Ex Ilva, stop alle cause. Raggiunto l'accordo tra Arcelor Mittal e i commissari

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Ex Ilva, stop alle cause. Raggiunto l'accordo tra Arcelor Mittal e i commissari
Ex Ilva, stop alle cause. Raggiunto
l’accordo tra Arcelor Mittal e i
commissari

Pier Gaetano Marchetti

ROMA – E’ stato firmato nello studio del notaio Pier Gaetano Marchetti
di Milano, l’accordo tra l’amministratore delegato di ArcelorMittal
Italia, Lucia Morselli, ed i tre commissari dell’ ILVA in
Amministrazione Straordinaria, Alessandro Danovi , Antonio Lupo e
Francesco Ardito il quale non potendo essere presente a Milano ha
firmato attraverso procura notarile.

Un accordo che mette fine ai tre mesi di conflitto tra le parti, con
la cancellazione delle cause civili avviate a Milano, che prevede la
modifica del contratto di affitto e acquisizione dello stabilimento
siderurgico con base a Taranto .
Ex Ilva, stop alle cause. Raggiunto l'accordo tra Arcelor Mittal e i commissari
Come i nostri lettori ben ricorderanno ai primi di novembre, Arcelor
Mittal Italia aveva manifestato, con atti formali e legali la propria
volontà di recedere dal contratto di affitto di Ilva, sulla base di
tre motivazioni ritenute ostative: abolizione dello scudo penale sul
piano ambientale, rischio sequestro con spegnimento dell’altoforno 2
(uno dei tre operativi della fabbrica), ostilità all’investitore da
parte della comunità e delle istituzioni di Taranto. Le prime due
cause non sono più presenti, mentre persiste e si incattivisce la
terza, fortemente strumentalizzata dalla politica locale e da un primo
cittadino controverso e fortemente discusso.
Ex Ilva, stop alle cause. Raggiunto l'accordo tra Arcelor Mittal e i commissari
Il nuovo Contratto di Affitto modificato tra Arcelor Mittal Italia e
l’ ILVA in A.S. prevede che AM InvestCo possa esercitare il recesso,
con una comunicazione da inviare entro il 31 dicembre 2020, nel caso
in cui non sia stato sottoscritto il Nuovo Contratto di Investimento
entro il 30 novembre 2020, – come si legge nell’istanza di accordo
visionato dal CORRIERE DEL GIORNO – “A pena di inefficacia
dell’esercizio del diritto di recesso, AM InvestCo dovrà versare ad
ILVA una caparra penitenziale di 500 milioni di euro”, si aggiunge.
 Arcelor Mittal si impegna “ad impiegare alla fine del nuovo piano
industriale 2020-2025 “il numero complessivo di 10.700 dipendenti“.
Nell’ accordo viene indicato il “31 maggio 2020” come termine per
raggiungere un accordo coi sindacati per utilizzare anche la Cigs
“fino al raggiungimento della piena capacità produttiva“. Le parti si
impegnano anche ad agevolare la ricollocazione dei dipendenti rimasti
all’amministrazione straordinaria.
Ex Ilva, stop alle cause. Raggiunto l'accordo tra Arcelor Mittal e i commissari
Probabilmente non conveniva a nessuno delegare ai giudici
l’accertamento delle rispettive buone ragioni, ma ne esce comunque
sconfitto il Governo.   In ogni caso quanto accaduto dimostra che
l’aggiudicazione del 2018,      evidentemente non era immune da
valutazioni errate e “leggere”.

A questo accordo conseguono due gravissime conseguenze per il
territorio che nessuno del territorio ha considerato o voluto
considerare. La prima conseguenza è che l’attuazione dell’ AIA viene
procrastinata a fine 2025 , cioè dopo 13 anni dalla concessione della
facoltà d’uso, ed in spregio al pronunciamento           della Corte
Costituzionale che nell’occasione aveva giustificato tale facoltà con
il termine provvisorio . La seconda conseguenza è che il prezzo di
vendita del Gruppo ILVA al Gruppo Arcelor Mittal viene rideterminato
sensibilmente al ribasso. Pertanto in ogni caso, anche se Arcelor
Mittal Italia dovesse restare, non sará mai sufficiente a soddisfare i
creditori concorsuali di ILVA in Amministrazione Straordinaria,
neanche quelli prededucibili.

I segretari generali di Cgil Cisl Uil assieme ai leader nazionali di
Fim-Cisl, Fiom-CGIL, Uilm hanno fortemente criticato e bocciato di
fatto l’accordo: “Alla luce dei contenuti appresi, riteniamo
assolutamente non chiara la strategia del Governo       in merito al
risanamento ambientale, alle prospettive industriali e occupazionali
del gruppo. A questa incertezza si somma una totale incognita sulla
volontà dei soggetti investitori, a partire da Arcelor Mittal,
riguardo il loro impegno finanziario nella nuova compagine societaria
che costituirà la nuova AMinvestco“.

Sino a ieri sera, il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, ha cercato
di ostacolare l’accordo chiedendo con più interventi di essere
coinvolto nella trattativa di questi mesi rivolgendosi prima al
ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, e
successivamente ai tre commissari dell’ ILVA in Amministrazione
Straordinaria di non firmare. Inutilmente. E tutto ciò rende bene
l’idea di quanto poco o nulla conta il primo cittadino di Taranto

Accordo raggiunto tra Arcelor
Mittal ed i commissari dell'ILVA in
Ex Ilva, stop alle cause. Raggiunto l'accordo tra Arcelor Mittal e i commissari
Amministrazione straordinaria
MILANO – Oggi era fissato il secondo appuntamento davanti al giudice
per discutere del ricorso cautelare urgente che ILVA in
Amministrazione Straordinaria ha presentato a novembre (articolo 700
del Codice di procedura civile) per ribattere all’atto di citazione
presentato da ArcelorMittal nei confronti dei commissari e per
contrastare la decisione del gruppo franco-indiano di recedere dal
contratto firmato a settembre 2018.

Come auspicato ed anticipato dal nostro giornale è stata raggiunta in
extremis un’intesa “last minute”, nel giorno dell’udienza programmata
al Tribunale di Milano, tra i commissari straordinari dell’ex ILVA ed
Arcelor Mittal,    che hanno raggiunto un accordo sulle cui basi
negoziare la revisione del contratto originario di affitto e vendita
degli stabilimenti e per l’operazione finanziaria di rilancio dello
stabilimento siderurgico di Taranto. Quindi si tratta di un’intesa
raggiunta a tornare intorno al tavolo e a rinegoziare i termini
dell’impegno della multinazionale nello stabilimento, nel tentativo di
scongiurare che la questione sfoci invece in una disputa giudiziaria.

L’accordo è stato siglato dai tre commissari dell’ex ILVA Francesco
Ardito, Alessandro Danovi ed Antonio Lupo, che hanno ricevuto il
semaforo “verde” dal ministro dello Sviluppo Economico Stefano
Patuanelli. Soddisfatta anche l’ amministratore delegato di Arcelor
Mittal Italia .   “E’ stato firmato un accordo nell’interesse del
Paese”, ha commentato il commissario Danovi. “Siamo soddisfatti“, ha
Ex Ilva, stop alle cause. Raggiunto l'accordo tra Arcelor Mittal e i commissari
aggiunto Claudio Sforza   direttore generale dell’ex ILVA   .

Lucia Morselli, amministratore delegato di Arcelor Mittal Italia

“Nell’udienza a porte chiuse Arcelor Mittal          – avrebbe detto
nell’udienza a porte chiuse Lucia Morselli amministratore delegato in
Italia del gruppo franco indiano – farà il possibile per continuare
nella produzione, anche se non potrà mantenere gli impegni sulla
capacità produttiva, presi nella scorsa udienza, perché nel frattempo,
lo scorso 10 dicembre, è arrivato il provvedimento del giudice di
Taranto sullo stop all’altoforno 2. “

Uno dei legali di Arcelor Mittal ha spiegato che le parti hanno posto
le basi per un negoziato che si svolgerà fino al 31 gennaio al fine di
raggiungere un accordo vincolante. Nelle quattro pagine (scritte in
inglese) dell’accordo tra i commissari straordinari dell’ex ILVA ed
Arcelor Mittal, le parti hanno sottoscritto “un impegno per elaborare
un nuovo piano industriale“, riferisce uno degli avvocati della
trattativa,   dopo che i rappresentanti delle società sono usciti
dall’aula del primo piano del Palazzo di Giustizia di Milano.
L’udienza, su richiesta anche dei legali dell’azienda, è stata
rinviata così al 7 febbraio 2020 .
Ex Ilva, stop alle cause. Raggiunto l'accordo tra Arcelor Mittal e i commissari
Arcelor Mittal    ha poi spiegato con una nota che “AM InvestCo ha
firmato un accordo non vincolante con i commissari Ilva nominati dal
governo che costituisce la base per continuare le trattative
riguardanti un piano industriale per Ilva, incluso un investimento
azionario da parte di un ente partecipato dal governo. Il nuovo piano
industriale prevede investimenti in tecnologia verde da realizzarsi
anche attraverso una nuova società finanziata da investitori pubblici
e privati. I negoziati proseguiranno fino a gennaio 2020. Nel
frattempo, nel corso dell’audizione che si è tenuta oggi, i Commissari
Ilva e AM InvestCo hanno chiesto un ulteriore rinvio fino alla fine di
gennaio 2020 della richiesta delle misure provvisorie avanzate dai
commissari Ilva”.

I punti su cui le parti hanno trovato un pre-accordo riguardano,
quindi, il cosiddetto acciaio «verde», ovvero il parziale abbandono
dell’attuale ciclo integrale basato sulla trasformazione dei minerali
e utilizzo sia del preridotto di ferro negli altiforni, sia di due
forni elettrici; e gli investimenti da effettuare, con lo Stato pronto
ad arrivare, anche attraverso le controllate, a un miliardo.

Nel protocollo d’intesa firmato tra le parti si legge che “Le parti
riconoscono che l’attuazione del nuovo piano industriale», chiamato
nuovo green deal «renderà necessari alcuni impianti di produzione di
tecnologia verde e potrebbe richiedere che il Piano ambientale sia di
conseguenza modificato, nel qual caso le parti coopereranno in buona
fede al fine di raggiungere tale modifiche il più presto possibile”.
Ex Ilva, stop alle cause. Raggiunto l'accordo tra Arcelor Mittal e i commissari
In corso l'incontro fra il Governo
e Mittal. Ma nel frattempo escono
tante sorprese...

Il ministro dell’ Ambiente, Sergio Costa

ROMA – Arcelor Mittal “rispetta il piano ambientale. Questo va detto.
Tanto è vero che lo scudo non ha nessun senso per il semplice motivo
che sta rispettando quello che doveva fare. Quindi dal punto di vista
ambientale lo sta rispettando. Poi è chiaro che noi chiediamo di più“.
Queste le dichiarazioni ad “Agorà” su Rai3 pronunciate dal ministro
dell’Ambiente di Sergio Costa, sulla questione dello scudo penale per
gli attuali “gestori” del gruppo siderurgico ex-ILVA. i commissari
dell’ILVA in amministrazione straordinaria. Le verifiche hanno
riguardato la situazione generale della fabbrica, le attività di
manutenzione finora eseguite e la sicurezza sul lavoro e le operazioni
di bonifica nello stabilimento. Accertamenti ed indagini a cui
collaborano anche i tecnici Ispra.

Le attenzioni dei Carabinieri di Roma e Taranto si è concentrata su
“un attento controllo dell’area a caldo“.    L’indagine affidata ai
militari dell’ Arma mira ad appurare se vi sia stato stato un
depauperamento delle materie prime, se sono state eseguite
Ex Ilva, stop alle cause. Raggiunto l'accordo tra Arcelor Mittal e i commissari
manutenzioni o se gli impianti rappresentano un pericolo per i
lavoratori, poi una verifica complessiva di parchi minerali, nastri
trasportatori, cokerie, agglomerato, altiforni e acciaierie in
generale.

il Tribunale di Milano

La Procura di Milano a sua volta ha depositato oggi l’atto di
intervento nella causa civile fra il gruppo franco-indiano e i
commissari di    ILVA in A.S. inerenti al procedimento con cui i
commissari chiedono di evitare la cessazione delle attività.
 nell’ambito dell’indagine per aggiotaggio informatico e reati
fallimentari. Negli uffici della procura milanese sono stati ascoltati
come “testimoni” Giuseppe Frustaci, direttore Finishing degli impianti
di Genova e Novi Ligure, Sergio Palmisano, direttore Salute e
Sicurezza, e Salvatore De Felice. Alcuni passaggi dei loro verbali
sostanziano con la viva voce di uomini dell’azienda le accuse avanzate
dai commissari straordinari Franco Ardito, Alessandro Danovi ed
Antonio Lupo nell’esposto alla Procura di Taranto e nel ricorso al
Tribunale civile di Milano.

“I manager esteri sostenevano che per l’attuale ‘marcia’ degli
impianti (cioè la produzione di 6 mln di tonnellate di acciaio
n.d.r.), la qualità delle materie prime fosse troppo alta e che
occorresse utilizzarne di qualità inferiore per abbattere i costi“. E’
quanto emerge da un passaggio della deposizione resa ai Pm di Milano ,
da Giuseppe Frustaci, dirigente di ArcelorMittal Italia . Il verbale
contenente questa dichiarazioni sono allegati all’atto di intervento
della Procura nel contenzioso civile tra la multinazionale franco-
indiana e l’ex ILVA.     L’ad di Arcelor Mittal Lucia Morselli “ha
Ex Ilva, stop alle cause. Raggiunto l'accordo tra Arcelor Mittal e i commissari
dichiarato ufficialmente in un incontro ai primi di novembre con i
dirigenti e i quadri” e che “erano stati fermatigli ordini, cessando
di vendere ai clienti”.

             Matthieu Jehl                     Lucia Morselli

In un altro passaggio di un verbale si legge: “In più riunioni tenute
da settembre ad oggi sia il precedente amministratore delegato Mathieu
Jehl, sia il nuovo amministratore delegato Lucia Morselli, hanno
dichiarato che la società aveva esaurito la finanza dedicata
all’operazione” dichiarazioni queste messe a verbale lo scorso 18
novembre da un dirigente della stessa ILVA che è stato ascoltato come
“testimone” dai pm di Milano .

“C’è massima collaborazione fra la Procura di Milano e quella di
Taranto”    ha detto il procuratore aggiunto di Milano Maurizio
Romanelli che con i pm Stefano Civardi e Mauro Clerici coordina
l’inchiesta con al centro la richiesta di recesso del contratto di
affitto dell’ex ILVA da parte di ArcelorMittal, su cui è aperto, sotto
profili diversi, un fascicolo anche dalla magistratura tarantina.
Insomma nessuno scontro, ma una cooperazione totale con anche scambi
di informazioni.
il Tribunale di Taranto

Infatti vi è stato uno scambio di atti istruttori tra le Procure di
Taranto e Milano che hanno avviato indagini parallele sul caso
ArcelorMittal, come riferiscono fonti di giustizia, aggiungendo che
“c’è pieno coordinamento e piena sintonia tra le due Procure
nell’ambito dei rispettivi filoni investigativi. Non c’è alcun
conflitto“. L’indagine milanese ipotizza i reati di “distrazione di
beni dal fallimento” e di “aggiotaggio informativo“, oltre ad un
fascicolo autonomo per “omessa dichiarazione dei redditi” di una
società lussemburghese di ArcelorMittal. I magistrati tarantini a loro
volta indagano per i reati di “distruzione di mezzi di produzione” ed
“appropriazione indebita”.

INTERVENTO PM_reduce

  l’atto della Procura di Milano a sostegno del ricorso d’urgenza di ILVA in A.S.

Sempre nell’atto di intervento della Procura di Milano nella causa
civile tra ArcelorMittal e l’ILVA in A.S. si legge: “Evidentemente lo
stato di crisi di ArcelorMittal Italia, essendovi pericolo di
diminuzione delle garanzie patrimoniali per il risarcimento di
eventuali danni, rende ancor più necessaria ed urgente una pronuncia
giudiziale che imponga alle affittuarie di astenersi dalla fermata
degli impianti e di adempiere fedelmente e in buona fede alle
obbligazioni assunte”. Secondo la Procura di Milano “la vera causa
della disdetta” del contratto d’affitto dell’ex ILVA da parte di
ArcelorMittal è “riconducibile alla crisi di impresa” della
multinazionale franco-indiana ed alla conseguente volontà di
disimpegno dell’imprenditore estero e non è invece il “venir meno del
così detto scudo ambientale abrogato” che è stato utilizzato come
motivo “pretestuosamente“.

In altre parole come dichiarato da alcuni testimoni e come riportano
i pm nell’atto di accusa, “la vera causa della disdetta,
pretestuosamente ricondotta al venir meno dello scudo ambientale è
eziologicamente riconducibile alla crisi di impresa e alla conseguente
volontà di disimpegno dell’imprenditore estero”. A confermare la grave
crisi del colosso sono state le parole di Claudio Sforza direttore
generale della ex ILVA ascoltato anch’egli come “teste” dai pm di
Milano. “A questi incontri — ha riferito Sforza — era presente anche
Samuele Pasi e i tre attuali commissari“, precisando che l’ultimo
incontro si è tenuto il 17 ottobre nello studio milanese del
commissario Alessandro Danovi. Aggiunge il testimone Sforza “non solo
l’affermazione di aver esaurito la finanza non è usuale in incontro
tra rappresentanti di due società, ma circostanza analoga è stata pure
ufficialmente pubblicamente esposta il 15 novembre in sede di incontro
sindacale tenuto alla presenza del ministro Patuanelli al Mise.
Preciso che in questa occasione l’ad Morselli non ha parlato di crisi
di finanza ma di disastrosa crisi economica“.
Sempre dalle carte della Procura emerge anche un altro inquietante
aspetto: quello sull’affitto non pagato Arcelor Mittal . “Il canone di
affitto di ramo d’azienda è trimestrale anticipato per ratei di 45
milioni di euro. L’ultima scadenza del 5 novembre non è stata onorata
e stiamo quindi iniziando il processo di escussione della garanzia”.
ha spiegato ai pm di Milano un dirigente dell’ILVA in amministrazione
straordinaria ascoltato nell’ambito dell’inchiesta con al centro i
comportamenti del gruppo franco-indiano.

Così continuano le dichiarazioni verbalizzate:. “Nella prima riunione
di febbraio del 2019, i manager esteri sostenevano che per l’attuale
‘marcia degli impianti‘ (vale a dire la produzione di 6 milioni di
tonnellate di acciaio), la qualità delle materie prime fosse troppo
alta e occorresse utilizzarne di qualità inferiore per abbatterne i
costi”. Il testimone racconta: “i manager stranieri ricordo che furono
molto critici sulla gestione, in quanto ritenevano che i costi
industriali fissi (manodopera, manutenzione) e variabili (materie
prime) fossero molto alti. Le critiche erano indirizzate soprattutto
all’ad Jehl ed alla direzione dello stabilimento di Taranto (retto da
Van Campe), entrambi uomini Arcelor Mittal‘“.
L’ad di Arcelor Mittal Lucia Morselli in un incontro “ai primi di
novembre con “i dirigenti e i quadri” di Taranto, ha dichiarato
ufficialmente “che erano stati fermati gli ordini, cessando di vendere
ai clienti“. si legge

Salvatore De Felice nel suo interrogatorio ha spiegato ai pm Civardi e
Clerici lo scorso 19 novembre , che l’amministratore delegato Lucia
Morselli “ha dichiarato ufficialmente     in un incontro ai primi di
novembre con i dirigenti e i quadri” che erano stati fermati
“gli ordini, cessando di vendere ai clienti”. De Felice in un altro
passaggio del suo verbale , riportato nell’ atto di costituzione della
Procura di Milano con cui aderiscono alla richiesta dei commissari nel
contenzioso civile tra l’ex ILVA e il gruppo franco indiano, ha anche
aggiunto che ogni fermata di un altoforno “non è mai senza danni”
spiegando che le cokerie sono “ancora più complicate e delicate perché
eventuali danni hanno immediatamente un risvolto ambientale” in quanto
le polveri del fossile finiscono nei “fumi di combustione con le
relative emissioni”. Sempre De Felice ha raccontato che ArcelorMittal
ha “cancellato” l’approvvigionamento delle materie prime” necessarie
per alimentare l’acciaieria.
Inoltre ha spiegato De Felice che “nonostante la sospensione del
cronoprogramma di spegnimento, l’azienda     non ha tutto quello che
serve per proseguire l’attività”. Il piano, che è stato arrestato da
Arcelor Mittal su invito del Tribunale di Milano, “prevedeva di
lasciare unascorta minima di materie prime solo per un altoforno per
un mese”. Le dichiarazioni del dirigente di ArcelorMittal hanno
confermato di fatto le denunce dei sindacati e l’allarme dei
commissari straordinari dopo l’ispezione nell’acciaieria tarantina
effettuata nei giorni scorsi. Infatti, all’uscita dall’impianto
Ardito, Danovi e Lupo avevano riferito che le riserve di materie prime
sono “al minimo” e che la fabbrica con quello stock a disposizione al
momento può andare avanti soltanto per “un raggio di azione molto
ridotto“.

Sulla base di questi verbali e della previsione di circa 700 milioni
di perdita nel 2019 verbalizata dal direttore finance Steve Wampach i
magistrati della Procura di Milano sostengono che di fatto esista un
serio “pericolo di diminuzione delle garanzie patrimoniali per il
risarcimento di eventuali danni” e quindi si “rende ancor più
necessaria e urgente una pronuncia del giudice che imponga ad
ArcelorMittal di astenersi dalla fermata degli impianti e di adempiere
fedelmente al contratto firmato”.
“Non possiamo accettare un
disimpegno dagli impegni contrattuali – ha detto il premier Giuseppe
Conte a margine dell’inaugurazione dell’anno accademico della Scuola
superiore di Polizia. a chi gli chiede dell’incontro, (attualmente in
corso) con i vertici di Arcelormittal     “Ci venga detto chiaramente
qual è la posizione di Mittal e da lì partiremo. Se ci viene garantita
la possibilità di rispettare gli impegni, ricordo che non abbiamo
proposto noi la battaglia giudiziaria, che è stata promossa da
Mittal”. “Se invece prosegue la battaglia – ha aggiunto il premier
“noi reagiamo adeguatamente“.
E' ancora "Stato contro lo Stato":
la Procura della Repubblica di
Milano apre un fascicolo sulla
vicenda Arcelor Mittal-ex Ilva. Le
ombre sui rapporti Morselli-Di Maio

il procuratore capo di Milano Francesco
Greco

di Antonello de Gennaro

Con un comunicato stampa     il procuratore capo della Repubblica
Francesco Greco ha reso noto questa mattina che la Procura della
Repubblica di Milano “ravvisando un preminente interesse
pubblico relativo alla difesa dei livelli occupazionali, alle
necessità economico-produttive del Paese, agli obblighi del processo
di risanamento ambientale” ha aperto un fascicolo esplorativo (modello
45) per verificare “l’eventuale sussistenza di ipotesi di reato” sul
caso Arcelor Mittal-ex Ilva.

La Procura di Milano, ha deciso di esercitare il “diritto-dovere di
intervento” previsto dal codice di procedura civile “nella causa di
rescissione del contratto di affitto d’azienda promosso dalla
società Arcelor Mittal Italia contro l’ Amministrazione Straordinaria
dell’Ilva“.
Incredibilmente a Taranto i magistrati di Taranto sono il convitato
obbligatorio ad ogni tavolo tecnico e politico sull’ ex Ilva. Non è un
caso che buona parte della lettera con la quale ArcelorMittal ha
annunciato il proprio abbandono dello stabilimento di Taranto,
riguarda proprio aspetti giudiziari. A partire dallo “scudo penale”
istituito dal Governo Renzi (è bene ricordarlo) per tutelare i
commissari Carruba, Gnudi e Laghi dell’ ILVA in Amministrazione
Straordinaria, garanzia che durante la gara pubblica internazionale
era stato estesa dal Ministero dello Sviluppo Economico guidato da
Carlo Calenda (Governo Gentiloni) all’aggiudicatario, quindi Arcelor
Mittal, salvo poi venire revocato dal ministro Di Maio, per arrivare
poi all’ ordine di spegnimento dell’ altoforno AFO2 disposto da parte
del Tribunale se i lavori di adeguamento non saranno terminati entro
il 13 dicembre (e già si sa che è impossibile) e tutto ciò a causa
delle mancante ottemperanze alle prescrizioni da parte dei commissari
Carruba-Gnudi e Laghi dell’ ILVA in Amministrazione Straordinaria
(cioè lo Stato) che disponeva dei 1.083 milioni di euro, per la
precisione, sequestrati dalla Fiamme Gialle in Svizzera. Il
“tesoretto” della famiglia Riva, era stato scovato nel 2013 dai
magistrati milanesi in Svizzera e disponibili da giugno 2017, è stato
vincolato dal Tribunale di Milano al risanamento ambientale
(decontaminazione e bonifica) dell’area Ilva di Taranto.

Abbiamo provato a contattare telefonicamente uno dei tre commissari
dell’ ILVA in A.S. nominato dal Governo Renzi, e cioè l’ avvocato
romano Claudio Carruba il quale si è dichiarato indisponibile a
rispondere alle nostre domande giornalistiche per meglio chiarire ai
lettori, ai contribuenti ed ai cittadini (sopratutto quelli di
Taranto) come mai insieme ai colleghi Gnudi e Laghi non abbiano
rispettato le prescrizioni giudiziarie sul risanamento di AFO2. Vedere
qualcuno pagato profumatamente dai soldi pubblici che si rifiuta di
rispondere a delle legittime domande, prefigura più di qualche
legittimo dubbio…

Dal 1° giugno scorso Carruba, Gnudi e Laghi hanno lasciato il posto ai
loro successori nominati dal ministro Di Maio: i pugliesi Francesco
Ardito (commercialista e dirigente di Acquedotto Pugliese) e Antonio
Lupo (avvocato amministrativista di Grottaglie ed attivista del M5S)
ed il lombardo Antonio Cattaneo (partner di Deloitte). ma proprio
quest’ultimo, prima ancora di insediarsi con grande etica
professionale e correttezza legale ha deciso di rinunciare
all’incarico per evitare un conflitto d’interesse, infatti tra gli
“audit client” di Deloitte vi è una società che controlla una
controparte di ArcelorMittal, diventata locataria-proprietaria di
ILVA. I tre commissari uscenti “ufficialmente”si sono dimessi dopo
aver portato a termine il passaggio ad ArcelorMittal, conclusosi il 1°
novembre 2018. Ma in realtà il cambio della guardia è stato deciso dal
ministro Luigi Di Maio e del suo staff di gabinetto al MISE, che ha
voluto iniziare quella che lo stesso vicepremier chiamava la “Fase 2
di Taranto” e dell’acciaieria. Che è inizia già zoppa: con un
commissario in meno, e sopratutto a causa del 20% dei consensi del M5S
persi in un anno a Taranto (dalle Politiche 2018 alle Europee 2019).

Tornando ai numeri: in cassa dell’ ILVA in Amministrazione
Straordinaria , del “tesoretto” sequestrato e successivamente
confiscato ai Riva sarebbero rimasti circa 450 milioni di euro , che
non stati nè assegnati nè tantomeno né spesi. Soldi questi avrebbero
dovuti essere destinati ad altri interventi di bonifica dell’area
Ilva, che sono attualmente sotto sequestro, come quelle delle
discariche adiacenti alla gravina Leucaspide, alla Cava Mater Gratiae
e quella delle collinette che separano l’acciaieria dal quartiere
Tamburi.
Collinette ecologiche che avrebbero dovuto tutelare il quartiere di
Taranto adiacente allo stabilimento siderurgico dell’ ex-Ilva
dall’inquinamento dell’acciaieria ed invece si erano trasformate in
altre discariche, inquinate a tal punto che i ragazzi che
frequentavano le adiacenti scuole “De Carolis” e “Deledda” nell’ultimo
anno scolastico sono stati costretti a dover frequentare le lezioni
nelle aule di altri istituti scolastici di Taranto. Per fortuna sulle
collinette c’è stato l’intervento del procuratore capo di Taranto
Capristo ed i lavori sono stati effettuati e portati a termine

Un vero e proprio paradosso considerato che si trattava di due scuole
(sulle 5 totali) che erano state rimesse a norma nel 2016, con
un’altra bonifica costata 9 milioni di euro, dell’area Sin (Sito di
interesse nazionale) di cui è commissario dal 2014 Vera Corbelli.
Partendo dal presupposto che per le aree sequestrate ogni intervento
di fatto andrò valutato e deciso di concerto con l’Autorità
Giudiziaria di Taranto (che non ha molte competenze in materia
industriale) con i 450 milioni restanti, con i quali al momento i
nuovi commissari nominati da Di Maio, di fatto, potranno fare ben
poco. E’ forte il dubbio ed il timore a questo punto che adesso questi
fondi stano stati impiegati o addirittura dirottati altrove,
nonostante una norma legale li vincoli al risanamento ambientale di
Taranto. Va ricordato che per superare la      legge 123 dell’agosto
2017, bisognerebbe farne un’altra, operazione fattibile dal Governo
con un decreto.

Lo spegnimento conseguente spegnimento di AFO2 comporta
conseguentemente anche quello degli altiforni AFO1 e AFO4 in quanto
“ragionevolmente andrebbero estese le stesse prescrizioni», fino al
parziale sequestro del molo 4 per lo scarico di materiali grezzi
disposto dalla Procura di Taranto a seguito di un incidente causato da
avverse condizioni meteo, per il quale non sono state ancora accertate
responsabilità penali. È facile capire, quindi, le ragioni per cui il
premier Giuseppe Conte nella sua “missione” personale a Taranto abbia
voluto parlare direttamente e riservatamente con il Procuratore Capo
di Taranto Carlo Maria Capristo.

A questo punto solo un incontro tra il premier Conte e la proprietà
Mittal potrebbe dirimere il duro braccio di ferro, che al momento
sembra aver preso la vita esclusiva della strada giudiziaria. Il
Ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli a margine
dell’inaugurazione dell’elettrodotto Terna tra Italia e Montenegro ha
reso noto che “l’azienda ha vietato le ispezioni ai commissari, credo
sia un fatto gravissimo che dovrà avere una adeguata risposta”.
Sono ore decisive per l’ex Ilva di Taranto. Il Ministero dello
Sviluppo Economico ha convocato per il pomeriggio di oggi alle 15:30
l’ azienda ed i sindacati nel tentativo di aprire un canale di
confronto istituzionale con un’azienda. Ci saranno l’ad di
ArcelorMittal Italia, Lucia Morselli, e i leader sindacali di Fim,
Fiom e Uilm. Ma con la posizione “grillina” di opposizione ad oltranza
per chiari ed evidenti motivi politici-elettorali è pressochè inutile
sperare in una mediazione “politica” in sede ministeriale. Oggetto
ufficiale dell’incontro in realtà è la procedura ex articolo 47 di
retrocessione dei rami d’azienda ai commissari.
In questo periodo di grande confusione politica, occupazionale ed
industriale, sono emerse dietro le quinte nelle scorse settimane non
poche variabili sospette. Dopo la firma del contratto, che prevedeva
delle prescrizioni ambientali ed un crono-progamma ben preciso, il
Ministro dell’Ambiente Sergio Costa (M5S) un “fedelissimo” di Di Maio,
ancor prima dell’ Arma (Costa è un generale dei carabinieri Forestali)
ha infatti deciso recentemente di modificare le prescrizioni anti-
inquinamento per l’acciaieria ArcelorMittal Italia, firmando un nuovo
decreto per riesaminare l’Autorizzazione integrata ambientale (Aia).
Il ministro Costa si è limitato a rendere noto la scorsa estate che
“si procederà eventualmente fissando più adeguate condizioni di
esercizio“.

Un comportamento fuori dalle norme contrattuali che non è piaciuto
molto ad ArcelorMittal. “Abbiamo preso un impegno — aveva dichiarato
l’ Ad Matthieu Jehl prima di essere sostituito dalla Morselli — e
fatto un contratto con Ilva con un certo quadro di leggi. Dobbiamo
andare avanti con la certezza che questo quadro c’è“. Un quadro, però,
modificato anche ArcelorMittal, il gruppo guidato dalla famiglia
indiana Mittal, che, dopo poco meno di dieci mesi dall’accordo ha
deciso per lo stabilimento di Taranto di dar via alla cassa
integrazione. A causa della crisi di mercato.
Ed adesso la famiglia Mittal aveva chiesto al Governo nell’incontro
avuto dalla a Palazzo Chigi con il premier Giuseppe Conte di tagliare
addirittura un totale di 5.000 dipendenti attualmente a libro paga
(invece dei 1.400 inizialmente previsti ed autorizzati) il personale
alle proprie dipendenze, dimezzando quello previsto in sede di gara e
di stipula contrattuale. Una vicenda che soltanto una seria auspicata
inchiesta della magistratura milanese e tarantina potrà chiarire fino
in fondo. E non un caso che proprio la Procura Milano sia
immediatamente partita

Il ruolo imbarazzante di Lucia Morselli ed il M5S

Ma abbiamo scoperto qualcosa di molto imbarazzante sul ruolo di Lucia
Morselli, da qualche settimana diventata presidente-amministratore
delegato di Arcelor Mittal Italia, con il chiaro intento di
abbandonare l’investimento della multinazionale franco-indiana in
Italia ed in particolare a Taranto. Era il 24 agosto 2018, come
scriveva il collega Francesco Pacifico sul quotidiano online Lettera
43 che raccontava che Lucia Morselli “con chiunque parlasse – e sono
pochi, selezionati e potenti amici – ripete da giorni: «Ci riprendiamo
l’Ilva“.

L’anno scorso la cordata AcciaItalia guidata dagli indiani di Jindal,
con la presenza e partecipazione italiana della Cassa depositi e
prestiti, del Gruppo Arvedi di Cremona e la Delphin Holding S.à.r.l.,
società finanziaria con sede a Lussemburgo, amministrata da Romolo
Bardin, della quale Leonardo Del Vecchio possiede a suo nome il 25% ,
ed alla sua morte passerà alla moglie Nicoletta Zampillo; mentre il
restante 75% è diviso equamente tra i suoi sei figli (12,5% a testa),
“cordata” della della quale la Morselli era la “pivot” e perse contro
Arcerlor Mittal nell’asta per conquistare il gruppo italiano.
“La manager sessantaduenne è convinta – scriveva Lettera 43 – sia che
la partita si possa ribaltare, sia che la vecchia cordata possa
riscendere in campo (almeno in parte: al momento ci sarebbe il sì
soltanto di Jvc e Cdp). E questa assicurazione l’avrebbe data anche al
ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio, del quale la Morselli
sarebbe un’importante “consigliere” sul dossier Ilva. Pare che il
Movimento Cinque Stelle si sia informato anche con lei se era il caso
di chiedere l’intervento prima dell’Anac e poi dell’Avvocatura dello
Stato”. Il quotidiano milanese solitamente bene informato aggiungeva
che ” Dopo aver deciso di non rendere noto il parere dell’Avvocatura,
Di Maio ha fatto sapere nelle ultime ore davanti alle telecamere di
Agorà (RAI ) che «la questione dell’annullamento della gara non è
finita. Per annullarla non basta che ci sia l’illegittimità, ci vuole
anche un altro semaforo che si deve accendere, quello dell’interesse
pubblico, e lo stiamo ancora verificando». Soprattutto non ha escluso
che possa esserci un altro compratore. E qui entra in scena Lucia
Morselli“

“La manager che Letizia Moratti volle alla guida di Stream in questi
giorni starebbe tirando le fila per rimettere in piedi AcciaItalia. –
concludeva Lettera43 – Gli analisti del settore sono molto scettici su
questa ipotesi, ma gli indiani di Jindal – conclusa l’acquisizione
dell’ex Lucchini a Piombino – potrebbero tornare nella partita anche
soltanto per dare un colpo allo storico concorrente Mittal. Inutile
dire che la nuova Cdp dell’era sovranista non si farebbe grandi
scrupoli a prendere una quota dell’acciaieria. Non ha velleità di
tornare in partita, invece, Giovanni Arvedi, anche Leonardo Del
Vecchio – che in passato ha polemizzato non poco con l’ex ministro
dello Sviluppo, Carlo Calenda – non sarebbe interessato”. Francesco
Pacifico, su Lettera 43, infatti, accreditava l’ipotesi, sia pure
usando il condizionale, che la Morselli sia un consigliere del
ministro Di Maio nel dossier ILVA.
“Il ministro Luigi Di Maio smentisca, nella vicenda ILVA di
Taranto, qualsiasi coinvolgimento di cordate fantasma.”

Tutto ciò era ben noto anche ai sindacati, infatti a seguito di
quell’articolo arrivò la richiesta di chiarimenti dal segretario
nazionale della FIM-CISL Marco Bentivogli attraverso una nota in cui
qualche giorno spiega:”apprendiamo da LETTERA 43 dell’attivismo
dell’ex amministratore delegato di Acciai Speciali Terni, Lucia
Morselli, un anno fa nominata in quota Cassa Depositi e Prestiti
amministratore delegato di Acciai Italia.La cordata con Jindal, Arvedi
e Delphin che ha perso, nel giugno 2017, la gara di acquisizione
dell’Ilva di Taranto. Non sappiamo quale sia la casacca di queste
ultime ore della Morselli, CDP? Fondo Elliott? Consulente del governo?
Ci auguriamo che il ministro Di Maio smentisca questa collaborazione.”
Marco Bentivogli FIM Cisl

“Ricordiamo   che di Jindal allora in una offerta di 1,2 miliardi
metteva solo 3/400 milioni a differenza di 1,8 miliardi di Arcelor-
Mittal” sottolineava Bentivogli . “Il resto era a carico di Arvedi,
Delphin e Cassa Depositi e Prestiti. Non sappiamo che intenzioni abbia
Jindal – aggiunge il segretario della FIM-CISL – ma, gareggiare perché
un Fondo finanziario come Elliott prenda gli asset siderurgici
italiani è inaccettabile. Trapela in queste ore, infatti, l’interesse
del Fondo finanziario per il sito di Terni di Thyssenkrupp. E la Cassa
Depositi e Prestiti – si domandava Bentivogli – dovrebbe favorire
l’ingresso di un Fondo finanziario americano in una cordata dalla
quale si sono defilati gli unici italiani, Luxottica e Arvedi?”

Allora concludeva Bentivogli, “ricordiamo i 36 giorni di sciopero che
furono necessari per riportare l’amministratore delegato di Acciai
Speciali Terni alla ragione e soprattutto chiediamo a Di Maio di
smentire immediatamente un conflitto di interessi che sarebbe senza
precedenti.”

La strizzata d’occhio della Morselli al programma del M5S
sull’ ambiente

Detto questo, la Morselli considerato il suo curriculum e le poltrone
sulle quali siede ha notoriamente grandi collegamenti nel mondo
finanziario. Ma non è soltanto questo il suo ruolo in questa vicenda.
Ha ottimi rapporti nel mondo bancario e fino all’anno scorso era
guardata con simpatia anche dai sindacati. Inoltre è pronta a venire
incontro a quella che è la principale richiesta di Di Maio sul fronte
ambientale. Come ha ricordato in una recente intervista a Repubblica,
“relativamente all’inquinamento, le tecnologie per non inquinare ci
sono. Non a caso la cordata di Acciaitalia aveva stanziato un miliardo
di investimenti in due nuovi forni elettrici a preridotto,
introducendo un serio processo di decarbonizzazione”. Come sta scritto
guarda caso…nel contratto di governo.

Abbiamo quindi contattato e raggiunto telefonicamente il collega Paolo
Madron, direttore responsabile del quotidiano Lettera43.it , il qual
ci ha confermato di “non aver mai ricevuto alcuna richiesta di
rettifica, lettera di replica, querela nè da Lucia Morselli che da
Luigi Di Maio e dal Movimento Cinque Stelle“. Sarà stata una
dimenticanza.. un disinteresse… o forse l’applicazione di un vecchio
teorema del “chi tace acconsente…“?

A questo punto riteniamo che la Procura di Milano e quella di Taranto
certamente avranno molto lavoro per verificare ed indagare facendo
luce su questa torbida vicenda, diventata ormai un intrigo politico-
industriale-occupazione che rischia di far diventare la città di
Taranto e la sua provincia una vera e propria “polveriera” sociale
pronta ad esplodere da un momento all’altro.
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