ANICA SCENARIO 01 settembre 2016

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ANICA SCENARIO
   01 settembre 2016

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INDICE

ANICA SCENARIO
  01/09/2016 Corriere della Sera - Nazionale                                  5
  Tutti pazzi per La La Land

  01/09/2016 Corriere della Sera - Nazionale                                  7
  Emma: meno romantica del mio personaggio ma anch'io ho affrontato provini
  umilianti

  01/09/2016 Corriere della Sera - Nazionale                                  8
  La danza secondo Juliette «Salvezza per l'anima»

  01/09/2016 Il Sole 24 Ore                                                   10
  Mio padre, la gioia di fare cinema e l'amore per l'Italia

  01/09/2016 Il Sole 24 Ore                                                   12
  Il Festival «abbraccia» Amatrice

  01/09/2016 La Repubblica - Nazionale                                        14
  Wim Wenders e realtà virtuale in Laguna lo spettacolo è techno

  01/09/2016 La Repubblica - Nazionale                                        15
  Venezia al via a suon di musical "La La Land" successo annunciato

  01/09/2016 La Repubblica - Nazionale                                        17
  La Romania di oggi nei dilemmi etici di Cristian Mungiu

  01/09/2016 Panorama                                                         18
  Choc in bianco e nero a Venezia

  01/09/2016 La Stampa - Nazionale                                            20
  Che senso hanno oggi i festival? Se ne discute sul nuovo Origami

  01/09/2016 La Stampa - Nazionale                                            21
  "Come l'eroina di questo musical inseguo a Hollywood il mio sogno"

  01/09/2016 La Stampa - Nazionale                                            22
  "I russi? Troppo rigidi Meglio il nostro hip hop"

  01/09/2016 Il Messaggero - Nazionale                                        23
  Venezia nel segno della solidarietà Emma Stone apre tra gli applausi

  01/09/2016 Il Messaggero - Roma                                             25
  Coppola sbarca sull'Isola brilla la notte dei ricordi
01/09/2016 Il Messaggero - Nazionale                                                      26
"La La Land", che meraviglia è rinato il musical

01/09/2016 Il Messaggero - Nazionale                                                      27
«Così vi aiuto a sognare»

01/09/2016 MF - Nazionale                                                                 28
Ok a Premium passa da una telco

01/09/2016 Il Fatto Quotidiano                                                            30
Un padre, una figlia e una nazione corrotta e invivibile. Ma attenzione: non è l'Italia

01/09/2016 Il Fatto Quotidiano                                                            32
"Una questione privata ": i Taviani sulle tracce di Beppe Fenoglio

01/09/2016 Il Tempo - Nazionale                                                           33
Stone apre la Mostra della sobrietà
ANICA SCENARIO

20 articoli
01/09/2016                                                                                             diffusione:266814
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 Venezia 2016 Lunghi applausi al film di Chazelle, storia d'amore tra un pianista jazz e un'aspirante attrice
 Tutti pazzi per La La Land
 Travolgente musical hollywoodiano: grande cinema con Gosling e Stone
 Paolo Mereghetti

 È ancora tempo di musical? Forse quel mondo è passato per sempre ma la bella riflessione/ricostruzione
 che ci ha offerto Damien Chazelle con La La Land ha sicuramente conquistato la stampa accreditata alla
 Mostra, che ha applaudito con calore il film d'inaugurazione. E a ragione, perché dopo i facili virtuosismi del
 precedente Whiplash , questo film alza il tiro della riflessione e dell'ambizione, confrontandosi non tanto con
 l'età d'oro del musical ma piuttosto con alcuni dei «sogni» che ne sono alla base (del genere ma anche del
 cinema tout court ) per spiegarne la verità e la falsità insieme, la forza costruttiva e la trappola distruttiva.
 La struttura del film è molto semplice (come in generale quella dei musical). Da una parte c'è Mia (Emma
 Stone) barista alla caffetteria degli studi Warner («proprio di fronte alla finestra dove Bogart disse addio alla
 Bergman in Casablanca ») che sogna di fare l'attrice, anche se viene regolarmente bocciata a tutti i provini;
 dall'altra c'è Sebastian (Ryan Gosling), pianista innamorato della musica jazz che vorrebbe suonare in un
 suo club ma che si scontra con i gusti di chi detta legge sul mercato. E per questo è quasi sempre
 disoccupato. I due si incontrano per caso, si perdono, si ritrovano, naturalmente si detestano, ma solo per il
 tempo di un bel numero ballato e cantato («City of Stars», che diventerà il leit-motiv del film), per poi
 scoprire naturalmente di essere affascinati l'uno dell'altra. Ma qui siamo solo a metà della pellicola, perché i
 rispettivi sogni sono ancora tali: cosa succederà quando il caso permetterà a entrambi di realizzarli o di
 andarci vicino? L'amore resisterà al mondo reale?
 La forza e il fascino del film di Chazelle è qui, nella distanza che sa mettere tra la storia romantica che i
 musical (e il cinema) di solito raccontano e i compromessi che richiede la vita di tutti i giorni. Una distanza
 raccontata però con il fascino e l'eleganza delle canzoni e del ballo. Certo, si capisce benissimo che né Mia
 né Sebastian sono dei bravi ballerini (ma la Stone e Gosling sono bravissimi quando recitano), eppure i loro
 passi un po' meccanici e i loro corpi un po' trattenuti fanno parte del gioco, della voglia del regista-
 sceneggiatore di sottolineare l'inattualità dei film che raccontano ancora i sogni e insieme il loro fascino
 imperituro. Ecco, forse inattualità è la parola perfetta per entrare nello spirito del film e capirne la bellezza e
 la verità. La sorella di Sebastian lo accusa di essere romantico come se fosse una debolezza fatale, l'amico
 che pure ne riconosce le qualità musicali gli spiega che «i giovani» oggi non vogliono il jazz (e il successo
 che ha sembrerebbe dimostrarlo), Mia sceglie il teatro e un antispettacolare monologo per provare il suo
 valore (e in platea ci sono quattro amiche e pochissimi spettatori), eppure senza quei «sogni» fallimentari
 né l'uno né l'altra potrebbero conquistare il successo.
 Come una specie di pendolo che non si ferma mai, La La Land oscilla continuamente tra il fascino
 coinvolgente delle canzoni di Justin Hurwitz (musiche) e Benj Pasek e Justin Paul (parole) e le
 incomprensioni o i fallimenti che incrinano le vite reali, tra la bellezza del cinema di una volta (la casa di lei
 è tappezzata di vecchi manifesti, il primo appuntamento tra Mia e Sebastian è per andare a vedere
 Gioventù bruciata ) e il fatto che la pellicola finisca per rompersi e bruciare, mentre il glorioso cinema Rialto
 deve chiudere.
 E se nel planetario dove Nicholas Ray aveva girato le scene con James Dean i due possono sognare di
 ballare tra le nuvole, poi quel panorama sembrerà a tutti e due molto brutto. Suggellando con un'ultima,
 struggente scena, il fatto che i film e la vita non vanno sempre con lo stesso passo. Ma che forse i primi
 sono indispensabili per la seconda.
  © RIPRODUZIONE RISERVATA

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 Oggi
 Programma
 Oggi è il giorno di Michael Fassbender e Alicia Vikander, star del film diretto da Derek Cianfrance The Light
 Between Oceans . Wim Wenders è invece in gara con Les Beaux Jours d'Aranjuez (3D), tratto da una
 pièce di Peter Handke. Completa la tripletta il fantascientificoArrival di Denis Villeneuve, con Amy Adams e
 Jeremy Renner (nella foto, in una scena)
 Le stelle
 Il pianista Sebastian e l'aspirante attrice Mia cercano fortuna e trovano amore nella Los Angeles dei sogni
 Foto: da evitare interessante da non perdere capolavoro
 Assente
 Ryan Gosling, protagonista di «La La Land» non è a Venezia perché impegnato sul set di «Blade Runner
 2»
 Foto: Selfie con i fan L'attrice Emma Stone (27 anni) firma autografi e sorride ai fan sul red carpet di «La La
 Land» di cui è protagonista al fianco di Ryan Gosling. Il film scritto e diretto da Damien Chazelle ha
 inaugurato ieri, in anteprima mondiale, la Mostra del Cinema di Venezia

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 La star
 Emma: meno romantica del mio personaggio ma anch'io ho affrontato
 provini umilianti
 Ryan è un amico però non so dire perché risulta essere così attraente
 Valerio Cappelli

 DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
  VENEZIA Più tardi, dopo la conferenza stampa in cui ha detto di essere più fortunata del suo personaggio,
 Emma Stone confiderà di essere stata «a un passo dallo smettere di fare l'attrice, dopo una serie di provini
 umilianti». Il settimanale americano Us Weekly , che si occupa di celebrità, ha lodato la voce roca sexy e i
 lunghi capelli ramati della protagonista di La La Land , ma si è dimenticato dei suoi occhi da gatta. È lei la
 prima star sul tappeto rosso. Ha 27 anni, e al regista talentuoso Damien Chazelle (il candidato a diversi
 Oscar Whiplash, 2014), che ne ha quattro in più, si rivolge come se lei fosse la sorella maggiore: «Sei stato
 aperto ai miei dubbi, pur mantenendo la tua visione». Ma è legittima quest'aria da attrice navigata: su un
 totale di ben diciannove film, ne ha fatti due per Woody Allen, ed è alla sua terza esperienza con Ryan
 Gosling, senza contare Birdman e i due Spider Man , che segnarono il tira e molla amoroso con Andrew
 Garfield, anche lui prossimamente sugli schermi (del Lido). Com'è stato ritrovare Gosling? «Quando lavori
 con qualcuno che conosci e che ami come amico, uno di cui ti puoi fidare è bellissimo. Qui però dovevamo
 ballare all'unisono, la scena al Planetario è stata la più impegnativa, lui è un vero leader. Ryan ha un'aria
 misteriosa, ma non so dire la ragione per cui risulta essere così attraente». Emma (che a Broadway ha
 appena terminato Cabaret ) nasce Emily Stone. Ha dovuto cambiare nome perché al sindacato degli attori
 Usa era già iscritta una omonima. È esile e ha un velo d'inquietudine: anche da piccola ha avuto come
 eroine Diane Keaton e le Spice Girls. Eccola nel suo triplete (balla, canta e recita) in questo musical
 romantico: «È un genere che ho sempre amato, anche se io non sono particolarmente romantica. A otto
 anni improvvisamente sognai di cantare». Cercando invece il sogno di Mia, il suo personaggio nel film,
 quello di diventare attrice, racconta di essere stata «meno coraggiosa, da adolescente decisi di fare l'attrice
 e mia madre e mio fratello mi hanno sempre sostenuta». La La Land sprigiona la forza del sogno nella città
 delle star, Los Angeles. E qui Emma strappa un bell'applauso: «Questo film non è mai cinico. I giovani
 invece lo sono. Spero che nella vita lavorino per conseguire i loro sogni e raggiungere i loro obiettivi.
 Abbiamo preso il linguaggio dei musical démodé e l'abbiamo immesso nella vita reale, dove le cose non
 vanno sempre bene; abbiamo tradotto il musical della Hollywood dei tempi d'oro per i giovani di oggi. Io li
 vedo, li ascolto, ci parlo, sono miei coetanei: devono abbandonare il facile sarcasmo». Questo è un musical
 sul rimpianto. Ma è pieno di bollicine e brinda ai sognatori, alle follie e ai disastri che combinano, «a quanto
 possano sembrare avventurosi. Ma meno male che esistono».
  © RIPRODUZIONE RISERVATA
 Foto: Fascino Emma Stone balla con una comparsa in «La La Land»

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 L'intervista
 La danza secondo Juliette «Salvezza per l'anima»
 Binoche nell'interpretazione di una coreografa in «Polina»: sei mesi di allenamenti, ho ritrovato la memoria
 del corpo
 Stefania Ulivi

 DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
  VENEZIA Sei mesi di allenamenti quotidiani. Per prepararsi al ruolo di Liria - la coreografa francese che
 cambia la vita della giovane protagonista di Polina, danser sa vie di Valérie Müller e Angelin Preljocaj (in
 gara alle Giornate degli autori), Juliette Binoche non si è risparmiata. Non è la prima volta, d'altronde che l'
 attrice francese, icona del cinema d'autore, si mette alla prova con la danza. Nel 2008 è stata in tour con il
 ballerino anglo-pakistano Akram Khan con in-i , uno spettacolo che le richiese due anni di training e prove
 estenuanti. «La danza ti cambia la vita, a me è successo», racconta al Corriere (non è al Lido per impegni
 personali). «Il titolo del film, danza la tua vita, per me vuol dire trova la tua verità, ciò che ti rappresenta. Le
 tue emozioni, i desideri, i sogni, i conflitti, le barriere. Per me è un modo di vivere il corpo nello spazio ma
 anche di permettergli di uscire fuori, trovare un legame tra la pesantezza della terra e la leggerezza
 dell'aria. Essere in contatto con un'altra parte di te».
  Lei ci è riuscita?
 «Quando mi sono trovata a affrontare la difficoltà delle repliche dello spettacolo con Akram Khan, ho dovuto
 fare i conti con i limiti del mio corpo: non avevo muscoli, né il respiro dei ballerini, meno che mai la memoria
 del corpo. Grazie all'incontro con un maestro Qi Gong ho lavorato sulla mia energia e dopo mesi di
 allenamento ce l'ho fatta. Nei momenti migliori mi sembrava di volare».
 Angelin Preljocaj è un grande coreografo, il suo personaggio si ispira a lui, non ha temuto il confronto?
 «Ho passato molto tempo a Avignone e nel suo studio di Aix-en-Provence con lui, i ballerini e gli attori.
 Anche se Angelin ha una base di balletto classico, il suo approccio è molto istintivo: lascia che i movimenti
 escano liberamente, senza analizzarli. Ho imparato molto da lui: mi ha messo alla prova, chiedendomi di
 improvvisare davanti a 50 ballerini. Terrificante, ma la sua fiducia mi ha dato la forza».
  Sembra sia alla ricerca di ruoli diversi, buffi come la Aude di «Ma Loute» di Dumont, attualmente nei nostri
 cinema. È nel cast di «Ghost in Shell», tratto da un manga giapponese. Non esattamente il film dove ci si
 aspetta di trovarla.
 «È stata un'esperienza del tutto nuova per me, i rapporti umani dei personaggi erano più complessi che in
 certi film d'autore che ho fatto. Mi sono divertita tantissimo, soprattutto con le scene che ho girato con
 Scarlett Johansson».
 La protagonista di «Polina» è una ballerina di talento che sogna di entrare al Bolshoi ma si troverà in
 conflitto tra i codici rigidi di quella istituzione e un'idea di danza come passione e desiderio che lei
 rappresenta.
 «Lo trovo un conflitto molto reale. La vita è fatta di continue rotture. Le regole rischiano di bloccare, di
 mettere da parte ciò che si sente».
  Ci sono ancora poche coreografe, un po' come accade col cinema, ancora poche registe. Vede un
 cambiamento?
 «Ce ne sono sempre di più. Ed è anche questione di scelte: ultimamente sto lavorando più con donne che
 con uomini. Ma in generale, quando recito con qualcuno, mi interessa più la sua anima che il suo genere.
 Ciò che mi importa è la qualità dei rapporti umani, quello che succede ai personaggi. Il cinema mi serve
 come mezzo di conoscenza, di condivisione: è anche un modo di prendere il volo. Abbiamo sempre
 bisogno degli altri».

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 Quest'anno Venezia rende omaggio ad Abbas Kiarostami, con cui ha girato «Copia conforme». Che ricordo
 ha di lui?
 «Solo una parola: amore».
  © RIPRODUZIONE RISERVATA
 Red carpet
 Foto: Floreale L'attrice Cristiana Capotondi, 35 anni
 Foto: La modella Bianca Balti (32)
 Foto: L'attrice Antonia Liskova (39)
 Foto: Sirena L'attrice britannica Gemma Arterton (30)
 Le registe sono in aumento, lavoro più con donne che con uomini Ma quando recito per qualcuno
 mi interessa di più la sua essenza che il genere Ciò che importa è la qualità dei rapporti umani
 Ho dovuto fare i conti con i limiti della mia fisicità Prima di girare sono stata messa alla prova, ho dovuto
 improvvi-sare davanti a cinquanta ballerini Un'espe-rienza terrificante ma molto istruttiva
 Foto: Fuori concorso Juliette Binoche (52 anni) in «Polina» alle Giornate degli autori
 Foto: Madrina Sonia Bergamasco (50 anni), madrina della Mostra, con il marito Fabrizio Gifuni. La coppia
 ha due figlie, Valeria e Maria
 Foto: Coppia
 Il divo Jeremy Irons, 67 anni, sul tappeto rosso con l'attrice Sinéad Cusack (68): sono sposati da 38 anni,
 hanno
 due figli
 Foto: Chiara Mastroianni (44 anni), nella giuria del concorso ufficiale presieduta dal regista britannico Sam
 Mendes
 Foto: In bianco L'attrice Valentina Lodovini, 38 anni, in bianco; sul bavero della giacca un fiocco nero,
  lutto per le vittime del sisma

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 «TUTTI A CASA» RESTAURATO ALLA MOSTRA DI VENEZIA
 Mio padre, la gioia di fare cinema e l'amore per l'Italia
 Cristina Comencini

 La Mostra del Cinema di Venezia ha aperto martedì sera la sua 73esima edizione con la proiezione, per la
 rassegna sui Classici, della copia restaurata del film di mio padre "Tuttia casa". Ho avuto la grandissima
 emozione di assistere, con mia sorella Eleonora, mio nipote Carlo, sua moglie Violante e sua figlia Tay, a
 questa proiezione. La sala Darsena era gremita, non credo di aver mai visto una sala di cinema così piena!
 Essere lì mi faceva sentire di stare nel posto giusto. Il lavoro di restauro ha restituito una nitidezza nuova al
 film, oltre che ben sei minuti tagliati. Vorrei ringraziare la Filmauro e il Centro Sperimentale di
 Cinematografia per averlo curato. Ringrazio anchei laboratori di Cinecittà digitale Augustus color, che lo
 hanno eseguito, e ogni persona che in quei laboratori ha preso parte al lavoro. pagina 16 Cristina Battocletti
 u pagina 16 Quando mio padre ha girato Tutti a casa aveva 44 anni. Aveva già 3 figlie, e l'anno successivo
 sarebbe nata la quarta, io. Aveva già girato parecchi film, alcuni di grande successo, come Pane amore e
 fantasia, altri che invece non avevano avuto altrettanto favore, seppure molto belli, come La finestra sul
 luna park. Ma in Tutti a casa è come se le tessere di un mosaico che di film in film andava delineandosi
 avessero trovato una forma piena. Per mio padre fu un progetto felice. Lui scrive, nel suo libro di memorie,
 intitolato Davvero un bel mestiere, che «non vi fu mai una troupe più affiatata e più allegramente disposta a
 superare ogni ostacolo» come quella con cui girò Tutti a casa. Scrive anche che «i vari posti d'Italia, così
 ben ambientati da Mario Chiari, pareva chiedessero loro di essere inclusi nel film», tanto era forte la vitalità
 che animava la pellicola di giorno in giorno. Scrive infine che «è un film pieno di passione e di amore per
 l'Italia». È un film pieno di desiderio di Italia, il desiderio di un bambino e ragazzo spaesato, quale fu mio
 padre. Figlio di una mamma svizzera tedesca e di un padre italiano, emigrò molto piccolo, a 6 anni, con i
 suoi genitori e suo fratello Gianni in Francia, dove trascorse la sue infanzia e adolescenza. Fu un'infanzia
 solitaria, e forse un po' sofferta, come lo è quella, penso, quella di ogni bambino costretto a emigrare.
 Trascorreva le sue giornate nel giardino dietro la loro casa vicino alla cittadina di Agen, nel Lot-et-Garonne,
 dove i miei nonni si erano improvvisati agricoltori, a guardare i treni che passavano, perché la linea
 ferroviaria era molto vicina. I treni lo affascinavano moltissimo, e forse sognava di salire su uno di essi per
 tornare in Italia. Poi, un giorno, un giovedì pomeriggio, mentre era nel centro di Agen, sentì alle sue spalle il
 campanello che annunciava l'inizio dello spettacolo al cinema Majestic. Si avvicinò a guardare le fotografie
 esposte in vetrina. Il film si chiamava L'Atlantide. Comprò il biglietto e entrò. «Il cinema, questa è la mia
 vocazione!», pensò, subito. Divenne il suo sogno, all'inizio segreto e impossibile, la fine della solitudine,
 l'amore di tutta la sua vita. Il cinemaè stato il Paese di mio padre, il treno che gli ha consentito di tornare a
 casa. Grazie al cinema ha indagato e raccontato l'Italia con la passione e il desiderio verso il Paese dal
 quale era stato sradicato. Ecco, mi tocca molto pensare che proprio questo bambino spaesato sia diventato
 poi uno dei più grandi narratori dell'identità nazionale, in molti dei suoi film, e in modo particolarmente
 riuscito in Tutti a casa. Mi tocca che, insieme a un pugno di altri registi, sia riuscito a comunicare con un
 pubblico così vasto di italiani/e, raccogliendo l'eredità del neorealismo e traghettandola verso un'evoluzione
 estremamente vitale e feconda. Eppure delle tracce di quello spaesamento restarono sempre in lui. Mio
 padre era un uomo molto intelligentee molto mite, molto coltoe molto umile, umile oltre l'umiltà. Era molto
 timidoe molto risoluto.A chi lo chiamava artista rispondeva sempre di essere solo un artigiano. Quando
 incrociava una signora si levava educatamente la coppola che portava sempre in testa. L'assenza di
 qualsiasi traccia di presunzione riempiva ogni suo gesto, da quando ci preparava la colazione la mattina
 prima di andare a scuola a quando era sul set, dove esprimeva piena padronanza, era molto sicuro di sé,
 ma mai presuntuoso.A riparo della sua anima noi sorelle siamo cresciute e continuiamo a vivere. La sua
 presenza in me si allarga ogni giorno da quando non c'è più, e, da figlia, anche per questo sono grata della

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 serata veneziana di ieri: perché ho condiviso con così tante persone non solo la visione del suo film, ma la
 sua presenza, che per incanto non sentivo solo nella mia memoria e nel mio respiro, ma, all'unisono, nel
 respiro di una folla, che rideva e si emozionava come se fosse la prima volta in cui Tutti a casa veniva
 proiettato, come fosse stato girato ieri. Ho provato un grande senso di pace.

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 CINEMA
 Il Festival «abbraccia» Amatrice
 Al via la 73esima edizione con il Leone d'oro alla carriera al regista Skolimowski
 Cristina Battocletti

 Con il pensiero ad Amatrice. Jerzy Skolimowski nel ricevere dal presidente della Biennale, Paolo Baratta, il
 Leone d'oro alla carriera ha voluto ricordare le zone colpite dal sisma. «Nonè tempo di gioia comeè stato in
 passato, in cui si sentiva ridere il vocione di Orson Welles o si veniva travolti dallo charme di Federico
 Fellini o dalla sottile ironia di Buñuel o Antonioni», ha commentato il regista polacco. Anche le altre
 personalità, intervenute alla cerimonia di inaugurazione della 73esima edizione della Mostra del cinema di
 Venezia, hanno voluto rendere omaggio alle vittime del terremoto. A partire dalla madrina, l'attrice Sonia
 Bergamasco, continuando con il presidente della Biennale Baratta, per finire con il presidente della giuria
 Sam Mendes. Bergamasco ha parlato di un sentimento di divisione, Baratta di solidarietà, Sam Mendes ha
 citato il direttore del festival, Alberto Barbera, «rimasto sempre tranquillo in queste acque non certo calme,
 con dignitàe forza». In sala, per le istituzioni era presente solo il ministro della Cultura, Dario Franceschinie
 svelta, veloce più del consueto,è stata anche la sfilata sul tappeto rosso, un segno di sobrietà di fronte al
 dolore di una nazione. La stella indiscussa della serata, fasciata in un vestito verde da diva anni Trenta, è
 stata Emma Stone, protagonista del film di apertura della rassegna veneziana, La la land di Damien
 Chazelle. Non c'era, invece, il suo comprimario Ryan Gosling, inchiodato sul set di Blade runner2. Stone e
 Goslin hanno raccontato un amore alla periferia di Hollywood a suon di tip tape passi di danza: ce l'hanno
 messa tutta con esiti a volte graziosi, ma pur sempre lontanissimi da Ginger Rogers e Fred Astairee dalle
 altre coppie dei musical hollywoodiani, cui Chazelle voleva rendere omaggio. Mia (Stone)e Sebastian
 (Gosling) sono due giovani aspiranti artisti che vivono alle falde del magico mondo degli studios di Los
 Angeles. Mia spera un giorno di diventare un'attrice di spessore e nel frattempo serve cappuccinia quelle
 che hanno avuto più fortuna di lei. Sebastian strimpella nei pianobar, col progetto un giorno di mettere in
 piedi un locale tutto suo, dove si possa improvvisare e tornare al jazz puro. Ogni tanto la mano sulla
 tastiera scappa, dimenticando che il pubblico per cui si esibisce preferisce di gran lunga "Jingle bells". I due
 si sfiorano, si scontrano, improvvisano parabole danzanti e si rispondono cantando, rapiti dall'attrazione
 reciproca. La passione sboccia ma il mondo dello spettacolo li schiaccia con le sue gabbie feroci, che
 minano la purezza dei loro sognie dei loro sentimenti. Non c'è paragone con la pellicola precedente di
 Chazelle, Whiplash, in cui il regista statunitense aveva esplorato il crudele rapporto tra un giovane
 aspirante batteristae il suo maestro (J. K. Simmons), carnefice e mentore insieme, in un adrenalinico loop
 tra rullo, piatti, cassa e bacchette e una psiche sfinita dalla competizione. Simmons per quella parte aveva
 vinto l'Oscar come migliore attore non protagonista e in "La la land" si rimette nelle vesti del cattivone, ma
 siamo all'acqua di rose, il suo massimo è licenziare Gosling, quando lo spirito libero del ragazzo prende il
 sopravvento. Whiplash era più bello, più sentito, uscito dalle viscere, anche se Chazelle ha dichiarato di
 avere nel cassetto dei desideri La la land da quattro anni, le cui musiche sono firmate da Justin Hurwitz,
 compagno di stanza di Chazelle. Hurwitz nel frattempo ha avuto successo proprio nella Hollywood alle cui
 porte bussava da anni. I due avevano una band insieme, ha spiegato il regista in conferenza stampa. E se
 Chazelle ha deciso di non fare della musica una professione ci gira attorno con le immagini. Alcune riprese
 sono divertenti, soprattutto quella iniziale in cui la coda di auto nel traffico metropolitano si trasforma in un
 ballo da "Flashdance" del nuovo millennio. C'è un pizzico di felicità malinconica degli anni d'oro
 hollywodiani, ma La la land nemmeno sfiora l'eleganza fané e aristocratica di allora. E anche scavando
 nelle pellicole più recenti che si sono misurate col musical, non c'è paragone, per esempio, con Anna
 Karenina di Joe Wright (2012)o conI miserabili di Tom Hooper (2012). Oppure, per rimanere più vicini nel
 tempo, con la scena memorabile di Ave, Cesare! (2016) dei fratelli Coen, dove Channing Tatum è un

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 marinaretto che non riesce a tenere a freno le gambe, travolgendo gli altri commilitoni. Al massimo La la
 land riprendei fili nostalgici degli ultimi film giocosi di Woody Allen che anche quando scendono sotto la
 media, lascian sempre in bocca il sapore dei sogni.
 Foto: ANSA
 Foto: Premi. Il regista polacco Jerzy Skolimowski con il Leone d'oro alla carriera

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 R2/ La mostra del cinema
 Wim Wenders e realtà virtuale in Laguna lo spettacolo è techno
 ARIANNA FINOS

 Wim Wenders e realtà virtuale in Laguna lo spettacolo è techno A PAGINA 39 VENEZIA POTREMO
 toccare la Passione di Cristo, letteralmente. La nuova frontiera tecnologica si trasforma in esperienza
 artistica, sociale, spirituale. L'Italia ci scommette e la Mostra anche. Qui viene presentato un corposo
 assaggio di 40 minuti di Jesus Vr, The story of Christ, il primo lungometraggio di finzione realizzato in realtà
 virtuale. Lo si potrà vedere da una delle cinquanta sedie rotanti del nuovo VR Theater. Tra selezione e
 mercato Venezia 73 propone una gamma variegata di tecnologie: il viaggio sociale di Elio Germano nella
 realtà aumentata degli immigrati. Poi le tante declinazioni stereoscopiche: la poesia di Wim Wenders in
 concorso con Les beaux jours d'Aranjuez, il cartoon campione d'incassi Pets, il malinconico ritratto di Nick
 Cave in One more time with feeling di Andrew Dominik, la storia del 3D nel documentario Sky narrato da
 Sergio Castellitto.
  «Un festival non può disattendere la grande curiosità e attenzione alle nuove forme espressive», spiega il
 direttore Alberto Barbera. «Un film come Jesus vale più come testimonianza dell'esperimento, rispetto alle
 potenzialità narrative e d'identificazione dello spettatore, che non in quanto risultato estetico compiuto».
 Anche se prodotto dagli americani, Jesus Vr è stato girato a Matera in 4k 360° con una troupe italiana.
 Enzo Sisti, produttore esecutivo esperto in storie bibliche (tra cui La passione di Mel Gibson) racconta:
 «All'inizio ero curioso e perplesso con l'esperimento: abbiamo girato con una macchina con più obiettivi e
 sincronizzato le riprese dalle varie posizioni. Scene da 15 minuti senza tagli. Ma il risultato lascia il segno: ti
 siedi e, con gli occhiali speciali, sei dentro al scena». L'esperienza digitale, per Sisti, amplifica l'emozione:
 «Mentre Gesù veniva flagellato, ho girato la testa e alle mie spalle la folla piangente e urlante».
 L'immersione è totale: «La crocifissione è toccante.
  Ai credenti penso piacerà. Considero l'esperimento riuscito».
  Unisce passione tecnologica e impegno civile Elio Germano alle giornate degli autori con il corto No
 Borders di Haider Rashid: si indossa lo schermo-maschera e si viaggia con Elio attraverso la realtà dei
 migranti e di un'accoglienza necessaria. «L'immigrazione è raccontata spesso in immagini simbolo scelte
 da chi inquadra, questa tecnologia allarga il confine, regala libertà».
  Il diffondersi della maschera-cinema, ragiona Germano, «significa anche che la gente sparirà dietro queste
 maschere per la pornografia, per videogiochi, per video di intrattenimento decerebrante. Vanno cercati
 antidoti, o il modo di sfruttare al meglio il nuovo strumento: ad esempio far affacciare disabili in luoghi in cui
 non hanno la possibilità di andare». Per Sergio Castellitto i giorni del 3D sono quelli di un futuro passato.
  Li racconta il doc Viaggio nel cinema-Una storia Vintage 3D di Sky, presentato alla Mostra, in onda a
 ottobre quando nascerà un canale dedicato con oltre 25 film che hanno fatto la storia del cinema
 tridimensionale, da Méliès ai Lumière, passando per Hitchock e Totò. «Abbiamo sempre percepito quella
 tridimensionale come una nuova frontiera giovane, invece i grandi autori l'hanno usata da sempre. Il nostro
 sguardo cinematografico nasce come una percezione in 3D, la terza dimensione è la nostra reazione
 emotiva». Niente 3D per il regista Castellitto: «Sono abituato all'idea che ci sia una parete. Vorrei
 continuare a raccontare una storia: la terza dimensione, l'emozione, ce la mette lo spettatore. Le nuove
 tecnologie le lascio ai miei figli».
 Foto: "Jesus Vr - The story of Christ" "No Borders" "Les beaux jours d'Aranjuez" "Viaggio nel cinema-Una
 storia Vintage 3D"

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 Venezia al via a suon di musical "La La Land" successo annunciato
 EMILIANO MORREALE

 Venezia al via a suon di musical "La La Land" successo annunciato A PAGINA 38 VENEZIA COME GIÀ
 era avvenuto nel 2013 con Gravity e nel 2014 con Birdman, il direttore Alberto Barbera imbrocca il film
 d'apertura della Mostra. E se i due titoli citati erano poi finiti entrambi vincitori agli Oscar (come l'anno
 scorso Il caso Spotlight ), gli osservatori danno buone chanches anche a questo La La Land. Che, al di là di
 tutto, è comunque un film d'apertura ideale, bilanciato tra spettacolarità e marchio d'autore. Reduce dal
 successo dell'astuto Whiplash, Chazelle si è potuto permettere un progetto costoso ed eccentrico, che
 sembra assai sentito. In fondo, è un prolungamento ideale del suo esordio a bassissimo costo, Guy and
 Madeline in a park bench (che vinse un premio al festival di Torino nel 2009): che era una storia d'amore
 dolceamara fatta di incontri mancati, tra un jazzista e una ragazza inquieta, in un bianco e nero che
 ricordava il John Cassavetes di Ombre. Chazelle stavolta tenta proprio un musical, ossia un'operazione
 oggi rischiosissima; ma sembra saperlo, e anzi attraverso il genere ci parla della possibilità o
 dell'impossibilità di un certo tipo di cinema oggi. La storia è lineare: un uomo e una donna, due solitari e
 perdenti, si conoscono e si innamorano a Los Angeles. Sebastian è un pianista duro e puro, che vorrebbe
 far rinascere un leggendario jazz club. Mia, che lavora in un bar negli studi di Hollywood, sogna di fare l'
 attrice.
  Ryan Gosling ed Emma Stone non sono dei grandi ballerini né dei gran cantanti: ma il regista sembra voler
 utilizzare questa loro carenza, e farne forse addirittura il tema del film.
  Anziché camuffare il tutto, come ad esempio era in Chicago, che inquadrava i ballerini fino alle ginocchia e
 inseriva primi piani dei piedi delle controfigure, Chazelle fa il musical come è giusto farlo: ampi ed eleganti
 piani-sequenza, inquadrature in cinemascope con i personaggi a figura intera, a vedere i piedi e dunque la
 performance fisica degli attori. Che ce la mettono tutta e soprattutto non fanno il musical, ma lo imitano. È
 questo il punto: il film è pervaso da una malinconia e da un senso di perdita per un cinema che non c'è più
 (e per un certo tipo di jazz, ugualmente scomparso). I numeri musicali e un monologo clou dell'attrice sono
 continuamente interrotti e disturbati, le musiche vengono trasmesse da impianti di diffusione ambientale, le
 sale cinematografiche sostituite dagli home theatre. Ma sarebbe bello ritrovare la magia di quel mondo,
 sogna Chazelle con toni un po' crepuscolari. Mia, che da bambina giocava a far rivivere i film appena visti,
 appare a Sebastian in un vecchio cinema leggendario, il Rialto, mentre proiettano Gioventù bruciata (e poi
 vedremo il cinema chiuso), e i due si innamorano visitando il Griffith Observatory in omaggio a una delle
 celebri scene di quel film. La La Land è scandito dalle quattro stagioni (più un epilogo), che però si
 confondono nell'eterna estate losangelina, come in un eterno presente, in una temporalità vaga, che
 mescola frammenti di passato, come se il senso della Storia fosse perduto (e Gosling, a un certo punto, lo
 dice esplicitamente).
   Non si pensi però a un'operazione cervellotica, teorica. Chazelle vuole appassionare, far funzionare il
 marchingegno, e ci riesce, anche se chissà che effetto avrà sul pubblico questo unire riflessione nostalgica
 e voglia di coinvolgere. I numeri musicali sono pieni di idee, e le musiche di Justin Hurwitz belle e
 benissimo orchestrate, tra semplicità delle melodie, gusto rétro e accensione ritmica.
  Nonostante le lungaggini della seconda parte, quando si devono dipanare gli snodi obbligati della vicenda,
 l'insieme fila bene, e ha un bel colpo di coda nel finale, che non sveliamo ma che ancora una volta unisce
 entusiasmo e malinconia, mostrando la storia come un insieme di assenze e di atti mancati, e rivendicando
 la possibilità del cinema di consolare, e di riscattare il vuoto delle nostre vite.
 TAPPETO ROSSO Bianca Balti farebbe la sua figura anche con un sacco di iuta, col trench verde è
 perfetta Lo sguardo felino della giurata Gemma Arterton fiera dei suoi maxi orecchini Valentina Lodovini:

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 scollatura e nastrino nero in segno di lutto per le vittime del terremoto Jeremy Irons, ovvero il fascino che
 non invecchia, è scortato dalla moglie Sinéad Cusack
 Foto: STAR Emma Stone protagonista del musical "La La Land" che ha aperto la Mostra LA MADRINA
 «Siamo divisi tra la voglia di partecipare a questi dieci giorni di cinema e la consapevolezza di ciò che è
 successo in Italia una settimana fa». Tocca a Sonia Bergamasco, dare il benvenuto alla Mostra numero 73
 con un ricordo delle vittime del sisma e un discorso che è un omaggio al cinema «come vetro che vede le
 anime» LA LA LAND Regia di Damien Chazelle Con Emma Stone, Ryan Gosling John Legend, J.K.
 Simmons

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 R2 SPETTACOLI & TV Al cinema IL FILM DI ROBERTO NEPOTI/ UN PADRE, UNA FIGLIA
 La Romania di oggi nei dilemmi etici di Cristian Mungiu
 Premiato a Cannes per la regia l' autore romeno presenta le situazioni più scabrose senza emettere giudizi
 ROBERTO NEPOTI

 «ETICA e estetica sono tutt'uno» diceva Ludwig Wittgenstein. E Philippe Sollers aggiungeva «l'etica è
 l'estetica dell'avvenire».
  Se a tutt'oggi la profezia pare lontana dal realizzarsi, a volte arriva un film che ne riafferma la validità.
 Come Un padre, una figlia del romeno Cristian Mungiu, nove anni fa vincitore della Palma d'oro con 4 mesi,
 3 settimane, 2 giorni e premio alla regia all'ultima Cannes per questo nuovo film: coinvolgente, rigoroso,
 perfettamente padroneggiato dalla prima all'ultima scena. Su un conflitto etico poggia l'intero dispositivo
 drammatico, a prima vista semplice. Il medico Romeo ha puntato tutto sull'avvenire della figlia Eliza, che
 vorrebbe mandare a studiare in Inghilterra per sottrarla alla Romania odierna, dove le speranze di
 rigenerazione del dopo-Ceausescu sono affondate in una limacciosa palude di corruzione e miseria morale.
 Eliza è un'ottima studentessa; ma un'aggressione sessuale la mette in crisi alla vigilia dell'esame di
 maturità, dal cui punteggio dipende la borsa di studio che le consentirebbe di partire. Un amico propone un
 baratto a Romeo: si può "aggiustare" l'esame in cambio di un fegato da trapiantare a un uomo potente. Il
 dilemma è grave; perché priverà un altro malato del diritto all'operazione e perché contraddice tutti i principi
 che il dottore e sua moglie hanno insegnato alla figlia.
  La posizione etica di Mungiu consiste nel presentare le situazioni senza emettere giudizi: il che è già molto,
 ma non una caratteristica esclusiva del suo cinema. Quel che rende il film eccezionale è il modo in cui fa
 coincidere estetica ed etica; nella consapevolezza che, anche al cinema, etica e linguaggio sono tutt'uno.
  Difficilmente potremmo citare un premio alla regia più meritato di questo. Perfetta in sé, ogni inquadratura
 è calibrata al millimetro sul suo peso etico: come nelle frequenti scene di dialogo, dove gli interlocutori
 compaiono sempre nello stesso piano, anziché in campo/controcampo, in base a un sincero scrupolo di par
 condicio che non faccia pendere il nostro giudizio verso l'uno o verso l'altro. Il che è, poi, il principio del
 famoso piano-sequenza come lo teorizzò André Bazin e lo applicarono i registi della Nouvelle Vague.
  Però Mungiu fa di più: usa diverse tipologie di scena, adeguandole alle situazioni e amalgamandole in un
 tutto perfettamente fluido. Come nei primissimi minuti, dove poche inquadrature fisse instaurano subito quel
 perturbante quotidiano così caro al cinema di Michael Haneke; o come nelle scene in semi-soggettiva (e
 qui il riferimento va ai fratelli Dardenne), che traducono in equivalenti visivi il turbamento e l'ansia di un
 personaggio.
  Se quello che il regista-sceneggiatore ci mostra della vischiosa rete di connivenze, viltà, sordità morale che
 permea l'odierna Romania (ma siamo poi sicuri, noi, di stare molto meglio?), è il modo in cui ce lo mostra a
 fare l'eccezionalità del film e a mantenerne le immagini incollate a lungo alla nostra memoria. Come
 avviene per ogni forma di espressione, una storia può essere raccontata in mille modi. Questo è il migliore
 dei modi possibili.
  PER SAPERNE DI PIÙ trovacinema.repubblica.it www.repubblica.it/spettacoli/cinema
 Foto: IL REGISTA Cristian Mungiu, romeno, 48 anni, è stato giornalista e insegnante prima di passare alla
 regia.
  Nel 2007 ha vinto la Palma d'oro al Festival del cinema di Cannes per il suo secondo lungometraggio 4
 mesi, 3 settimane, 2 giorni
 Foto: UN PADRE, UNA FIGLIA Regia di Cristian Mungiu Con Adrian Titieni, Maria-Victoria Dragus Lia
 Bugnar, Malina Manovici, Vlad Ivanov

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 01/09/2016 - 01/09/2016                                                           17
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  LINK _VISIONI
  Choc in bianco e nero a Venezia
  La ferocia nazista e i riti sessuali di una creatura aliena: sono i temi forti dei due film -evento destinati a
  sconvolgere il Lido.
  Piera Detassis

  Lei cerca di salvarsi offrendosi a Jules che indaga sulle sue attività pro ebrei, ma finirà in campo di
  concentramento dove incontrerà l'SS Helmut, suo antico amante, e dalle baracche passerà agli agi
  condivisi nella confortevole dimora dove sullo sfondo, ininterrotte, si odono le grida degli ebrei e le finestre
  non si possono aprire per l'acre odore dei forni. Il controverso regista russo, nazionalista acceso come il
  fratello Nikita Mikhalkov, sostenitore di Putin e famoso per aver rifiutato due anni fa la candidatura all'Oscar
  per Le notti bianche del postino («Hollywood fa cinema per bambini e soffoca la creatività degli artisti
  russi») firma un film straziante e privo di retorica, dove i tre testimoni del tempo si raccontano come
  inquadrati in filmati d'epoca dall'immagine tremante e rigata, e la follia nazista è narrata nei risvolti
  quotidiani: dalla razionale organizzazione del lavoro per la soluzione finale, al riciclaggio dei beni delle
  vittime per fare business. «Un film scritto di getto, in due mesi» ha dichiarato Konchalovsky. «La storia è
  piena di grandi tragedie che crediamo non si possano ripetere. Uno dei momenti più terribili è stata l'ascesa
  del ulla carta vince la memoria, rivivono il bianco e nero, le storie, anche sentimentali, di guerra e conflitti,
  proliferano le storie letterarie e in costume. Alla Mostra di Venezia, quest'anno giunta alla 73esima
  edizione, trionfano i film di genere: si apre con un musical, La La Land, si chiude con un western, il remake
  de I magnifici sette. Pare che nelle tormente attuali, nella lucida follia del nostro quotidiano, i selezionatori
  abbiano scelto il velo di una lontananza che tutto placa. Solo in apparenza. Perché l'alfa e l'omega
  dell'alfabeto del Lido sono incarnati da due film potenti e agli antipodi che Panorama è in grado di
  anticiparvi e che colpiranno duro, per ferocia o scandalo: sono Rai (Paradise) di Andrei Konchalovksy, una
  coltellata al cuore della Storia in purissimo bianco e nero e La región salvaje, apologo tutto sesso e
  creature aliene. Il presente è tutto nei demoni del passato per Andrej Konchalovsky che firma un'opera
  potentissima, dove si intrecciano i destini di tre persone, l'aristocratica russa Olga, coinvolta nella
  resistenza francese, il funzionario collaborazionista di Vichy Jules, l'ufficiale tedesco Helmut. nazismo e lo
  sterminio degli ebrei e di tutti coloro che non rientravano nell'ideale di un perfetto paradiso tedesco. Queste
  atrocità hanno mostrato la crudeltà di cui è capace l'essere umano. Quello stesso fondamentalismo nutrito
  di odio minaccia oggi le vite di tutti. Quel che è successo nel passato è solo un avvertimento e va
  continuamente ricordato». Un film, quello di Konchalosvsky, dove c'è spazio per un malinconico frammento
  di italiana memoria, prima della lunga notte degli stermini: su una terrazza toscana ricostruita sul set in
  Russia, giovani aristocratici tedeschi si amano spensierati sulle note di Parlami d'amore Mariù. Uno
  straziante grido dal passato verso l'attualità che si candida già a un premio, probabilmente senza l'aura di
  scandalo che accompagna il film messicano La región salvaje di Amat Escalante, un inno profano alla forza
  distruttiva del desiderio. In una landa abbandonata della periferia messicana un mostruoso alieno munito di
  tentacoli a forma di fallo accoglie le vittime sacrificali che si affidano alle sue penetranti spire. L'infelicità
  quotidiana delle povere periferie tra famiglie sbriciolate e senza identità, neppure erotica, trova illusoria e
  infernale liberazione in un rito pansessuale e arcaico. Una metafora d'autore che non vede luce, ma solo
  sacrificio umano, benché tradotto in molteplici penetrazioni e orgasmi alla fine del nostro universo. La
  metafora d'autore, che la si ami o meno, inquieta, repelle, ma una cosa è certa: non lascerà sonnecchiare
  tranquillo il caro vecchio Lido.
  Foto: ANDREI KONCHALOVSKY Ha 79 anni il regista russo in concorso con Rai (Paradise). Nel film
  (sopra, una scena) racconta l'orrore quotidiano dei campi di concentramento.

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 01/09/2016 - 01/09/2016                                                                 18
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  Foto: Tra i venti film in concorso al Lido, solo tre sono italiani: Piuma di Roan Johnson, il documentario
  Spira Mirabilis di Massimo D'Anolfi e Martina Parenti e Questi giorni di Giuseppe Piccioni. AMAT
  ESCALANTE Il regista catalano (37 anni) presenta La región salvaje, storia di sesso estremo ambientata in
  Messico. A sinistra, un'immagine tratta dal film.

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 VENEZIA 73
 Che senso hanno oggi i festival ? Se ne discute sul nuovo Origami

 Occasione per vedere film inediti o inutile vetrina per star e starlette? A oltre 80 anni dalla nascita (il primo
 fu proprio Venezia, nel 1932), a cosa servono i festival del cinema? Produttori, registi, addetti ai lavori si
 incontrano sul nuovo numero di «Origami», che esce oggi, per discuterne. Da Alberto Barbera, direttore
 della Mostra del cinema di Venezia, a Thierry Fremaux, patron di Cannes, a Emanuela Martini, direttrice
 Tff, ognuno ha la sua formula per cercare di resistere a un mercato in crisi e alla cannibalizzazione del
 cinema da parte delle serie tv. Ci riusciranno? In questi giorni sarà presentata a Venezia «The Young
 Pope», la serie di Paolo Sorrentino: si parla di un linguaggio sempre più interconnesso tra piccolo e grande
 schermo. E poi i ricordi di Natalia Aspesi, un estratto di Fellini, una spassosa cronaca da Cannes di Lietta
 Tornabuoni e tanto altro. Solo su «Origami», da oggi a 1,50€ in edicola.

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 IL PERSONAGGIO EMMA STONE
 "Come l'eroina di questo musical inseguo a Hollywood il mio sogno"
 La protagonista del film d'apertura: ragazzi, non cedete al cinismo
 FULVIA CAPRARA VENEZIA

 Mostra di VeneNel cielo sopra Los Angeles un'eroina esile e determinata volteggia stringendo la mano di
 un ragazzo che, come lei, insegue un grande sogno. Sotto c'è la vita strana di una metropoli a prima vista
 «poco amichevole», con il traffico congestionato, le sale per le audizioni piene di gente, le feste, i bar, i
 rapporti umani rarefatti. Eppure è solo lì che i desideri di Mia (Emma Stone) e Sebastian (Ryan G osling)
 possono diventare realtà, ed è solo lì che le loro esistenze si intrecceranno, per un giro di ballo destinato a
 finire e a lasciare il segno per sempre. Il primo applauso a scena aperta della 73 zia è andato a La La Land,
 il film in cui Damien Chazelle, 31 anni, regista talentuoso di Whiplash, rievoca la magia del musical
 ispirandosi soprattutto a due modelli, Les Parapluies de Cherbourg di Jacques Demy e Cantando sotto la
 pioggia di Stanley Donen: «L'idea di raccontare la vicenda, molto moderna, di due artisti che lottano per
 conquistare il successo - dice Stone, al Lido senza Gosling, impegnato sul set del nuovo Blade Runner mi
 ha subito eccitato. Lo stile è Anni 50, ma le aspirazioni dei protagonisti sono attuali e io mi sento
 particolarmente vicina a Mia, soprattutto se ripenso a quando sono arrivata a Hollywood dall'Arizona». Con
 il regista - racconta Stone - «abbiamo parlato a lungo degli incidenti di percorso vissuti a Los Angeles, a 15
 anni, di certi provini umilianti. Ma io, a differenza di Mia, non sono stata così coraggiosa da pensare di
 mettermi da sola a scrivere un testo da proporre al pubblico». In compenso, pur di convincere i genitori a
 lasciarla partire per L.A., ha preparato una presentazione con PowerPoint intitolata «Project Hollywood» e
 l'ha spedita a se stessa con M ad o n n a co m e m i t t e n t e : «Spero che i giovani non si lascino
 trasportare dal cinismo o ggi diffuso e non smettano mai di impegnarsi per realizzare i loro obiettivi».
 Appassionata di musical da quando aveva 8 anni («Immaginavo di mettermi a cantare come in quei film»),
 esplosa con The Help, scelta da Woody Allen per Magic in the Moonlight e per Irrational Man, lodatissima
 per la performance in Birdman, reduce dal set di Battle of the Sexes, sulla storia del celebre m atch tennisti
 co t ra Bob by Riggs e Billie Jean King, e dal palcoscenico di Broadway dove ha interpretato Cabaret,
 Stone si è preparata a lungo per il ruolo di La La Land. Prendendo lezioni di tip-tap e danza jazz e
 contando sull'intesa con il partner: «Avevo già lavorato con Ryan, ma mi ha sorpresa. Ha imparato a
 suonare il piano, è stato un magnifico compagno di ballo, l'ho trovato davvero divertente. Ho pensato che
 se vuoi conoscere qualcuno, devi vederlo danzare. Ho scoperto, ad esempio, che Ryan è molto leader». Il
 resto del pubblico femminile dovrà accontentarsi delle altre, innumerevoli, doti dell'attore. Nei panni di
 Sebastian, che adora il jazz e vuole aprire un locale dove suonarlo alla sua maniera, Gosling è al meglio:
 «Gli eroi di Sebastian - osserva - sono nati 70 anni fa. Oggi un grande pianista che suona vero jazz è
 destinato a esibirsi in pianobar dove la gente non smette nemmeno di parlare per ascoltare. Mi sono
 chiesto: "A quanti compromessi devi sottostare per diventare l'artista che vuoi essere?"». Il regista di La La
 Land, che dopo il debutto al Lido punta al palcoscenico degli Oscar, fa sapere che «in tutto il film non c'è un
 primo piano delle mani del protagonista che appartenga a una controfigura». La storia (quella ve ra e quella
 sullo schermo) dice che i sogni vanno inseguiti a tutti i costi, ma anche che realizzarli comporta fatica,
 impegno, grandi rinunce. c
 Foto: American Dream A destra, Ryan Gosling e Emma Stone in «La La Land», di Damien Chazelle; a
 sinistra, Stone, che a Venezia ha detto: «Lo stile è Anni 50, ma il film racconta aspirazioni modernissime»
 Foto: ANSA

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 01/09/2016 - 01/09/2016                                                           21
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 Intervista
 "I russi? Troppo rigidi Meglio il nostro hip hop"
 Si racconta Keenan Kampa, la ballerina americana del Mariinskij ora protagonista del film New York
 Academy : "Volevo allegria"
 FRANCESCO RIGATELLI

 Tra le ballerine americane più famos e, dopo una carriera nella compagnia Mariinskij di San Pietroburgo,
 Keenan Kampa, 27 anni, è la protagonista del film New York Academy di Michael Damian. In questa
 intervista ci racconta i suoi Stati Uniti, che sanno un po' di Russia. Nel film interpreta una ballerina che
 affronta una scuola dura e il suo personaggio rivela: «Quando mi chiedono come ho cominciato a ballare
 non so mai cosa rispondere. La danza è sempre stata con me». Vale anche per lei? «Penso di sì. Mia
 madre mi ha avuto da giovane, mi ha fatto fare un sacco di sport e ho amato da subito la danza, perché mi
 ha permesso di sentirmi bene con me stessa». Poi come è successo che lei, nata in Virginia, sia andata a
 studiare in Russia? «Durante un programma della compagnia Mariinskij a Washington mi hanno invitato.
 Sono stata la prima americana ad andare. Così ho passato tre anni a San Pietroburgo e poi altri due da
 étoile». Che differenze ha trovato tra Stati Uniti e Russia? « In Russia ho s coperto la grande tradizione
 della danza, e non solo, che viene portata avanti con severità e senza compromessi. In America c'è molta
 più libertà artistica». Era dunque perfetta per questo film in cui passate dalla danza classica all'hip hop...
 «Sì e devo dire che la rigidità russa iniziava a intristirmi, mentre il film mi ha permesso di tornare alla
 vecchia me». Perché ha lasciato la Russia? «Ero in tournée in Italia con la Mariinskij, quando la mia
 pressione è impazzita. Sono tornata negli Stati Uniti per visite mediche e oltre al cuore mi hanno
 diagnosticato un problema all'anca. Ho dovuto congedarmi per otto mesi e poi mi hanno chiamato per il film
 . Al regista ho risposto che non pot evo camminare, ma che speravo di recuperare in fretta». E ce l'ha fatta.
 Nel film le colleghe la invidiano per come danza. A lei è successo? «Difficile trovare veri amici nella danza.
 Se va bene c'è molta competizione, se no gelosia. Ma qualche persona speciale ogni tanto si trova». Altro
 tema del film è la ricerca di uno stile personale, che infastidisce anche l'insegnante. «Nella danza bisogna
 essere aperti a diversi stili. Negli Stati Uniti questo è molto apprezzato e i coreografi tendono a chiedere di
 esprimersi per aggiungere qualcosa. In Russia non è proprio così». Ma è facile passare dalla classica
 all'hip hop? «Se c'è la base tecnica no. Basta guardare e tradurre. Certo all'inizio ero un po' confusa, avevo
 sempre fatto classica e contemporanea. Però il regista mi ha detto: questo è l'hip hop, poi cambialo come
 vuoi». Infatti non è del tutto hip hop quello del film... «Mi sono divertita con l'hip hop, ma preferisco sempre
 la classica». Cosa consiglia di vedere per capire la danza classica? «Anche se non sono più in Russia
 raccomando semp re e solo di gua rda re Mariinskij o Bolshoi. Sono duri, ma sono i mi gliori». Non aveva
 mai studiato recitazione prima, è possibile fare un film a Hollywood da zero? «Sì, anche se rivedendomi
 trovo tanti errori». Tutto si svolge in una New York classica e bellissima. «Amo il suo stile di vita, le
 persone, la pazzia. Ci passo molto tempo e ci vado da Washington, dove sta la mia famiglia». Lei vive a
 Los Angeles, che differenza c'è? «Semplice: a LA c'è la spiaggia». c
 Difficile avere amici nella danza: se va bene c'è competizione, se no, gelosia Keenan Kampa
 Protagonista del film «New York Academy»
 Foto: Dal teatro al cinema Keenan Kampa, 27 anni, in una scena del film di Michael Damian, girato a New
 York: «Amo lo stile di vita di questa città, le persone e la pazzia»

ANICA SCENARIO - Rassegna Stampa 01/09/2016 - 01/09/2016                                                           22
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