Lettere in conflitto: Colombo-Vespucci

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NICOLA BOTTIGLIERI
                                  / / / Università di Roma

                     Lettere in conflitto: Colombo-Vespucci

      La lettera a Luis de Santdngel

            II 13 Febbraio 1493 Colombo, sulla via del ritorno dalle Indie, al largo
      delle Azorre, incappa in una tempesta che dura due giorni. È la prima di
      tutto il viaggio, ma è così violenta che rischia di affondare la nave, cancellan-
      do il ricordo dell'impresa. Per propiziarsi l'aiuto divino, l'Ammiraglio propo-
      ne di estrarre a sorte il nome di un marinaio che per conto di tutti faccia un
      pellegrinaggio a Santa Maria di Guadalupe. Mettono dei ceci in un cappello
      e al primo colpo Colombo estrae quello segnato con una croce. Tirano a
      sorte per un secondo, più impegnativo pellegrinaggio: alla Madonna di Lore-
      to, in Italia, e viene prescelto il marinaio Pedro de Villa, a cui Colombo pro-
      mette di pagare le spese. Infine, si decide per un terzo pellegrinaggio nella
      Chiesa di Santa Clara di Moguer e la sorte cade di nuovo sull'Ammiraglio. A
      questo punto i marinai non possono che convincersi quanto il loro destino
      sia legato a quello dell'Ammiraglio, il quale prima li ha condotti nelle Indie,
      valicando un oceano sconosciuto, ed ora, sulla via del ritorno, dovrà ricon-
      durli in patria.
            Le penitenze promesse, tuttavia, non placano i venti. Allora mette in
      campo un altro espediente per comunicare al mondo che era possibile navi-
      gare l'oceano. Salvare questa informazione appare subito più importante della
      salvezza della stessa vita. Questa urgenza non ubbidiva solo a motivi di pre-
      stigio personale, bensì alla dimensione "profetica" di tutta l'impresa. Egli, se-
      guace delle tesi millenaristiche di Giacchino da Fiore, vedeva se stesso come
      un predestinato da Dio, un profeta: aprendo una nuova via verso le Indie,
      non apriva una nuova fase della storia politico-economica degli uomini, bensì
      faceva entrare il mondo nella terza era: quella dello Spirito Santo. Quindi,
      proprio come fanno i profeti, trasforma il suo corpo in parola.

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                    Pertanto scrive una lettera ai re cattolici, riassumendo le notizie più
          importanti del viaggio. Poi avvolge la pergamena in una tela cerata, colloca il
          tutto in un pane di cera, sigilla il plico in un barile e lo affida alle acque. An-
          che se profeta, Colombo è un mercante genovese, perciò promette una ri-
          compensa di mille ducati a colui che trovando il messaggio 1' avesse recapita-
          to a destinazione. Sempre circospetto nei confronti dei suoi marinai, (è com-
          prensibile, in ogni caso, la diffidenza dei marinai verso uno straniero così ispi-
          rato, bravo nell'arte di navigare, ma sempre sfuggente e pieno di segreti!) la-
          scia credere che stia compiendo un gesto propiziatorio, per placare la furia
          delle acque. Lanciato il primo messaggio, si affretta a scrivere una seconda
          lettera, la nasconde in un altro barile e lo mette a poppa della nave, con una
          corda. In caso di affondamento, il barile rimarrà a galleggiare come una boa,
          indicando sia il punto dell'affondamento, sia la presenza del relitto. A questo
          punto, il barile con la lettera diventa simile alle profezie dei veggenti che dal-
          la notte dei tempi (o dagli abissi dell'oceano) ci hanno affidato i loro messag-
          gi pieni di futuro.
                Il 4 Marzo la caravella di Colombo giunge nel porto di Lisbona dove vi
          è ad accoglierlo Bartolomeo Díaz, l'ammiraglio che al ritorno dal Capo di
          Buona Speranza aveva trovato Colombo ad attenderlo al porto di Lisbona.
                Lisbona è un porto nemico e l'Ammiraglio temendo per la sua vita,
          scrive una nuova lettera al re di Spagna ' ed un'altra a Luis de Santángel in
          cui si annuncia il felice esito dell'impresa. Se non è provato che Colombo ab-
          bia usato la stessa lettera collocata nel barile a poppa, (magari cambiando solo
          l'intestazione e non il suo umido testo!) è lecito pensare invece che tutte que-
          ste missive abbiano molte cose in comune.Infatti sono tutte scritte in una si-
          tuazione estrema, durante una tempesta o in cattività e si configurano tutte
          come una breve relazione del viaggio.
                Affidare alle acque una lettera importante (o il corpo di un uomo) è ge-
          sto drammatico ma di grande risonanza culturale. Vengono spontanee alla
          mente le figure di Mosé, di Giona nel ventre della balena, di Romolo e Re-
          mo, i riti dei Celti che affidavano i defunti all'oceano messi su piccole bar-
          che, ma anche il più recente Gordon Pim di Edgard Alian Poe. Questo è un

                  ' Per questo lavoro abbiamo tenuto conto del libro di Luciano Formisano.L? Lettera
         • della scoperta, Napoli, Liguori, 1992. Per i rapporti tra Colombo e le teorie di Gioacchino da
           Fiore, cfr. A. Prosperi, Attese millenaristiche e scoperta del N. Mondo in II profetismo gioachimi-
           ta, a cura di G. Luca Potestà, Genova, Marietti, 1991,pp.433-455.               ••

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     gesto così legato alla nostra cultura che è già presente sia nelle tombe greche
     di Paestum sia come rito annuale del mondo romano. Durante la festa degli
     Argi, infatti, si buttavano dal ponte Sublicio nel Tevere immagini di giunchi,
     rappresentati i vegliardi fondatori della stirpe, mentre ancora oggi buttare fio-
     ri nell'acqua è un modo di onorare i defunti periti in mare. Il gesto di Co-
     lombo, pertanto, è pieno di echi culturali ma è sopratutto il riconoscimento
     del valore demonico dell'elemento acquoreo: l'acqua che uccide salva anche
     la vita e/o la parola, crea destini imprevisti, conserva le cose ad essa affidate.
     Per Colombo l'oceano è spazio di morte ma anche casa del sapere, mondo
     senza tempo (oppure tempo liquido senza mondi) ma anche ponte, strada,
     confine della vita. Buttando questo piccolo relitto nell'oceano, Colombo ca-
     povolge il senso del viaggio: all'andata metteva la sua persona in secondo pia-
     no e attraverso i relitti che l'oceano gli mandava (alberi di navi naufragate,
     pezzi di legno lavorato, bacche di terra, ecc.)cercava di ricomporre il disegno
     del tutto, al ritorno, invece, ora che il tutto è conosciuto, i relitti li mette lui,
     ordinando all'oceano di trasformare 1' acqua di morte in acqua di vita, il suo
     annegamento in profezia.
           In qualche modo sarà lo stesso Colombo a ripescare dalle acque la lettera
     che egli stesso vi aveva buttato, quando il 4 Marzo da Lisbona scrive ai Re
     Cattolici ed a Luis de Santángel. La lettera ai Re cattolici è stata ritrovata da
     poco, 2 ma quella a Santángel e al tesoriere Gabriel Sánchez ebbe una fortuna
     insperata.
           Questa, infatti, tramite mercanti fiorentini giunse a Firenze in brevissi-
     mo tempo, (forse a questa veloce divulgazione non è estraneo lo stesso Ve-
     spucci, già presente a Siviglia) dove fu divulgata, ripercorrendo in qualche
     modo lo stesso percorso che circa un secolo prima aveva fatto la notizia an-
     nunciarne la ri-scoperta delle Canarie. Una lettera giunta al Boccaccio e mes-
     sa in latino nel 1341 con il titolo De Canaria0.
           In poco tempo, insomma, la lettera dalla Spagna giungerà in Italia pres-
     so la Corte pontificia - appena ventisei giorni dopo l'inoltro da Lisbona -
     dove verrà tradotta in cattivo latino dall'aragonese Leandro de Cosco.con il
     titolo De Insulis nuper Inventis (il giorno 29 Aprile 1493) ed ebbe tre edizio-

          2
             Per una analisi contrastiva fra i due testi cfr. Formisano, op. cit., pp. 13-20.
          3
             Tutte le opere di G. Boccaccio, a cura di Vittore Branca, Milano, Mondadori,
     pp.965-979.

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          ni, mentre la copia inviata a Firenze fu messa in "versi volgari" e " in ottava
          reale" da Giuliano Dati e pubblicata in forma di opuscolo, forse una prima
          volta il 31 Marzo dello stesso anno e di sicuro ancora a Firenze il 25 ed il 26
          Ottobre 1493 con il titolo Storia della inventione delle nuove insule di Chan-
          naria indiane. Una ultima edizione fiorentina è del 26 ottobre 1495. La let-
          tera a Santángel ebbe, quindi, una diffusione immediata: la sua traduzione
          latina, fatta proprio per essere diffusa a livello europeo, ne assicurò il successo
          fra i dotti e nelle Accademie, mentre quella in volgare, fu destinata ad un
          pubblico popolare.
                Ebbene, questa lettera che prima viene ripresa dalle acque e poi trasforma-
          ta in versi non solo è il primo documento di quella letteratura di viaggi non
          più orientata verso oriente, bensi verso occidente, ma è anche il primo piccolo
          best-seller delle scoperte americane, soppiantato, alcuni anni dopo, da quel
          grande successo editoriale che fu il Mundus Novus di Amerigo Vespucci. Tutta-
          via questa lettera sarà anche la prima griglia concettuale, la radice sotterranea
          che alimenterà quell'immaginario collettivo europeo sull'America, a cui, come
          vedremo più avanti, Vespucci darà un popolarissimo ma diverso contributo.
                Una lettera che viene da un altro mondo, dunque! Non solo perché parla
          di un mondo sconosciuto, ma scritta da un al di là geografico e/o culturale.
          Prima di accennare ai motivi presenti nel testo, vogliamo osservare che alle
          spalle di Colombo esisteva una lunga tradizione di lettere che svelano mondi, a
          cui è doveroso fare riferimento. Infatti, il Medioevo aveva già costruito il suo
          ricco immaginario proprio su di una lettera che parlava di un mondo reale.mai
          visto da nessuno. Si tratta della Lettera del Prete Gianni4, apparsa in circostanze
          misteriose nella prima metà del secolo XII, in cui viene svelata l'esistenza di un
          mondo sconosciuto collocato nelle remote Indie, a cui verrà dato credito per
          ben cinque secoli. Precedente a questa, e forse modello ideale a cui si ispira, è
          la lettera di Alessandro Magno ad Aristotele del EX secolo, in cui il re macedo-
          ne racconta al filosofo le meraviglie delle Indie da lui conquistate.
                Che cosa hanno in comune le lettere che annunciano l'esistenza di un
          nuovo mondo? Tutte costruiscono sulla carta 1' immagine di un mondo
          straordinario, che servirà da guida ai viaggiatori successivi. Tutte hanno pro-
          venienze misteriose, ossia giungono nelle mani del lettore in modo fortuito,
          siano esse portate dall'acqua o dal vento, tutte coprono uno spazio reale ma

                  G. Zaganelli, La lettera del Prete Gianni, Parma, Pratiche Editrice, 1990.

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      sconosciuto5. Per capire il senso profondo della lettera, bisogna chiedersi cosa
      in definitiva Colombo vuoi salvare dalle acque, buttando fra i flutti la piccola
      zattera del barile dove le parole sono naufraghi alla deriva!
            Innanzitutto che ha preso possesso di numefose isole in nome del re di
      Spagna, una delle quali cioè Juana, Cuba, deve essere terraferma del Catay.
      Queste isole vengono descritte non solo come isole-forziere (secondo una in-
      terpetrazione che è evidente anche nel De canaria di Boccaccio) dove bisogna
      rapinare le ricchezze e fuggire via, ma sono isole estreme, che - come egli af-
      ferma nel Diario il 14 Novembre, quando è a Cuba - , si trovano ai confini
      del mondo. In questi luoghi, dove termina l'occidente e inizia l'oriente, i
      confini dello spazio finiscono per diventare confini del tempo. Sono quindi
      isole con una natura rigogliosa, ossia non lavorata dalla mano dell'uomo, pri-
      ve di civiltà, dove gli uomini vivono in mezzo alla selve. Sono prive di città o
      castelli, le coste sono abitate da genti che non conoscono vestiti, né armi da
      guerra, e fuggono alla sola presenza degli spagnoli. A ben vedere gli indios
      vengono presentati in modo non molto dissimile dai negri incontrati sulle
      coste dell'Africa, diversi per il colore della pelle ma non nei comportamenti.
      Negri già conosciuti da Colombo nel suo viaggio a Las Minas nel 1481, vici-
      no all'equatore, allora considerato confine del mondo.
            Nelle isole vi sono porti naturali, fiumi in cui è facile trovare oro, mon-
      tagne altissime, più alte di quella del vulcano Teide, nelle Canarie, considera-
      ta la più alta d'Europa, comunque ultima frontiera europea o faro naturale
      prima di entrare nell'Oceano. Vi sono spezie, alberi sempreverdi, con frutta e
      uccelli, fra cui l'usignolo.
            Valga una citazione per intendere la strategia di scrittura della lettera:

            La Española es maravilla: las sierras y las montañas y las vegas y las campi-
            ñas y las tierras tan fermosas y gruesas para plantar y sembrar, para criar ga-
            nados de todas suertes, para hedeficios de villas e lugares. Los puertos de la
            mar aquí no havría creencia sin vista, y de los ríos muchos y grandes y bue-
            nas aguas, lo más de los quales trae, oro.... En esta ay muchas especierías y
            grandes minas de oro y de otro metales6.

            5
               II motivo della lettera giunta dagli antipodi, abbandonata alle acque o portata dal
      vento, è già presente nella letteratura latina, cfr. Gabriella Moretti in Viaggi verso l'irraggiun-
      gibile in Idea e realtà del viaggio, Genova, ECIG, p. 379.
             6
                 II testo completo è in Formisano, op. cit., pp. 66-67.

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               A chi potevano interessare queste isole? Innanzitutto ai re cattolici,
         pronti a stringere rapporti con il Gran Can ed a battere la concorrenza por-
         toghese, ma più in particolare ai mercanti che avevano finanziato la spedizio-
         ne. L'arrivo veloce in Italia del testo fa intendere quali forze potessero essere
         interessate alla scoperta: la Curia Pontificia ed i mercanti. Colombo tace
         quello che sarà esplicito nella lettera del terzo viaggio, alla scoperta del fiume
         Orinoco, che egli crede proveniente dal Paradiso Terrestre: vuole trovare le
         miniere del re Salomone per raccogliere tanto oro da organizzare una crociata
         pronta a liberare il Santo Sepolcro. Allora l'umanità sarebbe entrata davvero
         nella terza era della storia: quella dello Spirito Santo.
               Dietro il progetto di Colombo, come abbiamo detto, vi è dunque una
         ispirazione visionaria, poche volte enunciata ma evidente, la quale regge 1'
         azione e la scrittura. Una ispirazione che lo porta a mettere l'accento sul ruo-
         lo della sua persona, come profeta destinato a interpetrare e realizzare grandi
         disegni divini e a descrivere il mondo incontrato non solo come "paradiso
         naturale" ma come luogo della provvidenza, strumento attraverso il quale è
         possibile realizzare i disegni del cielo. La lettera parla delle isole come di un
         forziere da lui aperto ed offerto ai sovrani a cui poter attingere a piene mani,
         per far crescere la potenza della Spagna e realizzare i disegni divini. Il mondo
         descritto, perciò, come ha sottolineato Martinengo "... sbocciato dal contesto
         delle enciclopedie medioevali, pretende ora di modellare il Nuovo Mondo
         entro stampi preformati e di caricarlo delle valenze utopiche e millenaristiche
         che a quel contesto erano sottese"7.
               Di fronte a questo inquadramento millenaristico delle terre scoperte, l'at-
         teggiamento del pubblico (sia colto che popolare) non può che essere di stu-
         pore e/o diffidenza, proprio come se stesse parlando un profeta. Un profeta
         che nel momento in cui ricorda come gli indiani credessero che gli spagnoli
         venissero dal cielo "(...) los otros andavan corriendo de casa en casa y a las vil-
         las cercanas con bozes altas «venid, venid a ver la gente del cielo»"8 allo stesso
         tempo è proprio convinto che egli dal cielo fosse stato mandato e perciò l'in-
         fantile stupore degli indios fosse in realtà riconoscimento del mandato divino.
               Di fronte a queste implicite ma forti convinzioni, la lettera viene costruita
         sulla figura del mittente, dove ogni elemento finisce per sottolineare il ruolo

               7
                 A. Martinengo, Le postille colombiane sul Catay e l'abbaglio del grande scopritore, in
         Symbolae Pisanae. Studi in onore di G.Mancini, Pisa, Giardini, 1989, voi. II, p. 395.
              8
                 Formisano, op. cit., p. 70

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     avuto da Colombo, proprio come Mosé, nel portare la parola di Dio attraverso
     i mari. Forse è per questa ragione che un così grande avvenimento non entrò
     nel cuore dei lettori.tanto da identificare il suo nome con le terre da poco sco-
     perte. Forse la lettera di Colombo non divenne popolare semplicemente perché
     l'immagine che egli da delle Indie non voleva essere popolare: egli si sentiva un
     profeta, un Cristo-ferens, scrisse la sua lettera credendosi in punto di morte e
     parlò di quelle terre dell'oriente, all'interno di un'ottica ancora medioevale, in
     cui il suo viaggio era stabilito dalla provvidenza. Per Colombo il futuro delle
     Indie aveva radici nel passato, di cui lui aveva la chiave! L'immagine che diede
     di quel mondo era legata alle Scritture, alle intenzioni di una crociata, al dise-
     gno millenaristico di Gioacchino da Fiore. Insomma diede una visione sacra ed
     elitaria del viaggio che non tutti potevano intendere.
              Anche la versione in poesia, in 68 ottave, fatta dal Dati per un pub-
     blico più vasto non ottenne lo scopo di legare nell'immaginario collettivo le
     terre da poco scoperte con il nome del suo scopritore. La storia della inven-
     tione delle nuove insule di Channarie indiane se da un lato espunge la visione
     millenaristica, conferma il ritrovamento non di un nuovo mondo ma solo di
     una nuova rotta per andare nelle insule di Channarie, sorta di luogo mitico,
     più simile alle isole dei romanzi di cavalleria che ad una realtà geografica.
     Come afferma Teresa Cirillo Sirri:

           ...l'emotivo resoconto epistolare, redatto in spagnolo da Colombo, viene diffu-
           so a livello popolare in versione italiana. Attraverso un puntuale gioco di rico-
           dificazioni, la lettera di Colombo s'inserisce nel tradizionale arcipelago poetico,
           d'impianto medioevale, frequentato da giullari e cantastorie. Il testo in rima di
           Giuliano Dati, forse composto per essere recitato pubblicamente, mantiene
           l'enunciazione soggettiva propria dello statuto epistolare. Colombo rimane,
           perciò, protagonista e testimone della scoperta9.

      Vespucci e il mundus novus

         Amerigo Vespucci (Firenze 1454-Siviglia 1512) come navigatore diede
     un valido contributo alla conoscenza della parte meridionale del nuovo mon-

           9
              Teresa Cirillo Sirri, L'Imago Mundi nella poesia epica del Rinascimento, in Esplorazioni
     geografiche e immagini del mondo nei secoli XVe XVI, Messina, Grafo Editor, 1993, p. 270. Ve-
     di anche: José Luis de Pando Villaroya, Colón y Dati, Madrid, Pando Ediciones, 1987.

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          do, come scrittore contribuì alla nascita della moderna letteratura di viaggio.
          A differenza di Colombo, egli non si sentiva un "apostolo", né aveva inten-
          zione di organizzare crociate e sopratutto non credeva che la sua vita fosse
          strumento per un grandioso disegno di evangelizzazioncAl contrario, era un
          uomo imbevuto di cultura rinascimentale, perciò più attento agli esiti della
          "fortuna" che della provvidenza. Egli capì l'interesse che il pubblico europeo
          riponeva per le nuove scoperte geografiche e riempì di immagini popolarissi-
          me gli spazi vuoti del nuovo mondo. Questa curiosità poveva essere soddi-
          sfatta solo usando strumenti nuovi e flessibili, in particolare la stampa, ma
          sopratutto adeguando la scrittura ai gusti del pubblico. Se la letteratura di
          viaggio medioevale sceglieva i suoi lettori fra religiosi, mercanti, dignitari di
          corte, maestri delle università, intellettuali, ossia uomini legati alle istituzioni
          politiche e culturali della società, (e lo stesso Colombo si attiene a questo
          modello) con Vespucci abbiamo un cambiamento radicale. Era da poco stata
          inventata la stampa e questi due avvenimenti che cambieranno la storia del
          mondo, ossia la scoperta dell'America e l'invenzione dei caratteri mobili,
          messi insieme daranno esiti sorprendenti.
                    Il fiorentino, (o chi per lui) proprio perché vuole parlare ad un
          pubblico europeo di massa, mette in campo una strategia narrativa finaliz-
          zata al grande pubblico: costruisce un paratesto adeguato all'intenzione (di-
          segni astronomici esplicativi, xilografia sulla copertina, caratteri gotici che
          bilanciano argomenti frivoli, uso di un latino semplice per aumentare la cir-
          colazione, ecc.) e scrive di argomenti di facile presa, arricchendo la prosa di
          citazioni erudite tratte dalla letteratura di viaggio: Plinio, l'Ulisse di Dante,
          gli scritti di Colombo,ecc. Tratta temi che hanno a che fare con la stampa
          scandalistica, recupera motivi presi dalla letteratura popolare del medioevo
          anziché da una vera e propria relazione di viaggio. Riprende molti stereotipi
          diffusi dalla letteratura sulle Indie, trasportandoli in America, forte della
          confusione ancora esistente fra i due mondi. E non a caso, fra gli stereotipi
          più diffusi, quello che le Indie erano luoghi degli eccessi sessuali ha uno
          spazio considerevole. Le stesse coordinate geografiche che impiega per di-
          mostrare il perimetro dei suoi viaggi sono spesso sbagliate e questo viene
          fatto non solo per proteggere le scoperte dai nemici della Spagna ma sopra-
          tutto perché le coordinate geografiche non hanno senso per la maggioranza
          dei lettori europei che non hanno familiarità con il linguaggio tecni-
          co/scientifico dei marinai. Il risultato di questa strategia narrativa fu una ec-
          cezionale diffusione dei suoi scritti, l'identificazione del nome America con

AISPI. Lettere in conflitto: Colombo-Vespucci.
Lettere in conflitto: Colombo-Vespucci                     289

        le terre scoperte da Colombo, la nomina a Pibto Mayor, ossia massima au-
        torità della marineria spagnola, ma sopratutto gli europei capirono davvero
        di trovarsi di fronte ad una nuova realtà geografica e culturale, appunto un
        mondo davvero nuovo. Queste lettere colpirono così in profondità l'imma-
        ginario europeo che lo stesso Tommaso Moro nella sua Utopia del 1517
        colloca il suo mondo ideale su di un'isola trovata da Vespucci. Eppure tanta
        fama fu raggiunta con pochissimi scritti, anzi solo due, pubblicati quando
        era in vita e per giunta apocrifi.
              Il totale delle sue lettere è in numero di cinque, che possiamo dividere
        in due gruppi: lettere pubbliche e lettere private o familiari. Del primo grup-
        po fanno parte il Mundus Novus (1504) e la Lettera a Soderini (Quatuor
        Amenci Vesputii Navigationes), (1507) del secondo: l)Lettera scritta a Siviglia
        nel 1500, pubblicata nel 1745 da Angelo Maria Bandini;2)Lettera dal Capo
        Verde datata 1501, pubblicata nel 1827 dal conte Baldelli Boni;3) Lettera da
        Lisbona, posteriore al 1501, pubblicata nel 1789 da Francesco Bartolozzi; 4)
        un frammento di lettera «frammento Ridolfi» pubblicato nel 1937, relativa
        ad una lettera del 150010.
                  Noi dobbiamo sopratutto alle prime due lettere (apocrife) le immagi-
        ni e il nome dell'America che si diffusero in Europa nella prima metà del se-
        colo XVI, in quanto le tre lettere del secondo gruppo furono pubblicate mol-
        to più tardi, a partire dal XVIII secolo.
              Come afferma M. Pozzi: "II successo del Mundus novus infatti fu travol-
        gente. In poche settimane fu ristampato a Venezia, Parigi, Augusta, Norim-
        berga, Anversa, Colonia, Strasburgo, Rostock.e poi tradotto in tedesco e
        fiammingo. Nel 1507, tradotto in italiano, fu inserito nella raccolta Paesi no-
        vamente retrovati e Novo Mondo da Alberico Vespuzio florentino intitulato, che
        a sua volta fu ristampata cinque volte fra il 1508 e il 1519, tradotta in latino,
        tedesco, francese. Fu dunque un vero best-seller. Nel giro di cinquantanni se
        ne ebbero almeno cinquanta edizioni" u . Nel 1550 fu inserito dal Ramusio
        nella sua monumentale raccolta, assicurandone perciò l'autenticità scientifica
        e la durata nel tempo.

               10
                  Amerigo Vespucci, Cartas de viaje, a cura di L. Formisano, Madrid, Alianza Edito-
        rial, 1986. Vd. anche L. Formisano, Amerigo Vespucci, in Nuovo Mondo. Gli Italiani, a cura di
        Paolo Collo e Pier Luigi Crovetto, Torino, Einaudi, 1991, pp.205-268.
               11
                  // Mondo Nuovo di Amerigo Vespucci, a cura di Mario Pozzi, Milano, Serra e Riva
        Editore, 1984, p.15.

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               Se è semplice stabilire il numero degli scritti, più complesso risulta sta-
         bilire la natura dei due fortunatissimi testi pubblici. Questi non sarebbero al-
         tro che lo sviluppo narrativo di più sobrie relazioni geografiche, arricchiti
         dall'inserimento di motivi diffusi nella letteratura di viaggio del sec. XV, gra-
         zie alla mano di uno o più aiutanti. (Una bottega di fiorentini, che avrebbe
         voluto svilire l'opera di Colombo?) In ogni caso, siano essi dei falsi o solo un
         ri-scrittura di lettere private, i due testi pubblicati nel sec. XVI lasciarono un
         segno profondissimo nella cultura moderna n. Vogliamo concentrare l'atten-
         zione sul Mundus Novus e chiederci perché ebbe tanta notorietà.
               Il Mundus Novus risulta essere una traduzione in latino, fatta da un io-
         cundus interpetres (forse l'umanista Giovanni da Verona) di una lettera in ita-
         liano di poche pagine, arricchita di disegni, scritta da Lisbona intorno al
         1503 e diretta a Pierfrancesco de' Medici.
               Tratta di uno straordinario viaggio sulle coste meridionali del nuovo
         mondo iniziato il 14 maggio 1501 e terminato l'anno dopo, per mandato del
         re del portogallo Emanuele I, concluso a 50° di latitudine sud, quasi all'altez-
         za dello stretto di Magellano. In questo viaggio condotto "ai confini del tem-
         po e dello spazio" avviene la scoperta della "faccia nascosta" della terra,con la
         rivelazione dell'esistenza di un mondo insperato, in palese contraddizione
         con le autoritates del medioevo. Un mondo lontano dall'Europa, abitato da
         uomini ancora vivi nella barbarie, da poco scacciati dal Paradiso Terrestre,
         nelle cui vicinanze vivono. Una descrizione di questo tipo (arricchita di parti-
         colari intriganti, quali il cannibalismo, la nudità, la vita nomade o ancora di
         più piccanti, qual'è la consuetudine delle donne di far mordere il membro
         degli uomini da insetti per farlo divenire più grosso) deve molto più alla let-
         teratura sugli antipodi che all'osservazione di geografi.
               Il secondo testo pubblico è, come abbiamo detto, quello denominato
         Lettera di Amerigo Vespucci delle isole nuovamente trovate in quattro suoi viaggi.
         Destinata a Pier Soderini, magistrato della Repubblica di Firenze, fu pubbli-
         cata a Firenze fra il 1505 o il 1506, con aggiunta di cinque xilografie. Un ve-
         ro e proprio opuscolo, che diffonderà una "immagine" e il nome dell'Ameri-
         ca in tutta l'Europa. Anche questo testo ebbe grande diffusione, tanto che
         una sua traduzione in latino ( Quattuor Americi Navigationes) fu usata dal te-
         desco Martin Waldseemiiller come appendice ad un trattato di geografia Co-

                 Navigazioni atlantiche-, a cura di R. Caddeo, Milano, Alpes, 1929.

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Lettere in conflitto: Colombo-Vespucci              291

       smographiae Introducilo, impresso a Saint Die in Lorena il 25 Aprile 1507. Il
       canonico tedesco, infatti, nelle carte geografiche annesse, aveva scritto il no-
       me di Amerigo per indicare le terre da poco scoperte, appunto quelle di cui
       parlava la Lettera. Il nome ebbe fortuna e benché limitato alla parte meridio-
       nale del continente, in breve, designò tutto il nuovo mondo.
             La Lettera parla,dunque, di quattro viaggi. I primi due al servizio del re
       di Spagna, i secondi al servizio del Portogallo. Nel primo( 1497-1498) viene
       attribuito a Vespucci uno sbarco in Tierra Firme prima del terzo viaggio di
       Colombo, (dando così al fiorentino una seconda priorità dopo quella nei
       confronti di Cabrai), il terzo viaggio altro non è se non quello descritto nel
       M.N., l'ultimo, infine, compiuto fra il 1503 ed il 1504, lo vede naufrago,
       proprio come Colombo sulle coste della Giamaica. La Lettera fa intendere
       grande familiarità dell'autore con le terre di cui parla, facendo emergere la fi-
       gura di un mercante/marinaio spregiudicato, proiettato verso il futuro.
             Ma quello che più colpì il pubblico fu la rivelazione dell'esistenza di un
       grande continente sconosciuto, posto ai "confini del mondo", in prossimità
       del Paradiso Terrestre, abitato da popolazioni incredibili. Una tale rivelazione
       colpì nel segno, perché in effetti questa "rivelazione" voleva trasmettere.Que-
       sti territori sono popolati da uomini che errano fra le selve, privi di città, di
       autorità, di religione, in uno spazio/tempo anteriore alla "storia". Il testo, in-
       somma, sviluppa e diffonde quella immagine degli indios selvaggi diffusa nel-
       la prima decade del sec. XVI, prima della conquista delle "barbare civiltà"
       americane: azteca o inca. In ogni caso, 1' immagine del nuovo mondo che of-
       fre, deve molto più alla letteratura di viaggi del medioevo che alla osservazio-
       ne diretta dei marinai.
             Vi è quindi una strategia dello stupore perseguita attraverso l'uso di
       motivi che sembrano tratti da una collectanea della letteratura di viaggi.
       Emerge così l'immagine di un mondo posto agli antipodi e perciò capovolto
       in tutti i sensi rispetto all'Europa, pieno di sorprese divertenti, di eccessi.che
       stimolavano la curiosità ed il riso. In particolare, come abbiamo detto, la
       curiosità per gli eccessi sessuali delle donne, la poligamia, il cannibalismo,
       gli usi religiosi ridicoli, qual'è quello di adorare la prima cosa si incontra al
       mattino, ecc.
             Il Mundus Novus inizia sottilineando l'uso degli indios di bucarsi il viso
       e di inserirvi delle lunghe pietre per deformare/abbellire il loro volto. Ed egli
       giura di aver visto degli uomini con sette pietre sul viso, diventati dei veri e
       propri mostri! Continua annunciando le abitudini sessuali" Hanno anche le

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         femmine un'altra usanza crudele e lontana da ogni umano vivere. Esse (per-
         ciocché sono sopra modo lussuriose) per soddisfare al lor disonesto piacere,
         usano questa crudeltà, che danno a bere agli uomini il sugo di una certa er-
         ba, il qual bevuto subito si gonfia loro il membro e cresce grandemente; e se
         questo non giova, accostano al membro certi animali venenosi che lo morda-
         no insin che si gonfia, onde aviene che appresso di loro molti perdono i te-
         sticoli e diventano eunuchi...". In verità, temi come questi, che tanto doveva
         colpire la fantasia del pubblico europeo, oppure adorare la prima cosa che ve-
         devano al mattino.più che una realtà era un luogo comune per indicare il li-
         vello delle popolazione incontrate. Infatti è presenti anche in altre relazioni:
         l'uso di deformare il membro è attestato da Niccolo dei Conti, nel suo viag-
         gio nelle Indie e a Giava, mentre adorare gli oggetti è uno stereotipo che vie-
         ne ripetuto anche nell'anonima "navigazione da Lisbona all'isola di San
         Tomé" sulle coste africane, del 1540. Vespucci impiega sulle terre americane
         molti motivi della letteratura di viaggio delle Indie già collaudati e di sicuro
         effetto, trasformando la lettera in una divertente carrellata di esileranti luoghi
         comuni.
               Si veda come trasformi in chiave carnevalesca i comportamenti naturali
         del comunismo primitivo:

               Appresso di loro non vi ha patrimonio alcuno, ma ogni cosa è comune. Non
               hanno re né imperio; ciascuno è re a se stesso. Pigliano tante mogliere quanto
               lor piace; usano il coito indifferentemente, senza aver riguardo alcuno di pa-
               rentado: il figliuolo usa con la madre e il fratello con la sorella; e ciò fanno pu-
               blicamente come gli animali bruti, percioché in ogni luogo, con ciascuna don-
               na, ancora che a sorte in lei s'incontrino, vengono a congiungnimenti venerei.
               Símilmente rompono i matrimoni, secondo che lor piace..." B . Più avanti affer-
               ma che "si cibano di carne umana, di maniera che il padre mangia il figliolo e
               all'incontro il figliolo il padre, secondo che a caso e per sorte avviene.

                La lettera finisce per diventare una vera e propria descrizione del mondo
          alla rovescia, quale si può avere durante una festa di carnevale. Una festa di
          carnevale però, che nessuno in Europa può verificare quanto corrisponda al
          vero. L'America di Vespucci è davvero la faccia nascosta e oscura della terra. In
          realtà questo luogo insperato non è solo uno spazio geografico dove è possi-

                  II Mondo Nuovo, op. cit., p. 101

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      bile collocare le utopie, le fantasie morbose, i sogni di facile ricchezza e di
      evangelizzazione,insomma le più popolari fantasie dell'Europa, ma sopratutto
      finisce per essere il mondo segreto degli europei, un inconscio collettivo ac-
      cumulato in tanti secoli di letteratura di viaggio che può finalmente venire
      alla luce.

AISPI. Lettere in conflitto: Colombo-Vespucci.
AISPI. Lettere in conflitto: Colombo-Vespucci.
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