La Giustizia Tesina di educazione civica

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La Giustizia Tesina di educazione civica
Tesina di educazione civica

La Giustizia

 Luca Giordano: La Giustizia. Londra
La Giustizia Tesina di educazione civica
L’uomo e la Giustizia
Fin dall’antichità l’uomo è stato un essere con una grande energia
interna che non sempre riusciva a controllare. Ciò ha portato l’uomo
a creare delle regole per tutelarsi e limitare quest’energia ribelle
che potrebbe nuocere.          Purtroppo non tutti gli uomini sono in
grado di rispettare le regole oppure vengono costretti a infrangerle.
Per tutelare le persone che avrebbero dei problemi se queste regole
venissero infrante esistono le forze dell’ordine che si occupano di
esercitare la Giustizia.
La domanda è però: Che cos’è la Giustizia?
Secondo la mia opinione non vuol dire solamente mettere in prigione
i trasgressori di una legge che in un certo senso serve a pareggiare i
conti, ma vuol dire anche fare in modo che il colpevole capisca i
propri errori in modo che la prossima volta sappia compiere la scelta
giusta.
Non tutti possono esercitare il potere delle Giustizia e solo lo Stato
può farlo perché i cittadini gli hanno affidato il compito di
difendere la libertà e la sicurezza di tutti.
Lo Stato può arrestare, processare e punire i colpevoli attraverso il
potere giudiziario che appartiene alla Magistratura.
Lo Stato però non può condannare un cittadino senza prima essersi
accertato che sia colpevole.
Infatti prima si esegue un processo per verificare come sono andate
realmente le cose, una persona non si può condannare senza che
abbia avuto modo di difendersi e naturalmente non si può
condannare l’imputato in base al ceto sociale.
L’argomento della Giustizia è molto delicato e spesso suscita
discussioni.
Una discussione spesso affrontata è quella riguardante la severità
delle pene.
C’è chi crede ancora nell’applicazione della pena di morte.
Quando si parla di Giustizia però bisogna evitare l’atteggiamento di
chi vorrebbe sempre punire con molta severità. Non sempre i
colpevoli hanno la possibilità di scegliere o sono cresciuti in ambienti
dove per sopravvivere bisogna usare la violenza.
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In pratica sono i primi ad essere stati vittima della delinquenza.
In conseguenza la condanna che si assegna deve servire a
“rieducare” chi ha sbagliato in modo di aiutarlo a diventare onesto.
Anche le vicende della Storia dimostrano che pene crudeli non
migliorano la situazione, quello che serve veramente è il cambio di
mentalità: cioè imparare ad avere rispetto per gli altri e le leggi così
tutti possiamo vivere bene in una società civile e progredita.

La Giustizia e la Costituzione
Prima di arrivare ad una Costituzione l’Italia visse un periodo di
dittatura. Questo periodo che durò venti anni venne chiamato
Fascista.
I fascisti utilizzavano il potere di punire a loro piacimento contro
coloro che non accettavano il regime.
Quindi gli autori della Costituzione italiana sapevano quali erano gli
abusi legati all’amministrazione della Giustizia, per questo quando si
esegue un processo bisogna rispettare una serie di regole che sono
state scritte da loro per non far mai più ripetere gli stessi errori
dei fascisti.
Alcune regole sono anche affermate dalla Dichiarazione dei diritti
dell’uomo proclamate dall’Organizzazione delle nazioni Unite (ONU).
Le più importanti sono:
• Nessuno può essere punito per aver commesso un’azione che una
   legge ha successivamente chiamato reato: quando agiamo
   dobbiamo poter essere sicuri di non infrangere alcuna legge.
• Tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge: non si possono fare
   favoritismi.
• La responsabilità penale è personale e nessuno può essere punito
   per fatti commessi da altri.
• L’accusato, fino a che non viene condannato in modo definitivo, ha
   il diritto di difendersi e di essere trattato come se fosse
   innocente.
• Chi è in attesa di essere giudicato può essere sottoposto alla
   carcerazione preventiva, in modo che non fugga o che non
   commetta altri reati, ma la legge deve stabilire una durata
massima di questo tipo di carcerazione. Dato che i processi sono
  lunghi, si rischia di tenere in carcere degli innocenti per troppo
  tempo.

Il giusto processo e il diritto d’appello
Come ho molto spesso ripetuto prima di essere condannato
l’imputato deve subire un processo.
Un processo deve essere giusto.
Il giudice deve essere imparziale, l’imputato si deve poter difendere
e chi accusa deve portare delle prove o dei testimoni.
In un processo ogni imputato ha il diritto, riconosciuto dalla
Costituzione, di appello: ogni persona coinvolta in un processo se la
sentenza è a lui sfavorevole può richiedere un processo di appello.
Si tratta di un nuovo processo al termine del quale viene emessa una
nuova decisione. Questo principio è importante perché a volte si
possono commettere errori di valutazione, quindi lo Stato deve
permettere che i fatti siano analizzati almeno una seconda volta.
Le punizioni
Ogni errore porta ad una conseguenza cioè ad una punizione.
Riguardo le punizioni da infliggere agli imputati giudicati colpevoli, la
Costituzione fornisce precise direttive:
Le punizioni non possono consistere in trattamenti contrari al senso
di umanità. Ciò vuol dire che non sono ammesse le punizioni corporali,
la violenza morale, i trattamenti che umiliano la persona.
Le punizioni devono tendere alla rieducazione del condannato: è
infatti utile alla società che chi ha sbagliato comprenda il suo errore
e, una volta scontata la pena, non arrechi più danno agli altri. Se la
pena consiste solo in una punizione crudele, chi la subisce rischia di
essere una persona pronta a rinnovare la violenza.
La condanna a morte non è ammessa. L’Italia la rifiuta come metodo
di punizione: infatti è una pena che, per ovvi motivi, non rieduca il
condannato; inoltre, in caso di errore giudiziario, non consente di
rimediare.

I difensori della Giustizia
Per difendere la Giustizia in Italia esistono le Forze Armate che si
dividono in quattro tipi:
• Esercito che opera sulla terra ferma.
• Marina militare che opera in mare.
• Aeronautica militare che si occupa delle operazioni aeree
• Carabinieri che si occupano dell’ordine pubblico.
Le strutture che gestiscono e comandano le Forza Armate
dipendono dal ministro delle Difese. Che predispone l’attuazione
delle decisioni che vengono prese dal Governo, esaminate da un
organo che si chiama Consiglio Supremo di Difesa, e approvate dal
Parlamento. Anche il presidente della Repubblica ha alcuni compiti
nel campo della difesa, per lo più simbolici. Secondo la Costituzione
ha il comando delle Forze Armate e può dichiarare lo stato di guerra
deliberato, cioè deciso dopo una votazione delle Camere.
Passa il favore
L‘estate scorsa vidi un film molto commovente che ha vinto due
premi Oscar.
Si chiama: “Un sogno per domani”.
Lo sto citando perché riguarda in modo particolare la Giustizia.
In un mondo senza Giustizia un semplice bambino riesce a trovare la
soluzione per fare andare meglio le cose, per avere rispetto e per
far circolare la Giustizia. Tutto comincia con un compito per casa.
Trevor è un bambino di undici anni che vive una vita difficile con la
madre ex alcolizzata di nome Arlene in un modesto quartiere di Las
Vegas. La donna durante il giorno lavora come cameriera in un locale.
Il padre, invece, violento nei confronti di lei e con problemi di
alcolismo, è sempre assente. Trevor vive una sorta di confuso
idealismo, finché un giorno a scuola alla prima lezione del corso di
scienze sociali arriva il professor Eugene Simonet che lo stimola a
mettere in moto l'innata bontà d'animo.
Il professore ad una lezione domanda in maniera critica alla classe:
"Vi piace il mondo così com'è?" e per casa ognuno avrebbe dovuto
trovare un modo per sistemare le cose.
Da quell'istante Trevor idealizza un modo per cambiare in meglio il
mondo e far prevalere la Giustizia comincia allora a compiere delle
buone azioni, chiedendo a chi le riceve di compiere a loro volta un
importante favore a tre persone differenti. Cioè passare il favore
che gli è stato fatto.
Trevor allora per il suo primo favore si dedica ad una persona in
difficoltà, un povero tossicodipendente che decide di portare a
casa, dandogli ospitalità. Il tossicodipendente si sdebiterà
aggiustando il motore dell'automobile ad Arlene. Arlene, dal canto
suo, ricevuto il favore dallo sconosciuto, decide di passarlo a sua
madre, anch'essa barbona e alcolizzata, che non vede da più di tre
anni. Così questo meccanismo dal nome "passa il favore" prende vita
e in breve tempo si espande fino a raggiungere le più grandi città
statunitensi. Finché un giorno un giornalista decide di indagare sulla
vicenda per scoprire la fonte di tanta bontà.
Trevor, nel frattempo, insiste nelle buone azioni e, dopo aver capito
lo stato di necessità e solitudine in cui incorrono la madre e il
professore, decide di farli incontrare. I due in effetti incominciano
a frequentarsi, ma Eugene, che ha sempre vissuto da solo portandosi
nella mente e nel corpo i traumi dell'infanzia dovuta ad un padre
violento, al momento di stringere un vero legame con la donna si
defila. A peggiorare la situazione c'è il ritorno del padre, che
rientra a casa e dà sfogo al proprio carattere iracondo e violento.
La mamma però trova la forza per cacciare il marito. Così Trevor
cerca di riportare a casa propria Eugene.
Intanto il giornalista indaffarato a ricostruire la "catena di passa il
favore" incontra prima un ricco imprenditore, poi un delinquente e,
infine, giunge sulle tracce della nonna di Trevor. Da lì il passo è
breve e, ricostruita l'intera catena, individua il primo anello della
catena in Trevor e decide di intervistarlo.
L'episodio permette a Eugene e Arlene di riunirsi, concretizzando
così la seconda buona azione di Trevor. Ma il terzo favore conduce il
ragazzino verso un destino infausto. Infatti, Trevor interviene in
una rissa in difesa di un compagno di classe ma sfortunatamente ha
la peggio e muore accoltellato.
Questo film ci vuole far capire che è possibile avere un mondo
migliore dove non ci siano più ingiustizie, dove ognuno pensi all’altro
e non solo a se stesso e se tutti ci impegnassimo potremmo
aggiustare le cose e finalmente vivere nella Giustizia e nell’Amore.
La Giustizia nei Promessi Sposi
Manzoni fu un uomo molto legato alla giustizia suo nonno era Cesare
Beccaria colui che lottò nel periodo dell’Illuminismo contro la pena di
morte.
Anche nel suo libro dei Promessi sposi tratta questo argomento
mostrandoci come nel seicento è condizionato dai redentori del
potere.
Nei primi sei capitoli dei Promessi Sposi, Manzoni pone particolare
attenzione al tema della giustizia; evidenziando e, per meglio dire,
criticando la “giustizia” seicentesca.
Nell’Italia del 600, sotto il dominio spagnolo, la giustizia nei comuni
era piuttosto arbitraria e, come ci sottolinea l’autore, nelle mani dei
più potenti. Succedeva, infatti, che gli unici ad essere vittime del
sistema giudiziario fossero proprio i più bisognosi: gli umili e
indifesi.
È evidente il desiderio dell’autore di denunciare e criticare la
giustizia dell’epoca dal fatto che abbia scelto (per primo fra tutti)
come protagonisti del suo romanzo proprio due semplici e umili
contadini, che ci rappresentano e manifestano le angherie delle quali
erano vittime.
Le istituzioni, certo, non negavano leggi e punizioni per angherie o
soprusi commessi, anzi, queste erano parecchie, ma , molto spesso,
venivano gestite e amministrate da giudici in modo piuttosto
arbitrario; di fatto la giustizia nell’epoca secentesca era uno
strumento, in più, al servizio dei potenti che consentiva loro di
commettere ingiustizie essendo, spesso, coperti dalla legge e che
condannava i più deboli e indifesi a subire.
La critica, di Manzoni, a riguardo si fa sentire con piccole sfumature
in ogni capitolo.
A partire dal primo capitolo, quando l’autore traccia un generale
quadro della situazione sotto il dominio straniero, e , tramite
l’incontro di don Abbondio con i bravi, evidenzia la popolazione per lo
più divisa tra oppressi e oppressori, e la condizione nella quale si
trovavano i meno pavidi e coraggiosi che, per non essere vittime di
tali angherie, erano costrette a raggrupparsi in corporazioni o a
rifugiarsi sotto la protezione di una delle due più potenti classi
sociali: la chiesa.
Il piccolo clero locale era, tuttavia, impotente di fronte a tale
prepotenza e presa di potere da parte dei nobili, ricchi e potenti, e
viveva, quindi, in un continuo clima di terrore, spesso costretto ad
atteggiamenti di servilismo.
La giustizia, all’epoca dei Promessi Sposi, era gestita dai potenti, i
signorotti dei paesi che, tramite un considerevole numero di bravi
(rifugiatisi sotto la loro protezione dopo aver commesso reati) al
loro servizio, commettevano soprusi e angherie ed, inoltre, grazie il
loro potere, corrompevano altri rappresentanti della giustizia o si
facevano amici di altri potenti. I nobili molto spesso pretendevano
di sostituirsi alla legge, di far coincidere le loro volontà con essa.
La dimostrazione lampante del sistema giudiziario seicentesco
l’abbiamo nel terzo capitolo, quando Renzo, consigliato da Agnese si
reca dall‘avvocato soprannominato Azzeccagarbugli, nella speranza
che questo possa perseguire la sua causa.
L’avvocato inizialmente, quando ancora crede che Renzo sia un
bravo, gli espone tutte le strategie giuridiche per risolvere il
problema, ma quando infine scopre che egli è la vittima e non il
malfattore, e pertanto non un bravo, lo caccia con sgarbate parole.
Azzeccagarbugli ha una professionalità distorta, è un servo del
potere, un servo dell’amico e protettore don Rodrigo, del quale è
solito difendere i bravi. In mano sua la legge è uno strumento ed è
spregiudicato e abile nel manovrarla con artifizi verbali. L’avvocato
è, in realtà, una figura piuttosto drammatica perché, attraverso lui,
è rappresentata tutta la società corrotta del ‘600.
Nel quinto capitolo, invece, viene illustrato un banchetto fra nobili
che ha luogo a casa di don Rodrigo, durante il quale vengono
discusse, dai convitati (il cugino Attilio, l’avvocato Azzeccagarbugli,
il podestà di Lecco e due sconosciuti), le tematiche più svariate.
Durante il convitto viene affrontata una discussione riguardo se
fosse giusto o meno bastonare un portatore di una sfida.
Sull’argomento si dimostrano piuttosto contrari il potestà,
sfavorevole, e il conte Attilio, favorevole, che proseguono
discutendo riguardo le regole della cavalleria.
La giustizia viene menzionata un’ultima volta nel sesto capitolo
quando fra Cristoforo si reca a casa di don Rodrigo per chiedere un
atto di giustizia, che viene prontamente rifiutato dal nobile, troppo
orgoglioso, testardo e capriccioso.
In questi primi sei capitoli si può ben dedurre il pessimismo giuridico
dell’autore e la sua scontentezza, delusione e critica riguardo la
giustizia.
Manzoni, infatti, non crede che la giustizia possa attuarsi tra gli
uomini, mentre egli sogna uno stato di diritto, dove tutti, compresi
gli stessi governatori, siano tenuti a rispettare le stesse leggi, una
società basata sui principi dell’illuminismo e sui valori cristiani.
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