CONFIMI 03 settembre 2015

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CONFIMI
   03 settembre 2015

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INDICE

CONFIMI WEB
  02/09/2015 gazzettadimantova.gelocal.it 03:55                 5
  Apindustria, aiuti alle aziende che puntano all'estero

SCENARIO ECONOMIA
  03/09/2015 Corriere della Sera - Nazionale                    7
  «Aumentare ancora il deficit? I margini sono molto stretti»

  03/09/2015 Corriere della Sera - Nazionale                    9
  Pensioni

  03/09/2015 Corriere della Sera - Nazionale                    11
  le tante ragioni per sostenere i fondi pensione

  03/09/2015 Corriere della Sera - Nazionale                    13
  Ryanair, le nuove rotte e l'infinito duello con Alitalia

  03/09/2015 Il Sole 24 Ore                                     14
  Le scelte di Draghi e le trappole dei mercati

  03/09/2015 Il Sole 24 Ore                                     16
  Scuola, assunti 38mila docenti

  03/09/2015 Il Sole 24 Ore                                     18
  Electrolux «delocalizza» frigoriferi in Ungheria

  03/09/2015 Il Sole 24 Ore                                     19
  Exor cede Cushman & Wakefield per 2 miliardi

  03/09/2015 Il Sole 24 Ore                                     21
  Il Prosecco Doc cresce del 20%

  03/09/2015 Il Sole 24 Ore                                     22
  Samsung lancia le news di «Upday»

  03/09/2015 Il Sole 24 Ore                                     23
  Poste, accordo con Mastercard sui pagamenti

  03/09/2015 Il Sole 24 Ore                                     24
  UniCredit accelera sul piano di taglio dei costi di gruppo
03/09/2015 La Repubblica - Nazionale                                                26
Mediaset: la Rai sul 104 di Sky ma non gratis Campo Dall'Orto deciso a insistere

03/09/2015 MF - Nazionale                                                           27
Le Ferrovie lanciano l'Alta velocità in Sicilia

03/09/2015 MF - Nazionale                                                           28
Il Grande Gioco di Marchionne su GM

03/09/2015 MF - Nazionale                                                           29
Piccole e medie imprese, perché per loro è sempre difficile trovare finanziamenti

03/09/2015 MF - Nazionale                                                           31
Renzi tagli il cuneo fiscale, non la Tasi

03/09/2015 Panorama                                                                 32
Fermiamo i vampiri della musica

03/09/2015 Panorama                                                                 34
«Che bello, c'è la crisi: è ora di investire»

03/09/2015 Panorama                                                                 35
La danza dei numeri sul Jobs act *
CONFIMI WEB

1 articolo
02/09/2015 03:55
Sito Web                                gazzettadimantova.gelocal.it

                                                                                                                            La proprietà intellettuale è riconducibile alla fonte specificata in testa alla pagina. Il ritaglio stampa è da intendersi per uso privato
  Apindustria, aiuti alle aziende che puntano all'estero
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  Apindustria, aderente a Confimi Industria, è l'unica associazione di categoria accreditata a Mantova per la
  fornitura di servizi in materia di export sulla base del bando voucher...
  Apindustria, aderente a Confimi Industria, è l'unica associazione di categoria accreditata a Mantova per la
  fornitura di servizi in materia di export sulla base del bando voucher internazionalizzazione.
  Ieri sono infatti usciti gli elenchi degli operatori accreditati pubblicati dal ministero per lo sviluppo economico
  che mette a disposizione delle aziende un voucher da 10.000 euro per l'acquisto di servizi in materia di
  internazionalizzazione.
  «Siamo molto soddisfatti perché si tratta di un'opportunità importante per le imprese che vogliono esplorare
  nuovi mercati esteri - sottolinea Giovanni Acerbi, direttore dell'Associazione piccole e medie industrie di
  Mantova - ulteriore motivo di orgoglio il fatto di essere l'unico operatore accreditato tra le associazioni di
  categoria a Mantova e provincia. E' il riconoscimento da parte del Ministero dello sviluppo economico
  dell'impegno degli ultimi anni sulla tematica dell'internazionalizzazione».
  Sarà Api Servizi, braccio operativo di Apindustria, a poter fornire servizi a valere sul bando voucher
  internazionalizzazione che mette a disposizione delle aziende un contributo di 10.000 euro per progetti in
  materia di Export, gestiti da Temporary Export Manager (Tem) scelti dal ministero.
  A Mantova risultano essere inoltre accreditate due aziende associate Apindustria: si tratta di Export Più e Fin
  Service che completano in tal modo il panorama degli operatori autorizzati sul territorio mantovano.
  A partire dal 22 settembre le aziende potranno presentare online la richiesta del voucher facendo riferimento
  all'ufficio estero dell'Associazione (telefono: 0376-221823; riferimenti Alessandra Tassini e Vittoria Sarcuni)
  per un primo orientamento e per la predisposizione della richiesta di contributo.

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SCENARIO ECONOMIA

20 articoli
03/09/2015                                                                                              diffusione:619980
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 INTERVISTA Conti pubblici
 «Aumentare ancora il deficit? I margini sono molto stretti»
 Il presidente Il presidente dell'Ufficio parlamentare di Bilancio: presto per dire che siamo davanti a una ripresa
 solida
 Mario Sensini

 ROMA «L'economia nel 2015 potrà crescere anche un po' più dello 0,7% previsto dal governo. Ma non è
 detto che questo abbia un impatto positivo sui conti pubblici, e la produttività non aumenta. È ancora presto
 per dire che siamo davanti a una ripresa solida e sostenibile». Nonostante i buoni dati della congiuntura,
 Giuseppe Pisauro, presidente dell'Ufficio parlamentare di Bilancio, l'autorità indipendente sui conti pubblici,
 invita a restare prudenti. E a non farsi troppe illusioni sulla flessibilità europea per i conti.
 Quali i rischi per la crescita?
 «La domanda interna va bene, i consumi e in parte anche gli investimenti, mentre l'estero dà un apporto
 negativo alla crescita, con le importazioni che superano l'export. A determinare la variazione del Pil, alla fine,
 è la ricostituzione delle scorte, cresciute moltissimo, da parte delle imprese. Bisognerà vedere se le scorte
 saranno trasformate in fatturato».
 Possibili tensioni esterne?
 «Il prezzo del petrolio è più basso di quello medio stimato dal governo nel costruire il quadro su cui sono
 basati i conti pubblici, il valore del cambio un po' più alto. Il fattore più rischioso è il commercio mondiale: nel
 Def si prevede una crescita del 4%, ma a oggi siamo ancora in territorio negativo».
 L'inflazione sale di poco, dello 0,2%, è un male?
 «Rende più difficile il risanamento. Il Def ipotizzava una crescita del Pil nominale, quest'anno, dell'1,4%, data
 da un'inflazione allo 0,7% e una crescita reale dello 0,7%. Quest'ultima abbiamo visto che è in linea, ma da
 quell'1,4% siamo ancora molto distanti, ed i parametri Ue su deficit e debito si calcolano in rapporto al Pil
 nominale...».
  Ci sono buoni segnali anche sul fronte dell'occupazione.
 «La revisione dei dati è stata molto forte. Sembra che il contratto a tutele crescenti e soprattutto la
 decontribuzione per i nuovi assunti stiano funzionando, ma potrebbero esserci anche altri fattori. Il settore che
 traina la crescita dell'occupazione è quello delle costruzioni, dove si registra, nello stesso tempo, un calo del
 valore aggiunto. Forse, almeno in quel comparto, la decontribuzione è servita anche per l'emersione del
 lavoro nero. C'è un'altra cosa da dire sull'occupazione. Quando questa aumenta più del Pil, la produttività
 diminuisce, mentre questa dovrebbe salire per assicurare solidità alla crescita».
 Siamo alla vigilia di una manovra da 25-30 miliardi.
 «Il Def di aprile indicava per il 2016 la necessità di rimuovere gli aumenti Iva, che valgono un punto di Pil, 16
 miliardi, ricorrendo a una nuova tornata di tagli alla spesa per 0,6 punti, 10 miliardi, e alla clausola Ue sulle
 riforme che ci consentiva di fare 0,4 punti di deficit aggiuntivo. Rispetto ad allora non è cambiato molto, i
 margini sono gli stessi».
 Non ci sono altri spazi? Renzi parla di 16-17 miliardi.
 «La clausola sulle riforme potrebbe darci un margine aggiuntivo di 0,1 punti, ma dipenderà anche dalle
 previsioni della Commissione Ue, che oggi sono peggiori di quelle del governo».
 Poi c'è la clausola sugli investimenti.
  «Può essere attivata anche quella, ma per finanziare opere pubbliche, non per ridurre le tasse. E non è
 chiaro se le due clausole siano cumulabili e dunque se a un Paese nelle condizioni dell'Italia sia possibile
 deviare, in un anno, di oltre 0,5 punti di Pil dal percorso di risanamento dei conti ».
  © RIPRODUZIONE RISERVATA

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 03/09/2015 - 03/09/2015                                                             7
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 L'estero dà un apporto negativo alla crescita, l'import supera l'export
 Sul fronte esterno, il fattore più rischioso è il commercio mondiale che è negativo
 Foto: Giuseppe Pisauro guida l'Ufficio parlamentare di Bilancio, la nuova autorità indipendente sui conti
 pubblici, con Alberto Zanardi e Chiara Goretti

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 03/09/2015 - 03/09/2015                                                    8
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 Pensioni
 Un assegno ridotto in modo progressivo dal 2% in su per chi lascia prima. Laurea, riscatto modulare
 Lorenzo Salvia

 ROMA Il punto preciso di approdo non è stato ancora trovato. Ma la rotta è cambiata. Il ministro del Welfare
 Giuliano Poletti dice che la famosa flessibilità sulle pensioni - cioè la possibilità di lasciare il lavoro prima
 rispetto alla soglia fissata dalla Legge Fornero - non deve essere «a costo zero». Chi esce prima deve sì
 accettare un assegno più basso, insomma, ma ci deve essere un compensazione parziale da parte dello
 Stato. È un cambio di passo non da poco. Fino a due giorni fa il governo aveva sempre detto che la
 flessibilità si dovesse autofinanziare, senza toccare il portafoglio dello Stato. Non tutti nella maggioranza la
 pensano come Poletti. Ma quella del ministro non è una mossa isolata. Il ragionamento è in corso e alcune
 idee sono già sul tavolo. La vera novità sta nella prima ipotesi.
 Finora chi parlava di flessibilità si riferiva sempre alla vecchia proposta di Cesare Damiano e Pier Paolo
 Baretta, Pd. Dice quel testo che la pensione deve subire un taglio del 2% per ogni anno di anticipo rispetto
 alla pensione «normale», oggi fissata a 66 anni. L'idea è che il taglio non sia più fisso, sempre il 2% per ogni
 anno di anticipo. Ma cresca progressivamente con il numero degli anni di anticipo. Un esempio per capire:
 per chi esce un anno prima il taglio sarebbe del 2%, per chi esce due anni prima del 5%, per chi anticipa di
 tre anni dell'8%. E così via. I numeri cambieranno ma il principio del taglio progressivo sembra fin da ora un
 punto fermo. La soluzione avrebbe il vantaggio di ridurre i costi e quindi il volume delle coperture che il
 governo dovrà trovare nella legge di Stabilità. Ma avrebbe senso anche dal punto di vista dell'equità, perché
 spingere soprattutto la flessibilità «minima», e cioè l'uscita di chi è comunque vicino al traguardo della
 pensione piena. Non è un caso che proprio ieri lo stesso Damiano - presidente della commissione Lavoro
 della Camera - sia tornato a difendere la sua proposta, sia pure nella versione originale.
 Prima dell'estate il presidente dell'Inps Tito Boeri aveva detto che un intervento del genere sarebbe costato
 8,5 miliardi di euro. Cioè troppo. Ma secondo Damiano, ex ministro del Welfare, «quella stima è irrealistica
 perché ipotizza che tutti i lavoratori con 62 anni di età e 35 di contributi decidano di andare subito in
 pensione». E poi, secondo Damiano, «l'Inps non ha tenuto conto dei risparmi in termini di meno cassa
 integrazione, meno mobilità, e meno poveri da aiutare».
 La flessibilità, però, non va intesa solo come taglio dell'assegno più o meno pesante per chi esce prima.
 «L'obiettivo - spiega Maurizio Sacconi (Ncd) anche lui ex ministro del Welfare, ora presidente della
 commissione Lavoro del Senato - è evitare l'ipotesi del ricalcolo contributivo». Significherebbe tagliare
 l'assegno di parecchio, anche del 30%, perché si terrebbe conto non del livello degli ultimi stipendi ma dei
 contributi versati nel corso della vita lavorativa. «Avrebbe un effetto devastante - continua Sacconi - sia sulla
 fiducia nel Paese sia sui consumi. Insomma sarebbe un disastro». Per questo, allo studio del governo, ci
 sono altri meccanismi che consentirebbero di far salire un po' l'assegno previdenziale. Non solo a chi esce
 prima, in questo caso, ma a tutti. Il primo meccanismo riguarda il riscatto della laurea. Oggi chi ci pensa
 quando già lavora da un po' di anni si vede presentare un conto salatissimo. E questo perché la somma da
 versare viene calcolata sulla base dello stipendio che prende adesso. L'idea è introdurre un riscatto
 «modulare», potendo decidere quanto versare e quindi anche di quanto far crescere la pensione futura.
 L'altro meccanismo riguarda gli «scivoli» concessi ai lavoratori che chiudono un accordo con l'azienda per
 l'uscita anticipata. Oggi sono gli stessi pre pensionati a pagarsi i contributi con i soldi ricevuti dall'azienda,
 soldi sui quali paga le tasse sia lui sia l'azienda stessa. L'ipotesi è che sia direttamente l'azienda a versare i
 contributi, anche se quello tecnicamente non è più un suo lavoratore. La somma inoltre non solo non sarebbe
 tassata ma potrebbe essere anche scaricata dalle tasse.
 I lavori sono in corso e sul tavolo arriveranno altre proposte. Il sottosegretario all'Economia Enrico Zanetti,
 Scelta civica, frena: «La spesa pensionistica è già molto alta». Ma i sindacati guardano con molto interesse ai

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 nuovi segnali: «Non bisogna penalizzare i lavoratori», dice per la Cgil Susanna Camusso, le «soluzioni
 devono essere digeribili e congrue» aggiunge Annamaria Furlan, Cisl. E sulla questione torna anche il
 presidente dell'Inps, Tito Boeri: «Un po' di flessibilità in uscita verso la pensione sarebbe di aiuto per
 l'occupazione giovanile». Per una volta ministro ombra e ministro vero sembrano d'accordo.
  lorenzosalvia
  © RIPRODUZIONE RISERVATA
  DI FABIO SIRONI
 Come cambia la previdenza
 Il rebus anticipo Il ministro del Welfare Giuliano Poletti ha annunciato al Corriere che la famosa flessibilità
 sulle pensioni - cioè la possibilità di lasciare il lavoro prima rispetto alla soglia fissata dalla legge Fornero -
 non deve essere «a costo zero». Chi esce prima deve sì accettare un assegno più basso rispetto a quello
 pieno, ma ci deve essere una compensazione parziale da parte dello Stato. Fino a due giorni fa, invece, il
 governo aveva sempre detto che la flessibilità si dovesse autofinanziare e, quindi, lo Stato non dovesse
 mettere mano al portafoglio
 Minori coperture La nuova soluzione avrebbe il vantaggio di ridurre il costo dell'operazione e quindi il
 volume delle coperture che il governo dovrà comunque trovare nella legge di Stabilità. Ma avrebbe
 senso anche dal punto di vista dell'equità, perché spingere soprattutto la flessibilità «minima», e cioè
 l'uscita di chi è comunque vicino al traguardo della pensione piena. Prima dell'estate il presidente
 dell'Inps Tito Boeri aveva quantificato l'intervento dell'ipotesi Damiano in 8,5 miliardi di euro. Una
 stima che, invece, secondo Damiano, è irrealistica
 Le penalizzazioni Finora chi parlava di flessibilità si riferiva alla vecchia proposta di legge del 2013 di
 Cesare Damiano e Pier Paolo Baretta, Pd. Secondo cui la pensione deve subire un taglio del 2% per
 ogni anno di anticipo rispetto alla soglia normale, oggi fissata a 66 anni. La nuova ipotesi
 è che la percentuale del taglio sulla pensione non sia più fisso, sempre il 2% per ogni anno di
 anticipo. Ma cresca progressivamente con il numero degli anni di anticipo: per chi esce un anno
 prima il taglio è del 2%, per chi esce due anni prima del 5%, per chi anticipa di tre anni il taglio arriva
 all'8%. E così via
 Foto: Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, intervistato ieri dal Corriere . «La riforma delle pensione non
 deve essere per forza a costo zero per lo Stato e le penalizzazioni non possono essere eccessive»

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 mercato e concorrenza
 le tante ragioni per sostenere i fondi pensione
 Valore Va riconosciuta la valenza economica degli strumenti pensionistici negoziali, con buoni rendimenti
 negli ultimi anni: il vero problema, però, è che in pochi si rivolgono alla previdenza integrativa Risparmio da
 incentivare Sarà necessario individuare la via giusta per aumentare le adesioni: ciò significherà assicurare
 una vita dignitosa a chi smette di lavorare
 Mauro Marè* e Michele Tronconi**

 I l recente articolo di Alesina e Giavazzi (Corriere, 4 agosto) richiama i vantaggi che il rafforzamento della
 concorrenza, in vari settori, potrebbe avere per la crescita economica del nostro Paese. Sono osservazioni
 fondate e importanti, che condividiamo. Quelle sui fondi pensione negoziali vanno meglio chiarite.
 La nostra non è una difesa d'ufficio. Siamo per la concorrenza sempre e comunque, senza dimenticare che,
 nelle condizioni di mercato in cui prevalgono asimmetrie informative e alti costi di transazione, il singolo
 consumatore, lasciato solo, può trovarsi in serie difficoltà di scelta. In questi casi è preferibile promuovere
 forme di adesione collettiva, come nel caso dei fondi pensione negoziali (cioè quelli che derivano dalla
 contrattazione collettiva) che non gestiscono direttamente il risparmio previdenziale degli aderenti, ma
 selezionano i gestori dopo averli messi in concorrenza.
 Certo, per organizzare questi fondi è stato necessario coinvolgere i corpi intermedi, ed è evidente che il clima
 d'opinione nei loro confronti sia cambiato. Senza troppe dimostrazioni, vengono identificati quali detentori di
 rendite di posizione pericolose, sulla base dell'ipotesi della cattura del regolatore. Anche l'invito al legislatore
 di interloquire direttamente coi singoli cittadini richiama un dilemma costitutivo delle democrazie
 rappresentative, che si pose in modo drammatico alla fine del Settecento.
   Le moderne Costituzioni, tra cui la nostra, l'hanno risolto, per quanto possibile, riconoscendo la libertà di
 associazione. Infatti, come possono farsi sentire i cittadini, se non associandosi? Allo stesso modo, un
 individuo è più forte di fronte al mercato assicurativo e del risparmio pensionistico se lo affronta da solo,
 oppure attraverso uno strumento collettivo? È opportuno, quindi, ribadire i meriti di questi veicoli, proprio sul
 piano dell'efficienza e della concorrenza.
 La previdenza complementare ha lo scopo di aumentare il tasso di sostituzione tra pensione e retribuzione, a
 fronte delle riforme pensionistiche degli ultimi 20 anni. Per garantire la sostenibilità dei sistemi pensionistici
 pubblici si è ridotta la copertura che essi forniscono ai pensionati. Con l'attuale criterio contributivo, basato sul
 principio di corrispettività, si stima che le coorti che andranno in pensione nel 2030, nel caso di una carriera
 lavorativa priva di interruzioni, potranno ottenere un assegno pensionistico pari al 50-60%. Solo con la
 previdenza integrativa questa percentuale può salire di 10-20 punti percentuali.
 Per costruire il cosiddetto «secondo pilastro» si è dovuto far ricorso a risorse che erano già nella disponibilità
 dei lavoratori, anche se in modo differito (il Tfr). Per incentivare il suo trasferimento presso i fondi pensione,
 anziché mantenerlo in azienda, il legislatore ha previsto una fiscalità di vantaggio, anche se di recente si è
 fatto un inopportuno passo indietro, con l'aumento della tassazione dei rendimenti. Mentre il sistema delle
 imprese, rinunciando a una preziosa fonte di autofinanziamento, ha messo in gioco anche il contributo
 datoriale. Si tratta, in questo caso, del risultato dell'autonomia negoziale che l'art. 15 del ddl concorrenza,
 nelle parti ora soppresse, voleva mettere a disposizione del mondo assicurativo e bancario per alimentare i
 Pip (le polizze assicurative su base individuale).
 Niente contro i Pip, anzi, uno degli autori ne sottoscrive uno! Va però riconosciuta la valenza economica
 anche dei fondi pensione negoziali, proprio in termini comparati. Negli ultimi sette anni di turbolenza
 finanziaria essi hanno ottenuto un rendimento medio del 3,7%, al netto delle imposte, mentre i fondi aperti
 hanno reso il 3,4% e i Pip il 2,7%. Non solo: su di un arco trentennale essi costano al singolo aderente, in
 media, lo 0,20% all'anno, a fronte dell'1,50% circa dei Pip. Significa che a parità di rendimento facciale,
 l'impatto delle commissioni può comportare una differenza del montante pensionistico di circa il 30%. Eppure
 l'articolo 15, per contrastare una «lobby» finiva, speriamo senza volerlo... col favorirne un'altra, ben più

SCENARIO ECONOMIA - Rassegna Stampa 03/09/2015 - 03/09/2015                                                             11
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 potente.
 Sia chiaro, si deve essere a favore della concorrenza e dell'efficienza sempre. I fondi pensione negoziali
 possono essere ridotti di numero, accorpando i più piccoli; con l'aumento della masse medie gestite, si può
 migliorare la loro governance e l'impatto sull'economia reale del Paese. Il problema vero, però, in questa
 fase, non è tanto la contendibilità del mercato, quanto la sua dimensione assoluta; sono ancora troppi i
 lavoratori che mancano all'appello della previdenza complementare! Troppi, cioè, quelli che si troveranno con
 una pensione insufficiente a garantire una vita dignitosa. Si devono trovare gli strumenti adeguati per
 aumentare le adesioni, altro che lobby!
 *Presidente Mefop
 **Presidente Assofondipensione
  © RIPRODUZIONE RISERVATA

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 La Lente
 Ryanair, le nuove rotte e l'infinito duello con Alitalia
 Michelangelo Borrillo

 Dai fatti alle parole. Annunciando l'apertura della nuova base di Malpensa dal prossimo dicembre, con un
 investimento di 100 milioni di dollari - i fatti - i vertici di Ryanair hanno colto l'occasione per attaccare Alitalia
 anche a parole. «La strategia di Alitalia - ha spiegato David O'Brien, responsabile commerciale del vettore
 low cost, presentando le 4 nuove rotte per Londra Stansted, Comiso, Bucarest e Siviglia - non è vantaggiosa
 per l'Italia». E la battuta successiva certamente non è per smorzare i toni: «Apprezzo che Sea e Malpensa
 non prendano le decisioni ad Abu Dhabi», sede di Etihad, partner di Alitalia. Poi l'affondo: «Credo che gli
 italiani preferiscano buoni prezzi e servizi rispetto ai prezzi alti e servizi spazzatura di Alitalia». Per O'Brien
 anche nell'incendio di Fiumicino Adr ha fatto il miglior lavoro possibile e non così Alitalia che, «invece di far
 volare le persone verso l'Italia, punta a portare persone ad Abu Dhabi e Berlino». Che poi, però, è anche la
 strategia di Ryanair: ben incentivata dalle Regioni, dalla Lombardia alla Sicilia, passando per la Puglia (da cui
 riceve 12 milioni di euro all'anno), Ryanair collega Perugia con Londra per portare, probabilmente, più umbri
 sotto il Big Ben che inglesi in Umbria. Le Regioni pagano per incrementare il turismo, ma Ryanair non guarda
 al passaporto. Strategia legittima, che però vale per tutto il mercato.
  @MicBorrillo
  © RIPRODUZIONE RISERVATA

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 LA POLITICA MONETARIA
 Le scelte di Draghi e le trappole dei mercati
 Donato Masciandaro

 Le perturbazioni dalla Cina spingeranno la Banca centrale europea a modificare le sue scelte? La rispostaè
 semplice: dipende se tali scosse incideranno sulla regola di politica monetaria che guida l'azione di Mario
 Draghi. C'è attesa sulle decisioni che verranno oggi prese dalla Bce sull'orientamento della politica monetaria.
 Dopo che le scorse settimane sono state caratterizzate da forti perturbazioni nei tassi di cambio e nelle
 Borse,e in uno scenario macroeconomico in cui la ripresa economica appare ancora acerba e la dinamica dei
 prezzi anemica, è stata avanzata l'ipotesi che la Bce possa ulteriormente accentuare l'espansione monetaria.
 È un'ipotesi robusta? Dipende dall'impatto che le novità congiunturali possono avere sulla regola di politica
 monetaria. Ed è difficile che l'impatto stimato sia tale da spingere sin da oggi a mutamenti significativi. Da sei
 mesi la Bce ha avviato una strategia di politica monetaria che ha come obiettivo principale il ritorno a una
 dinamica dei prezzi al consumo al 2%; lo strumento prioritario adottato, essendo i tassi di interesse di fatto al
 livello zero, sono gli acquisti sistematici di titoli privatie pubblici sui mercati, aumentando la liquidità
 potenzialmente disponibile. Di frontea prezzi al consumo ancora piatti, e al rischio che l'andamento dei prezzi
 delle materie prime - ancora deboli unito alle perturbazioni valutarie provochi nuove pressioni deflazionistiche,
 più d'uno sarebbe pronto a scommettere sulla necessità di un'ulteriore accentuazione espansiva dell'azione
 della Bce. Una svolta oggi sarebbe però una forte assunzione di rischio da parte della Bce. In assenza di
 pericoli imminenti, le forti assunzioni di rischio non sono coerenti con il modus operandi dei banchieri centrali,
 soprattutto quando la politica monetaria riguarda 19 Paesi sovrani, tra loro molto diversi. Basta ricordare cosa
 è successo negli ultimi due anni. Continua pagina 3 Continua da pagina 1 Nell'Unione europea i prezzi al
 consumo hanno toccato l'ultima volta il 2% nel gennaio del 2013; poi per 22 mesi sono sistematicamente
 scesi, per divenire negativi a partire dal dicembre 2014 fino al marzo 2015, e poi iniziare una timida salita
 appena sopra lo zero. La disinflazione è diventata deflazione, nonostante l'orientamento della politica
 monetaria sia stato sistematicamente espansivo a partire dal novembre 2011. Dunque in Europa abbiamo
 toccato con mano quali sono i limiti della politica monetaria, quando il sistema economico entra in situazioni
 recessive straordinarie, come è quella della trappola della liquidità. In questi mesi abbiamo anche imparato
 speriamo - che quando una politica è inefficace, occorre capire qual è il momento giusto in cui è opportuno
 cambiare la strategia. Altrimenti il cambio di strategia rischia di essere inefficace, o addirittura
 controproducente. Nel caso della trappola della liquidità, che annulla l'efficacia dell'azione dei tassi
 d'interesse, l'obiettivo di una banca centrale diviene condizionare nella giusta direzione e al giusto momento
 le aspettative, per contribuire a sbloccare la situazione di stallo nell'economia. È una scelta rischiosa,
 soprattutto se a doverla fare è la Bce, le cui decisioni riflettono e si riverberano su 19 Paesi diversi tra loro.
 Quanto più le preferenze dei 19 Paesi sono eterogenee, tanto più sarà difficile prendere una decisione
 rischiosa. È la trappola politica che caratterizza la nostra banca centrale, che si è potuta sciogliere solo nel
 momento in cui la deflazione è divenuta una realtà, e nel contempo il meccanismo di trasmissione della
 politica monetaria è apparso in via di guarigione. Da gennaio 2015 si è potuta annunciare, e poi mettere in
 atto, l'espansione monetaria quantitativa europea. Ed è l'esistenza di una regola monetaria che alla fine ha
 costretto anche i più avversi al rischio - tedeschi ma non solo - ad approvare l'ulteriore svolta espansiva. Oggi
 occorre capire se i mutamenti in corso nell'andamento dei prezzi internazionali, inclusi quelli delle valute,
 incidono sul percorso che la Bce vuole e deve seguire per tornare auspicabilmente entro il settembre 2016
 alla stabilità monetaria. Conteranno le informazioni che la Bce ha, in funzione del suo ruolo; di per sé, infatti, i
 movimenti di breve periodo dei prezzi delle attività finanziarie, incluse le monete, dicono oggigiorno sempre
 meno. Parlare di effetti automatici e immediati di svalutazioni e rivalutazioni sull'economia reale è sempre più
 un concetto di archeologia economica, da cattivo libro di testo. L'economia reale è fatta sempre di più da
 catene di creazione del valore; tanto più la catena è internazionale, tanto più gli effetti di variazione nel valore

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 relativo tra euro, dollaro e renminbi sono tutt'altro che scontate. Una ragione per essere prudenti; come
 banchieri centrali, in generale, ed europei, in particolare.

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 Per 9mila l'assunzione è arrivata nella notte via mail - Altri 55mila saranno chiamati a dicembre
 Scuola, assunti 38mila docenti
 Solo 7mila insegnanti si dovranno spostare dal Sud al Centro-Nord
 Claudio Tucci

 Sono 38mila gli insegnanti assunti in tutta Italia: per 29mila contratto firmato ad agosto, per 9mila la
 propostaè arrivata la notte di martedì via mail. Lo ha reso noto il ministro Giannini: 2mila avranno una mobilità
 ridotta, altri 7mila dovranno spostarsi dal Sud al Centro-Nord. pagina 19 Le prime fasi del maxi-piano di
 assunzione di docenti precari (previsto dalla riforma Renzi-Giannini) copriranno 38mila posti: 29mila sono stati
 già assegnati con immissioni in ruolo effettuate nel mese di agosto; ad altri 9mila insegnanti è arrivata ieri
 notte la proposta di assunzione, che dovrà essere accettata o rifiutata entro l'11 settembre (in caso di rinuncia
 al ruolo non si potranno avere altri incarichi e si verrà cancellati da tutte le graduatorie in cui siè iscritti). Di
 questi professori (neo-assunti,o in via di assunzione), 29mila circa (cioè sostanzialmente chi ha coperto il
 turn-over) rimarranno «a casa loro», altri 2mila «avranno una mobilità molto limitata»;i restanti 7mila «si
 dovranno invece spostare, da Sud al Centro-Nord», ha spiegato il ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini,
 nella consueta conferenza stampa al Miur per illustrare le novità dell'inizio del nuovo anno scolastico (che
 vede l'entrata in vigore della legge 107). La mobilità (per i 7mila precari) si avrà essenzialmente dalla Sicilia al
 Nord Italia, soprattutto in Lombardia, ha aggiunto il ministro. Ci si sposterà anche dalla Campania, «qui
 essenzialmente verso il Centro, in particolare nel Lazio, e a Roma». Parliamo di numeri elevati, o di
 "deportazione" come rimarcano, ancora ieri,i sindacati? «È comprensibile il disagio, ma si tratta di una
 mobilità fisiologica che c'è sempre stata- ha risposto Stefania Giannini -. Lo scorso anno si sono dovuti
 spostare da Suda Nord circa 7.700 supplenti: oggi la differenza sostanziale è che il trasferimento avviene per
 firmare un contratto di lavoroa tempo indeterminato nella scuola pubblica». Inoltre, un neoassunto su due ha
 più di 40 anni, l'87,3%è donna. Si coprono 14mila cattedre di sostegno,e si assumono quasi 11mila docenti
 nella scuola media. Complessivamente,e considerando anche gli ulteriori 55mila posti dell'organico
 dell'autonomia che saranno assegnatia dicembre, la percentuale di mobilità del personale precario che verrà
 immesso in ruoloè stimata dal ministro Giannini «tra il 10-15 per cento». Si tratta di numeri «accettabili per
 un'operazione assunzionale così ampia - aggiunge il numero uno dell'Anp, l'Associazione nazionale presidi,
 Giorgio Rembado -. Certo, c'è attenzione alle preoccupazioni delle persone, ma oggi il lavoro viene inseguito
 dove c'è,e la mobilità geografica è alla base di tutte le moderne economie». Peraltro, molti di questi professori
 "con le valigie" stanno ottenendo incarichi di supplenza vicino casa (il termine per l'assegnazione delle
 supplenzeè stato anticipato dal Miur all'8 settembre): in tali ipotesi, si può, per quest'anno, accettare l'incarico
 annuale (per garantire la continuità didattica)e posticiparea settembre 2016 l'immissione in ruolo (nella nuova
 provincia di titolarità). Una preoccupazione (reale) c'è invece per la carenza di candidati per coprire cattedre
 relative a materie scientifiche: oltre ai 29mila assunti sul turn-over, c'erano infatti in ballo altri 16mila posti. Ma
 le proposte di assunzione giunte ai precari sono state solo 9mila.I restanti 7mila posti saranno coperti con
 supplenti annuali, spiegano dal ministero: le carenze più consistenti sono «matematica» alle scuole medie,e
 «discipline scientifichee professionali alle superiori», dove le relative graduatorie a esaurimento sono esaurite
 da tempo. Un problema di cui si dovrà tener conto nella predisposizione del bando per il prossimo
 "concorsone", che, ha assicurato il ministro Giannini, sarà bandito entro il 1° dicembre,e che metterà in palio i
 60mila posti del turn-over stimato nel triennio 2016-2019,ei posti che residueranno dal maxi piano
 assunzionale (che probabilmente chiuderà a quota 93mila unità, 38mila già assunti più 55mila dell'organico
 dell'autonomia). Il ministro dell'Istruzione ha poi ricordato le principali novità del nuovo anno scolastico, anche
 per i ragazzi (non solo per i precari): «Grazie alla riforma si uscirà dalla gabbia rigida dell'orarioe delle materie
 uguali per tutti: alle superiori, per la prima volta, si potranno attivare discipline opzionali, utilizzare la quota di
 flessibilità dell'orario per valorizzare le richiesteei talenti degli studentie per le esperienze di alternanza tra
 scuolae lavoro, che viene potenziata». Ci sarà anche un potenziamento di alcune materie: «Alla scuola

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 primaria, soprattutto musica, educazione motoria, lingue. Alle superiori, economiae diritto». In settimana verrà
 anche annunciato un nuovo bando per potenziare i "laboratori per l'occupabilità", con una dote di circa 50
 milioni (un investimento significativo, visto che attualmente la spesa per i laboratori è di circa un milione di
 euro).
 Assunzioni 91 188 264 421 449 478 517 530 271 394 268 529 607 649 698 769 488 176 109 164 193 198
 76 215 139 182
 1.232 50 767 193 691 5.314 433 1.114 788 164 1.023 189 1.413 34 535 416 468 162 1.514 649 354 94 962
 465 Totale Donne Uomini Lazio Liguria Marche Molise Puglia Sicilia Umbria Veneto 1.236 48.812 TOTALE
 1.899 3.375 4.412 1.320 7.008 3.244 3.569 4.394 2.937 3.803 Fonte: Miur Abruzzo Basilicata Calabria
 Campania Emilia R. Lombardia Piemonte Sardegna Toscana 363 460 P ri maria 18.133 Se condaria I grado
 7.206 Se condaria II grado ( **) 23.473 Friuli V.G. (*) P osti di pote nzi ame nto per il soste gno 6.446 664 967
 513 1.820 1.078 427 1.432 1.250 1.506 1.307 487 1.581 POSTI DI POTENZIAMENTO 1.473 563 1.767
 1.595 668 2.131 1.653 647 2.112 1.815 810 2.689 2.852 1.065 3.091 RIPARTIZIONE REGIONALE
 ORGANICO DELL'AUTONOMIA IN TUTTE LE FASCE DI ETÀ LE DONNE SONO LA MAGGIORANZA Fino
 a 40 Da 41 a 50 Oltre 50 Totale 48,6% 38,7% 12,7% 100,0% Note: ( *) incl usi i posti per la li ngua sl ove na;
 (**) in clusi gli insegnan ti te cni co - p ra ti ci 16.591 12.569 3.913 33.077 87,70% 1.720 2.016 883 4.619
 12,30% 18.311 14.585 4.796 37.692 100,00%
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 Mila. Il maxi piano messoa punto dal ministero guidato da Stefania Giannini prevede l'assunzione di 93mila
 precari: 38mila già assunti, più 55mila dell'organico dell'autonomia
 Profili che scarseggiano. Rimane la preoccupazione per la carenza di docenti candidati
 all'insegnamento di materie scientifiche

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  Electrolux «delocalizza» frigoriferi in Ungheria

  Settantamila frigoriferi "emigreranno" dallo stabilimento Electrolux di Susegana (Treviso) verso il sito
  ungherese di Jászberény. L'avvio della nuova produzione entro il primo trimestre 2016. pagina 15 MILANO
  Settantamila frigoriferi "emigreranno" dallo stabilimento Electrolux di Susegana (Treviso) verso il sito
  ungherese di Jászberény, a meno di 90 chilometri a ovest di Budapest. L'avvio in produzione di questo
  modello di frigorifero da incasso, alto 144 centimetri, avverrà entro il primo trimestre dell'anno prossimo.
  L'azienda svedese conferma da Pordenone il timing e le modalità dell'operazione: l'avvio delle linee in
  Ungheriaè in programma entro il primo trimestre del 2016 e non verrà trasferita nessuna linea di produzione:
  quelle esistentia Jászberény sono già idonee al montaggio del frigorifero. Il motivo del trasferimento è che
  questo tipo di prodotto non è più conveniente montarlo in Italia. A Susegana comunque rimarrà la moderna
  linea Cairo che riscuote un buon successo sul mercato europeo. Una doccia fredda per le maestranze di
  Susegana chea Ferragosto mugugnavano per lo straordinario volontario? «Nessun trauma, ma certo sono
  70mila pezzi che vanno via rispetto agli 830mila in budget per il 2016- osserva il delegato Sandro Rui della
  Rsu Fiom Cgil- Si aprirà un buco anche se fino a tutto ottobre dovremo continuare coni sabati di lavoro. Da
  novembre però, passato il picco stagionale, torneremo alla solidarietà di 6 ore. Speriamo che la ripresa del
  mercato ci permetta di assorbire la delocalizzazione dei 70mila pezzi, anche se questo sarà oggetto di un
  incontro specifico forse già la prossima settimana». A livello di segreterie nazionali, nulla di nuovo per
  Gianluca Ficco, coordinatore elettrodomestici della Uilm: «Il trasferimento di questo tipo di produzione era già
  previsto nell'accordo firmato con Electrolux nel maggio del 2014 quando abbiamo raggiunto un'intesa
  complessiva sui quattro stabilimenti: è un tipo di produzione non più compatibile coni costi italiani. Ora
  speriamo che la ripresa del mercato europeo si consolidi». Più dubbioso Maurizio Geron, coordinatore
  nazionale Fim per Electrolux. «Purtroppo - sostiene il sindacalista - molte cose sono cambiate dall'accordo del
  2014. Faccio fatica a ricollegare i vari spezzoni dei cambiamenti. Nella prossima verifica sull'implementazione
  del piano Electrolux, in agenda per ottobre al ministero dello Sviluppo, cercheremo di ridefinire un quadro
  preciso. Tra cui questo del trasferimento dei 70mila pezzi in Ungheria che non mi sembra del tutto scontato».
  Poi Rui aggiunge: «Susegana è sempre stato lo stabilimento spe- cializzato sull'incasso e sulle produzioni di
  alta fascia. Ora quello che ci preoccupa è che la micro-nicchia di specializzazione nell'incasso di Jászberény
  possa, dopo questo trasferimento, allargarsi. E riservarci brutte sorprese in futuro». Lo scorso 27 agosto,
  dopo una giornata di trattativa, azienda e sindacati hanno trovato un accorso sui nuovi sabati di lavoro. A
  fronte della richiesta avanzata dalla Electrolux di altri quattro sabati di lavoro in turni da otto ore nel mese di
  settembre,i sindacati hanno dato la disponibilitàa due sabati lavorativi e per turni della durata di sei ore (dalle
  6 alle 12, il 5 e 12 settembre). Per il prossimo 15 settembreè in programma una nuova riunione nella quale si
  farà il punto della situazione, e se saranno confermati i volumi indicati dall'azienda si procederà con gli
  ulteriori due sabati.
  Foto: Susegana. Il budget per il 2016 prevedeva 830mila pezzi

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  FOCUS FINANZA
  Exor cede Cushman & Wakefield per 2 miliardi
  Marigia Mangano

  Exor cede Cushman & Wakefield a Dtz. La holding della famiglia Agnelli ha chiuso ieri la vendita che
  riconosce a Cushman & Wakefield un enterprise value di 2,042 miliardi di dollari. Il deal garantisce a Exor
  proventi per 1,278 miliardi di dollari e una plusvalenza di 722 milioni. Mangano pagine 21--23 Exor cede
  Cushman & Wakefielda Dtz. La holding della faqmiglia Agnelli ha perfezionato ieri la vendita che riconosce a
  Cushman & Wakefield un enterprise value totale di 2,042 miliardi di dollari. A fronte di ciò, la transazione
  garantisce a Exor, che per otto anni ha detenuto il 75% del gruppo, proventi netti per 1,278 miliardi di dollari
  con una plusvalenza di circa 722 milioni di dollari. Un altro pezzo della "vecchia" Exor, dunque, esce dal
  portafoglio a fronte di un incremento sensibile della liquidità della holding. Considerando gli ultimi dati resi
  pubblici in occasione della semestrale, la cassa della holding al 30 giugno ammontava a 1,8 miliardi di euro, a
  cui si aggiungono disponibilità di risorse derivanti da prestiti e linee di credito contratte e attivate in vista del
  perfezionamento dell'acquisizione del gruppo di riassicurazione Usa PartnerRe. A questo punto, tenendo
  conto dell'incasso dell'ultima cessione pari a 1,278 miliardi di dollari, la cassa totale di Exor sale oltre i 3
  miliardi.Tali risorse saranno però in parte impiegate per chiudere le due importanti operazioni annunciate nel
  pieno dell'estate. Primo la conquista di Partner Re e, secondo, il rafforzamento nel capitale del settimanale
  Economist, con un investimento da 405 milioni di euro. Marigia Mangano u pagina 23 MILANO pExor cede
  Cushman & Wakefield a Dtz. Come da tabella di marcia, la holding della faqmiglia Agnelli ha perfezionato ieri
  la vendita che riconosce a Cushman& Wakefield un enterprise value totale di 2,042 miliardi di dollari. A fronte
  di ciò, la transazione garantisce a Exor, che per otto anni ha detenuto il 75% del gruppo, proventi netti per
  1,278 miliardi di dollari con una plusvalenza di circa 722 milioni di dollari. Cushman & Wakefield è una delle
  maggiori società al mondo nei servizi immobiliari, mentre l'acquirente Dtzè una società de- tenuta da un
  gruppo di investitori composto da Tpg Capital, Pag Asia Capital e Ontario Teachers Pension Plan. Secondo il
  progetto emerso all'annuncio dell'operazione, Cushman & Wakefield si fonderà con Dtz per dar vita un big
  mondiale nel campo dei servizi per il settore immobiliare. Un altro pezzo della "vecchia" Exor, dunque, esce
  dal portafoglio a fronte di un incremento sensibile della liquidità della holding. Considerando gli ultimi dati resi
  pubblici in occasione della semestrale, la cassa (e equivalenti) della holding al 30 giugno ammontava a 1,8
  miliardi di euro, a cui si aggiungono disponibilità di risorse derivanti da prestitie linee di credito contratte e
  attivate in vista del perfezionamento dell'acquisizione del gruppo di riassicurazione Usa PartnerRe. A questo
  punto, tenendo conto dell'incasso dell'ultima cessione pari a 1,278 miliardi di dollari, la cassa totale di Exor
  sale oltrei3 miliardi. Tali risorse saranno però in parte im- piegate per chiudere le due importanti operazioni
  annunciate nel pieno dell'estate. Primo, come già detto, la conquista di Partner Re: Exor ad agosto ha
  raggiunto l'accordo per acquistare il colosso delle riassicurazioni Usa per 6,9 miliardi di dollari. Non solo.
  Exorè anche diventato il principale azionista del settimanale Economist, con un investimento da 405 milioni di
  euro. Per entrambe le operazione però i tempi di perfezionamento sono più lunghi. Per il gruppo di
  riassicurazione Usa il perfezionamento dell'operazione è atteso non oltre il primo trimestre del 2016,
  «subordinatamente all'ottenimento della necessaria approvazione da parte degli azionisti di PartnerRe,
  all'ottenimento delle autorizzazioni di legge e al verificarsi delle altre consuete condizioni per il closing».
  Quanto invece all'editoria, il rafforzamento dal 4,7% al 43,4% del settimanale Economist deve ancora essere
  formalmente approvata dall'assemblea straordi- naria degli azionisti, ma ha già il sostegno unanime del
  consiglio di amministrazione e il passaggio dovrebbe comunque concludersi nell'ultimo trimestre dell'anno in
  corso. La metamorfosi della holding, dunque, va a passo spedito con il nav oggi vicino ai 13 miliardi di euro
  senza considerare le ultime acquisizioni. Per completare l'intero piano, però, mancano all'appello ancora due
  passaggi chiave: lo scorporo della Ferrari, che consentirà ad Exor di diventare azionista diretto della casa di
  Maranello, e una nuova maxi alleanza per Fca. Sul primo punto i lavori sono già avviati. La quotazione della

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  Rossaè attesa nelle prossime settimane, mentre lo scorporo dovrebbe essere perfezionato nel primo
  trimestre del 2016. Quanto invece all'alleanza per Fca, il numero uno Sergio Marchionne sembra intenzionato
  a percorrere la strada General Motors nonostante il muro finora alzato del gruppo americano.
  Il conto economico di Exor Nav 2015 2014 2015 57,4 2015 2015 2014* 219,3 10.164 12.878 +2.714
  +161,9 2014* 2014* 132,8 562,5 7.995,0 8.548,0 -429,7 +553,0 Utile attribuibile ai soci della controllante
  Variazioni Patrimonio netto attribuibile ai soci della controllante Variazioni
  (*) dati al 31/12 Posizione finanziaria netta consolidata "sistema holdings" Fonte: dati societari Dati
  semestrali. In milioni di euro
  Come cambia il perimetro di Exor
  6,19
  34%
  24%
  43,4%
  6,01
  29,19%**
  33%
  3,14
  26,97%
  77,0%
  2,24
  17%
  17,37%
  16,7%
  0,63
  14% 4%
  100%
  63,77%
  38,29%
  17,09% FCA RCS CIRCA Ferrari FCA Ferrari
  Juventus PartnerRe Almacantar PartnerRe CNH Industrial Altri investimenti Cassa e disponibilità liquide
  Banijay Group CNHI Industrial Banca Leonardo The Economist Italiana Editrice Fonte: dati societari (**)
  44.31% dei diritti di voto LE PARTECIPAZIONI DI EXOR ASSET PER 18,2 MLD DI EURO I FUTURI NUOVI
  ASSET IN PORTAFOGLIO

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 ALIMENTARE ALL'INTERNO Industria
 Il Prosecco Doc cresce del 20%
 Emanuele Scarci

 pagina 14 MILANO Il Prosecco corre dietro a una domanda che non molla sia sul mercato italiano che
 all'estero. I produttori del sistema Prosecco hanno iniziato, tra Veneto e Friuli, da qualche giorno a
 vendemmiare ma il grosso lo si farà nelle prossime due settimane. Un evento gigantesco che coinvolge per la
 Doc 10mila produttori, 1.200 cantine vinificatricie 320 imbottigliatori. Ai "Prosecchisti" non importa nulla del
 marketing vendemmiale, loro sono molto pragmatici e hanno in testa un obiettivo molto chiaro: per stare
 dietroa una domanda che corre del 20%, quest'anno devono produrre almeno 3,2-3,3 milioni di ettolitri tra
 Prosecco Doc, Conegliano e Asolo Docg (grazie anche a 500 ettari in più rilasciati da due delibere). Ma la
 produzione secondo Vasco Boatto, docentee coordinatore dell'Osservatorio economico dei vini veneti,
 dovrebbe «attestarsi intorno ai 3,6 milioni, il 30% in più dell'anno scorso. Se poi si considera la riserva allora
 la stima salea 4,3 milioni». Il 65% della produzioneè destinata all'export. Stefano Zanette, presidente del
 Consorzio del Prosecco Doc,è anche più esplicito: stima una produzione di Doc intorno ai 3 milioni di ettolitri,
 più la riserva vendemmiale del 20%. Ciò si tradurrebbe in circa 400 milioni di bottiglie, contro i 300 milioni del
 2014. L'obiettivo 2015-16 del solo Prosecco Doc vale almeno1 miliardo per l'export per 300 milioni di bottiglie
 (ipotizzando un prezzo medio di5 euro al dettaglio). Eccesso di ottimismo? Macché. Nell'anno mobile maggio
 2014giugno 2015 le certificazioni rilasciate da Valoritalia sono balzate del 22% per il Doc, del 3,4% per il
 Conegliano e del 33% per l'Asolo. Lo scenario tracciato dall'Osservatorio vede un balzo nel 2015/16 del
 30%a 3,2 milioni di ettolitri per il Doc, del 10% a 655mila ettolitri per il Coneglianoe del 35%a 46mila ettolitri
 per l'Asolo. «Vorrei rassicurare tutti - sottolinea Zanette - che non ci sarà carenza di prodotto. Siamo ben
 coperti: ora aspettiamo che la Regione Veneto, nei prossimi giorni, firmi il decreto per la riserva vendemmiale.
 E poi mettiamo il vino in cantina». La prossima sfida dei "Prosecchisti" è la valorizzazione del prodotto che
 deve avvenire senza interrompere il trend rialzista (travolgente in Gran Bretagna e Usa e positiva anche in
 Italia): il prezzo medio del Prosecco spumante Fob sui mercati internazionali è scivolato in soli 14 mesi (a
 febbraio 2015) da 2,9 euro a 2,6. Una sorta di lento suicidio che Boatto spiega così: «C'è un segmento di
 produttori che, pur di entrare in certi mercati, sono disposti a tagliare i prezzi. Così però non si va da nessuna
 parte.E infatti il Consorzio sta cercando di convincere i produttori che i contratti debbono avere prezzi
 condivisi lungo tutta la filiera. Quest'anno credo che verrà tenuta la linea del Piavea 1,2-1,3 euroa litro del vino
 sfuso, trattato sulla piazza di Treviso. A questo va poi aggiunto uno 0,8 euro per arrivare alla bottiglia».
 Zanette ammette che «negli ultimi anni abbiamo sacrificato un po' i prezzi per guadagnare quote di mercato
 all'esteroe per dare sfogo a un'offerta esuberante. La pressioneè stata esercitata in particolare dai prodotti di
 prima fascia». Ora però si tenterà di rovesciare il trend «ma con giudizio: senza strappare sui prezzi. Serve
 guidare una valorizzazione graduale dei prezzi».
 IN CIFRE
 +35,9% L'export Doc + Docg L'incremento in valore registrato nel mondo nel periodo gennaio-aprile 2015 per
 il prosecco spumante
 +14,8% Milioni di bottiglie L'incremento tra il 2014 e il 2015 delle vendite del prosecco spumante Doc nella
 Gdo
 3milioni La stima degli ettolitri Nello scenario 2015-16 è la quantità di prosecco Doc che deve essere
 certificata corrispondente alla previsione di un aumento del 21,6% della richiesta
 Le aree del Nord-Est vitate a Prosecco N VERONA
 VICENZA ROVIGO PADOVA TREVISO BELLUNO VENEZIA Veneto UDINE Fr iuli Venezia Giulia GORIZIA
 Prosecco DOC TRIESTE TRENTINO A.A. VENETO Valdobbiadene Asolo PORDENONE Prosecco DOC
 Treviso 20km 0 Prosecco DOC Trieste Asolo Prosecco superiore DOCG Conegliano Valdobbiadene
 superiore DOCG Conegliano Montebelluna FRIULI V.G.

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 HI-TECH
 Samsung lancia le news di «Upday»

 la sfida di Samsung a Apple si gioca anche sul fronte sempre più caldo delle news. Il colosso sudcoreano ha
 annunciato un accordo con l'editore tedesco Axel Springer per lanciare Upday, app di notizie d'attualità che
 sarà disponibile solo sui telefoni di Samsung in Europa (da oggi in Germania e Polonia con lancio completo
 previsto per inizio 2016). Apple News debutterà invece a breve con il lancio del nuovo sistema operativo
 mobile di Apple, iOS9. Le notizie, si legge in un comunicato congiunto, saranno confezionate in un'app
 chiamata Upday e saranno divise in due sezioni, una con i contenuti "da sapere" - scritti appositamente da un
 team di Axel Springer - e l'altra con i suggerimenti di notizie mostrati da un algoritmo a partire da contenuti di
 editori partner con link esterni.

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