Diabete Collana Guide Didattiche - DIAGNOSTICA - Abbott Diagnostics
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RINGRAZIAMENTI DAVID LESLIE David Leslie è medico specialista e professore di diabetologia e autoimmunologia a Londra, Regno Unito. È stato co-redattore della rivista Diabetes Metabolism Research and Reviews, reviews editor della rivista Diabetic Medicine e membro del comitato editoriale della rivista Diabetes Care. Precedentemente è stato presidente dell’Association of Physicians of Great Britain and Ireland. CAS WEYKAMP Il dottor Weykamp è biochimico clinico e direttore del laboratorio MCA dell’ospedale Queen Beatrix a Winterswijk, nei Paesi Bassi. È organizzatore a livello nazionale del programma di valutazione esterna della qualità EQA (test di idoneità) dei laboratori medici e produce la maggior parte dei campioni richiesti per tali programmi nel suo laboratorio certificato ISO 13485. Il dottor Weykamp è un esperto riconosciuto a livello mondiale della standardizzazione e certificazione di HbA1c ed è attualmente il coordinatore di rete del gruppo di laboratori che eseguono il metodo di riferimento della International Federation of Clinical Chemistry and Laboratory Medicine (IFCC), responsabile per la standardizzazione a livello mondiale dei dosaggi di HbA1c. ANDREA MOSCA Il professor Andrea Mosca è un biochimico clinico con una vasta conoscenza tecnica ed esperienza sulle strumentazioni di analisi chimica, ematologica e immunochimica. Il professor Mosca è membro dal 1986 della Società Italiana di Biochimica Clinica e Biologia Molecolare Clinica (SIBioC-Medicina di Laboratorio) e siede nel consiglio direttivo di tale organizzazione. È stato segretario del gruppo di lavoro IFCC sulla standardizzazione dell’emoglobina A1c e membro del gruppo di lavoro IFCC sui test Point-of-Care (PoCT). Attualmente ricopre la carica di presidente del gruppo di lavoro IFCC sulla standardizzazione dell’emoglobina A2. RANDIE R. LITTLE Randie R. Little è professoressa incaricata di attività di ricerca presso il Dipartimento di Patologia e Anatomia ed il Dipartimento di Pediatria dell’Università del Missouri, e dirige il Laboratorio di Diagnostica del Diabete. La dottoressa Little è la coordinatrice della rete NGSP ed è membro del comitato direttivo dell’NGSP e del Progetto Integrato IFCC sulla HbA1c. Ha pubblicato più di 100 articoli nel campo dei test per il diabete. Le aree di interesse del suo lavoro di ricerca includono i test e la standardizzazione dell’emoglobina glicata (HbA1c), la valutazione e il confronto di metodi relativi alla HbA1c, l’uso della HbA1c per la diagnosi e lo screening del diabete, l’uso dell’albumina glicata e la standardizzazione della misurazione dell’insulina e del peptide C. GARRY JOHN Garry John è consulente e professore di biochimica clinica e vanta una vasta conoscenza tecnica ed esperienza nell’ambito della chimica della HbA1c e del diabete. Il professor John è un esperto riconosciuto a livello mondiale della standardizzazione dell’emoglobina A1c e della certificazione e dell’uso della HbA1c nel diabete. Il professor John è stato presidente del gruppo di lavoro IFCC sulla standardizzazione dell’emoglobina A1c, il quale ha sviluppato la procedura di misurazione di riferimento che ha permesso la standardizzazione a livello mondiale delle misurazioni di HbA1c. Attualmente presiede la task force IFCC sull’implementazione della standardizzazione di HbA1c e ha collaborato strettamente con numerose organizzazioni internazionali, inclusa l’Organizzazione Mondiale della Sanità e la International Diabetes Federation, in relazione a numerose iniziative per il miglioramento della cura del diabete. SCOTT A. RUETTEN Il redattore Scott A. Ruetten è direttore di programma di ricerca e sviluppo presso Abbott Diagnostics. G U I D A D I D AT T I C A : D I A B E T E 2 AL SOMMARIO
COME UTILIZZARE QUESTA GUIDA DIDATTICA Questa guida è organizzata in sei sezioni e un’appendice. Ciascuna sezione include un elenco di obiettivi di apprendimento e, alla fine, alcune domande. L’appendice include la bibliografia per ciascuna sezione, nonché letture consigliate per approfondire gli argomenti trattati nella guida, un glossario dei termini e le risposte corrette alle domande della sezione. Questa guida didattica costituisce (1) una panoramica sul diabete e (2) una guida per l’uso dell’emoglobina glicata (HbA1c) come strumento clinico per lo screening dello stato di salute generale e il monitoraggio dei pazienti che si sospetta siano affetti da diabete, nonché dei pazienti a cui è già stata diagnosticata questa patologia. La guida presenta una panoramica delle metodologie di riferimento, dei metodi di dosaggio disponibili, della standardizzazione e della certificazione. La guida fornisce anche una panoramica sulla fisiologia della HbA1c e dei relativi derivati o varianti emoglobinici nonché sulle raccomandazioni/ precauzioni per l’uso di HbA1c nella pratica clinica. G U I D A D I D AT T I C A : D I A B E T E 3 AL SOMMARIO
INDICE RINGRAZIAMENTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2 COME UTILIZZARE QUESTA GUIDA DIDATTICA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3 PREMESSA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5 SEZIONE 1: DAVID LESLIE INTRODUZIONE AL DIABETE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6 SEZIONE 2: DAVID LESLIE ASPETTI SPECIFICI DELLA MALATTIA DIABETICA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 SEZIONE 3: CAS WEYKAMP METODI PER LA DETERMINAZIONE DI HbA1c: METODOLOGIE DI DOSAGGIO E STANDARDIZZAZIONE IFCC . . . . . . . . . . . . . . 25 SEZIONE 4: ANDREA MOSCA EMOGLOBINA GLICATA E INFLUENZA DI VARIANTI E DERIVATI . . . . . . . . . . . . 35 SEZIONE 5: RANDIE R. LITTLE STANDARDIZZAZIONE IFCC E PROGRAMMI DI CERTIFICAZIONE NGSP . . . 46 SEZIONE 6: GARRY JOHN PRATICA CLINICA E RACCOMANDAZIONI PER L’USO DEL TEST DI HbA1c . . . 58 APPENDICE APPENDICE A: GLOSSARIO DEI TERMINI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70 APPENDICE B: BIBLIOGRAFIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75 APPENDICE C: RISPOSTE CORRETTE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82 In copertina: modello di insulina umana G U I D A D I D AT T I C A : D I A B E T E 4
PREMESSA Il diabete mellito ha assunto le proporzioni di un’epidemia mondiale, colpendo fisicamente più di 300 milioni di persone, con un impatto economico sull’assistenza sanitaria dell’ordine dei miliardi di dollari. Con l'evoluzione delle conoscenze sul diabete nell'arco degli ultimi 25-50 anni, sono cambiate anche le opzioni per i criteri diagnostici. Dai giorni in cui si assaggiava l’urina per verificarne la dolcezza è avvenuta un’evoluzione che ha portato a dispositivi palmari che possono essere utilizzati al letto del paziente e a strumenti di laboratorio che eseguono centinaia di test all’ora per diagnosticare e monitorare il diabete. Negli anni '60 si era consolidato l'utilizzo del test di tolleranza al glucosio orale (OGTT) per l’identificazione del diabete di tipo 2 (precedentemente chiamato diabete ad esordio in età matura o non insulino-dipendente). Purtroppo esistevano incoerenze relative al modo in cui il test doveva essere eseguito, alla quantità di glucosio che doveva essere ingerita e ai cutoff diagnostici della glicemia. Entro il 1980 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) aveva standardizzato tali parametri, e da allora si sono utilizzati più comunemente per la diagnosi i valori di glucosio plasmatico a digiuno (FPG), specialmente negli Stati Uniti. I recenti progressi nelle prestazioni analitiche dei dosaggi utilizzati per misurare l’emoglobina glicata (HbA1c) hanno consentito l’introduzione di un nuovo standard di test di laboratorio per il diabete. La HbA1c è una specifica sub-frazione di emoglobina glicata che si forma tramite legame del glucosio all’estremità N-terminale della catena beta dell’emoglobina (Hb). La durata di vita media degli eritrociti umani è approssimativamente di 90–120 giorni; di conseguenza la concentrazione di HbA1c riflette strettamente il livello di glicemia medio durante tale periodo. La HbA1c risulta pertanto adatta per il monitoraggio del controllo a lungo termine della glicemia negli individui affetti da diabete. Come mostrato attraverso gli studi Diabetes Control and Complications Trial (DCCT) e United Kingdom Prospective Diabetes Study (UKPDS), il rischio di complicazioni diabetiche, incluse nefropatia e retinopatia diabetiche, aumenta in correlazione con uno scarso controllo glicemico. La HbA1c è un indicatore dei rischi di sviluppo e progressione di queste complicazioni nei soggetti affetti da diabete. Gli strumenti diagnostici e di monitoraggio continuano a migliorare l’individuazione e il monitoraggio del diabete. I recenti progressi nei metodi di produzione, nei materiali di riferimento e nelle metodologie di riferimento hanno portato all’uso della HbA1c per la diagnosi del diabete. Recenti raccomandazioni per l’uso di HbA1c come strumento diagnostico per il diabete sono state attualmente pubblicate dalla OMS, dalla American Diabetes Association (ADA) e nell’Unione Europea (UE). È necessaria un’attenta comprensione delle condizioni del paziente e del metodo del produttore per assicurarsi di utilizzare in maniera affidabile la HbA1c per il monitoraggio e la diagnosi del diabete. G U I D A D I D AT T I C A : D I A B E T E 5 TORNA AL SOMMARIO
SEZIONE 1 INTRODUZIONE AL DIABETE OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO Al termine di questa sezione si sarà in grado di: • Dare la definizione di diabete e descriverne prevalenza e cause a livello mondiale • Spiegare la classificazione del diabete e la sua relazione con glucosio e HbA1c • Identificare la causa del diabete con riferimento all’insulina, e del diabete di tipo 1 e tipo 2 • Specificare i fattori che determinano quando non deve essere utilizzata HbA1c a scopi diagnostici G U I D A D I D AT T I C A : I N T R O D U Z I O N E A L D I A B E T E 6 TORNA AL SOMMARIO
DIABETE MELLITO Il diabete mellito è descritto nel modo migliore come una patologia o condizione metabolica caratterizzata da iperglicemia. L’iperglicemia può essere causata da difetti nella secrezione di insulina, difetti nell’azione dell’insulina o, più spesso, entrambi. La diagnosi di diabete può presentare delle difficoltà, poiché tipicamente non viene compiuta sulla base di un singolo test ematico; tuttavia un’elevata glicemia a digiuno farà sospettare che il paziente possa essere affetto da diabete, e ciò solitamente porta a ulteriori controlli e analisi. Oggi solitamente si diagnostica il diabete quando viene identificata un’iperglicemia cronica mediante glicemia a digiuno persistentemente elevata, associata a glucosio elevato dopo test di tolleranza al glucosio orale, oppure HbA1c superiore al cutoff clinico. Un paziente può presentare sintomi del diabete, come sete o poliuria. I criteri diagnostici presentati di seguito sono basati sulla definizione di diabete mellito data dalla OMS nel 2000. Criteri per la diagnosi di diabete mellito I test diagnostici sul paziente rivelano almeno una delle seguenti condizioni: A. S intomi del diabete, più una concentrazione di glucosio plasmatico casuale di 11,1 mmol/L (200 mg/dL), dove casuale è definito come di qualsiasi momento del giorno indipendentemente dal tempo trascorso dall’ultimo pasto del paziente. Sintomi classici del diabete includono poliuria, polidipsia e perdita di peso inspiegabile. B. L ivello di glicemia a digiuno di 7,0 mmol/L (126 mg/dL), dove a digiuno è definito come in assenza di apporto calorico per almeno otto ore. C. G lucosio a due ore post-carico di 11,1 mmol/L (200 mg/dL) durante un OGTT. Il test deve essere eseguito come descritto dalla OMS, utilizzando un carico di glucosio contenente l’equivalente di 75 grammi di glucosio anidro dissolto in acqua. In assenza di iperglicemia inequivocabile, questi criteri devono essere confermati ripetendo il test in una diversa giornata. La terza misura (OGTT) non è raccomandata per l’uso clinico di routine. DIAGNOSTICARE IL DIABETE I criteri della OMS considerano solamente l’uso di valori a digiuno e 120 minuti dopo un OGTT per stabilire una diagnosi di diabete. Punti temporali intermedi sono utilizzati nei criteri del National Diabetes Data Group (NDDG). Poiché la riproducibilità dell’OGTT è scarsa e l’implementazione del test è difficile sia per il medico che per il paziente, si è verificato un passaggio all’utilizzo delle concentrazioni di glucosio a digiuno o, più recentemente dell’emoglobina glicata. L’emoglobina glicata, o emoglobina A1c (HbA1c), è più affidabile sia analiticamente che funzionalmente, poiché non richiede né il digiuno né un carico di glucosio. Inoltre la HbA1c possiede un elevato valore predittivo positivo per il diabete per un cutoff superiore a 6,5% (o 48 mmol/mol, come raccomandato dalla International Federation of Clinical Chemistry and Laboratory Medicine [IFCC]). I soggetti possono essere affetti da diabete secondo altri criteri e a livelli di HbA1c inferiori. Sicuramente un livello di HbA1c pari a 6,0% (42 mmol/mol secondo IFCC) o superiore è solitamente considerato anomalo e richiede ulteriori accertamenti. G U I D A D I D AT T I C A : I N T R O D U Z I O N E A L D I A B E T E 7 TORNA AL SOMMARIO
CONCENTRAZIONE DI GLUCOSIO, % A1C (MG/DL) Sangue intero venoso Sangue intero Plasma* venoso capillare Diabete mellito A digiuno ≥6,1 (≥110) ≥10,0 (≥180) ≥6,1 (≥110) ≥7,0 (≥126) o a 2 ore post-carico di ≥10,0 (≥180) ≥11,1 (≥200) ≥11,1 (≥200) glucosio o entrambe o HbA1c ≥6,5% (48 mmol/mol secondo IFCC) Alterata tolleranza A digiuno (se misurato)
Nella fisiologia normale, un’aumentata secrezione di insulina solitamente compensa una riduzione della sensibilità all’insulina. Nel diabete di tipo 2, gli individui presentano insulino-resistenza e la carenza di insulina è solitamente relativa, contrariamente alla carenza di insulina assoluta che si osserva nel diabete di tipo 1. La maggior parte dei pazienti affetti da diabete di tipo 2 è obesa e l'obesità stessa contribuisce in parte allo sviluppo di insulino-resistenza. Tuttavia, anche la secrezione di insulina è difettosa in questi pazienti e non è in grado di compensare l’insulino-resistenza. Nel diabete di tipo 1, dalla distruzione autoimmune delle cellule beta pancreatiche deriva una secrezione ridotta o (in stadi successivi) nulla di insulina. La velocità di distruzione delle cellule beta può variare ed esistono più predisposizioni genetiche ad essa correlate. Diabete di tipo 1 (distruzione delle cellule beta, che solitamente dà luogo a carenza assoluta di insulina) A. Immunomediato B. Idiopatico Diabete di tipo 2 (può variare da prevalente insulino-resistenza con carenza di insulina relativa a prevalente difetto di secrezione con insulino-resistenza) Altri tipi specifici A. Difetti genetici della funzione delle cellule beta B. Difetti genetici dell’azione dell’insulina C. Malattie del pancreas esocrino* D. Endocrinopatie* E. Indotto da farmaci o sostanze chimiche* F. Infezioni* G. Forme rare di diabete immunomediato* H. Altre sindromi genetiche talvolta associate al diabete I. Diabete mellito gestazionale (GDM) Forma ridotta delle indicazioni fornite dal gruppo di studio della OMS sul diabete mellito *Le cause contrassegnate dagli asterischi sono definite diabete "secondario". La definizione odierna del diabete di tipo 1 lo descrive come "che spesso dà luogo a carenza assoluta di insulina" piuttosto che "solitamente"1-1. G U I D A D I D AT T I C A : I N T R O D U Z I O N E A L D I A B E T E 9 TORNA AL SOMMARIO
DIABETE MELLITO DI TIPO 1 Il diabete autoimmune di tipo 1 è dovuto a carenza di insulina di gravità variabile, che spesso, specialmente nei bambini, conduce al diabete insulino-dipendente. Nei paesi occidentali quasi tutti i pazienti soffrono della forma immunomediata della malattia (tipo 1A), che può presentarsi a qualunque età, ma rappresenta la seconda malattia cronica più comune nell’infanzia dopo l’asma. Il diabete di tipo 1 è caratterizzato da una mancanza di insulina causata dalla distruzione autoimmune delle insule. DIABETE MELLITO DI TIPO 2 Il diabete di tipo 2 è una malattia cronica comune ed è il principale responsabile dell’epidemia mondiale di diabete. La malattia è probabilmente eterogenea, ma coinvolge una insufficiente secrezione di insulina (in gran parte determinata geneticamente) nel contesto di una ridotta sensibilità all’insulina o aumentata insulino-resistenza. Probabilmente l’aumento dell’obesità associata a un ridotto esercizio fisico, nel contesto dell’industrializzazione, e l’aumento del consumo di cibi ad elevato apporto energetico contribuiscono al drammatico incremento dell’incidenza di questa malattia. Poiché nel diabete di tipo 2 l’iperglicemia si sviluppa gradualmente, questa patologia spesso non viene diagnosticata per molti anni, fino a quando non diviene sufficientemente grave da far sviluppare i sintomi nei pazienti. Ciò è preoccupante poiché i pazienti diabetici sono a rischio di complicazioni sia macrovascolari che microvascolari. FISIOLOGIA DEL DIABETE Sebbene il diabete sia definito da un aumento della glicemia, la causa dell’iperglicemia è dovuta a una secrezione inadeguata di insulina nel contesto di gradi di sensibilità all’insulina. L’insulina è l’ormone chiave nel metabolismo del glucosio. Il glucosio che è presente nel sangue proviene da tre fonti principali: (1) Il tratto digestivo; proviene da carboidrati ingeriti che sono idrolizzati o convertiti nel fegato (2) Il rilascio dalle riserve epatiche di glicogeno e da altre riserve di glicogeno (processo chiamato glicogenolisi) (3) Mediante nuova sintesi di glucosio da precursori (processo chiamato gluconeogenesi) L’insulina gioca un ruolo chiave nel metabolismo del glucosio epatico e nell’utilizzo del glucosio da parte dei muscoli e degli adipociti; ne consegue che livelli inadeguati di insulina tenderanno a causare un aumento della glicemia. Gli squilibri metabolici del diabete riflettono l’ampia azione metabolica dell’insulina. G U I D A D I D AT T I C A : I N T R O D U Z I O N E A L D I A B E T E 10 TORNA AL SOMMARIO
NORMALE METABOLISMO DEL GLUCOSIO Negli individui sani, le concentrazioni glicemiche si mantengono entro limiti molto stretti, con qualche fluttuazione dopo l’assunzione di cibo. Le concentrazioni di glucosio aumentano dopo i pasti, ma pasti normali non innalzeranno la glicemia al di sopra di ~8 mmol/L (144 mg/dL), e la normoglicemia viene solitamente ristabilita entro quattro ore nei soggetti sani (Figura 1-1). Insulina Pasti 70 p
Complessi di acidi grassi non esterificati (NEFA) contenenti glucosio vengono immagazzinati come glicogeno. Per un uomo di 70 kg di peso, sono immagazzinati in totale 700–1000 g di glicogeno (idratato), prevalentemente nel fegato (60–125 g) e nei muscoli scheletrici (400–600 g). Il glicogeno è sintetizzato da glucosio e substrati gluconeogenici (lattato, piruvato e glicerolo, più alcuni amminoacidi). Il fegato ha un ruolo centrale nell’omeostasi del glucosio poiché lo assorbe e immagazzina (come glicogeno) dopo l’assunzione di cibo e lo rilascia nella circolazione tra i pasti (Figura 1-2). Poiché anche i reni sono importanti per l’omeostasi del glucosio, può presentarsi ipoglicemia anche durante un’insufficienza renale. Il glucosio è prodotto mediante la gluconeogenesi nel fegato, dove due molecole a tre atomi di carbonio, come il glicerolo (derivato dalla degradazione dei grassi), sono combinate con lattato o piruvato (derivati dalla glicolisi anaerobica), o altri amminoacidi, per sintetizzare glucosio, che contiene sei atomi di carbonio. Amminoacido Recettore di insulina Glucosio FFA Amminoacido Glucosio Proteina Glicogeno Trigliceride FFA Glicolisi/ossidazione Figura 1-2: la stimolazione del recettore dell’insulina influenza numerosi flussi di metaboliti attraverso la membrana cellulare.1-3 Il glucosio fornisce circa il 40–60% (per una dieta occidentale) della spesa energetica totale della giornata e costituisce la principale fonte energetica post-assorbimento o durante l’esercizio fisico. Tuttavia, le cellule possono anche utilizzare i corpi chetonici o gli acidi grassi per il loro fabbisogno energetico e utilizzare alternativamente tali fonti energetiche. Il glucosio viene intrappolato all’interno di una cellula (dato che tutti i trasportatori di glucosio [GLUT] sono potenzialmente bidirezionali) mediante la sua fosforilazione da parte di una famiglia di esochinasi (ad esempio glucochinasi) alla sua entrata nella cellula. La glucochinasi rappresenta uno stadio limitante la velocità nel metabolismo del glucosio, quindi questo enzima è un fattore determinante cruciale della secrezione di insulina dalle cellule beta. Le mutazioni con perdita di funzione della glucochinasi causano una forma di diabete giovanile con esordio in età matura (MODY). SINTESI, SECREZIONE E AZIONE DELL’INSULINA L’insulina è il principale ormone che regola l’immagazzinamento e il rilascio di energia. Essa è una proteina codificata da geni situati sul cromosoma 11 ed è espressa nelle cellule beta delle insule di Langerhans nel pancreas, le quali sintetizzano e rilasciano l’ormone. Prima del rilascio come ormone attivo, l’insulina esiste come proormone chiamato proinsulina, la cui struttura è mantenuta da una catena di connessione, il peptide C. Quando il peptide C, che è relativamente inattivo, è scisso dalla proinsulina, viene prodotto l’ormone attivo, l’insulina, pronto per la secrezione. Tali eventi cellulari, che innescano il rilascio di insulina dai granuli secretori di queste cellule, sono illustrati nella Figura 1-3. L’insulina entra nella circolazione portale del fegato, un bersaglio primario dell’azione dell’insulina. Il fegato estrae e degrada circa il 50% dell’insulina secreta. Sebbene l’insulina sia il principale regolatore del metabolismo intermedio, le sue azioni possono essere modificate da altri ormoni, inclusi glucagone, adrenalina e steroidi. G U I D A D I D AT T I C A : I N T R O D U Z I O N E A L D I A B E T E 12 TORNA AL SOMMARIO
Assorbimento Rilascio di di glucosio Canale del potassio insulina sensibile ad ATP Canale del calcio voltaggio-dipendente Glut 2 Depolarizzazione K+ Glucosio Ca2+ Glucochinasi ATP/ADP Granuli di riserva Metabolismo Glicolisi, respirazione Cellula beta pancreatica Figura 1-3: secrezione di insulina.1-4 BIOSINTESI DELL’INSULINA L’insulina è un ormone peptidico del peso molecolare di 5807 Dalton che comprende 51 amminoacidi organizzati in due catene collegate da due legami disolfuro (figura 1-4). A-3 Val A-1 Leu in A-5 Gly mut. umano Gln B-6 B-4 B-2 A-2 A-4 A-6 Gly Val Cys Legame disolfuro Leu Ile Glu B-7 Cys B-5 B-3 B-1 A-7 His Asn Phe Legame Cys disolfuro B-8 A-8 Thr Gly Ala in B-9 bovino A-9 Ser A-11 B-10 His Ser Cys A-10 Isl Asp in Val in mut. umano bovino B-11 A-12 Leu Ser B-12 A-13 Val Leu B-13 A-14 Glu Tyr B-14 A-15 Ala Gly A-16 B-15 Leu Leu A-17 B-16 Glu Tyr A-18 B-17 Asn Leu A-19 B-18 B-21 Val B-23 Tyr Glu Gly Legame disolfuro A-20 B-20 B-22 B-19 Gly B-24 Phe Cys Arg Ser in mut. Cys A-21 Asn umano Gly in B-25 Phe Lantus Leu in mut. B-26 umano Tyr B-29 Lvs Pro in Humalog B-27 B-28 Thr Pro B-30 Thr Ala in bovino e suino Figura 1-4: struttura dell’insulina.1-5 G U I D A D I D AT T I C A : I N T R O D U Z I O N E A L D I A B E T E 13 TORNA AL SOMMARIO
SECREZIONE INSULINICA NORMALE Una secrezione insulinica inadeguata e/o l’insulino-resistenza costituiscono le cause di tutte le forme di diabete. Un canale del potassio (K+) ATP-dipendente, sensibile a sulfonilurea, presente sulla membrana delle cellule beta delle insule trasmette il segnale che porta alla chiusura del canale del K+, all’influsso di calcio e alla secrezione (esocitosi) di insulina. Lo stimolante più importante di questo canale è l’iperglicemia, mentre le sulfoniluree, che stimolano il canale, sono usate in terapia. La secrezione di insulina è direttamente correlata all’assunzione di cibo e al contenuto di zuccheri del cibo consumato (Figura 1-5). MILZA Dotto epatico Dotto destro e sinistro pancreatico CISTIFELLEA Dotto epatico comune Dotto biliare CODA comune Dotto cistico CORPO Duodeno Dotto pancreatico accessorio PANCREAS TESTA IL CIBO RICCO DI Papilla duodenale ZUCCHERI STIMOLA IL minore RILASCIO DI INSULINA Papilla duodenale LA MANCANZA DI CIBO maggiore DIGIUNO INIBISCE IL RILASCIO DI INSULINA Figura 1-5: produzione di insulina associata all’assunzione di cibo. G U I D A D I D AT T I C A : I N T R O D U Z I O N E A L D I A B E T E 14 TORNA AL SOMMARIO
SEZIONE 2 ASPETTI SPECIFICI DELLA MALATTIA DIABETICA OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO Al termine di questa sezione si sarà in grado di: • Descrivere l’epidemiologia del diabete e le cause del diabete di tipo 1 e 2 • Spiegare la classificazione del diabete e la sua relazione con glucosio e HbA1c, come pure i test clinici disponibili • Spiegare la sindrome metabolica, le complicazioni del diabete e le presentazioni cliniche del diabete • Identificare le fasi della gestione delle complicazioni diabetiche G U I D A D I D AT T I C A : A S P E T T I S P E C I F I C I D E L D I A B E T E 15 TORNA AL SOMMARIO
EPIDEMIOLOGIA DEL DIABETE MELLITO Il diabete colpisce circa l’8% della popolazione adulta, con un rischio nel corso della vita superiore al 50% in alcuni gruppi etnici (Figura 2-1). La OMS stima che a livello mondiale nel 2010 circa 235 milioni di persone erano affette da diabete e ci si aspetta che tale numero raddoppi, arrivando a circa 438 milioni, entro il 2030. Il diabete rappresenta quindi il più comune disturbo metabolico. Il tasso di aumento dell’incidenza del diabete sta raggiungendo in alcuni paesi proporzioni epidemiche e procede in grande misura in modo analogo all’aumento dell’obesità. Alcune popolazioni, in particolare i nativi americani Pima, i nauruani del Sud Pacifico e gli arabo-sauditi, presentano un’incidenza particolarmente elevata della malattia, in particolare del diabete di tipo 2. Tipicamente i programmi di screening della popolazione a livello mondiale rivelano che per circa la metà dei soggetti affetti da diabete di tipo 2 la malattia non era stata precedentemente diagnosticata. Lo screening per il diabete è quindi raccomandato e viene solitamente concentrato su gruppi ad elevato rischio, a causa del costo dello screening su intere popolazioni. Test relativamente semplici, come il glucosio a digiuno o la HbA1c, sono sempre più raccomandati come fase iniziale di tale screening, ma la HbA1c ha l’aspetto positivo di essere indipendente dalla compliance del soggetto. Europa 2000: 33,3 milioni 2030: 48 milioni Africa Asia e Australasia 2000: 7 milioni 2000: 82,7 milioni Americhe 2030: 18,2 milioni 2030: 190,5 milioni 2000: 33 milioni 2030: 66,8 milioni Medio oriente 2000: 15,2 milioni 2030: 42,6 milioni I dieci paesi con il maggior Prevalenza del diabete (%) negli individui di 35–64 anni di età Anno 2000 2030 numero di individui affetti Posizione Paese Individui affetti da diabete (mln) da diabete sono: 8 India Cina 1 India 31,7 79,4 USA Indonesia 2000 = Numero di individui affetti da diabete nel 2000 2 Cina 20,8 42,3 Giappone Pakistan Russia Brasile 3 USA 17,7 30,3 Italia Bangladesh 2030 = Numero di individui affetti da diabete nel 2030 Fonte: Wild, et al. 2004. Figura 2-1: prevalenza a livello mondiale del diabete negli individui di 35–64 anni di età nel 2000 e corrispondenti cifre previste per il 2030, secondo la OMS. Riprodotto con l’autorizzazione della OMS.2-1 G U I D A D I D AT T I C A : A S P E T T I S P E C I F I C I D E L L A M A L AT T I A D I A B E T I C A 16 TORNA AL SOMMARIO
CAUSA DEL DIABETE DI TIPO 1 Il diabete di tipo 1 è dovuto all’interazione dell’ambiente con una sottostante suscettibilità genetica che porta a una risposta autoimmune, la quale danneggia o distrugge le cellule che secernono insulina. Il rischio di sviluppare il diabete autoimmune ad esordio nell’infanzia è di circa 1 a 400 nella popolazione generale. Il rischio è dell’1,0% nella popolazione adulta, circa del 6% per un fratello/sorella di paziente diabetico e circa del 50% per un gemello monozigotico di paziente diabetico. Nonostante l’aumento dell’incidenza del diabete di tipo 1 nei bambini, specialmente nei bambini molto piccoli, si prevede che entro il 2020 la maggioranza dei bambini affetti da diabete presenterà il diabete di tipo 2. L’incidenza di malattia del diabete di tipo 1 sta aumentando, specialmente nei bambini estremamente piccoli, ma tale incidenza rimane molto al di sotto di quella del diabete di tipo 2 ad esordio in età matura. Si può verificare una lenta progressione a carenza di insulina nei pazienti affetti da diabete autoimmune, con circa il 10% dei pazienti adulti che presentano inizialmente una forma di diabete di tipo 1 che non richiede insulina, chiamato diabete autoimmune latente dell’adulto (LADA). Il LADA è caratterizzato dalla presenza di anticorpi contro la decarbossilasi dell’acido glutammico (GADA) associati al diabete. Probabilmente questa è una forma di diabete di tipo 1 autoimmune che comprende anche il diabete insulino-dipendente ad esordio giovanile e alcuni casi di diabete tendente alla chetosi (KPD). Il diabete di tipo 1 autoimmune è associato ad altre malattie autoimmuni (in particolare la malattia tiroidea autoimmune e la celiachia), ed anche queste mostrano suscettibilità genetica, in gran parte mediata dai geni dell’antigene leucocitario umano (HLA) del cromosoma 6. Nel diabete di tipo 1 autoimmune sono anche coinvolti altri geni della risposta immunitaria e una variante del gene dell’insulina. La natura del fattore ambientale rimane non chiarita. CAUSA DEL DIABETE DI TIPO 2 Il diabete di tipo 2 è dovuto all’interazione dell’ambiente con una sottostante suscettibilità genetica che porta alla perdita dell’omeostasi STORIA NATURALE del glucosio (Figura 2-2). DEL DIABETE MELLITO DI TIPO 2 Azione dell’insulina ia cem Insufficienza gli er delle cellule beta Ip Concentrazione Risposta Y di insulina Necessità di insulina Euglicemia Normalità IGT Sindrome X Diabete Progressione del diabete Insulino-resistenza Disfunzione delle cellule beta Figura 2-2: progressione della risposta nel diabete di tipo 2.2-2 L’ereditabilità del diabete di tipo 2 è elevata e i geni associati a tale rischio includono geni coinvolti nello sviluppo del pancreas e geni associati al rischio di obesità. Un tipico paziente affetto da diabete di tipo 2 è sovrappeso (indice di massa corporea [IMC] medio alla presentazione >27 kg/m2), con una distribuzione centrale dell’obesità (spesso valutata mediante circonferenza della vita o rapporto vita- fianchi: Figura 2-3). Altri fattori di rischio indipendenti per il diabete includono nascita da madre affetta da diabete mellito gestazionale, elevato peso alla nascita oppure peso eccezionalmente basso alla nascita. Il basso peso alla nascita predispone sia al diabete che all’obesità, poiché la malnutrizione intrauterina può pre-programmare il bambino a rispondere in modo inappropriato ad un ambiente con abbondanza calorica. G U I D A D I D AT T I C A : A S P E T T I S P E C I F I C I D E L L A M A L AT T I A D I A B E T I C A 17 TORNA AL SOMMARIO
Le velocità di progressione a diabete di tipo 2 conclamato sono variabili, ma la malattia solitamente si presenta durante la vita adulta. Si prevede che il diabete di tipo 2 ad esordio nell’infanzia diventerà la forma prevalente della malattia entro il 2020 circa. Approssimativamente l’85% dei pazienti con diabete di tipo 2 sono affetti dalla sindrome metabolica, un insieme di iperglicemia, obesità, ipertensione, basso colesterolo HDL e trigliceridi elevati. Tale sindrome non è da considerarsi superiore alla somma delle sue parti e il termine è attualmente usato con cautela; tuttavia essa mostra la natura multipla del processo patologico, riflettendo l’effetto dominante dell’insensibilità all’insulina. RELAZIONE TRA IMC E RISCHIO DI DIABETE DI TIPO 2 100 Uomini Donne 93,2 Rischio relativo corretto per l'età 75 54,0 50 40,3 27,6 42,1 25 15,8 21,3 8,1 2,9 4,3 5,0 1,0 11,6 2,2 2,4 6,7 1,0 1,0 1,0 1,5
TEST PER L’IDENTIFICAZIONE DEL DIABETE GLUCOSIO NELLE URINE La glicosuria non consente di formulare diagnosi di diabete ma suggerisce la necessità di ulteriori accertamenti. Circa l’1% della popolazione è affetto da glicosuria renale, ereditata come tratto autosomico dominante o recessivo associato ad una bassa soglia renale per il glucosio. GLICEMIA La glicemia, in particolare l’OGTT, ha rappresentato lo standard di riferimento per la diagnosi del diabete; tuttavia preoccupazioni riguardanti la riproducibilità dell’OGTT e la limitata compliance, che si aggiungono alla "scomodità" di esecuzione del test, hanno determinato un concentrarsi dell’interesse sulla HbA1c. La glicemia a digiuno rimane un aiuto diagnostico prezioso e il suo utilizzo è determinato dal medico. La glicemia, valutata dal paziente utilizzando sangue capillare oppure in laboratorio utilizzando sangue intero (venoso o capillare), è utile per la gestione della malattia e fornisce informazioni immediate riguardanti la qualità del controllo glicemico. La HbA1c differisce per il fatto che rappresenta una valore medio relativo agli ultimi tre mesi, influenzato prevalentemente dai 30 giorni più recenti. HbA1c La HbA1c ha il vantaggio di essere accurata, semplice e, attualmente, riproducibile grazie alla standardizzazione e armonizzazione dei dosaggi a livello mondiale. Un vantaggio della HbA1c rispetto alla misurazione del glucosio è costituito dal fatto che non si richiede il digiuno e che non sono presenti le difficoltà proprie dell’OGTT. Il cutoff preciso per la diagnosi di diabete rimane controverso. Nella maggior parte degli studi un livello di 6,5% (48 mmol/mol secondo IFCC) è specifico per la diagnosi di diabete, ma manca di sensibilità e può non individuare molti casi. L’accuratezza del test è ulteriormente complicata da molti fattori che modificano i livelli di HbA1c a causa di variabilità biologica, fattori genetici (quali durata di vita degli eritrociti, etnia ed emoglobinopatie), fattori ambientali (ad esempio carenza di ferro) e interferenze (ad esempio con la vitamina C). COMPLICAZIONI DIABETICHE Il diabete è associato a danno ai vasi sanguigni, ai nervi, ai reni e al fondo dell’occhio. Tali cambiamenti hanno un impatto sui grandi vasi sanguigni (malattia macrovascolare) e sui piccoli vasi sanguigni (malattia microvascolare). La glicemia rappresenta un importante determinante di tali rischi. Infatti il livello glicemico che predispone a malattia oculare microvascolare (retinopatia diabetica) è alla base dell’attuale definizione di diabete (Figura 2-4).2-4 NORMALITÀ RETINOPATIA DIABETICA Emorragia Essudati cotonosi Crescita anomala dei vasi sanguigni Edema maculare Microaneurisma Retinopatia non proliferante Retinopatia proliferante Figura 2-4: retinopatia di origine diabetica.2-4 G U I D A D I D AT T I C A : A S P E T T I S P E C I F I C I D E L L A M A L AT T I A D I A B E T I C A 19 TORNA AL SOMMARIO
MALATTIA MACROVASCOLARE La malattia macrovascolare associata al diabete include la malattia cardiovascolare, cerebrovascolare e vascolare periferica. Clinicamente queste patologie sono rispettivamente associate a ictus, angina e claudicazione. Il rischio di sviluppare una malattia macrovascolare clinicamente significativa è cinque volte maggiore in un paziente affetto da diabete che in un individuo non diabetico. I principali fattori di rischio modificabili associati a questa complicazione della malattia includono fumo, obesità, ipertensione e dislipidemia, nonché, in una certa misura, iperglicemia. L’insieme di questi fattori di rischio, tranne il fumo, costituisce la sindrome metabolica (Figura 2-5), che è la somma delle sue parti e pertanto rappresenta una preziosa guida per ricordare ai medici l’ampiezza delle strategie di gestione.2-5 Cervello Arterie Miocardio Macrofagi Fegato Pancreas Vasi sanguigni di resistenza INSULINA Grasso Macrofagi Capillari Muscolo Figura 2-5: sindrome metabolica. G U I D A D I D AT T I C A : A S P E T T I S P E C I F I C I D E L L A M A L AT T I A D I A B E T I C A 20 TORNA AL SOMMARIO
MALATTIA MICROVASCOLARE La malattia microvascolare è associata a retinopatia, neuropatia e nefropatia, tipicamente risultanti da danno ai capillari più piccoli. Clinicamente queste patologie possono essere associate rispettivamente a disturbi visivi, intorpidimento dei piedi e presenza di proteine nelle urine. Nei casi peggiori queste stesse complicazioni microvascolari possono portare a cecità, ulcere/amputazioni dei piedi e insufficienza renale. I principali fattori di rischio modificabili associati alla malattia microvascolare sono gli stessi della malattia macrovascolare, ossia fumo, obesità, ipertensione, dislipidemia e iperglicemia, ma l’iperglicemia rappresenta un fattore maggiormente dominante. Dato il differente effetto dell’iperglicemia sulla malattia microvascolare e sulla malattia macrovascolare, è stato affermato che il diabete è una patologia che comprende due malattie: una malattia associata a malattia macrovascolare (e ai suoi fattori di rischio associati) e l’altra associata a malattia microvascolare (prevalentemente dovuta all’iperglicemia). COSTO DEL DIABETE Il diabete determina un costo notevole. Tale costo è dovuto alla prevalenza della malattia (specialmente del diabete di tipo 2), alla cronicità della malattia, alla gravità delle complicazioni, e al fatto che sia la malattia che le sue complicazioni possono essere trattate (Figura 2-6). I costi diretti (stimati come i costi di trattamento, diagnosi e cure mediche) sono approssimativamente pari ai costi indiretti (perdita di produzione economica dovuta a malattia o morte), almeno nei paesi industrializzati, e circa il 75% dei costi diretti riguarda la gestione delle complicazioni diabetiche croniche a lungo termine (Figura 2-6).
DIABETE DI TIPO 1 I bambini affetti da diabete di tipo 1 solitamente necessitano di trattamento con insulina dal momento della diagnosi. Tuttavia, la maggioranza dei pazienti adulti affetti da diabete autoimmune non necessitano di insulina, almeno inizialmente, e la maggior parte rimane indipendente dall’insulina per molti anni. I regimi insulinici includono più iniezioni di insulina, con un mix di insulina ad azione rapida e ad azione lenta, oppure pompe per l’infusione sottocutanea continua di insulina. DIABETE DI TIPO 2 I pazienti affetti da diabete di tipo 2 sono solitamente gestiti mediante terapie orali o iniezioni con sostanze diverse da insulina. Tipicamente il trattamento è cumulativo, implicando dieta ed esercizio fisico inizialmente, a cui si aggiunge la terapia orale e quindi progressivamente più compresse o sostanze iniettabili (come un agonista GLP-1 o l’insulina). I regimi insulinici spesso iniziano con insulina ad azione lenta assunta al momento di coricarsi, ma possono poi evolvere in regimi simili a quelli per il diabete di tipo 1, benché solitamente non includenti pompe per l’infusione sottocutanea di insulina. Il ruolo della chirurgia bariatrica rimane dubbio, ma la chirurgia viene proposta ai pazienti affetti da marcata obesità e iperglicemia refrattaria al trattamento convenzionale. Il numero di terapie, le risposte variabili a tali terapie e la gamma di effetti collaterali hanno condotto ad un approccio più personalizzato, come illustrato nelle più recenti linee guida. Terapie orali attualmente in uso includono metformina, sulfoniluree, glinidi, inibitori della dipeptidil peptidasi IV (DPPIV), inibitori del trasportatore sodio-glucosio (SGLT2), glitazoni e acarbosio. Le sostanze terapeutiche iniettabili includono agonisti GLP-1 e insulina. DIETA ED ESERCIZIO FISICO L’assunzione eccessiva di calorie e l’inadeguato esercizio fisico hanno un ruolo centrale nell’epidemia di diabete di tipo 2; ne consegue che la dieta e l’esercizio fisico sono fondamentali per la gestione del diabete di tipo 2 e in effetti per tutte le forme di diabete, come pure le misure volte a evitare l’evoluzione dell’alterata tolleranza al glucosio in diabete. Il rispetto a lungo termine di qualsiasi piano dietetico è notoriamente difficile. I consigli dietetici sono in gran parte empirici. Un approccio ragionevole consiste nel suggerire una dieta non differente da quella proposta alla popolazione sana, possibilmente con una particolare enfasi sull'astensione dal consumo di zuccheri raffinati. I pazienti sovrappeso (IMC 25– 30 kg/m2) dovrebbero iniziare una dieta dimagrante di circa 4–6 MJ (megajoule, o 1000–1600 kcal) al giorno (Figura 2-7). Sebbene le diete a basso contenuto di grassi abbiano soltanto un impatto ridotto sul colesterolo sierico, esse possono limitare l’aumento dei trigliceridi sierici. L’alcol non deve essere bandito, ma si deve tener conto del suo contenuto energetico; l’obiettivo è
GESTIONE DEL DIABETE 10 9 8 7 6 5 Glicemia 4 3 2 1 Figura 2-7. Gestione del diabete con dieta ed esercizio fisico.2-7 G U I D A D I D AT T I C A : A S P E T T I S P E C I F I C I D E L L A M A L AT T I A D I A B E T I C A 23 TORNA AL SOMMARIO
DOMANDE DI REVISIONE: SEZIONI 1 E 2 Le risposte sono disponibili alla fine di questa guida didattica. 1. Esistono molte forme diverse di diabete 5. Circa l’85% dei pazienti con diabete di tipo mellito, ma le due forme principali, che 2 sono affetti da sindrome metabolica, che sono responsabili del 98% dei casi, sono è caratterizzata da un insieme di patologie, il diabete di tipo 1 e il diabete di tipo 2. inclusi: Approssimativamente di quale percentuale è A Iperglicemia responsabile il diabete di tipo 2? B Obesità A 75% C Ipertensione B 90% Basso colesterolo HDL e trigliceridi D C 50% elevati D 10% Tutte le affermazioni precedenti E 2. Il diabete rappresenta un problema di 6. Il diabete di tipo 1 è dovuto all’interazione dimensioni mondiali; secondo le previsioni dell’ambiente con una sottostante della OMS quanti milioni di persone saranno suscettibilità genetica che porta a una risposta colpiti dal diabete entro il 2030? autoimmune, la quale danneggia o distrugge le A 238 cellule che secernono insulina. B 100 A Vero C 438 B Falso D 450 7. I principali fattori di rischio modificabili 3. Il diabete è una patologia in cui: associati a malattia microvascolare e malattia macrovascolare includono: A Il corpo non produce sufficiente insulina A Fumo B Gli eritrociti hanno una forma scorretta B Obesità, ipertensione e dislipidemia Il corpo produce insulina che non C funziona in modo efficace C Iperglicemia AeC D D Tutte le affermazioni precedenti 4. Il diabete di tipo 1 viene classificato 8. La malattia microvascolare è associata principalmente secondo: a retinopatia, neuropatia e nefropatia, tipicamente risultanti da danno ai capillari L’età del paziente alla diagnosi A più piccoli. Clinicamente, queste patologie B La dipendenza da insulina possono portare a tutte le seguenti conseguenze, eccetto: L’insulino-resistenza C A Cecità La predisposizione genetica D B Insufficienza renale E Tutte le affermazioni precedenti C Infarti D Ulcere/amputazioni dei piedi G U I D A D I D AT T I C A : A S P E T T I S P E C I F I C I D E L L A M A L AT T I A D I A B E T I C A 24 TORNA AL SOMMARIO
SEZIONE 3 METODI PER LA DETERMINAZIONE DI HbA1c: METODOLOGIE DI DOSAGGIO E STANDARDIZZAZIONE IFCC OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO Al termine di questa sezione si sarà in grado di: • Descrivere i vari metodi di riferimento e di produzione per la misurazione di HbA1c • Spiegare l’impatto di varianti e derivati di HbA1c e delle condizioni preanalitiche del campione sui metodi di misurazione • Identificare la metodologia di riferimento del sistema di standardizzazione IFCC • Comprendere e applicare il modello degli obiettivi qualitativi IFCC per la HbA1c a livello di un singolo laboratorio e di un gruppo di laboratori G U I D A D I D AT T I C A : M E T O D I P E R L A D E T E R M I N A Z I O N E D I Hb A 1c: 25 TORNA AL SOMMARIO M E T O D O L O G I E D I D O S A G G I O E S TA N D A R D I Z Z A Z I O N E I F C C
METODOLOGIE DI DOSAGGIO DI HbA1c Una diagnosi e un monitoraggio del controllo diabetico efficaci ed efficienti richiedono un buon marcatore per la stima della glicemia media relativa ad un periodo di una certa lunghezza. La HbA1c soddisfa tale necessità di un siffatto indicatore affidabile che possa guidare la terapia. La HbA1c è la frazione di emoglobina che presenta glucosio legato alla valina N-terminale della catena β. La reazione di glicazione dipende dalla durata del tempo per cui gli eritrociti sono presenti nella circolazione e dai livelli ambientali di glucosio. Poiché gli eritrociti hanno una durata di vita di 3–4 mesi, la HbA1c riflette i livelli glicemici medi dei tre mesi precedenti. L’importanza ricoperta dalla HbA1c come uno dei principali strumenti diagnostici è solidamente riconosciuta e pertanto non sorprende che per essa siano stati sviluppati molti dosaggi commerciali. I metodi presentano specificità e selettività differenti e, con esse, lo possono potenzialmente essere anche i valori della HbA1c. Per rendere possibile un uso clinico ottimale, i risultati di metodi diversi dovrebbero essere equivalenti. Il sistema di riferimento IFCC per la HbA1c serve come punto di riferimento analitico per la standardizzazione di tutti i metodi commerciali per la HbA1c. Questo capitolo tratta dei principi analitici su cui si basano i principali metodi commerciali e del sistema di riferimento IFCC. METODI COMMERCIALI PRINCIPALI Esistono due principali concetti analitici che si basano rispettivamente su: (1) separazione e quantificazione delle frazioni e (2) reazioni chimiche (Figura 3-1). I principi analitici derivati da tali concetti sono illustrati nelle Figure da 3-2A a 3-2E. METODOLOGIE PER HBA1C Di separazione Chimiche Differenze di carica HPLC a scambio Elettroforesi Cromatografia Dosaggi Dosaggi enzimatici ionico capillare di affinità immunometrici STANDARDIZZAZIONE IFCC Figura 3-1: metodologie per HbA1c. G U I D A D I D AT T I C A : M E T O D I P E R L A D E T E R M I N A Z I O N E D I Hb A 1c: 26 TORNA AL SOMMARIO M E T O D O L O G I E D I D O S A G G I O E S TA N D A R D I Z Z A Z I O N E I F C C
A: Cromatografia di affinità B: Elettroforesi capillare Hb NH CH2 Hb NH CH2 O–C O–C HO—CH HC—OH OH OH NH OH HO—CH O — CH B NH B OH HO—CH O — CH CH, OH CH, OH Acido boronico immobilizzato Emoglobina glicata C: Dosaggio immunometrico D: Cromatografia a scambio ionico + Hb + Carica fissa [B-COO–] Eccesso di anticorpi Polyhaphem anti-HbA1c – + Resina Trasmittanza Controione [Na+] Concentrazione Complesso anticorpo-polyhaphem FASE MOBILE FASE STAZIONARIA Misurazione con turbidimetro E: Dosaggio enzimatico ESTREMITÀ N-TERMINALE DELLA CATENA BETA Fru-Val-His-Leu-Thr- Fru-Val-His-Leu-Thr- Cellule Met Azide-met Fruttosil- ematiche Hb Hb peptide H2O2 Color Hb peptide Agente Agente Agente Proteasi Enzima POD e emolitico ossidante stabilizzante fruttosil-peptide ossidasi agente colorante Pretrattamento Prima reazione Seconda reazione (misurazione di Hb) (misurazione di HbA1c) Figura 3-2: principi analitici. METODI DI SEPARAZIONE L’emoglobina glicata (HbA1c o A1c) e l’emoglobina non glicata (A0) possiedono differenti proprietà che permettono la separazione di entrambe le frazioni e la quantificazione di A1c come frazione della somma A1c + A0. Tale concetto viene applicato con la cromatografia a scambio ionico (IEC), l’elettroforesi capillare (EC) e la cromatografia di affinità (AC). G U I D A D I D AT T I C A : M E T O D I P E R L A D E T E R M I N A Z I O N E D I Hb A 1c: 27 TORNA AL SOMMARIO M E T O D O L O G I E D I D O S A G G I O E S TA N D A R D I Z Z A Z I O N E I F C C
Cromatografia a scambio ionico (IEC) A causa del legame del glucosio all’estremità costituita dalla valina β, il punto isoelettrico di A1c differisce di 0,02 unità pI da quello di A0. Ciò rappresenta una differenza isoelettrica sufficiente per consentire la separazione mediante IEC, ma tale differenza è così piccola che solamente appositi strumenti per cromatografia liquida ad alta prestazione (HPLC) daranno prestazioni soddisfacenti.3-1 I campioni vengono sottoposti al dosaggio uno alla volta, e ciò stimola i produttori a trovare un equilibrio tra la più elevata cadenza analitica e la qualità della separazione. Oltre ad A0 e A1c, nel cromatogramma sono visibili altre frazioni emoglobiniche, come l’emoglobina fetale (HbF), emoglobine minori (HbA1a/b) e l’emoglobina carbammilata, nonché varianti genetiche come l’emoglobina delle cellule falciformi (HbS). Ciò può essere considerato un vantaggio (rivelazione di varianti) o uno svantaggio (potenziale interferenza con HbA1c). La Figura 3-3 mostra un tipico cromatogramma IEC eseguito da uno dei più nuovi strumenti commerciali: in una corsa di circa 70 secondi vengono separate A1c e A0 e si osservano le frazioni minori X e Y. Non è presente separazione alla baseline: è richiesto uno stretto controllo delle condizioni di separazione (colonna ed eluenti) e del software (calibrazione, impostazioni di cutoff e di baseline) per ottenere prestazioni ottimali. Elettroforesi capillare Anche questo metodo utilizza le differenze di carica. Il campo elettrico a elevato voltaggio (10.000 volt) e il flusso elettroosmotico inducono una buona separazione. La Figura 3-3 mostra l’elettroforetogramma caratteristico: A1c e A0 sono separate più che completamente l’una dall’altra e dalle emoglobine minori X e Y. Il tempo di corsa di circa 300 secondi è sostanzialmente più lungo di quello della IEC, ma viene raggiunta una cadenza analitica elevata con il funzionamento in parallelo di più (2–12) capillari.3-2 Come con la IEC, si osservano le varianti emoglobiniche, cosa che può essere ritenuta un vantaggio oppure uno svantaggio. La separazione affidabile delle frazioni richiede un controllo meno stringente delle condizioni rispetto alla IEC. Piccoli cambiamenti dei tamponi e del campo elettrico non avranno alcun impatto sulla quantificazione. La vera difficoltà di questo metodo risiede nell’ottenere una calibrazione esattamente identica nei capillari in parallelo. DIFFERENZA DI CARICA: TRACCIATI DI SEPARAZIONE A0 A0 A0 A1c XY A1c A1c X Y 0 30 60 HPLC a scambio ionico Elettroforesi capillare Cromatografia di affinità Figura 3-3: tipici tracciati di separazione di IEC, EC e AC. A0 rappresenta l’emoglobina non glicata e A1c rappresenta l’emoglobina glicata. X rappresenta altre frazioni di HbA e Y rappresenta specificamente le frazioni di HbA2. G U I D A D I D AT T I C A : M E T O D I P E R L A D E T E R M I N A Z I O N E D I Hb A 1c: 28 TORNA AL SOMMARIO M E T O D O L O G I E D I D O S A G G I O E S TA N D A R D I Z Z A Z I O N E I F C C
Cromatografia di affinità La cromatografia di affinità stima le frazioni di eluizione sia di emoglobina glicata (GHb, prevalentemente ma non esclusivamente HbA1c) che di emoglobina non glicata (NGHb, prevalentemente ma non esclusivamente HbA0). Il glucosio della GHb ha affinità per l’acido boronico, mentre ciò non si verifica per la NGHb. Pertanto la NGHb scorrerà liberamente attraverso una colonna contenente resina rivestita di acido borbonico, mentre la GHb verrà rallentata e quindi separata dalla NGHb.3-3 Ciò dà luogo al cromatogramma AF in cui, diversamente da quanto accade nella IEC e nella EC, la NGHb si presenta per prima, seguita dalla GHb (Figura 3-3). Un’altra caratteristica è rappresentata dal fatto che si osservano solamente due frazioni: l’emoglobina glicata e quella non glicata, le quali eluiscono indipendentemente dalla struttura molecolare delle catene proteiche. Ciò implica che le varianti non possono essere distinte: le varianti glicate eluiscono nella frazione GHb e le varianti non glicate nella frazione NGHb. Di nuovo, ciò può essere considerato un vantaggio o uno svantaggio. La glicazione non è limitata all’estremità N-terminale costituita da valina della catena β, ma si verifica per un ulteriore 40% su circa 10 residui di lisina delle catene sia α che β. Queste "altre" glicoemoglobine eluiscono nella frazione GHb. Poiché esse si formano proporzionalmente a HbA1c, la GHb può essere espressa in unità di HbA1c quando lo strumento è appropriatamente calibrato. Un prerequisito per l’equivalenza dei risultati con gli standard di calibrazione è che le emoglobine del paziente possiedano catene β. Ciò è vero per tutte le principali varianti emoglobiniche, con l’eccezione di HbF. Poiché HbF è priva dell’estremità N-terminale costituita da valina, essa presenta un tasso di glicazione inferiore, quindi, quando è presente in quantità notevoli (arbitrariamente >10%, di norma è al di sotto del 2%) i risultati saranno erroneamente bassi. METODI CHIMICI I metodi chimici richiedono due dosaggi indipendenti, rispettivamente di HbA1c e dell’emoglobina totale. La HbA1c è misurata sulla base di una specifica reazione chimica con la valina N-terminale glicata della catena β. L’emoglobina totale è misurata fotometricamente in parallelo. La combinazione di entrambi i risultati dei test permette di calcolare la HbA1c come frazione dell’emoglobina totale. Il fatto che la HbA1c derivi da due test può avere un impatto negativo sulla precisione. Il vantaggio dei metodi chimici risiede nel fatto che possono essere eseguiti su generali strumentazioni di analisi chimica. Dosaggi immunometrici Un eccesso di anticorpi anti-HbA1c viene combinato con il campione prelevato dal paziente. Gli anticorpi si legano alla HbA1c, dando luogo alla formazione di un complesso di immunolattice. Gli immunocomplessi risultanti causano intorbidimento, che può essere misurato fotometricamente con turbidimetri, nefelometri o spettrofotometri.3-4 L’emoglobina totale è misurata in bicromatismo durante la fase di preincubazione nella stessa cuvetta. Le varianti emoglobiniche non vengono rivelate e non interferiscono nella maggior parte dei dosaggi, fintanto che la specificità dell’anticorpo è appropriata. Solamente quando sono presenti quantità notevoli di HbF e HbA2 (varianti prive di catene β) possono essere ottenuti risultati erroneamente ridotti. Come per tutti i dosaggi immunometrici, non è presente una relazione lineare tra concentrazione e segnale, cosa che rende la calibrazione a più punti necessaria per ottenere risultati accurati nell’intervallo di HbA1c pertinente. Dosaggi enzimatici Nei dosaggi enzimatici è utilizzata una fruttosil-peptide proteasi per scindere la catena β, liberando il fruttosil-peptide. Il peptide risultante, prevalentemente il dipeptide, è lasciato reagire con la fruttosil- peptide ossidasi. La concentrazione di HbA1c è misurata determinando il perossido di idrogeno risultante mediante un reagente che genera colorazione. In parallelo viene misurata fotometricamente l’emoglobina totale come metaemoglobina formata nel processo di pretrattamento.3-5 Le varianti non creano interferenze (tranne HbF o HbA2 potenzialmente aumentate, a causa delle catene b mancanti nel campione). La bilirubina in concentrazioni elevate può potenzialmente interferire e deve essere accertata. G U I D A D I D AT T I C A : M E T O D I P E R L A D E T E R M I N A Z I O N E D I Hb A 1c: 29 TORNA AL SOMMARIO M E T O D O L O G I E D I D O S A G G I O E S TA N D A R D I Z Z A Z I O N E I F C C
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