Come avere successo? Tutto nasce dalla giusta mentalità
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Come avere successo? Tutto nasce dalla giusta mentalità Oggi tutti gli esperti di crescita personale concordano con il fatto che raggiungere il successo sia una questione di mentalità, dato che queste persone sono costantemente focalizzate sulla soluzione dei problemi, sul miglioramento continuo e sulla crescita personale. Tutto il contrario di chi si caratterizza per una mentalità non flessibile, che ritiene il successo una conseguenza di caratteristiche personali e abilità possedute dalla nascita e, pertanto, non modificabili. La caratteristica predominante di una mentalità rigida è il lavoro costante per evitare il fallimento e per rimanere in un porto sicuro, in cui si è considerati intelligenti ed esperti. La persona di successo, invece, ama le nuove sfide e affronta ogni ostacolo negli affari e nella vita come opportunità di crescita personale. In poche parole, la capacità di avere o meno successo dipende da come ci avviciniamo alla vita, proprio come la possibilità di essere felici. F o t o d i F r e e - P h o t o s d a Pixabay Non solo, anche la visione che si ha di se stessi cambia il modo di vivere: solo noi possiamo decidere se diventare chi vogliamo essere realmente, anche se ci sono alcuni consigli per avere successo, come afferma Carol Dweck. I 5 punti che caratterizzano la mentalità di successo Carol Dweck ha lavorato a lungo per giungere alla sintesi delle cinque caratteristiche della mentalità di una persona di successo.
1. L’intelligenza può essere sviluppata con il proprio sforzo: la persona di successo prova molto entusiasmo nel lavorare duramente e nell’imparare quante più cose possibili. 2. La persona di successo crede che tutti possano aumentare la loro capacità intellettiva e ci siano differenze tra le persone che sanno e quelle che non sanno, ma soprattutto tra quelle che imparano velocemente. 3. La persona di successo ama imparare sempre qualcosa di nuovo, a costo di sembrare meno intelligente degli altri e di porsi ad un livello inferiore. 4. Le sfide sono eccitanti per chi ha una mentalità vincente e, anche chi ha poca fiducia nelle sue capacità, ama svolgere attività complesse, dandosi obiettivi personali e studiando le strategie per raggiungerli. 5. La persona di successo si sente intelligente quando è impegnata in una nuova attività, mentre fatica per imparare qualcosa o affina le sue conoscenze per un obiettivo più grande. Questi cinque punti sono anche i cinque pensieri che condizionano costantemente la vita della persona di successo, che cerca sempre di dare il meglio di sé per se stesso e per il prossimo. Scopri il nuovo numero > Il futuro è aperto Per avere successo nella vita, dunque, è bene scegliere di approcciarsi ad essa con una mentalità di crescita, credendo nella possibilità per ognuno di aumentare le proprie capacità. Non dimentichiamoci, ad esempio, che anche Einstein ha dovuto combattere con le difficoltà della vita. 3 consigli per avere successo nella vita Ora che conosci le caratteristiche della mentalità di successo, ecco anche tre consigli da mettere subito in pratica per ottenere quello che desideri. F o t o d i F l a s h A l e x a n d e
r da Pixabay 1. Abbi fiducia in te stesso, anche confrontandoti con il fallimento Il motivo? È stato dimostrato che la scarsa fiducia in se stessi si traduce in inerzia. Come fare? Lavorando duramente e scontrandosi anche con i piccoli e grandi fallimenti della vita. 2. Migliora le tue abilità sociali Gli imprenditori di grande successo si contraddistinguono per eccellenti capacità cognitive, ma anche per le abilità sociali, dato che queste caratteristiche aumentano la possibilità di trovare lavoro. 3. Ritarda le gratificazioni Chi sa resistere alle tentazioni da adulto sviluppa migliori abilità sociali, ha una migliore forma fisica e resiste di più allo stress. Comincia a ritardare le gratificazioni, come mangiare cibo spazzatura, dalle piccole cose, impegnandosi a fare qualcosa ogni giorno. Darsi una routine permette di essere perseveranti anche nel raggiungere i propri obiettivi, evitando di farsi prendere dal panico nelle piccole e grandi urgenze o di cadere nella procrastinazione e nella perdita di motivazione. Come vedi diventare una persona di successo è possibile e tutti noi possiamo realizzare i nostri obiettivi, allenandoci giorno dopo giorno a vivere con la giusta mentalità. Non ci resta che augurarti di realizzare i tuoi progetti in questo 2020 appena cominciato! Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
Il fenomeno del 2019: TikTok, il social della Generazione Z Probabilmente se hai più di 18 anni ti starai chiedendo cosa sia TikTok e ti rispondo in breve: si tratta di un’app per video brevi, dai 15 ai 60 secondi, che può essere definita come il vero fenomeno social del 2019. Grazie a questa app per smartphone gli utenti possono creare contenuti veloci e divertenti, accompagnandoli con una colonna sonora musicale e con gli effetti della realtà aumentata. I numeri di TikTok nel 2019 Oggi TikTok è disponibile in 34 lingue e tra chi lo usa con maggiore entusiasmo troviamo soprattutto bambini e teeneger, per un totale di 500 milioni di utenti attivi già a luglio 2019. Un numero in costante crescita e sicuramente da non trascurare se pensiamo che Instagram ha un miliardo di utenti attivi e Snapchat 188 milioni, sempre su base mensile. Eppure il grande successo di TikTok non è legato solo ai numeri, ma soprattutto al fatto che si tratta di un fenomeno sociale, che offre ai giovani uno spazio creativo in cui sono liberi di esprimersi in modo veramente semplice ed intuitivo. Possiamo affermare, quindi, che TikTok sia più una piattaforma di intrattenimento che un social media, anche se di questo mantiene i Like (cuoricini) e le modalità di interazione, ma diventa qualcosa di totalmente coinvolgente. La mission? Dare vita alla creatività dei giovani, senza alcuna regola, mescolando musica, meme e libertà espressiva. Scopri il nuovo numero > Simply the best Bisogna, quindi, prestare attenzione ai trend di crescita di TikTok (+144%), ma anche di Twitch e Twitter, da sempre outsider tra i social media, ma che in questo 2019 hanno dimostrato di poter
diventare grandi ed aumentare il loro peso come fenomeni sociali, soprattutto tra i giovanissimi della Generazione Z. (fonte: https://www.financialounge.com/) TikTok è il social dei giovani e della musica Sempre parlando di trend social possiamo affermare come Facebook sia la prima app in termini di tempo trascorso online e, in generale, tutte le app social segnano un aumento di ore mensili per singolo utente. Anche in questo caso un ruolo da protagonista è giocato da TikTok, soprattutto se prendiamo in considerazione la fascia di utenti tra i 18 ed i 24 anni, con una classifica che vede ai primi tre posti YouTube, TikTok e Instagram. In generale, inoltre, è il mondo del divertimento e dei video a far salire engagement e tempo speso sui social, come emerge da una ricerca di Comscore e TikTok, con la sua musica e i suoi video è un protagonista di questa tendenza. Perché TikTok piace ai teenager Possiamo dire che il successo di TikTok sia dovuto al fatto che si tratta di un social pulito, senza pubblicità e fake news e che offre quindi un senso di appartenenza ad una community molto forte e poca pubblicità. Non solo: questa app ha ad oggi il sistema di montaggio video e audio più avanzato al mondo e ospita contenuti senza tempo e barriere linguistiche. Per approfondire: ■ Il nostro numero dedicato alla Generazione Z. Conoscerla e comprenderla è indispensabile se si vuole avere uno scambio comunicativo efficace.
Rispetto ad Instagram, inoltre, scompare l’ansia di apparire e rende possibile ai giovani presentare se stessi in modo più autentico, tra balli goffi e canti stonati oppure mentre fanno smorfie improbabili. Divertire e divertirsi è il segreto alla base di questa piattaforma, in cui nessuno si sente giudicato o ha l’obbligo di apparire cool come avviene su Instagram. L o r e n G r a y , 1 7 a n n i , è la muser più influente di TikTok con 33 milioni di follower e 2 miliardi di like. Le Muser o gli Influencer di TikTok Gli influencer di TikTok si chiamano Muser e tra questi abbiamo ad oggi Loren Gray, di 17 anni che pubblica ogni mattina un video in cui canta in playback e con 33 milioni di follower e 2 miliardi di like ha ottenuto un contratto con la Virgin Records ed ha sei singoli all’attivo. Segue Baby ariel di 18 anni definita dal Time come una delle persone più influenti del web con i suoi 30 milioni di fan. Il personaggio maschile più influente è, invece, Jacob Sartorius con 20 milioni di fan che realizza campagne contro il bullismo, di cui lui stesso è stato vittima. E in Italia? Tra gli utenti più seguiti abbiamo Luciano Spinelli, che balla sulle note dei principali brani italiani e Cecilia Cantarano, 19 enne romana famosa per gli sketch comic e i lip-sync. Siamo sicuri che TikTok continuerà a crescere anche nel 2020, ma soprattutto che vedremo anche le aziende interessarsi a questa app social per conquistare un pubblico di giovanissimi sempre più difficili da coinvolgere nella comunicazione e nel marketing. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del
marketing e della comunicazione. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Natale sui social: come fare la campagna perfetta Ormai nelle case e per le strade si respira già aria di Natale e nei supermercati cominciano ad apparire i primi panettoni. Bello vero, ma cosa ne pensano i social media manager che si trovano a ottimizzare le campagne natalizie e vorrebbero, almeno per una volta, trascorrere il Natale senza troppo stress? Soprattutto, quali sono i segreti per la campagna social di successo? Vediamolo assieme in questo articolo. Aziende, brand e periodo di Natale Natale, oggi più che mai, è un periodo propizio per l’acquisizione di nuovi clienti dato che sui social media ed in particolare su Facebook l’attività si intensifica sia in termini di contenuti caricati sulla piattaforma, sia in termini di interazioni. Il Natale, quindi, è il periodo più social che mai ed il miglior momento per fare proposte, sconti, offerte anche se il consumatore di oggi è sempre più esigente. Ecco perché, soprattutto durante le feste, brand ed aziende devono sapersi presentare con una veste nuova e mai banale. Ad esempio, se l’obiettivo è quello di differenziarvi ma non sapete davvero come fare, il consiglio che voglio dare ad aziende e brand è quello di essere se stessi, dato che semplicità ed autenticità vincono sempre, anche e soprattutto sui social. Mostrare i vostri volti in un video di auguri, fate vedere l’ufficio addobbato e scegliete post coinvolgenti. Il risultato è assicurato! Creare desideri nei follower Non aspettate che i fan e i follower abbiano bisogno del vostro prodotto o servizio, ma siate voi stessi a dare suggerimenti, aggiornamenti e idee per il Natale 2019, dato che molti di loro
usano i social media proprio per trovare il regalo perfetto. La risposta, in questo caso dovrete essere voi e in particolare la campagna social di successo punterà ai migliori destinatari per i vostri prodotti. Potrete, ad esempio, amplificare post tematici dal vostro blog sui social media con i consigli per i regali e le spese natalizie e puntare su infografiche e Stories per aumentare il coinvolgimento e le interazioni online, magari aggiungendo un link al sito o alla landing page. F o t o d i i j m a k i d a P i x a b a y Via libera alla creatività (in fondo è Natale) Sicuramente nel periodo natalizio il lavoro per il Social Media Manager è veramente tanto, ma non per questo meno piacevole. Appaiono, infatti, contenuti e attività a forte engagement come contest, hashtag tematici, calendari dell’avvento online e tanto altro. Ma soprattutto il vero protagonista del Natale sui social media sono le immagini ad alto impatto emotivo. Un dato confermato anche dalle statistiche per cui l’80% degli italiani condivide maggiormente fotografie proprio durante il periodo natalizio. I soggetti più apprezzati? Sicuramente un grande classico è l’albero di Natale, seguito dai piatti tipici delle feste e saper usare sapientemente belle immagini a tema natalizio vi permetterà di attrarre l’attenzione dei follower e, magari, portarli a visitare il vostro sito o la landing page con l’offerta speciale per questo Natale 2019.
Scopri il nuovo numero > Il Natale che verrà Storytelling, promozioni, visual natalizio, campagne sponsorizzate ad hoc, infografiche con la declinazione dei prodotti e servizi in tema Natale 2019, video di prodotto e istituzionali… le idee e gli spunti per chi fa social media marketing in questo periodo dell’anno sono veramente tantissimi e molti consigli vengono soprattutto dalle case studies dei grandi brand. In conclusione, festeggiare il Natale da social media manager significa proporre qualcosa di importante ed originale, ma soprattutto regalare agli utenti un premio, un’offerta o un’emozione per quello che è il periodo più magico dell’anno. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Stai tranquillo, anche noi odiamo lo spam! Da noi riceverai SOLO UNA EMAIL AL MESE, in concomitanza con l’uscita del nuovo numero del mensile. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter Millennials e Generazione Z: il nuovo mondo del lavoro Parlare, nel 2019, di Millennials e di Generazione Z significa parlare dei protagonisti dell’attuale mondo del lavoro, ma cosa caratterizza e in cosa si differenziano questi due gruppi demografici? Sicuramente entrambi sono sempre connessi, più attenti all’ambiente e ai temi sociali, ma anche alla cura del corpo e al benessere psicofisico. D’altro canto i giovani lavoratori tendono ad essere più ambizioni per quanto riguarda la ricerca del lavoro e le aziende devono impegnarsi per fermare la fuga all’estero di questo capitale prezioso.
Vediamo come, a partire dall’investimento in tecnologie. F o t o d i S t o c k S n a p d a P i xabay La Generazione Z: una generazione iperconnessa I fratelli minori dei Millennials, ovvero i nati tra il 1995 e il 2012, sono ragazzi cresciuti a pane ed internet e abituati al multitasking e all’uso contemporaneo di diversi dispositivi fino ad essere, se possibile, ancora più interconnessi dei Millennials. Possiamo parlare di una generazione iperconnessa, formata da un esercito di circa 2 miliardi di giovani di tutto il mondo che nel 2025 rappresenteranno il 30% della forza lavoro. La maggior parte di questi talenti del futuro sta già cambiando le aziende in cui andrà a lavorare, che devono volenti o nolenti diventare sempre più tecnologiche per integrare al meglio queste nuove risorse tra i dipendenti. In particolare la Varkey Foundation di Londra sottolinea come sia importante l’investimento in nuove tecnologie, data la convinzione per l’84% della generazione Z che proprio la tecnologia potrà contribuire alla costruzione di un domani migliore. Quali sono le caratteristiche della generazione Z sul lavoro, quindi? Sicuramente è una generazione che vuole far vedere ai “grandi” come il mondo sia cambiato, una generazione più ottimista, ma anche più ambiziosa dei Millennials. Secondo la ricerca ben il 17% dei giovani vuole diventare imprenditore di se stesso e mettersi alla prova creando qualcosa di suo.
F o t o d i G e r d A l t m a n n da Pixabay Il lavoro che cambia: la ricerca condotta da Umana All’interno del panorama italiano Umana ha condotto una ricerca su 2.000 giovani con domande mirate ad indagare le loro aspettative sul lavoro e su 41 imprese, in particolare HR Manager. I risultati dello studio mostrano come oggi i giovani abbiano un approccio molto più pragmatico al lavoro, considerato dal 94% uno “strumento per procurare reddito”, ma allo stesso tempo un “luogo di impegno personale e autorealizzazione” (93%). Ecco, quindi, come l’offerta di lavoro ideale è quella che corrisponde non tanto alle dimensioni e al prestigio dell’azienda, ma a criteri economici oltre che alla coerenza con passioni, interessi e opportunità di carriera. Leggi anche: ■ Cercare il lavoro nell’era di LinkedIn, di Google e del digitale: guida e consigli pratici. Non solo: il giovane della generazione Z è soggetto a demotivazione se non trova gli stimoli giusti e se le sue capacità non sono adeguatamente valorizzate. Parlando delle risposte date dagli HR Manager emerge, invece, come il titolo di studio sia una condizione non necessaria (13%) e nella valutazione del candidato si presti maggiore attenzione alla capacità di adattarsi (45%) e alle competenze digitali e in tema di nuove tecnologie.
F o t o d i J e s s F o a m i d a P i xabay Proprio in questo la Generazione Z si distingue dai Millennials, con i primi molto più attenti all’aggiornamento continuo. Si nota, a questo proposito, un interessante divario tra i due gruppi di giovani, in cui la Generazione Z è la prima ad essere consapevole del fatto che esistono skills digitali che vanno oltre la progettazione e l’utilizzo delle nuove tecnologie. Infine, nella scelta dell’azienda per cui lavorare la Generazione Z dà maggiore valore alla flessibilità oraria e al buon clima aziendale, mentre gli HR Manager apprezzano i giovani che abbiano fatto esperienze all’estero. In conclusione, in un mondo del lavoro che cambia in fretta sembra che le aziende dovranno lavorare per assecondare le aspettative della Generazione Z, una generazione iperconnessa e, per questo, molto esigente. Ripartiamo con la formazione continua via e-learning Nella nuova era digitale in cui viviamo è necessario fare formazione continua e l’e-learning è lo strumento migliore per acquisire conoscenze e nuove capacità nella quarta rivoluzione
industriale, capace di generare opportunità per oltre un milione di professionisti del digitale fino al 2020. Il segreto del professionista di oggi è quello di saper approfittare della velocità e della completezza delle informazioni diffuse via web, aggiornando obiettivi e valori sulla base della trasformazione che la tecnologia ha portato nelle nostre vite. Non a caso le parole chiave “aggiornare” e “formare” sono anche gli obiettivi di Agenda Digitale per la PA, che si basa sui principi del long life learning per la formazione e la qualificazione umana e professionale dei dipendenti. Una curiosità? Secondo una ricerca Accenture, le competenze digitali non solo sono fondamentali nel lavoro e nella carriera, ma anche favoriscono la parità di genere e l’e-learning è oggi lo strumento migliore per acquisirle. Pensiamo, ad esempio, al ruolo fondamentale della scuola per cui già gli alunni delle scuole primarie italiane sono inseriti nel Piano Nazionale della Scuola Digitale. Oppure alla necessità per ogni professionista di formarsi durante tutto l’arco della vita, grazie all’e-learning, che diventerà piano piano il modo migliore per acquisire nuove conoscenze. Settembre, quindi, come tutti i nuovi inizi, ci vede ripartire tra mestieri e occupazioni classici e nuove professioni digitali, tutte accomunate dal potente alleato dell’e-learning per cavalcare il cambiamento e agevolare la crescita personale della persona. Vantaggi e svantaggi dell’e-learning Sappiamo tutti come seguire webinar e corsi di formazione dal proprio computer sia una comodità e permetta di risparmiare tra spostamenti, benzina e tempo. Prima di vedere, quindi, gli svantaggi e vantaggi dell’e-learning ricordiamo come con questo termine di intende comunemente una forma di apprendimento online grazie all’uso di Internet e delle nuove tecnologie multimediali. I 5 principali vantaggi di questo sistema si possono riassumere come segue: 1. condivisione dei contenuti tra persone anche a grande distanza tra loro; 2. possibilità di personalizzare i tempi di apprendimento e solo quello che serve; 3. possibilità di consultare i materiali online; 4. costi inferiori rispetto alla formazione tradizionale; 5. lezioni semplici e di maggiore impatto grazie all’uso di audio, animazione e video al posto della tradizionale dispensa cartacea. Scopri il nuovo numero > #ripartItalia I 4 principali svantaggi di questo sistema sono, invece: 1. assenza dell’interazione fisica con il docente; 2. maggiore importanza agli elementi multimediali, rispetto al testo della spiegazione; 3. mancanza dell’aspetto sociale e relazionale della formazione; 4. mancanza della competizione con altri studenti.
Oggi, tuttavia, la nuova formazione si fa online dato che una metodologia come l’e-learning sta al passo con le esigenze dell’insegnamento moderno, assicura maggiore flessibilità e permette a tutti di avere accesso all’istruzione. Una nuova tendenza: lo YouTuber diventa formatore Nella formazione online stiamo da poco assistendo a un nuovo modello di business, in cui lo YouTuber diventa formatore offrendo corsi di qualità, capaci di recuperare quel rapporto umano che manca nel mondo dell’elearning e monetizzando una community di nicchia. Sono così nate piattaforme di elearning come Docety, piattaforma fondata da Palmieri, con i colleghi Mario Palladino e Michele Forlante grazie a un progetto di crowdfunding e che si basa sul rapido sviluppo del mercato della formazione online, cresciuto lo scorso anno del 17%. Un settore vincente, che potrà ricevere una spinta in più dall’intrattenimento e dal coinvolgimento di un pubblico più numeroso e fidelizzato, che cerca nuovi modi per acquisire competenze e know how. Penso, ad esempio, al canale Barbaroffa di Arnaldo Pangia dove si discute di attualità e comunicazione e che ha già ottenuto 70mila follower su YouTube, attirati anche dai corsi di lingue straniere ed esposizione. Gli influencer su Docety guadagnano dai 20 ai 30 euro orari e in una settimana raggiungono e superano quello che ottenevano da un mese di produzione video, ma su YouTube ci sono anche i corsi faccia a faccia. Un nuovo mondo che i giovani sanno utilizzare per acquisire conoscenze nei settori di loro interesse in modo innovativo o proporle ad altri studenti e un mondo in cui anche l’Italia deve entrare, proprio ora che le scuole hanno riaperto e milioni di studenti sono di nuovo sui banchi.
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marketing, comunicazione e PR intervistati. Influencer marketing: perché non si tratta di un fenomeno passeggero Da cinque anni Launchmetrics pubblica il report annuale sullo stato dell’influencer marketing e nel corso del tempo la digitalizzazione ha portato a sempre nuove sfide e opportunità, dato che il percorso di acquisto del consumatore è cambiato, costringendo i professionisti a dover trovare nuovi strumenti per rivolgersi ai potenziali clienti. A differenza di quanto si poteva pensare l’influencer marketing non è stato un fenomeno passeggero, anzi è una delle principali strategie di marketing a disposizione delle aziende che lavorano nel settore della moda, grazie al cosiddetto “fattore autenticità”. Proprio il fatto che l’influencer marketing permetta alle aziende del settore della moda di incrementare l’awareness e fidelizzare i clienti ha portato ad un aumento di questa tipologia di campagne dell’80% solo questo anno, anche se la sfida è oggi adottare strategie omnichannel. Non solo: oggi le aziende della moda puntano sempre di più su un target giovane e usano il potere degli influencer per incrementare le vendite, orientandosi anche sui cosiddetti micro- influencer, che possono contare su una maggiore autenticità. Un segnale del fatto che i brand
hanno compreso l’importanza di essere autentici. Puntare ai giovani per generare vendite e migliorare la brand awareness Oggi i brand della moda usano l’influencer marketing per cercare di raggiungere le generazioni più giovani, sia la generazione Z sia i Millennials, dato che si tratta di un target piuttosto ampio. Proprio i brand della moda di lusso e della cosmetica puntano alla generazione Z, usando proprio la tecnica dell’influencer marketing per aumentare le vendite, come accade nel 76% dei casi. Eppure molte aziende rispondono ancora come gli influencer siano essenziali soprattutto per aumentare la brand awareness, anche se si riscontrano ancora difficoltà nella gestione del workflow (56% dei casi). Scopri il nuovo numero: Moda in Italy Questo dato mostra come gli intervistati facciano ancora fatica a gestire le collaborazioni con gli influencer, soprattutto per la mancanza di strumenti scalabili per la creazione di contenuti e la gestione dei contatti e dei pagamenti. Influencer marketing: per misurarlo non bastano più le metriche social Sembra paradossale, eppure l’83,4% dei professionisti di marketing si affida ancora oggi alle metriche social per misurare le performance delle campagne di influencer marketing, come
emerge dal report di Launchmetrics. Eppure, dato anche il fatto che le campagne stanno diventando sempre più omnichannel, queste metriche non sono più sufficienti ad analizzare le prestazioni. Confrontando più canali, i brand possono ottenere una visione completa degli insights e delle prestazioni della loro campagna di marketing, oltre ad identificare la tipologia di influencer più adatta a raggiungere il pubblico di riferimento. Concludo questa breve analisi del 5° report annuale sullo Stato dell’Influencer Marketing dicendo che, chi volesse leggere il contenuto completo, troverà anche al suo interno case studies di influencer leader come Chiara Ferragni e Fendi e avrà così a disposizione alcuni modelli a cui ispirarsi per le sue campagne di influencer marketing. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Stai tranquillo, anche noi odiamo lo spam! Da noi riceverai SOLO UNA EMAIL AL MESE, in concomitanza con l’uscita del nuovo numero del mensile. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
50 anni dallo sbarco sulla Luna: come è stato festeggiato l’evento in Italia Luglio 1969-Luglio 2019: cinquant’anni fa l’uomo metteva piede sulla Luna e il mondo intero si fermava per vedere quello storico passo dell’umanità, mentre chi non era ancora nato l’ha rivissuto in documentari, film e mostre. Sicuramente l’iniziativa più interattiva è quella di Milano, che ha messo a disposizione dei cittadini uno speciale visore con cui decollare, allunare e poi tornare sulla Terra all’interno del MoonParty. A Palermo, invece, gli aspiranti astronauti hanno potuto indossare la tuta e farsi un selfie sulla Luna, un’iniziativa questa che dimostra la forza delle iniziative pubblicitarie e di marketing anche in occasione di ricorrenze storiche come questa. Nella Capitale, invece, si è potuto guardare il satellite con un telescopio e, allo stesso tempo, ammirare i disegni di Galileo Galilei, incontrare gli astronauti e far divertire i bambini in speciali laboratori didattici. Questi sono stati, però, solo alcuni degli appuntamenti italiani dedicati al ricordo di un evento indimenticabile, dato che ogni città dalla Sicilia al Veneto, ha organizzato iniziative dedicate allo sbarco sulla Luna, avvenuto ormai cinquanta anni fa. Il ricordo della missione dell’Apollo 11 Appena messo piede sulla Luna, la prima cosa che fece Neil Armstrong fu pronunciare la storica frase “Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per l’umanità” e così la notte tra il 20 e il 21 luglio 1969 rimase per sempre impressa nella memoria come la data dell’allunaggio. Un evento storico, a cui assistettero in diretta TV ben 20 milioni di persone in Italia e 900 milioni in tutti il mondo, incollati agli schermi per quasi 24 ore a guardare la missione dell’Apollo 11, ben 384 mila chilometri sopra le loro teste. Il 20 luglio è stata quindi la giornata del ricordo di quel giorno magico e, come detto, sono state davvero tante le mostre, le rassegne e le proiezioni cinematografiche e i concerti. Tanti anche i nasi all’insù per ammirare una notte il satellite e il cielo stellato con i telescopi messi a disposizione da aziende e istituzioni e rivivere le emozioni provate da molti nel 1969. Scopri il nuovo numero > Spazio: ultima frontiera Tante anche le testimonianze di chi c’era, gli oggetti del tempo e lo studio di come la Luna abbia da sempre ispirato artisti, pittori, registri e scrittori di tutti i secoli, fin dagli albori della civiltà. Come scrisse Haruki Murakami: “Quel satellite era sempre stato un prezioso alleato del genere umano. La sua luce era un regalo caduto dal cielo. Prima del fuoco, degli attrezzi, del linguaggio, la luna rischiarava il buio del mondo
e calmava la paura degli uomini. Le sue fasi avevano insegnato agli umani il concetto di tempo”. Il ricordo dell’allunaggio a Palazzo Blu a Pisa Venerdì 19 luglio è stata organizzata a Palazzo Blu una serata evento per rievocare la missione Apollo alla presenza di ospiti importanti come Marco Cattaneo, direttore di National Geographic, Paolo d’Angelo, esperto di Astronautica e Luca Perri, dottorando in astrofisica e divulgatore di scienza. La serata sarà dedicata a filmati d’epoca, giornali, testimonianze e altro per rievocare lo sbarco sulla Luna raccontando dettagli e curiosità inedite di quei cinque giorni che portarono l’Apollo 11 sul Mare della Tranquillità, nella notte tra il 20 e il 21 luglio 1969. Un evento vissuto in bianco e nero sulla televisione, da mettere a confronto con i progetti futuri delle agenzie spaziali di mezzo mondo che stanno lavorando per replicare, a breve, l’allunaggio. La serata è stata anche l’occasione per salutare Luca Parmitano, sui social @astro_luca, che proprio il 20 luglio partirà per la Stazione Spaziale Internazionale con la missione Beyond. Per la serata Palazzo Blu è stato aperto fino alle 24 e i cittadini e turisti hanno potuto visitare la mostra “Explore, Sulla Luna e oltre”. Non ci resta che aspettare il nuovo allunaggio e seguire con il naso all’insù le imprese degli astronauti in orbita sulle nostre teste da sempre. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Stai tranquillo, anche noi odiamo lo spam! Da noi riceverai SOLO UNA EMAIL AL MESE, in concomitanza con l’uscita del nuovo numero del mensile. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
Native Advertising: dalla nascita alle previsioni per il 2020 Parlare di Native advertising significa parlare di una pubblicità su Internet che ha l’obiettivo di attirare gli interessi degli utenti, mimetizzandosi letteralmente all’interno del sito su cui è ospitata per migliorare la user experience. Nel Native advertising, quindi, il contenuto si mimetizza sia dal punto di vista grafico, sia dal punto di vista dei contenuti, che devono essere pertinenti con il sito in cui vengono inseriti. Ad esempio si parla di pubblicità nativa quando si propone una pubblicità di scarpe da calcio in un articolo che parla di una partita o un calciatore. Un po’ di storia del Native Advertising Oggi fare native advertising è una pratica comune per le aziende e la pubblicità nativa è la migliore risposta alla banner blindness, ovvero la capacità dell’utente di non vedere i contenuti pubblicitari delle pagine web che visita, diventando così indifferente a promozioni e offerte. Si tratta di un fenomeno in costante espansione e, quindi, ogni azienda deve studiare nuove forme di pubblicità per stimolare interesse ed engagement del pubblico di riferimento. Proprio questa tecnica diventa, quindi, particolarmente efficace dato che il contenuto sponsorizzato è immerso nel contenuto editoriale. Per approfondire: ■ L’importanza del piano e del calendario editoriale nel content marketing. Parlare della storia della pubblicità nativa significa risalire al 2008 con il primo investimento significativo da parte del gruppo editoriale Gruner + Jahr, che acquisisce Ligatus, pionieri del native adv. Nascono, successivamente, negli USA piattaforme per gestire la pubblicità nativa per sti diversi come Nativo e Sharethrought, con Dan Greenberg, che per primo parla di native advertising così come viene definito oggi. Si sviluppano poi, via via negli anni, altre piattaforme come WP BrandConnect e Forbes’ Brandvoice e dal 2013 questa forma di pubblicità innovativa compare anche sul New York Times. Nello stesso anno lo IAB (Internet Advertising Bureau) pubblica il Native Advertising Playbook, il primo documento ufficiale sul Native Advertising. Differenze tra Native Advertising e Content Marketing Forse, a prima vista, potresti pensare che pubblicità nativa e content marketing siano la stessa cosa, ma non è così. Ricordiamo, infatti, che il content marketing ha come finalità l’informazione ed è più simile al giornalismo online, che alla scrittura promozionale e commerciale. Per questo possiamo dire che il native advertising è comunicazione commerciale e il content marketing va, invece, oltre l’interrruption marketing fornendo contenuti utili e informativi.
Scopri il numero: “Tutto è Comunicazione” Differenze tra Native Advertising e pubblicità tradizionale Dietro la pubblicità nativa c’è il modo di pensare del consumatore, trattandosi di una pubblicità contestuale e ottenendo pertanto maggiore attenzione negli utenti online. Ormai i banner e le pubblicità invadenti non sono più efficaci in termini di persuasione e conversioni e il Native Advertising è una strada che tutte le aziende devono perseguire. Differenze tra Native Advertising e il pubbliredazionale Chi legge una pagina web è interessato all’argomento e, di conseguenza, sarà interessato anche alla pubblicità. Si parla, in questo caso, di pubbliredazionali come contenuti pubblicitari inseriti tra i post dei blog come articoli a sé stanti. Il contenuto del Native Advertising, allo stesso modo, si inserisce con naturalezza nella conversazione sui social media o nella pagina web per parlare al lettore, senza distinzione con il contenuto editoriale. I vantaggi del Native Advertising La caratteristica di integrarsi perfettamente nel contesto in cui è inserita, fa della pubblicità nativa il principale strumento di web marketing delle aziende moderne, con l’obiettivo di creare engagement con il pubblico. Non essendo una forma di pubblicità interruttiva, si tratta di un ottimo strumento di marketing da inserire in ogni strategia di marketing, ancor più delle tradizionali campagne di PPC (Pay Per Click). Si tratta di una tecnica pubblicitaria da adottare soprattutto se sul sito ci sono contenuti gratuiti e di qualità, da intervallare a contenuti di native adv. Ecco alcuni dati a supporto di questa strategia: ■ un annuncio nativo ha il 53% in più di visualizzazioni rispetto alla pubblicità tradizionali; ■ l’intenzione di acquisto aumenta del 18% in seguito a questa tipologia di annunci. Le aspettative del Native Advertising per il 2020 Yahoo e Enders Analysis hanno fatto uno studio denominato “Native Advertising in Europe to 2020” che analizza le stime di crescita del Native Advertising nel 2020: ■ l’aspettativa di crescita è pari al 156% nei prossimi 5 anni; ■ entro il 2020 il Native Advertising sarà il 52% di tutta la pubblicità del display advertising in Europa; ■ entro il 2020 l’investimento in Native Advertising sarà pari al 8,8 milioni di euro in Europa; ■ nel 2020 si arriverà a 6,3 miliardi di euro da investire in social network native advertising; ■ i marketers nel 2020 spenderanno 5,1 miliardi di euro in video in-stream, contro i 2,4 miliardi del 2015. Nel dettaglio il native advertising è la soluzione ideale per gli editori che possono differenziare l’offerta pubblicitaria da proporre ai clienti, andando oltre banner e annunci. Per le agenzie, invece, è una forma di pubblicità più efficiente da proporre ai clienti al posto della pubblicità
tradizionale e, soprattutto, evita l’ad blocking non essendo rilevata dai software. Conclusioni Fare Native Advertising è una soluzione win win per il mercato, che rende più efficiente l’investimento pubblicitario per i professionisti dell’adv, offre maggiore valore agli editori ed è di maggiore valore per gli utenti. Inoltre è perfetta per un contesto caratterizzato da smartphone e tablet e proprio la diffusione crescente dei dispositivi mobili è stata e sarà uno dei motivi alla base della crescita del native advertising. Ti è piaciuto? Cosa ne pensi? Faccelo sapere nei commenti. Rispondiamo sempre. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Stai tranquillo, anche noi odiamo lo spam! Da noi riceverai SOLO UNA EMAIL AL MESE, in concomitanza con l’uscita del nuovo numero del mensile. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter La moda, uno dei driver della Circular Economy. Oggi l’economia circolare o Circular Economy è un tema imprescindibile per aziende e istituzioni, dato il continuo fabbisogno di materie prime che si trasformano in una quantità di rifiuti che continua ad aumentare, con tutte le problematiche e i rischi per la salute che ne derivano. Nel mondo di oggi aziende, governi e istituzioni devono confrontarsi sul tema, come affermato da James Pennington al World Economic Forum, per agevolare quei brand più propensi ad innovare e adottare policy di sostenibilità, tra cui l’adesione a iniziative di Circular Economy.
Ad una sempre minore disponibilità di risorse si contrappone, infatti, una crescente domanda di beni e servizi e si stima che entreranno sul mercato 3 miliardi di nuovi consumatori entro il 2030. In questo contesto in Europa, già nel 2015, è stato avviato il pacchetto sulla circular economy, ovvero azioni e misure relative al ciclo di vita del prodotto e di cui la gestione dei rifiuti è solo una piccola parte. Per quanto riguarda, invece, l’Italia abbiamo l’emissione, sempre nel 2015, del Collegato Ambientale alla Legge n.221/2015, che afferma l’importanza degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Come si inseriscono quindi i brand e le aziende della moda nel nuovo modo di intendere l’economia e, in particolare, nei modelli di Circular Economy? La moda e la circular economy Il Italia il settore della moda ha, oggi, un peso rilevante dato che esporta prodotti di alta qualità, caratterizzati dalla specializzazione sul lusso e dalla produzione concentrata nei distretti. Nell’ambito della moda i modelli di economia circolare aprono prospettive interessanti, che vanno ben oltre la sostenibilità, dato che la circular economy porta alle aziende anche vantaggi finanziari. In particolare, gli attuali modelli di economia circolare aumentano la redditività di chi opera nel settore della moda e il rating delle aziende che hanno certificazioni ambientali. Per approfondire ■ Leggi il numero dedicato all’ambiente e allo sviluppo sostenibile: “Eco-Sistema” Pensiamo anche alle opportunità di mercato per start up come Orange Fiber, che valorizza le materie prime seconde, ossia i rifiuti recuperati da trasformare in una nuova materia prima. In particolare Enrica Arena e Adriana Santanocito sono le due giovani imprenditrici siciliane che hanno trasformato gli scarti delle arance siciliane in una materia prima seconda da impiegare in ambito tessile. Abbiamo anche il caso inverso, ovvero di scarti tessili diventati materia prima seconda per produrre materiali isolanti, come nel caso di Manifattura Maiano di Sara Casini. In generale, quindi, anche nella moda italiana la circular economy ha fatto il suo ingresso e comincia ad avere un ruolo da protagonista. Allo stesso tempo, aziende, governi e istituzioni stanno educando i consumatori di oggi e di domani a consumate prodotti riciclati o ottenuti da materiali di scarto, dato che ogni consumatore deve essere “investitore del proprio futuro”. Creare una nuova generazione di clienti consapevoli delle loro scelte di acquisto e consumo è anche compito dei retailer, come sottolinea Cecilia Takayama di Kering Group, che devono mettere il consumatore nella condizione di fare sempre un acquisto consapevole. I vantaggi dell’economia circolare per le aziende Adottare un modello di circular economy permette alle aziende della moda di risparmiare, oltre a portare a notevoli benefici per l’ambiente. Innanzitutto il riutilizzo e il recupero delle risorse aiuta
l’ambiente, ma soprattutto riduce i costi del trattamento e smaltimento di qualcosa che, se non riutilizzato come materia prima seconda, sarebbe un semplice rifiuto. Moda circolare: il progetto “The Time is Now” Pochi sanno che la sola industria tessile consuma il 20% dell’acqua globale e genera il 10% delle emissioni di CO2, ponendosi al secondo posto in termini di impatto ambientale dopo il settore petrolifero. Non è tutto: solo negli ultimi 15 anni il consumo di fibre tessili mondiale ha registrato una crescita del 68%, di cui l’85% del totale finisce in discarica. Ecco perché è stato avviato il progetto “The Time is Now” da parte del Consorzio Detox e Greenpeace Italia in collaborazione con l’Istituto Europeo di Design. Obiettivo è la promozione di un modello di produzione tessile in linea con la circular economy e la formazione dei futuri designer di moda, sensibilizzandoli sul tema della sostenibilità. 16 studenti dei corsi di Fashion Design e Fashion Stylist sono stati selezionati per creare in collaborazione con Greenpeace e il Consorzio Detox 5 capsule collection eco-friendly di moda maschile, che saranno presentate a Pitti Immagine Uomo il prossimo giugno. Possiamo quindi dire che anche la moda italiana ha a cuore la sostenibilità ambientale, anche se far diventare la circular economy una norma piuttosto che un’eccezione è un processo ancora molto lungo. Resta aggiornato sulle nostre pubblicazioni e sulle ultime novità dal mondo del marketing e della comunicazione. Stai tranquillo, anche noi odiamo lo spam! Da noi riceverai SOLO UNA EMAIL AL MESE, in concomitanza con l’uscita del nuovo numero del mensile. Nome Cognome Email * Consenso Consentici di usare i tuoi dati Qui, se vuoi, puoi consultare la nostra Privacy Policy Iscriviti alla newsletter
Design ed emozioni: il segreto del negozio fisico di successo. Se c’è chi pensa che la costante crescita dell’ecommerce non lasci spazio ai negozi fisici, deve ricredersi. In Italia sta accadendo tutto il contrario e, anche se l’ecommerce dal 2008 ha registrato una crescita media del 16% annuo, l’impatto reale delle transazioni online è pari solo al 6%. Possiamo quindi dire che, anche se l’ecommerce è il trend del retail, proprio il mondo digitale apre la strada al successo dei negozi fisici tradizionali, che hanno scoperto come puntare su sensorialità, emozioni ed user experience per avere successo. Quello che manca all’esperienza dello shopping online è, per gli italiani, il design e l’esperienza di acquisto in uno spazio unico: una progettazione del negozio che comincia dalle vetrine per poi continuare al suo interno tra strutture, percorsi specifici, scelta di colori e materiali. Si tratta dei caratteri distintivi di ogni retailer. L’importanza del marketing esperienziale e della semiotica Il processo d’acquisto nel negozio fisico si basa su stimoli percettivi, sensoriali ed emozionali ed è il marketing esperienziale il vero campo di battaglia su cui ogni giorno si scontrano retailer tradizionali e gestori di ecommerce. L’arma migliore per il successo è, in questo caso, la semiotica, dato che uno spazio fisico destinato alla vendita è “costruito” ad hoc proprio come un testo. Il trade marketing fino a poco tempo fa si basava sulla natura oggettiva del percorso di vendita, realizzato in base alle caratteristiche tecniche, spaziali e quantitative ovvero corridoi e scaffali. Un’analisi semiotica del punto vendita lascia, invece, spazio alla componente immateriale e si basa sulla user e shopping experience del consumatore, mettendo in relazione qualcosa di presente con qualcosa di assente: si tratta del fenomeno della significazione. Un negozio fisico si basa su colori, profumi e suoni per creare un percorso di vendita coerente. Facciamo un esempio pratico. Il tone of voice grafico e testuale del negozio fisico Proprio avviene nella comunicazione online, anche il negozio fisico ha un suo tone of voice grafico e testuale, che si esprime con le scelte di design: avvolgente, informale, asimmetrico, e così via. Il designer lavora anche su font, accoglienza del personale, modalità di esposizione dei prodotti e possibilità di interagire con essi grazie ai cinque sensi. Questi sono, però, solo alcuni degli elementi in gioco, ma ogni cosa deve avere un legame con i valori profondi del brand per competere e fare la differenza rispetto all’ecommerce. Due casi di successo da prendere ad esempio Sicuramente quelli appena esposti sono concetti di difficile comprensione se non si vedono nel concreto e, per questo, voglio descrivervi due casi di successo: l’esempio di Rose Bikes in Germania e Adidas Knit for you a Berlino.
1. Rose biker – Bocholt (Germania) È questo il caso di un’azienda di famiglia con 100 anni di storia specializzata nel commercio di biciclette e accessori per biciclette e che ha deciso di puntare sulla customer experience e arricchirla: oggi i clienti possono provare e personalizzare il design dei prodotti, grazie all’integrazione vincente di canali fisici e digitali. La cross-canalità e la personalizzazione sono alla base del percorso d’acquisto costruito per i clienti: online si inizia a configurare la bici ideale per poi continuare a realizzare il design personalizzato in negozio o, viceversa, si inizia in negozio e si termina a casa su PC, tablet o smartphone. Chi entra in negozio trova anche schermi di configurazione collegati ad iPad per vedere la bici creata a grandezza reale. Per approfondire: ■ Italian Design (un numero interamente dedicato al mondo design e all’arredo) Inoltre è possibile testare i prodotti in negozio, come pompe, GPS e le luci, in una apposita camera al buio oppure gli occhiali in un tunnel del vento realizzato ad hoc. Sicuramente si tratta di una user experience ben diversa da quella offerta da un ecommerce online! 2. Adidas Knit For You – Berlino La personalizzazione del proprio capo di design è anche alla base di un progetto di open innovation guidato da Adidas per ridurre gli sprechi produttivi e aumentare la soddisfazione dei clienti. Il punto vendita si trova nel centro commerciale Bikini di Berlino, che da subito ha invitato retailer, brand famosi e startup a proporre concept innovativi. Proprio qui Adidas ha proposto Knit for You, per la personalizzazione dei maglioni in lana realizzati al momento dal consumatore e prodotti in sole due ore. Un progetto di Open Innovation realizzato da Storefactory, in cui Adidas ha collaborato con due università tedesche e due società private per testare la produzione flessibile nel processo d’acquisto. Il cliente disegna nel negozio il maglione personalizzato e lo prova grazie a un body scanner innovativo, analizzando con proiezioni dinamiche le reazioni dei disegni al movimento dei clienti. Il processo è davvero coinvolgente e veloce, dato che è assistito in ogni fase del design e produzione del maglione. Non mancano i vantaggi per l’ambiente: meno inquinamento legato alla logistica e ai trasporti e meno sprechi dovuti a stoccaggio e eccessi di produzione. Conclusioni Gestire con successo un negozio fisico significa tenere a mente 5 trend: personalizzazione, interazione diretta tra il cliente e le nuove tecnologie, uso dell’intelligenza artificiale per migliorare la customer experience, store design e marketing esperienziale, rivoluzione del modello di business tradizionale. In particolare ci attendiamo una nuova nascita e crescita per l’artigianato italiano e tante sono le startup al lavoro per rilanciare il retail offline.
Qual è la tua opinione in merito? Quali sono le idee di franchising migliori per il 2019 Anche per il 2019 si prevede che sempre più giovani e meno giovani sceglieranno di aprire in franchising, dato che nonostante l’incertezza e l’instabilità dell’economia italiana, il desiderio di avviare un’attività imprenditoriale è ancora molto alto. Si tratta di una tendenza che accomuna soprattutto i più giovani, che vedono nel lavoro un modo per gratificarsi, rendersi autonomi ed esprimere al massimo le proprie capacità e potenzialità. Sempre più spesso, infatti, sono proprio i giovanissimi imprenditori a saper avviare e condurre al successo attività innovative, generando importanti fatturati capaci di far rientrare dall’investimento iniziale in un solo anno. Il segreto sta non solo nelle capacità e competenze del team e dell’imprenditore, ma soprattutto nella capacità di studiare il mercato, pianificare l’attività e creare un prodotto e servizio che sia allo stesso tempo richiesto e molto innovativo. Le idee di successo nell’ambito del franchising
Molti casi di successo sono legati proprio al franchising, dato che chi ha avviato un’azienda valida e redditizia tende a creare una propria rete di franchising, per permettere ad altri imprenditori di affermarsi sul mercato. Il franchising è un modello di business che conviene sia alla casa madre sia all’affiliato dato che i costi di avvio e gli oneri di gestione vengono distribuiti ed è sicuramente più semplice espandere un brand già collaudato. Infine, far parte di una rete di franchising estesa a livello nazionale e locale permette di ridurre i prezzi delle forniture. LEGGI ANCHE: ■ Cercare il lavoro nell’era di LinkedIn, di Google e del digitale: guida e consigli pratici. ■ L’evoluzione del mercato del lavoro nel marketing e nella comunicazione (digitale). Intervista a Cristiano Carriero. Quali sono le idee più originali che caratterizzano oggi il settore del franchising? Quali i mercati più redditizi del momento e a minore concorrenza? Scopriamolo assieme. 1. La diffusione dei bubble tea Questa bevanda nasce a Taiwan negli anni Ottanta e si tratta di uno snack dring in piena regola, che non solo si beve ma anche si mastica. Gli ingredienti tradizionali dei bubble tea sono il tè nero, il latte e le perle di tapioca dal sapore simile alla liquirizia e lo snack è privo di glutine. Da poco è arrivato in Occidente e americani e tedeschi se ne sono già innamorati, ma anche a Milano e Roma molti bar lo servono e sono nati locali dedicati. Si tratta di una vera rivoluzione nel mondo del beverage e un trend davvero irrinunciabile e in Italia sono nate le prime reti di franchising per aprire bubble tea shop, con prodotti originali. 2. La tradizione del Bed&Breakfast Si tratta di una scelta tradizionale che si conferma ancora una delle più redditizie per chi vuole aprire un’attività ricettiva anche nel 2019. Le tendenze dei viaggiatori moderni sono cambiate, così come le loro abitudini, e aprire un B&B low cost con un brand in franchising per offrire convenienza, comodità e pasti tipici è un’iniziativa di sicuro successo. 3. Cannabis Light Shop: il franchising di tendenza Dal 2017 la cannabis light è un trend inarrestabile e anche nel 2019 il mercato non sarà affatto saturo. In particolare avranno successo coloro che, soprattutto nelle grandi città, sceglieranno di aprire un franchising che combina il tradizionale coffee shop con la vendita di cannabis light. La canapa, infatti, sarà sempre più spesso l’ingrediente base di dolci e caffè aromatizzati. 4. Estetica maschile e barber shop Le moderne reti di franchising offrono anche la possibilità di aprire barber shop moderni, ovvero
locali dedicati al benessere e all’estetica maschile, che si confermano una tendenza di grande successo anche per il 2019. 5. Soluzioni ristorative originali Seppure altamente concorrenziale, anche il mercato della ristorazione si presenta come un investimento sicuro, soprattutto per chi vuole entrare nel settore aprendo con una rete di franchising. Nel 2019 domineranno la scena le polpetterie, i ristoranti ambulanti e lo street food gourmet, ma anche i locali capaci di proporre i prodotti tipici delle varie regioni. 6. L’home delivery Continua, infine, la crescita del settore dell’Home Delivery, che comprende oggi diversi settori e servizi, come la consegna a domicilio di cibo (food delivery), medicinali e spesa alimentare, colazioni, ma anche vini e birre o ancora cocktail ricercati. Tutte idee di franchising di sicuro successo per il 2019. Scopri il nuovo numero dedicato al mondo del lavoro: ■ Work in progress Perché aprire in franchising: tutti i vantaggi. Sicuramente aprire in franchising presenta alcuni importanti vantaggi rispetto all’avvio di un’attività imprenditoriale totalmente autonoma, tra cui: ■ Aspetto economico: anche se è richiesto un investimento iniziale, i costi sono nettamente inferiori rispetto all’apertura da zero dell’attività e i profitti possono crescere in modo esponenziale già dai primi mesi, con marginalità di tutto rispetto; ■ Formazione e supporto: l’affiliato può contare sull’esperienza nel settore della casa madre senza dover acquisire in autonomia le competenze di settore; ■ Esperienza: aprire in franchising significa non solo mettere a frutto la propria esperienza, ma acquisirne sempre di nuova anche in ambiti diversi e necessari allo sviluppo dell’attività come marketing, economia, e così via. Il mondo del lavoro è oggi in continua evoluzione, cala l’interesse di giovani e Millennials per il lavoro dipendente, mentre aumenta la ricerca di auto-imprenditorialità: aprire in franchising sarà sempre più spesso la risposta a tali tendenze. Quali saranno i nuovi franchising del 2019 oltre a quelli indicati? Staremo a vedere!
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