La Ricetta: Il babà o babbà
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La Ricetta: Il babà o babbà Il babà o babbà è un dolce da forno a pasta lievitata con lievito di birra di origine francese, divenuto tipico della pasticceria napoletana. Il babà è la derivazione di un dolce a lievitazione naturale originario della Polonia (babka ponczowa) e di altri paesi slavi. Perfezionato dai cuochi francesi assunse il nome di babà. Vide poi trasformato il proprio nome in “babbà” dai pasticceri napoletani. Ingredienti per il babà: 300 gr di farina manitoba, 45 gr di zucchero, 4 uova, 100 gr di burro a temperatura ambiente, 1 cubetto di lievito di birra sciolto in un po’ di acqua calda, un pizzico di sale, latte q.b. Per lo sciroppo: 600 gr di acqua, 300 gr di zucchero, 300 gr di rum bianco (io creola bum) e la buccia di un limone. Preparazione: impastare bene ed energicamente tutti gli ingredienti per il babà con lo sbattitore elettrico con le fruste a spirale, sciogliendo il lievito di birra in un poco di acqua tiepida. L’impasto tenderà ad avvolgersi tutto intorno alle fruste, quindi ogni volta farlo scendere con le mani ed aiutarsi aggiungendo quando serve un goccio di latte per impastare meglio. Dopodiché inizierà a non attaccarsi più alle fruste. Una volta impastato bene per un po’ di tempo (almeno un quarto d’ora – 20 minuti), mettere in una teglia per babà imburrata aiutandosi con le mani leggermente bagnate per far scendere l’impasto e sistemarlo bene nella teglia. Lasciare lievitare (almeno 3 ore) in forno precedentemente riscaldato e poi spento (da fare in inverno perché con il
calore del forno lievita meglio, invece in estate basta lasciarlo lievitare fuori con un canovaccio sopra) senza nemmeno toccarlo con un dito altrimenti si sgonfia subito e poi è da buttare. Anche se lo si vede storto, tipo da un lato alto e dall’altro basso, lasciarlo stare perché poi si aggiusterà da solo in forno. Una volta che è lievitato fino alla superficie della teglia, accendere il forno a 180 gradi e cuocere per 30 minuti. Nel frattempo preparare la bagna amalgamando in un pentolino sul fuoco l’acqua, lo zucchero, la buccia intera del limone (che poi andrà tolta) e rum. E lasciar raffreddare. Una volta sfornato il babà, bagnarlo un po’ con la bagna quando è ancora nella teglia caldo, lasciando altra bagna da parte che servirà per mettere su ogni fetta di babà che si serve. Poi lasciarlo raffreddare. Togliere il babà dalla teglia, prendere un piatto grande, metterlo sulla teglia e capovolgere pian piano senza farlo rompere. Annamaria Leo Nasce Meeto, incontri di gusti tra Campania e Sicilia Caivano. “Meeto, un naming volutamente concepito per il raccontare il Mito sacro e profano cullato da secoli di
storia”. Una pizzeria caratterizzata dall’unicità degli ambienti e dalle pietanze dai sapori originali legati ai territori della Campania e della Sicilia. Il progetto Meeto prevede un protocollo salutare che utilizza prodotti accuratamente selezionati con certificazioni e nitida filiera garantita, dove le stagioni cadenzano l’utilizzo dei prodotti dell’orto e del territorio campano. La pizzeria Meeto si presenta con una proposta culinaria concreta e genuina, con un solo percorso a doppio binario, materia prima e pietanze espresse in pizze e fritti che portano in tavola la tradizione partenopea e della Campania, insieme a quella della Sicilia. Selezionati i fornitori. Meeto si presenta agli ospiti anche come To Meet ovvero la location dove incontrare e condividere momenti conviviali. A firmare il progetto sono tre giovani imprenditori: Giovanna classe 89’, Giovanni e Michele classe 94’, forti della volontà di dare risalto e voce al proprio paese natio “Caivano”, con una nuova concezione di pizza, dai tratti innovativi ma fortemente legata alla tradizione napoletana. Le grandi vetrate di Meeto mettono in bella mostra gli interni moderni con finiture tra il vintage e l’industrial; i colori verde, nero e oro sono predominanti, esaltati abilmente da un mirato gioco di luci. Il forno realizzato artigianalmente dal Maestro Florio, è di un oro smagliante, con la cupola verde, a vista. Gli arredi raffinati, tavoli circolari e rettangolari con piano in marmo, ispirati alle pizzerie di un tempo, conviviali e intimi, soni stati appositamente scelti quali espressioni di condivisione e costituiscono una parte fondamentale dei raffinati arredi, completati da comode sedute che si alternano tra divaneria e poltroncine dai tessuti in pelle e velluto. Il risultato è di una calda accoglienza, esaltata dal tocco di napoletanità della sala dedicata a San Gennaro, patrono di Napoli, originalmente definita da led illuminati a formare frasi per i patiti di foto e di social.
In esterno, la terrazza stellata, curata nei dettagli; nella quale spiccano i tavoli interamente realizzati a mano, stilisticamente riportano agli interni, mentre le sedie di pelle in stile vintage, accolgono i clienti sotto un manto di luminarie che riproducono un cielo scintillante di stelle. “Non avere fretta, il Meeto sta per avverarsi”: a tavola, la scritta impressa sulla tovaglietta trasmette la filosofia del progetto Meeto, di una cucina da gustare senza fretta, per assaporare la qualità degli ingredienti, lavorati in modo da preservarne caratteristiche e profumo originario. Giovanna, appassionata conoscitrice della cucina e delle tipicità siciliane, con solida formazione presso una delle più rinomate strutture storiche catanesi, ha ideato un itinerario di gusto, tutto made in Sicilia, che affianca il percorso campano, con la materia prima, le pizze e i fritti tipici. Lo chef realizza antipasti tradizionali siciliani e napoletani rivisitati in veste originale: Arancino Classico, dalla nota delicata dati dai pistilli di zafferano di Canicattì; Arancino alla Norma, dalla tipica ricetta siciliana; Arancino Sceccu, prelibatezza realizzata con mortadella di Asino ragusano presidio slow food, Pistacchio di Bronte, Crema Segreta e Panatura al pistacchio; le Frittatine stagionali e dai gusti intriganti sono preparate in versione panata e in croccante pastella; il Filetto di baccalà è avvolto in mozzarella di bufala; il Crocchettone siciliano con crema al pistacchio; la Parmigiana di melanzane e la napoletanissima “Mulignana alla pullastiello”; ancora, tante proposte gustose, in primis la Pizza, leggera, digeribile e gustosa che valorizza i sapori della Campania e della Sicilia. I pizzaioli Giovanni e Michele dalla postazione di stesura e forno a vista, stabiliscono un contatto diretto con il cliente, e diffondono le gestualità e i piccoli segreti dei pizzaioli, sottolineando la scelta di una materia di prima scelta, tra Dop e Presidi Slow Food. Con il mugnologo e tecnologo alimentare Enzo Paciello è stato definito l’acquisto diretto del grano migliore e macinarlo, per ottenere una farina dagli alti standard qualitativi, ad un
giusto rapporto qualità/prezzo. Impasti unici del maestro Paciello (in fase di brevettazione); a scelta, nella linea “Healty”, un impasto proteico, con basse calorie. La Ricetta: i biscotti Canestrelli Questa è la storia di un dolce che fu moneta, una lunga storia che narra di tempi in cui in Alta Valle e in tutta la Val Trebbia, lontano dal mare, le farine in generale, sia di segale che di frumento scarseggiavano, e la farina bianca era un lusso per pochi, certo da non sprecare per qualcosa di superfluo come un dolce. Un giorno però, pare che dei produttori di ostie, che all’epoca erano sicuramente commercianti benestanti, cominciarono a sfornare dei biscotti a forma di margherita prodotti con farina bianca e burro, il massimo dell’abbondanza per l’epoca, questi biscotti furono chiamati Canestrelli. La vendita di queste “primizie” cominciò sui sagrati delle chiese per finire poi su mercati ed arrivare
a Genova “La Superba” la quale, decise di rappresentarli sul Genovino, la moneta d’oro coniata dai Genovesi, di fatto la prima moneta della storia. Storie e leggende a parte, una cosa è certa, nel 1829 nel Bar Caffè di Torriglia gestito da una certa “Pollicina” nome d’arte di Maria Avanzino che insieme al marito gestiva il famoso bar, cominciarono ad essere commercializzati diciamo ufficialmente i primi Canestrelli. Da quel periodo in poi fino ai giorni nostri, il successo del dolce che fu moneta non si fermò più, tanto che ogni anno all’inizio del mese di giugno vi è un festival del Canestrelletto di Torriglia a celebrarne la bontà. Ingredienti: 2 uova, 150 gr di farina 0, 100 gr di amido di mais, 75 gr di zucchero a velo + quello che serve alla fine per spolverare, buccia grattugiata di un limone, 150 gr di burro freddo, 2 bustine di vanillina. Preparazione: per prima cosa mettere a bollire le uova. Appena l’acqua inizia a sobollire calcolare 7 minuti. Sbucciarle e ricavare solo il tuorlo sodo. Passare i tuorli (o schiacciati benissimo con una forchetta o con uno spremiaglio) e tenere da parte. In una ciotola mescolare la farina e l’amido di mais, aggiungere lo zucchero a velo, la buccia grattugiata del limone, il burro freddo a tocchetti (mi raccomando deve essere freddo di frigo), la vanillina (o aroma vaniglia) e i tuorli passati. Impastare tutto fino ad ottenere un composto morbido e molto chiaro. Bisogna avere pazienza perché sembra che non si compatti, ma lavorandolo per un po’ il burro inizierà ad amalgamarsi alle farine e si otterrà così un bell’impasto morbido e liscio! Compattarlo bene, avvolgerlo in pellicola e mettere in frigo a riposare per circa un’ora. Trascorso il riposo, stendere la pasta tra due fogli di carta forno, all’altezza di circa 1 cm e, con una formina a fiore, ricavare i canestrelli. Metterli su una leccarda da forno ricoperta con carta forno e, con l’aiuto di un attrezzo cavo, ricavare anche i fori centrali (io ho usato una bocchetta della siringa per
dolci). Con queste dosi ho ricavato 28 canestrelli! Cuocere in forno statico già caldo a 170 gradi per circa 15 minuti (con il mio forno ci sono voluti 13 minuti): bisogna fare molta attenzione perché i canestrelli non devono scurire, bisogna sfornarli ancora chiarissimi e poi tirarli dal forno e farli raffreddare senza toccarli. Solo quando saranno poi completamente freddi, spolverare con zucchero a velo. Se non si consumano subito, conservare in un contenitore di latta per biscotti o in un contenitore che si chiude ermeticamente. Leo Annamaria Pagina instagram cuciniamobyanna (le ricette di Anna) Nasce OrigoFood: La piazza virtuale delle eccellenze Made in Italy Dall’esperienza e dalla passione di un gruppo di professionisti attivi in diversi settori della vita economica e culturale (in particolare nel comparto agroalimentare) nasce Origo Food, una piattaforma online che ha lo scopo di proporre un paniere di prodotti locali in grado di trasmettere i valori della tradizione e del territorio nazionale. È online il sito OrigoFood.com , una grande piattaforma che dà la possibilità di ordinare le eccellenze enogastronomiche italiane
Le abitudini dei consumatori negli ultimi anni sono cambiate e le persone sono sempre più attente alla qualità e alla provenienza dei prodotti. Per dare la possibilità a tutti di conoscere le tipicità dei meravigliosi territori regionali italiani, è nato Origo Food, una di piazza virtuale che riunisce i prodotti di eccellenza Made in Italy. «La nostra mission è evidente già dal nome della piattaforma: “origo” in latino signi?ca “origine”» spiega Giancarlo Gentile, CEO di Origo, che continua; «ed è proprio sull’origine e sulla lavorazione dei prodotti che abbiamo deciso di puntare. L’obbiettivo di Origo Food è la promozione del Bel Paese e del suo elevato potenziale produttivo espresso dalle preziose diversità e dalle insuperabili capacità di tanti piccoli produttori che rispettano il territorio, conservano la tipicità e fondano le loro aziende su valori etici del lavoro». I prodotti selezionati e raccomandati da Origo non solo si contraddistinguono per aspetto, sapore, profumo e consistenza ma sono in grado di trasmettere valori spesso sottovalutati nel settore alimentare. Il primo tra questi valori è la tradizione. L’idea che Origo ha della tradizione tuttavia, non esclude la tecnologia e le moderne conoscenze, Quest’ultime, se ben utilizzate, possono rappresentare strumenti utili capaci di trasmettere la vera tradizione nostrana. Fondamentale per Origo è, inoltre, la sostenibilità. Tale “qualità” si manifesta sotto forma di particolari aspetti che di volta in volta risultano apprezzati dai consumatori e si riferiscono al prodotto, al modo “virtuoso” con cui è stato ottenuto, all’attenzione per l’ambiente da cui proviene. Nonché alla sua confezione (biodegradabile o compostabile, riutilizzabile, etc.); alle persone che operano nella ?liera (cui viene garantito un equo trattamento). Per Origo il valore della sostenibilità tiene conto anche della provenienza del
prodotto e su questo Origo si avvale di consulenti importanti come chef stellati e docenti delle accademie di cucina più affermate. Molti dei prodotti disponibili su Origo Food arrivano da aree caratterizzate da elevato pregio naturalistico, marginali e a rischio di spopolamento e qui l’impegno sociale dell’azienda nel mettere in vetrina “piccole grandi aziende” e dar loro visibilità. Origo ha un profondo legame con il territorio. È questo un valore imprescindibile sul quale poggia la realtà della startup campana. Molte eccellenze di Origo Food non solo arrivano dal territorio nazionale ma vengono interamente lavorate in zone ben delimitate. Esse esprimono la sorprendente e affascinante varietà ambientale e culturale che rende l’Italia un luogo unico al mondo. «Il portale Origo Food è una importante realtà virtuale enogastronomica che permette ai suoi utenti non solo di acquistare i prodotti di nicchia ma anche di rimanere aggiornati sulle ultime news del settore. Insomma OrigoFood.com è un punto di riferimento per chiunque sia interessato ad apprezzare prodotti gourmet del territorio italiano e le migliaia di visite giornaliere al nostro sito lo confermano», è quanto afferma Antonio Gnassi, direttore Marketing e Comunicazione di Origo, che prosegue: «Nella sezione blog è infatti possibile guardare le videoricette di chef stellati e di giovani foodblogger, leggere le interviste ai fondatori delle aziende, la storia delle aziende stesse e tanto altro ancora. Oltre questo, Origo Food dispone di un sistema di marketing intelligence e un attento servizio di assistenza clienti».
La Ricetta: “Pane cafone” Detto anche senza impasto! Prima di tutto per fare questa ricetta, l’ideale sarebbe il forno a legna ma, siccome in casa non lo si ha, la si può fare solo se si possiede un tegame di terracotta (come l’ho usato io) oppure di ghisa! La peculiarità del pane cafone è la mollica alta di colore paglierino perfettamente alveolata e la crosta piuttosto spessa e croccante. Importante: affinché l’alveolatura sia perfetta, il tegame deve essere sufficientemente ampio e soprattutto sufficientemente alto così che, il pane in cottura, lievitando, non trovi ostruzione una volta arrivato sotto il coperchio (ciò potrebbe accadere con un tegame troppo basso). Un pane detto cafone poiché era il pane che il popolo mangiava in contrapposizione alle baghette francesi consumate dai nobili. Un prodotto noto anche come pane a ott’ perché è buono
da mangiare fino a otto giorni. Le origini di questo pane sono incerte, alcuni lo identificano con il pane dei Camaldoli, area nord di Napoli, altri lo riconducono alle province di Avellino e Benevento, ma più probabilmente il pane cafone nasce nel settecento ai piedi del Vesuvio a San Sebastiano, paesino ai confini tra Torre del Greco e Napoli. La lunga lievitazione permette alla mollica di essere molto alveolata e con una percentuale di acqua medio bassa. Questo è il segreto che permette al pane cafone di conservarsi così a lungo. Inoltre, la crosta è croccante, ma poco friabile e ha uno spessore notevole: circa un centimetro. Anche questo è un elemento che contribuisce alla conservazione perché permette di mantenere la giusta umidità all’interno della pagnotta. La parte più sfiziosa del pane cafone è O’ Cuzzetiell, l’estremità dalla consistenza croccante e dalla forma tondeggiante che si intinge nel pentolone dove il ragù sta ancora “pippiando” o che, svuotata dalla mollica e farcita con i condimenti più disparati, diventa la classica marenna da portare con sé sempre ed ovunque (ma questa è un’altra storia). Ingredienti: 600 gr di farina manitoba, 400 gr di farina 00 (più quella che serve per la spianatoia), 6 gr di lievito di birra, 700 ml di acqua tiepida, 1 cucchiaino di zucchero, 1 cucchiaino di sale. Preparazione: in una ciotola mettere le farine, il lievito sciolto nell’acqua, lo zucchero ed il sale. Mescolare per 5 minuti con un cucchiaio di legno, coprire con pellicola la ciotola e mettere in forno spento e chiuso a lievitare per 18 ore. A lievitazione avvenuta, l’impasto dovrà risultare alto, appiccicoso e pieno di bolle in superficie. Dopo questo tempo, mettere abbondante farina su un piano da lavoro, versare l’impasto e ripiegare a mo’ di fagotto realizzando 4 piegature: da destra verso sinistra, da sinistra verso destra,
dall’alto verso il basso, dal basso verso l’alto (in pratica l’impasto va ripiegato come un fazzoletto ottenendo un riquadro di pasta). Ripiegare su sé stesso ancora una volta il “riquadro di pasta” ottenuto cercando di dargli la forma di una “palla”. Spolverare abbondantemente di farina un canovaccio e poggiarci sopra l’impasto (che risulterà morbidissimo). Spolverare di farina anche l’impasto in superficie e coprirlo con un altro canovaccio. Lasciar lievitare per altre 2 ore. Poi, 30 minuti prima di cuocere, preriscaldare il forno a 180 gradi mettendo all’interno il tegame incoperchiato (solo se il tegame sarà rovente, il pane non si attaccherà alle pareti). Rovesciare quindi con cura il pane nel tegame rovente, incoperchiare e cuocere per 60 minuti a 180 gradi con coperchio poi 15 minuti a 200 gradi con coperchio poi 10 minuti a 200 gradi senza coperchio. Poi, tirare dal forno, incoperchiare di nuovo e far raffreddare a temperatura ambiente per mezz’ora, poi continuare a farlo raffreddare completamente senza coperchio. Poi, togliere eventuale farina in eccesso, metterlo su una placca e ripassarlo in forno alla massima temperatura per altri 30-35 minuti (controllando la cottura). Se lo si mangia il giorno dopo riposato ancora meglio: conservare in un panno da cucina oppure, volendo, può anche essere conservato in freezer. Annamaria Leo Pagina instagram cuciniamobyanna (le ricette di Anna)
La Ricetta:” E Biscuttin” della Nonna Questa ricetta non so quanti anni si ricorda! Li faceva sempre mia nonna, deliziando figli, nipoti e pronipoti! Non sono mai mancati né per le festività natalizie né per quelle pasquali. Li chiamava biscottini…non so perché visto che hanno più la consistenza di un pan di spagna e non di biscotti, e non conosco nemmeno il loro reale nome! Ma sono buoni e per me hanno una storia! Ingredienti: 500 gr di farina 00, 5 uova, 300 gr di zucchero, 3 bustine di vanillina, un filo di olio di semi, 3 cucchiaini di vermut, un pizzico di sale,buccia grattugiata di un limone, 16 gr di bicarbonato, un cucchiaino di strutto, latte quanto basta (circa un bicchiere), un uovo per spennellare e granella di zucchero colorata per decorare. Preparazione: in una ciotola mettere tutti gli ingredienti, amalgamare bene con una frusta a mano, dovrà essere un composto né troppo duro né troppo liquido. Rovesciarlo in una teglia con carta forno. Livellare bene, spennellare con un l’uovo sbattuto e cospargere con granella di zucchero colorata. Cuocere in forno già caldo a 180 gradi per 20 minuti (fare prova spaghetto). Poi far raffreddare bene e tagliare in pezzi. A cura di Annamaria Leo
Approfondimenti sulla pagina Instagram cuciniamobyanna (le ricette di Anna La Forneria di Massimiliano Maiorano, dal Lievito madre per passione a eccellenza Flegrea La sua Forneria ha da poco compiuto 17 anni di attività, ma la sua storia inizia molto prima, da quando, appena adolescente, decise di intraprende questo mestiere. Parliamo di Massimiliano Maiorano e della sua attività, La Forneria di Via Giorgio dè Grassi a Pianura – Napoli. Sita in una zona centrale del quartiere nello storico Palazzo
Varchetta a pochi metri dalla Casa della cultura e della sede municipale. Premiato da varie associazioni tra cui la Stampa Campana – Giornalisti Flegrei. Vincitore del 2° Premio per il miglior panettone artigianale. 1° Premio Dolce per Don Giustino con la torta “La penitenza”, organizzato dal Corriere di Pianura. Medaglia di bronzo Migliore Colomba d’Italia. Membro della Federazione Internazionale Pasticceria Gelateria Cioccolateria Massimiliano ci racconta il suo percorso: Come è ’ nata la passione per il pane e i suoi derivati, focacce, dolci, torte e pasticcini? All’età di.10. anni, parlando con un amico sul percorso da intraprendere dopo le scuole medie, ho preso per la prima volta in considerazione la possibilità di frequentare un corso per artigiani e in particolare il corso dedicato alla pasticceria. Non sono un golosone – spiega Massimiliano – però la parola fornaio/pasticcere mi suscitava curiosità, lo vedevo un mestiere giusto per me. Mi affascinava tutto il mondo delle ricette legate al pane, rustici, dolci e la possibilità di esprimere me stesso attraverso un lavoro artigianale e creativo come questo. La tua formazione: Mi piace definirla formazione dei miei tempi perchè durante l’anno di studio del Corso ho avuto l’occasione di fare un tirocinio in un laboratorio: La forneria di Remigio Coppola a Pianura, il mio maestro. È stato un periodo molto importante per la mia crescita perché ciò che imparavo la mattina, potevo poi metterlo in pratica. Avere fin da subito le mani in pasta è stata una fortuna di cui ho approfittato rimanendo in questo laboratorio per i 3 anni successivi alla fine della formazione. Durante questa esperienza ho acquisito le basi
fondamentali del mestiere e grazie agli insegnamenti di chi mi circondava ho fatto miei anche molti segreti. Subito dopo ho iniziato un nuovo percorso lavorativo, durato circa 20 anni, in un altro laboratorio/forno. Qui oltre alla conoscenza di nuove tecniche di lavorazione e l’uso di ingredienti diversi, ho iniziato pian piano ad occuparmi di altri aspetti riguardanti questo lavoro, arrivando a gestire in autonomia il laboratorio, grazie alla grande fiducia che negli anni mi è stata data. La mia curiosità, però, non si è mai fermata e sentivo l’esigenza di sperimentarmi in altri ambiti. Così ho provato ad inserirmi nella realtà locale, facendomi conoscere ed apprezzare e con il desiderio di cimentarmi in nuovi sfide e ampliare così il mio bagaglio di conoscenze con un tipo di pasticceria diversa: presentazioni, condivisione del lavoro, preparazioni di eventi, feste, cerimonie… Nel settore ho iniziato a Pianura ma poi ho allargato i miei orizzonti sull’intera area flegrea e oltre. Il mio territorio è fatto di luoghi dove ho avuto la possibilità di confrontarmi con realtà completamente diverse, dalle quali ho imparato tanto e nei quali sto ottenendo significativi riconoscimenti e grandi soddisfazioni. Che consiglio daresti ai giovani che vogliono diventare fornai-pasticcieri? Il mio consiglio ai giovani che vogliono intraprendere questo meraviglioso mestiere è di avere la voglia di imparare il più possibile dai propri maestri e acquisire una conoscenza approfondita del mestiere. Allo stesso tempo, però, dovrebbero curare anche altri aspetti della propria formazione diventati altrettanto importanti, come la conoscenza dell’ imprenditoria e anche delle lingue, inglese in testa. Questo perché il nostro mestiere si è evoluto e non basta più rimanere chiusi in un laboratorio se si vuole crescere professionalmente e raggiungere alti livelli. Secondo me, inoltre, i passi iniziali di un giovane fornaio-pasticciere sono fondamentali e bisogna per questo puntare fin da subito ad inserirsi in ambienti di lavoro importanti che puntano alla crescita e al
miglioramento continuo, per evitare così il rischio di fossilizzarsi rimanendo indietro mentre il mondo della forneria-pasticceria cambia e si evolve. Tradizione e/o innovazione? Il tuo pensiero. La tradizione, a mio modo di vedere, non va abbandonata soprattutto se parliamo di preparazione, di tecnica e di ricette classiche. L’innovazione può esserci per quanto riguarda altri aspetti, come la presentazione, l’immagine e la misura. Quali sono state le soddisfazioni più grandi in tanti anni di lavoro? Per l’esattezza 37… Ad essere sincero è difficile parlare di una cosa in particolare, mi piace piuttosto guardare con soddisfazione alla crescita e al percorso che ho fatto nella mia vita lavorativa. Riuscire nel tempo ad avviare una mia attività, vederla crescere e soprattutto conquistare a piccoli passi la fiducia dei miei clienti e il compiacimento di quanti, anche turisti, vengono a gustare le mie preparazioni, mi dà ogni giorno conferma che la direzione è quella giusta. Oggi c’è molta cucina in Tv e diversi chef stellati partecipano a programmi e Talent . Tu cosa ne pensi? Hai qualche punto di riferimento tra questi personaggi? Negli ultimi anni il boom di programmi di cucina in TV ha
portato sicuramente alla diffusione di più informazione e una maggiore conoscenza degli ingredienti, delle materie prime, della loro lavorazione e delle particolari tecniche di decorazione. Il lato negativo di tutto questo è che il cliente si è abituato ad una realtà televisiva che ovviamente ha tempistiche diverse e presenta una perfezione che nella realtà necessita di preparazioni più lunghe che non vengono trasmesse in Tv. Questa disponibilità immediata di novità, attraverso non solo la televisione ma anche le nuove tecnologie, rischia inoltre di eliminare l’effetto sorpresa. Credo che oggi accontentare un cliente sia diventato un po’ più difficile che nel passato. I prodotti che produco, dal pane alle focacce, dai taralli al panettone natalizio, dalla schiacciata romana (pane focaccia) alla colomba pasquale, dal tortano al casatiello napoletano, quello a cui sono particolarmente legato è sicuramente la pizza dolce, tipica della Pianura che fu. Torta farcita con crema ed amarene dal sapore unico e delicato. Un tempo a Pianura si faceva in ogni casa e si infornava nei famosi forni dei cortili. Anche nel palazzo dove sorge la mia attività c’è un antico forno, storico di proprietà della famiglia Varchetta, ormai purtroppo dismesso. Come giudichi la pasticceria-rosticceria napoletana rispetto a quella italiana o di altri paesi? Essere napoletano, secondo te, ti dà una marcia in più? Per me è una fortuna essere nato a Napoli e in particolare a Pianura e lavorare qui come fornaio perché la nostra terra offre materie prime di grandissima qualità. I nostri punti di forza sono sicuramente la farina, la mozzarella, il pomodoro, le mandorle ed altri prodotti conosciuti e apprezzati in tutto il mondo, ma anche per esempio l’ottima ricotta e i buoni salumi. La vera specialità è il lievito madre di cui vado molto fiero. Ovviamente ogni regione ha i suoi dolci tipici, ma ciò che distingue Napoli, i suoi straordinari territori flegrei e la Campania dagli altri luoghi d’Italia e del mondo sono appunto le sue materie prime, capaci di offrire un
eccezionale punto di partenza da cui poter ricavare ottimi risultati, lavorando con passione e competenza. Qual è il tuo dolce/torta preferito? E quale ti piace di più preparare? Sembra strano ma non ho un dolce preferito, anche se prima ho scherzato parlando della pizza dolce: con il mio lavoro assaggio sempre tutto, ogni giorno mi piace preparare tante torte, dolci e rustici diversi perché amo che le vetrine della mia Forneria siano sempre piene, colorate e invitanti. Non solo pane e dolci, possiamo dire che sei un imprenditore oltre che maestro fornaio-pasticciere? Assolutamente d’accordo perché crescere e migliorarsi porta inevitabilmente a occuparsi di molti altri aspetti che vanno al di là della semplice preparazione del prodotto da vendere. Diciamo che a piccoli passi si cerca sempre di offrire di più, individuando altri stimoli per vivere nuove esperienze. Quali sono i tuoi progetti futuri? Dopo aver dato vita alla mia piccola Forneria, il mio gioiello da 17 anni, e aver creato un laboratorio creativo, credo che il passo logico successivo sarà aprire magari un altro punto vendita. Una vetrina, un fiore all’occhiello, magari sulla strada principale di una bella città dove tutti i turisti fanno la loro passeggiata e ammirano le bellezze del territorio: chissà se riuscirò a realizzare questo sogno… Massimiliano Maiorano e il suo staff vi aspettano ogni giorno in Forneria per deliziarvi con le loro preparazioni e le loro prelibatezze. È possibile anche acquistare i prodotti ordinando
telefonicamente. Per rimanere costantemente aggiornati sulle continue novità della Forneria Maiorano di Pianura basta seguire i canali social. Intervista a cura di Ennio Silvano Varchetta La Colomba di Pasqua: dai forni antichi a quelli moderni Il dolce tipico pasquale che riunisce tutte le regioni italiane, è lei: La Colomba! Chi l’abbia creata, non si sa e incerte sino le sue origini che si fanno comunque risalire a tre circostanze leggendarie, a sfondo storico. Sono tutte legate al territorio lombardo e al periodo pasquale. Per la prima, i suoi natali risalirebbero al 572 nella Pavia longobarda, durante l’assedio del re Alboino. Valicate le
Alpi, egli mosse guerra all’Italia bizantina assediando la città che, dopo tre anni di assedio fu vinta dai barbari. Per evitarne le notoria furia e ferocia, le donne pavesi regalarono loro dei soffici dolci a forma di colomba: un gesto di pace che, a quanto narra la leggenda, fu tanto apprezzato da evitare il saccheggio e inoltre valse a Pavia il titolo di capitale del neonato regno. Sono protagonisti San Colombano e la regina Teodolinda nella seconda versione che ribadisce l’origine Pavese di questo lievitato. Si narra che nel 610 circa, a Pavia, capitale dei Longobardi, la regina Teodolinda avesse ospitato un gruppo di pellegrini irlandesi, guidati da San Colombano. La sovrana offrì agli ospiti un ricco banchetto a base di selvaggina, ma il santo rifiutò, essendo periodo di Quaresima – in cui i fedeli non mangiano carme – ma Teodolinda e il marito Agilulfo, interpretarono questo gesto come una grave offesa personale. Colombano, allora, benedisse la selvaggina trasformandola in un evidente simbolo di pace: bianche colombe di pane. Nel 1176, è invece ambientata la terza versione, durante la battaglia di Legnano con la clamorosa vittoria dei Comuni della Lega Lombarda sull’Imperatore germanico Federico Barbarossa. Un condottiero del carroccio scorse due colombi posarsi sopra le insegne della Lega, nonostante lo scontro fosse imminente. Colpito da questa immagine, ordinò ai cuochi di preparare dei pani a forma di colomba, a base di uova, farina e lievito, riuscendo così a infondere coraggio nei suoi uomini. La colomba moderna che noi conosciamo risale alla Milano degli anni ’30. L’idea venne all’artista e pubblicitario mantovano Dino Villani, autore anche del concorso che si chiamò poi “Miss Italia”. Villani, direttore della pubblicità della ditta milanese Motta, già nota per i suoi panettoni, derivati dall’antico “pan de Toni”, negli anni ‘30 del secolo scorso, per utilizzare gli stessi macchinari, ideò un dolce con pasta
molto simile al lievitato natalizio, destinato alla Pasqua. La ricetta venne ripresa da Angelo Vergani che 1944 fondò la Vergani a Milano. La colomba pasquale si è diffusa rapidamente anche nelle altre regioni, diventando il dolce caratteristico della Pasqua italiana e varcando i confini nazionali. L’impasto originale è a base di farina, burro, uova, zucchero, buccia d’arancia candita, e porta una ricca glassa alle mandorle. Successivamente sono state ideate tante varianti e tuttora ne vengono proposte sempre altre, in considerazione del l’evolversi del gusto. La colomba di Pasqua moderna, dalle tre lievitazioni, è andata ad affiancare l’uovo di cioccolato, commercializzato con successo a Torino qualche anno prima, che rappresenta la Resurrezione. Armando Giuseppe Mandile I sapori della Campania nelle
colombe di Caldarelli La classica è richiesta soprattutto dagli amanti della tradizione, mentre le innovative conquistano i palati più esigenti. Donazioni Charity nella Mission di #InsiemeperilTerritorio Le preparazioni d’eccellenza si riconoscono così... I profumi e i sapori della Pasqua in Campania arrivano ovunque ovunque, grazie alle colombe di Raffaele Caldarelli Pasticciere, giovane e valente maestro degli impasti. Le sue specialità sono sempre più apprezzati è richiesto da un pubblico di esperti e appassionati del buon mangiare e del buon vivere. Una serie di percorsi sensoriali tra i sapori del mondo, quello che il pasticciere nolano suggerisce agli intenditori del gusto, attraverso le sue creazioni che riescono a stimolare e a coinvolgere anche i più pretenziosi. COLOMBE PER LA MISSION SOLIDALE DI PASQUA Nella Squadra di eccellenza di #InsiemeperilTerritorio, fondata dalla giornalista enogastronomica Teresa Lucianelli, Raffaele partecipa con una donazione di colombe di alta qualità, alla Mission di Pasqua promossa dalla stessa formazione benefica. La nota giornalista napoletana ha infatti organizzato insieme ai tanti amici chef, produttori, artisti, professionisti della
salute, del benessere e dell’informazione, che fanno parte appunto della squadra di #InsiemeperilTerritorio, una raccolta alimentare a favore dei piccoli di Padre Massimo Ghezzi – orfani, senzatetto, vittime di gravi problematiche – dei clochard nel Progetto AbitiAmo e delle famiglie in gravi difficoltà, della Campania, che sono assistiti dai volontari della Parrocchia di San Gennaro al Vomero (via Bernini, Napoli), dove è sempre attiva – e lo è stata anche in pieno lockdown – la Mensa solidale. Un’iniziativa che va a supportare concretamente l’attività della struttura religiosa impegnata in prima linea a favore degli “ultimi”. OCCHIO ALLA QUALITÀ Per Caldarelli “conta innanzitutto la qualità, quella degli ottimi prodotti campani” puntualmente utilizzati. Poi, “la sapienza degli impasti preparati con cura e nel rispetto dei giusti tempi. E, ancora, l’amore per il proprio lavoro”. Di colombe ce ne sono tante, ma non tutte corrispondono ai requisiti fondamentali di genuinità, gustosità, freschezza, che solo un prodotto artigianale al top può garantire… e non tutte le colombe presentate come artigianali lo sono veramente. Inoltre, non tutte quelle realmente artigianali raggiungono risultati di alto livello. Il consumatore dovrebbe quindi sempre verificare cosa sta acquistando, tenendo gli occhi bene aperti, per non cadere in trappole, attirato dai soliti specchietti per le allodole. “Per essere certi se il dolce simbolo di pace per la tradizione religiosa cattolica è di produzione industriale o artigianale, va verificato il tipo di ingredienti utilizzati, oltre al luogo di produzione e di distribuzione: devono essere riportati sulla confezione. Capita, però, a volte, che venga commercializzata una colomba industriale per artigianale, cambiando l’incarto”.
Perciò, è fondamentale indirizzarsi su dolci prodotti da laboratori di serietà certa. “La colomba di autentica qualità superiore, richiede una lievitazione lunga che le conferisce una struttura soffice, ottenuta per fermentazione naturale con lievito madre. È realizzata con ingredienti naturali, genuini, esclusivamente di alta qualità e si presenta con glassatura superiore ed una decorazione composta da granella di zucchero e mandorle. Esistono una serie di squisite varianti, di questo dolce tipico da forno, ideate con grande impegno e competenza, per soddisfare ogni gusto. Ciascuna proposta è stata studiata con grande cura per esaltare la delicatezza dell’impasto e gli abbinamenti golosi sono stati pensati e perfezionati per sorprendere il palato e donare soddisfazione e gioia a chi degusta questa specialità di autentica eccellenza”. TANTE INVITANTI PROPOSTE GOLOSE Raffaele Caldarelli Pasticciere anche per questa Pasqua, accanto al must tradizionale, propone tante irresistibili colombe innovative, tutte a base di selezionati ingredienti genuini territoriali. Tra esse la “Costa d’Amalfi”, un vero e proprio itinerario sensoriale nella “Grande Bellezza d’Italia” famosa in tutto il Mondo. Poesia di gusto, fantasia di aromi, bouquet suadente, armonia di sapori mediterranei, per un risultato irresistibile, di successo. “Il giallo dei limoni, il verde intenso delle campagne, il blu cristallino del mare. La bellezza favolosa delle sue località, i suoi tesori d’arte hanno un sottofondo di sapori, aromi e profumi che diventano parte integrante di questo incanto. I limoni segnano in maniera unica il paesaggio della Costiera Amalfitana, diventando così i protagonisti indiscussi di questa mia ultima creazione”: parla così della sua riuscita creazione ispirata alla celebre Costiera.
Tra le campionesse della Pasqua italiana all’insegna dei sapori campani e del caldo sole mediterraneo, ecco la “Colomba fichi, caramello e arachidi”. “Abbiamo recuperato un carico prezioso per questo dolce. I fichi secchi quelli della nostra tradizione. Quanti ne hai visti essiccare da bambino, sui graticci di legno, esposti al sole di agosto, dalla mattina fino all’imbrunire? Allora li snobbavi, per il loro aspetto poco invitante, adesso hai finito per trovarli assolutamente irresistibili! E poi le arachidi, golose. 72 ore di lenta lievitazione e tanto amore ed ecco pronta la colomba con fichi secchi e arachidi, ricoperta con caramello!” Poi c’è la “Cocco di Mamma”, con cioccolato al latte, cubetti di cocco, limone, arancia, miele d’acacia; la “Trilogy” con tre tipi di finissimo cioccolato: bianco, al latte e fondente, arancia, linone e vaniglia Bourbon; la “Bosco Bianco”, con frutti di bosco e cioccolato bianco. “La ‘Pellecchiella’ è una colomba che nasce con l’intento di sottolineare il cambio di stagione e la dolcezza di questo periodo, infatti il suo sapore vellutato ci fa dimenticare quelli tipici dell’inverno – continua Raffaele Caldarelli – L’ho creata pensando a un pomeriggio d’estate, un’albicocca succosa e profumata immersa nel migliore cioccolato bianco e immaginando un leggero vento rinfrancante tra i capelli”. Ancora, la “Colomba alla Nocciola” “caratterizzata dal gusto unico della nostra crema alle nocciole avellane: intensa, croccante e golosa”. La “Coffee White” con caffe Kenon, dall’aroma avvolgente, deliziosa crema spalmabile al cioccolato bianco e stuzzicanti chicchi di caffe?, per un momento di piacere assoluto e rigenerante. Con orgoglio, Raffaele Caldarelli presenta le sue rinomate colombe realizzate con ingredienti eccellenti.
Il giovane pasticciere nolano, per questa Pasqua, ha realizzato anche tanti altri prodotti legati alla tradizione, come le uova di finissimo cioccolato, all’interno delle quali è possibile inserire, a richiesta, una sorpresa personalizzata, la classica pastiera napoletana, che fa impazzire gli estimatori, e tanto altro ancora per rendere piacevole la Pasqua 2021, anche se in zona rossa e limitata a pochi commensali. Valerio Giuseppe Mandile Pozzuoli: Istituto alberghiero dona pastiere e dolci pasquali per famiglie bisognose Il dirigente scolastico Filippo Monaco: “un piccolo gesto per chi è in difficoltà” “Anche a Pasqua abbiamo voluto dare il nostro contributo per le famiglie bisognose”. Così il dirigente scolastico professor Filippo Monaco ha voluto annunciare la nuova iniziativa
solidale della scuola che preside, l’Ipseoa Petronio di Pozzuoli. “Devo ringraziare i docenti, il personale tecnico e i collaboratori che hanno contribuito alla realizzazione di questa iniziativa – continua Monaco – nonostante le difficoltà che la nostra scuola, come tutte le istituzioni scolastiche, sta affrontando a causa delle restrizioni sanitarie. Le pastiere sono state consegnate nelle mani dei volontari dell’associazione Nuovi Orizzonti e saranno distribuite alle famiglie bisognose di Pozzuoli. In questo modo vogliamo dare un’attenzione. È un piccolo ma significativo gesto di vicinanza”. Non è la prima volta che il Petronio di Pozzuoli ha realizzato iniziative di solidarietà per le famiglie bisognose. A dicembre l’esperienza con i panettoni e i dolci natalizi in collaborazione con le associazioni di volontariato. La Ricetta: Pastiere di Grano La leggenda narra della sirena Partenope che aveva scelto come dimora il Golfo di Napoli da dove spandeva la sua voce melodiosa e dolcissima. Per ringraziarla, si celebrava un misterioso culto durante il quale la popolazione portava alla
sirena 7 doni: la farina, simbolo di ricchezza; la ricotta, simbolo di abbondanza; le uova, simbolo di fertilità; il grano cotto nel latte, simbolo della fusione tra il regno vegetale ed animale; i fiori di agrumi, molto limitati a dire il vero, simbolo del profumo della terra Campana; le spezie, omaggio a tutti i popoli del mondo e lo zucchero per celebrare la dolcezza del canto della sirena. Partenope gradì questi doni ma li mescolò creando questo prodotto unico. Questa è solo una leggenda, invece è sicuro che per celebrare il ritorno della primavera, le sacerdotesse di Cerere portassero in processione l’uovo simbolo di vita nascente mentre il grano misto alla morbida crema di ricotta si usava molto in epoca romana. Con ogni probabilità, questo dolce nacque molto più tardi, nel XVI secolo in un convento come quasi tutti i dolci napoletani. Probabilmente il convento di San Gregorio Armeno dove una suora volle preparare un dolce in grado di associare il simbolismo cristianizzato delle uova, ricotta e grano con le spezie provenienti dall’Asia ed i fiori d’arancio del giardino conventuale. Le suore preparavano questo dolce per le famiglie aristocratiche in cambio di benefit vari. Per 3 pastiere medie. Ingredienti per la pasta frolla: 600 gr di farina 00, 200 gr di zucchero, 230 gr di burro (+ quello che serve per imburrare le teglie), 3 uova, buccia grattugiata di un’arancia. Ingredienti per la crema: un barattolo di grano, 300 ml di latte, un cucchiaio di strutto, 700 gr di ricotta di bufala (o di pecora), 600 gr di zucchero, 7 uova intere + 3 tuorli, 2 bustine di vanillina, una fiala di fior d’arancio, 50 gr di cedro. Preparazione della pasta frolla: la sera prima impastare la farina con lo zucchero, il burro morbido a temperatura ambiente, le uova e la buccia grattugiata dell’arancia. Lavorare l’impasto, ma non troppo, formare una palla ed avvolgerlo con la pellicola e lasciarlo in frigo tutta la
notte. La mattina dopo, tirarlo dal frigo almeno 2 ore prima di usarlo e stendere in teglie imburrate, lasciando un po’ di frolla da parte che servirà per far le strisce per la decorazione. A cura di Annamaria Leo Approfondimenti sulla pagina Instagram cuciniamobyanna (le ricette di Anna) #InsiemeperilTerritorio e Vesuvio’s Shadow: dal Mondo, Gusto & Charity in Maschera Votato al Gusto e al Bene, l’originale Contest con sezione benefica dedicata ai bimbi di AbitiAmo. Domani, domenica 21 febbraio, in occasione della “Morte di Carnevale” la conclusione come da calendario, alle ore 20. Competizione tra i migliori piatti italiani e stranieri del Carnevale, presentati da concorrenti di ogni eta? e nazionalita?, che si
affrontano ciascuno da casa propria ai forni e ai fornelli, nelle tre sezioni: “Cuore d’Oro”, Social e “Critica” Già tutti raggiunti gli obiettivi del Contest internazionale “I piatti del Carnevale: Chiacchiere, Sanguinaccio e.. a tavola tra stelle filanti e coriandoli”. Sono tante e variegate le proposte dalle varie regioni d’Italia e dalle altre nazioni, che sono state presentate e chiunque può realizzarle a casa, seguendo semplice te le descrizioni e ricette accluse alle foto in gara nelle tre sezioni, di cui una solidale: quella del Cuore d’Oro. L’iniziativa, che si conclude domani sera, domenica 21 febbraio, con la tradizionale “Morte di Carnevale”, è organizzata da #InsiemeperilTerritorio, rassegna itinerante di eventi d’eccellenza, firmata dalla giornalista enogastronomica napoletana Teresa Lucianelli, insieme alla sua grande squadra solidale, sempre prodiga di iniziative benefiche concrete, e dal blog ercolanese specializzato Vesuvio’s Shadow del foodblogger Mario D’Acunzo, in rapida ascesa. La sezione benefica “Cuore d’Oro” – promossa più volte negli eventi realizzati già da diversi anni in magnifiche location della Campania da #InsiemeperilTerritorio – è dedicata essenzialmente ai bimbi e ragazzi senzatetto, orfani e vittime di conflitti e gravi problematiche, assistiti nel “Progetto Abitiamo”, Parrocchia di San Gennaro al Vomero, Napoli – guidata dall’infaticabile Padre Massimo Ghezzi – i cui volontari operano sia sul territorio campano che nella missione in Albania, ed anche alle famiglie in difficoltà economica, ai tanti indigenti che nella stessa parrocchia hanno un sicuro punto di riferimento. Sono stati donati nel frattempo, per tutti i bimbi e i ragazzi seguiti con impegno e amore: abiti di carnevale e maschere, chiacchiere, specialità e provviste alimentari, ed è in distribuzione la seconda Lasagnata, dopo quella del Giovedì Grasso, preparata dai volontari con prodotti di alta qualità,
grazie al supporto della grande Squadra di eccellenza di #InsiemeperilTerritorio e ai nuovi sostenitori: da Napoli, Arfe? Gastronomia da 150 anni, Ristorante Pizzeria Mattozzi dal 1833, Pizzeria Ristorante Donna Luisella – “storici e colonne del gusto” – e Cantine Mediterranee di Vincenzo Napolitano, Anna Pezone Nexyiu, Carla De Ciampis, Fulvio Mastroianni; da Ercolano, l’emergente e già ampiamente apprezzata Cornetteria Bambolino; da Castellammare di Stabia, l’autentica Chefmania e Francesco & Co, erede del mitico Ciccio di Pozzano; da Portici, la consolidata Antica Panetteria con le sue specialità; da Vico Equense, Ristorante Cerase?, regno della Pizza a metro e Pizza Therapy; da Positano, la “mondiale” Paola Fiorentino Arti; da Casoria, Ileana Mandile Estetica e Benessere, top nel settore; da Nola, gli inconfondibili Sapori di Napoli; da Nocera Inferiore, Solania srl, pomodori San Marzano dop; da Lauro, Caseificio Caracciolo con i suoi squisiti latticini; da Brusciano, Ristorante italiano di qualità Amor Mio; da Monticchio, Ristorante Pizzeria Lago Grande con le sue specialità salutari; da Ripacandida, la rinomata Agricola Donatello Chiarito. Si può ancora partecipare al Contest fino a domani, domenica, alle ore 20. Info : https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=739561686696932&id =186529142000192 : basta pubblicare sulla pagina di riferimento Facebook, una foto raffigurante il proprio piatto, meglio se con ricetta o con breve presentazione. Nella giuria degli esperti, con Teresa Lucianelli: Valerio Giuseppe Mandile, chef d’eccellenza e giornalista gastronomico; Raffaele Carlino, direttore editoriale Campania Felix Tv; Marcello Affuso, direttore responsabile Eroica Fenice; Ersilia Cacace, foodblogger, Rosalia Ciorciaro, nutrizionista. Donazioni: Postepay 5333 1711 1071 6343, c.f. FRNPLA73E61L845V
E’ attivo, fino al 26 febbraio, il punto raccolta generi necessari (abiti, scarpe, provviste alimentari, ecc) a Villa Domi, Salita Scudillo,19 – 80131 – Napoli. Tel. 081 5922233 Da parte del pubblico Facebook internazionale, adesione ampia e qualificata: in molti stanno partecipando, inviando foto e ricette di succulente pietanze tradizionali e innovative, dolci e rustiche. L’iniziativa diffonde la migliore cultura eno-gastronomica del Carnevale, evidenziando peculiarità e caratteristiche delle svariate provenienze, alla scoperta di sfumature di gusto inedite, particolari, e alla riscoperta di antichi sapori ormai dimenticati da molti. Armando Giuseppe Mandile
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