CAPPELLA NEAPOLITANA ANTONIO FLORIO - Associazione ...

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CAPPELLA NEAPOLITANA ANTONIO FLORIO - Associazione ...
SABATO 13 FEBBRAIO 2021
                    DOMENICA 14 FEBBRAIO 2021
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     CAPPELLA
     NEAPOLITANA
ANTONIO
FLORIO
direttore
Alessandro Scarlatti (1660–1725)                                        AGAR ET ISMAELE: IL PRIMO ORATORIO DI ALESSANDRO SCARLATTI
    Agar et Ismaele esiliati, oratorio a 5 voci
                                                                            Dinko Fabris

    Valeria La Grotta soprano		           Sara
    Giulia Lepore soprano 		              Ismaele
    Aurelio Schiavoni contralto           Agar
    Roberto Gaudino basso 		              Abramo
    Francesco Divito soprano              Angelo

    Antonio Florio direttore

    Cappella Neapolitana
    violini primi                                   contrabbasso
    Alessandro Ciccolini primo violino              Giorgio Sanvito
    Patrizio Focardi
    Massimo Percivaldi                              clavicembalo
                                                    Luigi Trivisano         Nella prima fase della storia dell’oratorio musicale, che si svolse irradian-
    violini secondi                                                         dosi principalmente da Roma in tutti i territori cristiani durante il Seicento,
    Marco Piantoni                                  organo                  i testi erano basati quasi esclusivamente sulla Bibbia o su storie di santi
    Nunzia Sorrentino                               Angelo Trancone         (fornite dalla Leggenda aurea). Alle storie bibliche attingono direttamente
    Giuseppe Guida                                                          Agar et Ismaele e Giuditta, due tra i primi titoli di oratori composti da Ales-
                                                    tiorba                  sandro Scarlatti nell’ambito di un decennio cruciale, quello compreso dal
    viola                                           Pierluigi Ciapparelli   1683 al 1693 che vide il trasferimento da Roma a Napoli del ventitreenne
    Rosario Di Meglio                                                       palermitano al seguito del viceré Del Carpio e il suo rapido inserimento al
                                                                            vertice del sistema musicale della capitale meridionale. Dopo l’esecuzio-
                                                                            ne da parte dell’orchestra Cappella Neapolitana diretta da Antonio Florio
    violoncello                                                             di Giuditta (composta a Napoli nel 1693 ma su committenza romana), ad
    Jorge Alberto Guerrero                                                  inaugurazione della Stagione concertistica del Centenario della Associazio-
                                                                            ne Scarlatti Ente Morale di Napoli, oggi con gli stessi esecutori si propone
                                                                            l’esecuzione anche dell’altro oratorio, Agar et Ismaele, preziosa occasione
                                                                            per un confronto ravvicinato tra due capolavori precoci di Scarlatti. Non a
                                                                            caso il primo studioso che si occupò in maniera approfondita degli oratori
                                                                            di Alessandro Scarlatti, Lino Bianchi, volle dedicare a questi stessi due titoli,
                                                                            in successione, la prima parte del suo contributo su “L’oratorio vertice scar-
                                                                            lattiano” nel volume a più mani Alessandro Scarlatti del 1972, dopo averne
                                                                            pubblicato una prima edizione moderna, negli anni 1964-65, come primi due
                                                                            titoli della serie da lui creata degli “Oratori di Alessandro Scarlatti” per l’edi-
                                                                            tore De Santis di Roma, che si interruppe dopo il quinto volume.
                                                                                 Agar et Ismaele esiliati è il primo oratorio composto da Alessandro
                                                                            Scarlatti che si conosca: l’unica partitura manoscritta finora individuata
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reca l’indicazione “Roma. 1683”, e fu dunque completata poco prima della             insieme spensierati e osservando l’atteggiamento baldanzoso di Agar, Sara
    partenza del compositore per Napoli. Questa fonte è conservata presso la             impone ad Abramo di esiliare il figlio illegittimo con la madre, per evitare
    Biblioteca Nazionale di Vienna (Mus. Hs. 19164, proveniente dalle collezioni         di dividere l’eredità, che in ogni caso Ismaele sdegnosamente rifiuta, pre-
    della Hofkapelle viennese) e reca un frontespizio dove si legge: “AGAR, ET,          ferendo l’amore sincero del padre. Abramo sente forte l’amore paterno, ma
    ISMAELE, ESILIATI | ORATORIO À QUATTRO [in realtà: CINQUE VOCI] | PARO-              Dio lo ha avvertito che Sara ha ragione e dovrà far partire il primogenito
    LE | DEL S. GIUSEPPE DE TOTIS | MUSICA DEL S. ALESSANDRO SCARLATTI |                 per obbedienza. Lungo la strada dell’esilio Agar si rende conto che l’acqua
    Roma 1683”. Il librettista indicato nella fonte è Giuseppe Domenico de Totis,        ricevuta non è sufficiente e vede il figlio deperire fino a mostrare imminente
    membro di accademie romane come gli Umoristi, di cui facevano parte al-              la sua fine. Allora se ne allontana non sopportando di vederlo morire senza
    cuni degli autorevoli protettori di Scarlatti, a partire dal cardinale Benedetto     poter far nulla, ma a questo punto un Angelo inviato dal Signore riporta con
    Pamphilj, con cui alcune fonti di Agar giungono a scambiarlo forse per l’in-         la sua voce melodiosa la speranza: Dio vuole la sopravvivenza di Ismaele
    timità tra i due poeti. De Totis aveva già fornito al palermitano il libretto per    per un suo particolare disegno, e immediatamente appare una fonte d’ac-
    una delle sue prime commedie in musica, Tutto il mal non vien per nuocere,           qua che salva la vita al ragazzo.
    rappresentata nel 1681 per l’altra accademia degli Uniti al teatro Capranica               Ai nostri giorni il tema dell’“utero in affitto” è di una sbalorditiva attuali-
    di Roma e poi ripresa nel 1687 nel palazzo reale di Napoli per il compleanno         tà, considerato come pratica immorale e in molti paesi fuori legge, ma biso-
    della regina di Spagna. Anche dopo il trasferimento del compositore, infat-          gna considerare che nei paesi di religione musulmana è invece ancora un
    ti, de Totis continuò a scrivere libretti per opere scarlattiane rappresentate       uso giustificato da antiche leggi. Al tempo di Scarlatti e de Totis la società
    alternativamente a Napoli e a Roma. Lo stesso libretto dell’oratorio Agar et         non era stupita dai toni maschilisti delle Sacre Scritture o dalla schiavitù, al-
    Ismaele esiliati ebbe una serie di rifacimenti successivi, ripreso a Palermo         lora ancora ampiamente diffusa in Europa: noi invece dovremmo indignarci
    dalla Compagnia del SS. Rosario di Santa Zita come L’Abramo nel 1691 e poi           vedendo che nel passo biblico Agar è chiamata non solo da Sara, ma anche
    a Roma nel 1695 al Collegio Clementino col nuovo titolo di Ismaele soccor-           da colui che ne riceve un figlio, soltanto “la schiava”, essere senza nome che
    so dall’angelo, che resta nelle riprese di Firenze (Compagnia dell’Arcangelo         può essere scacciato senza un vero motivo. Il disegno divino che i com-
    Raffaele o la Scala, 1695; Compagnia della Purificazione di M. Vergine e di          mentatori della Bibbia hanno messo in evidenza è a sua volta di estrema
    S. Zanobi detta di San Marco, 1697); e ancora a Roma alla Vallicella nel 1703        attualità per le conseguenze ancora vive nel nostro tempo: separando il
    come Il sacrificio di Abramo. È significativo che il libretto per la ripresa di      figlio di Sara dal figlio di Agar, si poteva giustificare la separazione di due
    Firenze del 1695 col titolo mutato in Ismale soccorso dall’angelo rechi espli-       popoli aventi lo stesso progenitore, Abramo, stessa lingua e tradizioni: gli
    citamente sul frontespizio l’indicazione di un diverso e più autorevole libret-      ebrei, discendenti da Isacco e gli arabi, progenie di Ismaele che Agar - come
    tista (“Poesia dell’Eminentissimo Cardinale Benedetto Panfilio”) ma anche            spiega il seguito della storia - farà sposare con una egiziana.
    la paternità del compositore (“Musica del Signore Alessandro Scarlatti”).                  Alle motivazioni di attualità geopolitica, possiamo aggiungere altri mo-
    Accresce il mistero sulla possibile prima esecuzione romana, se avvenuta             tivi d’interesse per questo oratorio nell’essere, come abbiamo già anticipa-
    realmente nel 1683, la mancanza di un libretto a stampa con quel titolo. In          to, il primo composto da Scarlatti, ancora nell’ambiente romano dove aveva
    attesa che possano emergere nuovi documenti risolutivi, seguiremo l’indi-            esordito cinque anni prima, nel 1677/78 scrivendo sette opere in musica e
    cazione esplicita della partitura manoscritta accettando provvisoriamente            diverse cantate profane, pur essendo al servizio principalmente di istitu-
    de Totis come librettista, anche se l’attribuzione dei libretti fiorentini potreb-   zioni religiose. Non è stato chiarito per quale ambiente avesse composto
    be indicare una forma di intervento anche del cardinale Pamphilj che non             Agar et Ismaele esiliati, anzi non è neppure provato che l’oratorio fosse stato
    possiamo escludere.                                                                  eseguito a Roma nel 1683, data che figura nel manoscritto viennese ma che
         Al contrario di quanto avvenuto con Giuditta, il racconto biblico di Agar       potrebbe riferirsi alla composizione. Lino Bianchi nel suo studio citato del
    e del figlio illegittimo di Abramo Ismaele non ebbe una vera diffusione tra i        1972 proponeva l’ambiente del musicofilo cardinale Benedetto Pamphilj, per
    grandi compositori del tardo Seicento. La fonte della trama è nel primo libro        il tramite del poeta a questi legato de Totis, ma senza prove documentarie.
    della Bibbia, Genesi capitoli 16 e 21, ripresa da de Totis con meticolosa fedel-     In realtà, se si volesse cercare una committenza romana dell’oratorio datato
    tà nei suoi punti salienti. La sposa di Abramo, Sara, non potendo avere figli,       1683 sarebbe più logico trovarla nel suo incarico di maestro di cappella
    nonostante la promessa di Dio non ha voluto attendere ed ha proposto al              in San Girolamo alla Carità, dal novembre 1682 almeno al settembre 1683,
    marito di utilizzare la schiava Agar per mettere al mondo un erede, Ismaele.         incarico che implicava la composizione di musiche sia ordinarie sia straor-
    Poco dopo la promessa celeste si era però realizzata e Sara pur in “cadente          dinarie per le varie occasioni festive, tra cui anche gli oratori, genere così
    età” aveva avuto un figlio da Abramo, Isacco. Vedendo i due bambini giocare          legato a quel luogo filippino.
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Scorrendo la partitura, emerge fin dall’inizio un’altra particolarità: le        ritmo puntato alla francese (l’aria prima di Agar). Una canzonetta strofica,
    tipiche due parti dell’oratorio, sono precedute da una “Sinfonia avanti l’o-          che si potrebbe accompagnare con la chitarra spagnola, è del resto l’aria
    ratorio”, ossia Scarlatti usa quella stessa formula da lui adottata sistemati-        finale dell’Angelo, intercalata da ritornelli, che riporta serenità e ottimismo
    camente per le sinfonie “avanti l’opera”, da cui sarebbe derivata l’autonoma          negli esuli che oggi chiameremmo “migranti”. Tuttavia, approfondendo l’a-
    sinfonia strumentale settecentesca. Quella di Agar et Ismaele è ancora una            nalisi è possibile individuare già in questo oratorio giovanile di Scarlatti
    forma legata alla sonata secentesca con quattro parti reali (2 violini, una           alcuni dei caratteri che diverranno quella che José Maria Dominguez ha de-
    viola da braccio alto e il basso continuo) e una successione di quattro tempi         finito “una caratteristica pervasiva del suo stile”, ossia lo sviluppo tematico
    di carattere opposto: Grave-Presto-Largo-Presto. Invece il “suono” di questa          che abbandona la semplice melodia su basso continuo per muovere cellule
    Sinfonia in Si minore di sole 85 battute ha già un mood internazionale, quale         melodiche dalle parti cantate a quelle strumentali e al basso, come avverrà
    si potrebbe trovare nelle coeve ouvertures di Henry Purcell, e non troppo             sistematicamente nella musica europea settecentesca.
    legato alla matrice romana-corelliana come ci aspetteremmo. I personaggi
    che intervengono nel dramma sono fondamentalmente quattro, ai quali si
    aggiunge l’Angelo solo nella scena finale: forse per questo il frontespizio
    del manoscritto lo indicava “a quattro”. Nella prima parte troviamo 7 arie
    soliste (2 di Sara, 2 di Abramo, 2 di Agar e 1 di Ismaele) 2 duetti e un terzetto
    (Sara-Abramo, Agar-Ismaele e Agar-Ismaele-Abramo). Nella seconda parte
    abbiamo ancora 7 arie (2 di Agar, 2 di Ismaele, 1 ciascuno di Abramo e Sara
    e l’aria finale dell’Angelo) e un solo duetto (Agar-Ismaele). A queste parti
    liriche, si aggiungono altri frammenti in stile “arioso”: per esempio nella pri-
    ma aria di Abramo della Parte I, quando rivolgendosi alla moglie che vuole
    lasciarlo intona: “Hai vinto, arresta il piè”; oppure nei moduli di lamento di
    Isacco morente e nel conseguente drammatico sfogo di Agar che dichiara
    “hai vinto”, rivolgendosi alla rivale.
         Il senso di apparente immaturità che emana dalla partitura dl ventitre-
    enne Scarlatti non deriva certamente da una scrittura semplice o ingenua,
    anzi il dominio del contrappunto più elaborato è già evidente. Tale sensa-
    zione dipende dall’abbondanza di arie accompagnate dal solo basso conti-
    nuo invece che dall’insieme degli archi, con una riduzione delle possibilità          NOTA BIBLIOGRAFICA
    emozionali e degli effetti timbrici. La derivazione da arcaiche esperienze            Agar et Ismaele esiliati edizione a cura di Lino Bianchi, Roma, De Santis, 1965 (“Ora-
    di scuola è visibile nell’ampio uso di madrigalismi (lunghi e virtuosistici           torii di Alessandro Scarlatti”, a cura di Lino Bianchi, 2)
    vocalizzi su parole come “volante”, “aquile”, “veloci” e simili, mentre dalla         David George Poultney, The oratorios of Alessandro Scarlatti: their lineage, milieu,
    cantata romana della generazione di Luigi Rossi sembra ancora derivata la             and style, Ann Arbor, The University of Michigan, 1968
    presenza di tante formule di lamento su tetracordo discendente o di pas-              Lino Bianchi, Carissimi, Stradella, Scarlatti e l’oratorio musicale, Roma, De Santis,
    sacaglia (splendida quella su cui è costruito il trio Agar-Ismaele-Abramo             1969;
    nella seconda metà della Parte I, così come tutta la sezione intorno alla             Lino BIanchi, L’oratorio vertice scarlattiano. Due capolavori, in Alessandro Scarlatti,
    seconda aria di Ismale morente nella seconda parte). Altre sopravvivenze              Torino, ERI-RAI, 1972, pp.245-315;
    di una generazione appena passata, soprattutto nell’ambiente dell’opera in            Arnaldo Morelli, Alessandro Scarlatti maestro di cappella in Roma ed alcuni suoi ora-
    musica tra Venezia e Roma che era stato rinvigorito dalla presenza di Cri-            tori. Nuovi documenti, “Note d’archivio per la storia musicale”, n.s., II, 1984, pp. 117-144;
    stina di Svezia e di Lorenzo Onofrio Colonna proprio agli esordi del giovane          Howard E. Smither, A history of the oratorio. I (1977), trad.it: Storia dell’oratorio vol.I:
    Scarlatti, sono le arie strofiche interrotte da ritornelli strumentali, quasi tutte   L’oratorio barocco. Italia, Vienna, Parigi, Milano, Jaca Book, 1986
    nella prima parte: la prima aria di Sara in do maggiore, la prima di Agar in          José Maria Dominguez, Scarlatti, Alessandro, in Dizionario biografico degli italiani,
    mi minore, la preziosa aria di Ismaele in la minore, in un cullante 6/8. Nella        vol. 91, Roma, Treccani, 2018 (leggibile online: www.treccani.it);
    seconda parte invece abbondano sezioni strofiche più ritmate, come la                 Dinko Fabris, Alessandro Scarlatti, Oxford Bibliographies, Oxford University Prss,
    canzonetta allegra di Sara, felice di aver scacciato la rivale, e in un caso con      2019 (www.https://www.oxfordbibliographies.com).

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GLI INTERPRETI

    CAPPELLA NEAPOLITANA                                     all’opera buffa per l’emittente franco-tedesca          ANTONIO FLORIO                                                Nel 2008 ha diretto al Teatro Valli di Reggio
    Fondato nel 1987 da Antonio Florio, conosciuto           ARTE (vincitore del premio UNESCO). Particolar-         Nato a Bari, riceve una formazione classica, di-         Emilia e al Mercadante di Napoli l’opera “Alidoro”
    fino al 2010 come Cappella della Pietà de’ Turchi-       mente intensa è l’attività discografica, con la re-     plomandosi in violoncello, pianoforte e compo-           di Leo, il cui allestimento, racchiuso in un DVD,
    ni, divenuto quindi “I Turchini di Antonio Florio” e     alizzazione di sette CD per l’etichetta Symphonia       sizione al Conservatorio di Bari, sotto la guida         si è aggiudicato il prestigioso riconoscimento
    nel febbraio 2016 “Cappella Neapolitana Antonio          dedicati ad inediti del repertorio napoletano ba-       di Nino Rota. Approfondisce, in seguito, lo studio       del “Diapason d’Or” e “Orphèe d’or-Paris-acca-
    Florio”, l’ensemble è costituito da strumentisti e       rocco e in più occasioni premiati dalla critica in-     degli strumenti antichi e della prassi esecutiva         demie du disque lyrique”. Insieme a quest’ulti-
    cantanti specializzati nell’esecuzione del reper-        ternazionale. Dal 1996 ha inciso per la prestigiosa     barocca. Dopo aver dato vita, nel 1987, all’en-          mo, ad Oviedo in Spagna, gli è stato attribuito il
    torio musicale napoletano di Sei e Settecento, e         etichetta Opus 111-Naive di Parigi, pubblicando 15      semble i Turchini, si dedica con pari impegno            premio “Luis Gracia Iberni” – corrispondente al
    nella riscoperta di compositori rari. L’originalità      titoli per la collana “Tesori di Napoli”.               all’attività concertistica e ad un’intensa ricerca       nostro premio Abbiati – per la Miglior Direzione
    dei programmi ed il rispetto rigoroso della pras-              Tra i numerosi riconoscimenti si segnalano        musicologica, esplorando soprattutto il reperto-         Musicale in occasione della prima esecuzione
    si esecutiva barocca, fanno di questo ensemble           il Premio 1996 del quotidiano francese Le Mon-          rio della musica napoletana dei secoli XVII e XVIII,     in tempi moderni dell’opera “Ottavia restituita al
    una delle punte di diamante della vita musicale          de, il premio “Vivaldi” della Fondazione Cini di        recuperando in quest’ambito capolavori dell’ope-         trono” di Domenico Scarlatti, presentata a San
    italiana ed europea, tanto che è stato invitato ad       Venezia, il premio “Abbiati” dell’Associazione          ra assolutamente inediti, curandone infine la pro-       Sebastian nell’agosto del 2007.
    esibirsi su palcoscenici importanti (Accademia           Nazionale Critici Musicali, il “Diapason d’Or” per      posta per i più prestigiosi teatri europei e italiani.        Ha partecipato al Festival “MITO” presen-
    di Santa Cecilia di Roma, Teatro di San Carlo, Pa-       “Li Zite’n Galera” (1999) e per “Il Pulcinella ven-          Nel 1999 e nel 2000 ha diretto l’Orchestra Sin-     tando in versione concertistica l’opera “Aci, Ga-
    lau de la Música di Barcellona, Berliner Philhar-        dicato” (2002), e “Le Cantate Spagnole” di Vinci        fonica di Santiago de Compostela, presentando            latea e Polifemo” di Händel nel Teatro dell’Arte
    monie, Wiener Konzerthaus, Teatro Lope de Vega           (2006); il Premio “Charles Cros” dell’Accademie         “La serva padrona” e lo “Stabat Mater” di Giovan         di Milano, poi nel giugno 2009 in versione sce-
    di Siviglia, Associazione Scarlatti di Napoli, Teatro    du Disque (1999), il “Timbre de Platine” per “La        Battista Pergolesi. Non meno impegnativa è la            nica, con la regia di Davide Livermore, al Teatro
    La Monnaie) e ha preso parte ai maggiori festival        Statira” di Francesco Cavalli. Con l’etichetta di-      sua attività didattica: ha tenuto seminari e ma-         Regio di Torino. Sempre nel 2009, ha presentato
    europei di musica antica: Festival Monteverdi            scografica “Glossa” hanno inciso 7 CD: “L’Adora-        sterclass sulla vocalità barocca e sulla musica          “La Partenope” di Vinci in coproduzione con il
    di Cremona, Festival di Versailles, Nancy, Nan-          zione de’ Magi” di Cristoforo Caresana (premio          da camera per il Centre de Musique Baroque di            teatro di Leon in Spagna. Nel 2010, ha diretto
    tes, Metz, Caen, Ambronay, Festival de Otoño             discografico “Christmas Choise-BBC review) e            Versailles, per la Fondation Royaumont e per il          “Orfeo e Euridice” di Fux alla Konzerthaus di
    di Madrid, Festival di Musica Antica di Tel Aviv,        “Tenebrae – musica per la Settimana Santa a             Conservatorio di Toulouse.                               Vienna, e in più occasioni l’orchestra barocca
    Barcellona, Potsdam, BBC Early Music Festival,           Napoli”, uscito ad aprile 2011, il CD “Neapolitan            È, inoltre, titolare della cattedra di Musica da    Casa da Musica di Oporto e l’Orchestra di Ga-
    Cité de la Musique di Parigi, Saison Musicale de         cello concertos” con Giovanni Sollima come              camera del Conservatorio San Pietro a Majella di         licia-La Coruna. Nel 2012 ha diretto alla Kon-
    la Fondation Royamount, Festival “Mozart” di La          solista ed autore di uno dei brani, scritto appo-       Napoli dove svolge un corso universitario sullo          zerthaus di Vienna “Dorimena e Tuberone” di
    Coruña. Ricco il cartellone delle opere portate in       sta per l’ensemble, “Il tesoro di San Gennaro”,         stile e il repertorio barocco. È direttore artistico     Francesco Conti e “Incoronazione di Poppea” di
    scena o eseguite in forma concertistica: “Il di-         Sacred Music in Early 18th Century in Naples, “I        dello “Scarlatti/Lab”, laboratorio per la musica ba-     Monteverdi al teatro Calderon di Valladolid con
    sperato innocente” di Boerio, “Dido and Æneas”           viaggi di Faustina” con il soprano Roberta Inver-       rocca a cura dell’Associazione Scarlatti di Napoli.      la regia di Emilio Sagi
    e “The Fairy Queen” di Purcell, “Festa napoleta-         nizzi (recording of the month per BBC magazi-
    na”, “La Statira principessa di Persia” (per il San      ne), “La Santissima Trinità”, oratorio di Gaetano
    Carlo), quindi “Montezuma” di Ciccio De Majo, “La        Veneziano, Domenico Gizzi, “a star castrato in
    Partenope” di Vinci in prima moderna, “La finta          baroque Roma” con Roberta Invernizzi. Il disco
    giardiniera” di Anfossi; “L’Ottavia restituita al tro-   uscito nel 2016, sempre per l’etichetta Glossa e
    no” di Domenico Scarlatti, “La Salustia” di Pergo-       dedicato alla “Passio” di Gaetano Veneziano con
    lesi, “Aci Galatea e Polifemo” di Haendel. L’ensem-      la partecipazione del Ghislieri Choir e i solisti vo-
    ble ha registrato per Radio France, per la BBC di        cali Raffaele Pe, Luca Cervoni, Marco Bussi, è il
    Londra, per la Radio belga, spagnola, tedesca e          primo con il nuovo nome: Cappella Neapolitana.
    austriaca. Nel 1998 come Turchini sono stati im-         L’edizione del festival di Ravello 2016 li ha visti
    pegnati nella realizzazione di un documentario           protagonisti nella oproduzione di “Fairy Queen”
    per la televisione belga e di un film dedicato           di Purcell, con la regia di Denis Krief.
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IL TESTO

     PARTE PRIMA                                                        fiero il rostro, e rapaci gli artigli;   con la mal nata prole                            Ismaele
                                                                        riconoscono al Sol l’Aquile i figli.     o discacciar l’Ancella rea consenti,             Padre
                                                                                                                 o che Sara disciolta
     Sara                                                    Abramo                                              dai lacci, che gli ordì sua fe costante,         Agar
     Udisti Abramo, udisti i miei dolori,                    Fia pur come t’aggrada,                             col pargoletto Isac al lido ascoso               Signor
               lungi da queste soglie                        sia d’Ismaele il core                               rivolgerà le piante.
               Agar con Ismaele il piè raggiri.              nido d’affetti rei,                                 Al suon di questi accenti                        Sara
                                                             e sia gran colpa un puerile errore;                 Tu pendi ancor dubbioso?                         Costanza, Abramo
     Abramo                                                  obliar tu non dei                                   A che sparger dal cor sospir profondi?
                Tempra, o Sara il rigor d’ingiuste voglie,   quella virtù, che nel tuo petto abbonda,            Palesa i sensi tuoi, parla, rispondi.            Abramo
                e ti muova a pietà                           la tua clemenza i falli suoi confonda.                          Caro Isac, amato figlio,             Oh Dio
                un sesso imbelle, un’innocente età.                                                                          con silenzio assai loquace,
                                                             Sara                                                            crudo padre, a duro esiglio          Agar
     Sara                                                    Chi al Ciel è in odio è di pietade indegno.                     ti condanna allor che tace.          Tratta in disparte il tuo voler intesi;
     Abramo nel tuo petto                                                                                                    Su veloci il piè moviamo             anzi del tuo volere
     prevaglia la ragion, ceda l’affetto.                    Abramo                                                          A cercar spiagge straniere,          a bastanza compresi
                                                             Si maschera di zelo ancor lo sdegno.                            troverem forse d’Abramo              esser fede, ed amor, sogni, e chimere
     Abramo                                                                                                                  più clementi ancor le fiere.         se accuse menzognere
     E qual forte cagione                                    Sara                                                                                                 distrugger ponno in così breve istante
     Somministra al tuo cor sì reo consiglio?                Sdegno non vince ov’ha ragion l’impero.             Abramo                                           Amor di padre, e fedeltà d’amante.
                                                                                                                 Ferma Sara, deh ferma ove vai?
     Sara                                                    Abramo                                                                                               A3
     Amor di Madre, gelosia di Figlio                        Scopre macchie nel Sol ciglio severo.               Sara                                                        Abramo pietà
                                                                                                                 Per sottrarsi agli oltraggi il piè s’affretta.              Di chi non errò
     Abramo                                                  Sara e Abramo a 2                                                                                               Punir non si può
     Ciò ch’al suo sdegno è sprone,                                    Con frode gradita                         Abramo                                                      Chi colpa non ha.
     freno divien, ch’al tuo voler s’oppone                            l’affetto t’inganna.                                 Non più duol, non più querele,
                                                                       Lo sdegno t’irrita                                   rasserena il mesto ciglio,            Ismaele
     Sara                                                              Con forza tiranna.                                   che d’Agar, e d’Ismaele,              Mercede ti chieggio
     Oh Dio, chi ti contende                                                                                                l’aspro esiglio
     Il decretare il desiato esilio                          Sara                                                           sarà vittima d’amore,                 Abramo
                                                                        E cieca la guida                                    dal mio core                          Il core è di scoglio
     Abramo                                                             D’un tenero amore                                   consacrato alla tua fe.
     Zelo di Genitor, pietà di Figlio.                                                                                                                            Agar
                                                             Abramo                                              Sara                                             Ascolta palesa
     Sara                                                               E scorta mal fida                        Non lungi Agar con l’empia prole io miro
     Pietà di Figlio?                                                   Ingiusto rigore.                         Temo, o consorte amato,                          Abramo
                Chi lo sguardo sublime e costanti                                                                ch’un lusinghier sospiro                         Non voglio, non deggio
                Non affissa ne’ raggi di sole                Sara                                                dolcemente esalto
                Non è prole di regio Volante,                Ascolta; Abramo, ascolta;                           estingua nel tuo cor l’affetto mio.              Ismaele
                benchè vante                                 prìa che declini in ver l’occaso il Sole,                                                            O fiero desìo!
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IL TESTO

     E pure son’io                                 Ismaele                                                         Sempre invitta trionfa la speme    Sara
     Quel germe bramato                            In van s’affligge, in vano                                      In quell’alma ove regna la fe.     E di te degno il tuo pensiero Abramo
     Un tempo adorato,                             L’avida genitrice;                                              Non disperi l’aita celeste         Abramo
     or posto in oblio.                            al mio minor germano                                            Chi negletto e ramingo sen và,     Un sol cenno del Ciel mia legge chiamo.
     Il giusto è che dicembre rifletti rammenta.   cedo quella ragion ch’a me più lice:                            tra gli orrori d’incolte foreste
                                                   ottenga pur felice                                              splende ancora l’eterna pietà.     Sara
     Abramo                                        da te padre, e Signore                                                                             Qual’or fido mio Sposo,
     Non posso, non lice                           Isac gli armenti, ed Ismaele il core.                Agar                                          Sara, avvien che ripensi,
     Dal giusto son mosso.                                    Nò nò l’alma mia                          Sì sì figlio gradito                          alla grazie infinite, a i doni immensi,
                                                              Tesori non chiede                         Tempra dal cor l’asprezza                     ch’a nostro prò l’eterna man diffonde,
     Agar                                                     Che molto possiede                        D’efficace speranza al dolce invito;          scorgo ch’il Ciel pietoso,
     Oh cruda facella,                                        Chi nulla desia;                          se ‘l genitor con barbara fierezza            l’altrui viltà col suo favor confonde.
     E pure io son quella,                                    Avara follia                              poste in oblio le forme tue leggiadre         Son di Nume amoroso
     Che fui del tuo core                                     Di me no fa gioco,                        ti discaccia, t’abborre, e ti disprezza,      Insoliti portenti,
     Tiranna, ed ancella.                                     non brama il più chi sa goder del poco.   quel Dio ti sovverrà, ch’a tutti è padre.     ch’io sterile Consorte,
                                                                                                                                                      negli anni miei cadenti,
     Abramo                                                  Di lieta ventura                           Abramo                                        il sospirato Isac ottenga in sorte,
     All’alito nocente,                                      Non seguo le scorte;                                  Ma qualor per vie nascose          e che lieti, e ridenti
     che sparge della colpa il rio veleno                                                                          A cader nel cor se’n vanno.        del verno infra i rigori
     cade estinta la Fede, Amor vien meno.                   Se manca la sorte                                     Chi resiste al chiuso affanno      crescer’ammiri inaspettati i fiori.
                                                             Supplisce natura;                                     è immortal s’allor non muore.          Veggio pure in steril campo
     Ismaele                                                 il senno s’oscura                                                                               biondeggiar feconda messe
     Mente quel labro, mente                                 a i raggi dell’oro;                                                                             che del Ciel propizio un lampo
     Ch’espresse a’ danni miei menzogne, e fole              contenta povertà vale un tesoro.           FINE DELLA PRIMA PARTE                               rende fertile ancor l’arene istesse.
                                                                                                                                                          Un sol riso che tributi
     Agar                                          Abramo                                                                                                    bel seren d’amico Cielo
     Questo figlio innocente                       Tacete ormai tacete                                                                                       fa con ostri non creduti
     Altra colpa non ha, ch’esser tua prole.       E ormai da queste soglie,                            PARTE SECONDA                                        fiammeggiar vaghe rose in mezzo al gelo.
     Un avaro timor con sete interna               senza interpor dimora il piè muovete.
     L’ingorda moglie avidamente assale,                                                                                                              Abramo
     che nel tuo dì fatale                         Ismaele                                              Abramo                                        Ma qual larva funesta
     divisa sia l’eredità paterna.                 Ecco m’invio per eseguir tue voglie,                 Affetti paterni                               Immagini dolenti offre al mio ciglio:
     La sua brama vorace,                          dove con arso volo                                               che l’anima amante,               in orrida foresta
     e quell’invida face,                          austro cocente inaridisce il suolo                               con stimoli interni,              chi m’addita il mio figlio
     che gli desta nell’alma odji, e furori        o dove fra il rigor d’eterne brine                               ogn’ora affliggete                privo d’ogni conforto
     son colpe d’Ismaele, i tuoi tesori.           in orrido confine                                                tacete, tacete.                   d’Agar nel seno, o moribondo, o morto.
                Non ha limiti né mete              batte il freddo Aquilon vanni di gelo.                           Decreto costante
                Il desio d’avaro cor;                                                                               dell’alto Motore                  Sara
                e qual egro in duolo ardente       Agar    A sbandita innocenza è scorta in cielo                   m’astrinse al rigore              Abramo, e qual timore l’alma t’ingombra,
                la sua braa ognor crescente        Ismaele Sgombra pure il timore, e le pene,           dell’esiglio ch’impose il labro mio           tu che qual’or pugnasti
                non estingue l’empia sete.                 di che temi mio core, di che?                se manco al Figlio, son fedele a Dio          intrepido sprezzasti
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IL TESTO

     di mille spadi i lampi, or temi un’ombra.    gli ufici suoi non obliò natura,                        m’addita ch’è un lampo                                 lassa, più di soffrir non ha vigore,
     come l’antico vanto                          porgi alta fedele,                                      mia vita cadente                                       parta dunque il mio piè, ma resti il core.
     di generoso Eroe giace depresso?             con pietoso liquore,                                    su morte clemente.
                                                  al tuo figlio Ismaele                                                                                          Angelo
     Abramo                                       ch’in sì penosa sorte                                  Col freddo tuo gelo,                                    Agar Agar ?
     Quanto è diverso, o quanto                   già del vivere suo giunge alla mete:                   del fuoco ch’io celo
     vincerai nemici, e superar te stesso         e pr[e] l[u] dio di morte,                             estingui l ‘ardore;                                     Agar
                                                  l’aspro rigor d’un’insaziabile sete.                   pietà, mercè, ristoro,                                  Qual dolce suono ascolto,
     Sara                                                     L’aura mesta d’accesi sospiri,             arso di sete io manco, o Madre, io moro.                ch’avvien che renda il mio penar meno fiero.
     Serbi dunque nel petto                                       gli ardenti martiri,
     del tuo primier ardor accessi i rai?                         temprare non può;                    Agar                                                      Angelo
                                                                  figurando l’immago al desio,         Tu languisti Ismael, tu spiri , o figlio,                 Alato messaggiero
     Abramo                                                       d’un fonte, d’un rio,                ma cresce il dolor mio,                                   Della stellata mole a te son volto;
     Di padre il dolce affetto,                                   struggendo mi vo.                    il non poter con poche stille, o Dio,                     quel ruscello, che miri
     langue talor, ma non s’estingue mai.                                                              involarti di morte al fiero artiglio;                     con tremuli zaffiri
                                                  Agar                                                 tu languisci, Ismael, tu spiri o figlio!                  improvviso irrigar l’arido monte,
     Ismaele a 2                                  O figlio, o del cor mio parte più cara               Già di rigida Parca acerbo strale                         vanta a tuo prò l’alta pietà per fonte.
     Agar                                         qual conforto darà madre infelice                    discioglie a’ danni tuoi rapido il volo,                  A quei vitali umori
     Quando oh Dio quando sarà,                   alla tua doglia amara;                               e rende un colpo solo                                     vanne a temprar gli ardori
     ch’abbian fin gli affanni nostri,            secchi i fonti, arsi i rivi, esausti i fiumi,        semiviva la Madre, il figlio estinto.                     del germe tuo languente,
     quando fia ch’a noi si mostri                non veggono i miei lumi                              Hai vinto, o Sara, hai vinto                              che fia d’immensa gente
     un sol raggio di pietà.                      in quest’erma pendice                                [. . . . . . . . ]                                        del Cielo eletto a propagar gl’imperi,
                                                  scaturir altri umori,                                                   L’innocenza oppressa langue            e con gli esempi tuoi chi soffre speri.
     Agar                                         che le lacrime mie, che i tuoi sudori.                                      gode, e regna, l’empietà,                     E folle chi paventa
     Qui del Sol gl’infausti lampi                                                                                            madre afflitta, e figlio esangue                 eterno il suo dolor;
     son di morte accesi strali;                  Ismaele                                                                     son trofei di crudeltà                           se il Cielo saette avventa,
     anzi par ch’il Ciel avvampi,                    Sperare alla sue pene,                                               Cieca invidia, odio mortale                         stilla rugiada ancor.
     con ardori a Dite eguali.                             una stilla d’umor non può chi langue.                              non conosce amor, nè fè,                   Non sempre un cor si duole
                                                                                                                              padre ingiusto, empi rivale,                    del suo destin crudel;
     Ismaele                                      Agar                                                                        morte, e duol danno in mercè.                   fioriscon le viole
     E a qual d’ignoto Mondo arso confine,           Figlio di queste vene,                            Ma lo sguardo pietoso                                                 dopo le brine e ‘l gel.
     mi trasse, o Madre, il mio destin crudele;              già ch’altro a me non lice io t’offro     di genitrice amante
     sventurato Ismaele,                                                                  il sangue.   l’oggetto lacrimoso
     ecco d’acerba età più acerbo il fine;                                                             di sua prole spirante,                                    IL FINE
     in queste piagge ardenti                     Ismaele
     sento, ch’il mio rigor vacilla, e cede,      Speranze ch’il cuore
     se ristoro a mie pene il Ciel non ha.                 in van difendete,
                                                           su vinte cedete
     Ismaele Agar a 2                                      il campo al timore,
     Quando, o Dio quando sarà.                            l’incendio nocente
     Madre se del tuo core,                                da cui non ho scamp ,
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con il sostegno di
ORGANIGRAMMA
                                            CONSIGLIO DIRETTIVO               REVISORI DEI CONTI
                                            ORESTE DE DIVITIIS presidente     FABRIZIO MANNATO presidente
                                            Domenico Monsurrò                 Raffaele Fiume
                                            Maria Pia Musollino               Maurizio Zarone
                                            Diego Nuzzo
                                            Andrea Pisani Massamormile        Bruno Chiappetta
                                                                              organizzazione amministrativa
                                            COLLEGIO DEI PROBIVIRI
                                            Maria Del Genio Caiazzo           Chiara Eminente
                                            Gennaro Moccia                    segreteria di produzione e comunicazione
                                            Fabio Pignatelli della Leonessa
                                            Francesco Paolo Russo             Marco Apolloni
                                            Augusto Vitale                    organizzazione generale

                                                                              Gianni Elia
                                            Tommaso Rossi                     organizzazione generale
                                            direttore artistico

                                            COMITATO ARTISTICO
                                            Dinko Fabris
                                            Simona Frasca
                                            Massimo Lo Iacono

     La Associazione Alessandro Scarlatti
           ringrazia i suoi mecenati

            SEDA ITALY SPA
               COELMO SPA
                     F.A.
                     S.P.                   in collaborazione con
                 UGO LEONE
               ATTILIO SALVATI
              GIULIANA SCARCI
                                                                                   AIAM

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Alessandro Leone design / Pasquale Angerame illustrazione / Luca Mercogliano impaginazione

www.associazionescarlatti.it                                        Piazza dei Martiri 58, Napoli − tel. +39 081 406011

                    Evento realizzato con   Questa iniziativa
                    il contributo della     è contro il “sistema”
                    Regione Campania        della camorra
                    L.R. 6/2007
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