Architettura romana - ISTITUTO MAGISTRALE M.IMMACOLATA - Gruppo1:Cocola,Gorgoglione,Lalla,Urbano

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Architettura romana - ISTITUTO MAGISTRALE M.IMMACOLATA - Gruppo1:Cocola,Gorgoglione,Lalla,Urbano
ISTITUTO MAGISTRALE
      M.IMMACOLATA
          Progetto Cl@sse 2.0

        Architettura romana
Gruppo1:Cocola,Gorgoglione,Lalla,Urbano
     A.S 2011/2012 2°D
Architettura romana - ISTITUTO MAGISTRALE M.IMMACOLATA - Gruppo1:Cocola,Gorgoglione,Lalla,Urbano
L’urbanistica        I fori

 L’abitazione   Gli stili pittorici
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I Fori Imperiali costituiscono una serie di piazze monumentali edificate
nel corso di un secolo e mezzo (tra il 46 a.C. e il 113 d.C.) nel cuore della
città di Roma dagli imperatori. Di essi non fa parte il Foro Romano, la
vecchia piazza repubblicana, la cui prima sistemazione risale all'età regia
(VI secolo a.C.) e che era stato per secoli il centro politico, religioso ed
economico della città, ma che non ebbe mai un carattere unitario. Sotto
Cesare e Augusto, la costruzione della Basilica Giulia e il rifacimento
della Basilica Emilia, che delimitavano i lati lunghi della piazza, diedero
tuttavia al Foro una certa regolarità.
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Il foro di Cesare
Giulio Cesare decise di costruire una
grande piazza a suo nome, che fu
inaugurata nel 46 a.C. e terminata poi
da Augusto.
Si trattava di un progetto unitario:
una piazza con portici sui lati lunghi e
con al centro il tempio dedicato a
Venere Genitrice, da cui Giulio
Cesare si vantava di discendere
attraverso Iulo, il progenitore della
gens Iulia, figlio di Enea, a sua volta
figlio della dea. Cesare si occupò
anche della ricostruzione della Curia,
la sede del Senato, adattandola allo
stile del nuovo Foro. La nuova piazza
riprendeva il modello dei portici
costruiti intorno ai templi edificati
dai più importanti uomini politici
dell'ultimo secolo della Repubblica
nella zona del Circo Flamini che
avevano anch’essi scopo pubblicitario.
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Il foro di Augusto venne inaugurato nel
2 a.C., ed inserito in una seconda piazza
monumentale. Il Foro si disponeva
ortogonalmente e il tempio di Marte,
eretto per ringraziare il dio per il suo
aiuto nel vendicare la morte di Cesare,
si appoggiava ad un altissimo muro che
divideva il monumento dal popolare
quartiere della Suburra. I portici che
sorgevano sui lati lunghi, si aprivano alle
spalle in ampie esedre (spazi
semicircolari coperti), destinati ad
ospitare le attività dei tribunali. Erano
arricchiti da statue di personaggi reali
e mitologici della storia di Roma, come
Enea e Romolo, e dei membri della
famiglia Giulia, con iscrizioni che
elencavano le loro imprese. La
costruzione del complesso fu legata alla
propaganda del nuovo regime e tutta la
sua decorazione celebra la nuova età
dell'oro che si voleva inaugurare con il
principato di Augusto.
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Sotto l'imperatore Vespasiano venne
costruita un'altra grande piazza, separata
dal Foro di Augusto e da quello di Cesare
dalla via dell'Argileto, che metteva in
comunicazione il Foro Romano con la
Suburra. Questo complesso non fu
considerato in origine come uno dei Fori
Imperiali, infatti era conosciuto con il
nome di Tempio della Pace. Il monumento
era stato edificato come celebrazione in
seguito alla conquista di Gerusalemme
durante il regno di Vespasiano.
Mercati di Traiano
Il progetto di Domiziano, che voleva portare
a termine la costruzione dei Fori, fu ripreso e
completato da Traiano con la costruzione di
un nuovo complesso a suo nome, realizzato con
il bottino delle sue campagne di conquista
della Dacia e la cui decorazione celebra le sue
vittorie militari. Già solo i lavori di
preparazione furono imponenti: vi fu la
ricostruzione del tempio di Venere Genitrice
e l'aggiunta della cosiddetta Basilica
Argentaria nel Foro di Cesare, mentre sulle
pendici del Quirinale venne costruito il
complesso in laterizio dei Mercati di Traiano.
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Foro Transitorio o Foro Di Nerva
Fu Domiziano a decidere di unificare i
complessi precedenti e nell'area tra il
Tempio della Pace e i Fori di Cesare e di
Augusto, fece edificare un'altra piazza
monumentale che li metteva in
comunicazione tra loro: il Foro di Nerva.
Questo era costituito da portici laterali
ridotti ad una semplice decorazione dei
muri perimetrali, dal tempio dedicato
alla dea Minerva (sua protettrice così
come era stata protettrice del semidio
Eracle) e da un ampio ingresso
monumentale (la Porticus Absidata). A
causa di una congiura che provocò la
morte di Domiziano il nuovo complesso
venne inaugurato dal suo successore
Nerva, da cui prese il nome. È
conosciuto tuttavia anche come Foro
Transitorio, a causa della funzione di
passaggio che aveva conservato
sostituendosi all'Argileto.
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La casa romana, contrariamente a
quello che si pensa è molto simile alle
nostre abitazioni. Le case che
inizialmente erano disposte solo su un
piano, poi si costruirono su più piani.
Questo perché lo spazio edificabile
nella città era decisamente inferiore
rispetto alla popolazione. Come lo
stesso scrittore Vitruvio ci spiega:
“Visto l’importanza della città e
l’estrema densità della popolazione, è
necessario che si moltiplichino in un
numero incalcolabile di alloggi. Poiché
gli alloggi al solo piano terra non
possono accogliere tale massa di
popolazione nella città, siamo
costretti, a ricorrere a costruzioni in
altezza.”
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La struttura della domus
Possiamo distinguere due tipi di casa
romana: la domus e l’insula. La domus
era un’abitazione signorile privata
urbana, da non confondere con la
villa, la quale era un’abitazione
privata situata in campagna. La domus
si compone di ambienti standard:
_fauces che corrisponde all’ingresso;
_atrium che è l’atrio appunto;
_alae gli ambienti laterali;
_triclinium ovvero il triclinio;
_tabernae le botteghe artigiane;
_impluvium sarebbe la cisterna per
l’acqua; _tablinum sarebbe lo studio;
_oecus tricliniare ovvero la sala da
pranzo; _cubiculum che sarebbe la
camera da letto.
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La struttura dell’ Insula
L’i nsula
        è costituita invece dai cenacula, quelli che
oggi chiameremo appartamenti.
L’insula con il passare del tempo si sviluppava
sempre di più in altezza, infatti le insule avevano
anche 6 piani e venivano definiti dei veri e propri
grattacieli. Ma le insule non erano tutte destinate a
ceti meno facoltosi. Vi erano insulae che avevano al
piano terra solo un appartamento dalle
caratteristiche molto simili alla villa signorile, e
sopra vi erano gli appartamenti dedicati ai ceti più
poveri. Le pareti erano ornate con legno e stucco, vi
erano grandi finestre e porte, c’erano grandi
porticati e dove la strada lo permetteva, vi erano le
logge o i balconi. Anche il verde veniva curato,
infatti molto spesso lungo le balaustre si
avvolgevano delle piante rampicanti e sui balconi si
potevano vedere anche vasi di fiori o anche dei
piccoli giardini. Ma questo bell’aspetto esteriore
non corrispondeva una solidità altrettanto uguale.
Questo perché la pianta non era proporzionale
all’altezza e anche perché i costruttori speculavano
sullo spessore dei muri e dei pavimenti e sulla
qualità dei materiali. Quindi i crolli erano frequenti
e a questo fenomeno si univa quello degli incendi che
si propagavano velocemente.
La maggior parte dell’arredamento interno era
costituito da letti. Il letto dei poveri era costituito
da un giaciglio di mattoni, mentre quello dei ricchi
era costituito da una serie di letti sui quali non solo
si dormiva, ma si mangiava e si scriveva. I letti più
diffusi erano quelli a una piazza (lectuli), poi vi erano
quelli a due piazze per gli sposi ((lectus genialis), poi
vi erano quelli più famosi ossia i triclinia che erano
dei letti a tre piazze. La struttura dei letti poteva
essere in bronzo o in legni esotici pregiati.
Altro elemento costituente erano i tavoli, costituiti
da ripiani in marmo appoggiati su un piede sui quali
venivano esposti oggetti molto preziosi proprio a
farne sfoggio
Un oggetto raro nell’arredamento romano erano le
sedie. Una sedia particolare era simile a un
seggiolone ma quella era riservata agli dei. La sedia
con la spalliera più o meno inclinata era usata dalle
grandi dame. Alcuni resti di queste sedie sono stati
trovati nella sala da ricevimento del palazzo di
Augusto;. Il vasellame veniva esposto sui mobili,
questo era ornato da pietre preziose e mosaici.
Gli impianti
L’illuminazione della casa romana lasciava molto
a desiderare, ma non perché le finestre fossero
assenti o piccole, ma perché erano sprovviste
del vetro. Nelle case signorili le finestre
venivano coperte da tende. Gli impianti di
riscaldamento erano costituiti da fornelli
alimentati a legna o da carbone vegetale.
Questo sistema di riscaldamento era utilizzato
solo per un vano.
Un’altra idea sbagliata è quella di pensare che
nella case romane si disponesse di acqua
corrente. Solo alcune case disponevano di un
attacco diretto all’acqua, ma era costosissimo.
Per portare l’acqua vi erano dei servi che erano
addetti proprio a questo compito e questi
passavano di proprietà insieme alla vendita
dell’edificio. Il sistema fognario non era
ampiamente sviluppato, per questo vi erano
molte volte precarie situazioni igieniche. Poteva
esserci un recipiente apposito se il padrone lo
desiderava, il metodo più veloce per sbarazzarsi
dei propri escrementi era quello di buttarli
dalla finestra, con grande felicità dei passanti.
L'urbanistica romana era il modo di impiantare la struttura di una città nel
mondo romano. Ancora oggi molte città europee e del bacino del
Mediterraneo mostrano il retaggio dello schema romano nel loro nucleo più
antico. Ci sono tre schemi fondamentali di urbanistica romana: ellenistico,
con foro centrale, decentrato.
Schema ellenistico
Nelle nuove colonie fondate dai romani
si assiste a varie fasi nell'evoluzione
dell'impianto urbanistico. Città fondate
nel periodo della repubblica Romana,
almeno nella fase iniziale e centrale,
presentano uno schema ancora legato al
retaggio greco-ellenistico, come a Cosa
o Norba latina. Queste città hanno
l'impianto con una rete stradale
ortogonale, che divide lo spazio in
isolati quadrangolari regolari, ma che
non dispone di un preciso centro
cittadino, con una o talvolta due aree
sacre sopraelevate (acropoli). Questo
schema urbanistico richiamava quello di
Ippodamo. In questo tipo di impianto,
mancando un centro, i singoli quartieri e
isolati avevano tutti un'importanza
equivalente.
Schema con Foro centrale
Più diffuso è lo schema organizzato
su due assi principali ortogonali, il
cardo maximus (asse nord-sud) e il
decumanus maximus (est-ovest),
che si incontrano al centro della
città dove si trova il Forum. La
forma della città poteva essere
quadrangolare o anche, a seconda
del territorio, irregolare, ma lo
schema dell'impianto era piuttosto
fisso. Un esempio ben conservato è
Silchesterin, in Gran Bretagna.
Questo schema urbanistico era
probabilmente derivato dalla
centuriazione romana. Nel foro si
svolgevano le riunioni politiche,
veniva amministrata la giustizia, si
esercitava il commercio e si
svolgevano le cerimonie religiose.
Schema decentrato
Un altro tipo di schema
urbanistico era quello dove il
cardus e il decumanus non si
incontravano al centro della
città ma in posizione più
laterale, come a Julia Augusta
Taurinorum (Torino) e
Prætoria (Aosta). In questo
caso il modello derivò
dall'accampamento romano
degli eserciti.
Roma, come tutte le città di fondazione
molto antica, non aveva alcuno schema
preordinato e molte delle sue
caratteristiche urbane erano state
dovute alla forma del territorio
(compresi i torrenti, i piccoli rilievi e
gli acquitrini poi fatti scomparire col
tempo) e ad ancestrali usi. Il centro
della vita sociale si svolgeva al Foro
Romano, che si estendeva tra il
Campidoglio e il Palatino ed era in
comunicazione stretta con l'area
mercantile del Foro Olitorio, dove si
trovava il porto fluviale sul Tevere e il
Ponte Sublicio, che permetteva
l'attraversamento del fiume all'altezza
dell'Isola Tiberina. Col tempo il Foro
Romano, affiancato dagli altri Fori
Imperiali, perse la funzione
commerciale per divenire un luogo
prettamente monumentale e di
rappresentanza.
La pittura romana
La pittura romana è una delle scuole
pittoriche che meglio si sono tramandate,
nella generale rovina della pittura antica.La
straordinaria conoscenza della pittura
romana è dovuta soprattutto alle uniche
condizioni di preservazione delle città
vesuviane di Pompei, Ercolano e Stabia, dove
sono stati ritrovati enormi quantitativi di
pitture, soprattutto affreschi parietali. Le
pitture pompeiane sono databili tra il II
secolo a.C. e la data dell'eruzione, il 79 d.C..
Essa viene detta anche "pompeiana", perché
studiata nei cospicui ritrovamenti di Pompei
e delle altre città vesuviane sommerse
dall'eruzione del 79, anche se il centro della
produzione artistica fu sicuramente Roma. Si
individuano quattro "stili" per la pittura
romana, anche se sarebbe più corretto
parlare di schemi decorativi.
Primo stile
Il primo stile pompeiano è uno dei quattro "stili") della
pittura romana. Si colloca nel periodo a partire
dall'età sannitica (150 a.C.) fino all'80 a.C. Questa
tecnica pittorica, diffusa sia negli edifici pubblici che
nelle abitazioni, imita, utilizzando in alcuni casi anche
elementi in stucco a rilievo, il rivestimento delle
pareti in opus quadratum e con lastre di marmo, detto
crusta, da cui il nome "stile dell’incrostazione". Le
pitture in primo stile si articolano, seguendo una
ripetizione fissa, in tre zone:
 una fascia superiore decorata con cornici in stucco
  aggettante;
 una fascia mediana, a sua volta tripartita, dipinta
  con i colori predominanti rosso e nero, ma anche
  viola, giallo-verdi, imitanti il marmo, il granito o
  l’alabastro;
•   un plinto o zoccolo, di solito di colore giallo Le
    pitture di questo stile contengono anche piccoli
    elementi architettonici, come ad esempio pilastri
    per la divisione verticale delle superfici .
 Il primo stile non fu prettamente romano, ma
ellenistico, infatti se ne trovano esempi, negli scavi
archeologici di Pompei, nella Casa del Fauno e in quelli
di Ercolano, nella Casa Sannita.
Secondo stile
Il secondo stile pompeiano detto stile
architettonico, si colloca nel periodo che va
dall'80 a.C. alla fine del I secolo a.C. circa.
In questo tipo di pittura elementi come
cornici e fregi con tralci vegetali
cominciano ad essere dipinti, riproponendo
così un gioco illusionistico di colori e ombre.
In questo periodo nacque così anche la
figura del paesaggista, che, a Pompei,
dipingeva i particolari dei giardini. Il
secondo stile era un'imitazione di vedute di
edifici, colonne e frontoni sporgenti e di
esedre dove venivano raffigurate intere
scene figurate, tragiche, comiche o
satiriche; nelle galleria invece si usavano
particolari paesistici (porti di mare,
promontori, coste, fiumi, sorgenti,
boschetti…). Infine cita le "megalografie"
con simulacri di divinità, favole mitologiche,
guerre troianae o peregrinazioni di Ulisse.
Era anche in voga dipingere nature morte
con cacciagione insieme a ortaggi e frutta.
A Roma è presente in più antico esempio di
secondo stile, nella casa dei Grifi sul Palatino.
Terzo stile
Il terzo stile pompeiano è uno dei quattro
"stili" (ma sarebbe più corretto parlare di
schemi decorativi) della pittura romana.
Detto stile ornamentale, dal punto di vista
cronologico, si sovrappose al secondo stile
ed arrivò fino alla metà del I secolo,
all'epoca di Claudio (41-54).In esso venne
completamente ribaltata la prospetticità e
la tridimensionalità caratteristiche dello
stile precedente lasciando il posto a
strutture piatte con campiture
monocrome, prevalentemente scure,
assimilabili a tendaggi e tappezzerie, al
centro delle quali venivano dipinti a tinte
chiare piccoli pannelli (pinakes)
raffiguranti scene di vario genere. Tipiche
sono le ornamentazioni con candelabri,
figure alate, tralci vegetali. Negli scavi
archeologici di Pompei pannelli dipinti in
questo stile si trovano inseriti nella Casa
di Lucrezio Frontone.
Quarto stile
Detto dell' illusionismo prospettico, si
affermò in età neroniana e si distingueva
dagli altri per l'inserimento di architetture
fantastiche e di grande scenicità,
architetture improbabili, bidimensionali e
puramente decorative, dal tratto fortemente
calligrafico. L'inizio di questo stile è
documentabile a Pompei subito dopo il 60 d.C.:
gran parte delle ville pompeiane furono
infatti decorate con pitture in questo stile
dopo la ricostruzione della città a seguito del
disastroso terremoto. Il quarto stile si
caratterizza per una grande ricchezza ma
nessun elemento nuovo. Si trattò infatti di un
revival di elementi e formule decorative già
sperimentate in precedenza: tornano di moda
le imitazioni dei rivestimenti marmorei, le
finte architetture e i trompe-l'oeil
caratteristici del secondo stile ma anche le
ornamentazioni con candelabri, figure alate,
tralci vegetali, caratteristici del terzo stile.
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