Consiglio Nazionale dei Geologi - 24, 25 e 26 agosto 2019 - Consiglio Nazionale dei ...
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Data 25-08-2019 CORRIERE MBRIA Pagina Foglio 1 1 /2 Dopo tre anni no mila . scosse . e sciame 1n corso • A tre anni dal primo forte terremoto, nonostan- te più di 110 mila scosse, la terra ancora non si è pla cata. Lo afferma l'Ingv. ➔ a paqina 3 Casagrande Ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile.
Disciplina del mercato del gas naturale e del mercato elettrico: Pubblicato decreto con modifiche 26/08/2019 Con un Comunicato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 196 del 22 agosto 2019 il Ministero dello Sviluppo economico ha reso noto che con Decreto del 2 agosto 2019sono approvate le proposte di modifica alla disciplina del mercato del gas naturale e alla disciplina del mercato elettrico, trasmesse dal Gestore dei mercati energetici - GME al Ministro dello sviluppo economico in data 8 febbraio 2019, relativamente all’abilitazione di STOGIT Spa alla piattaforma di scambio per il gas naturale, e in data 19 giugno 2019 relativamente all’introduzione di una gestione integrata delle garanzie presentate dagli operatori per la partecipazione ai mercati organizzati dal GME. Il decreto è entrato in vigore il giorno della sua pubblicazione sul sito internet del Ministero dello sviluppo economico www.sviluppoeconomico.gov.it. e della sua
adozione è stata data notizia mediante pubblicazione di avviso sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Al decreto sono, anche, allegati: • la disciplina del mercato elettrico e relativi allegati; • la disciplina del mercato del gas naturale e relativi allegati. A cura di Redazione LavoriPubblici.it © Riproduzione riservata Documenti Allegati Decreto 2 agosto 2019 Disciplina del mercato elettrico e relativi allegati Disciplina del mercato del gas naturale e relativi allegati
Ecobonus e bonus ristrutturazioni, ne ha diritto chi compra casa dall’impresa? di Paola Mammarella L’Agenzia delle Entrate risolve il dubbio sul caso dell’impresa che effettua gli interventi e poi vende l’immobile Foto: gasparij ©123RF.com 26/08/2019 – Chi acquista un immobile da un’impresa può usufruire dell’ecobonus o del bonus ristrutturazioni per i lavori da essa effettuati prima della compravendita? Dipende da diversi fattori, ha spiegato l’Agenzia delle Entrate con la risposta 313/2019. Lavori di riqualificazione svolti dall’impresa e detrazioni, il caso L’Agenzia si è pronunciata sul caso di un contribuente che aveva acquistato un appartamento da una società. La società, nell’ambito della dismissione dell’intero palazzo, aveva effettuato interventi di riqualificazione delle parti comuni, come la sostituzione della caldaia e la tinteggiatura dei vani scala. Non aveva però chiesto le detrazioni fiscali e il pagamento era stato effettuato con bonifico ordinario. Dal momento che i lavori di riqualificazione erano rientrati nella trattativa sulla
compravendita, l’acquirente ha chiesto all’Agenzia delle Entrate se fosse possibile usufruire dei bonus per la riqualificazione delle parti comuni. Ecobonus e bonus ristrutturazioni, ecco chi ne ha diritto Le Entrate hanno spiegato che la sostituzione della caldaia rientra tra gli interventi di riqualificazione energetica che possono accedere all’ecobonus, mentre la tinteggiatura delle parti comuni dell’edificio tra i lavori di recupero che danno diritto al bonus ristrutturazioni. La normativa sull’argomento prevede che, in caso di vendita dell’unità immobiliare sulla quale sono stati realizzati interventi di recupero, la detrazione non utilizzata in tutto o in parte è trasferita all’acquirente per i rimanenti periodi di imposta. Tuttavia, ha chiarito l’Agenzia, bisogna fare delle precisazioni. Le imprese possono usufruire dell’ecobonus solo per gli interventi di efficientamento energetico effettuati sui fabbricati strumentaliutilizzati nell’esercizio dell’attività imprenditoriale e non anche ai beni merce, cioè “beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa”. Possono ottenere il bonus ristrutturazioni i contribuenti assoggettati ad Irpef, residenti o meno nel territorio dello Stato. Nel caso esaminato, la società che aveva effettuato i lavori era soggetta ad Ires e non ad Irpef. Per questo, l’Agenzia delle Entrate ha concluso che un’impresa non può beneficiare della detrazione fiscale né trasferirla all’acquirente. © Riproduzione riservata Norme correlate Risposta 24/07/2019 n.313 Agenzia delle Entrate - Interpello articolo 11, comma 1, lettera a), legge 27 luglio 2000, n. 212 – interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica - trasferimento della detrazione - Art. 16-bis del TUIR e Art. 14 del d.l. n. 63 del 2013
Risposta sismica non lineare di pile da ponte fondate su gruppi di pali inclinati Morici Michele - Università Politecnica delle Marche. Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e dell’Architettura. Carbonari Sandro - Università Politecnica delle Marche. Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e dell’Architettura. Gara Fabrizio - Laboratorio Ufficiale Prove Materiali e Strutture, Università Politecnica delle Marche Dezi Francesca - DET, Università di San Marino Leoni Graziano - Ordinario di Progettazione delle Strutture Architettoniche e Problemi Strutturali dell’Edilizia Storica, Università di Camerino 23/08/2019 Pile da ponte: primi risultati di una ricerca orientata allo studio degli effetti della configurazione e dell’inclinazione dei pali sulla risposta sismica non lineare La metodologia di analisi, basata su un approccio alle sottostrutture, viene preventivamente presentata; il sistema terreno-fondazione è analizzato nel dominio delle frequenze adottando un modello numerico sviluppato dagli autori mentre l’analisi di interazione inerziale delle sovrastrutture è svolta nel dominio del tempo per coglierne il comportamento non lineare. La dipendenza dalla frequenza delle funzioni di impedenza del sistema terreno-fondazione è approssimata nel dominio del tempo, attraverso un opportuno modello a parametri concentrati. La procedura è applicata ad alcuni casi studio costituiti da pile da ponte singole fondate in depositi di terreno argilloso di modesta ed elevata rigidezza. Sono considerate fondazioni costituite da pali aventi diversa inclinazione e pile caratterizzate da diversi periodi fondamentali e momenti flettenti di snervamento delle sezioni trasversali di base, al fine di simulare sistemi con diverso comportamento elastoplastico. I risultati delle analisi evidenziano il ruolo chiave rivestito dal rocking di fondazione sulla risposta strutturale e dimostrano che le fondazioni con pali inclinati possono contribuire a ridurre gli spostamenti massimi della testa della pila e la domanda di duttilità.
Pile da ponte: ma i pali inclinati sono davvero sconsigliati in zona sismica? I moderni codici normativi (EN1998-5, NTC2008) sconsigliano l’uso dei pali inclinati in zona sismica, nonostante la loro riconosciuta capacità di resistere a forze orizzontali maggiori rispetto ai pali verticali di pari lunghezza e diametro. Questo suggerimento è conseguenza delle pessime prestazioni dei pali inclinati, osservate nei terremoti passati (e.g. Priestley et al. 1991). Tuttavia, indagini sulle effettive cause di danno, condotte da molti ricercatori nelle ultime decadi (e.g. Poulos 2006, Ravazi et al. 2007), hanno evidenziato che i danni osservati possono essere imputati ad una inadeguata progettazione, piuttosto che ad una intrinseca inadeguatezza dei pali inclinati. In aggiunta, sono disponibili alcune evidenze che dimostrano una buona performance dei pali inclinati soggetti ad azioni sismiche (Lam and Martin 1986, Gazetas and Mylonakis 1988). Appare dunque evidente che il ruolo dei pali inclinati nella risposta sismica delle strutture e delle fondazioni stesse non è ancora ben chiaro. Nonostante siano stati recentemente fatti importanti progressi nella comprensione della dinamica di fondazioni con pali inclinati (Sadek and Shahrour 2004, Giannakou et al. 2010, Padrón et al. 2010, Dezi et al. 2016), sono necessarie ulteriori analisi per chiarire gli effetti dei pali inclinati sulla risposta sismica della sovrastruttura. Questo lavoro presenta alcuni risultati di una ricerca in corso, mirata allo studio degli effetti dei pali inclinati sulla risposta sismica non lineare di pile da ponte singole. Inizialmente viene presentata la metodologia di analisi, basata su un approccio alle sottostrutture, che sarà applicata all’analisi di alcuni casi studio. Il sistema terreno- fondazione è analizzato nel dominio della frequenza per mezzo di un modello numerico sviluppato dagli autori (Dezi et al. 2016). Le analisi di interazione inerziale delle pile da ponte sono eseguite nel dominio del tempo per includerne la risposta non lineare, adottando un modello a parametri concentrati per tener conto della dipendenza dalla frequenza delle funzioni di impedenza dinamica del sistema terreno - fondazione. La procedura è applicata a casi studio costituiti da pile da ponte fondate su gruppi di pali verticali ed inclinati.
Figura 1. (a) Pila da ponte fondata su pali, (b) modello del sistema terreno-fondazione, (c) modello della sovrastruttura; (d) modello a parametri concentrati adottato. I casi studio includono pile caratterizzate da diversi periodi fondamentali e da sezioni trasversali di base aventi diversi momenti di snervamento. I risultati delle applicazioni mostrano il ruolo rivestito dal rocking di fondazione ed in particolare dall’input rotazionale, che si aggiunge a quello traslazionale in conseguenza dell’accoppiamento roto- traslazionale che caratterizza al risposta cinematica delle fondazioni su pali. Gli effetti sulla struttura sono valutati in termini di spostamenti massimi in testa alla pila e di domanda di duttilità. Metodologia di analisi dello studio Si considera una singola pila da ponte fondata su un gruppo di pali inclinati di configurazione ed inclinazione generica. Tenendo conto in modo lineare equivalente delle non linearità del terreno, il problema di interazione terreno-struttura è studiato in accordo ad un approccio alle sottostrutture, dividendo il sistema terreno- fondazione-struttura (Figura 1a) nei sottosistemi terreno fondazione (Figura 1b) e sovrastruttura su opportuni vincoli cedevoli (Figura 1c). Questo approccio è classicamente adottato nel caso di sistemi a comportamento lineare ma può essere utilizzato per includere il comportamento non lineare della sovrastruttura (Sextos et al. 2003) nell’ipotesi di comportamento lineare del
sistema terreno-fondazione, assumendo che le deformazioni prodotte dall’interazione inerziale siano trascurabili rispetto a quelle prodotte dalla propagazione delle onde sismiche nel terreno (interazione cinematica). Analisi del sistema terreno-fondazione: impedenze e moto di fondazione L’analisi dinamica del sistema terreno- fondazione fornisce la matrice di impedenza dinamica della fondazione, dipendente dalla frequenza, che caratterizza i supporti cedevoli della sovrastruttura ed il moto di fondazione in assenza di struttura che differisce dal moto di terreno libero in conseguenza dell’effetto filtro esercitato dalla fondazione profonda. In questo lavoro, le analisi dinamiche del sistema terreno-fondazione sono eseguite adottando il modello agli elementi finiti proposto da Dezi et al. (2016) (Figura 1b); il modello permette di studiare il problema di interazione terreno-palificata di fondazioni profonde caratterizzate da una generica configurazione e inclinazione dei pali, soggette alla propagazione di onde sismiche in depositi di terreno orizzontalmente stratificati. Il problema dinamico è risolto nel dominio delle frequenze modellando i pali con elementi finiti di tipo trave ed il terreno come un set di layer orizzontali indefiniti di spessore infinitesimo. La dinamica di ciascuno strato permette di cogliere l’interazione terreno- palificata e include lo smorzamento isteretico e geometrico del terreno. La presenza di una zattera rigida in testa ai pali è simulata considerando un vincolo interno rigido applicato ai nodi di sommità dei pali, avente come riferimento il nodo F. [...] continua la lettura nel PDF
Articolo tratto dagli Atti del XVII Convegno ANIDIS 2017 - Pistoia Si ringrazia l'ANIDIS per la gentile collaborazione. Si ricorda che il prossimo Convegno ANIDIS si terrà ad Ascoli Piceno il 15-19 settembre 2019> maggiori info sul LINK Allegato
in Gazzetta il decreto del MIUR Lunedì 26 Agosto 2019 Adeguamento antisismico degli edifici scolastici: in Gazzetta il decreto del MIUR Approvati i piani regionali per un valore complessivo pari a 58.111.670,63 euro È sulla Gazzetta Ufficiale n.187 del 10 agosto 2019 il decreto 30 aprile 2019 del Ministero dell'Istruzione, recante “Finanziamento interventi di adeguamento alla normativa antisismica degli edifici scolastici, a valere sulle risorse di cui al Fondo ex protezione civile, annualita' 2018-2021”. Art. 1 Piani regionali 1. Sono approvati i piani regionali di cui agli Allegati da A ad M che costituiscono parte integrante e sostanziale del presente decreto per un valore complessivo pari ad euro 58.111.670,63. 2. Le somme residue non utilizzate dalle regioni, rispetto agli importi assegnati con il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca 11 febbraio 2019, n. 93, restano nella disponibilita' delle singole regioni, per essere successivamente utilizzate insieme ad altre eventuali economie per finanziare ulteriori interventi aventi le medesime finalita'. 3. La somma di cui al comma 1 grava sulle annualita' 2018, residui di stanziamento di lettera f), 2019, 2020 e 2021 del capitolo 7105, piano gestionale 1, del bilancio di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca.
4. L'utilizzo delle risorse di cui al comma 1 e' subordinato all'autorizzazione di cui all'art. 34 della legge 31 dicembre 2009, n. 196. 5. I piani delle regioni non pervenuti o per i quali non siano stati trasmessi i chiarimenti richiesti e/o la relativa documentazione sono approvati con successivo decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, previa assegnazione con apposita nota di un nuovo termine per la presentazione degli stessi. Art. 2 Termini per la progettazione, aggiudicazione degli interventi e conclusione dei lavori 1. Gli enti locali beneficiari dei finanziamenti di cui agli Allegati da A ad M, sono tenuti ad effettuare la proposta di aggiudicazione degli interventi entro e non oltre dodici mesi dalla pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. 2. La durata dei lavori non deve eccedere i due anni dall'avvenuta aggiudicazione definitiva dell'intervento. Art. 3 Modalita' di rendicontazione e monitoraggio 1. Gli enti beneficiari dei finanziamenti possono chiedere alla direzione generale per gli interventi in materia di edilizia scolastica, per la gestione dei Fondi strutturali per l'istruzione e per l'innovazione digitale del Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, tramite apposito applicativo, successivamente all'avvenuta registrazione del presente decreto da parte degli organi di controllo, un'anticipazione fino ad un massimo del 20% dell'importo di finanziamento. 2. Le restanti erogazioni sono disposte, previa rendicontazione di eventuali somme gia' ricevute, direttamente dalla direzione generale in favore degli enti locali beneficiari sulla base degli stati di avanzamento lavori o delle spese maturate dall'ente, debitamente certificati dal responsabile unico del procedimento, fino al raggiungimento del 90% della spesa complessiva al netto del ribasso di gara. Il residuo 10% e' liquidato a seguito dell'avvenuto collaudo e/o del certificato di regolare esecuzione. 3. Le economie di gara non sono nella disponibilita' dell'ente locale e possono essere utilizzate nei limiti del 50% e per le ipotesi di cui all'art. 106 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50. 4. Le risorse assegnate agli interventi di cui al presente decreto sono trasferite sulle contabilita' di Tesoreria unica degli enti locali e gestite con separata contabilizzazione e rendicontazione. 5. Al fine di monitorare il programma degli interventi, gli enti beneficiari del finanziamento sono tenuti ad implementare il sistema di monitoraggio presso il Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, che costituisce presupposto per le erogazioni di cui al comma 1. 6. Il monitoraggio degli interventi avviene anche ai sensi del decreto legislativo 29 dicembre 2011, n. 229, attraverso l'implementazione della Banca dati delle amministrazioni pubbliche (di seguito, BDAP) istituita ai sensi dell'art. 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196. 7. Le regioni e gli enti locali beneficiari sono tenuti ad inserire gli interventi e ad aggiornare lo stato di avanzamento degli stessi sulla piattaforma WebGIS «Obiettivo Sicurezza delle scuole» del Dipartimento della protezione civile. Art. 4 Revoche e controlli
1. Le risorse assegnate sono revocate nel caso di mancato rispetto dei termini di cui all'art. 2, commi 1 e 2, del presente decreto e nel caso di violazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, accertate a seguito di attivita' di monitoraggio. 2. E' disposta, altresi', la revoca qualora l'intervento finanziato con il presente decreto risulti integralmente assegnatario di altro finanziamento nazionale o comunitario per le stesse finalita' previste dal decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca 11 febbraio 2019, n. 93, o i cui lavori siano stati avviati prima dell'avvenuta adozione del presente decreto. 3. Nel caso in cui sia intervenuto provvedimento di revoca del finanziamento l'ente, che abbia ricevuto da parte del Ministero la liquidazione di risorse e' tenuto a restituire le somme ricevute mediante versamento all'entrata di bilancio dello Stato. 4. L'ente prova l'avvenuta restituzione delle risorse inviando, mediante Posta elettronica certificata, copia del relativo versamento alla direzione generale per gli interventi in materia di edilizia scolastica, per la gestione dei Fondi strutturali per l'istruzione e per l'innovazione digitale del Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca. Allegati dell'articolo Allegati-decreto-Miur-30-aprile-2019.pdf Miur-decreto-30-aprile-2019-Gazzetta-Ufficiale.pdf
pubblicato in Gazzetta il decreto FER1 Lunedì 26 Agosto 2019 Incentivi alle rinnovabili elettriche: pubblicato in Gazzetta il decreto FER1 Il primo bando sarà aperto il prossimo 30 settembre 2019 Sulla Gazzetta Ufficiale n. 186 del 9 agosto 2019 è stato pubblicato il decreto FER1 - Decreto 4 luglio 2019 recante “Incentivazione dell'energia elettrica prodotta dagli impianti eolici on shore, solari fotovoltaici, idroelettrici e a gas residuati dei processi di depurazione” - che sostiene la produzione di energia da fonti rinnovabili per il raggiungimento dei target europei al 2030 definiti nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC). Il provvedimento, che è stato firmato dai Ministri Luigi Di Maio e Sergio Costa, prevede incentivi per la diffusione di impianti fotovoltaici, eolici, idroelettrici e a gas di depurazione. L'obiettivo è quello di promuovere, sia in termini ambientali che economici, l’efficacia, l’efficienza e la sostenibilità del settore, favorendo la creazione di migliaia di nuovi posti di lavoro attraverso l'attuazione della transizione energetica, in un’ottica di decarbonizzazione. Il regolamento operativo verrà pubblicato sul sito del GSE (Gestore del Servizio Elettrico) entro 15 giorni dall'entrata in vigore del provvedimento, mentre il primo bando sarà aperto il prossimo 30 settembre 2019.
Un grande lavoro di squadra dei due ministeri, ambiente e sviluppo economico, che darà impulso alla produzione di energia rinnovabile, creando migliaia di nuovi posti di lavoro – ha dichiarato Di Maio – e puntando alla attuazione della transizione energetica, in un’ottica di decarbonizzazione. E’ una vera e propria rivoluzione copernicana, un cambio di paradigma – commenta Costa – si premia l’autoconsumo di energia per gli impianti su edificio fino a 100 kW e l’eliminazione dell’amianto, si incentiva la produzione di energia sostenibile oltre che rinnovabile. Questo decreto è una grande opportunità di sviluppo e di tutela ambientale. LA SINTESI DEL PROVVEDIMENTO L’attuazione del provvedimento consentirà la realizzazione di impianti per una potenza complessiva di circa 8.000 MW, con un aumento della produzione da fonti rinnovabili di circa 12 miliardi di kWh e con investimenti attivati stimati nell’ordine di 10 miliardi di Euro. Con gli incentivi verrà data priorità a: - impianti realizzati su discariche chiuse e sui Siti di Interesse Nazionale ai fini della bonifica; - su scuole, ospedali ed altri edifici pubblici per impianti fotovoltaici i cui moduli sono installati in sostituzione di coperture di edifici e fabbricati rurali su cui è operata la completa rimozione dell’eternit o dell’amianto; - impianti idroelettrici che rispettino le caratteristiche costruttive del DM 23 giugno 2016, quelli alimentati a gas residuati dai processi di depurazione o che prevedono la copertura delle vasche del digestato; - tutti gli impianti connessi in “parallelo” con la rete elettrica e con le colonnine di ricarica delle auto elettriche (a condizione che la potenza di ricarica non sia inferiore al 15% della potenza dell’impianto e che ciascuna colonnina abbia una potenza di almeno 15 kW). Cambia, inoltre, la modalità di riconoscimento del premio sull’autoconsumo: per gli impianti di potenza fino a 100 kW su edifici, sulla quota di produzione netta consumata in sito è attribuito un premio pari a 10 euro il MWh cumulabile con quello per i moduli in sostituzione di coperture contenenti amianto. Il premio è riconosciuto a posteriori a patto che l’energia auto consumata sia superiore al 40% della produzione netta. Saranno ammessi agli incentivi solo gli impianti idroelettrici in possesso di determinati requisiti che consentano la tutela dei corpi idrici, e in base a una valutazione dell’Arpa. Gli impianti fotovoltaici realizzati al posto delle coperture in amianto o eternit avranno diritto, in aggiunta agli incentivi sull’energia elettrica, a un premio pari a 12 €/MWh su tutta l’energia prodotta. IMPIANTI AMMISSIBILI Potranno partecipare ai bandi per la selezione dei progetti da iscrivere nei registri gli impianti:
- di nuova costruzione, integralmente ricostruiti e riattivati, di potenza inferiore a 1 MW; - oggetto di interventi di potenziamento qualora la differenza tra la potenza dopo l’intervento e la potenza prima dell’intervento sia inferiore a 1 MW; - oggetto di rifacimento di potenza inferiore a 1 MW. Sono ammessi impianti fotovoltaici esclusivamente di nuova costruzione e realizzati con componenti di nuova costruzione. Inoltre, potranno partecipare alle procedure di registri anche aggregati costituiti da più impianti appartenenti al medesimo gruppo, di potenza unitaria superiore a 20 kW, purché la potenza complessiva dell’aggregato sia inferiore a 1 MW. Gli impianti di potenza uguale o maggiore ai valori sopra indicati per accedere agli incentivi dovranno partecipare a procedure di asta al ribasso nei limiti dei contingenti di potenza. In analogia, potranno partecipare alle procedure di asta anche gli aggregati costituiti da più impianti appartenenti al medesimo gruppo, di potenza unitaria superiore a 20 kW e non superiore a 500 kW, purché la potenza complessiva dell’aggregato sia uguale o superiore a 1 MW. In allegato il decreto FER1 Allegati dell'articolo Decreto_04_07_2019-Fer-1-Gazzetta-Ufficiale.pdf
ANTINCENDIO CASE: NUOVA REGOLA TECNICA CON CLASSIFICAZIONE E COMPITI Come sono classificati gli edifici di civile abitazione? Cosa deve fare il responsabile dell’attività di gestione antincendio? Di Redazione Tecnica - 26 agosto 2019 © RIPRODUZIONE RISERVATA Per gli edifici di civile abitazione nella seduta del Comitato Centrale Tecnico Scientifico (CCTS) del 17 luglio scorso è stata presentata la bozza di Regola Tecnica Verticale (RTV) del Codice di prevenzione incendi (DM 03/08/2015 “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi, ai sensi dell’articolo 16 del decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139”). La nuova RTV (per ora, appunto, solo una bozza) riguarda le abitazioni civili di altezza antincendio > 24 m, cioè per esempio degli edifici destinati prevalentemente ad abitazione ma che includono anche negozi, magazzini, autorimesse, attività professionali eccetera. Ma vediamo in dettaglio cosa contiene questa bozza. Antincendio case, classificazioni degli edifici civili Gli edifici di civile abitazione sono classificati in relazione alla massima quota dei piani h: HC: h ≤ 32m; HD: h ≤ 54m; HE: h ≤ 80m; HF: h > 80m; Le aree dell’attività sono invece classificate così: 1/4
TA: unità abitative o a uso esclusivo (per esempio, appartamenti); TB: unità non abitative, destinate a piccole attività di tipo civile (studi professionali e piccoli uffici); TC: spazi comuni, aree o parti dell’edificio che non si configurano quali unità abitative o a uso esclusivo (es. scale e corridoi condominiali, atri, androni, terrazzi condominiali, rampe e passaggi in genere); TM1: depositi o archivi di superficie lorda ≤25mq con carico di incendio specifico qf≤1200MJ/mq, oppure di superficie lorda ≤100mq con carico di incendio specifico qf≤600MJ/mq; TM2: depositi o archivi di superficie lorda ≤400mq con carico di incendio specifico qf≤1200MJ/mq, oppure di superficie lorda ≤1000mq con carico di incendio specifico qf≤600MJ/mq. TO: locali con affollamento >100 occupanti (locali a uso collettivo, sale conferenze, sale riunioni); TT: locali tecnici rilevanti ai fini della sicurezza antincendio; TZ: altre aree. Leggi anche Antincendio, prevenzione: nuova regola tecnica verticale dal 2 gennaio Strategia antincendio Devono essere applicate tutte le misure antincendio della regola tecnica orizzontale (RTO)attribuendo i livelli di prestazione secondo i criteri in esse definiti. Reazione al fuoco Nelle aree TA e TB, non sono richiesti requisiti minimi di reazione al fuoco. Nelle vie d’esodo (vie d’esodo verticali, percorsi d’esodo(es.corridoi, atri, filtri,…) e spazi calmi, degli edifici di tipo HF deve essere previsto livello di prestazione IV per la reazione al fuoco A esclusione degli edifici di tipo HF, è ammesso l’impiego di materiali del gruppo GM3 di reazione al fuoco nei percorsi d’esodo degli edifici ove il livello di prestazione per la rivelazione e allarme sia incrementato di almeno un livello rispetto a quanto prescritto. Resistenza al fuoco La classe di resistenza al fuoco dei compartimenti non può essere comunque inferiore a quanto previsto nella tabella qui di seguito.
Antincendio per le case, la gestione della sicurezza Compiti e funzioni Devono essere adottate almeno le misure indicate sotto, in sostituzione delle soluzioni conformi previste al capitolo S.5 per tutti i livelli diprestazione. Il responsabile dell’attività organizza la GSA tramite: adozione e verifica periodica delle misure antincendio preventive; per le aree comuni, verifica dell’osservanza dei divieti, delle limitazioni edelle condizioni normali di esercizio; mantenimento in efficienza dei sistemi, dispositivi, attrezzature e delle altremisure antincendio adottate, effettuando verifiche di controllo e interventi di manutenzione, riportando gli esiti in un registro dei controlli; predisposizione, verifica e aggiornamento periodico della pianificazione d’emergenza; apposizione di segnaletica di sicurezza (divieti, avvertimenti, evacuazione); informazione agli occupanti sulle misure antincendio preventive che essi devono osservare e sulle procedure di emergenza da adottare in caso d’incendio, anche tramite invio o pubblicazione in area comune dell’edificio di sintetiche schede informative, comprensibili a tutti gli occupanti, riportanti: divieti e precauzioni da osservare, numeri telefonici per l’attivazione dei servizi di emergenza, istruzioni per garantire l’allarme e l’esodo in caso d’incendio. Negli edifici di tipo HE e HF, oltre a quanto previsto sopra, il responsabile dell’attività designa uno o più coordinatori dell’emergenza e co munica loro le necessarie informazioni e procedure contenute nella pianificazio-ne d’emergenza. Leggi anche Prevenzione incendi 2019, ci sono novità: eccole I coordinatori dell’emergenza devono essere formati come addetti antincendio, secondo le norme vigenti e in relazione al livello di rischio dell’attività, e sovrintendono all’attuazione della pianificazione d’emergenza e delle misure di evacuazione previste, interfacciandosi con i responsabili delle squadre di soccorso. Almeno uno dei coordinatori dell’emergenza deve essere continuamente presente presso l’attività, oppure deve essere garantito un servizio continuo dipronta disponibilità entro 30minuti dalla chiamata. Il ruolo di coordinatore dell’emergenza può essere svolto da un servizio di vigilanza esterno oppure anche dagli stessi occupanti dell’attività, se opportunamente formati come addetti antincendio.
Negli edifici di tipo HF, oltre a quanto previsto nei precedenti commi, il responsabile dell’attività predispone e organizza apposito centro di gestione delle emergenze. In condizioni ordinarie, gli occupanti osservano le disposizioni della GSA, in particolare: osservano le misure antincendio, i divieti, le limitazioni e le condizioni diesercizio preventive predisposte dal responsabile dell’attività; non alterano la fruibilità delle vie d’esodo e l’efficacia delle misure di prote-zione attiva e passiva. In condizioni d’emergenza, gli occupanti attuano quanto previsto nella pianificazione d’emergenza, in particolare le procedure di allarme e di evacuazione. Misure preventive Le misure preventive da attuare consistono almeno in: corretto deposito e impiego dei materiali combustibili, di sostanze e miscele pericolose; mantenimento della disponibilità di vie d’esodo sgombre e sicuramente fruibili; corretta manutenzione e esercizio delle chiusure tagliafuoco dei varchi tra compartimenti; riduzione delle sorgenti di innesco (limitazioni nell’uso di fiamme liberesenza le opportune precauzioni, rispetto del divieto di fumo ove previsto, divieto di impiego di apparecchiature elettriche malfunzionanti o impropriamente impiegate); gestione dei lavori di manutenzione, valutazione dei relativi rischi aggiuntivie di interferenza, con particolare riguardo a lavorazioni pericolose ai finidell’incendio, temporanea disattivazione di impiantidi sicurezza, temporanea sospensione della continuità della compartimentazione, impiego delle sostanze o miscele pericolose (solventi, colle…); valutazione dei rischi di incendio in caso di modifiche all’attività (allestrutture, alle finiture, al rivestimento delle facciate, all’isolamento termico eacustico e agli impianti…). Riferimenti normativi BS 9991 “Fire safety in the design management and use of residential buil-dings – Code of practice”; NFPA 13R “Standard for the Installation of Sprinkler Systems in Low-RiseResidential Occupancies”; UNIEN14604 “Rivelatori autonomi di fumo con avvisatore acustico”; UNI EN 1869 “Coperte antincendio”. La bozza della nuova norma tecnica verticale per la prevenzione incendi per edifici di civili abitazioni contiene anche ulteriori indicazioni, riguardanti valutazione del rischio, compartimentazione, esodo, pianificazione e gestione dell’emergenza, controllo dell’incendio, rivelazione e allarme, operatività, sicurezza degli impianti tecnologici e di servizio. Per leggere il documento intero, scaricalo qui.
Ma la solidarietà dei cittadini aiuta a ripartire: con Alleva la speranza assegnati 80mila€ A tre anni dal sisma nel centro Italia i terremotati resistono ancora in mezzo alle macerie Circa 73 mila gli edifici dichiarati inagibili, e un monitoraggio complessivo della ricostruzione e della gestione delle macerie neanche esiste. Legambiente: «Il cambio di passo promesso dal governo giallo-verde non c’è stato» [23 Agosto 2019] di Luca Aterini Dopo essere stati loro malgrado protagonisti del tutto involontari di una campagna elettorale permanente, i terremotati del centro Italia riemergono adesso dal profondo di una coscienza collettiva frastornata: non si tratta di un’arma di propaganda, ma di cittadini cui il sisma di tre anni fa ha stravolto un’intera vita ancora lontana dal tornare a ciò che si potrebbe chiamare normalità. Alle 03:36 del 24 agosto ad Amatrice rintoccheranno le campane per ricordare le 249 vittime del terremoto, e chi quel dramma l’ha vissuto sulla propria pelle e può ancora raccontarlo non vuole d’intorno una passerella di politici e telecamere: «Faccio appello alla stampa, alle istituzioni, ai politici – scrive il sindaco di Amatrice, Antonio Fontanella – affinché il volere dei familiari delle vittime sia rispettato. Siamo a disposizione 364 giorni l’anno, quella notte abbiamo bisogno di stare tra noi, senza persone esterne alla comunità amatriciana». Per un anniversario così lacerante basta e avanza il dolore privato dei terremotati, mentre l’impegno pubblico è necessario per la ricostruzione che – dopo tre anni e tanti annunci di ogni colore politico – ancora non c’è stata. «A tre anni dal primo evento sismico del 2016, la macchina della ricostruzione procede a singhiozzi e cammina troppo lentamente – documentano dall’Osservatorio sisma di Legambiente e Fillea Cgil – Oltre a continue polemiche, rimpalli di responsabilità e inefficienze tra livelli istituzionali, strutture commissariali e professioni tecniche, il numero dei progetti presentati dai cittadini per ricevere il contributo testimonia che il cambio di passo promesso dal governo giallo-verde non c’è stato». I dati sono impietosi: sono circa 73 mila gli edifici dichiarati inagibili, mentre le domande dei cittadini per il contributo sono circa 10 mila (poco più del 13%) e presso le Casse edili i cantieri avviati negli ultimi mesi sono poche centinaia. A tre anni dal terremoto non esiste neanche un monitoraggio complessivo della ricostruzione né della raccolta e gestione delle macerie: per avere le informazioni bisogna contare sulla disponibilità dei funzionari regionali e ogni Regione usa metodi di elaborazione diversi. Le Marche sono l’unica Regione ad avere un sito dove si può verificare la (sola) raccolta, e sempre le Marche all’inizio di luglio hanno lanciato un allarme pubblico sul rischio di sospendere la raccolta delle macerie per la mancanza di fondi disponibili da parte del governo; in Umbria sono passati addirittura otto mesi in cui la raccolta delle macerie si è fermata per incomprensioni tra il Commissario e la Regione. E questo non è ancora nulla: con il lento avvio della ricostruzione privata si è già presentato il problema della gestione delle macerie private, che saranno molte di più di quelle pubbliche, e che senza una pianificazione, un indirizzo sia ministeriale che regionale si rischia che non siano gestite correttamente, a danno della salute e dell’ambiente, e che non si avvii una filiera industriale del recupero e riutilizzo degli inerti. Si tratta del resto di un problema che affligge per altri versi tutto il Paese: in ballo c’è il destino di 57 milioni di tonnellate di rifiuti da costruzione e demolizione prodotti in Italia ogni anno, e almeno 15 di queste potrebbero essere riciclate per sostituire il calcestruzzo prodotto con materie vergini. Manca però la normativa End of waste e tutto è bloccato, figurarsi nell’area del terremoto.
In compenso, per la gestione della fase post-emergenziale in centro Italia è stato elaborato un profluvio di decreti e ordinanze, alcuni sacrosanti altri contraddittori o fatti per sanare situazioni alla meno peggio, ma paradossalmente il quadro normativo viene ritenuto ancora insufficiente. Siamo caduti in un circolo vizioso, spiegano dall’Osservatorio: la ricostruzione fa fatica a partire, i progetti presentati sono pochi, quindi si concedono le proroghe – dell’emergenza, dei termini di presentazione delle domande di contributo – che non fanno che alimentare la richiesta e l’attesa di un’altra proroga o di un altro intervento normativo. «Tanta responsabilità – commenta il presidente di Legambiente Stefano Ciafani – non è della burocrazia ma della volontà politica; e con la crisi di governo si rischia un ulteriore stallo. È necessario che il prossimo esecutivo abbia in agenda l’accelerazione di una ricostruzione di qualità, innovativa, trasparente, rispettosa dell’ambiente, del territorio e del lavoro». In attesa che la politica sappia esprimere e applicare una visione di futuro, senza la quale è probabile che fra due o tre decenni le case siano di nuovo in piedi ma nella desertificazione sociale ed economica, i terremotati resistono con la forza delle proprie gambe e con l’aiuto che arriva dalle associazioni e privati cittadini, smontando di fatto la retorica di quell’assurda propaganda politica sovranista che vorrebbe mettere in concorrenza la solidarietà mostrata verso i migranti con quella indirizzata alle vittime del terremoto. Un caso d’eccellenza è Alleva la speranza, la campagna di raccolta fondi lanciata da Legambiente ed Enel per sostenere le imprese attive nell’area del sisma nei loro progetti di rinascita grazie alle donazioni raccolte attraverso la piattaforma di crowdfunding Planbee.bz; sono stati già assegnati alla prime quattro imprese beneficiarie circa 80.000 euro. Attualmente i destinatari del crowdfunding sono Alba Alessandri, Fabio Fantusi, Arianna Veneri e Pietropaolo Martinelli, allevatori le cui aziende si trovano rispettivamente nelle Marche, nel Lazio, in Umbria e in Abruzzo: da Pieve Torina ad Amatrice, passando per Farindola e Norcia, purtroppo, è tutto fermo. O così sembra, di fronte a una burocrazia dai tempi incerti e lunghi e di cui i residenti non sempre capiscono la complessità. Ma dalla prima scossa del terremoto che ha devastato il cuore d’Italia, il 24 agosto 2016, nonostante tutto il territorio resiste e prova comunque a ripartire.
Brasile, ambientalisti e scienziati rispondono alle accuse di Bolsonaro A rischio non solo l’Amazzonia, ma il clima globale e l’economia e la biodiversità del Sudamerica [23 Agosto 2019] Di fronte all’Amazzonia che brucia il presidente neofascista del Brasile Jair Bolsonaro, non ha trovato di meglio che f dare la colpa – senza prove, come ammette lui stesso – a chi lo accusa di essere il mandante politico di questo disastro globale: «Non chiedetemi le prove, ma ci sono forti indizi che a provocare gli incendi di questi giorni siano state le Ong ambientaliste. Hanno perso i fondi statali e per questo stanno seminando il panico, danneggiando così l’immagine del nostro Paese. Potrebbero essere stati anche gli agricoltori? Certo, tutti sono sospettabili, anche gli indios: ma secondo me, vi ripeto, le Ong sono in cima alla lista». Durissima la risposta del Wwf Brasil: «La priorità del potere pubblico è tutelare il patrimonio e non di creare divergenze sterili e senza basi nella realtà. Per questo motivo, il Wwwf Brasil si rammarica del nuovo tentativo del presidente Jair Bolsonaro di sviare il legittimo dibattito della società civile sulla necessità di proteggere l’Amazzonia e, di conseguenza, di combattere la deforestazione che provoca gli incendi sproporzionati che affliggono il Paese e compromettono la qualità dell’aria in molte regioni». Il Wwf sottolinea che l’affermazione di Bolsonaro che le ONG sarebbero dietro gli incendi a causa di un presunto taglio di finanziamenti «Non è supportata da dati. Una ricerca dell’Instituto de Pesquisa Econômica Aplicada (Ipea) ha analizzato il trasferimento di fondi federali alle Organizações da Sociedade Civil (OSC) tra il 2010 e il 2018 e ha rilevato che solo il 2,7% delle Organizações da Sociedade Civil (OSC) riceve fondi federali. . Di questo totale, solo il 5% è andato nella regione settentrionale (5%). Lo studio indica anche una tendenza al ribasso del numero di trasferimenti federali dal 2010. Le risorse che il governo ha soppresso erano donazioni internazionali all’Amazon Fund che sovvenzionavano, tra le altre cose, azioni per combattere la deforestazione e gli incendi. Pertanto, quel che ha causato che la presunta interruzione dei trasferimenti di risorse è una riduzione della capacità dello Stato di combattere la deforestazione e gli incendi». Il Panda brasiliano conclude ricordando a Bolsonaro che «Il numero di focolai di incendi è cresciuto del 70% quest’anno (fino al 18 agosto) rispetto allo stesso periodo del 2018. In tutto, il Brasile ha registrato 66.900 focolai, secondo la misurazione del Programa Queimadas do Inpe (Instituto Nacional de Pesquisas Espaciais). Secondo i dati di Inpe, il bioma più colpito è l’Amazzonia, con il 51,9% dei casi. Storicamente, in questa regione, l’uso del fuoco è direttamente collegato alla deforestazione, in quanto è una delle tecniche di deforestazione. Secondo Instituto de Pesquisas da Amazônia (Ipam) i 10 municipi dell’Amazzonia con il maggior numero di incendi sono gli stessi con il maggior numero di disboscamenti». Greenpeace Brasil, che da settimane attacca duramente Bolsonaro e il suo governo di estrema destra e negazionista climatico, evidenzia che «La cosiddetta “temporada de fogo” non è una novità in Brasile, però, quest’anno, i focolai in Amazzonia sononaumentati significativamente. Da gennaio al 20 agosto, il numero degli incendi nella regione è stato del 145% superiore a quello registrato nello stesso periodo del 2018». Anche Greenpeace Brasil ricorda a Bolsonaro che «Gli incendi forestali sono intimamente legati al processo di disboscamento. Questo perché la maggior parte delle volte il fuoco è utilizzato per “pulire” le aree dopo aver abbattuto la foresta, per preparare la terra per il bestiame. Quindi, in un circolo vizioso, oltre alla deforestazione, gli incendi contribuiscono al riscaldamento globale, liberando più CO2 nell’atmosfera e alimentando l’emergenza climatica». Greenpeace Brasil accusa: «Segnali che la foresta può essere abbattuta e che nulla accadrà ai responsabili sono stati dati chiaramente dall’attuale l governo. Quelli che disboscano e distruggono in Amazzonia si sentono incoraggiati dai discorsi del governo Bolsonaro che, da quando è entrato in carica, non ha realizzato azioni per frenare la deforestazioneo. Per esempio, secondo un reportage del giornale Folha de S. Paulo, tra gennaio e aprile 2019 si è verificato un calo del 70% delle operazioni di controllo realizzate in Amazzonia. La più grande foresta pluviale del mondo e tutta la sua biodiversità sono gravemente minacciate. E questo crea un rischio per tutti noi, anche per quelli che non vivono nella regione settentrionale del Paese, poiché gli
incendi contribuiscono alle emissioni di gas serra in Brasile, incidendo sull’equilibrio climatico del pianeta. La distruzione dell’Amazzonia contribuisce seriamente all’approfondimento dell’attuale crisi climatica!» A chi, da dietro i comodi schermi dei computer, chiede cosa facciano gli ambientalisti Brasiliani, Greenpeace risponde che «Con il supporto dei nostri donatori, ogni anno conduciamo sorvoli di monitoraggio della regione amazzonica. L’anno scorso abbiamo mostrato al mondo il danno fatto da un incendio tra gli Stati di Amazonas, Acre e Rondônia. Durante l’indagine, abbiamo identificato focolai attivi soprattutto intorno e all’interno di aree protette come Terras Indígenas (TI) e Unidades de Conservação, il che rappresenta un grave rischio per la loro conservazione. Nel 2019, dall’inizio dell’anno, abbiamo esercitato pressioni sulle autorità e denunciato, attraverso i nostri canali di comunicazione e sulla stampa, l’avanzare della deforestazione e lo smantellamento della politica ambientale del Brasile. Continuiamo a monitorare la foresta e supportiamo la sua gente che, con il suo stile di vita tradizionale, previene il degrado ambientale. Continueremo a fare sempre di più per la protezione dell’Amazzonia. Abbiamo ancora molto lavoro da fare!» A Bolsonaro non sembra interessare molto nemmeno la salute dei suoi cittadini. I venti hanno ricoperto alcune grandi citta brasiliane di una nera cappa di fumo e Foster Brown, un geochimico ambientale del Woods Hole Research Center ha espresso a Mongbay LATM la sua preoccupazione per gli altissimi livelli di PM 2.5. Secondo i dati di PurpleAir —una plattaforma di monitoraggio del particolato— «Alla triplice frontiera Perú-Brasile-Bolivia, nello Stato brasiliano di Acre, il 6 de agosto la concentrazione di PM 2.5 ha superato i 600 microgrammi per m3 (µg/m³) e il 19 agosto ha oltrepassato i 500, quando il massimo raccomandato dell’Environmental protection Agency Usa è 25 µg/m3». Carlos Durigan, director de WCS Brasil, è sconcertato dale dichiarazioni di Bolsonaro: «Abbiamo un’elevata registrazione di incendi e focolai che stanno interessando un’estesa area dell’Amazonia. E non solo lì ma anche nel bioma del Cerrado e del Pantanal (onfatti grandi incendi vengono segnalati anche in Paraguay e Bolivia, ndr). Questo è molto grave perché è appena iniziata la stagione secca che può durare fino all’inizio di novembre. Anche se agosto e settembre sono i mesi più critici. Quel che sta accadendo non è solo conseguenza del caldo, è dovuto anche al debilitamento delle politiche ambientali e alla crisi delle agenzie di monitoraggio del governo. Quel che stiamo vivendo è un periodo molto duro». La pensa così anche la biologa Liliana Dávalos, della Stony Brook University di New York, «Non vengono applicate le normative ambientali, in alcuni casi sono state addirittura abrogate e sono state apertamente indicate linee guida regionali e nazionali a beneficio della speculazione fondiaria, dell’allevamento di bestiame e dell’agroindustria. I cambiamenti politici rappresentano un’opportunità per trasformare la selva. E’ vero che questo fenomeno si verifica ogni anno: durante la stagione secca e immediatamente dopo aumenta la frequenza degli incendi. Tuttavia, quest’anno sono aumentati in modo sproporzionato, dell’ordine di oltre il 60%». Durigan accusa: «C’è un’associazione criminale che appicca il fuoco per creare aree di espansione per l’agricoltura e l’allevamento su grannde scala, soprattutto nel sud dell’Amazzonia, dove c’è il grande arco brasiliano della deforestazione e dove ci sono aree naturali protette e territori indigeni che vengono colpiti». La principale vittima di queste politiche reazionarie e dell’accaparramento delle terre è la biodiversità e la bologa Dolors Armenteras, che insegna all’Universidad Nacional de Colombia , spiega: «Sappiamo che il cambiamento di uso dei terreni è una delle cause di perdita di biodiversità e quel milione di specie in pericolo delle quali parlava l’ultimo rapporto IPBES sono a maggior rischio con eventi come questo. Alcune specie a bassa mobilità, come insetti e vertebrati come tartarughe, lucertole e anfibi probabilmente non scappano dal fuoco. Non sono state ancora ben valutare le conseguenze per la fauna e in termini di vegetazione: stiamo perdendo foreste antichissime, il che produce più emissioni di carbonio e l’impossibilità di stoccarlo nuovamente. L’enorme problema è che molte delle foreste amazzoniche non recuperano anche se non sono completamente incenerite. Tuttavia, gli studi scientifici non ci dicono quanti anni ci metteranno a recuperare, però si tratta di decenni, anche secoli, perché tornino a essere quel che erano. E anche così, non torneranno a essere uguali. Va perso anche il microbiota, i micro-organismi del suolo, tuttavia su questo ci sono pochi studi». Quel che non dice Bolsonaro ma che fa la Dávalos è che gli incendi non devono essere visti come qualcosa di isolato: «Ogni striscia di fuoco secca e espone di più il terreno e nuovi blocchi della giungla non sono protetti. Questo aiuta a rendere più facile continuare ad abbattere la foresta. Ci sono studi che dimostrano che l’Amazzonia sta entrando in un nuovo regime di siccità molto più elevata e che la rigenerazione naturale richiederà più tempo». Se gli incendi e la deforestazione continueranno, non solo in Brasile, ma tutti i Paesi amazzonici subiranno effetti devastanti, tra questi la Dávalos menziona: «La diminuzione della portata dei bacini idrici con effetti sulla pesca e sull’agricoltura stessa; inasprimento della crisi della minaccia per le specie, tra cui bromeliacee e funghi, per i grandi felini e i tapiri; inasprimento dei cambiamenti climatici regionali e globali. In questo momento è essenziale far ricrescere l’Amazzonia, ripristinare le foreste per rimuovere CO2 dall’atmosfera. Bruciando e abbattendo, stiamo andando verso un futuro prossimo con una minore produttività agricola, una minore sicurezza alimentare e una maggiore instabilità sociale ed economica», che è esattamente il contrario di quel che promette Bolsonaro.
Lo sa anche la ex ministro dell’ambiente del Brasile, Marina Silva, che al ballottaggio ha indicato di votare Bolsonaro, che intervenendo ieri a un evento organizzato nella capitale della Colombia Bogotà dell’ Centro ODS para América Latina, ha detto che «La crisi ambientale è in realazione a una crisi etica e politica. Non è negoziabile che l’ambiente non sia preservato o che non proteggiamo le popolazioni indigene. Tornare indietro è ancora più pericoloso che non andare avanti, stiamo tornando all’inizio del XX secolo quando non sapevamo nulla. I principi e i valori devono essere chiari affinché le politiche siano durature. L’Amazzonia viene distrutta da un sistema retrogrado che nega l’ambiente. Dobbiamo mobilitarci per l’Amazzonia. Non si può sacrificare le risorse di migliaia di anni per il profitto di alcuni decenni. E’ necessario pensare a un nuovo modello». Speriamo che, tornata in Brasile, lo dica anche al suo amico Bolsonaro.
Wwf: «In Amazzonia brucia uno dei pilastri del nostro equilibrio climatico» Siamo sempre più vicini a un punto di non ritorno per il più grande serbatoio di biodiversità del Pianeta [23 Agosto 2019] Per parlare di quanto sta accadendo in Amazzonia il Wwf Italia parte dallo scorso aprile, quando «Le immagini di Notre Dame in fiamme hanno creato uno straordinario moto d’animo che ha spinto persone in tutto il mondo a piangere e soffrire per Parigi, ma anche a mobilitarsi. Oggi c’è bisogno della stessa voglia di reazione per quello che sta accadendo a quegli ecosistemi unici e irripetibili che non sono stati creati dall’uomo, ma sono fondamentali per la sua sopravvivenza e stanno rischiando di scomparire per sempre». Il Pabda italiano ricorda che «A causa della deforestazione, la foresta amazzonica nel territorio brasiliano sta perdendo una superficie equivalente a oltre tre campi da calcio al minuto e siamo sempre più vicini a un punto di non ritorno per quello che, non solo è il più grande serbatoio di biodiversità del Pianeta, ma rappresenta uno dei pilastri degli equilibri climatici. Al di sotto di una certa superficie, l’ecosistema forestale amazzonico rischia di collassare perdendo la capacità di fornire quei servizi cruciali per l’umanità come la stabilità climatica, la produzione di ossigeno, l’assorbimento di CO2, la produzione di acqua dolce, il mantenimento della biodiversità e tanti altri ancora. Secondo l’Istituto nazionale di ricerche spaziali del Brasile (INPE) solo da quest’anno (dal primo gennaio fino al 19 agosto) gli incendi in Brasile sono aumentati dell’ 83% rispetto allo stesso periodo nel 2018. Nello stesso periodo sono circa 73mila i roghi registrati nel paese di cui il 52% proprio in Amazzonia». Gli ambientalisti italiani sottolineano che «Storicamente, in questa regione, l’uso del fuoco è direttamente collegato alla deforestazione, perché è una delle tecniche utilizzate per creare nuovi spazi per coltivazioni, allevamenti e miniere. Secondo l’Amazon Research Institute (IPAM), i 10 comuni dell’Amazzonia con il maggior numero di incendi sono gli stessi con il maggior numero di disboscamenti. Secondo il Wwf e altre organizzazioni ad aggravare la situazione sono state le recenti politiche del governo Brasiliano, che hanno fatto della deforestazione uno strumento per dare maggiore vigore ad uno sviluppo basato sulla predazione delle risorse naturali. L’area deforestata dell’Amazzonia, che è stata monitorata a luglio via satellite, corrisponde a una superficie di 2.254 chilometri quadrati. Ciò equivale a oltre un terzo di tutto il volume disboscato negli ultimi 12 mesi, tra agosto 2018 e luglio 2019, periodo in cui il totale della deforestazione ha raggiunto i 6.833 chilometri quadrati con un aumento, registrato proprio nel mese di luglio, del 278% rispetto allo stesso periodo negli anni precedenti». Il Wwf Italia evidenzia che «Le foreste pluviali svolgono un ruolo fondamentale di contrasto al riscaldamento globale e senza la loro presenza rischiamo di perdere fra il 17 e il 20% di risorse di acqua per il Pianeta, un numero pari a 6,7 milioni di km quadrati di territori boschivi, e il 20% della produzione di ossigeno della Terra. A questo si aggiunge il rischio della perdita di habitat per 34 milioni di persone e del 10% di tutta la biodiversità mondiale». Isabella Pratesi, direttore Conservazione del Wwf Italia, conclude: «Il saccheggio dell’Amazzonia e delle sue straordinarie risorse ha anche un drammatico risvolto sociale. La deforestazione è infatti accompagnata da un drammatico aumento delle violenze verso le popolazioni indigene che vivono in quei territori. Cacciate dalle loro foreste, assassinate e torturate per il commercio di legna, miniere d’oro, pascoli e coltivazioni, le tribù amazzoniche sono le prime vittime di un efferato crimine contro l’umanità e il pianeta rispetto al quale i nostri occhi e le nostre orecchie rimangono sigillati. La foresta Amazzonica è un ambiente delicatissimo e irripetibile. Una volta scomparsa sarà scomparsa per sempre e nessun intervento di rinaturalizzazione potrà mai creare la straordinaria varietà, ricchezza e complessità di una foresta tropicale non violata dall’uomo».
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