La tradizione del pane in Sardegna - Classe I sezione L - Istituto Professionale per i Servizi Alberghieri e della

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La tradizione del pane in Sardegna - Classe I sezione L - Istituto Professionale per i Servizi Alberghieri e della
Istituto Professionale per i Servizi Alberghieri e della
                     Ristorazione
                  «Antonio Gramsci»
                      Monserrato

La tradizione del pane
     in Sardegna

                Classe I sezione L
Indice

Un mondo da esplorare
Introduzione
Il lavoro contadino
La spurgatura del grano
La mola Asinara
Preparazione delle farine
Preparazione dell'impasto
La cottura
Breve storia del pane
Il pane nella vita quotidiana
Diverse tipologie di pane legate alle ricorrenze
Il pane cerimoniale
Pani e bambini
Dolce-salato legato alle festività
Proverbi sardi
Dolci legati ai mesi dell’anno

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Un mondo da esplorare in punta di piedi

I sardi sono fieri custodi delle loro tradizioni culturali, non dimenticano
mai le loro origini perché il loro orgoglio e la fierezza degli isolani nascono
dalla fatica quotidiana.
Lo testimoniano la singolarità dei prodotti alimentari, unici e vari.
Unici per qualità, vari per tipicità e tradizione.
La cucina sarda convive con le grandi ricorrenze della vita, in cucina e a
tavola le festività si ricordano attraverso i suoi piatti spesso semplici ma
ammirevoli per il decoro e fantasia sia i pani sia i dolci, le zuppe, e le
carni, così pure le verdure.
Seguitele passo passo; vi accompagneremo tra gli anfratti costieri, le
ombre dei boschi e case, cortili e ovini, tutti illustrati da un comune
denominatore, gran lavoro e tanta fedeltà.

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Introduzione

Da questo studio abbiamo capito che IL PANE ha un elevatissimo valore
alimentare dietetico; il pane nella nostra tradizione costituisce un
antichissimo alimento di sostenimento.
Il pane rientra tra le nostre abitudini quotidiane, e nonostante il cibo sia
oggi abbondante e vario è sempre presente nelle nostre tavole.
Esserne privati ce né fa sentire la mancanza ma se le ragioni per
razionalizzarne il consumo possono essere tante, esistono tante ricette per
confezionare il pane che meglio si adatta alla nostra ricetta.
A chi ha problemi di dieta possiamo consigliare di sostituire il normale
pane comune con uno più ricco di fibre, in presenza di patologie come il
morbo celiaco possiamo sostituirlo con un pane privo di glutine.
I nostri avi ritenevano che il pane fosse un bene sacro e prezioso tant’è che
era bandita ogni forma di spreco; la creatività in cucina ci permette di
utilizzare in modo originale del pane avanzato trasformandolo con
l’aggiunta di qualche ingrediente in un piatto molto succulento.

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Il lavoro contadino

Il lavoro del contadino coinvolge tutti, uomini, donne, bambini. Questo
durava dall’alba al tramonto, interrotto solo da una breve sosta a
mezzogiorno (murzai), con pane e companatico: cipolla, pomodoro,
formaggio. Alla sera tornati a casa, si alimentavano i buoi.
Per poter lavorare e produrre, i contadini dovevano possedere un vasto
corredo di nozioni empiriche sulla terra e sulle tecniche, ma anche sul
clima, sugli attrezzi e sugli animali.
Il ciclo produttivo del grano era: sa laurera, su lavore o laore, copriva
l’intero arco dell’annata agraria attraverso fasi diverse.
L’ARATURA: Si fa dopo le pioggie autunnali perché il terreno oppone
meno resistenza all’aratro. Fino all’inizio del Novecento si è generalmente
usato l’aratro di legno a chiodo (ARAU DE LINNA), trainato da buoi o
cavalli. Nel periodo fra le due guerre mondiali, l’aratro in legno è
sostituito dall’aratro in ferro (ARAU DE FERRU), anch’ esso a trazione
animale.
LA SEMINA: Per ottenere un buon raccolto occorrono sementi
selezionati (TRIGU SCERAU), e una buona semina. Si iniziava a
seminare a Novembre. Occorreva far scivolare la giusta quantità di grano
tra le dita, individuare i punti in cui si è seminato troppo e quelli in cui si
è seminato troppo poco, valutare la direzione del vento. Tra l’inverno e la
primavera si doveva tappare il terreno, estirpare le gramigne e altre erbe
infestanti.
LA MIETITURA: samessi o arregotta ha inizio verso la prima metà di
giugno, quando le spighe sono ormai mature e assumono il colore (giallo,
rosso, nero), a seconda del tipo di grano. Fino agli anni 50 la mietitura

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veniva fatta a mano con la falce sarda (sa frocci). All’alba quando le piante
sono rese più elastiche dalla rugiada (messedonis), iniziavano il lavoro a
partire da un punto prescelto su stentu (sa tenta). Procedevano affiancati
le spigolatrici spiga drixis, su tendadori, il capofila, controllava il lavoro
degli altri mietitori. Il mietatore tiene nella mano tanti mazzi             colmi
quanti questo ne può contenere, poi legandoli col fieno forma “su
mannigu”. 7-10 mannigus legati insieme formano un covone, e tutti i
covoni insieme formano sa biga.
Con l’aiuto di alcuni forconi (is frocudas, su carradori) e una spigolatrice
caricavano i covoni sul carro che veniva avviato verso l’aia, s’ argiola. I
mietitori erano pagati in base alla quantità di grano seminato o in base
alla quantità di grano raccolto e al tempo impiegato.
LA TREBBIATURA: fino al secondo dopo guerra la trebbiatura veniva
fatta con i buoi aggiogati, con cavalli o anche asini. Trascinando una
grossa pietra, pedra’e treulai, i buoi calpestavano i covoni, provocando la
separazione delle cariossidi dalle spighe, mentre uomini e donne con
grandi forconi rivoltavano il grano.
LA VENTILAZIONE: trebbiato il grano e raccolto in un gran cumulo a
forma di piramide si ventilava, sa bentua. Quando c’èra vento gli uomini
sollevavano verso l’alto le pale colme di grano e paglia, il vento faceva
volare la paglia e le altre impurità, il grano ricadeva per terra. Lasciato
essiccare   all’aria   per   qualche   giorno,   il   grano   era   pronto     per
l’immagazzinamento ma prima veniva misurato.

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La spurgatura del grano

Prima della macinazione, il grano era sottoposto a vari trattamenti
eseguiti da sole donne, che avevano lo scopo di eliminare polvere,
pietruzze, pula grani eterogenei o attacchi da parassiti e di far assorbire al
cereale una giusta quantità di umidità.Una prima cernita (cèrri, purgare,
fàrmare), si faceva utilizzando un vaglio (cibiru, chiriru, chilibru) col
fondo di steli di giunco o di fil di ferro. Venivano ripetutamente impressi
nello strumento movimenti sussultori ondulatori, indirizzando al centro le
impurità che in parte venivano raccolte con le mani ed eliminate e in parte
cadevano sotto il crivello. Per lavorare il grano veniva versato per lo più in
una cesta in canna (galve, codinu) e dentro il vaglio con il fondo in giunco
o    fil di ferro immersi in acqua corrente o in recipienti pieni
d’acqua.Veniva sparso con cura in larghi canestri a fondo piatto
(canisteddu, canisteddas) o sopra coperte o teli di sacco, il grano veniva
fatto asciugare nei loggiati chiusi o aperti, nelle cucine, nei cortili o
balconi a seconda della casa e delle condizioni climatiche. Una volta
asciutto, né troppo umido né troppo secco, il cereale poteva essere
macinato o sottoposto a una seconda spurgatura fatta a mano (prugatura).
Era un momento di socialità tutta femminile fatta di confidenze e di
allegria.

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La Mola Asinara

È uno dei simboli della società tradizionale sarda è caratterizzata sia per
l’aspetto economico che conservazione e tradizione su innovazioni e
cambiamenti.
Infatti, mentre tra il basso medioevo e l’era moderna in quasi tutta
l’Europa si diffondevano più potenti fonti di energia e innovazioni
tecnologiche in alcune parti della Sardegna la mola Asinara ha resistito
fino ai primi anni del 1960.
Agli inizi del ‘900 è presente nei piccoli paesi delle zone isolate e non in
tutte le case ne sono provviste.
La mola Asinara sarda presenta caratteri di grand’uniformità. Le parti
fondamentali dei sistemi molitori a palmenti sono, due pesanti litihe
circolari sovrapposte l’una sull’altra e il contenitore dove cade il macinato.
Questo contenitore in genere di pietra (làccu) o di legno (cascia, cubedda)
aveva anche funzione di reggere i palmenti. Per raccogliere il macinato
potevano essere usati una roccia vulcanica (basalto, tufo, trachite), che
non sfarina e ha un altro potere levigante. Il vertice del cono, arrotondato
e particolarmente rilevato, funziona da perno, consentendo il centraggio e
il fissaggio del palmento superiore.
Questo è di forma tronco –cronica con cavata e al vertice termina con un
largo collo forato, che consente la discesa dei grani. Due robuste costole
(orecchie) attraverso diametralmente sa tunica; forate alle estremità
esterne, permettono l’attacco della stanga che trasmette alla macina il
movimento dell’asino.

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Con la mola Asinara era possibile ottenere macinati più o meno fini, a
seconda dell’uso e che s’intende fare dalle farine in rapporto alle occasioni,
bisogni e alle risorse famigliari.

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Preparazione della farina

Il processo di produzione della farina, l’abbondanza simile in tutta la
Sardegna, mentre diverse di zone in zone la terminologia relative ai tipi di
farina Escluse le crusca (zodini, crongia, furfera, talau) destinata agli
animali, tutto il macinato viene sfruttato per la panificazione.Da esso le
donne sapevano ricavare due tipi di farina il fior di farina (scetti, podine);
la semola (simole, simbule), il cruschello (podineddu).
I prodotti erano per di più utilizzati in sapienti e dosati miscugli destinati
a persone e occasioni diverse, nella cucina o nei loggiati entro il grande
canestro a fondo piatto (canisteddu), poggiato sul pavimento o su bassi
ripiani, le donne collocavano il pacchetto (sedazzatori, cheridòria) che
serviva come piano di lavoro dei setacci. I movimenti ritmici e gli
sbattimenti di questi producevano rumori e suoni familiari, segnali
rassicuranti del normale andamento della vita domestica. Per misurare,
per contenere, trasportare, poggiare, proteggere, erano indispensabili
corbule di varie grandezze, mestoli di legno (turmos), stuoie, teli bianchi,
strumenti per la raffinazione erano di tre o 4tipi di setacci, destinati in
base alla finezza della rete grande, media, piccola, quello grande per
separare la crusca, quello medio per il cruschello grosso e quello fine per il
fior di farina. Col tempo le reti in fibre naturali furono sostituite dalla
rete in fili di metalli. Con questo era più difficile separare il cruschello
dalla semola e le semole fini da quelle grosse.
Abbandonati i setacci, si abbandonarono anche la maggior parte delle
tecniche usate. Due erano in genere le tecniche usate, spesso ripetute più
volte.Continuando a lavorare sopra il gran canestro piatto si collocava il
macinato, gia depurato di varie farine, entro un piccolo canestro (cobinu,

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palinu, canistedda), imponendo a questo un movimento rotatorio che
faceva convergere al centro i cruschelli sempre più fini che venivano poi
asportati.
Per raffinare le semole e separarle da quelle fini e quelle grosse erano
utilizzati specifici travelli dal fondo di sottilissime lamelle di giunco o
paglia d’orzo (chiliri èfenu, chiliru e cherrere) il cui bordo era rivestito di
tela bianca (cibiru impannaù).
Tutti questi strumenti per la produzione delle farine facevano parte del
corredo e beni che la sposa doveva possedere in dote.

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Preparazione dell’impasto

Alcuni giorni prima della panificazione si preparano i Ghimisònes, simili
a grossi pani sferici con la farina impastata solo con l'acqua; i Ghimisònes
venivano cotti a lungo finchè si formava una crosta spessa e dura; ancora
caldi con piatti di farina e avvolti con panni venivano sistemati nei cesti.
Si conservavano nel luogo più caldo per cinque o sei giorni in attesa che
avvenisse la fermentazione .
La parte intera dei Ghimisònes è cremosa, di colore nocciola – grigiastro,
costituiva una sorta di pre-lievito che sciolto in acqua tiepida si impastava
nella maglia di legno (lucu) con una parte della farina .
A questo impasto, sistemato in moggi cilindrici di sughero (malùnes) si
usava poi il lievito vero e proprio (su fermentazzu), sciolto nell’acqua e
impastato con farina fine.
Dopo alcune ore veniva rimesso dentro la madia e lavorato energicamente,
quindi lievitava per tre o cinque ore nei malùnes .La pasta veniva
schiacciata con le mani su una pala di legno ovale fino ad ottenere una
sfoglia sottile che l’infornatrice rifiniva sulla propria pala per regolarizzare
la forma e lo spessore, prima di infornare le sfoglie, cotte al forno a
fiamma viva si gonfiano uniformemente poi, una volta sfornate, venivano
divise in due parti mettendole lungo i margini, e di nuovo infornate per
essere biscottate (carasare).

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La Cottura

Il forno sardo tradizionale (forru, furru) era in genere a cupola su base
quadrata. Alcune delle sue caratteristiche sono correlate con i modi di
confezionare il pane.
Nelle case-fattoria dei proprietari del meridione cerealicolo il forno era
dotato di canna fumaria e di fumaiolo; era situato in un loggiato apposito
(su stabi de su forru).
La cupola del forno era rivestita di argilla e paglia, colata su una robusta
ma rozza base di pietra.
Nel centro e nel nord dell’Isola si costruivano i forni con la bocca che si
apriva direttamente nella cucina o nel cammino. Il fumo dei forni più
antichi spesso non aveva altro sfogo che la fessura dell’incannicciata. Le
spianate, il pane del tipo carasau, la focaccia piatta sono cotte rapidamente
con l’aiuto di lunghe pale, alimentato da legna leggera. Per cuocere i pani
grossi invece, il forno viene riscaldato e successivamente svuotato e
ripulito dalle braci, riempito della forma di pane sistemate secondo un
ordine che tiene conto della temperatura dei vari pani, e rinchiuso.
Questa seconda tecnica usata ovunque, è la sola conosciuta nelle pianure
del meridione. Il piano e la volta del forno prima dell’introduzione del
pane viene sempre ripulito, parzialmente o completamente, con le scope
effimere di erba ed arbusti (palme nana, malva, lentisco, ortica, sambuco).

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Breve storia del Pane

Il Pane ha sempre accompagnato l’uomo nella storia, già dal Neolitico
circa due milioni di anni fa, scopre la coltura dei cereali. I semi
rappresentavano una garanzia di sopravvivenza, infatti portò l’uomo
preistorico a scoprire la prepanificazione.
Con i cereali poteva ottenere polenta è focaccia, che cucinava su pietre
arroventate o sotto la cenere. La preparazione delle farine si ebbero molti
secoli più tardi. Gli Egizi dopo accurati studi dei fenomeni naturali
perfezionarono la tecnica della fermentazione dell’impasto applicata alla
panificazione. Si metteva l’acqua nella farina essa si inacidiva e l’impasto
aumentava di volume; questo metodo si usa ancora oggi, infatti di volta in
volta si conserva un pezzo dell’impasto inacidito per poterlo aggiungere in
seguito per un altra panificazione. Nacque così il primo lievito. Gli Egizi
scoprirono anche il metodo di “STACCIATURA” della farina per ottenere
la migliore qualità; inventarono anche il forno per cuocere la pasta
lievitata.
Una volta migliorata la raffinazione della farina si è anche conquistata
l’arte di impastare il pane lievitato. Gli Ebrei la perfezionarono tanto che
la preparazione del pane divenne una professione, e ogni città ebbe un
forno pubblico.

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Il pane nella vita quotidiana

Il pane nelle nostre case è molto importante e si trova in diverse tipologie
che si usano quotidianamente. Le diverse tipologie sono legate
all’utilizzazione delle farine di grano, e un posto meno illustre lo occupa la
farina d’orzo, ed infine il terzo posto ma in misura più piccolo il macinato
di altri cereali e di ghiande; Tutti i tipi di macinato potevano essere situati
nel proprio paese o città.
Si distinguono i pani a pasta morbida (soffice e con mollica porosa, come
ad esempio il civràxu e il moddizzòsu) i pani a pasta dura (per lo più con
la crosta e con mollica compatta, come ad esempio il coccòi e il pane
russo), quasi ovunque i due tipi di impasto sono presenti nella medesima
località pur con la prevalenza dell’uno o dell’altro secondo la zona e la
stagione.
Le tipologie cambiano a seconda dei territori per esempio a Sassari è
caratterizzato l’uso del pane circolare e piatto, morbido e senza mollica
che in Italia viene detto spianata o pane d’Ozieri, oggi conosciuto come
pane Carasau (o carta da musica), in Ogliastra ha una forma rettangolare e
un po’ più spesso (Pistoccu). In tutti i casi si tratta di pane lievitato che,
dopo una prima cottura, viene suddiviso in due sfoglie ed infornato una
seconda volta. Il pane di lunga conservazione tipo la semola e fior di
farina viene usato nelle famiglie Benestanti e d’uso casalingo, mentre nelle
variazioni di cruschello ricco di grassi era segno di festa.
Presente tutto l’anno in ogni occasione lieta e triste, il pane non veniva
mai sprecato; Il pane come in ogni cucina popolare anche in quella sarda
aveva le sue ricette di zuppe si riciclava il pane avanzato.

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Il pane aveva le sue sacralità che si manifestavano attraverso le preghiere,
formule recitate e atti magici.

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Diverse tipologie di pane legate alle ricorrenze

In Sardegna in tutte le sue zone riscontriamo tante varietà di pane. Si
tratta di un normale lavoro casalingo perciò le donne dovranno possedere
l’arte sacra della panificazione, che rendeva capaci di produrre 5-6 tipi di
pane di varie forme è molto elaborato destinato a volte ai bambini o per
particolari occasioni (pasqua, natale, feste varie, battesimi, nozze…) fino
al pane destinato ai cani, nelle case dei ricchi. Abbiamo pani quotidiani
come, civraxius campidanesi e pani carasau (o fresa o pillonca) barbaricino
alla varietà dei coccois di pasta dura, dai più semplici, a quelli degli sposi
(pane cojudos noos), il cobide che si spezzava sulla testa del primo genito;
si trovano delle forme più svariate. Notevole curiosità destano alcune
cerimonie come la festa “de is bagadius”di Siurgus (Cagliari), quando il
pane di svariate forme, si portava in processione su una croce, dopo essere
stato confezionato per tutti gli scapoli e le nubili del paese.
I bambini di Orgosolo la mattina del 31 dicembre si recano di casa in casa
per chiedere “ sa candelora”, è l’offerta di un pane detto COCCONE
appositamente preparate. Il coccone viene preparato nei giorni precedenti
il 31, in casa, gruppetti di donne con rapporti di parentela e di buon
vicinato danno l’avvio alla preparazione. È composto con farina di grano
duro (simula) impastato con lievito sciolto nell’acqua tiepida, con
l’aggiunta di sale e strutto. L’impasto viene diviso in pezzi grossi sferici,
che vengono lasciati lievitare, si rispianano con il matarello fino ad
ottenere una sfoglia di 35 cm di diametro, “sa tundina”. Dopo un
ulteriore lievitazione tra teli di lana, di lino o canapa (pannoso de ispica),
si procede all’infornata . Appena sfornato il pane viene messo a strati in

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corbule. Ai bambini verrà donato un quarto dell’intera tundinas, vale a
dire su coccone.

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Il pane cerimoniale

Il matrimonio in Sardegna rappresenta un momento centrale della vita.
Si conservano ancora oggi gli usi tradizionali legati all’alimentazione.
La preparazione del pane da donare ai parenti,amici,ai vicini e da dare agli
invitati al pranzo di nozze era compito della famiglia della donna la quale
doveva dar conto delle sue capacità di buona massaia,anche per mezzo dei
pani che offriva.
La panificazione per le nozze era un momento di lavoro che coinvolgeva
per diversi giorni la sposa aiutata da amici e parenti molto abili nella
modellazione e decorazione della pasta,cui si dava delle forme simboliche.
Si usava la migliore farina di grano,impastata a lungo,cotti in modo tale
da essere sfornati,ancora bianchi,esposti a metà cottura a vapore acqueo in
modo da rendere la superficie lucida
I pani prodotti erano:pane e simbula,simbula pintada,pane pintau, coccoi
pintau,coccoi de pizzus ecc…

Pani e bambini

I pani per i bambini di solito erano confezionati con gli avanzi della
pasta,e tal volta furono sistemati dai bambini stessi,in particolare dalle
femmine.
I pani erano a forma di giocattolini.
Le forme erano diverse a seconda del sesso e dell’età;
Le bambine si regalavano le bamboline,borsette,invece i maschietti i
cavallini, la bicicletta ecc

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Per i bambini più piccoli durante il periodo della dentizione si
confezionavano dei pani dentaroli.
I bambini ricevevano un dono dei pani anche per le principali occasioni
del calendario tradizionale,in questo caso le forme erano più elaborate.
I bambini per la festa di san Nicolò a Nugheddu ricevevano dei pani a
forma di bastone pastorale,in altre occasiona si donavano anche dei pani
dolci o dei biscottini.
I pani più simbolici erano diffusi in occasione della domenica delle palme
e della pasqua:i primi ricalcavano il motivo della foglia di palma
intrecciata,i    secondi     con     l’uovo   incorporato     nella    pasta
modellata,assumevano le forme di un pulcino o di una gallina.
Pane e morte
Anche la morte ha i suoi pani ;il pane rientra tra i doni inviati alle
famiglie del defunto, ai parenti,amici e vicini.Era la famiglia del morto a
preparare dei pani cerimoniali da donare ai poveri.
Il 2 novembre giornata dedicata ai defunti avevano per la cena il pane e
pasta asciutta lasciata durante la notte del 1novembre per i morti che si
credeva sarebbero tornati a visitare le proprie case;anche i bambini
ricevevano piccoli doni alimentari tra cui fruttasecca,dolci,e pani fatti per
l’occasione

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Dolce-salato legato alle festività

Tallarinus: 1kg di farina 3 uova acqua e sale.
Spillus:farina acqua e sale per fare i ravioli.
Curugionis: 1kg di ricotta (ricotta:4 rossi d'uovo menta,spinaci o bietole e
zafferano) 1kg di farina acqua e sale.
Panada: 1kg di farina acqua e sale e strutto, carne,anguille e aromi.
Ravioli di patate:1kg di patate 3 rossi d'uovo aglio grattugiato 2
spicchi,aglio,prezzemolo e pomodoro secco,1 etto e mezzo di pecorino
piccante grattugiato, 1/4 d'olio d'oliva fatto cuocere e poi fatto
sfreddare,poi in seguito metterlo nelle patate.Sfoglia bisogna usare 1kg di
farina acqua e sale.
Pani-arridau: si prende il pane viene fatto abbrustolire e gli si viene messo
olio sale e strutto.
Pistoccheddusu alla marsala: 1kg di farina 4 uova, 2 limoni gratugiati 30g
di ammoniaca, 400g di zucchero 1/4 di latte 100g di strutto
Chiacchere: 1kg di farina 1etto di strutto e acqua calda.
Seadas: provola grattugiata,acqua e strutto 1kg di farina miele o zucchero.

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Meravillias\meraviglie

Le meraviglie sono ottimi dolci,soprattutto da offrire nelle serate
invernali,
Accompagnate da un buon bicchiere di vernaccia o malvasia

Ingredienti:
-   500 gr di farina
-   50 gr di zucchero
-   50 gr di strutto
-   1\2 bicchiere di vernaccia
-   1 bicchiere di acquavite
-   1 pizzico di sala
-   1 pizzico di zucchero

Procedimento
Disposta a fontana la farina, ci si versa al centro lo strutto,lo
zucchero,mezzo bicchiere scarso di vino,il liquore,un pizzico di sale e si
lavora bene fino ad ottenere un impasto sostenuto.
È bene preparare in tempo la pasta,che ha bisogno di riposare almeno
un’ora prima di essere usata. Quindi si stenderà in foglia spessa circa un
quarto di centimetri e si ritaglierà con un taglia pasta,in strisce lunghe una
decina di centimetri e larghe due.
Ogni striscia va pizzicata al centro,ripiegata o accartocciata a forma di
gala, fritta in olio e strutto miscelati,tenuti a calore basso affinché la
frittura cuocendo non si colorisca man mano che le gale sono cotte,poisi
mettono su carta paglia perché perdano l’unto in eccesso e poi si
cospargono di zucchero a velo vanigliato

La tradizione del pane in Sardegna                                         22
Ravioli di mandorle

Ingredienti:
300gr di farina
3 uova
300gr di strutto
1 bicchierino d’acqua vite
30gr di mandorle
375gr di zucchero
1 cucchiaio acqua fior d’arancio
1 cucchiaio maraschino
1 buccia grattugiata di limone
1 pizzico di sale, zucchero a velo per guarnire, olio e strutto per friggere.

Esecuzione:
Mischiare la farina con tre cucchiaiate di zucchero e un pizzico di sale,
s’impasta con le tre uova intere, dopo aver lavorato bene l’impasto
ammorbidire con lo strutto e l’acquavite. Fino ad ottenere una pasta
malleabile. La si raccoglie a palla e le ricopre con un telo in luogo fresco
per almeno mezzora.

Farcia:
Si passano le mandorle al tritatutto per due volte, si amalgamano con uno
sciroppo ottenuto facendo bollire tre etti di zucchero con due cucchiaiate
d’acqua, una d’acqua fior d’arancio e la buccia grattugiata del limone si fa
addensare il tutto sul fuoco rimestando con una spatola di legno fino a
quando ogni residuo liquido sarà evaporato. Si mette a raffreddare, si

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stende, intanto, la sfoglia in uno strato sottile, si preparano i ravioli e si
friggono in olio e strutto appena caldo.

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Sebada

Ingredienti:
350g di farina
60 g di strutto
Un pizzico di sale

Per il ripieno:
200g di pecorino sardo fresco
Un’arancia grattugiata
Un limone grattugiato
20 g di farina
1 dl d’acqua

Esecuzione:
Pietanza composta da una sfoglia che viene fritta e un ripieno composto
da formaggio e scorza di limone. Bisogna lasciare riposare in un panno
asciutto il formaggio per circa 24ore, dopo averlo macinato bisogna
versare il tutto in una pentola con delle scorze di limone finché non si
scioglie.
Lasciare raffreddare e mettere il composto nella sfoglia. Friggere a fuoco
basso e condire poi con zucchero o miele.

La tradizione del pane in Sardegna                                     25
Pane saba

Ingredienti:
1kg di farina (quello che riceve)
400gr di zucchero
3 uova
100 di strutto
1 bustina di bicarbonato
1 di saporita
25 gr di cannella
Marsala
Mezzo litro di saba
mezzo chilo di uva passa
mezzo chilo di mandorle
mezzo chilo di noci
arancio grattugiato
mezzo bicchiere di latte
50gr di lievito di birra
una bustina di lievito bertolini

Procedimento:
Mettere in una terrina un chilo di farina, zucchero, uova, strutto, la saba,
latte, marsala, sempre mescolando aggiungere uva passa, mandorle, noci,
bicarbonato, la saporita, cannella, arancia grattugiato e infine lievito di
birra e bertolini.
Continuare a impastare per un pò di tempo e lasciare a riposo per un po’
di tempo. Fare le forme e infornarlo. Infine dopo sfornato spennellare con
la saba di pane.

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Caschettas

Ingredienti:
400g di mandorle
4 arance
un bicchiere di miele
200g di farina
un uovo
50g di strutto
un pizzico di sale

Esecuzione:
Per il ripieno si sbollentano, si pelano, si asciugano le mandorle e si
passano al tritatutto, si abrustoliscono in forno le bucce d’arance e anche
queste si macinano con le macchinette usate per le mandorle.
Si uniscono in due pasti e amalgamano con il miele, si mette il tutto in un
tegamino, si porta fuoco, si fa cuocere lentamente rimestando in
continuazione finché si ottiene un composto cremoso. Si leva quindi dal
fuoco e si lascia raffreddare. Si prepara intanto la sfoglia per il
rivestimento, si mescola la farina con l’uovo intero lo strutto e un pizzico
di sale, s’impasta prima con le punta delle dita e poi pigliando con i pugni
chiusi, appena l’impasto ha raggiunto con un minimo di coesione si
raccoglie a palle e si mette a riposare. Con l’amalgama di miele, mandorle
e bucce d’arance si fanno dei lunghi grissini di circa tre centimetri di
diametro, si dividono in tratti lunghi una centimetri e si tengono a parte.
Dalla parte preparata si staccano di volta in volta delle piccole parti, si
tirano in sfoglia sottile come ostia, si ritagliano con i taglia paste a rottole
in strisce larghe due centimetri e lunghi dodici centimetri. Si prende la

La tradizione del pane in Sardegna                                           27
traccia di grissino di ripieno, si porta al centro di un listello di pasta di
sfoglia e si riveste per due terzi lasciandole in vista la parte superiore;si
modella la caschetta ottenuta in una forma: spirale ad asse, ad otto a
semicerchio, a ferro di cavallo, e si posa su una teglia da forno, velate
appena di strutto.
Si prosegue allo stesso modo fino a quando pasta e ripieno sono esauriti.
Mettere in forno 120°, circa mezz’ora fino a che la pasta dell’involucro
assume il colore di un guscio. Una volta cotti i dolcetti si lasciano
sfreddare su una gratella da pasticceria fino al momento di servirli, una
volta sfreddati si possono conservare in una scatola di latte, durano a
lungo.

La tradizione del pane in Sardegna                                        28
Trigu cottu

250g di grano
1\2 litro di sapa
100g di uva passa
buccia di un’arancia
30g di miele

Procedimento:
Lavare il grano dopo averlo mondato metterlo a mollo per quattro giorni
consecutivi, badando che rimanga completamente immerso a bagno, che
va   rinnovato      ogni   giorno.Trascorso   il   tempo   indicato,   scolare
accuratamente il grano, passandolo in una pentola piena d’acqua fredda,
portandolo lentamente ad ebollizione e lasciarlo cuocere a fuoco basso
finché i chicchi diventano morbidi e teneri. Si può accelerare il processo di
cottura aggiungendo all’acqua una presina di bicarbonato.Quando il grano
è cotto si versa in un colabrodo e si attende che tutto il liquido sia
scolato.Una volta asciutto si porta il grano in un tegame, lo si copre di
sapa a filo, vi si unisce una manciata di uva passa senza semi, la buccia
grattugiata di un’arancia, una cucchiaiata di miele e si fa cuocere il tutto a
fuoco basso rimestando spesso finché si ottiene una massa compatta.Si
rovescia quindi su un piatto di portata e si attende che sia tiepido prima di
servirlo.

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Torta di saba

Ingredienti:
3 etti di farina
6 uova
un bicchiere di zucchero
2 etti di mandorle
1 etto di noce
un’arancio grattugiato
un bicchiere di saba o più
2 bustine di lievito
un po’ di cannella
mezzo bicchiere di olio
mezzo bicchiere di latte
un chiodo di garofano
un etto di uva passa

Procedimento:
In una terrina mettere tre etti di farina, un bicchiere di zucchero, sei uova,
mescolare il tutto e aggiungere la saba, l’arancia grattugiata, le noci e le
mandorle un po’ alla volta, l’olio e latte sempre mescolando aggiungere il
chiodo di garofano, la cannella, il lievito e l’uva passa. Introdurre la teglia,
versare il contenuto della terrina e mettere in forno a circa 160° per
un’ora circa.

La tradizione del pane in Sardegna                                           30
Proverbi sardi

Pane et casu e binu a rasu
Pane, formaggio e bicchiere pieno

Pascha mortale annada de pane
Pasqua di marzo annata di grano

Haer totu,pane e bulteddu
Avere tutto, pane e coltello

S’orzu fachet rassu su coddu
L’orzo ingrassa il formaggio

Pane pesadu cascia piena
Pane gonfio cassa piena

Su casu fittu’ su pane ispugnattu
Il formaggio fitto,il pane spugnoso

Qui dat pane a cane anzenu,perdet totu
Chi da pane a cane altrui perde tutto

Qui faghet pane no morit de famine
Chi fa pane non muore di fame

Iscura s’arzola qui timet formigula
Meschina l’aja che ha paura delle formiche

Qui messat o non ischit mmessare, ispiga
Chi non miete o non sa mietere, spigola

La tradizione del pane in Sardegna           31
I dolci legati ai mesi dell’anno

Gennaio (GENNARGIU)
Febbraio (FRIARGIU)

Pani Urci (PANE DOLCE)
Il 17 Gennaio, festa a S. Antonio, e il 2 Febbraio, panificazione di Maria
Vergine (SA CANDELERA), si usa portare in chiesa questo pane.
Sono molti i fedeli foghesini che lo preparano perché hanno fatto “SA
PROSSA” il voto di offrira come ringraziamento o per richiedere
intercessioni dei santi.
I cesti col pane, foderati con lini ricamati e impreziositi con pizzi,
vengono portati in chiesa e posati ai piedi dell’altare mentre quattro
ciambellani di pane vengono legati alla base della statua del santo
festeggiato.
Tutto il pane offerto viene portato in processione benedetto e distribuito
ai fedeli che, tutti gli anni partecipano numerosi a questi riti.

Ingredienti:
Farina, saba (BINU COTTU), miele, buccia d’arancia, semi di anice
(MATTA FALUA), bastoncini di cannella, chiodi di garofano, lievito
(FRAMENTU), tragera (PERLINE DOLCI COLORATE).

Preparazione:
Questo pane richiede un lungo e laborioso lavoro:
Si soglie su framentu con acqua calda, si ricopre con la farina e si lascia
riposare per circa quattro ore. Tutto si impasta al caldo con la saba, il
miele, la scorza d’arancia, semi di anice, la cannella e i chiodi di garofano.

La tradizione del pane in Sardegna                                         32
Si fanno dei pani grandi e dei panni piccoli che si lasciano lievitare per
diversi giorni e poi si cuociono nel forno a legna.
Questo per evitare che si bruci il fondo dei pani dolci. Dopo la cottura si
spennellano con la saba e, se piace essi si cospargono di traggera.
Marzo (MARSU)
Aprile(ARBILI)

I nostri nonni amavano festeggiare il Carnevale. I festeggiamenti
incominciavano il venerdì grasso e si concludevano SU MARTIS DE
COA (il martedì grasso). Ci si trovavano tutti IN SU STRADOI (la strada
principale) E IN PRAZZA DE CRESIA (piazza della chiesa).

Pardulas (FORMAGGELLE)
Tipici dolci Pasquali sono IS SPARDULAS. La loro preparazione è
diffusa, pur con qualche variante, in tutta la Sardegna.

Ingredienti:
Formaggio fresco grattugiato, zucchero, scorza di arancio grattugiato,
uova, semola, strutto.

Preparazione:
I formaggio grattugiato viene addolcito con lo zucchero aromatizzato con
la scorza d’arancia, colorato con lo zafferano e amalgamato con i tuorli
d’uovo.
Questo impasto viene avvolto in sottili dischi di pasta del diametro di
dieci centimetri, si pizzicano i bordi come fosse in petalo. Vengono cotte
nel forno a legna.

La tradizione del pane in Sardegna                                      33
Settembre (CABUDANNI)

Su pani bianu era il pane che si preparava per le grandi occasioni: san
Salvatore e il matrimonio. Per Pasqua ai bambini si prepara sui coccoi de
ou: pane pintau, caratterizzato da diverse forme nel quale viene inserito
l’uovo intero con il guscio e cotto con il pane.
Per il Matrimonio si prepara su pai pintau dei is sposusu, le tre coroncine
più belle lavorate vengono legate con un nastro bianco e si recano in
chiesa con una bottiglia di vino bianco.

Novembre (DONNAISSANTU)
Per ogni santo a foghesi come in ogni parte della Sardegna c’è l’usanza di
preparare i pabassinas

Pabassine

Ingredienti:
1kg di farina
5 uova
100g di strutto
200g di uva secca
400g di zucchero
1+1 di lievito
15g di ammoniaca
un po’ di latte
un bicchierino di liquore e marsala

La tradizione del pane in Sardegna                                      34
una bustina di vanillina, cannella.

Procedimento:
Uova, zucchero, frullare bene, aggiungere la farina, aggiungere un po’ di
latte, bisogna ottenere una pasta tipo quella del pane, lavorarla bene sul
tavolo.
In un po’ di latte si scioglie il lievito, la vanillina si versa nell’impasto e
dopo di che si mette l’uva secca per ultimo si mette un bicchiere di liquore
e marsala.Una volta assorbito il tutto faccio dei rottoli che si potranno
tagliare a pezzetti. Mettere sul forno per circa 10 minuti, se l’impasto
dovrebbe essere duro aggiungere un po’ di latte.

La tradizione del pane in Sardegna                                          35
Istituto Professionale per i Servizi Alberghieri e della
                               Ristorazione
                           «Antonio Gramsci»
                                 Monserrato

                         Anno scolastico 2003-2004

Classe I sezione L
Cristina Aru
Andrea Auriemma
Alessia Carta
Alessio Gallus
Christian Gallus
Daniela Mallei
Giovanni Matta
Ilaria Melis
Carla Pili
Nicola Pinna
Natalina Puddu
Stefano Sionis
Cristina Tuveri

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