendita. Per quanto concerne la catena Terranova, la scelta di Teddy è stata quella di non produrre direttamente ma delegare la produzione a società terze, a sua volta intermediarie tra la domanda del gruppo Teddy e l’offerta più conveniente. In pratica, Teddy formula l’ordine fissando prezzi, modelli e quantità. La società terza trova il produttore e si occupa del buon fine dell’ordine e della consegna. Il tutto confluisce nel quartier generale a Rimini. “Realizziamo il 90% della nostra produzione per gli ingrossi in Italia - specificano da Rimini - per una piccolissima parte gestita dall’azienda stessa. L’acquisto diretto dei tessuti ci permette di ridurre fortemente i costi. La creazione dei modelli viene effettuata in azienda, come punto di forza per la ricerca: all’esterno affidiamo tutta la lavorazione. La stragrande maggioranza della produzione per gli ingrossi è invece affidata a fornitori in esclusiva molto integrati con l’ingrosso. Questa organizzazione aziendale ci permette di avere costi di struttura molto contenuti”. Teddy cresce con le proprie forze in modo direttamente proporzionale alle proprie capacità di investimento, e la sua strategia è quella di esportare un concetto di stile e creatività italiana nei prodotti e nei negozi. La proposta di Terranova non è comparabile con le tradizionali formule di franchising: non prevede royalties, né fees di ingresso né quantitativi minimi di acquisto. Anzi, grazie a una gestione computerizzata del magazzino, Terranova al termine della stagione ritira l’invenduto, che resta a totale suo carico. Il successo di Teddy è imputabile alla sua capacità di capire in anticipo l’evoluzione nel mercato della distribuzione, sostiene Mannucci. Nella seconda metà degli anni ’80 Teddy ha realizzato importanti cambiamenti strutturali e strategici, e negli anni ’90 ha iniziato a capitalizzare grazie a un sistema di distribuzione moderno e a una strategia di diversificazione geografica aggressiva. Un processo che in Italia è invece stato molto lento. L’insegna ha così iniziato ad avere una valenza simile al brand, e questo ha fatto sì che produttore e distributore convergessero. In un mercato come quello attuale, in cui l’offerta è molto varia, per avere successo è necessario avere competenze diverse rispetto al tradizionale rapporto prodotto-qualità-stile. Oggi è necessario sapere rispondere rapidamente alla domanda e reagire velocemente alle mosse dei concorrenti. L’evidenza della necessità di uno schema di riferimento comune circa la valutazione economica del marchio è inoltre manifestata da un significativo, quanto poco chiaro, divario nei valori iscritti in bilancio. Negli ultimi 18
cinque anni i marchi che hanno registrato maggior crescita in termini di valore, e contestualmente maggiore notorietà, sono quelli che hanno avuto una sintomatica crescita delle vendite. Il motivo è un adeguato ed efficiente modello di business adottato dalle società del pronto moda; o meglio da quelle società che hanno saputo garantire determinate condizioni2: più collezioni durante una stessa stagione. Varianti in corso di stagione; lead times bassi (dal design agli stores): da 3 a 6 settimane per le best practices di processo; maggior controllo sulla rete. Risultati ottenuti attraverso una stretta integrazione informativa tra i punti vendita e gli headqaurters; pochi punti vendita ma ampia metratura e in posizioni centrali nei centri urbani; e pricing di prodotto controllato (price war). La moda e il Made in Italy sono in crisi? A chi gli fa questa domanda, Vittorio Tadei di solito risponde con una frase molto semplice: “Si nasce nudi e si muore vestiti!” Come dire che non può esistere una crisi della domanda ma solo una crisi di chi non riesce ad ascoltare le esigenze della gente. “Così come non si è capito che salvaguardare il Made in Italy in quanto tale è una strada senza storia - dichiara lo stesso Tadei - che si parli di alta moda o di tessile è la creatività che deve rimanere viva, il design, il colpo di genio, la capacità italiana sono il nostro valore aggiunto: ma questo si mantiene anche se viene prodotto in Cina”. “Per vincere la sfida con i concorrenti asiatici – aggiungeTadei -bisogna difendere idee e creatività, non mettere imposte sui loro prodotti. Noi abbiamo deciso di aprire a Shanghai”. Così, con poche parole ma dirette, il fondatore, ex commercialista, della società di pronto moda riminese allontana la retorica e sottolinea la propria filosofia di vita: lavorare e crescere, formare una classe dirigente coraggiosa, responsabile, competente e proiettata al futuro. Teddy per realizzare il suo sogno ha scommesso sui giovani offrendo loro prodotti di tendenza al giusto prezzo; per questo il mercato la premia. Giovanni Mannucci: quali saranno le “tendenze future”? La domanda è estremamente complessa. Le tendenze future dovrebbero essere contestualizzate in tre macro-aree quali il retail, la produzione e la moda/merchandising. Per il retail ritengo che la tecnologia giocherà un ruolo fondamentale in futuro in quanto permetterà di poter migliorare l’esperienza di “shopping” del consumatore e renderà più efficiente l’operatività. Le aree di maggiore impatto saranno il merchandise, il prezzo e l’ottimizzazione dei riassortimenti. Una nota separata lo merita il micro-merchandising. In altre parole, osserveremo alcuni retailers che avranno un approccio sempre meno standard. Offrire assortimenti diversi tagliati per mercati locali diventerà sempre più critico per fidelizzare i consumatori, oltre ad essere uno strumento di differenziazione. Per la produzione prevedo che il baricentro strategico si sposterà sempre più verso est, con l’eccezione di quelle strutture che necessitano la prossimità ai propri mercati. Vale la pena comunque di sottolineare che i produttori cercheranno di verticalizzare integrandosi a valle e cercheranno di diventare brand e retailers, e viceversa. Per quanto riguarda la moda e il merchandising, le sfide che l’industria dovrà affrontare sono molteplici. Quella principale è che oggi non esiste un trend preponderante. L’offerta è talmente ampia che oggi il consumatore può scegliere qualsiasi “look” ed essere “fashionable”. Il tema principale continuerà ad essere quello dell’espressione personale attraverso il mix di prodotti “high end” con prodotti basici e meno costosi. In altre parole, “fashionable, not trendy”. Ritengo altresì che osserveremo una maggiore collaborazione del settore non solo verticalmente, ma anche orizzontalmente, col fine di creare nuovi temi di “lifestyle”. In passato Nokia ed altre società simili hanno seguito la moda. I tempi stanno cambiando, e le società del settore guarderanno anche all’esterno. Non solo; l’abbigliamento avrà un ruolo sempre meno importante, non rappresenterà più uno status symbol per i giovani. Si preferirà la comodità, il buon rapporto qualità/prezzo/comfort. Sono convinto che l’elemento preponderante della distribuzione nel futuro sarà proprio il pronto moda. 2 A.LoSardo e P.Bertola, “La valutazione del brand: modelli ed applicabilità. Il caso Benetton” MBA Torino, 2004. 19
Intervista al vertice della società Per meglio comprendere la filosofia, la gestione e lo sviluppo dell’impresa abbiamo intervistato Vittorio Tadei, fondatore ed amministratore delegato, e Renata Saragoni Direttore Amministrativo e Responsabile Bilancio Intangibile Teddy SpA. Domanda – Teddy SpA è un’azienda che più volte ha dimostrato di saper crescere e superare le difficoltà; come ci è riuscita? Risposta - Teddy è un’azienda che ha la caratteristica di cambiare continuamente, di mettersi in discussione, di crescere e di affidarsi alle persone non guardando ai titoli ma solo alla passione per il lavoro che avevano e hanno. In altre parole, un’azienda con un grande “Capitale Umano”. Teddy è un’ azienda che ha avuto il coraggio di affidarsi a persone che hanno un grande senso di appartenenza poiché solo le persone di questo tipo hanno la passione, la capacità di tramandare nel tempo un sogno, una visione e i valori guida. I valori infatti sono il collante che lega tutte le relazioni umane. I valori sono il fondamento della creatività e della motivazione umana. Solo le aziende che sanno tramandare da una generazione all’altra un sogno, una visione, dei valori forti avranno futuro: tutte le altre, ritengo, sono destinate a finire, poiché gli manca l’anima. Io sono certo che questo tipo di cultura sia già patrimonio di molte persone in Teddy. D - Quale sarà il futuro di Teddy SpA? R – Teddy SpA è fatta di persone che condividono il sogno di costruire una grande azienda globale che guadagni molto per avere i mezzi per ingrandirla, creare occupazione e impiegare ogni anno una parte degli utili netti per aiutare i più deboli attraverso opere sociali sia in Italia sia all’estero. La volontà è quella di costruire un’azienda in cui i giovani e meno giovani attraverso il lavoro riescano a dare un significato, un senso alla vita. Il sogno è costruire un’azienda dove ogni cinque persone cosiddette “normali” possa lavorare anche una persona che ha dei problemi, e le cinque persone cosiddette “normali” aiutino quelle meno fortunate a inserirsi nel lavoro e a vivere una vita normale, poiché è solo attraverso il lavoro che una persona acquisisce la sua dignità. Il sogno è quello di formare una classe dirigente, responsabile, competente, che sappia trasmettere a tutti quelli che verranno dopo di loro tutti quei valori di cui ho parlato sopra. TEDDY SpA (scheda informativa) Dal 1961 attiva nel settore dell’abbigliamento, calzature ed accessori, la società Teddy SpA, fondata ed amministrata da Vittorio Tadei e controllata al 100% dalla società T&M Holding, ha accumulato nel corso degli anni un significativo bagaglio di esperienza che ne ha favorito l’affermazione nel panorama nazionale ed internazionale. Teddy SpA vanta con i marchi commercializzati all’ingrosso una presenza a livello mondiale, ed i sette snodi di smistamento di Bologna, Milano Cernusco, Milano Lacchiarella, Parigi, Londra, New York e Mosca garantiscono un contatto diretto e veloce con gli oltre 9.000 clienti distribuiti in 92 nazioni (dati al 31 dicembre 2004). Oltre alla distribuzione all’ingrosso, Teddy è proprietaria di una rete al dettaglio a marchio Terranova presente in 32 nazioni3 (dati al 31 luglio 2005). Fatturato: euro 231,5 milioni al 31 dicembre 2004 (+14,2% rispetto al 2003), di cui il fatturato estero è il 46,8%. Fatturato primo semestre 2005 pari a euro 116,9 milioni il 13,8% in più rispetto al primo semestre del 2004 (strategia di prezzo molto aggressiva e 10 negozi aperti nell’Europa dell’est, espansione iniziata dal 1990). Totale capi venduti: 29 milioni (+46%) su una superficie di vendita di 43 mila mq, di cui 16 mila mq dedicati alla logistica Terranova totalmente automatizzata4. 3 I punti vendita con marchio Terranova si trovano in Arabia Saudita, Bosnia-Erzegovina, Brasile, Bulgaria, Cina, Cipro, Croazia, Danimarca, Emirati Arabi, Estonia, Filippine, Germania, Grecia, Italia, Lettonia, Lituania, Macedonia, Malta, Messico, Oman, Polonia, Portogallo, Qatar, Repubblica Ceca, Repubblica di Serbia e Montenegro, Romania, Russia, Slovacchia, Spagna, Ucraina, Ungheria e Usa. 20
D - Quanto conta la dimensione etica e sociale per un’azienda come Teddy? R - La dimensione etica e sociale è da noi sempre stata considerata un grande valore, parte costituente del nostro patrimonio aziendale e culturale. Per noi il fine di un’impresa non è solo quello di massimizzare i profitti e il valore finanziario primariamente a beneficio degli azionisti, ma quello più ampio, di creare ricchezza e valore per tutti gli stakeholders; e un’impresa non ha solo responsabilità legali da osservare, ma anche altre responsabilità di carattere etico- sociale. Per questo, i valori etici hanno sempre fatto da guida nei nostri comportamenti con tutti i nostri interlocutori. Valori quali la solidarietà, l’integrità, la lealtà, il rispetto, la trasparenza, la legalità, la riservatezza, la correttezza hanno quindi caratterizzato le operazioni, i comportamenti, il modo di lavorare e i rapporti sia interni all’impresa che nei confronti dei soggetti esterni. In questo quadro (ed in linea con il nostro sogno e visione) rientrano le politiche verso la collettività, concretizzatesi nel sostegno ad alcuni importanti progetti di solidarietà. Il progetto multi-settoriale (case famiglia, supporto scolastico, centri nutrizionali, gruppi di sostegno e autosviluppo) più importante a cui la nostra società ha aderito e che ha sostenuto è il “Rainbow Project”, il cui obiettivo è quello di coordinare il lavoro di varie organizzazioni umanitarie. Questo progetto si propone di aiutare il maggior numero di bambini orfani dell’AIDS, cercando di mantenerli all’interno di una famiglia, ed è operativo in Zambia, Kenya e Tanzania 5. Inoltre Teddy è impegnata a sostenere altri progetti di solidarietà verso i giovani in difficoltà, offrendo in comodato immobili di proprietà ad associazioni cattoliche. Infine, anche una parte dei dividendi distribuiti da Teddy alla società controllante T.&M. verranno utilizzati per opere sociali, come ad esempio il sostegno fornito in Bolivia ai “ninos de rua” (i bambini di strada abbandonati) 6. D - Perché Teddy SpA ha deciso di sviluppare il Bilancio dell'Intangibile? R - Premesso che il Bilancio dell’Intangibile può avere una duplice finalità, gestionale interna e di comunicazione esterna, si è deciso inizialmente di elaborare in Teddy il Bilancio dell’Intangibile con finalità gestionale interna. Teddy ha deciso di sviluppare il Bilancio dell’Intangibile al fine di disporre di uno strumento di gestione che consenta ai manager, ma anche ai collaboratori, di misurare, gestire e quindi accrescere il patrimonio intellettuale dell’organizzazione. Nel nostro lavoro infatti gli aspetti che contano di più sono proprio quelli più difficili da misurare. Sono la passione per il proprio lavoro, le buone relazioni con i clienti e i fornitori, l’orientamento all’innovazione, l’efficacia e la velocità, la condivisione delle decisioni, l’orientamento alle persone: in una sola parola, la nostra cultura. D - Pensate di pubblicare in futuro il Bilancio dell’Intangibile Teddy o un Bilancio Sociale? R - Per il momento quello che ci interessa è imparare a comprendere bene le risorse intangibili di cui riteniamo disporre, e che ci garantiscono il successo in futuro. È vitale che in azienda tutti comprendano e condividano a fondo la nostra cultura e i nostri valori che costituiscono l’anima di Teddy. 4 Anche per il 2005 Teddy ha come obiettivo una crescita nell’ordine del 20% ma “con un sostanziale cambiamento della strategia di sviluppo, che non punti più come gli anni passati all’aperture di negozi di metrature medio-piccole (100-200 mq), ma si sposti verso obiettivi più ambiziosi, cioè negozi che vanno dai 200 ai 600 mq”. 5 È un progetto ideato e organizzato dalla Associazione Papa Giovanni XXIII, a cui hanno aderito nel corso degli anni molte altre organizzazioni italiane e internazionali. 6 In quel paese infatti è stata acquistata una casa in cui possono essere accolti oltre 300 “ninos de rua” che altrimenti avrebbero dormito sotto i ponti o per strada. È stata acquistata anche un'altra casa dove saranno ospitati circa 80/90 “ninos de rua” per il loro recupero dalla tossicodipendenza e dove sono stati aperti dei laboratori di falegnameria, carpenteria e delle serre floreali ed agricole, per insegnare loro un mestiere che potranno utilizzare una volta terminato il periodo di recupero. 21
D - Qual è stata la reazione del management a questa iniziativa ? R - Teddy è un’azienda estremamente dinamica, con un management contemporaneamente impegnato su più fronti, ma proprio per questo abituato a gestire la complessità e che sa essere flessibile. Queste doti gli hanno permesso di metabolizzare velocemente il Bilancio dell’Intangibile; i sondaggi interni ed esterni e la raccolta dei dati statistici, già al secondo anno, sono avvenuti in modo efficiente, e il tutto si appresta a diventare una routine aziendale. Come in tutti i cambiamenti, anche in questo caso il management ha dovuto affrontare qualche difficoltà. L’importante è saper cogliere al più presto i benefici del cambiamento che in questo caso si possono ottenere proprio attraverso l’utilizzo dello strumento. D - Che cosa ne pensano i portatori di interesse esterni del Bilancio dell’Intangibile Teddy ? R - Nello sviluppo del Bilancio dell’Intangibile abbiamo coinvolto tutti i nostri principali portatori di interesse esterni: fornitori, affiliati e clienti. Con loro abbiamo sviluppato gli strumenti di misura ed effettuato le misurazioni. Sono stati coinvolti attraverso interviste e lavori di gruppo, ed infine attraverso la compilazione di appositi questionari sviluppati proprio con loro. Questo ha costituito un segnale importante, che ha fatto capire come Teddy li consideri come dei veri e propri partner. Credo che queste attività abbiano di fatto avvicinato queste persone alla “Cultura Teddy”. A noi tocca ora il compito di far vedere come in concreto metteremo a frutto i loro sforzi nell’ottica di un continuo miglioramento delle relazioni e di condivisione del valore. Oggi Teddy SpA conta 390 dipendenti, che cercano soprattutto la soddisfazione nel proprio lavoro e il recupero dei valori umani. I valori distintivi di Teddy sono quelli che caratterizzano la sua identità: l’identità di gruppo (l’orgoglio di appartenere a un grande Gruppo), la valorizzazione ed il rispetto delle persone, la responsabilità etica e sociale, l’orientamento al cliente, l’integrazione con i fornitori e la creazione di valore per gli azionisti. Credo che la realizzazione del Bilancio dell’Intangibile Teddy abbia costituito un segnale importante all’interno e all’esterno dell’organizzazione. Le persone hanno visto che l’azienda considera prioritari gli aspetti intangibili come il clima aziendale, la motivazione, l’innovazione, le relazioni, la soddisfazione, ed intende misurarli ed accrescerli. Sin dall’inizio le informazioni raccolte per calcolare i vari indicatori sono state utilissime; in alcuni casi ci hanno confermato chiaramente aspetti che riuscivamo solo a percepire, in altri invece ci hanno stupito, a volte piacevolmente, a volte sgradevolmente. Di certo abbiamo preso consapevolezza di molte cose. Ora si tratta di decidere cosa fare per risolvere le criticità emerse e come mettere a frutto i punti di forza. Per alcune aree di debolezza sono già stati attivati alcuni gruppi di lavoro che hanno avviato opportuni piani di azione, e ci apprestiamo a misurare la loro efficacia nella prossima pubblicazione del Bilancio. D - Quale futuro per il Bilancio dell’Intangibile Teddy ? R - Certamente non intendiamo accontentarci di quanto fatto finora. Consideriamo il Bilancio dell’Intangibile uno strumento che ci deve aiutare a migliorare, ma deve a sua volta migliorare. Già dal primo al secondo anno sono stati fatte numerose modifiche; alcuni indicatori sono stati introdotti, altri sono stati semplificati o eliminati. La volontà è quella di crescere continuamente. Credo sia importante che questo strumento divenga patrimonio comune e condiviso da tutta la popolazione aziendale, e per questo a breve ne prevediamo la pubblicazione interna. 22
Evoluzione del Bilancio dell'Intangibile Il Bilancio dell’Intangibile Teddy, realizzato in collaborazione con la società Summit-IMM7, si è sviluppato attraverso due passaggi fondamentali. 1. Fase di analisi Durante la fase di Analisi sono stati studiati i fattori critici del Business e le peculiarità dell’azienda, individuando i meccanismi che creano valore. Questo lavoro, svolto nei primi cinque mesi del 2003, ha avuto una duplice finalità. Iniziare un processo di diffusione della cultura degli intangibili, da un lato, e identificare la struttura dello strumento di gestione del Capitale Intellettuale, dall’altro. Gli steps che hanno caratterizzato questa fase hanno visto il coinvolgimento di tutto il management e di alcune figure professionali strategiche attraverso opportuni incontri di gruppo ed interviste. 2. Fase di implementazione La fase di Implementazione ha visto da un lato la realizzazione di vari strumenti di misura, e dall’altro la misurazione delle grandezze che dovevano produrre gli indicatori desiderati. Gli strumenti di misura realizzati sono principalmente rivolti alla rilevazione delle percezioni dei vari portatori di interesse interni ed esterni all’organizzazione. Al termine della raccolta delle informazioni si è proceduto all’analisi dei dati rilevati e alla stesura della relazione del Bilancio dell’Intangibile. Metodologia seguita per l’individuazione degli Indicatori Gli indicatori che costituiscono il Bilancio dell’Intangibile Teddy sono stati prevalentemente individuati attraverso un metodo denominato Analisi dei Generatori di Valore. Questo metodo è stato implementato attraverso una serie di riunioni a cui hanno partecipato i vari portatori di interesse. Questi incontri si sono articolati a partire da un momento di estrema creatività, nel quale si sono identificati i meccanismi attraverso i quali l’azienda crea valore, per proseguire attraverso una serie di fasi nelle quali l’estro e l’inventiva hanno lasciato spazio alla razionalità per giungere all’identificazione dei metodi e delle modalità attraverso i quali misurare le dimensioni che costituiscono il Capitale Intangibile della azienda. Le fasi secondo le quali si sono svolti i vari momenti sono: definizione dei Generatori di Valore individuazione degli Aspetti Fondamentali (dei Generatori di Valore). identificazione dei Parametri di Valutazione (degli Aspetti Fondamentali) scelta degli Indicatori Tavola 1 - Metodologia per l’individuazione degli indicatori Generatori di Aspetti Parametri di Indicatori Valore Fondamentali Valutazione Nella prima fase i partecipanti hanno identificato i Generatori di Valore, intesi come le caratteristiche, competenze, qualità, necessarie all’organizzazione per creare valore in linea con il proprio modello di business e piano strategico. Nella fase seguente i partecipanti hanno individuato gli Aspetti Fondamentali, intesi come i comportamenti o gli eventi direttamente osservabili che testimoniano la presenza e l’efficacia del Generatore di Valore. Nella terza fase sono stati individuati i Parametri di Misurazione, intesi come le grandezze attraverso le quali è possibile misurare gli Aspetti Fondamentali. Si è giunti infine alla scelta degli Indicatori di Bilancio dell’Intangibile e delle loro rispettive formule di calcolo. 7 Summit-IMM (Intangibles Management and Measurement) è la società di consulenza condotta da F.D’Egidio che in Italia ha sviluppo numerosi casi di Bilancio dell’intangibile secondo l’approccio denominato Intellectual Capital Value®, tra cui Intercos e Banca Agrileasing, presentati rispettivamente nei numeri 51 e 53 della Rivista Aiaf. 23
I principali Generatori di Valore individuati in Teddy risultano essere: Le relazioni con i clienti e i fornitori, orientate alla comunicazione, all’ascolto e alla volontà di percepire e comprendere i bisogni espressi e latenti, al fine di sviluppare un rapporto profondo e duraturo. La “Cultura Teddy”, intesa come modo di essere azienda; ciò che alcuni hanno definito come anima dell’organizzazione. Essa è caratterizzata da dialogo, flessibilità, umiltà e modestia; è ciò che crea l’amalgama collettivo, che promuove comunicazione, collaborazione e senso di appartenenza. Il buon clima aziendale, che permette alle persone di dare il meglio e di coltivare la passione per il proprio lavoro in un’atmosfera di solidarietà, nella quale non trovano spazio arroganza e carrierismo. L’orientamento all’innovazione, inteso come il desiderio di migliorare le competenze, le prestazioni e la voglia di gestire al meglio le persone e utilizzare la tecnologia per espandersi in nuovi mercati ed ampliare la gamma prodotti. L’efficienza e l’efficacia dei processi di business, intesa come la capacità di utilizzare al meglio la struttura esistente al fine di produrre e commercializzare i prodotti e fornire i servizi con la velocità e la qualità necessarie a soddisfare il cliente. La capacità di produrre e gestire modelli che anticipano le linee di tendenza e si distinguono in termini di originalità, contenuto moda e rapporto qualità/prezzo. L’orientamento alle persone che l’organizzazione manifesta offrendo opportunità di crescita professionale all’interno di un clima dinamico e stimolante, premiando impegno, creatività e passione. La condivisione delle decisioni che rappresenta l’aspetto fondamentale di una squadra coesa, che non si perde in polemiche inutili ma collabora lavorando efficientemente per il raggiungimento degli obiettivi. Per ognuno di questi Generatori di Valore sono stati individuati degli indicatori che costituiscono di fatto la struttura del Bilancio dell’Intangibile Teddy. La struttura di Bilancio è stata definita metabolizzando tutte le informazioni raccolte attraverso i passaggi precedenti. Gli indicatori individuati al termine degli incontri sono stati studiati in profondità, e hanno quindi subito un processo di qualificazione basato sui seguenti criteri: Coerenza strategica e Rilevanza, secondo la quale il complesso degli indicatori deve mostrare un legame diretto tra tutte le informazioni presentate e la strategia aziendale, evitando di considerare dati non rilevanti rispetto alle finalità strategiche aziendali, sia globali che legate alla specifica area oggetto di misurazione.8 Rappresentazione Bilanciata sia tra le varie aree di creazione di valore individuate nello specifico modello di riferimento adottato dall’azienda, sia internamente ad ogni area tra indicatori qualitativi e indicatori quantitativi, di efficienza e di efficacia.9 Il Bilancio dell’Intangibile Teddy è costituito da un totale di 149 indicatori, disposti in quattro aree: Capitale Umano, Capitale di Relazioni Sociali, Capitale Strutturale e Capitale Relazionale. All’interno di ciascuna area si è proceduto ad una ulteriore suddivisione secondo i seguenti criteri. Indicatori di crescita, che evidenziano l’orientamento all’innovazione. Indicatori di efficienza, che misurano l’abilità dell’organizzazione nell’utilizzo delle risorse al fine di accrescere il proprio Capitale Intangibile. Indicatori di solidità, che descrivono la capacità dell’azienda di continuare a crescere e svilupparsi. 8 Definizione mutuata dalle Linee Guida Danesi, ediz. 2003 9 Ibid. 24
La seguente Tavola riporta la numerosità degli indici di ciascuna sezione considerata: Capitale di Capitale Capitale Capitale Relazioni Totale Umano Strutturale Relazionale Sociali Crescita 4 2 6 24 36 Efficienza 5 11 27 6 49 Solidità 18 7 21 18 64 Totale 27 20 54 48 149 Sviluppo degli strumenti di misura Lo sviluppo degli strumenti di misura è avvenuto attraverso incontri di gruppo ed interviste con il personale interno, i fornitori, gli affiliati ed i clienti, che hanno permesso di dare forma a una serie di questionari orientati alla misurazione della soddisfazione e l’immagine percepita. Il management è stato oggetto di una fase di valutazione che ha avuto la finalità di misurarne il livello di Leadership e di Competenza Emotiva. Sono stati utilizzati questionari che hanno evidenziato la coerenza della cultura aziendale, l’orientamento temporale, e la coesione tra il management ed il vertice. I sondaggi introdotti nel corso del progetto sono riportati nella Tavola seguente: Indagini Interne Indagini Esterne Coerenza della cultura aziendale Soddisfazione dei Clienti Allineamento Orientamento Soddisfazione degli Affiliati Competenza Emotiva Soddisfazione dei Fornitori Leadership Immagine dei Clienti Orientamento Temporale Immagine degli Affiliati Immagine interna Immagine dei Fornitori Soddisfazione del personale Energia Tutti i sondaggi sono stati effettuati attraverso questionari cartacei salvaguardando l’anonimato dei compilatori. Ogni questionario prevedeva la compilazione di una scheda anagrafica in cui il compilatore riportava alcune informazioni personali, o della propria sede in caso di sondaggi esterni. Le anagrafiche sono state inserite per consentire delle estrazioni che consentissero un analisi approfondita dei risultati. Al fine di rendere confrontabili i risultati dei sondaggi come la Soddisfazione e l’Immagine svolti nei confronti di distinte tipologie di portatori di interessi (collaboratori, fornitori, affiliati, clienti), i rispettivi questionari sono stati strutturati in sezioni tratte da un medesimo insieme. 25
Nella Tavola che segue è possibile osservare le sezioni condivise dai diversi questionari: Questionari sulla Soddisfazione Collaboratori Fornitori Affiliati Clienti Senso di Appartenenza X Coinvolgimento X X X X Relazioni Interne X Ascolto X Collaborazione X X X X Comunicazione X X X X Atteggiamenti X Organizzazione X X X X Ambiente X X X Supporto X X X X Crescita Professionale X Riconoscimenti X Vita privata X Sviluppo / scelta campioni X Sicurezza e continuità X Riassorbimenti X X Prodotto X X X Interfaccia X X X Nuove collezioni X X Assortimento e Gamma X Visual X Gestione e Strategie X Assistenza X Questionari sull’Immagine Collaboratori Fornitori Affiliati Clienti Reputazione X X X X Comportamento X X X X Capacità X X X X Orientamenti X X X X Comunicazione X X X X Prodotto X X X X Il giudizio degli analisti del team di Aiaf “Mission Intangibles” Negli ultimi anni è parso evidente ai più che il consueto bilancio d’esercizio presenta chiari limiti nella propria capacità rappresentativa, a dispetto della presunta oggettività e verificabilità delle cifre che lo compongono, con riferimento alla dimensione intangibile e agli impatti sociali ed ambientali. Per ovviare a tali limiti sempre più aziende hanno quindi iniziato ad integrare il tradizionale bilancio di esercizio con forme innovative di reporting denominate in vario modo, anche se spesso si assiste ad una sovrapposizione dei contenuti. Da un esame di molti bilanci sociali e di sostenibilità, osservati nella prospettiva del capitale intellettuale, che sono stati recentemente pubblicati, sembra possibile affermare che tali forme innovative di reporting aziendale presentano notevoli elementi di convergenza, e l’idea che appare farsi strada nei diversi casi – sia pur con diverso grado di chiarezza e maturazione – è che se un comportamento socialmente responsabile contribuisce alla sostenibilità di lungo termine di un’azienda, entrambi questi obiettivi necessitano di una corretta e consapevole gestione delle risorse intangibili, e quindi del capitale intellettuale a cui ha accesso un’organizzazione. Con questo non si vuole sostenere che inevitabilmente le tre forme di reporting in argomento dovrebbero convergere in un unico documento, benché alcune aziende sembrino essere convinte di ciò, ma più 26
semplicemente che è sempre più opportuno che un’organizzazione si doti di strumenti di identificazione sistematica, misurazione e gestione su base ordinaria dei propri intangibili. È proprio questo uno dei punti di forza che è dato riscontrare in Teddy SpA, che, dal punto di vista degli analisti finanziari, risiede essenzialmente nella scelta volontaria di aver iniziato ad elaborare un “bilancio dell’intangibile” anziché un “bilancio sociale” o “di sostenibilità”, pur trattandosi di un gruppo fortemente impegnato nel sociale10, e quindi sicuramente caratterizzato da “intangibili” a forte valenza socio/ambientale. Le informazioni così raccolte costituiscono infatti una piattaforma di dati che l’azienda ha sviluppato per realizzare a fini gestionali interni il bilancio del capitale intellettuale, ma che anche in futuro potrà utilizzare per realizzare un bilancio di sostenibilità o sociale, se ciò rientrerà nei suoi obiettivi di comunicazione nei confronti dei propri stakeholders. Teddy è un gruppo operante in particolare nel settore del Pronto Moda, e a nostro parere questa è la chiave di lettura della scelta di un Bilancio dell’Intangibile, il quale sicuramente più di un bilancio “sociale” o “ambientale” è in grado di far emergere il vero driver intangibile di valore di un’azienda che opera nel settore della Moda: il marchio (brand). E non si equivochi sul fatto che non si tratta di una “griffe”: forse per le società del Pronto Moda la costruzione di uno o più brands è ancora più importante di quanto non avvenga per un’azienda del lusso, dove la cura dei materiali, l’artigianalità della fattura e il design esclusivo sono in grado da soli di esercitare un significativo appeal sui potenziali consumatori. Perfino il prezzo elevato (e quindi per definizione destinato a una ristretta fascia di consumatori) e, ovviamente, il numero limitato dei capi venduti, che nella “haute couture” raggiungono addirittura il livello massimo dell’unicità, rappresentano gran parte della costruzione di un marchio del lusso, anche se ovviamente per l’affermazione di questo marchio sono necessari molti altri fattori. Per il Pronto Moda però non si può contare né sull’esclusività del prodotto, né sulla scelta di materiali preziosi, e nemmeno, di solito, su un testimonial “di prestigio” che eleverebbe inevitabilmente i costi promo- pubblicitari a livelli insostenibili per la struttura di costo che caratterizza queste aziende. Ma questo non vuol dire che non si possa creare un marchio (o più marchi) e, a volte, non facendo nemmeno ricorso alla tradizionale strategia di forti campagne pubblicitarie, specialmente su stampa (meno costosa della pubblicità Tv). Così ha fatto Inditex, il colosso spagnolo attualmente leader mondiale del Pronto Moda con il marchio Zara, che praticamente non fa pubblicità “istituzionale” se non per quanto riguarda l’apertura dei suoi sempre più ampi e centrali negozi. E in questo modo Inditex è riuscita a raggiungere, nel 2005, da “new entry”, la 77.ma posizione della classifica Interbrand, con un valore del suo marchio Zara stimato pari a 3.076 milioni di euro, corrispondente al 23% della sua capitalizzazione di borsa11. La motivazione di questo successo, come elaborata dagli analisti di Interbrand, risiede proprio nella capacità di costruzione di un “marchio” che ha differenziato Inditex da tutti gli indistinti “terzisti” o “façonisti” del Pronto Moda, portandola a competere, in un certo senso, con le aziende del lusso12. Secondo una recente indagine compiuta dalla società di consulenza Bain&Co., un cliente Zara visita i suoi negozi 17 volte all’anno, al contrario di un cliente Gucci, che visita le sue boutique al massimo 5 volte all’anno: questo perché nei negozi della catena spagnola ogni tre settimane cambia il 75% della merce esposta13. Attualmente Teddy, non solo per la minore notorietà a livello nazionale e internazionale ma anche per le dimensioni, non può aspirare a raggiungere una valorizzazione del proprio Brand quale quella di Zara, ma è indubbio che il modello di business è molto simile. L’unica rilevante differenza strategica fra i due gruppi è costituita dal fatto che Inditex detiene otto Brand (il più noto è appunto Zara, ma vi sono anche Pull&Bear, Massimo Dutti, Bershka, Stradivarius, Oysho, Zara Home e Kiddy’s Class ciascuno dedicato a una diversa tipologia di prodotti e clientela). Tuttavia nessuno di 10 Particolarmente interessante è la politica del personale, che prevede l’assunzione di una persona disabile o con problemi ogni cinque dipendenti. 11 Business Week, July 2005, “GlobalBrand Scoreboard – The 100 Top Brands”, R.Berner e D.Kiley. 12 I principali dati del bilancio consolidato in ml/euro anno 2004 sono: fatturato 5.670,4 CAGR 21%, EBIT 925,2 ROE 27%, risultato esercizio 628,1 patrimonio netto 2.502,7 (il 18% del market value), market value 13.539 numero negozi 2.244, paesi 56, dipendenti 47.046. 13 A chi osserva che Zara e Gucci sono due marchi profondamente diversi fra di loro Robert Polet, presidente del gruppo Gucci dal luglio 2004, ribatte che oggi i clienti sono cambiati, e le donne eleganti abbinano un pantalone Armani da 1.000 dollari a una giacca Zara da 89. Il Sole 24 ore 10 agosto 2005. 27
essi coincide con la denominazione dell’azienda quotata in Borsa (Inditex), ma ognuno identifica sia i labels posizionati sui capi che l’insegna posta sui negozi14. Per Teddy è diverso: la denominazione sociale (che in effetti si può anche richiamare, almeno vagamente, al nome del fondatore Vittorio Tadei) non coincide con le insegne dei negozi, che sono “Terranova” e in alcuni limitati casi “Rinascimento”. A loro volta “Terranova” e “Rinascimento” identificano solo alcuni dei marchi posti sui capi e, nel caso di “Terranova”, anche il particolare modello di business adottato da Teddy nei confronti dei franchisees: la formula del “conto vendita”. Tale formula, pur non essendo nuova in assoluto (è, per esempio, adottata da anni nella catena Prénatal), rappresenta tuttavia quasi un “unicum” nel settore del Pronto Moda, data la rapida obsolescenza dei prodotti offerti e delle relative scorte. Il gruppo Teddy, anche grazie alla sua sempre più ampia internazionalizzazione, è finora sempre riuscito a gestire rimanenze e magazzino con abilità, mantenendo l’invenduto globale in una quota assolutamente fisiologica del 5% (e senza far ricorso alla formula della Stock House per smaltire le rimanenze). Questa formula di conto vendita, per l’appunto denominata “Terranova”, è perciò a nostro parere da considerarsi un “intangibile” distintivo del gruppo Teddy, anche se, ovviamente, non ne è facile la valorizzazione nemmeno nell’ambito di un bilancio “specializzato” come quello dell’Intangibile. I brand aziendali di Teddy SpA I due principali brand aziendali, come già evidenziato, sono: a. Terranova Il più importante è “Terranova”, e come si è detto identifica la maggior parte sia delle insegne dei negozi, sia le etichette poste sui capi. Si tratta di un Brand ad alta valenza evocativa e contraddistinto da una molteplicità di significati, tutti però in ultima analisi riconducibili allo “stile italiano” che il gruppo Teddy intende sottolineare per quanto riguarda la sua produzione. b. Rinascimento Non sono forse necessari commenti al brand “Rinascimento”: forse niente più di questo nome identifica l’Italia, l’arte italiana e di conseguenza l’amore per il bello e lo stile italiano nel mondo. E non va dimenticato il significato letterale di “rinascita, rinnovamento”, ben indicato a rappresentare una linea di abbigliamento giovanile e per ciò stesso tesa al lancio di nuove mode, di nuovi trends. Rinnovamento nella tradizione, dunque. Non bisogna poi dimenticare i Brand minori, ma non per questo privi di importanza anche perché potenzialmente valorizzabili sia per linee interne che, eventualmente, per linee esterne (cessione). c. Calliope Il più suggestivo ed evocativo è forse “Calliope”, scritto con caratteri tondeggianti, il nome della più anziana delle nove Muse, la Musa della poesia epica: il significato letterale di “Calliope” in greco è “dai begli occhi”, ma Calliope è sempre stata contraddistinta con l’appellativo “dalla bella voce”. d. Hacienda Publica Un sound latino, anche se in questo caso non più specificamente italiano bensì spagnoleggiante, ha anche il Brand maschile “Hacienda Publica”. Anche il logo di questo Brand presenta caratteri ispirati almeno in parte al gusto dell’antica Roma, tanto che la “u” di “Publica” è in effetti scritta come una “v”. 14 Breakdown per marchio anno 2004 come da bilancio consolidato Inditex (dati in ml/euro): Fatturato in Company Numero Fatturato MARCHI Franchising EBIT ROCE ml/euro manages negozi per Sq.m Zara 3.819,6 91% 9% 647,8 38% 723 5.130 Kiddy's class 120,6 100% 0% 21,7 61% 123 5.263 Pull&Bear 378,9 91% 9% 56,2 44% 371 5.346 Massimo Dutti 481,3 68% 32% 75,1 50% 326 7.921 Bershka 516,0 98% 2% 82,5 52% 302 5.441 Stradivarius 241,9 82% 18% 38,9 43% 227 4.572 Oysho 71,7 98% 2% 15,6 52% 104 5.664 Zara Home 40,4 100% 0% 0,3 2% 68 4.296 Totale 5.670,4 90% 10% * 938,1 40% 2.244 5.304 * al lordo di ml/euro 12,9 per ammortamento goodwill Zara e Stradivarius 28
e. Urban babe Quindi vi è “Urban Babe”, letteralmente “ragazzina di città”, che non è altro che la versione ancor più “giovane” della linea “Rinascimento”. In questo caso la forma e i caratteri del marchio sono esplicitamente ispirati ai fumetti e ai personaggi amati dalle ragazzine. f. Kitana Infine il brand “Kitana”, che rappresenta la linea “elegante” del gruppo Teddy. Anche in questo caso l’identificazione tra prodotto e marchio è totale perché Kitana, o meglio la Principessa Kitana, è un personaggio del film “Mortal Kombat II” (e dell’omonimo videogame), ed è una principessa del reame immaginario orientale di Edenica, dall’aspetto giovane (ma in realtà ha 10.000 anni). Tutti questi marchi, però, allo stato attuale sono da considerarsi poco più di “private labels”. A questo punto la sfida del gruppo Teddy, a nostro parere, sta nella scelta di una strategia che possa meglio valorizzare un portfolio di brands così diversificato e interessante, che potrà tradursi nella focalizzazione esclusiva sul più importante, “Terranova” (sulla scia di quanto ha fatto Inditex), eventualmente alienando gli altri marchi, oppure nella ricerca di una “diversificazione” dei marchi aziendali per favorirne una migliore conoscenza da parte del pubblico. Questa seconda soluzione sembra apparentemente in contrasto con la scelta fatta finora da Teddy (e Inditex) di non fare pubblicità. In effetti vi può essere una “via di mezzo”, costituita dal fattore che finora ha portato all’affermazione del marchio “Terranova”, vale a dire il cosiddetto “marketing tribale” o “virale” che si diffonde sostanzialmente tramite il passaparola da parte degli utenti che si identificano in un particolare raggruppamento sociale e generazionale, in questo caso i giovani attenti alle mode ma anche alle esigenze economiche e che non vogliono rinunciare ad adottare uno “stile italiano” anche nel vestire, nonostante ovviamente rimangano e siano inevitabili i richiami d’Oltreoceano e dell’imperante look “USA-oriented”. Per quanto riguarda il marchio “Calliope”, comunque, da noi indicato come il più promettente in termini di una potenziale valorizzazione, il fondatore di Teddy, Vittorio Tadei, ha recentemente annunciato una “nuova” strategia di sviluppo. Sarà adottato come denominazione di una catena di negozi (come Terranova e Rinascimento), con un target di apertura iniziale di 37 punti vendita in Italia e all’estero (complessivamente 15 Paesi) entro la fine del 2005. Calliope non si sovrappone al marchio Terranova: mentre quest’ultimo è tendenzialmente rivolto al pubblico adolescenziale-giovanile di entrambi i sessi (dai 16 ai 25 anni di età), Calliope, come risulta evidente dal significato del brand, è indirizzato in una prima fase al pubblico femminile, di età più elevata (tra i 20 e i 45 anni): e non a caso si trattava della “più anziana” delle Muse …. In questo sta gran parte dell’utilità di una scelta rappresentata da un Bilancio dell’Intangibile che consente di “misurare”, anche se spesso solo a livello qualitativo, il valore di uno (o più) Brand e soprattutto l’evoluzione del valore nel tempo (che non può solo aumentare ...)15. Queste valutazioni per loro natura, specie con riferimento ai marchi creati internamente, molto difficilmente trovano riscontro nei tradizionali sistemi contabili. Attraverso tale strumento di reporting è possibile focalizzare l’attenzione dell’azienda, e i targets proposti al management, in relazione alla “creazione di valore” in termini di Brand. In questo caso si può far ricorso a un sistema di indicatori quali-quantitativi che permettono al Bilancio dell’Intangibile Teddy di essere anche un vero e proprio strumento di gestione; e proprio per questo compito il bilancio è stato concepito, tanto che per ora (e forse anche in futuro) non ne è prevista la pubblicazione esterna, mentre probabilmente ne sarà effettuata una diffusione interna a tutti o gran parte dei livelli aziendali. La valorizzazione di uno o più Brand infatti, soprattutto nel caso in cui non vi sia un “creatore-stilista” come avviene nell’Alta Moda, può avvenire esclusivamente con il coinvolgimento di tutte le strutture aziendali. (Riproduzione riservata) 15 Rivista Aiaf ottobre 2003, numero 48 “Il brand come intangible asset” 29
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