Emiliano, Morselli e Melucci: "Ora stiamo insieme". Della serie al ridicolo non c'è mai fine - Il Corriere del Giorno
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Emiliano, Morselli e Melucci: "Ora stiamo insieme". Della serie al ridicolo non c'è mai fine... ! ROMA – Ci sarebbe voluta la presenza di Roberto Giacchetti durante un assemblea per le primarie del PD quando disse ad Emiliano : “avete la faccia cole il culo”, alla conferenza stampa “farsa” di ieri con l’ad Arcelor Mittal Italia Lucia Morselli , il governatore Michele Emiliano e il sindaco Rinaldo Melucci nella consueta parte degna del suo soprannome di “Sergente Garcia” con il quale ormai viene chiamata ed indicato da tutta Taranto . Ascoltare Emiliano dire che “per la prima volta mi sono sentito a casa” e Melucci aggiungere “Momento di ricucitura” e la Morselli affermare “L’acciaieria non finisce con un perimetro, esce da questa cerchia in cui sembra definita ed entra nelle case di tutti i dipendenti – ha dichiarato la numero uno di Am Italia per la prima volta dal suo subentro al cospetto della stampa locale (profumatamente “legata” cioè retribuita pubblicitariamente dal gruppo franco- indiano) – abbiamo costruito una comunione d’intenti e sappiamo che stiamo insieme“.
Dire “Adesso sappiamo che stiamo insieme”, il giorno dopo in cui la Regione Puglia ed il Comune di Taranto si sono costituiti nel giudizio di Milano contro Arcelor Mittal Italia, relativo al ricorso cautelare presentato dai commissari contro il tentativo di sottrarsi agli obblighi contrattuali stipulati del gruppo franco-indiano. La conferenza stampa fortemente voluta da Emiliano a fini elettori (a giugno 2020 si vota per il rinnovo del Consiglio regionale) come di consueto ha quindi rasentato il ridicolo. La Morselli ha dichiarato sulla questione pagamenti che c’è stata “qualche difficoltà nei giorni scorsi, non voglio minimizzare perché sono cose molto serie. Con l’aiuto del presidente e del sindaco siamo riusciti a trovare rapidamente una soluzione. Una soluzione anche immaginando un percorso di coordinamento tra realtà produttiva locale e acciaieria di Taranto“. Sarà cioè costituita una specie di task force tra i fornitori dell’indotto ed appalto e l’amministrazione di Arcelor
Mittal per evitare malintesi e difficoltà: si incontreranno con cadenza mensile “ma faccio un invito a loro per qualsiasi chiarimento, dubbio: siamo aperti e disponibili tutti i giorni”. Resta da chiedersi, visto che nessun giornalista in conferenza stampa si è degnato di domandarlo, cosa c’entrino un governatore regionale ed un sindaco nelle procedure di pagamento di un’azienda facente parte di un Gruppo come Arcelor Mittal Italia quotato in Borsa . E sopratutto come mai siano “aperti e disponibili tutti i giorni” allorquando nei giorni precedenti, come dimostrato su alcuni programmi televisivi nazionali, ai loro centralini amministrativi non rispondeva nessuno, fino al vero intervento risolutivo e cioè quello delle procure di Milano e Taranto . In serata è arrivata la notizia da Milano l’udienza della causa civile a Milano che si è svolta ieri mattina all’interno della quale è stata comunicata il cronoprogramma per il riassortimento dei magazzini. Il giudice Claudio Marangoni ha manifestato in apertura di udienza il proprio apprezzamento verso ArcelorMittal che rispettato l’invito, contenuto nella sua decisione del 18 novembre scorso, a non svolgere attività che potessero avere effetti irreversibili e danneggiare l’azienda. Fonti presenti all’udienza hanno riferito che
Lucia Morselli Ad di ArcelorMittal Italia “ha garantito il normale funzionamento degli impianti e la continuità produttiva” e quindi nessuno stop degli altoforni, con una ripresa del riassortimento dei magazzini nel prossimo mese con una produzione che da 10,5 kiloton che aumenterà fino a 12 kiloton in quattro settimane. Adesso ArcelorMittal qualora la mediazione con il Governo non dovesse portare ad un accorso, avrà tempo fino al 16 dicembre per depositare una propria memoria nel procedimento sul ricorso cautelare presentato dai commissari. Quindi se il 20 dicembre ci sarà una convergenza sul contratto definitivo, che non sarà più quello originario ma dovrebbe contenere una serie di modifiche, la causa si estinguerà con un “non luogo a procedere”. nel procedimento sul ricorso d’urgenza dei commissari ILVA in A.S. contro l’addio di ArcelorMittal, presenti come parti la Procura di Milano, la Regione Puglia e il Comune di Taranto. I legali dell’associazione di consumatori del Codacons hanno annunciato di essersi costituiti nel procedimento civile. All’udienza erano presenti per Am InvestCo (Arcelor Mittal) gli avvocati Giuseppe Scassellati, Ferdinando Emanuele, Roberto Argeri, Roberto Bonsignore (dello studio Cleary Gottlieb), De Nova, Enrico Castellani e Marco Annoni per l’ ILVA in Amministrazione Straordinaria. La Procura di Milano , intervenuta nell’udienza di ieri, parallelamente continua a lavorare nell’ambito dell’inchiesta penale con le ipotesi di reato di aggiotaggio informativo e falsa dichiarazione dei redditi nei confronti del gruppo franco-indiana.
Si indaga per frode per le spese pazze per la nuova sede del Consiglio Regionale della Puglia BARI – Il reato ipotizzato dalla pm Savina Toscani della Procura di Bari che indaga su alcuni costi relativi alla realizzazione, ormai ultimata, della nuova sede del Consiglio Regionale della Puglia, in via Gentile a Bari, è di “frode in pubbliche forniture” come anticipato dall’edizione barese del quotidiano La Repubblica. L’esistenza dell’indagine era nota da mesi, da quanto il Codacons ha presentato una denuncia, ed il gruppo dei consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle hanno integrato un proprio esposto già depositato in estate, mettendo a disposizione degli inquirenti un elenco dettagliato delle presunte spese ritenute folli ed inutili. L’inchiesta coordinata dal pm Toscani è tuttora nei confronti di ignoti, è stata delegata alla Guardia di Finanza che è al lavoro sulla documentazione acquisita negli uffici regionali. Gli investigatori delle Fiamma Gialle stanno ricostruendo l’iter amministrativo relativo alla realizzazione della struttura, per verificare i costi previsti dal capitolato d’appalto e la presenza di eventuali aumenti illegittimi degli stessi. Sulla medesima vicenda sono in corso gli accertamenti anche della Corte dei Conti, che ipotizza un conseguente eventuale danno erariale.
Secondo quanto denunciato alcuni costi della sede del Consiglio Regionale sarebbero stati sovrastimati, realizzazione ha comportato un investimento complessivo di 87 milioni di euro, un costo quasi triplicato rispetto ai 39 milioni e mezzo, a partire delle famose 1.600 plafoniere che sono costate al contribuente 637 euro l’una, che ha fatto crescere la spesa complessiva da 199 mila euro a 1 milione 42mila euro. Un aumento di 56 euro al metro quadro è stato calcolato invece per il miglioramento acustico dei pannelli del controsoffitto, mentre 112mila euro è l’aggravio per la scelta delle pareti divisorie. Le parcelle dei progettisti, la cui entità è lievitata nel corso degli anni da 3 a 12 milioni di euro (in quanto legata all’importo dei lavori), e alle spese per il canone di locazione della sede di via Capruzzi prolungato di ulteriori 4 anni per un ammontare di 6 milioni 350mila euro.
Il presidente della Regione Michele Emiliano dopo l’avvio dell’inchiesta penale, e dopo la pessima figura fatta in televisione a Non è L’ Arena (La7) condotta da Massimo Giletti, dalla sua “stretta” collaboratrice Barbara Valenzano, ha istituito un collegio di vigilanza per verificare la congruità dei prezzi i cui esiti saranno trasmessi all’autorità giudiziaria. Inutilmente, in quanto l’operato della Guardia di Finanza è sicuramente più affidabile e competente. Come giustificherà la Regione Puglia i 1000 giorni di sospensione dei lavori senza alcuna giustificazione per un’opera ritenuta strategica e
continue varianti avvenute sia in fase di progettazione (dal 2003 al 2010) che in corso d’opera (dal 2012 ad oggi) per un totale di circa 54 milioni di euro. L’ultima, da 19 milioni e 579mila euro è stata approvata dalla Giunta Emiliano nel 2015 e tra le spese esaminate, sono state evidenziate “scelte che non rispettano – principi di economicità, efficacia ed efficienza a cui deve conformarsi l’attività della pubblica amministrazione”. Pignoramento da 300mila euro al Codacons che si appella al governo: "Così chiudiamo" ROMA – La notizia ha destato scalpore mettendo a nudo il “modus operandi” dell’associazione di consumatori Codacons per il mancato versamento del contributo unificato che riguarda gli atti legali presentati. Conseguentemente l’ Agenzia delle Entrate ha pignorato 300mila euro al Codacons, che dando notizia dell’accaduto, ha lanciato un appello al presidente del consiglio Giuseppe Conte, ed ai vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini ed al Ministro dell’economia Giovanni Tria, auspicando e chiedendo che si possano sbloccare le risorse congelate e salvare l’associazione di consumatori romana “dall’estinzione“. Il Codacons punta i riflettori della vicenda sostenendo che “al centro della questione” il problema reale sarebbe “il contributo unificato che il Codacons, in qualità di Onlus, non è tenuta a pagare sugli atti legali portati avanti a difesa della società e della collettività, ma che il fisco italiano continua a richiedere in modo ossessivo fino ad
arrivare al recente pignoramento, deciso sulla base di interpretazioni della norma totalmente errate“. A metà giugno, la rivista telematica Fisco Oggi, però, ha pubblicato una nota sulla questione che mettendo in discussione (ed in crisi) la posizione del Codacons: “Onlus, qualche esenzione sì ma non dal contributo unificato”, si legge. E ancora: “Non basta la qualifica, il beneficio diventa legittimo solo in base a un criterio di meritevolezza in funzione della solidarietà sociale e dell’oggetto del giudizio“. Argomentando nei particolari, Fisco Oggi specifica che “in materia di agevolazioni tributarie le ONLUS non sono esenti dal pagamento del contributo unificato ai sensi del combinato disposto degli artt. 10 del DPR n. 115 del 2002 (TU Spese di Giustizia) e 27-bis della tabella B allegata al DPR n. 642 del 1972, atteso che, da un lato, il termine ‘atti’ deve riferirsi esclusivamente a quelli amministrativi e non anche a quelli processuali giusta la necessità di un’interpretazione restrittiva quanto ai benefici fiscali e, dall’altro, che l’esenzione dal contributo suddetto è giustificabile alla luce dell’art. 10 del citato DPR n. 115 solo in base ad un criterio di meritevolezza in funzione della solidarietà sociale, dell’oggetto del giudizio e non in considerazione della qualità del soggetto, anche in ragione di esigenze costituzionali di parità di trattamento e comunitarie di non discriminazione”. In poche parole, la gratuità degli atti processuali non sarebbe garantita. Il presidente del Codacons, Carlo Rienzi, si oppone proprio a questo e spiega oggi al quotidiano La Repubblica che: “E’ una interpretazione gravissima, perché la causa in Tribunale è la più importante fase di difesa del cittadino, durante la quale si esplica il ruolo sociale delle associazioni come la nostra. Se non avessimo gli strumenti per difendere un consumatore da una grande azienda fino al Tribunale, come potremmo fare il nostro mestiere?“. E soffermandosi alla lettura della norma, Rienzi aggiunge: “Le commissioni tributarie di primo grado e in sede regionale hanno valutato il nostro caso spaccandosi: la metà ci
ha dato ragione e la metà torto”. Dalla complicata ed imbarazzante si è arrivati all’appello odierno alle istituzioni per fare chiarezza alla vicenda e determinare la gratuità degli atti giudiziari: “Abbiamo avuto un incontro ufficiale con il legislativo del Ministero dell’Economia, in particolare con il capo dell’ufficio Glauco Zaccardi” – racconta Rienzi – Ci hanno riferito che avrebbero fatto un’istruttoria per valutare di inserire questa norma nella legge di Bilancio. Non deve pesare sulle casse pubbliche, ma già prima del processo telematico le Onlus erano esenti dai bolli per le carte legali: non vedo perché ora dovrebbero lucrare su di noi”. Popolare di Bari. Il comitato degli azionisti ottiene decisione favorevole dall’ Arbitro per le Controversie Finanziarie ROMA – Con la decisione n.138 del 5 dicembre, l’ Arbitro per le Controversie Finanziarie istituito dalla Consob ha accertato e dichiarato che la Banca Popolare di Bari ha violato alcuni obblighi nella vendita delle azioni nei confronti di una cliente, difesa dall’Avv. Antonio Pinto. Questo nonostante l’azionista avesse firmato vari documenti contenenti dichiarazioni a se sfavorevoli. Ha altresì condannato la Banca Popolare di Bari a risarcire parzialmente l’azionista per i danni subiti a causa dell’inadempimento. L’ACF ha quantificato i danni in una misura pari alla differenza fra il prezzo di acquisto e l’ultimo valore delle azioni risultante dalla quotazione attuale di 6,30 euro. Oltre ad interessi e rivalutazione monetaria. L’Acf non ha invece
accolto la domanda di invalidità del contratto di acquisto e quindi l’azionista rimane titolare delle azioni. Il presidente del Comitato Canio Trione ha sottolineato che è la prima decisione ottenuta dai legali del Comitato degli azionisti della Banca Popolare di Bari , composto da sette associazioni di consumatori, Codici, Codacons, Adusbef, Adiconsum, Unc, Assoconsum e Confconsumatori. “Auspichiamo che la banca assieme al Comitato pervenga al più presto alla individuazione di soluzioni di “sistema”,che vadano incontro alle richieste dell’intera platea dei risparmiatori-azionisti della banca. Sforzo che, ove necessario, deve coinvolgere anche le Istituzioni pubbliche.“ L’Avv. Vincenzo Laudadio (Adusbef) ha precisato che: “se la banca non dovesse ottemperare alle decisioni dell’ACF, come Comitato proporremo di fare quello che la legge ci consente, ossia chiedere a un Tribunale, con un procedimento di cognizione sommaria ex art. 702 bis c.p.c., di condannare la banca a risarcire quanto dovuto“. L’Avv. Alessandro Amato (Codacons) chiede che la banca descriva al Comitato ed agli azionisti l’operazione di cessione dei crediti deteriorati, di cui il 5 dicembre sono stati divulgati sul sito BPB alcuni termini, chiarendo meglio i contenuti dell’operazione e le conseguenze sul prossimo bilancio. Il Comitato degli azionisti della Banca Popolare di Bari inoltre ha reso noto che la Corte Costituzionale ha fissato per il prossimo 20 marzo 2018 l’udienza per la discussione sulla costituzionalità della legge di conversione 3/2015 del D.L. 33/2015 sull’obbligo di trasformazione in SPA delle Banche Popolari con attivo patrimoniale netto superiore ad 8 mld di euro e sulla relativa compressione del diritto di recesso prevista dalle suddette norme, ricorso che ha visto tra i promotori la stessa Adusbef.
Il ministro Calenda non fa piena trasparenza su Laghi. Perchè ? di Gianni Dragoni Niente trasparenza sulle carte della nomina di Enrico Laghi a commissario di Alitalia. Il ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda, ha accettato il “Diktat” del professor Laghi, che aveva chiesto il’“totale oscuramento dei dati personali” contenuti nella sua autocertificazione e vietato la diffusione del “parere legale allegato”. nella foto, il ministro Carlo Calenda Carte con omissis Giovedì scorso è scaduto il termine per la consegna delle carte a chi aveva richiesto l’accesso civico. A Poteri Deboli risulta che il ministero dello Sviluppo (Mise) ha consegnato solo l’autocertificazione firmata da Laghi, ma con numerosi omissis per oscurare i dati personali che l’interessato non vuole pubblicizzare. E non è stato consegnato neppure il parere legale allegato da Laghi, a supporto della sua tesi che non vi sia incompatibilità con l’attività
precedente svolta dal medesimo, in particolare presidente di Midco, la società che controllava il 51% dell’Alitalia-Sai finita in dissesto e commissariata e consigliere della Cai, che possiede il 51% di Midco. Sulla comunicazione il Mise non ha diffuso informazioni. ll deputato M5S Davide Crippa “Vuoto cosmico” Il deputato dei Cinque Selle Davide Crippa, che nei mesi scorsi aveva chiesto l’accesso alle informazioni su Laghi, ha parlato di “vuoto cosmico” quando ha ricevuto le carte fornite nella risposta da Calenda. E’ stato Calenda, il 2 maggio scorso, a nominare Laghi commissario di Alitalia, insieme a Luigi Gubitosi e Stefano Paleari. Ora l’ex collaboratore di Luca Cordero di Montezemolo difende la nomina dalle contestazioni di incompatibilità e conflitto d’interessi. Il decreto Passera sulle incompatibilità Il decreto del 10 aprile 2013, firmato dall’allora ministro dello Sviluppo Corrado Passera, dice all’articolo 4: “Non può essere nominato commissario giudiziale o commissario straordinario: a) chi ha
esercitato funzioni di amministrazione, direzione o controllo nell’impresa insolvente ovvero si è in qualsiasi modo ingerito nella medesima; (…) d) chi, nei due anni anteriori alla dichiarazione dello stato di insolvenza, ha prestato a qualunque titolo la sua attività professionale a favore dell’impresa insolvente”. La lettera di Laghi al Mise Il decreto stabilisce che chi viene nominato commissario deve presentare al Mise un’autocertificazione per dichiarare l’assenza di incompatibilità. Tra i documenti di cui è stata chiesta la pubblicazione al Mise c’è l’autocertificazione che Laghi ha dovuto firmare, come gli altri due commissari, Gubitosi e Paleari. Laghi si è opposto alla divulgazione di tutte le carte sulla nomina con una lettera inviata il 5 settembre al Mise. Poteri Deboli ne ha riferito il 7 settembre nei due articoli “Alitalia, le opacità di
Laghi”. La lettera viene qui riprodotta nel testo integrale. Laghi nega il consenso alla pubblicazione di dati personali e del “parere legale allegato”, dicendo che è coperto da segreto professionale e gli serve per difendersi al Tar dal ricorso del Codacons. Partita anche al Tar La questione della presunta incompatibilità di Laghi rimane aperta, come i rilievi agli altri commissari, sebbene più blandi. Secondo il M5S “analogo discorso vale anche per il dott. Luigi Gubitosi e il prof. Stefano Paleari”. Gubitosi perché dal 15 marzo, su indicazione delle banche creditrici e azioniste, era consigliere di amministrazione di Alitalia-Sai, poi finita in insolvenza. Inoltre la legge Gelmini – hanno affermato M5S e il Codacons – stabilisce che la posizione di professore universitario “è incompatibile con l’esercizio del commercio e dell’industria”. Laghi è professore universitario, come Paleari. Quanti incarichi? Come Poteri Deboli ha ricordato negli articoli precedenti, Laghi ricopre almeno una dozzina di incarichi in società ed enti privati e pubblici, oltre ad essere docente ordinario di economia aziendale all’università La Sapienza di Roma, commercialista, valutatore di aziende, perito per il Tribunale. Laghi è anche commissario del gruppo siderurgico Ilva, presidente dell’immobiliare Beni Stabili, società quotata in Borsa che fa capo a Leonardo Del Vecchio, presidente del collegio sindacale di Acea (voluto da Francesco Gaetano Caltagirone), revisore dei conti del Coni, consigliere di amministrazione di Burgo Group e di B4 Holding Srl. Sul Corriere della sera in maggio Sergio Rizzo è arrivato a contare 24 incarichi. Fonti vicine a Laghi replicano che gli incarichi effettivi sarebbero di meno, perché quelli nello stesso gruppo (in particolare nel grappolo di società dell’Ilva) per Laghi sono da considerare un unico incarico. Ne rimangono comunque una buona dozzina. E Laghi si è dimesso da sindaco di Unicredit e consigliere di Cai. Vendita Alitalia: offerte entro venerdì Alitalia vive giorni delicati. La gara per la vendita è nella fase calda. Entro la mezzanotte di venerdì 15 settembre i gruppi interessati devono presentare le manifestazioni d’interesse all’acquisto ai commissari. Non siamo ancora alle offerte vincolanti,
per quelle c’è tempo fino al 2 ottobre. Gli interessi principali sono diretti o alle attività di volo (Lotto Aviation) o alle sole attività di assistenza aeroportuale (Lotto Handling). Un’offerta unitaria per tutta l’azienda non dovrebbe esserci. Più probabile lo spezzatino. Forte interesse di Lufthansa E’ forte l’interesse di Lufthansa, che venerdì ha mandato dei suoi dirigenti a Fiumicino a informarsi sulle atività di manutenzione e logistica, come rivelato da Poteri Deboli nell’articolo “Vendita Alitalia, Lufthansa plana su Fiumicino”. In pista anche Ryanair per lo spezzatino, easyJet, Etihad, che potrebbe unirsi a Lufthansa, alcuni fondi tra cui Elliott. Da confermare la presenza di Delta con Air France-Klm. Una domanda per Laghi Una domanda semplice per il commissario contestato. Con tutti questi incarichi, il professor Laghi troverà il tempo di occuparsi di Alitalia? * giornalista del Sole 24Ore, commento tratto dal suo blog Popolare Bari, la rabbia dei clienti: “Rovinati dalla banca le istituzioni ci aiutino”
ROMA – Mentre il deputato democratico Francesco Boccia si preoccupava nei giorni scorsi di tutelare la banca ed il “gruppo” (famiglia Jacobini) di controllo, i veri danneggiati e cioè gli azionisti della Banca Popolare di Bari chiedono con decisione l’intervento delle istituzioni a partire dalla Regione Puglia ed il Comune di Bari. I clienti ed azionisti si sono radunati nella sede del Comitato per la tutela degli azionisti della Bpb, una stanza un pò piccola per ospitarli tutti ed i partecipanti arrivavano sino al marciapiede di via Dante, nel pieno centro del capoluogo pugliese. Sono per la maggioranza pensionati. Ma anche dei ragazzi che accompagnavano alla riunione i rispettivi genitori anziani . Nella prima fila gente seduta che prendeva appunti. A convocare la riunione era stata convocata nei giorni scorsi dalle associazioni dei consumatori che compongono il Comitato. L’ulteriore preoccupazione nasce all’indomani della notizia della nuova indagine nei confronti dei vertici della Popolare, che ha coinvolto il presidente Marco Jacobini ed i suo figli figli Gianluca e Luigi che con lui “governano” la banca barese . Le indagini della Guardia di Finanza delegata dalla Procura di Bari hanno fatto emergere anni di bilanci in perdita, di gestioni irregolari e prestiti “allegri”. I reati contestati ai vertici della Bpb, infatti sono molto pesanti e vanno dall’ associazione per delinquere alla truffa, alle false dichiarazioni in prospetto informativo. E’ stata proprio la presenza di quest’ultima imputazione di reato che ha indotto le associazioni dei consumatori a intervenire in quanto, qualora le accuse dovessero rivelarsi fondate, in tal caso negli anni scorsi gli azionisti della Popolare avrebbero acquistato titoli, sulla base di dati non attendibili e quindi falsati. Nel comunicato distribuito è scritto “Sarebbero legittimati a domandare il risarcimento dei danni direttamente subiti e la restituzione delle somme investite al momento dell’acquisto le risultanze dell’inchiesta penale consentirebbero anche di acquisire elementi per rafforzare le
domande di restituzione“. Questa la ragione che ha indotto le associazioni dei consumatori Adusbef, Adiconsum, Codacons, Codici, Confconsumatori, Unione nazionale Consumatori e a riunire i loro associati. Secondo i loro avvocati “Da oggi si apre una fase nuova che prima non era consentita. Inviateci tutta la vostra documentazione, in modo tale da far partire i ricorsi sia in sede civile che penale. Non c’è alcun motivo di dover aspettare la conclusione delle indagini“. Vi sono stati momenti di accesa tensione con una signora presente , che non è pugliese, ha preso la parola ed urla “Loro non hanno avuto pietà di noi perché noi dobbiamo avere pietà di loro ? “. ha raccontato a chi le stava seduto accanto di essere vedova e che aveva investito tutta la sua eredità circa 500mila euro, utilizzati per acquistare le azioni della Popolare. “Sono distrutta” dice mentre con fatica uscva dalla sede del Comitato, ma è svenuta cascando per terra. La gente subito è accorsa in suo soccorsoPoi l’arrivo dell’ambulanza: “Un malore temporaneo, per stress e stanchezza, per fortuna” rassicurano gli infermieri dell’ambulanza del 118 arrivata sul posto. Alla fine dell’incontro Alessandro Amato, presidente del Codacons commenta :” C’è una forte disperazione e rabbia, comprensibile buona parte degli azionisti che hanno acquistato con i risparmi di una vita i titoli nella consapevolezza di fare un investimento per poi poterli rivendere e utilizzare quei fondi per il matrimonio o la laurea dei figli. Gente che ha versato il proprio trattamento di fine rapporto, “. Adesso i rappresentanti del Comitato si rivolgono alle istituzioni, partendo dalla Regione ed Comune di Bari chiedendo loro di farsi avanti e sostenere gli azionisti: “Chiediamo il coinvolgimento delle istituzioni a tutti i livelli — aggiunge ancora Amato — perché ci aiutino nell’interlocuzione con la banca, una forte realtà che ha dato tanto al territorio e che non abbiamo alcun interesse a far sparire. Questo sarebbe un danno soprattutto per i soci».
Sul tema è tornato a parlare in serata anche il segretario del Pd Matteo Renzi: “Non si può dire che il problema del sistema bancario italiano sono quattro banche popolari, di cui noi abbiamo salvato i correntisti, quando il vero scandalo è stato fatto qualche anno fa con Monte dei Paschi di Siena, con Antonveneta, con alcune banche pugliesi“. Banca Popolare di Bari compresa, nonostante il “fiancheggiamento” dell’ on. Boccia. L’ Autorità Nazionale AntiCorruzione solleva dubbi ma archivia l’esposto del Codacons su Alitalia ROMA – Con delibera del 13 luglio 2017, l’ANAC si è pronunciata su una segnalazione del Codacons in merito ad un presunto conflitto di interessi in capo ad Enrico Laghi, nominato con decreto del Ministro dello Sviluppo Economico del 2 maggio 2017 nell’ambito della terna commissariale preposta alla amministrazione straordinaria di Alitalia. L’ANAC ha rilevato la propria incompetenza e archiviato la segnalazione. ANAC ha tuttavia sollevato dubbi sulla corretta applicazione della normativa che regola il regime di incompatibilità dei commissari e ha rimesso alla valutazione del Ministro dello sviluppo economico la verifica della legittimità dell’atto di nomina.
Il Ministero dello sviluppo economico, fino ad oggi non coinvolto nel procedimento instaurato presso l’ANAC, comunicherà all’Autorità la documentazione comprovante i presupposti per l’atto di nomina e le valutazioni effettuate ai fini della verifica in ordine all’assenza di profili di incompatibilità e provvederà ad investire della questione anche l’Avvocatura dello Stato, attesa la pendenza di un ricorso avanti al TAR, avverso l’atto di nomina. Le associazioni dei consumatori: “Si specula sui prezzi”. A Bari la Prefettura attiva la Guardia di Finanza L’ associazione di consumatori Codacons ha presentato oggi a 104 procure della Repubblica di tutt’ Italia un esposto con sui si denunciano le vergognose speculazioni registrate in questi giorni e legate al maltempo, sui prezzi di frutta e verdura venduti al pubblico. Il Codacons in un comunicato afferma che “Le condizioni meteorologiche avverse che hanno interessato le regioni del centro- nord stanno avendo pesanti ripercussioni sui listini dell’ortofrutta all’ingrosso e al dettaglio. In sostanza, come già avvenuto in passato, schizzano alle stelle i prezzi di numerosi prodotti
ortofrutticoli venduti nei mercati o presso gli scaffali dei supermercati, e i rialzi vengono giustificati con il maltempo che ha interessato le coltivazioni e la riduzione delle produzioni. Nella realtà, tuttavia, la maggior parte dei prodotti oggi in vendita è stata raccolta nelle settimane scorse, quando cioè non vi era alcuna emergenza neve e freddo. Addirittura vengono spacciate per nazionali frutta e verdura provenienti da paesi esteri, allo scopo di poter rincarare i prezzi con la scusa del maltempo”. Il Codacons le definisce nel suo comunicato delle “vere e proprie speculazioni intollerabili sulla pelle dei consumatori e degli agricoltori ” aggiungendo che “per tale motivo abbiamo chiesto a 104 Procure di aprire indagini su tutto il territorio alla luce del reato di aggiotaggio, e di individuare gli speculatori che determinano rincari ingiustificati dei listini all’ingrosso e al dettaglio”. Sulla base di questo esposto i finanzieri del Comando Provinciale di Bari della Guardia di Finanza, guidato dal generale Nicola Altiero, d’intesa con la Prefettura di Bari , hanno avviato un piano coordinato d’intervento operativo in materia di “lotta al carovita” al fine di verificare i corretti adempimenti amministrativi da parte degli esercizi commerciali nella vendita dei prodotti di largo consumo. L’azione, a carattere preventivo per la tutela dei consumatori finali, nel ribadire la presenza degli Organi di polizia economico-finanziaria sul territorio, ha lo scopo di dissuadere taluni operatori dal porre in essere manovre speculative irregolari in periodi di evidente criticità, a causa delle recenti abbondanti nevicate che hanno colpito la Regione Puglia. Le condotte illecite oggetto di monitoraggio sono quelle che si sostanziano nell’aumento ingiustificato e spropositato dei prezzi dei prodotti di prima necessità o di largo consumo. Puglia. famiglie e piccole imprese sommerse dai debiti. Possibile ridurli fino al 50 per cento di Marco Ginanneschi
La crisi economica che ha investito l’Italia negli ultimi anni ha portato un numero crescente di famiglie e piccole imprese a ritrovarsi sommerse dai debiti cui non si riesce, purtroppo, a fare fronte. Una situazione che coinvolge migliaia di consumatori e società anche in Puglia. Esiste tuttavia nel nostro ordinamento una legge pressoché sconosciuta il cui obiettivo è proprio aiutare consumatori e aziende a ridurre il carico di debito accumulato negli anni . Si tratta della legge n. 3 del 27 gennaio 2012, che introduce le procedure di composizione della crisi da sovra- indebitamento, strumenti per mezzo dei quali ai cittadini e alle piccole imprese è data la possibilità, con l’intervento del giudice, di ridurre i debiti diventati eccessivi fino al 50% del loro importo. Proprio a tutela delle famiglie e delle piccole imprese in difficoltà, il Codacons ha lanciato oggi anche in Puglia una azione legale contro il sovra-indebitamento: tutti i cittadini e i piccoli imprenditori strozzati dai debiti, seguendo la procedura indicata sul sito www.codacons.it, possono ottenere l’aiuto di uno staff di legali ed esperti dell’associazione, che valuteranno le singole posizioni e assisteranno consumatori e aziende nell’iter da avviare per ottenere la riduzione fino al 50% dei debiti accumulati. La legge infatti prevede tre diverse procedure a favore dei soggetti sovra-indebitati: l’accordo di ristrutturazione dei debiti, il piano del consumatore e la liquidazione di tutti i beni. Tutte le famiglie e le imprese della Puglia strozzate dai debiti possono verificare attraverso il Codacons se ricorrano i presupposti per ottenere i benefici previsti dalla legge e valutare la procedura più adeguata da avviare per salvare il proprio patrimonio.
Italia avvolta da smog, domenica primi blocchi a Roma e Milano. Gas di scarico delle auto, riscaldamenti domestici, emissioni industriali, alta pressione. Una cappa di smog opprime la penisola e soffoca principalmente le città, complice anche il combinato tra cambiamenti climatici e ridotta disponibilità di spazi verdi che contribuiscono a combattere le polveri sottili e gli inquinanti gassosi. Scattano allora in diverse città i primi blocchi alla circolazione per i mezzi più inquinanti. Da domani a Roma e Milano. Roma, domani prima domenica ecologica Nella Capitale tornano le domeniche ecologiche, mentre i limiti alle auto più inquinanti, da Euro 2 a scendere, nella cosiddetta fascia Verde sono scattati già l’8 dicembre dalle 7.30 alle 20,30. La prima delle quattro domeniche programmate dal Campidoglio prevede il divieto totale della circolazione ai veicoli con motore endotermico nella Fascia Verde dalle 7,30 alle 12,30 e dalle 16,30 alle 20,30. Sono esentati dal blocco i veicoli con carburanti a basso impatto ambientale metano e GPL, oltre a quelli a trazione elettrica, ibridi ed Euro 6. L’allarme inquinamento a Roma ha fatto scendere in campo il Codacons che, puntando il dito sulle ”12 centraline su 13 che hanno superato i limiti massimi di Pm10 nell’aria”, ha annunciato per domani la presentazione di un esposto in Procura contro l’amministrazione comunale.
Milano, blocco alla circolazione domenica Misure di blocco alla circolazione sono previste domani anche a Milano dal ‘Protocollo regionale sulla qualità dell’aria’. Nella città infatti è stato superato il limite giornaliero di PM10 di 50 microgrammi per metro cubo per sette giorni consecutivi. Stop quindi ai veicoli Euro 0 benzina e Euro 0, 1 e 2 diesel, anche nelle giornate di sabato, domenica e festivi, dalle ore 7,30 alle ore 19,30. Le auto private Euro 3 diesel senza filtro antiparticolato invece non potranno circolare in città dalle 9,00 alle 17,00, mentre i veicoli commerciali Euro 3 diesel senza filtro antiparticolato saranno bloccati dalle 7,30 alle 9,30. I provvedimenti saranno sospesi dopo due giorni consecutivi sotto i limiti di 50 microgrammi per metro cubo. Torino, primi blocchi scatteranno da mercoledì Emergenza anche a Torino, dove da qualche giorno è già scattato il ‘semaforo giallo’ della Regione, che viene acceso quando la soglia di 50 mg/m3 viene superata per oltre 7 giorni. I primi blocchi scatteranno però da mercoledì prossimo. Napoli, continuano i diviti alla circolazione previsti in alcuni giorni Aria pesante pure a Napoli, dove è vietata da tempo la circolazione ad alcuni veicoli ad esclusione, fra gli altri, delle auto Euro 4 e successive e delle alimentazioni elettriche, a Gpl o metano. Al fermo già previsto per le giornate di lunedì, mercoledì e venerdì (dalle 9
alle 12,30 e dalle 14,30 alle 16,30) si è aggiunto il martedì. In questa giornata il divieto di circolazione resterà in vigore fino al 31 dicembre 2016, mentre per tutti gli altri durerà fino al 31 marzo 2017. A Taranto, città in cui tutti danno solo colpa dell’inquinamento all’ ILVA, dimenticando la Raffineria ENI e lo stabilimento Cementir, invece tutto tace. Per il Sindaco Stefàno va tutto bene. A lui basta scrivere una letterina al Ministro della Salute…. Banca Popolare di Bari cerca un accordo con i 69mila azionisti. Rischiando grosso… Il Comitato per la tutela degli azionisti della Banca Popolare di Bari che a poche settimane dalla sua nascita conta già più di mille iscritti, rappresentato dalle associazioni dei consumatori Adusbef, Codacons, Codici, Confconsumatori e Unione nazionale consumatori , ed i vertici e legali della banca barese stanno cercando una soluzione per evitare un crack bancario che potrebbe travolgere entro la fine dell’ anno i risparmi di 69mila soci della Bpb. Ed è per questo motivo che le parti si sono incontrate nei giorni scorsi. I rappresentanti della banca hanno deciso di aprirsi al confronto per la prima volta per cercare di trovare delle soluzioni “di solidarietà per i soci che si trovino in difficoltà“. La Banca Popolare barese si è manifestata disponibile con un comunicato anche “ad aderire alla raccomandazione Consob e quindi a
soluzioni alternative per la negoziazione delle proprie azioni, che possano garantire la maggiore liquidabilità del titolo e a valutare soluzioni di moratoria dei finanziamenti, nonché a studiare la fattibilità della piena applicazione della norma che consente di sospendere il pagamento della sorte capitale dei mutui”. Ma cosa è successo per arrivare a questo punto ? Era soltanto lo scorso giugno quando Marco Jacobini l’ultimo erede della famiglia che da oltre mezzo secolo controlla la Popolare di Bari parlava di “sviluppo, crescita, espansione” e per allontanare incubi e fantasmi la banca si aggrappava a un’altra acquisizione:”Vogliamo CariChieti” la piccola banca abruzzese azzerata dal decreto del governo del novembre scorso, dichiarava Jacobini, candidando l’istituto che presiede all’acquisto . A Bari, si cercava di confondere le acque per calmare gli azionisti. A fine aprile 2016 era arrivato il deprezzamento del valore delle azioni, con una perdita secca del 21 per cento in un sol colpo, con le azioni che crollavano da 9,53 a 7,5 euro, con. Un tracollo difficile da accettare per gli oltre 70 mila soci della Popolare di Bari, che con 385 filiali ed oltre 3 mila dipendenti, quasi 15 miliardi di attivi, rimane la più grande banca del Sud, una delle poche banche ancora indipendenti. Va ricordato che negli ultimi tre anni la Banca barese guidata da Jacobini aveva raccolto quasi 800 milioni piazzando titoli tra migliaia di risparmiatori.
Nel 2014 sono state vendute anche 200 milioni di obbligazioni subordinate, un investimento con un alto rendimento (6,5 per cento annuo) ma anche meno sicuro dei classici bond, come hanno scoperto nei mesi scorsi i clienti degli istituti liquidati a loro spese, primi tra tutti quelli di Banca Etruria. Il risultato fu che le fila dei soci di Popolare Bari si ingrossarono a gran velocità.Il capitale era diviso nel 2010 tra meno di 50 mila investitori, rispetto agli attuali 70 mila, con una differenza: le azioni dell’istituto barese non sono quotate in Borsa. Quindi un azionista che vuol vendere o comprare le azioni, deve pertanto rivolgersi in banca. Solo che il prezzo è fatto “ad hoc”, nel senso che di anno in anno la quotazione viene stabilita dagli amministratori e successivamente sottoposta al giudizio dell’assemblea per il via libera definitivo. In pratica lo stesso meccanismo che ha già dato una pessima prova di sé nelle recenti crisi della Banca Popolare Vicenza e di Veneto Banca, letteralmente travolte dalla fuga in massa degli azionisti. A Bari fino al 2015 quasi tutto era andato bene, controllato dietro le quinte. Poi molti soci , avevano chiesto di liquidare in parte o completamente il proprio
investimento dopo essere stati allarmati dalle varie crisi e dai ribaltoni esplosi nel settore bancario . Come risulta dagli stessi prospetti informativi degli ultimi aumenti di capitale della Popolare barese, il prezzo delle azioni messe in vendita negli anni scorsi venne calcolato in base a parametri di bilancio simili, anche se di poco inferiori, a quelli di altri istituti non quotati come le già citate banche in crisi che come ben noto non hanno dimostrato di poter fronteggiare le rispettive crisi. Nel corso del 2015 l’istituto bancario con sede a Bari per far fronte alle richieste, ha comprato azioni proprie per un controvalore di quasi 15 milioni, che erano state messe in vendita dai soci. Jacobini e i suoi collaboratori provarono a gettare acqua sul fuoco dichiarando “Tutto sotto controllo” . Ma non avevano fatto bene i conti con i propri azionisti, infatti lo scorso 18 marzo in una sola giornata passarono di mano oltre 2 milioni di azioni della Popolare. Un vero e proprio boom senza precedenti nella storia della Banca. Infatti nei primi due mesi dell’anno 2016 , tra gennaio e febbraio il “mercatino” interno riservato ai soci aveva aperto i battenti e negoziato solo cinque volte, con scambi irrisori: soltanto alcune decine di migliaia di azioni. La “sorpresa” per gli azionisti arrivò dopo l’asta del 18 marzo che è stata l’ultima occasione per poter vendere i titoli della Popolare di Bari al prezzo di 9,53 euro. Gli scambi ripresero solo lo scorso 13 maggio. Solo che nel frattempo, il 24 aprile, l’assemblea fissò la nuova quotazione, che scese come detto, a 7,5 euro. In poche parole semplici, il numero dei soci in
uscita esplose proprio alla vigilia del ribasso. Una circostanza a dir poco strana che bastò ed avanzò per alimentare legittimi sospetti e dubbi sull’identità dei fortunati venditori, i quali hanno incassato circa 20 milioni di euro in totale . A rilevare i titoli, secondo quanto spiegano alla Popolare di Bari, fu il gruppo assicurativo Aviva, che aveva siglato un’alleanza commerciale con l’istituto barese soltanto qualche settimane prima. Ma anche la posizione dei nuovi acquirenti risultò piuttosto singolare ed equivoc. In pratica Aviva d’accordo con i vertici della banca guidata dalla famiglia Jacobini , avrebbe comprato titoli che nel giro di un mese si sono svalutati del 20 per cento per decisione della banca stessa. Operazione che non sembrava un affare degno per poter sigillare e festeggiare l’intesa strategica appena firmata. Infatti la Popolare di Bari alla fine dello scorso marzo ha annunciato il bilancio peggiore di tutta la sua vita: 475 milioni di perdite, scese a 297 milioni grazie ad alcune partite fiscali positive (ed “una tantum”) per 177 milioni. Un pesante ed evidente peggioramento rispetto al bilancio 2014, che si era chiuso con 24 milioni di profitti, in realtà generati in parte grazie alle rettifiche (271 milioni) sui valori di alcune attività in bilancio. Un esempio per tutti, la quota di controllo nella Cassa di Orvieto e una rete di filiali e sportelli comprati in precedenza e pagati a peso d’oro, ed oggi molto svalutati alla luce di una situazione di mercato molto più complicata. Anche nel portafoglio crediti arrivarono delle importanti “pulizie” contabili . Rispetto al 2014, gli accantonamenti sui prestiti a rischio erano più che raddoppiati, arrivando a 246 milioni. Nel 2014 la Popolare barese è sbarcata in Abruzzo per scongiurare il “crac” di Banca Tercas, istituto con sede a Teramo, a sua volta distrutta da anni di gestione dissennata. Il salvataggio venne finanziato in parte dal Fondo interbancario di tutela dei depositi che ha modificato in corsa il suo intervento (con 265 milioni di contributi) dopo lo stop ricevuto dalla Commissione europea per un presunto aiuto di Stato.
L’istituto barese aveva investito nell’operazione Terca, sino a quel momento circa 325 milioni , ma tutto procedeva ancora a rilento. L’anno scorso il bilancio si è chiuso in utile per 10 milioni soltanto grazie a 56 milioni di benefici fiscali straordinari. Il presidente della banca Popolare di Bari, Marco Jacobini “controlla” un consiglio di amministrazione blindato composto fedelissimi, dopo essersi assicurato la successione con l’avvenuta discussa nomina dei suoi due figli: Gianluca, 39 anni, venne nominato condirettore generale mentre il fratello Luigi, diventò vicedirettore generale. Un vertice tutto in famiglia con un assetto del top management che non ha eguali nel variegato mondo del credito bancario . Nel 2015 il posto di amministratore delegato ricoperto in precedenza da Vincenzo De Bustis, un banchiere di lungo corso, partito dalla Banca del Salento per arrivare nel 2000 al vertice del Monte Paschi di Siena grazie alla benedizione politica di Massimo D’Alema, allora potentissimo , venne affidato ad un esperto manager, Giorgio Papa, 60 anni, una carriera con incarichi importanti nel gruppo Banco Popolare e successivamente in Finlombarda, la holding controllata dalla Regione Lombardia quest’ultima una nomina “politica”, decisa dalla giunta regionale lombarda di centrodestra nella gestione di Roberto Formigoni.
De Bustis, insediatosi nel 2011, dette le dimissioni ad aprile 2015 venendo liquidato con una buonuscita (nelle carte definito “incentivo all’esodo“) di 975 mila euro. Incredibilmente proprio nell’anno “nero” e peggiore della Popolare di Bari, tutti i manager al vertice hanno visto il loro stipendio lievitare, a partire dal presidente Marco Jacobini, che ha guadagnato 700 mila euro (50 mila in più rispetto al 2014. Busta paga ancor più pesante per i figli del presidente: il condirettore generale Gianluca ha guadagnato 453 mila euro ( 354 mila del 2014) mentre il fratello Luigi è arrivato a 410 mila euro, un aumento di oltre 50 mila euro rispetto all’anno prima. I manager, insomma, non potevano lamentarsi: più soldi per tutti. Ben diversa e più critica la situazione per i soci, le cui azioni valevano il 20 per cento in meno che videro i risparmi di una vita di fatto “bloccati” in banca. Migliaia di famiglie che non potevano attingere al loro tesoretto in titoli. Inutili le domande, suppliche, ricorsi, esposti in tribunale. Tutto va avanti così da mesi con un esercito di piccoli azionisti delusi e inferociti. Ma dietro le quinte di questa storia di risparmio tradito, con i soci- azionisti della Popolare di Bari che non riescono più a vendere le loro azioni, in realtà c’è molto di più. Un intreccio complicato di prestiti incagliati, conflitti d’interessi, perdite in bilancio. E sullo sfondo l’ombra (in tutti i sensi) della Banca d’Italia, che dopo una lunga ispezione, già tre anni prima, aveva segnalato importanti “criticità“, per definirla con il garbato linguaggio della Vigilanza, sulla gestione dell’istituto barese. Eppure poche settimane dopo quella severa reprimenda, proprio da Bankitalia era arrivato a Bari nell’ottobre del 2013, l’invito a farsi carico di Tercas, la vecchia Cassa di Teramo che dopo un lungo commissariamento affondava sempre di più travolta dalle perdite. L’intervento di salvataggio grazie alla Popolare barese, avvenne con l’esplicito appoggio del governatore Ignazio Visco, si formalizzò e concretizzò . E così la banca gestita dai Jacobini si è trovata a gestire, non solo i propri
crediti incagliati, ma anche quelli dell’istituto appena comprato con un investimento complessivo di 300 milioni. operazione che è stata scaricata sul bilancio 2015, chiusosi con 297 milioni di perdite, che come detto arrivano a 475 milioni escludendo alcune poste una tantum di natura fiscale. Lo scorso ottobre ispettori della Banca d’Italia sono ritornati a verificare i conti e l’operato dell’istituto pugliese proprio mentre è in atto la trasformazione della Popolare in Spa, così come previsto dal decreto legge sul riordino bancario varato nel gennaio 2015 dal governo di Matteo Renzi. Una trasformazione che va effettuata, possibilmente, con i conti in regola. Il settimanale L’ Espresso in una attenta e come sempre documentata inchiesta , riepiloga con ordine ed attenzione tutta la vicenda. Ritorniamo quindi all’inizio 2013, quando i funzionari della Vigilanza si presentarono al quartier generale della banca barese per restarci, nel corso di tre successivi interventi, quasi otto mesi. Va segnalato innanzitutto che il voto finale attribuito al termine dell’ultima ispezione alla Banca Popolare di Bari (cioè quella conclusasi ad agosto 2013) è stato pari a 4, che in una scala di punteggio che va da 1 (il massimo) a 6 corrisponde “parzialmente sfavorevole”. In pratica, la Banca d’Italia non sembrava affatto soddisfatta dell’operato di Jacobini e dei suoi manager. Dalle carte dell’ispezione, che il settimanale l’Espresso ha potuto consultare, vengono formulati pesanti rilievi alla gestione della Popolare di Bari.
Ad esempio la relazione degli ispettori della Vigilanza contestava “eccessiva correntezza” nei crediti verso alcuni gruppi. La “correntezza” nel linguaggio bancario, è la velocità con cui viene sbrigata una pratica. In pratica, alcuni prestiti importanti e di rilievo sarebbero stati erogati senza le dovute adeguate verifiche sulla solidità del cliente. Gli ispettori hanno segnalato il caso dei gruppi Fusillo e Curci, che controllano insieme la holding Maiora group. Nelle carte si evince e legge che in favore di questa società, sono stati accordati finanziamenti per importi notevoli “non sempre sufficientemente vagliati” e neanche “esaustivamente rappresentati al consiglio“. In poche parole, denaro “facile” ed allegro….. E non a caso alla fine del 2013 la holding Maiora group, aveva già accumulato debiti con la Banca Popolare di Bari per 131 milioni di euro. Chiaramente tutto ciò sul quotidiano regionale La Gazzetta del Mezzogiorno, non è venuto mai alla luce. ed è facile capire il perchè ! I Fusillo, che controllano il 50% metà del capitale sociale della
holding Maiora group, nel capoluogo pugliese sono costruttori ben noti e sopratutto influenti, A partire da Nicola Fusillo, ex parlamentare del centrosinistra, candidatosi alle regionali nel 2015 nelle liste del candidato vincente, Michele Emiliano. Gli altri componenti della famiglia Fusillo solo per citare le iniziative più importanti è cresciuto a gran velocità realizzando centri commerciali, villaggi turistici, un grande polo della logistica a Rutigliano . Va ricordata tra le attività dei Curci, invece, la partecipazione del 30 per cento nel capitale sociale della Edisud s.p.a. società editrice del quotidiano di Bari “La Gazzetta del Mezzogiorno”, . Al momento questa quota risulta ceduta in pegno alla Banca Popolare di Bari guidata da Jacobini. Coincidenza…che spiega il silenzio assordante sulla vicenda ! Gli ispettori di Banca d’Italia segnalano nel loro rapporto anche “la prassi di sottoscrivere quote di fondi comuni che investono in immobili venduti da clienti finanziati dalla banca stessa“. Operazione, questa, che di fatto rende possibile all’istituto di credito barese di azzerare la propria esposizione trasformandola, in parole povere, in quote del fondo. Tra quelli citati dalla Vigilanza vi è un esempio eclatante. Sin dal 2011, Banca Popolare di Bari, aveva sottoscritto tutte le quote del fondo Tiziano, “comparto San Nicola”, che è gestito dal gruppo romano Sorgente, cioè lo stesso fondo che ha poi acquistato proprio dalla società Fimco (controllata dai Fusillo,come abbiamo visto grandi debitori della Popolare di Bari, il “Grande Albergo delle Nazioni”, uno degli immobili storici del capoluogo pugliese, affacciato sul Lungomare Nazario Sauro. La banca barese guidata dai Jacobini ha quindi sostituito i propri crediti con le quote dei veicoli d’investimento targati Sorgente. La stessa Fimco ha successivamente ceduto al Fondo Donatello, gestito anche questo da Sorgente, un altro palazzo di pregio come l’Hotel Oriente, ubicato nel centro storico del capoluogo di regione. Analizzando i bilanci alla mano, l’investimento in fondi immobiliari costituisce una presenza e partecipazione non indifferente del portafoglio titoli della Banca Popolare di Bari, voce questa nei conti
del 2015, che vale 122 milioni e rispetto all’anno precedente ha già provocato perdite per 13 milioni questa voce . La presenza della famiglia Fusillo, ricorre anche nella triste vicenda della Banca Popolare di Vicenza, annientata da perdite ben superiori al miliardo e che da mesi è al centro di un’indagine in corso della magistratura. Alcune società della famiglia dei costruttori Fusillo in passato hanno ricevuto da fondi offshore con base a Malta finanziamenti milionari . Finanziamenti a loro volta “sponsorizzati” e sostenuti dalla banca veneta all’epoca dei fatti guidata da Gianni Zonin. Le strane coincidenze ed intreccio di interessi però non finiscono qui. Vincenzo De Bustis, da fine 2011 ad aprile 2015 direttore generale della Popolare di Bari ha ceduto nel 2013 una sua società personale alla holding Methorios, partecipata dall’ex candidato sindaco di Roma, Alfio Marchini. E guarda caso anche Methorios è stata finanziata da quegli stessi fondi maltesi che sono intervenuti per sostenere i Fusillo grandi clienti della Popolare di Bari. Un intreccio di prestiti e affari, su cui indagano i magistrati a Roma e a Vicenza, può riservare non poche sorprese. L’ex candidato sindaco di Roma Alfio Marchini infatti è stato indagato dalla Procura di Roma nell’inchiesta che ha portato nei giorni scorsi a 19 perquisizioni nelle sedi di società collegate proprio alla Methorios Capital spa, società a lui riconducibile. Il reato contestato dai pm della Capitale è quello di “concorso in false comunicazioni sociali” delle società quotate in ordine ai bilanci (consolidato e di esercizio) della Methorios chiusi al 31 dicembre del 2014 e del 2015.
Fin dal 2013, la Vigilanza di Banca Italia aveva preso atto dei crediti a rischio dell’istituto pugliese, e gli aspetti critici della gestione erano stati sintetizzati in un giudizio, quel “parzialmente sfavorevole”, che avrebbe dovuto stroncare sul nascere i progetti di espansione di Jacobini e del suo direttore generale , e gli aspetti critici della gestione erano stati sintetizzati in un giudizio, quel “parzialmente sfavorevole”, che avrebbe dovuto stroncare sul nascere i progetti di espansione della Popolare di Bari e del suo direttore generale De Bustis. Ma Tercas andava salvata in ogni caso. Alla fine del 2013 la Banca d’Italia era alla ricerca di un compratore per l’istituto abruzzese, solo che nessun banchiere però intendeva accollarsi gli oneri cioè i costi dell’operazione, che erano pari ad almeno 600 milioni. E’ stato proprio A questo punto si è fatto avanti Jacobini con la Popolare di Bari . Siamo nell’ottobre 2013 quando si è appena conclusa, l’ispezione con esito negativo della Vigilanza. A quanto pare nessun problema …. E nell’ agosto 2014 la Popolare di Bari si prese la Tercas con tutto il suo carico di debiti incagliati . L’operazione viene pagata per metà dal Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fidt), quindi finanziato da tutte le banche nazionali. Ma il salvataggio di sistema non bastava per chiudere l’operazione. E fu così che la Popolare Bari non trovò di meglio che farsi finanziare dai propri soci, piazzando nel novembre 2014 azioni per 300 milioni ed obbligazioni subordinate per circa 200 milioni di euro. Nella primavera del 2015 andò in porto un altro collocamento da 50 milioni. I risparmiatori aderirono in massa. I soci della banca superavano a fine 2013 di poco quota 60 mila, e due anni dopo diventarono circa 70 mila. Ma le cattive notizie arrivano ad aprile di quest’anno. La Popolare Bari prima annuncia la maxi perdita nei conti del 2015 dovuta in buona parte agli oneri del salvataggio Tercas, ed anche il valore delle azioni viene tagliato , stabilito di anno in anno dalla banca stessa con una procedura già oggetto di molte critiche, come nei casi della Banca Popolare Vicenza e di Veneto Banca, e ribassato circa del 20 per cento : da 9,53 scende a 7,5 euro.
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