LABORATORIO PLS "MATERIALI PER LE ENERGIE RINNOVABILI" - (PNLS1)
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PIANO NAZIONALE LAUREE SCIENTIFICHE (PNLS1) la scienza per una migliore qualità della vita LABORATORIO PLS “MATERIALI PER LE ENERGIE RINNOVABILI” Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011 pag. 1 di 32
PREMESSA Il settore di attività sul fotovoltaico tradizionale affronta il tema dell'impiego dell'energia solare per la produzione di elettricità mediante l'utilizzo di celle fotovoltaiche basate sulla tecnologia del silicio. Le celle utilizzate sono 6 di silicio policristallino collegate e inserite in un pannello. La parte teorica, in cui vengono descritte le problematiche legate alla produzione sostenibile di energia, alla tecnologia del fotovoltaico in generale e quello innovativo in particolare è supportata ed ampliata dall'attività sperimentale che ci apprestiamo ad affrontare. In questo laboratorio si realizzerà lo schema elettrico di collegamento dei vari componenti circuitali e si eseguiranno le misure elettriche. La luce di illuminazione del pannello è fornita da un sistema di fari a led multicolore programmabili e controllabili. L’intensità della radiazione è misurata con luxmetro. I risultati sono riassunti e discussi dallo studente che prepara una relazione di misura. Resp. Prof. Enrico Sappa Collaboratori all’attività: Dr. C. Gandini; Prof. A. Masoero; Prof. Vittorio Mariano; Prof. Stefano Bolognini
LE CELLE FOTOVOLTAICHE Da qualche anno si sente parlare sempre più spesso di energie alternative, di energie rinnovabili, di energia solare....rinnovabile. Ma è possibile rinnovare l'energia? Tutti sappiamo che l'energia non si crea e non si distrugge, può soltanto trasformarsi. Ed infatti la quasi totalità dell'energia usata in tutto il mondo (più precisamente il 93,2%, il restante 6,8% proviene dal nucleare) è energia solare trasformata. Infatti il petrolio, il gas, il carbone, la legna il vento e anche il fluire dell'acqua dipendono dal sole. Eh si, anche il vento che fa girare le pale dei generatori eolici, perché è il sole che riscalda l'aria mettendola in movimento. E anche l'acqua, che fa girare le turbine degli impianti idroelettrici, è portata in alto dal sole che la fa evaporare dal mare. Prima di iniziare a vedere cosa sono e come funzionano le “celle solari”, facciamo un breve excursus temporale dai primi studi ad oggi. 1839 Alexandre E. Becquerel osserva per la prima volta l’effetto fotoelettrico. 1883 Charles Fritts costruisce una cella solare di circa 30 centimetri quadrati a base di selenio e oro, con un’efficienza di conversione dell'1%. 1890 Vengono depositati i primi brevetti. 1904 Albert Einstein pubblica il suo lavoro sull’effetto fotoelettrico che gli varrà il Nobel. Wilhelm Hallwachs costruisce la prima cella solare a semiconduttore (rame e ossido di rame). 1950 I laboratori Bell cominciano la produzione di celle solari per attività aerospaziali. 1955 La Hoffman Electronics, su licenza Western Electric, commercializza per la prima volta una cella solare (efficienza del 2%, costo $ 25 al pezzo, cioè $ 1785/W). 1960 Le celle solari raggiungono il 14% di efficienza. 1961 1a conferenza mondiale delle Nazioni Unite sull’energia solare. 1963 La giapponese Sharp produce i primi moduli fotovoltaici commerciali. 1976 David Carlson e Christopher Wronski creano la prima cella a silicio amorfo, con un’efficienza dell’1,1%. 1977 La produzione mondiale di celle solari supera i 500 kW. 1980 Prima cella solare a film sottile (solfuri di rame e cadmio) che supera il 10% di efficienza. 1985 Prima cella al silicio con efficienza del 20%. 1991 Sviluppo delle celle fotoelettrochimiche. 1994 Costruita una cella a giunzioni multiple che supera il 30% di efficienza. 1996 Prima cella solare fotoelettrochimica che supera il 10% di efficienza. 1999 La produzione mondiale di celle solari supera i 1000 MW. 2005 Realizzazione di moduli di celle solari capaci di convertire circa il 17% delle luce incidente in corrente elettrica. 2011........... Noi ora proseguiremo entrando più in dettaglio nel funzionamento delle odierne celle fotovoltaiche al silicio, anche comunemente chiamate celle solari al silicio. Ne esistono di due tipi principali: Celle solari al silicio monocristallino Celle solari al silicio policristallino. Una cella fotovoltaica al silicio si compone di due strati sovrapposti di materiale semiconduttore (silicio) drogati con portatori di carica diversa (generalmente boro e fosforo). Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011 pag. 3 di 32
L'interfaccia tra le due regioni del semiconduttore costituisce una giunzione (pn). La giunzione pn costituisce un fotodiodo che è alla base del fenomeno di conversione dei fotoni della luce in energia elettrica. Il silicio non è l'unico materiale che si può utilizzare per realizzare celle fotovoltaiche ma è attualmente il più usato. Altri materiali adatti per la conversione fotovoltaica della radiazione solare sono l’arseniuro di gallio, il diseleniuro di indio e rame, il telloruro di cadmio, e altri ancora. L'ATOMO DI BOHR E I LIVELLI QUANTICI Tutto inizia con Rutherford che agli inizi del XX secolo aveva proposto un modello di atomo in cui tutta la massa (quasi tutta) è concentrata in un nucleo con carica positiva intorno a cui ruotano particelle di massa piccolissima e carica negativa: gli elettroni. Per Niels Bohr, il modello di Rutherford poteva funzionare se, e solo se, agli elettroni erano permesse non tutte le orbite ma solo alcune. Un elettrone può passare da un'orbita più interna ad una più esterna se riceve energia (ad es. sotto forma di luce). Quando invece passa da un'orbita esterna ad una interna restituisce l'energia sotto forma di radiazione elettromagnetica. Ma in entrambi i casi l'energia non può assumere un valore qualsiasi, ma solo alcuni ben precisi e che dipendono dall'atomo considerato. In definitiva ogni atomo assorbe ed emette soltanto luce di colori ben precisi. Gli atomi che nella tavola degli elementi seguono l'idrogeno hanno un nucleo composto da più protoni e neutroni. Anche gli elettroni sono in numero maggiore e sono identici al numero dei protoni. La tavola periodica degli elementi indica con esattezza sia il numero di elettroni (e protoni) sia le loro orbite (livelli energetici). Se guardiamo più da vicino la tavola periodica notiamo in alto a destra una serie di numeri in colonna. Questi numeri indicano quanti elettroni si trovano sulle varie orbite partendo dalla più interna. Ad es. per il Si (silicio) troviamo 2,8,4. Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011 pag. 4 di 32
Questo significa che il Si ha 2 elettroni sull'orbita (shell) più interna, 8 sulla seconda e quattro sulla terza. Come abbiamo già detto il numero e la disposizione degli elettroni sono determinati dalle equazioni della meccanica quantistica (modello atomico di Bohr). Quando noi disponiamo più atomi ben allineati a formare un reticolo cristallino, accade che due atomi contigui “mettano in comune” un elettrone. Il legame che si viene a creare è il legame covalente. Il legame covalente è un legame molto forte e stabile. Ogni atomo di silicio mettendo in comune i suoi quattro elettroni esterni con quelli degli atomi vicini raggiunge la condizione di massima stabilità (minima energia). Si viene così a formare un cristallo con un ben definito reticolo. Ogni atomo di silicio condivide un elettrone con i quattro atomi adiacenti formando con essi legami covalenti. L‘energia dei sistemi covalenti costituisce la banda di valenza, ed è quella corrispondente alla terza shell. Se gli elettroni acquistassero energia si sposterebbero su altre shell, iniziando dalla quarta. L'insieme di tutti i livelli energetici di queste shell viene detta banda di conduzione Tra le due esiste una differenza di energia detta gap o gap di banda. Per il silicio questo gap è di 1,14 eV; vi ricordo che un eV è l'energia necessaria per spostare un elettrone attraverso una differenza di potenziale di 1 V. Fatti gli opportuni calcoli 1 eV = 1.6·10-19 J. Tanto per avere un termine di paragone, per sollevare un oggetto che “pesa” 1 kg di 1 metro è necessario un lavoro pari a 9,8 J. Una volta sollevato l'oggetto avrà la stessa energia che restituirà, sotto forma di calore e/o deformazione meccanica, se lasciato cadere. BANDE DI VALENZA E DI CONDUZIONE In condizioni normali tutti gli elettroni (quasi tutti) si trovano nella banda di valenza. Come possiamo portarli nella banda di conduzione? Semplice! Fornendo loro l'esatta l'energia (sotto forma di luce) necessaria per farli muovere in una delle orbite superiori. Nella banda di conduzione gli elettroni sono liberi di muoversi e quindi, potenzialmente, di fornire “lavoro utile” tornando nella banda di valenza. Ma gli elettroni non sono i soli in grado di produrre lavoro. Un elettrone che si sposta nella banda di conduzione lascia un “posto” vuoto in quella di valenza, posto che può essere occupato da un altro elettrone. Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011 pag. 5 di 32
Ma anche questo muovendosi lascia un posto vuoto e questo movimento può essere interpretato come una carica positiva che si muove in direzione opposta a quella degli elettroni. Tale “pseudo” carica viene chiamata lacuna. Qualche elettrone torna nella banda di valenza ricombinandosi con le lacune ma la maggior parte resta confinato nella banda di conduzione. Ora dato che gli elettroni sono negativi e le lacune positive, esse formano una “batteria”. Se colleghiamo i due poli di questa batteria ad un utilizzatore circolerà una corrente elettrica, esattamente quello che volevamo: CONVERTIRE ENERGIA LUMINOSA IN ENERGIA ELETTRICA IL DROGAGGIO Vi ricordate la tabella periodica degli elementi e le due sostanze che avevamo evidenziato, il boro e il fosforo? Il boro aveva tre elettroni sulla shell esterna ed il fosforo cinque. Cosa succede se sostituiamo qualche atomo di silicio con qualche atomo di fosforo o di boro? SEMICONDUTTORE DI TIPO N Se sostituiamo un atomo di fosforo ad uno di silicio, quattro dei suoi elettroni della shell esterna formeranno legami covalenti con i quattro atomi di silicio vicini. E il quinto elettrone? Il quinto elettrone rimarrà nelle vicinanze attratto dalla carica elettrostatica del nucleo di fosforo. Ma non trovandosi su un'orbita particolare, sarà sufficiente una piccolissima energia, come quella dovuta alla temperatura a cui si trova il materiale, a staccarlo dalla sua posizione per vagare libero nel cristallo. La situazione che si verrà a creare sarà la seguente: Cariche positive immobilizzate nel reticolo cristallino Cariche negative, elettroni, libere di muoversi nel cristallo Ad un cristallo così fatto viene dato il nome di semiconduttore di tipo N. È da precisare che il numero degli atomi di fosforo (atomi droganti) è estremamente esiguo (1 ogni 10-100 milioni) e tale da non alterare l'uniformità del cristallo di silicio. SEMICONDUTTORE DI TIPO P Se invece sostituiamo un atomo di boro ad uno di silicio, i suoi tre elettroni della shell esterna formeranno legami covalenti con tre atomi di silicio vicini: manca un legame covalente. Ma a temperatura ambiente può succedere che qualche altro elettrone riceva sufficiente energia per liberarsi dal legame e muoversi nel cristallo andando magari a completare il legame mancante. Ma in questo modo lascerà una carica positiva dove si trova l'atomo da cui si è staccato ed una negativa vicino all'atomo di boro. La situazione che si verrà a creare sarà la seguente: Cariche negative immobilizzate nel reticolo cristallino Cariche positive, lacune, libere di muoversi nel cristallo Ad un cristallo così fatto viene dato il nome di semiconduttore di tipo P. GIUNZIONE PN Siamo ormai quasi giunti alla fine del nostro percorso. Per realizzare una cella fotovoltaica non ci resta che “unire” un semiconduttore di tipo N ad un semiconduttore di tipo P. Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011 pag. 6 di 32
Unire non significa certo prendere due pezzi di silicio drogati in modo opposto e metterli a contatto. Significa piuttosto drogare un unico monocristallo di silicio (ovverosia un cristallo di silicio senza deformazioni e impurezze) con boro e fosforo alle estremità. Per motivi che chi vorrà potrà approfondire, elettroni e lacune tendono a fluire alle due estremità del cristallo “ricreando” la nostra batteria . Se una radiazione di lunghezza d'onda appropriata colpisce la nostra giunzione molti elettroni lasceranno la loro orbita e, se connettiamo alle due estremità del cristallo un carico in esso fluirà corrente producendo lavoro. Bene, ora sapete, almeno per grandi linee come sono fatte le “celle solari”. Ma ci sono ancora moltissime domande a cui dare un risposta: Perché le celle sono così poco efficienti? Che differenza c'è tra celle fotovoltaiche di silicio monocristallino e policristallino? Quali altri materiali si possono usare? Come aumentare il rendimento e ridurre i costi di produzione? Qual è lo stato dell'arte? Cosa possiamo aspettarci nel prossimo futuro? E in un futuro ancora più lontano? E ancora tante altre domande. Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011 pag. 7 di 32
MODALITA' DI ESECUZIONE DELLA MISURA Una cella fotovoltaica converte la radiazione di una sorgente luminosa (sole) in energia elettrica. L'energia fornita dipende da: lunghezza d'onda della radiazione intensità della radiazione Si dovranno pertanto effettuare misure della tensione d'uscita. variando la lunghezza d'onda (colore) della radiazione ad intensità costante variando l'intensità della radiazione a lunghezza d'onda costante (colore bianco) Una terza misura effettuata mantenendo costante sia l'intensità che la lunghezza d'onda della radiazione (intensità massima, colore bianco) e variando invece il carico, permetterà di determinare il punto di lavoro ottimale (massima potenza erogata) della cella. NOTA: Nel banco di prova indicato (sorgente luminosa con fari LED) l'intensità della radiazione varia al variare della lunghezza d'onda, è pertanto indispensabile utilizzare un luxmetro per misurare l'intensità della radiazione ed agire sul controller per mantenerla costante. Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011 pag. 8 di 32
SCHEMA DEL BANCO DI PROVA SOLAR CELL TEST terminazione cavi DMX . V . opzionale I Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011 pag. 9 di 32
1. LED DMX Operator (Controller) LEGGERE IL MANUALE DEL CONTROLLER PRIMA DI CONNETTERE L'ALIMENTAZIONE. Il controller non ha interruttore di accensione, é operativo subito dopo il collegamento dell'alimentazione, premere il tasto BLACKOUT per spegnere i fari. 1. Color-buttons for SELECT-COLOR MODE 2. HOLD button 3. SELECT-COLOR MODE Button 4. PROGRAM SELECT MODE Button 5. PROGRAM SELECT channel fader 6. SPEED channel fader 7. FLASH FREQUENCY/SENSITIVITY channel fader 8. Microphone 9. BLACKOUT- Button 10. SOUND CONTROL Button 11. AUTO Button 12. R G B Buttons Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011 pag. 10 di 32
FOGLIO RACCOLTA DATI Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011 pag. 11 di 32
RISULTATI DELLE MISURE Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011 pag. 12 di 32
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Premessa Il settore di attività sul fotovoltaico innovativo (Celle di Graetzel) affronta il tema dell'impiego dell'energia solare per la produzione di elettricità mediante l'utilizzo di celle fotovoltaiche non basate sulla tecnologia del silicio. Dette celle utilizzano coloranti organici, anche di origine naturale, legate a supporti inorganici di basso costo. La parte teorica, in cui vengono descritte le problematiche legate alla produzione sostenibile di energia, alla tecnologia del fotovoltaico in generale e quello innovativo in particolare è supportata ed ampliata dall'attività sperimentale che ci apprestiamo ad affrontare. In questo laboratorio si costruirà e si testerà un prototipo di cella di Graetzel utilizzando materiali facilmente reperibili ed a costi limitati. Resp. Prof. Enrico Sappa Collaboratori all’attività Dr. A. Arrais; Dr.ssa C. Busco; Dr. G. Gatti Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011 pag. 18 di 32
Le Celle Solari a Coloranti La guida di montaggio per costruire le celle solari a coloranti Questa dispensa è stata ispirata da richieste da parte di appassionati alla ricerca sulle celle solari a coloranti e vuole essere una breve giuda per riuscire ad ottenere Dye Solar Cell (DSC) su scala di laboratorio; ci auguriamo che troverete questo manuale utile per riuscire a creare con successo la vostra cella solare a colorante organico. Ci sono molti modi di costruire una cella solare a colorante, che prevedono molte combinazioni di materiali differenti e anche schemi costruttivi differenti. Ad esempio, alcune versioni possono essere di celle “aperte” a contatto con l'aria, mentre altri sistemi possono prevedere sistemi di deposizione della Titania più complessi per ottenere strati più omogenei. Alcuni sistemi si basano su coloranti di origine naturale invece che su coloranti sintetici a base di rutenio, o catodi di carbonio al posto di catodi di platino, il che rende questi sistemi più semplici ed economici ed ideali per attività didattiche. Pertanto sono stati preselezionati alcuni metodi, tra i diversi metodi descritti nella letteratura scientifica per ottenere celle solari a colorante, quale ad esempio potrebbe essere il catodo fatto di platino o di carbonio; questo per arrivare ad ottenere un sistema su scala di laboratorio efficiente e al tempo stesso di facile assemblaggio e poco costoso. Non esitate a darci i vostri commenti e dei suggerimenti, questo favorirà il miglioramento di questa guida. Il funzionamento di una cella solare a colorante è magico. Fortunatamente, costruire una cella non richiede la magia, ma gli strumenti giusti, i materiali e le tecniche, che siamo felici di condividere con voi qui ! Buona fortuna per l’assemblaggio della vostra cella e buon divertimento ! Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011 pag. 19 di 32
Un po’ di teoria Facciamo un breve ripasso della teoria prima di metterci al lavoro. Non spenderemo troppo tempo sulla scienza di base che fa funzionare questi dispositivi, ma piuttosto ci concentreremo sulla loro struttura e sul principio di funzionamento. Struttura di una Cella Solare a Colorante Capire innanzitutto come le celle solari a colorante sono costruite è un ottimo modo per evitare molti errori comuni durante l'assemblaggio dei dispositivi perché imparare dal fallimento potrebbe essere un’opzione, ma è soprattutto frustrante. Una cella solare a colorante è costituita da due elettrodi, l'anodo e il catodo. Questi elettrodi sono fatti da un vetro che ha un rivestimento su un lato di una specifica trasparente conduttiva (TCO transparent conductive oxide). Il materiale TCO è un sottile strato di ossido di stagno-fluoro, chiamato anche FTO. La trasparenza del supporto permette alla luce del sole di entrare nelle celle, mentre la sua superficie conduttiva raccoglie le cariche elettriche permettendo il flusso di corrente. L'anodo è il polo negativo della cella solare. Sull’anodo vengono depositate nanoparticelle di biossido di titanio (o Titania) sinterizzato. Questo materiale è come una rete porosa che offre una alta superficie interna che è mille volte superiore alla superficie di una materiale equivalente ma con una superficie piatte, e si comporta come una "spugna di luce", in cui la luce solare può rimanere “intrappolata”. Il biossido di titanio è un semiconduttore bianco che non è sensibile alla luce visibile. Le particelle di biossido di titanio devono essere sensibilizzate con uno strato di molecole di colorante che assorba la luce dello spettro visibile (400-750 nm). Per tale scopo possono essere utilizzati alcuni coloranti naturali, anche se i pigmenti più efficienti sono stati sintetizzati dopo intense ricerche scientifiche. Il polo positivo della cella solare, detto anche il catodo, è rivestito con un materiale catalitico per il trasferimento di elettroni. Nella maggior parte dei casi, questo catalizzatore è carbonio o platino. Dal momento che la quantità di catalizzatore necessaria è molto piccola, questo elettrodo rimane trasparente. Figura 1: schematizzazione del funzionamento di una cella solare a colorante Lo spazio lasciato tra i due elettrodi viene riempito con un elettrolita che assicura il trasporto di carica attraverso una coppia redox. In genere per questo scopo è utilizzata la coppia Ioduro/triioduro ( I-/I3- ) in solvente nitrile. Alla fine, in generale, i due elettrodi sono sigillati insieme per prevenire l’evaporazione nell’elettrolita del solvente. Tuttavia, le celle assemblate possono restare aperte quando si preferisce la semplicità costruttiva alla lunga durata, come ad esempio le prove di breve che vengono portate a termine in nun breve periodo di tempo. Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011 pag. 20 di 32
Vedremo in questa guida come costruire le diverse parti di una cella solare a colorante in una configurazione semplice Ora che sapete che cosa c’è “sotto il cofano”, probabilmente vi chiederete come questo dispositivo sia in grado di produrre energia elettrica. L'effetto fotovoltaico è alla base del funzionamento in questo tipo di celle solari. La natura ama tenere cariche le opposte insieme in modo che la materia appaia nel suo complesso neutra. L'effetto fotovoltaico viola in apparenza questa regola, infatti nelle celle fotovoltaiche si crea una separazione di cariche sotto condizioni di illuminazione. Le coppie di elettroni e la conseguenti "buche" si adopereranno per tornare di nuovo insieme, ma nella cella solare questo è permesso solo dopo un breve viaggio attraverso un circuito esterno. In una cella solare a colorante questa separazione di carica avviene a livello di interfaccia tra il biossido di titanio ed il colorante. Ricordiamoci che questa interfaccia è presente su tutta la superficie interna dello strato poroso. In questo modo per una determinata zona della cella solare si creano tante separazioni di carica per formare una corrente elettrica. La struttura della cella solare a colorante è uno dei segreti della sua efficacia. Le molecole di colorante hanno la capacità di assorbire la luce visibile. Questo fenomeno “eccita” le molecole di colorante, che potranno così cedere un elettrone al biossido di titanio tramite l’iniezione dell'elettrone nella banda di conduzione del semiconduttore.. La separazione di carica avviene quando l'elettrone viene iniettato nella Titania e il "buco" è invece lasciato nella molecola del colorante, che perdendo un elettrone si ossida. L'elettrone dovrà a questo punto tornare alla molecola di colorante ossidato il più presto possibile. I percorsi possibili sono più di uno , ma solo uno andrà a produrre il flusso di carica desiderato, gli altri alimenteranno le cosiddette “correnti nere” che assorbiranno parte dell’efficienza della cella deprimendola. La velocità dei vari percorsi è quello che determina la cinetica finale, qui entrano in gioco vari fattori che non esamineremo nel dettaglio, ma alla fine: vince il processo di trasferimento della carica più veloce. Il percorso più rapido per il ritorno al colorante per l'elettrone è quello attraverso il circuito esterno. Il fenomeno è paragonabile al percorrere una distanza maggiore quando si prende un’autostrada di prendere l'autostrada, che però è più veloce rispetto ad un sentiero. Infatti gli elettroni iniettati migrano attraverso particelle di biossido di titanio e raggiungono il vetro TCO dell'anodo, il polo negativo della cella solare. Quando si collega un carico (ciò che consuma la nostra corrente prodotta), gli elettroni si muovono spontaneamente al terminale positivo della cella solare, il catodo. Questo movimento degli elettroni è ciò che noi chiamiamo una corrente elettrica. Infine, grazie alla coppia redox presente nel elettrolita, gli elettroni possono finalmente essere trasportati dalla superficie del catodo alle molecole di colorante ossidato, per rigenerare il colorante. Ora che le cariche sono di nuovo insieme, saranno possibili nuovi cicli, fino a quando il sole continua a splendere. Questo dovrebbe essere sufficiente per placare la vostra sete intellettuale, per il momento ! Ed ora la pratica! Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011 pag. 21 di 32
Preparazione del vetro conduttivo Questa sezione si concentra sulla preparazione dei substrati di vetro per coloro che vogliono preparare i loro elettrodi da zero e dà consigli per la pulizia necessaria prima di effettuare qualsiasi deposizione di materiale sul vetro conduttivo. Il substrato tipico per fare le celle solari a colorante (DSC dye solar cells) è una lastra di vetro rivestito su un lato con uno strato trasparente e conduttivo di ossido (TCO). Il materiale conduttivo più utilizzato a tale scopo è l'ossido di stagno-fluoro (FTO). I termini TCO o vetro FTO sono spesso usati per riferirsi a questo tipo di substrato per le deposizioni. Immagine 2: verifica della presenza di FTO sulla superficie di conduzione Immagine 3: prepulizia dello strato conduttivo Identificare il lato conduttivo Le lastre di vetro TCO sono conduttive solo su un lato. Assicurati di identificare chiaramente il lato appropriato per la deposizione dei materiali nelle vostre celle. La deposizione di materiali sarà sempre eseguita sul lato conduttivo. Un tester impostato per misurare la resistenza dovrebbe in genere leggere circa 10 ohm, quando le due punte sono poste ad uno millimetri di distanza nella parte centrale del vetro (Immagine 2). Questo valore può variare a seconda del tipo di vetro TCO. C'è anche un trucco semplice che non richiede alcun strumento. Ciò è particolarmente utile per identificare quale è il lato conduttore in qualsiasi momento durante l'assemblaggio. Raschiare (delicatamente per non rischiare di rovinare lo strato) ogni dei due lati del vetro con una spatola di plastica o anche un unghia. La parte conduttrice è quella che offre maggiore attrito tra le due poiché il rivestimento TCO ha una superficie più ruvida rispetto al vetro. Visivamente, il lato rivestito è anche quella che appare più “nebuloso”. Pulizia del vetro conduttivo E’ sempre una buona idea pulire le lastre di vetro TCO prima di qualsiasi tipo di deposizione. Assicurarsi di non utilizzare un sistema di lavaggio che potrebbe graffiare il lato conduttivo, preferite sempre una spugna morbida ( come quelle per pulire le posate o cose simili). La scelta del detergente è anche importante. Saponi per lavare i piatti non sono adatti per la pulizia del vetro TCO, preferite l'uso di detergenti specifici per vetreria (nei laboratori si usa normalmente deconex ® da Borer Chemie). Questi detergenti sono ottimizzati per non lasciare residui in sufficiente dopo il risciacquo. Attenzione, dopo la pulizia risciacquate accuratamente le lastre di vetro con acqua deionizzata per evitare tracce di minerali. Può anche essere usato allo scopo alcool denaturato. Per una più rapida asciugatura si può utilizzare un comune asciugacapelli elettrico. Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011 pag. 22 di 32
L’ elettrodo di Titania L'elettrodo di ossido di titanio ( normalmente si preferisce usare il termine Titania) è costituito da uno strato di nanoparticelle di biossido di titanio depositato sulla lastra di vetro TCO. Tale strato si ottiene attraverso la deposizione di una pasta (ha la densità di un denso gel) che contiene una sospensione di particelle di ossido di titanio. In commercio sono disponibili formulazioni differenti adatte ad ogni tecniche di deposizione. Le particelle di titania devono essere nell’intervallo di dimensioni di 10 - 40 nm, in modo che lo strato risultante sia estremamente poroso una volta sinterizzato. Questo strato è al centro del principio di funzionamento e si comporta nella cella solare, in ultima analisi, come una spugna per la luce solare. Usiamo il termine nanoparticelle quando parliamo di particelle in un intervallo di dimensioni fino ai 100nm. Le nanoparticelle per le DSC sono preferibilmente i cristalli di Titania di fase di anatasio, la presenza di altre fasi cristallino (rutilo) possono essere “dannose” per le prestazioni della cella solare. Immagine 4: lo stato di Titania completato il processo di deposizione Le nanoparticelle di solito portano ad un livello di semitrasparenza del vetro su cui sono depositate dopo il riscaldamento (vedremo in seguito come) e la relativa sinterizzazione (processo in cui le particelle vengono coagulate le une vicino alle altre). Ne risulta una trasparenza degli elettrodi, questo non è sempre desiderato a livello di design della cella poiché vuol dire che una significativa frazione di luce non viene raccolta, ma passa attraverso la cella solare, diminuendo nel complesso l'efficienza di conversione dell’energia luminosa in elettrica. Questo comportamento non gradito può essere minimizzato con l'uso di particelle di titania più grandi. Infatti le particelle di titania di dimensioni superiori ai 100 nm sono abbastanza grandi per interagire con la luce in entrata nella cella e dare effetti di diffusione che massimizzano l’assorbimento della luce da parte del colorante. Per questo motivo si utilizza spesso particelle di grandi dimensioni nella fabbricazione di elettrodi di titania opachi, sia miscelate con le nanoparticelle, o depositate in strati differenti con operazioni di deposizione distinte. Ci sono in commercio molti tipi di paste di titania contenenti nanoparticelle e/o le particelle non nanometriche. E 'anche possibile acquistare elettrodi di Titania pre-assemblati. Nel nostro caso ci divertiremo a preparare anche gli elettrodo, passo passo. Preparazione del sottofondo per la deposizione Il metodo più semplice e più ampiamente usato per il deposito della pasta di ossido di titanio su un substrato è il cosiddetto metodo doctor-blade. La tecnica è conosciuta anche come rivestimento sottile nella sua versione meccanizzata. Utilizza una lama o una superficie piatta dura, per spalmare una piccola quantità di pasta Titania sul vetro. Con questa tecnica, lo spessore dello strato di biossido di titanio è determinata dallo spessore di un distanziale posizionato su entrambi i lati. Si consiglia di utilizzare comune Scotch ad esempio : Magic 810" nastro della 3M o Tartan tape (nastro adesivo bianco da carta) che hanno spessori di circa 50 micron. Questi nastri possono essere facilmente rimossi dal vetro senza lasciare tracce di colla. Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011 pag. 23 di 32
Immagine 5 e 6: prima fase della preparazione della deposizione doctor-blade: attaccare il nastro adesivo Con il lato conduttivo rivolto verso l'alto, applicare due strisce parallele di nastro adesivo sui bordi della lastra di vetro, coprendo circa 5-7 mm di vetro (immagine 5). La zona di vetro scoperto nel centro del vetro è dove il biossido di titanio sarà depositato. I bordi mascherati dal nastro daranno spazio per agganciare i contatti elettrici del circuito esterno. Possiamo approfittare del nastro adesivo per tenere la lastra di vetro in posizione corretta sul banco di lavoro (immagine 6). Questo consentirà di evitare che la piastra si muova rendendo la deposizione molto più semplice. Ripristinare una buona miscelazione della pasta di titania La miscela di titania sotto forma di pasta densa può subire nel tempo delle divisioni delle fasi che la compongono. Per questo motivo è bene assicurarsi di iniziare la deposizione con una pasta omogenea: - miscelare bene prima dell'uso - con una bacchetta di vetro o un attrezzo simile. Evitate assolutamente di agitare il contenitore poiché questo creerebbe la formazione di bolle d'aria nella miscela portando ad una deposizione non omogenea della pasta sulla superficie del vetro in cui le bolle scoppiando lascerebbero delle zone non coperte del vetro. Immagine 7: rimescolamento della pasta di titania Doctor-blade della pasta di Titania Applicare inizialmente una dose di pasta vicino al bordo superiore del vetro TCO tra i due pezzi di nastro (attenzione non esagerate con le quantità !) (immagine 8). Con una spatola rigida, va benissimo un vetrino da microscopio (preferibilmente molato sui lati o con una bacchetta di vetro, si stende la pasta per tutta la superficie del vetro facendo attenzione ad appoggiandosi come supporti ai nastri adesivi su entrambi i lati. Lo spessore creato dalle strisce di nastro adesivo sarà così riempito con uno strato di pasta di Titania. Ripetete l'operazione fino ad avere un livello il più omogeneo possibile. Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011 pag. 24 di 32
Immagine 8: le varie fasi del procedimento di deposizione doctor-blade Questa tecnica di deposizione può essere utilizzata anche per ottenere uno strato di biossido di titanio leggermente più spesso. Questo può essere utile per aumentare la conseguente produzione di elettricità della cella solare. Seguendo lo stesso metodo, si possono sovrapporre due strati di nastro adesivo così da ottenere un distanziatore più spesso per la deposizione della pasta. Attenzione però che avere uno strato di biossido di titanio più spesso lo rende anche più delicato da trattare nel successivo passaggio di cottura. E’ bene iniziare ad impratichirsi con strati sottili. Ci sono molti altri metodi di deposizione, come ad esempio lo spin-coating e la serigrafia che richiedono apparati più complessi e formulazioni delle paste per la deposizione più complesse, qui ci limiteremo a questo metodo che risulta essere nel contempo di semplice applicazione ed efficace nel produrre strati di spessore costante. Sinterizzazione dello strato di Titania Per completare la deposizione dell’elettrodo di titania è necessario riscaldare il tutto ad elevata temperatura. Con questo riscaldamento facciamo si che la parte dei leganti della pasta di tittania vengano allontanati attraverso una decomposizione /combustione della frazione organica. Alla fina otterremo uno nstrato di solo ossido di titanio sotto forma di nanoparticelle sinterizzate insieme. Questo processo ha il duplice effetto di assicurare il contatto elettrico tra le particelle e la buona adesione delle stesse al substrato di vetro TCO. La sinterizzazione può avvenire in un forno, o su una piastra riscaldante programmabile. Innanzitutto è necessario rimuovere qualsiasi nastro adesivo utilizzato per la deposizione doctor-blade; poi ponete la lastra di vetro appena rivestita nel o sul dispositivo di riscaldamento a temperatura ambiente. Immagine 9: fase di sinterizzazione dell’elettrodo Impostare la temperatura a 450 ° C. Durante il riscaldamento, è possibile osservare che lo strato di biossido di titanio diventa prima marrone poi rilasci fumi di coloro giallognolo. Ciò corrisponde alla evaporazione e la combustione delle sostanze chimiche non tossiche utilizzate nella formulazione della pasta. Dopo un tempo compreso tra i 15 e i 20 minuti a 450 ° C, lo strato di biossido di titanio appare di nuovo bianco o trasparente, il che indica che il processo di sinterizzazione è finito e completato. Lasciate che il dispositivo di riscaldamento si sia raffreddato prima di togliere l'elettrodo. Un improvviso cambiamento di temperatura del supporto di vetro e dello strato appena sinterizzato di titania possono provocarne la rottura sia dello strato, sia anche del vetro. Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011 pag. 25 di 32
Occorre avere un po’ di pazienza per non compromettere il nostro esperimento. Lo strato di nano particelle di titania assorbe l'umidità dell'aria con estrema facilità, è bene assicurarsi di conservare gli elettrodi sinterizzati in un ambiente chiuso subito dopo la cottura, nel vostro caso la cella sarà assemblata tra poco quindi possiamo trascurare questa precauzione. Creazione dello spazio per i contatti elettrici e/o per la tenuta dei morsetti del tester L'elettrodo sinterizzato Titania è uno strato di biossido di titanio in centro ad un vetrino che deve presentare uno spazio per il collegamento su una delle estremità. Grattate via l'eccesso di materiale sulle due estremità con un attrezzo non metallico. L'area di deposizione della Titania dovrebbe essere limitata al centro del piatto di vetro (immagine 10). L'energia elettrica prodotta dal dispositivo finito viene raccolta dai bordi degli elettrodi di vetro. Pertanto, è necessario avere abbastanza spazio per i contatti elettrici, potrebbero essere delle clip o dei fili saldati. Immagine 10: rimozione dell’eccesso di titania (sinistra); elettrodo finito (destra) Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011 pag. 26 di 32
Adsorbimento del Colorante sulla Titania Il biossido di titanio è un semiconduttore bianco che non assorbe la luce visibile. Pertanto, è necessario per assorbire la luce visibile un colorante (o sensibilizzante), che possa assorbire quanta più luce possibile nello spettro della luce visibile. Vi sono varie metodiche che portano alla deposizione del colorante, sia coloranti questo di origine naturali, che sintetici. In questa metodica ci concentreremo su coloranti di origine naturale. Adsorbimento di un colorante naturale Le piante verdi e i loro frutti sono una fantastica fonte di coloranti naturali che assorbono la luce visibile. I pigmenti rossi che si trovano nei lamponi o nelle more possono funzionare particolarmente bene nelle DSC. I frutti rossi sono molto utili per la sperimentazione nei corsi di formazione, in cui l'uso dei coloranti sintetici possono essere un problema per gli elevati costi. La sensibilizzazione di biossido di titanio con tinture naturali consiste di un ammollo nell’estratto di frutti sotto forma di purè o preferibilmente di succi. La completa deposizione del colorante può richiedere da alcuni minuti a diverse ore. In questa fase le molecole di colorante dal succo di frutta vengono “legate” dalle particelle di biossido di titanio. Più lunga sarà il tempo di contatto con la soluzione e maggiore sarà la quantità di colorante che verrà impregnata sull’elettrodo, e di conseguenza migliore sarà la “tintura” della titania. Immagine 11: la fase di deposizione del colorante sullo strato sinterizzato di titania Per ottenere il succo è possibile utilizzare succhi pronti, avendo l’accortezza di filtrarli su carta da filtro per eliminare i residui di particella del frutto di maggiori dimensioni, oppure utilizzare frutta fresca, in quest'ultimo caso frantumate i frutti rossi (more, mirtilli o lamponi che siano ) in una capsula di Petri o un contenitore analogo. Attenzione: I frutti devono essere in quantità sufficiente per ottenere succo con cui ricoprire completamente l’ elettrodo di Titanic. Chiudere il contenitore ed attendere che la colorazione sia completa. Il processo di sensibilizzazione dura un'ora o più. Attendere più a lungo possibile, in modo che più molecole di colorante possano legarsi alla superficie della Titania. ATTENZIONE: non sprecheremo questo tempo, ma costruiremo il nostro contro-elettrodo di carbonio (sezione successiva) ! Infine, rimuovere l'elettrodo ormai colorato e sciacquarlo con etanolo. Attendere qualche minuto per far evaporare l'etanolo o usare un asciugacapelli per asciugare delicatamente l'elettrodo più velocemente. La Titania risultante dovrebbe ora apparire rossa in tutta la sua superficie. Se no lo fosse sarà necessario rimettere l’elettrodo a contatto con la soluzione. Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011 pag. 27 di 32
L'elettrodo di carbonio Il catodo di una DSC è spesso fatto con platino, ma anche il carbonio dimostra interessanti attività catalitiche. L'alternativa del carbonio, anche se meno efficace rispetto al platino, è più facile da preparare e meno costosa da realizzare. Questo rende gli elettrodi di carbone di grande interesse per scopi didattici. Da una matita Le matite possono essere una comoda fonte di carbonio che è anche molto facile da applicare. Iniziate con una lastra di vetro TCO di adeguate dimensioni rispetto a quella dell’elettrodo di titanio che viene utilizzato per l'assemblaggio. Coprire tutta la superficie conduttiva passando su di essa la matita. Dopo questo procedimento un discreto strato di carbonio sarà attaccato al vetro. Il vostro elettrodo è già pronto per essere assemblato nella cella, senza bisogno di cottura o altri procedimenti. Da una candela Un altro modo per ottenere un elettrodo di carbone è attraverso la deposizione di fuliggine da una candela accesa. Iniziate con una lastra di vetro TCO anche in questo caso di adeguate dimensioni rispetto all’elettrodo con la titania. Accende una candela e tenere in prossimità della fiamma il pezzo di vetro TCO con lato conduttivo verso il basso a circa 10 cm al di sopra la fiamma. Il carbonio dalla combustione delle cere di cui è fatta la candela si degrada in mezzo alla fiamma e produce nerofumo che si deposita sotto forma di un deposito nero sul lato del vetro conduttivo TCO. Immagine 12: preparazione del contro elettrodo attraverso al deposizione di uno strato di nerofumo Il processo è molto veloce, quindi non è necessario ripeterlo. Uno strato grigio omogeneo tendente al nero è sufficiente. Attenzione: Lasciate la lastra di vetro a raffreddare su una superficie adatta prima di procedere all’assemblaggio della cella, questo vi eviterà spiacevoli scottature e preverrà la rottura del vetro TCO. Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011 pag. 28 di 32
Assemblaggio degli Elettrodi Abbiamo visto come preparare un anodo di titanio e un contro-elettrodo a base di carbonio. Vediamo ora come assemblare i due elettrodi in una cella solare. Quando gli elettrodi sono messi insieme, i lati attivi l'anodo e il catodo saranno uno di fronte all'altro. In altre parole, il biossido di titanio colorato dovrà affacciare il contro- elettrodo di carbonio. Il vuoto lasciato tra le due lastre di vetro sarà riempito con l’elettrolita durante una fase successiva. Rapido e facile: la configurazione di cella aperta Iniziate a prendere gli elettrodi appena fatti. Mettete gli elettrodi l'uno contro l'altro in modo che il biossido di titanio colorato sia rivolto verso il carbonio del contro-elettrodo. I lati conduttori di ogni elettrodo saranno così faccia a faccia, e rivolti verso l'interno della cella. Fate attenzione a spostare leggermente le due lastre di vetro una rispetto all’altra in modo da lasciare spazio per i contatti elettrici. Immagine 12: assemblaggio degli elettrodi Leganti Utilizzate le clip che si utilizzano normalmente per rilegare fogli di carta (immagine 12, riquadro centrale) ) per tenere insieme gli elettrodi. Tale cella deve essere immediatamente riempita con l’elettrolita poiché l’esposizione degli elettrodi all’aria ne provoca un rapido deterioramento. Riempimento della cella con l’elettrolita Lo spazio che si è creato tra i due elettrodi può essere riempito con elettrolita per completare la DSC. Questo avviene per effetto capillare a celle aperte. Si consiglia di riempire le celle con l’elettrolita non appena gli elettrodi sono messi insieme. Riempimento di un cella aperta Gli elettrodi sono stati messi insieme e tenuti con u sistema a molla, iniziate a riempire con l’elettrolita prima che l'umidità dell'aria degradi e gli elettrodi. Versare qualche (poche) goccia di elettrolita all'interfaccia tra le due lastre di vetro con una pipetta, e osservate come il liquido venga trascinato per effetto capillare nella cella. Se necessario, ripetete l'operazione finché l'intera superficie interna della cella solare è bagnata con l’elettrolita. Pulite il liquido in eccesso con carta assorbente. Manipolate la cella con attenzione per evitare il contatto della pelle con l'elettrolita, poiché contiene iodio che macchia facilmente pelle e vestiti. La cella solare a colorante è a questo punto OPERATIVA e durerà fintanto che il solvente evaporerà seccando l’ elettrolita. Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011 pag. 29 di 32
Immagine 13: la fase finale di assemblaggio, l’introduzione dell’elettrolita. Dal momento che l'assemblaggio è stato fatto con una cella aperta, la performance della cella diminuisce nel tempo. Questo assemblaggio però darà tutto il tempo per misurare e dimostrare la produzione elettrica del dispositivo fotovoltaico. Test delle performance della cella solare Se siete come noi, il vostro entusiasmo per la fabbricazione delle celle solari è adesso al suo apice! È ora di fare un tentativo! Immagine 14: Infine : la misura della corrente disponibile ! Collegate un voltmetro, polo negativo verso l'anodo (elettrodo Titania) e polo positivo al contro-elettrodo. Misurate la tensione a circuito aperto con l'illuminazione in pieno sole… …dovrebbe essere di circa 0,6 V. Se non avete a disposizione il sole, preferite una lampade ad incandescenza o alogena rispetto alle lampade fluorescenti. Allo stesso modo, un amperometro consente la misura della corrente di corto circuito della cella solare. Questo valore può variare notevolmente, a seconda della geometria della cella e delle condizioni di luce, così come altri parametri interni alla cella, come lo spessore dello strato di titania e della composizione dell’elettrolitica. Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011 pag. 30 di 32
Misure delle curve I/V Se avete a disposizione uno strumento I / V potete fare qualcosa di più accurato e calcolare alcuni dei parametri caratterizzanti di una cella DSC, questo tipo di misure sono quelle che i ricercatori che studiamo questa tecnologia utilizzano più soventemente per poterla rendere affidabile e duratura ! Impostate il vostro strumento in modo da ottenere una scansione di Voltaggio tra -0,1 e 0,8 V, così potete misurarvi i valori di amperaggio (espressi in mA) relativamente all’intervallo impostato di V. Attenzione: dovrete fare due misure 1) In assenza di luce (potete coprire la cella con un panno scuro) 2) In presenza di luce solare Ora plottiamo i dati ottenuti, quello che otterrete sarà una curva simile a quella proposta qui di seguito. ISC X -0,0010 Impp -0,0005 Cella illuminata Voc 0,0000 X Cella al buio 0,0005 Current [A] 0,0010 0,0015 0,0020 0,0025 0,0030 Vmpp 0,6 0,0 0,1 0,2 0,3 0,4 X 0,5 Voltage [V] 0,7 0,8 Immagine 15: Curva I/V di una cella DSC Dalle due curve possiamo misurare alcuni punti caratteristici del sistema che ci permetteranno di analizzare le prestazioni delle celle a coloranti. Calcolo dei parametri caratteristici di cella Applicando due semplici formule possiamo misurare il fattore di riempimento che stima quanta Potenza utilizziamo rispetto al valore massimo ottenibile ISC x VOC FF = Fill Factor (fattore di riempimento) I mpp× V mpp FF= I SC × V OC (attenzione è sempre un numero < 1) dove: Voc = tensione di circuito aperto Icc = corrente di corto circuito Impp e Vmpp = corrente e della tensione al punto di massima potenza Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011 pag. 31 di 32
Avendo a disposizione il sole o una lampada con un’analoga potenza radiante possiamo anche calcolare l’efficienza di conversione effettiva della cella solare a colorante, attraverso l’equazione: V OC× I SC× FF ηe= P in dove: Pin = densità di potenza della luce incidente (standardizzato a 1000 W/m2 alla distribuzione spettrale di intensità pari a quello degli sole sulla superficie terrestre con un angolo di incidenza di 48,2, che si chiama spettro AM 1,5). Il valore che si ottiene è una percentuale, più alto sarà questo valore e più la vostra cella avrà un’efficienza di conversione elevata. Manuale LAB PLS - Materiali per le Energie Rinnovabili 01-07-2011 pag. 32 di 32
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