La Giustizia Tesina di educazione civica
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L’uomo e la Giustizia Fin dall’antichità l’uomo è stato un essere con una grande energia interna che non sempre riusciva a controllare. Ciò ha portato l’uomo a creare delle regole per tutelarsi e limitare quest’energia ribelle che potrebbe nuocere. Purtroppo non tutti gli uomini sono in grado di rispettare le regole oppure vengono costretti a infrangerle. Per tutelare le persone che avrebbero dei problemi se queste regole venissero infrante esistono le forze dell’ordine che si occupano di esercitare la Giustizia. La domanda è però: Che cos’è la Giustizia? Secondo la mia opinione non vuol dire solamente mettere in prigione i trasgressori di una legge che in un certo senso serve a pareggiare i conti, ma vuol dire anche fare in modo che il colpevole capisca i propri errori in modo che la prossima volta sappia compiere la scelta giusta. Non tutti possono esercitare il potere delle Giustizia e solo lo Stato può farlo perché i cittadini gli hanno affidato il compito di difendere la libertà e la sicurezza di tutti. Lo Stato può arrestare, processare e punire i colpevoli attraverso il potere giudiziario che appartiene alla Magistratura. Lo Stato però non può condannare un cittadino senza prima essersi accertato che sia colpevole. Infatti prima si esegue un processo per verificare come sono andate realmente le cose, una persona non si può condannare senza che abbia avuto modo di difendersi e naturalmente non si può condannare l’imputato in base al ceto sociale. L’argomento della Giustizia è molto delicato e spesso suscita discussioni. Una discussione spesso affrontata è quella riguardante la severità delle pene. C’è chi crede ancora nell’applicazione della pena di morte. Quando si parla di Giustizia però bisogna evitare l’atteggiamento di chi vorrebbe sempre punire con molta severità. Non sempre i colpevoli hanno la possibilità di scegliere o sono cresciuti in ambienti dove per sopravvivere bisogna usare la violenza.
In pratica sono i primi ad essere stati vittima della delinquenza. In conseguenza la condanna che si assegna deve servire a “rieducare” chi ha sbagliato in modo di aiutarlo a diventare onesto. Anche le vicende della Storia dimostrano che pene crudeli non migliorano la situazione, quello che serve veramente è il cambio di mentalità: cioè imparare ad avere rispetto per gli altri e le leggi così tutti possiamo vivere bene in una società civile e progredita. La Giustizia e la Costituzione Prima di arrivare ad una Costituzione l’Italia visse un periodo di dittatura. Questo periodo che durò venti anni venne chiamato Fascista. I fascisti utilizzavano il potere di punire a loro piacimento contro coloro che non accettavano il regime. Quindi gli autori della Costituzione italiana sapevano quali erano gli abusi legati all’amministrazione della Giustizia, per questo quando si esegue un processo bisogna rispettare una serie di regole che sono state scritte da loro per non far mai più ripetere gli stessi errori dei fascisti. Alcune regole sono anche affermate dalla Dichiarazione dei diritti dell’uomo proclamate dall’Organizzazione delle nazioni Unite (ONU). Le più importanti sono: • Nessuno può essere punito per aver commesso un’azione che una legge ha successivamente chiamato reato: quando agiamo dobbiamo poter essere sicuri di non infrangere alcuna legge. • Tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge: non si possono fare favoritismi. • La responsabilità penale è personale e nessuno può essere punito per fatti commessi da altri. • L’accusato, fino a che non viene condannato in modo definitivo, ha il diritto di difendersi e di essere trattato come se fosse innocente. • Chi è in attesa di essere giudicato può essere sottoposto alla carcerazione preventiva, in modo che non fugga o che non commetta altri reati, ma la legge deve stabilire una durata
massima di questo tipo di carcerazione. Dato che i processi sono lunghi, si rischia di tenere in carcere degli innocenti per troppo tempo. Il giusto processo e il diritto d’appello Come ho molto spesso ripetuto prima di essere condannato l’imputato deve subire un processo. Un processo deve essere giusto. Il giudice deve essere imparziale, l’imputato si deve poter difendere e chi accusa deve portare delle prove o dei testimoni. In un processo ogni imputato ha il diritto, riconosciuto dalla Costituzione, di appello: ogni persona coinvolta in un processo se la sentenza è a lui sfavorevole può richiedere un processo di appello. Si tratta di un nuovo processo al termine del quale viene emessa una nuova decisione. Questo principio è importante perché a volte si possono commettere errori di valutazione, quindi lo Stato deve permettere che i fatti siano analizzati almeno una seconda volta.
Le punizioni Ogni errore porta ad una conseguenza cioè ad una punizione. Riguardo le punizioni da infliggere agli imputati giudicati colpevoli, la Costituzione fornisce precise direttive: Le punizioni non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità. Ciò vuol dire che non sono ammesse le punizioni corporali, la violenza morale, i trattamenti che umiliano la persona. Le punizioni devono tendere alla rieducazione del condannato: è infatti utile alla società che chi ha sbagliato comprenda il suo errore e, una volta scontata la pena, non arrechi più danno agli altri. Se la pena consiste solo in una punizione crudele, chi la subisce rischia di essere una persona pronta a rinnovare la violenza. La condanna a morte non è ammessa. L’Italia la rifiuta come metodo di punizione: infatti è una pena che, per ovvi motivi, non rieduca il condannato; inoltre, in caso di errore giudiziario, non consente di rimediare. I difensori della Giustizia Per difendere la Giustizia in Italia esistono le Forze Armate che si dividono in quattro tipi: • Esercito che opera sulla terra ferma. • Marina militare che opera in mare. • Aeronautica militare che si occupa delle operazioni aeree • Carabinieri che si occupano dell’ordine pubblico. Le strutture che gestiscono e comandano le Forza Armate dipendono dal ministro delle Difese. Che predispone l’attuazione delle decisioni che vengono prese dal Governo, esaminate da un organo che si chiama Consiglio Supremo di Difesa, e approvate dal Parlamento. Anche il presidente della Repubblica ha alcuni compiti nel campo della difesa, per lo più simbolici. Secondo la Costituzione ha il comando delle Forze Armate e può dichiarare lo stato di guerra deliberato, cioè deciso dopo una votazione delle Camere.
Passa il favore L‘estate scorsa vidi un film molto commovente che ha vinto due premi Oscar. Si chiama: “Un sogno per domani”. Lo sto citando perché riguarda in modo particolare la Giustizia. In un mondo senza Giustizia un semplice bambino riesce a trovare la soluzione per fare andare meglio le cose, per avere rispetto e per far circolare la Giustizia. Tutto comincia con un compito per casa. Trevor è un bambino di undici anni che vive una vita difficile con la madre ex alcolizzata di nome Arlene in un modesto quartiere di Las Vegas. La donna durante il giorno lavora come cameriera in un locale. Il padre, invece, violento nei confronti di lei e con problemi di alcolismo, è sempre assente. Trevor vive una sorta di confuso idealismo, finché un giorno a scuola alla prima lezione del corso di scienze sociali arriva il professor Eugene Simonet che lo stimola a mettere in moto l'innata bontà d'animo. Il professore ad una lezione domanda in maniera critica alla classe: "Vi piace il mondo così com'è?" e per casa ognuno avrebbe dovuto trovare un modo per sistemare le cose. Da quell'istante Trevor idealizza un modo per cambiare in meglio il mondo e far prevalere la Giustizia comincia allora a compiere delle buone azioni, chiedendo a chi le riceve di compiere a loro volta un importante favore a tre persone differenti. Cioè passare il favore che gli è stato fatto. Trevor allora per il suo primo favore si dedica ad una persona in difficoltà, un povero tossicodipendente che decide di portare a casa, dandogli ospitalità. Il tossicodipendente si sdebiterà aggiustando il motore dell'automobile ad Arlene. Arlene, dal canto suo, ricevuto il favore dallo sconosciuto, decide di passarlo a sua madre, anch'essa barbona e alcolizzata, che non vede da più di tre anni. Così questo meccanismo dal nome "passa il favore" prende vita e in breve tempo si espande fino a raggiungere le più grandi città statunitensi. Finché un giorno un giornalista decide di indagare sulla vicenda per scoprire la fonte di tanta bontà.
Trevor, nel frattempo, insiste nelle buone azioni e, dopo aver capito lo stato di necessità e solitudine in cui incorrono la madre e il professore, decide di farli incontrare. I due in effetti incominciano a frequentarsi, ma Eugene, che ha sempre vissuto da solo portandosi nella mente e nel corpo i traumi dell'infanzia dovuta ad un padre violento, al momento di stringere un vero legame con la donna si defila. A peggiorare la situazione c'è il ritorno del padre, che rientra a casa e dà sfogo al proprio carattere iracondo e violento. La mamma però trova la forza per cacciare il marito. Così Trevor cerca di riportare a casa propria Eugene. Intanto il giornalista indaffarato a ricostruire la "catena di passa il favore" incontra prima un ricco imprenditore, poi un delinquente e, infine, giunge sulle tracce della nonna di Trevor. Da lì il passo è breve e, ricostruita l'intera catena, individua il primo anello della catena in Trevor e decide di intervistarlo. L'episodio permette a Eugene e Arlene di riunirsi, concretizzando così la seconda buona azione di Trevor. Ma il terzo favore conduce il ragazzino verso un destino infausto. Infatti, Trevor interviene in una rissa in difesa di un compagno di classe ma sfortunatamente ha la peggio e muore accoltellato. Questo film ci vuole far capire che è possibile avere un mondo migliore dove non ci siano più ingiustizie, dove ognuno pensi all’altro e non solo a se stesso e se tutti ci impegnassimo potremmo aggiustare le cose e finalmente vivere nella Giustizia e nell’Amore.
La Giustizia nei Promessi Sposi Manzoni fu un uomo molto legato alla giustizia suo nonno era Cesare Beccaria colui che lottò nel periodo dell’Illuminismo contro la pena di morte. Anche nel suo libro dei Promessi sposi tratta questo argomento mostrandoci come nel seicento è condizionato dai redentori del potere. Nei primi sei capitoli dei Promessi Sposi, Manzoni pone particolare attenzione al tema della giustizia; evidenziando e, per meglio dire, criticando la “giustizia” seicentesca. Nell’Italia del 600, sotto il dominio spagnolo, la giustizia nei comuni era piuttosto arbitraria e, come ci sottolinea l’autore, nelle mani dei più potenti. Succedeva, infatti, che gli unici ad essere vittime del sistema giudiziario fossero proprio i più bisognosi: gli umili e indifesi. È evidente il desiderio dell’autore di denunciare e criticare la giustizia dell’epoca dal fatto che abbia scelto (per primo fra tutti) come protagonisti del suo romanzo proprio due semplici e umili contadini, che ci rappresentano e manifestano le angherie delle quali erano vittime. Le istituzioni, certo, non negavano leggi e punizioni per angherie o soprusi commessi, anzi, queste erano parecchie, ma , molto spesso, venivano gestite e amministrate da giudici in modo piuttosto arbitrario; di fatto la giustizia nell’epoca secentesca era uno strumento, in più, al servizio dei potenti che consentiva loro di commettere ingiustizie essendo, spesso, coperti dalla legge e che condannava i più deboli e indifesi a subire. La critica, di Manzoni, a riguardo si fa sentire con piccole sfumature in ogni capitolo. A partire dal primo capitolo, quando l’autore traccia un generale quadro della situazione sotto il dominio straniero, e , tramite l’incontro di don Abbondio con i bravi, evidenzia la popolazione per lo più divisa tra oppressi e oppressori, e la condizione nella quale si trovavano i meno pavidi e coraggiosi che, per non essere vittime di tali angherie, erano costrette a raggrupparsi in corporazioni o a
rifugiarsi sotto la protezione di una delle due più potenti classi sociali: la chiesa. Il piccolo clero locale era, tuttavia, impotente di fronte a tale prepotenza e presa di potere da parte dei nobili, ricchi e potenti, e viveva, quindi, in un continuo clima di terrore, spesso costretto ad atteggiamenti di servilismo. La giustizia, all’epoca dei Promessi Sposi, era gestita dai potenti, i signorotti dei paesi che, tramite un considerevole numero di bravi (rifugiatisi sotto la loro protezione dopo aver commesso reati) al loro servizio, commettevano soprusi e angherie ed, inoltre, grazie il loro potere, corrompevano altri rappresentanti della giustizia o si facevano amici di altri potenti. I nobili molto spesso pretendevano di sostituirsi alla legge, di far coincidere le loro volontà con essa. La dimostrazione lampante del sistema giudiziario seicentesco l’abbiamo nel terzo capitolo, quando Renzo, consigliato da Agnese si reca dall‘avvocato soprannominato Azzeccagarbugli, nella speranza che questo possa perseguire la sua causa. L’avvocato inizialmente, quando ancora crede che Renzo sia un bravo, gli espone tutte le strategie giuridiche per risolvere il problema, ma quando infine scopre che egli è la vittima e non il malfattore, e pertanto non un bravo, lo caccia con sgarbate parole. Azzeccagarbugli ha una professionalità distorta, è un servo del potere, un servo dell’amico e protettore don Rodrigo, del quale è solito difendere i bravi. In mano sua la legge è uno strumento ed è spregiudicato e abile nel manovrarla con artifizi verbali. L’avvocato è, in realtà, una figura piuttosto drammatica perché, attraverso lui, è rappresentata tutta la società corrotta del ‘600. Nel quinto capitolo, invece, viene illustrato un banchetto fra nobili che ha luogo a casa di don Rodrigo, durante il quale vengono discusse, dai convitati (il cugino Attilio, l’avvocato Azzeccagarbugli, il podestà di Lecco e due sconosciuti), le tematiche più svariate. Durante il convitto viene affrontata una discussione riguardo se fosse giusto o meno bastonare un portatore di una sfida. Sull’argomento si dimostrano piuttosto contrari il potestà, sfavorevole, e il conte Attilio, favorevole, che proseguono discutendo riguardo le regole della cavalleria.
La giustizia viene menzionata un’ultima volta nel sesto capitolo quando fra Cristoforo si reca a casa di don Rodrigo per chiedere un atto di giustizia, che viene prontamente rifiutato dal nobile, troppo orgoglioso, testardo e capriccioso. In questi primi sei capitoli si può ben dedurre il pessimismo giuridico dell’autore e la sua scontentezza, delusione e critica riguardo la giustizia. Manzoni, infatti, non crede che la giustizia possa attuarsi tra gli uomini, mentre egli sogna uno stato di diritto, dove tutti, compresi gli stessi governatori, siano tenuti a rispettare le stesse leggi, una società basata sui principi dell’illuminismo e sui valori cristiani.
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