Diabete Collana Guide Didattiche - DIAGNOSTICA - Abbott Diagnostics

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Diabete Collana Guide Didattiche - DIAGNOSTICA - Abbott Diagnostics
DIAGNOSTICA

Diabete
Collana Guide Didattiche
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RINGRAZIAMENTI
                                             DAVID LESLIE
                                             David Leslie è medico specialista e professore di diabetologia e autoimmunologia a
                                             Londra, Regno Unito. È stato co-redattore della rivista Diabetes Metabolism Research and
                                             Reviews, reviews editor della rivista Diabetic Medicine e membro del comitato editoriale
                                             della rivista Diabetes Care. Precedentemente è stato presidente dell’Association of
                                             Physicians of Great Britain and Ireland.

                                             CAS WEYKAMP
                                             Il dottor Weykamp è biochimico clinico e direttore del laboratorio MCA dell’ospedale
                                             Queen Beatrix a Winterswijk, nei Paesi Bassi. È organizzatore a livello nazionale del
                                             programma di valutazione esterna della qualità EQA (test di idoneità) dei laboratori
                                             medici e produce la maggior parte dei campioni richiesti per tali programmi nel suo
                                             laboratorio certificato ISO 13485. Il dottor Weykamp è un esperto riconosciuto a livello
                                             mondiale della standardizzazione e certificazione di HbA1c ed è attualmente il
                                             coordinatore di rete del gruppo di laboratori che eseguono il metodo di riferimento della
                                             International Federation of Clinical Chemistry and Laboratory Medicine (IFCC),
                                             responsabile per la standardizzazione a livello mondiale dei dosaggi di HbA1c.

                                             ANDREA MOSCA
                                             Il professor Andrea Mosca è un biochimico clinico con una vasta conoscenza tecnica
                                             ed esperienza sulle strumentazioni di analisi chimica, ematologica e immunochimica.
                                             Il professor Mosca è membro dal 1986 della Società Italiana di Biochimica Clinica e
                                             Biologia Molecolare Clinica (SIBioC-Medicina di Laboratorio) e siede nel consiglio
                                             direttivo di tale organizzazione. È stato segretario del gruppo di lavoro IFCC sulla
                                             standardizzazione dell’emoglobina A1c e membro del gruppo di lavoro IFCC sui test
                                             Point-of-Care (PoCT). Attualmente ricopre la carica di presidente del gruppo di lavoro
                                             IFCC sulla standardizzazione dell’emoglobina A2.

                                             RANDIE R. LITTLE
                                             Randie R. Little è professoressa incaricata di attività di ricerca presso il Dipartimento di
                                             Patologia e Anatomia ed il Dipartimento di Pediatria dell’Università del Missouri, e dirige
                                             il Laboratorio di Diagnostica del Diabete. La dottoressa Little è la coordinatrice della
                                             rete NGSP ed è membro del comitato direttivo dell’NGSP e del Progetto Integrato IFCC
                                             sulla HbA1c. Ha pubblicato più di 100 articoli nel campo dei test per il diabete. Le aree di
                                             interesse del suo lavoro di ricerca includono i test e la standardizzazione dell’emoglobina
                                             glicata (HbA1c), la valutazione e il confronto di metodi relativi alla HbA1c, l’uso
                                             della HbA1c per la diagnosi e lo screening del diabete, l’uso dell’albumina glicata e la
                                             standardizzazione della misurazione dell’insulina e del peptide C.

                                             GARRY JOHN
                                             Garry John è consulente e professore di biochimica clinica e vanta una vasta
                                             conoscenza tecnica ed esperienza nell’ambito della chimica della HbA1c e del diabete.
                                             Il professor John è un esperto riconosciuto a livello mondiale della standardizzazione
                                             dell’emoglobina A1c e della certificazione e dell’uso della HbA1c nel diabete. Il
                                             professor John è stato presidente del gruppo di lavoro IFCC sulla standardizzazione
                                             dell’emoglobina A1c, il quale ha sviluppato la procedura di misurazione di riferimento
                                             che ha permesso la standardizzazione a livello mondiale delle misurazioni di HbA1c.
                                             Attualmente presiede la task force IFCC sull’implementazione della standardizzazione
                                             di HbA1c e ha collaborato strettamente con numerose organizzazioni internazionali,
                                             inclusa l’Organizzazione Mondiale della Sanità e la International Diabetes Federation,
                                             in relazione a numerose iniziative per il miglioramento della cura del diabete.

                                             SCOTT A. RUETTEN
                                             Il redattore Scott A. Ruetten è direttore di programma di ricerca e sviluppo presso
                                             Abbott Diagnostics.

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COME UTILIZZARE QUESTA
                                             GUIDA DIDATTICA
                                             Questa guida è organizzata in sei sezioni e un’appendice. Ciascuna
                                             sezione include un elenco di obiettivi di apprendimento e, alla fine,
                                             alcune domande. L’appendice include la bibliografia per ciascuna sezione,
                                             nonché letture consigliate per approfondire gli argomenti trattati nella
                                             guida, un glossario dei termini e le risposte corrette alle domande della
                                             sezione.
                                             Questa guida didattica costituisce (1) una panoramica sul diabete e (2)
                                             una guida per l’uso dell’emoglobina glicata (HbA1c) come strumento
                                             clinico per lo screening dello stato di salute generale e il monitoraggio
                                             dei pazienti che si sospetta siano affetti da diabete, nonché dei pazienti
                                             a cui è già stata diagnosticata questa patologia. La guida presenta una
                                             panoramica delle metodologie di riferimento, dei metodi di dosaggio
                                             disponibili, della standardizzazione e della certificazione. La guida
                                             fornisce anche una panoramica sulla fisiologia della HbA1c e dei
                                             relativi derivati o varianti emoglobinici nonché sulle raccomandazioni/
                                             precauzioni per l’uso di HbA1c nella pratica clinica.

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INDICE
                                             RINGRAZIAMENTI  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  . 2

                                             COME UTILIZZARE QUESTA GUIDA DIDATTICA .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  . 3

                                             PREMESSA .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  . 5

                                             SEZIONE 1: DAVID LESLIE
                                             INTRODUZIONE AL DIABETE  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  . 6

                                             SEZIONE 2: DAVID LESLIE
                                             ASPETTI SPECIFICI DELLA MALATTIA DIABETICA  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  . 15

                                             SEZIONE 3: CAS WEYKAMP
                                             METODI PER LA DETERMINAZIONE DI HbA1c:
                                             METODOLOGIE DI DOSAGGIO E STANDARDIZZAZIONE IFCC .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  . 25

                                             SEZIONE 4: ANDREA MOSCA
                                             EMOGLOBINA GLICATA E INFLUENZA DI VARIANTI E DERIVATI .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  . 35

                                             SEZIONE 5: RANDIE R. LITTLE
                                             STANDARDIZZAZIONE IFCC E PROGRAMMI DI CERTIFICAZIONE NGSP  .  .  . 46

                                             SEZIONE 6: GARRY JOHN
                                             PRATICA CLINICA E RACCOMANDAZIONI PER L’USO DEL TEST DI HbA1c  .  .  . 58

                                             APPENDICE
                                             APPENDICE A: GLOSSARIO DEI TERMINI .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  . 70
                                             APPENDICE B: BIBLIOGRAFIA  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  . 75
                                             APPENDICE C: RISPOSTE CORRETTE .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  .  . 82

In copertina: modello di insulina umana

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PREMESSA
                                             Il diabete mellito ha assunto le proporzioni di un’epidemia mondiale,
                                             colpendo fisicamente più di 300 milioni di persone, con un impatto economico
                                             sull’assistenza sanitaria dell’ordine dei miliardi di dollari. Con l'evoluzione
                                             delle conoscenze sul diabete nell'arco degli ultimi 25-50 anni, sono cambiate
                                             anche le opzioni per i criteri diagnostici. Dai giorni in cui si assaggiava l’urina
                                             per verificarne la dolcezza è avvenuta un’evoluzione che ha portato a dispositivi
                                             palmari che possono essere utilizzati al letto del paziente e a strumenti di
                                             laboratorio che eseguono centinaia di test all’ora per diagnosticare e monitorare il
                                             diabete.
                                             Negli anni '60 si era consolidato l'utilizzo del test di tolleranza al glucosio orale
                                             (OGTT) per l’identificazione del diabete di tipo 2 (precedentemente chiamato
                                             diabete ad esordio in età matura o non insulino-dipendente). Purtroppo
                                             esistevano incoerenze relative al modo in cui il test doveva essere eseguito,
                                             alla quantità di glucosio che doveva essere ingerita e ai cutoff diagnostici della
                                             glicemia. Entro il 1980 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) aveva
                                             standardizzato tali parametri, e da allora si sono utilizzati più comunemente per
                                             la diagnosi i valori di glucosio plasmatico a digiuno (FPG), specialmente negli
                                             Stati Uniti.
                                             I recenti progressi nelle prestazioni analitiche dei dosaggi utilizzati per misurare
                                             l’emoglobina glicata (HbA1c) hanno consentito l’introduzione di un nuovo
                                             standard di test di laboratorio per il diabete. La HbA1c è una specifica sub-frazione
                                             di emoglobina glicata che si forma tramite legame del glucosio all’estremità
                                             N-terminale della catena beta dell’emoglobina (Hb). La durata di vita media
                                             degli eritrociti umani è approssimativamente di 90–120 giorni; di conseguenza
                                             la concentrazione di HbA1c riflette strettamente il livello di glicemia medio
                                             durante tale periodo. La HbA1c risulta pertanto adatta per il monitoraggio del
                                             controllo a lungo termine della glicemia negli individui affetti da diabete. Come
                                             mostrato attraverso gli studi Diabetes Control and Complications Trial (DCCT) e
                                             United Kingdom Prospective Diabetes Study (UKPDS), il rischio di complicazioni
                                             diabetiche, incluse nefropatia e retinopatia diabetiche, aumenta in correlazione
                                             con uno scarso controllo glicemico. La HbA1c è un indicatore dei rischi di sviluppo
                                             e progressione di queste complicazioni nei soggetti affetti da diabete.
                                             Gli strumenti diagnostici e di monitoraggio continuano a migliorare
                                             l’individuazione e il monitoraggio del diabete. I recenti progressi nei metodi di
                                             produzione, nei materiali di riferimento e nelle metodologie di riferimento hanno
                                             portato all’uso della HbA1c per la diagnosi del diabete. Recenti raccomandazioni
                                             per l’uso di HbA1c come strumento diagnostico per il diabete sono state
                                             attualmente pubblicate dalla OMS, dalla American Diabetes Association (ADA)
                                             e nell’Unione Europea (UE). È necessaria un’attenta comprensione delle
                                             condizioni del paziente e del metodo del produttore per assicurarsi di utilizzare
                                             in maniera affidabile la HbA1c per il monitoraggio e la diagnosi del diabete.

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SEZIONE 1
                                           INTRODUZIONE AL DIABETE

                                           OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO
                                           Al termine di questa sezione si sarà in grado di:

                                           • Dare la definizione di diabete e descriverne prevalenza e cause a livello mondiale

                                           • Spiegare la classificazione del diabete e la sua relazione con glucosio e HbA1c

                                           • Identificare la causa del diabete con riferimento all’insulina, e del diabete di tipo 1
                                             e tipo 2

                                           • Specificare i fattori che determinano quando non deve essere utilizzata HbA1c a
                                             scopi diagnostici

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DIABETE MELLITO
               Il diabete mellito è descritto nel modo migliore come una patologia o condizione metabolica
               caratterizzata da iperglicemia. L’iperglicemia può essere causata da difetti nella secrezione di insulina,
               difetti nell’azione dell’insulina o, più spesso, entrambi.
               La diagnosi di diabete può presentare delle difficoltà, poiché tipicamente non viene compiuta sulla base
               di un singolo test ematico; tuttavia un’elevata glicemia a digiuno farà sospettare che il paziente possa
               essere affetto da diabete, e ciò solitamente porta a ulteriori controlli e analisi.
               Oggi solitamente si diagnostica il diabete quando viene identificata un’iperglicemia cronica mediante
               glicemia a digiuno persistentemente elevata, associata a glucosio elevato dopo test di tolleranza al
               glucosio orale, oppure HbA1c superiore al cutoff clinico. Un paziente può presentare sintomi del
               diabete, come sete o poliuria. I criteri diagnostici presentati di seguito sono basati sulla definizione di
               diabete mellito data dalla OMS nel 2000.

               Criteri per la diagnosi di diabete mellito
               I test diagnostici sul paziente rivelano almeno una delle seguenti condizioni:
               A. S
                   intomi del diabete, più una concentrazione di glucosio plasmatico casuale di 11,1 mmol/L (200 mg/dL),
                  dove casuale è definito come di qualsiasi momento del giorno indipendentemente dal tempo trascorso
                  dall’ultimo pasto del paziente. Sintomi classici del diabete includono poliuria, polidipsia e perdita di
                  peso inspiegabile.
               B. L
                   ivello di glicemia a digiuno di 7,0 mmol/L (126 mg/dL), dove a digiuno è definito come in assenza di
                  apporto calorico per almeno otto ore.
               C. G
                   lucosio a due ore post-carico di 11,1 mmol/L (200 mg/dL) durante un OGTT. Il test deve essere
                  eseguito come descritto dalla OMS, utilizzando un carico di glucosio contenente l’equivalente di
                  75 grammi di glucosio anidro dissolto in acqua.
               In assenza di iperglicemia inequivocabile, questi criteri devono essere confermati ripetendo il test in
               una diversa giornata. La terza misura (OGTT) non è raccomandata per l’uso clinico di routine.

               DIAGNOSTICARE IL DIABETE
               I criteri della OMS considerano solamente l’uso di valori a digiuno e 120 minuti dopo un OGTT per
               stabilire una diagnosi di diabete. Punti temporali intermedi sono utilizzati nei criteri del National
               Diabetes Data Group (NDDG). Poiché la riproducibilità dell’OGTT è scarsa e l’implementazione
               del test è difficile sia per il medico che per il paziente, si è verificato un passaggio all’utilizzo delle
               concentrazioni di glucosio a digiuno o, più recentemente dell’emoglobina glicata.
               L’emoglobina glicata, o emoglobina A1c (HbA1c), è più affidabile sia analiticamente che funzionalmente,
               poiché non richiede né il digiuno né un carico di glucosio. Inoltre la HbA1c possiede un elevato valore
               predittivo positivo per il diabete per un cutoff superiore a 6,5% (o 48 mmol/mol, come raccomandato
               dalla International Federation of Clinical Chemistry and Laboratory Medicine [IFCC]). I soggetti
               possono essere affetti da diabete secondo altri criteri e a livelli di HbA1c inferiori. Sicuramente un
               livello di HbA1c pari a 6,0% (42 mmol/mol secondo IFCC) o superiore è solitamente considerato
               anomalo e richiede ulteriori accertamenti.

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CONCENTRAZIONE DI GLUCOSIO, % A1C (MG/DL)

                                                                                    Sangue intero venoso       Sangue intero        Plasma* venoso
                                                                                                               capillare

                 Diabete mellito                       A digiuno                    ≥6,1 (≥110) ≥10,0 (≥180)   ≥6,1 (≥110)          ≥7,0 (≥126)
                                                       o a 2 ore post-carico di     ≥10,0 (≥180)               ≥11,1 (≥200)         ≥11,1 (≥200)
                                                       glucosio o entrambe
                                                       o HbA1c ≥6,5%
                                                       (48 mmol/mol secondo
                                                       IFCC)

                 Alterata tolleranza                   A digiuno (se misurato)
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Nella fisiologia normale, un’aumentata secrezione di insulina solitamente compensa una riduzione della
               sensibilità all’insulina. Nel diabete di tipo 2, gli individui presentano insulino-resistenza e la carenza
               di insulina è solitamente relativa, contrariamente alla carenza di insulina assoluta che si osserva nel
               diabete di tipo 1. La maggior parte dei pazienti affetti da diabete di tipo 2 è obesa e l'obesità stessa
               contribuisce in parte allo sviluppo di insulino-resistenza. Tuttavia, anche la secrezione di insulina è
               difettosa in questi pazienti e non è in grado di compensare l’insulino-resistenza. Nel diabete di tipo 1,
               dalla distruzione autoimmune delle cellule beta pancreatiche deriva una secrezione ridotta o (in stadi
               successivi) nulla di insulina. La velocità di distruzione delle cellule beta può variare ed esistono più
               predisposizioni genetiche ad essa correlate.

               Diabete di tipo 1 (distruzione delle cellule beta, che solitamente dà luogo a carenza assoluta di
               insulina)
                     A. Immunomediato
                     B. Idiopatico

               Diabete di tipo 2 (può variare da prevalente insulino-resistenza con carenza di insulina relativa a
               prevalente difetto di secrezione con insulino-resistenza)

               Altri tipi specifici
                     A. Difetti genetici della funzione delle cellule beta
                     B. Difetti genetici dell’azione dell’insulina
                     C. Malattie del pancreas esocrino*
                     D. Endocrinopatie*
                     E. Indotto da farmaci o sostanze chimiche*
                     F. Infezioni*
                     G. Forme rare di diabete immunomediato*
                     H. Altre sindromi genetiche talvolta associate al diabete
                     I. Diabete mellito gestazionale (GDM)
               Forma ridotta delle indicazioni fornite dal gruppo di studio della OMS sul diabete mellito

               *Le cause contrassegnate dagli asterischi sono definite diabete "secondario". La definizione odierna del diabete di tipo 1 lo descrive come
                "che spesso dà luogo a carenza assoluta di insulina" piuttosto che "solitamente"1-1.

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DIABETE MELLITO DI TIPO 1
               Il diabete autoimmune di tipo 1 è dovuto a carenza di insulina di gravità variabile, che spesso,
               specialmente nei bambini, conduce al diabete insulino-dipendente. Nei paesi occidentali quasi tutti i
               pazienti soffrono della forma immunomediata della malattia (tipo 1A), che può presentarsi a qualunque
               età, ma rappresenta la seconda malattia cronica più comune nell’infanzia dopo l’asma. Il diabete di tipo 1
               è caratterizzato da una mancanza di insulina causata dalla distruzione autoimmune delle insule.

               DIABETE MELLITO DI TIPO 2
               Il diabete di tipo 2 è una malattia cronica comune ed è il principale responsabile dell’epidemia mondiale
               di diabete. La malattia è probabilmente eterogenea, ma coinvolge una insufficiente secrezione di
               insulina (in gran parte determinata geneticamente) nel contesto di una ridotta sensibilità all’insulina
               o aumentata insulino-resistenza. Probabilmente l’aumento dell’obesità associata a un ridotto esercizio
               fisico, nel contesto dell’industrializzazione, e l’aumento del consumo di cibi ad elevato apporto
               energetico contribuiscono al drammatico incremento dell’incidenza di questa malattia. Poiché
               nel diabete di tipo 2 l’iperglicemia si sviluppa gradualmente, questa patologia spesso non viene
               diagnosticata per molti anni, fino a quando non diviene sufficientemente grave da far sviluppare i
               sintomi nei pazienti. Ciò è preoccupante poiché i pazienti diabetici sono a rischio di complicazioni sia
               macrovascolari che microvascolari.

               FISIOLOGIA DEL DIABETE
               Sebbene il diabete sia definito da un aumento della glicemia, la causa dell’iperglicemia è dovuta a una
               secrezione inadeguata di insulina nel contesto di gradi di sensibilità all’insulina. L’insulina è l’ormone
               chiave nel metabolismo del glucosio. Il glucosio che è presente nel sangue proviene da tre fonti
               principali:
               (1) Il tratto digestivo; proviene da carboidrati ingeriti che sono idrolizzati o convertiti nel fegato
               (2) Il rilascio dalle riserve epatiche di glicogeno e da altre riserve di glicogeno (processo chiamato
                   glicogenolisi)
               (3) Mediante nuova sintesi di glucosio da precursori (processo chiamato gluconeogenesi)
               L’insulina gioca un ruolo chiave nel metabolismo del glucosio epatico e nell’utilizzo del glucosio da
               parte dei muscoli e degli adipociti; ne consegue che livelli inadeguati di insulina tenderanno a causare
               un aumento della glicemia. Gli squilibri metabolici del diabete riflettono l’ampia azione metabolica
               dell’insulina.

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NORMALE METABOLISMO DEL GLUCOSIO
               Negli individui sani, le concentrazioni glicemiche si mantengono entro limiti molto stretti, con qualche
               fluttuazione dopo l’assunzione di cibo. Le concentrazioni di glucosio aumentano dopo i pasti, ma pasti
               normali non innalzeranno la glicemia al di sopra di ~8 mmol/L (144 mg/dL), e la normoglicemia viene
               solitamente ristabilita entro quattro ore nei soggetti sani (Figura 1-1).

                                                                Insulina
                                                                                                                                    Pasti
                                                                          70
                                                                                                                                    p
Complessi di acidi grassi non esterificati (NEFA) contenenti glucosio vengono immagazzinati come
               glicogeno. Per un uomo di 70 kg di peso, sono immagazzinati in totale 700–1000 g di glicogeno (idratato),
               prevalentemente nel fegato (60–125 g) e nei muscoli scheletrici (400–600 g). Il glicogeno è sintetizzato
               da glucosio e substrati gluconeogenici (lattato, piruvato e glicerolo, più alcuni amminoacidi). Il fegato
               ha un ruolo centrale nell’omeostasi del glucosio poiché lo assorbe e immagazzina (come glicogeno)
               dopo l’assunzione di cibo e lo rilascia nella circolazione tra i pasti (Figura 1-2). Poiché anche i reni sono
               importanti per l’omeostasi del glucosio, può presentarsi ipoglicemia anche durante un’insufficienza
               renale. Il glucosio è prodotto mediante la gluconeogenesi nel fegato, dove due molecole a tre atomi di
               carbonio, come il glicerolo (derivato dalla degradazione dei grassi), sono combinate con lattato o piruvato
               (derivati dalla glicolisi anaerobica), o altri amminoacidi, per sintetizzare glucosio, che contiene sei atomi di
               carbonio.

                                                                             Amminoacido        Recettore di insulina
                                                          Glucosio
                                                                                                                                FFA

                                                                             Amminoacido
                                                                  Glucosio

                                                                               Proteina

                                                                 Glicogeno                      Trigliceride            FFA
                                                                                                Glicolisi/ossidazione

               Figura 1-2: la stimolazione del recettore dell’insulina influenza numerosi flussi di metaboliti attraverso la membrana cellulare.1-3

               Il glucosio fornisce circa il 40–60% (per una dieta occidentale) della spesa energetica totale della giornata
               e costituisce la principale fonte energetica post-assorbimento o durante l’esercizio fisico. Tuttavia, le
               cellule possono anche utilizzare i corpi chetonici o gli acidi grassi per il loro fabbisogno energetico e
               utilizzare alternativamente tali fonti energetiche.
               Il glucosio viene intrappolato all’interno di una cellula (dato che tutti i trasportatori di glucosio [GLUT]
               sono potenzialmente bidirezionali) mediante la sua fosforilazione da parte di una famiglia di esochinasi
               (ad esempio glucochinasi) alla sua entrata nella cellula. La glucochinasi rappresenta uno stadio limitante
               la velocità nel metabolismo del glucosio, quindi questo enzima è un fattore determinante cruciale della
               secrezione di insulina dalle cellule beta. Le mutazioni con perdita di funzione della glucochinasi causano
               una forma di diabete giovanile con esordio in età matura (MODY).

               SINTESI, SECREZIONE E AZIONE DELL’INSULINA
               L’insulina è il principale ormone che regola l’immagazzinamento e il rilascio di energia. Essa è una proteina
               codificata da geni situati sul cromosoma 11 ed è espressa nelle cellule beta delle insule di Langerhans nel
               pancreas, le quali sintetizzano e rilasciano l’ormone. Prima del rilascio come ormone attivo, l’insulina
               esiste come proormone chiamato proinsulina, la cui struttura è mantenuta da una catena di connessione,
               il peptide C. Quando il peptide C, che è relativamente inattivo, è scisso dalla proinsulina, viene prodotto
               l’ormone attivo, l’insulina, pronto per la secrezione. Tali eventi cellulari, che innescano il rilascio di insulina
               dai granuli secretori di queste cellule, sono illustrati nella Figura 1-3.
               L’insulina entra nella circolazione portale del fegato, un bersaglio primario dell’azione dell’insulina. Il
               fegato estrae e degrada circa il 50% dell’insulina secreta. Sebbene l’insulina sia il principale regolatore
               del metabolismo intermedio, le sue azioni possono essere modificate da altri ormoni, inclusi glucagone,
               adrenalina e steroidi.

G U I D A D I D AT T I C A : I N T R O D U Z I O N E A L D I A B E T E                     12                                                   TORNA AL SOMMARIO
Assorbimento                                                                                                          Rilascio di
                                     di glucosio                                                     Canale del potassio
                                                                                                                                                           insulina
                                                                                                     sensibile ad ATP              Canale del calcio
                                                                                                                                   voltaggio-dipendente

                                                Glut 2

                                                                                                         Depolarizzazione
                                                                                                    K+
                                                Glucosio
                                                                                                                             Ca2+
                                             Glucochinasi
                                                                                    ATP/ADP
                                                                                                                                                                          Granuli di
                                                                                                                                                                          riserva
                                                                Metabolismo
                                                         Glicolisi, respirazione                      Cellula beta pancreatica

               Figura 1-3: secrezione di insulina.1-4

               BIOSINTESI DELL’INSULINA
               L’insulina è un ormone peptidico del peso molecolare di 5807 Dalton che comprende 51 amminoacidi
               organizzati in due catene collegate da due legami disolfuro (figura 1-4).

                                                   A-3 Val
                                       A-1         Leu in                A-5
                                       Gly        mut. umano             Gln
                                                                                                                                         B-6             B-4            B-2
                                               A-2              A-4              A-6                                                                     Gly            Val
                                                                                 Cys                Legame disolfuro                     Leu
                                               Ile              Glu
                                                                                                                             B-7
                                                                                                                             Cys                   B-5          B-3            B-1
                                                                                        A-7                                                        His          Asn            Phe
                                                            Legame                      Cys
                                                            disolfuro                                                  B-8
                                                                               A-8 Thr                                 Gly
                                                                                Ala in                                             B-9
                                                                                bovino
                                                                                         A-9                                       Ser
                                                                A-11                                               B-10 His
                                                                                         Ser
                                                                Cys          A-10 Isl                               Asp in
                                                                              Val in                              mut. umano
                                                                              bovino                                             B-11
                                                          A-12                                                                   Leu
                                                          Ser
                                                                                                                    B-12
                                                                      A-13                                           Val
                                                                      Leu                                                       B-13
                                                         A-14                                                                   Glu
                                                          Tyr                                                      B-14
                                                                      A-15                                          Ala
                                                                      Gly
                                                         A-16                                                                B-15
                                                         Leu                                                                 Leu
                                                                   A-17                                             B-16
                                                                   Glu                                               Tyr
                                                         A-18                                                                   B-17
                                                         Asn                                                                    Leu
                                                                  A-19                                              B-18                       B-21
                                                                                                                     Val                                         B-23
                                                                   Tyr                                                                         Glu               Gly
                                                                                               Legame disolfuro
                                                                         A-20                                                          B-20              B-22
                                                                                                                         B-19          Gly                              B-24 Phe
                                                                          Cys                                                                            Arg            Ser in mut.
                                                                                                                         Cys
                                                                 A-21 Asn                                                                                                 umano
                                                                  Gly in                                                                                   B-25 Phe
                                                                  Lantus                                                                                  Leu in mut.        B-26
                                                                                                                                                            umano             Tyr
                                                                                                                                          B-29 Lvs
                                                                                                                                           Pro in
                                                                                                                                          Humalog                     B-27
                                                                                                                                                         B-28          Thr
                                                                                                                                                         Pro
                                                                                                                                    B-30 Thr
                                                                                                                                   Ala in bovino
                                                                                                                                      e suino

               Figura 1-4: struttura dell’insulina.1-5

G U I D A D I D AT T I C A : I N T R O D U Z I O N E A L D I A B E T E                                              13                                                                 TORNA AL SOMMARIO
SECREZIONE INSULINICA NORMALE

               Una secrezione insulinica inadeguata e/o l’insulino-resistenza costituiscono le cause di tutte le forme di
               diabete. Un canale del potassio (K+) ATP-dipendente, sensibile a sulfonilurea, presente sulla membrana
               delle cellule beta delle insule trasmette il segnale che porta alla chiusura del canale del K+, all’influsso
               di calcio e alla secrezione (esocitosi) di insulina. Lo stimolante più importante di questo canale è
               l’iperglicemia, mentre le sulfoniluree, che stimolano il canale, sono usate in terapia. La secrezione di
               insulina è direttamente correlata all’assunzione di cibo e al contenuto di zuccheri del cibo consumato
               (Figura 1-5).

                                                                                                                                MILZA
                                                                         Dotto epatico                 Dotto
                                                                         destro e sinistro             pancreatico

                                         CISTIFELLEA
                                                                                             Dotto epatico
                                                                                             comune
                                                                                             Dotto biliare
                                                                                                                        CODA
                                                                                             comune

                                    Dotto cistico
                                                                                              CORPO
                                    Duodeno

                                    Dotto pancreatico
                                    accessorio                                                                            PANCREAS
                                                                                     TESTA                                           IL CIBO RICCO DI
                                    Papilla duodenale                                                                                ZUCCHERI STIMOLA IL
                                    minore                                                                                           RILASCIO DI INSULINA
                                    Papilla duodenale                                                                                LA MANCANZA DI CIBO
                                    maggiore                                                                         DIGIUNO         INIBISCE IL RILASCIO DI
                                                                                                                                     INSULINA

               Figura 1-5: produzione di insulina associata all’assunzione di cibo.

G U I D A D I D AT T I C A : I N T R O D U Z I O N E A L D I A B E T E                            14                                                TORNA AL SOMMARIO
SEZIONE 2
                                             ASPETTI SPECIFICI DELLA
                                             MALATTIA DIABETICA

                                             OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO
                                             Al termine di questa sezione si sarà in grado di:

                                             • Descrivere l’epidemiologia del diabete e le cause del diabete di tipo 1 e 2

                                             • Spiegare la classificazione del diabete e la sua relazione con glucosio e HbA1c,
                                               come pure i test clinici disponibili

                                             • Spiegare la sindrome metabolica, le complicazioni del diabete e le presentazioni
                                               cliniche del diabete

                                             • Identificare le fasi della gestione delle complicazioni diabetiche

G U I D A D I D AT T I C A : A S P E T T I S P E C I F I C I D E L D I A B E T E    15                                             TORNA AL SOMMARIO
EPIDEMIOLOGIA DEL DIABETE MELLITO
                Il diabete colpisce circa l’8% della popolazione adulta, con un rischio nel corso della vita superiore
                al 50% in alcuni gruppi etnici (Figura 2-1). La OMS stima che a livello mondiale nel 2010 circa 235
                milioni di persone erano affette da diabete e ci si aspetta che tale numero raddoppi, arrivando a circa
                438 milioni, entro il 2030. Il diabete rappresenta quindi il più comune disturbo metabolico. Il tasso
                di aumento dell’incidenza del diabete sta raggiungendo in alcuni paesi proporzioni epidemiche e
                procede in grande misura in modo analogo all’aumento dell’obesità. Alcune popolazioni, in particolare
                i nativi americani Pima, i nauruani del Sud Pacifico e gli arabo-sauditi, presentano un’incidenza
                particolarmente elevata della malattia, in particolare del diabete di tipo 2.
                Tipicamente i programmi di screening della popolazione a livello mondiale rivelano che per circa la
                metà dei soggetti affetti da diabete di tipo 2 la malattia non era stata precedentemente diagnosticata. Lo
                screening per il diabete è quindi raccomandato e viene solitamente concentrato su gruppi ad elevato
                rischio, a causa del costo dello screening su intere popolazioni. Test relativamente semplici, come il
                glucosio a digiuno o la HbA1c, sono sempre più raccomandati come fase iniziale di tale screening, ma la
                HbA1c ha l’aspetto positivo di essere indipendente dalla compliance del soggetto.

                                                                                                                            Europa
                                                                                                                            2000: 33,3 milioni
                                                                                                                            2030: 48 milioni

                                                                                                          Africa                                                     Asia e Australasia
                                                                                                          2000: 7 milioni                                            2000: 82,7 milioni
                                        Americhe                                                          2030: 18,2 milioni                                         2030: 190,5 milioni
                                        2000: 33 milioni
                                        2030: 66,8 milioni                                                                               Medio oriente
                                                                                                                                         2000: 15,2 milioni
                                                                                                                                         2030: 42,6 milioni

                               I dieci paesi con il maggior                 Prevalenza del diabete (%) negli individui di 35–64 anni di età    Anno               2000        2030
                               numero di individui affetti                                                                                     Posizione Paese    Individui affetti da diabete (mln)
                               da diabete sono:                                 8
                               India         Cina                                                                                                1        India   31,7         79,4
                               USA           Indonesia                     2000 = Numero di individui affetti da diabete nel 2000                2        Cina    20,8         42,3
                               Giappone Pakistan
                               Russia        Brasile                                                                                             3        USA     17,7         30,3
                               Italia        Bangladesh                    2030 = Numero di individui affetti da diabete nel 2030

                                                                           Fonte: Wild, et al. 2004.

                Figura 2-1: prevalenza a livello mondiale del diabete negli individui di 35–64 anni di età nel 2000 e corrispondenti cifre previste per il
                2030, secondo la OMS. Riprodotto con l’autorizzazione della OMS.2-1

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CAUSA DEL DIABETE DI TIPO 1
                Il diabete di tipo 1 è dovuto all’interazione dell’ambiente con una sottostante suscettibilità genetica che
                porta a una risposta autoimmune, la quale danneggia o distrugge le cellule che secernono insulina. Il
                rischio di sviluppare il diabete autoimmune ad esordio nell’infanzia è di circa 1 a 400 nella popolazione
                generale. Il rischio è dell’1,0% nella popolazione adulta, circa del 6% per un fratello/sorella di paziente
                diabetico e circa del 50% per un gemello monozigotico di paziente diabetico. Nonostante l’aumento
                dell’incidenza del diabete di tipo 1 nei bambini, specialmente nei bambini molto piccoli, si prevede che
                entro il 2020 la maggioranza dei bambini affetti da diabete presenterà il diabete di tipo 2. L’incidenza di
                malattia del diabete di tipo 1 sta aumentando, specialmente nei bambini estremamente piccoli, ma tale
                incidenza rimane molto al di sotto di quella del diabete di tipo 2 ad esordio in età matura.
                Si può verificare una lenta progressione a carenza di insulina nei pazienti affetti da diabete autoimmune, con
                circa il 10% dei pazienti adulti che presentano inizialmente una forma di diabete di tipo 1 che non richiede
                insulina, chiamato diabete autoimmune latente dell’adulto (LADA). Il LADA è caratterizzato dalla presenza
                di anticorpi contro la decarbossilasi dell’acido glutammico (GADA) associati al diabete. Probabilmente questa
                è una forma di diabete di tipo 1 autoimmune che comprende anche il diabete insulino-dipendente ad esordio
                giovanile e alcuni casi di diabete tendente alla chetosi (KPD). Il diabete di tipo 1 autoimmune è associato ad
                altre malattie autoimmuni (in particolare la malattia tiroidea autoimmune e la celiachia), ed anche queste
                mostrano suscettibilità genetica, in gran parte mediata dai geni dell’antigene leucocitario umano (HLA) del
                cromosoma 6. Nel diabete di tipo 1 autoimmune sono anche coinvolti altri geni della risposta immunitaria e
                una variante del gene dell’insulina. La natura del fattore ambientale rimane non chiarita.

                CAUSA DEL DIABETE DI TIPO 2
                Il diabete di tipo 2 è dovuto all’interazione dell’ambiente con una sottostante suscettibilità genetica che
                porta alla perdita  dell’omeostasi
                                  STORIA   NATURALE del glucosio (Figura 2-2).
                                                          DEL DIABETE    MELLITO DI TIPO 2

                                                            Azione dell’insulina
                                                                                                                                                           ia
                                                                                                                                                       cem
                                                                                                                     Insufficienza                 gli
                                                                                                                                                 er
                                                                                                                    delle cellule beta         Ip
                                                                                          Concentrazione
                                             Risposta Y

                                                                                            di insulina

                                                                                                                                          Necessità di insulina

                                                               Euglicemia
                                                          Normalità IGT Sindrome X                        Diabete                        Progressione del diabete

                                                               Insulino-resistenza
                                                               Disfunzione delle cellule beta

                Figura 2-2: progressione della risposta nel diabete di tipo 2.2-2

                L’ereditabilità del diabete di tipo 2 è elevata e i geni associati a tale rischio includono geni coinvolti
                nello sviluppo del pancreas e geni associati al rischio di obesità. Un tipico paziente affetto da diabete
                di tipo 2 è sovrappeso (indice di massa corporea [IMC] medio alla presentazione >27 kg/m2), con una
                distribuzione centrale dell’obesità (spesso valutata mediante circonferenza della vita o rapporto vita-
                fianchi: Figura 2-3). Altri fattori di rischio indipendenti per il diabete includono nascita da madre
                affetta da diabete mellito gestazionale, elevato peso alla nascita oppure peso eccezionalmente basso
                alla nascita. Il basso peso alla nascita predispone sia al diabete che all’obesità, poiché la malnutrizione
                intrauterina può pre-programmare il bambino a rispondere in modo inappropriato ad un ambiente con
                abbondanza calorica.

G U I D A D I D AT T I C A : A S P E T T I S P E C I F I C I D E L L A M A L AT T I A D I A B E T I C A               17                                            TORNA AL SOMMARIO
Le velocità di progressione a diabete di tipo 2 conclamato sono variabili, ma la malattia solitamente si
                presenta durante la vita adulta. Si prevede che il diabete di tipo 2 ad esordio nell’infanzia diventerà la
                forma prevalente della malattia entro il 2020 circa. Approssimativamente l’85% dei pazienti con diabete
                di tipo 2 sono affetti dalla sindrome metabolica, un insieme di iperglicemia, obesità, ipertensione,
                basso colesterolo HDL e trigliceridi elevati. Tale sindrome non è da considerarsi superiore alla somma
                delle sue parti e il termine è attualmente usato con cautela; tuttavia essa mostra la natura multipla del
                processo patologico, riflettendo l’effetto dominante dell’insensibilità all’insulina.
                                                                                  RELAZIONE TRA IMC E RISCHIO DI DIABETE DI TIPO 2

                                                                            100         Uomini           Donne                                                              93,2
                                      Rischio relativo corretto per l'età

                                                                             75
                                                                                                                                                                  54,0

                                                                            50
                                                                                                                                                        40,3

                                                                                                                                               27,6                         42,1
                                                                             25
                                                                                                                                     15,8
                                                                                                                                                                   21,3
                                                                                                                        8,1
                                                                                        2,9        4,3        5,0
                                                                                  1,0                                                                    11,6
                                                                                                                              2,2    2,4        6,7

                                                                                  1,0   1,0        1,0        1,5
TEST PER L’IDENTIFICAZIONE DEL DIABETE

                GLUCOSIO NELLE URINE
                La glicosuria non consente di formulare diagnosi di diabete ma suggerisce la necessità di ulteriori
                accertamenti. Circa l’1% della popolazione è affetto da glicosuria renale, ereditata come tratto
                autosomico dominante o recessivo associato ad una bassa soglia renale per il glucosio.

                GLICEMIA
                La glicemia, in particolare l’OGTT, ha rappresentato lo standard di riferimento per la diagnosi del
                diabete; tuttavia preoccupazioni riguardanti la riproducibilità dell’OGTT e la limitata compliance,
                che si aggiungono alla "scomodità" di esecuzione del test, hanno determinato un concentrarsi
                dell’interesse sulla HbA1c. La glicemia a digiuno rimane un aiuto diagnostico prezioso e il suo utilizzo
                è determinato dal medico. La glicemia, valutata dal paziente utilizzando sangue capillare oppure in
                laboratorio utilizzando sangue intero (venoso o capillare), è utile per la gestione della malattia e fornisce
                informazioni immediate riguardanti la qualità del controllo glicemico. La HbA1c differisce per il fatto
                che rappresenta una valore medio relativo agli ultimi tre mesi, influenzato prevalentemente dai 30
                giorni più recenti.

                HbA1c
                La HbA1c ha il vantaggio di essere accurata, semplice e, attualmente, riproducibile grazie alla
                standardizzazione e armonizzazione dei dosaggi a livello mondiale. Un vantaggio della HbA1c rispetto
                alla misurazione del glucosio è costituito dal fatto che non si richiede il digiuno e che non sono presenti
                le difficoltà proprie dell’OGTT. Il cutoff preciso per la diagnosi di diabete rimane controverso. Nella
                maggior parte degli studi un livello di 6,5% (48 mmol/mol secondo IFCC) è specifico per la diagnosi di
                diabete, ma manca di sensibilità e può non individuare molti casi. L’accuratezza del test è ulteriormente
                complicata da molti fattori che modificano i livelli di HbA1c a causa di variabilità biologica, fattori
                genetici (quali durata di vita degli eritrociti, etnia ed emoglobinopatie), fattori ambientali (ad esempio
                carenza di ferro) e interferenze (ad esempio con la vitamina C).

                COMPLICAZIONI DIABETICHE
                Il diabete è associato a danno ai vasi sanguigni, ai nervi, ai reni e al fondo dell’occhio. Tali cambiamenti
                hanno un impatto sui grandi vasi sanguigni (malattia macrovascolare) e sui piccoli vasi sanguigni
                (malattia microvascolare). La glicemia rappresenta un importante determinante di tali rischi. Infatti il
                livello glicemico che predispone a malattia oculare microvascolare (retinopatia diabetica) è alla base
                dell’attuale definizione di diabete (Figura 2-4).2-4

                              NORMALITÀ                                                                   RETINOPATIA DIABETICA

                                                                                                               Emorragia

                                                                                                                   Essudati
                                                                                                                   cotonosi                                 Crescita anomala
                                                                                                                                                            dei vasi sanguigni
                                                                                                                    Edema
                                                                                                                    maculare

                                                                                                                Microaneurisma

                                                                                    Retinopatia non proliferante                 Retinopatia proliferante

                Figura 2-4: retinopatia di origine diabetica.2-4

G U I D A D I D AT T I C A : A S P E T T I S P E C I F I C I D E L L A M A L AT T I A D I A B E T I C A   19                                                 TORNA AL SOMMARIO
MALATTIA MACROVASCOLARE
                La malattia macrovascolare associata al diabete include la malattia cardiovascolare, cerebrovascolare
                e vascolare periferica. Clinicamente queste patologie sono rispettivamente associate a ictus, angina
                e claudicazione. Il rischio di sviluppare una malattia macrovascolare clinicamente significativa è
                cinque volte maggiore in un paziente affetto da diabete che in un individuo non diabetico. I principali
                fattori di rischio modificabili associati a questa complicazione della malattia includono fumo, obesità,
                ipertensione e dislipidemia, nonché, in una certa misura, iperglicemia. L’insieme di questi fattori di
                rischio, tranne il fumo, costituisce la sindrome metabolica (Figura 2-5), che è la somma delle sue parti e
                pertanto rappresenta una preziosa guida per ricordare ai medici l’ampiezza delle strategie di gestione.2-5

                                                                                                                     Cervello

                                              Arterie                                                                Miocardio

                                              Macrofagi

                                                                                                                     Fegato

                                                                                                                     Pancreas
                                              Vasi sanguigni
                                              di resistenza

                                                                                                          INSULINA
                                                                                                                     Grasso
                                              Macrofagi

                                              Capillari
                                                                                                                     Muscolo

                Figura 2-5: sindrome metabolica.

G U I D A D I D AT T I C A : A S P E T T I S P E C I F I C I D E L L A M A L AT T I A D I A B E T I C A     20                   TORNA AL SOMMARIO
MALATTIA MICROVASCOLARE
                La malattia microvascolare è associata a retinopatia, neuropatia e nefropatia, tipicamente risultanti da
                danno ai capillari più piccoli. Clinicamente queste patologie possono essere associate rispettivamente
                a disturbi visivi, intorpidimento dei piedi e presenza di proteine nelle urine. Nei casi peggiori
                queste stesse complicazioni microvascolari possono portare a cecità, ulcere/amputazioni dei piedi e
                insufficienza renale. I principali fattori di rischio modificabili associati alla malattia microvascolare sono
                gli stessi della malattia macrovascolare, ossia fumo, obesità, ipertensione, dislipidemia e iperglicemia,
                ma l’iperglicemia rappresenta un fattore maggiormente dominante. Dato il differente effetto
                dell’iperglicemia sulla malattia microvascolare e sulla malattia macrovascolare, è stato affermato che il
                diabete è una patologia che comprende due malattie: una malattia associata a malattia macrovascolare
                (e ai suoi fattori di rischio associati) e l’altra associata a malattia microvascolare (prevalentemente
                dovuta all’iperglicemia).

                COSTO DEL DIABETE
                Il diabete determina un costo notevole. Tale costo è dovuto alla prevalenza della malattia (specialmente
                del diabete di tipo 2), alla cronicità della malattia, alla gravità delle complicazioni, e al fatto che sia la
                malattia che le sue complicazioni possono essere trattate (Figura 2-6). I costi diretti (stimati come i
                costi di trattamento, diagnosi e cure mediche) sono approssimativamente pari ai costi indiretti (perdita
                di produzione economica dovuta a malattia o morte), almeno nei paesi industrializzati, e circa il 75% dei
                costi diretti riguarda la gestione delle complicazioni diabetiche croniche a lungo termine (Figura 2-6).
DIABETE DI TIPO 1
                I bambini affetti da diabete di tipo 1 solitamente necessitano di trattamento con insulina dal momento
                della diagnosi. Tuttavia, la maggioranza dei pazienti adulti affetti da diabete autoimmune non
                necessitano di insulina, almeno inizialmente, e la maggior parte rimane indipendente dall’insulina
                per molti anni. I regimi insulinici includono più iniezioni di insulina, con un mix di insulina ad azione
                rapida e ad azione lenta, oppure pompe per l’infusione sottocutanea continua di insulina.

                DIABETE DI TIPO 2
                I pazienti affetti da diabete di tipo 2 sono solitamente gestiti mediante terapie orali o iniezioni con
                sostanze diverse da insulina. Tipicamente il trattamento è cumulativo, implicando dieta ed esercizio
                fisico inizialmente, a cui si aggiunge la terapia orale e quindi progressivamente più compresse o
                sostanze iniettabili (come un agonista GLP-1 o l’insulina). I regimi insulinici spesso iniziano con
                insulina ad azione lenta assunta al momento di coricarsi, ma possono poi evolvere in regimi simili a
                quelli per il diabete di tipo 1, benché solitamente non includenti pompe per l’infusione sottocutanea di
                insulina. Il ruolo della chirurgia bariatrica rimane dubbio, ma la chirurgia viene proposta ai pazienti
                affetti da marcata obesità e iperglicemia refrattaria al trattamento convenzionale. Il numero di terapie,
                le risposte variabili a tali terapie e la gamma di effetti collaterali hanno condotto ad un approccio
                più personalizzato, come illustrato nelle più recenti linee guida. Terapie orali attualmente in uso
                includono metformina, sulfoniluree, glinidi, inibitori della dipeptidil peptidasi IV (DPPIV), inibitori
                del trasportatore sodio-glucosio (SGLT2), glitazoni e acarbosio. Le sostanze terapeutiche iniettabili
                includono agonisti GLP-1 e insulina.

                DIETA ED ESERCIZIO FISICO
                L’assunzione eccessiva di calorie e l’inadeguato esercizio fisico hanno un ruolo centrale nell’epidemia
                di diabete di tipo 2; ne consegue che la dieta e l’esercizio fisico sono fondamentali per la gestione del
                diabete di tipo 2 e in effetti per tutte le forme di diabete, come pure le misure volte a evitare l’evoluzione
                dell’alterata tolleranza al glucosio in diabete. Il rispetto a lungo termine di qualsiasi piano dietetico è
                notoriamente difficile. I consigli dietetici sono in gran parte empirici. Un approccio ragionevole consiste
                nel suggerire una dieta non differente da quella proposta alla popolazione sana, possibilmente con una
                particolare enfasi sull'astensione dal consumo di zuccheri raffinati. I pazienti sovrappeso (IMC 25–
                30 kg/m2) dovrebbero iniziare una dieta dimagrante di circa 4–6 MJ (megajoule, o 1000–1600 kcal) al
                giorno (Figura 2-7). Sebbene le diete a basso contenuto di grassi abbiano soltanto un impatto ridotto sul
                colesterolo sierico, esse possono limitare l’aumento dei trigliceridi sierici.
                L’alcol non deve essere bandito, ma si deve tener conto del suo contenuto energetico; l’obiettivo è
GESTIONE DEL DIABETE

                                                                                                          10

                                                                                                           9
                                                                                                           8

                                                                                                           7
                                                                                                           6

                                                                                                           5

                                                                                                                    Glicemia
                                                                                                           4

                                                                                                           3
                                                                                                           2

                                                                                                           1

                Figura 2-7. Gestione del diabete con dieta ed esercizio fisico.2-7

G U I D A D I D AT T I C A : A S P E T T I S P E C I F I C I D E L L A M A L AT T I A D I A B E T I C A        23              TORNA AL SOMMARIO
DOMANDE DI REVISIONE: SEZIONI 1 E 2
                Le risposte sono disponibili alla fine di questa guida didattica.

                1.	Esistono molte forme diverse di diabete                                                    5.	Circa l’85% dei pazienti con diabete di tipo
                    mellito, ma le due forme principali, che                                                       2 sono affetti da sindrome metabolica, che
                    sono responsabili del 98% dei casi, sono                                                       è caratterizzata da un insieme di patologie,
                    il diabete di tipo 1 e il diabete di tipo 2.                                                   inclusi:
                    Approssimativamente di quale percentuale è                                                     A    Iperglicemia
                    responsabile il diabete di tipo 2?
                                                                                                                   B    Obesità
                         A       75%
                                                                                                                   C    Ipertensione
                         B       90%
                                                                                                                      Basso colesterolo HDL e trigliceridi
                                                                                                                   D 	
                         C       50%                                                                                    elevati
                         D       10%                                                                                    Tutte le affermazioni precedenti
                                                                                                                   E   	

                2.	Il diabete rappresenta un problema di                                                      6.	Il diabete di tipo 1 è dovuto all’interazione
                    dimensioni mondiali; secondo le previsioni                                                     dell’ambiente con una sottostante
                    della OMS quanti milioni di persone saranno                                                    suscettibilità genetica che porta a una risposta
                    colpiti dal diabete entro il 2030?                                                             autoimmune, la quale danneggia o distrugge le
                         A       238                                                                               cellule che secernono insulina.
                         B       100                                                                               A    Vero
                         C       438                                                                               B    Falso
                         D       450

                                                                                                               7.	I principali fattori di rischio modificabili
                3.	Il diabete è una patologia in cui:                                                             associati a malattia microvascolare e malattia
                                                                                                                   macrovascolare includono:
                         A       Il corpo non produce sufficiente insulina
                                                                                                                   A    Fumo
                         B       Gli eritrociti hanno una forma scorretta
                                                                                                                   B    Obesità, ipertensione e dislipidemia
                            Il corpo produce insulina che non
                         C 	
                                 funziona in modo efficace                                                         C    Iperglicemia

                            AeC
                         D 	
                                                                                                                   D    Tutte le affermazioni precedenti

                4.	Il diabete di tipo 1 viene classificato                                                    8.	La malattia microvascolare è associata
                    principalmente secondo:                                                                        a retinopatia, neuropatia e nefropatia,
                                                                                                                   tipicamente risultanti da danno ai capillari
                            L’età del paziente alla diagnosi
                         A 	                                                                                      più piccoli. Clinicamente, queste patologie
                         B  La dipendenza da insulina
                           	                                                                                      possono portare a tutte le seguenti
                                                                                                                   conseguenze, eccetto:
                            L’insulino-resistenza
                         C 	
                                                                                                                   A    Cecità
                            La predisposizione genetica
                         D 	
                                                                                                                   B    Insufficienza renale
                         E    Tutte le affermazioni precedenti
                             	
                                                                                                                   C    Infarti
                                                                                                                   D    Ulcere/amputazioni dei piedi

G U I D A D I D AT T I C A : A S P E T T I S P E C I F I C I D E L L A M A L AT T I A D I A B E T I C A   24                                               TORNA AL SOMMARIO
SEZIONE 3
                                          METODI PER LA
                                          DETERMINAZIONE DI
                                          HbA1c: METODOLOGIE
                                          DI DOSAGGIO E
                                          STANDARDIZZAZIONE IFCC

                                          OBIETTIVI DI APPRENDIMENTO
                                          Al termine di questa sezione si sarà in grado di:

                                          • Descrivere i vari metodi di riferimento e di produzione per
                                            la misurazione di HbA1c

                                          • Spiegare l’impatto di varianti e derivati di HbA1c e delle
                                            condizioni preanalitiche del campione sui metodi di
                                            misurazione

                                          • Identificare la metodologia di riferimento del sistema di
                                            standardizzazione IFCC

                                          • Comprendere e applicare il modello degli obiettivi
                                            qualitativi IFCC per la HbA1c a livello di un singolo
                                            laboratorio e di un gruppo di laboratori

G U I D A D I D AT T I C A : M E T O D I P E R L A D E T E R M I N A Z I O N E D I Hb A 1c:   25          TORNA AL SOMMARIO
M E T O D O L O G I E D I D O S A G G I O E S TA N D A R D I Z Z A Z I O N E I F C C
METODOLOGIE DI DOSAGGIO DI HbA1c
               Una diagnosi e un monitoraggio del controllo diabetico efficaci ed efficienti richiedono un buon
               marcatore per la stima della glicemia media relativa ad un periodo di una certa lunghezza. La HbA1c
               soddisfa tale necessità di un siffatto indicatore affidabile che possa guidare la terapia. La HbA1c è la
               frazione di emoglobina che presenta glucosio legato alla valina N-terminale della catena β. La reazione
               di glicazione dipende dalla durata del tempo per cui gli eritrociti sono presenti nella circolazione e dai
               livelli ambientali di glucosio. Poiché gli eritrociti hanno una durata di vita di 3–4 mesi, la HbA1c riflette i
               livelli glicemici medi dei tre mesi precedenti.
               L’importanza ricoperta dalla HbA1c come uno dei principali strumenti diagnostici è solidamente
               riconosciuta e pertanto non sorprende che per essa siano stati sviluppati molti dosaggi commerciali.
               I metodi presentano specificità e selettività differenti e, con esse, lo possono potenzialmente essere
               anche i valori della HbA1c. Per rendere possibile un uso clinico ottimale, i risultati di metodi diversi
               dovrebbero essere equivalenti. Il sistema di riferimento IFCC per la HbA1c serve come punto di
               riferimento analitico per la standardizzazione di tutti i metodi commerciali per la HbA1c. Questo
               capitolo tratta dei principi analitici su cui si basano i principali metodi commerciali e del sistema di
               riferimento IFCC.

               METODI COMMERCIALI PRINCIPALI
               Esistono due principali concetti analitici che si basano rispettivamente su: (1) separazione e
               quantificazione delle frazioni e (2) reazioni chimiche (Figura 3-1). I principi analitici derivati da tali
               concetti sono illustrati nelle Figure da 3-2A a 3-2E.

                                                                                          METODOLOGIE PER HBA1C

                                                  Di separazione                                                           Chimiche

                                              Differenze di carica

                             HPLC a scambio                          Elettroforesi             Cromatografia     Dosaggi         Dosaggi enzimatici
                                 ionico                                capillare                 di affinità   immunometrici

                                                                                          STANDARDIZZAZIONE IFCC

               Figura 3-1: metodologie per HbA1c.

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M E T O D O L O G I E D I D O S A G G I O E S TA N D A R D I Z Z A Z I O N E I F C C
A: Cromatografia di affinità                                                                                           B: Elettroforesi capillare
                                               Hb       NH    CH2                                     Hb         NH    CH2

                                                         O–C                                                      O–C

                                                             HO—CH                                                    HC—OH
                                         OH                                                                 OH
                           NH                 OH        HO—CH                                                    O — CH
                                         B
                                                                                              NH            B
                                              OH        HO—CH                                                    O — CH

                                                              CH, OH                                                  CH, OH

                  Acido boronico immobilizzato               Emoglobina glicata

                 C: Dosaggio immunometrico                                                                                              D: Cromatografia a scambio ionico

                                                    +                                                                                           Hb

                                                                                                                                                        +                         Carica fissa
                                                                                                                                                                                   [B-COO–]
                             Eccesso di anticorpi                   Polyhaphem
                                 anti-HbA1c

                                                                                                                                                                         –
                                                                                                                                                                    +           Resina
                                                                          Trasmittanza

                                                                                                                                                                Controione
                                                                                                                                                                  [Na+]
                                                                                          Concentrazione
                                Complesso anticorpo-polyhaphem                                                                                                 FASE MOBILE      FASE STAZIONARIA
                                                                                 Misurazione con turbidimetro

                 E: Dosaggio enzimatico                                                                    ESTREMITÀ N-TERMINALE DELLA CATENA BETA

                                                                                                           Fru-Val-His-Leu-Thr-                          Fru-Val-His-Leu-Thr-

                   Cellule                                              Met                            Azide-met                          Fruttosil-
                  ematiche                      Hb                                                        Hb                               peptide                      H2O2                     Color
                                                                        Hb
                                                                                                                                           peptide

                                  Agente                  Agente                           Agente                            Proteasi                 Enzima                     POD e
                                 emolitico               ossidante                       stabilizzante                                      fruttosil-peptide ossidasi       agente colorante

                                       Pretrattamento                       Prima reazione                                                                 Seconda reazione
                                                                          (misurazione di Hb)                                                            (misurazione di HbA1c)

               Figura 3-2: principi analitici.

               METODI DI SEPARAZIONE
               L’emoglobina glicata (HbA1c o A1c) e l’emoglobina non glicata (A0) possiedono differenti proprietà
               che permettono la separazione di entrambe le frazioni e la quantificazione di A1c come frazione
               della somma A1c + A0. Tale concetto viene applicato con la cromatografia a scambio ionico (IEC),
               l’elettroforesi capillare (EC) e la cromatografia di affinità (AC).

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Cromatografia a scambio ionico (IEC)
               A causa del legame del glucosio all’estremità costituita dalla valina β, il punto isoelettrico di A1c
               differisce di 0,02 unità pI da quello di A0. Ciò rappresenta una differenza isoelettrica sufficiente per
               consentire la separazione mediante IEC, ma tale differenza è così piccola che solamente appositi
               strumenti per cromatografia liquida ad alta prestazione (HPLC) daranno prestazioni soddisfacenti.3-1 I
               campioni vengono sottoposti al dosaggio uno alla volta, e ciò stimola i produttori a trovare un equilibrio
               tra la più elevata cadenza analitica e la qualità della separazione. Oltre ad A0 e A1c, nel cromatogramma
               sono visibili altre frazioni emoglobiniche, come l’emoglobina fetale (HbF), emoglobine minori
               (HbA1a/b) e l’emoglobina carbammilata, nonché varianti genetiche come l’emoglobina delle cellule
               falciformi (HbS). Ciò può essere considerato un vantaggio (rivelazione di varianti) o uno svantaggio
               (potenziale interferenza con HbA1c).
               La Figura 3-3 mostra un tipico cromatogramma IEC eseguito da uno dei più nuovi strumenti
               commerciali: in una corsa di circa 70 secondi vengono separate A1c e A0 e si osservano le frazioni
               minori X e Y. Non è presente separazione alla baseline: è richiesto uno stretto controllo delle condizioni
               di separazione (colonna ed eluenti) e del software (calibrazione, impostazioni di cutoff e di baseline) per
               ottenere prestazioni ottimali.

               Elettroforesi capillare
               Anche questo metodo utilizza le differenze di carica. Il campo elettrico a elevato voltaggio
               (10.000 volt) e il flusso elettroosmotico inducono una buona separazione. La Figura 3-3 mostra
               l’elettroforetogramma caratteristico: A1c e A0 sono separate più che completamente l’una dall’altra e
               dalle emoglobine minori X e Y. Il tempo di corsa di circa 300 secondi è sostanzialmente più lungo di
               quello della IEC, ma viene raggiunta una cadenza analitica elevata con il funzionamento in parallelo
               di più (2–12) capillari.3-2 Come con la IEC, si osservano le varianti emoglobiniche, cosa che può essere
               ritenuta un vantaggio oppure uno svantaggio. La separazione affidabile delle frazioni richiede un
               controllo meno stringente delle condizioni rispetto alla IEC. Piccoli cambiamenti dei tamponi e del
               campo elettrico non avranno alcun impatto sulla quantificazione. La vera difficoltà di questo metodo
               risiede nell’ottenere una calibrazione esattamente identica nei capillari in parallelo.
                                              DIFFERENZA DI CARICA: TRACCIATI DI SEPARAZIONE

                                                                                                            A0                   A0
                                        A0

                           A1c
                     XY
                                                                                                                                          A1c
                                                                                       A1c           X                  Y
                 0              30             60

                     HPLC a scambio ionico                                                    Elettroforesi capillare       Cromatografia di affinità

               Figura 3-3: tipici tracciati di separazione di IEC, EC e AC. A0 rappresenta l’emoglobina non glicata e A1c rappresenta l’emoglobina
               glicata. X rappresenta altre frazioni di HbA e Y rappresenta specificamente le frazioni di HbA2.

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Cromatografia di affinità
               La cromatografia di affinità stima le frazioni di eluizione sia di emoglobina glicata (GHb,
               prevalentemente ma non esclusivamente HbA1c) che di emoglobina non glicata (NGHb,
               prevalentemente ma non esclusivamente HbA0). Il glucosio della GHb ha affinità per l’acido boronico,
               mentre ciò non si verifica per la NGHb. Pertanto la NGHb scorrerà liberamente attraverso una colonna
               contenente resina rivestita di acido borbonico, mentre la GHb verrà rallentata e quindi separata dalla
               NGHb.3-3 Ciò dà luogo al cromatogramma AF in cui, diversamente da quanto accade nella IEC e nella
               EC, la NGHb si presenta per prima, seguita dalla GHb (Figura 3-3).
               Un’altra caratteristica è rappresentata dal fatto che si osservano solamente due frazioni: l’emoglobina
               glicata e quella non glicata, le quali eluiscono indipendentemente dalla struttura molecolare delle
               catene proteiche. Ciò implica che le varianti non possono essere distinte: le varianti glicate eluiscono
               nella frazione GHb e le varianti non glicate nella frazione NGHb. Di nuovo, ciò può essere considerato
               un vantaggio o uno svantaggio. La glicazione non è limitata all’estremità N-terminale costituita da
               valina della catena β, ma si verifica per un ulteriore 40% su circa 10 residui di lisina delle catene
               sia α che β. Queste "altre" glicoemoglobine eluiscono nella frazione GHb. Poiché esse si formano
               proporzionalmente a HbA1c, la GHb può essere espressa in unità di HbA1c quando lo strumento
               è appropriatamente calibrato. Un prerequisito per l’equivalenza dei risultati con gli standard di
               calibrazione è che le emoglobine del paziente possiedano catene β. Ciò è vero per tutte le principali
               varianti emoglobiniche, con l’eccezione di HbF. Poiché HbF è priva dell’estremità N-terminale costituita
               da valina, essa presenta un tasso di glicazione inferiore, quindi, quando è presente in quantità notevoli
               (arbitrariamente >10%, di norma è al di sotto del 2%) i risultati saranno erroneamente bassi.

               METODI CHIMICI
               I metodi chimici richiedono due dosaggi indipendenti, rispettivamente di HbA1c e dell’emoglobina
               totale. La HbA1c è misurata sulla base di una specifica reazione chimica con la valina N-terminale
               glicata della catena β. L’emoglobina totale è misurata fotometricamente in parallelo. La combinazione di
               entrambi i risultati dei test permette di calcolare la HbA1c come frazione dell’emoglobina totale. Il fatto
               che la HbA1c derivi da due test può avere un impatto negativo sulla precisione. Il vantaggio dei metodi
               chimici risiede nel fatto che possono essere eseguiti su generali strumentazioni di analisi chimica.

               Dosaggi immunometrici
               Un eccesso di anticorpi anti-HbA1c viene combinato con il campione prelevato dal paziente. Gli
               anticorpi si legano alla HbA1c, dando luogo alla formazione di un complesso di immunolattice. Gli
               immunocomplessi risultanti causano intorbidimento, che può essere misurato fotometricamente con
               turbidimetri, nefelometri o spettrofotometri.3-4 L’emoglobina totale è misurata in bicromatismo durante
               la fase di preincubazione nella stessa cuvetta. Le varianti emoglobiniche non vengono rivelate e non
               interferiscono nella maggior parte dei dosaggi, fintanto che la specificità dell’anticorpo è appropriata.
               Solamente quando sono presenti quantità notevoli di HbF e HbA2 (varianti prive di catene β) possono
               essere ottenuti risultati erroneamente ridotti. Come per tutti i dosaggi immunometrici, non è presente
               una relazione lineare tra concentrazione e segnale, cosa che rende la calibrazione a più punti necessaria
               per ottenere risultati accurati nell’intervallo di HbA1c pertinente.

               Dosaggi enzimatici
               Nei dosaggi enzimatici è utilizzata una fruttosil-peptide proteasi per scindere la catena β, liberando il
               fruttosil-peptide. Il peptide risultante, prevalentemente il dipeptide, è lasciato reagire con la fruttosil-
               peptide ossidasi. La concentrazione di HbA1c è misurata determinando il perossido di idrogeno
               risultante mediante un reagente che genera colorazione. In parallelo viene misurata fotometricamente
               l’emoglobina totale come metaemoglobina formata nel processo di pretrattamento.3-5 Le varianti non
               creano interferenze (tranne HbF o HbA2 potenzialmente aumentate, a causa delle catene b mancanti
               nel campione). La bilirubina in concentrazioni elevate può potenzialmente interferire e deve essere
               accertata.

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